Diotalevio Leonelli, uno dei pochissimi alpini reduci ancora in vita da poter raccontare con le sue parole la campagna di Russia 1942-1943. Artigliere Alpino della 36a batteria, Gruppo Val Piave, 3° Reggimento, Divisione Julia, Corpo d’Armata Alpino dell’A.R.M.I.R. e capogruppo onorario del Gruppo Alpini di Conselice (Ravenna). Romagnolo, classe 1921, di origine contadine, prima lavoratore agricolo e poi autotrasportatore. Sposato dal 1949 (sessantadue anni fa) con Olga Rossi: ha due figli, quattro nipoti e quattro pronipoti. Una rappresentazione vivente dello spirito alpino: socievolezza, solidarietà, onestà e guida per i giovani. Sempre con il sorriso. Massimo Toschi, nato a Lugo di Romagna nel 1971, funzionario dell’Agenzia dell'Unione Europea per i Diritti Umani di Vienna. Precedentemente funzionario dell’ONU (20022009) e della European Initiative for Democracy and Human Rights in Ucraina, Moldavia e Belorussia (1999-2001). Autore di due libri sui diritti dell’infanzia; del video-poem “Per chi suona la sirena” premiato al Thunderbird International Film Festival americano e della favola “Come un abbraccio di 84 bambini tutti insieme” premiato al festival letterario “Una favola per la pace” di Lugo. Massimo é nipote dell’autore e iscritto al Gruppo di Conselice Amici degli Alpini.
€ 14,80
DIOTALEVIO LEONELLI
DIOTALEVIO LEONELLI
L’ALPINO DALLE SETTE VITE SUL FRONTE RUSSO Diari e memorie della storia italiana
L’ALPINO DALLE SETTE VITE SUL FRONTE RUSSO
La testimonianza per non dimenticare: ‘spero che condividendo la mia esperienza, possa far capire la tragedia della guerra a chi queste drammatiche esperienze non le ha vissute, soprattutto ai giovani. Guai se i giovani dovessero crescere nell’ignoranza, come eravamo cresciuti noi.’ Il libro ‘L’alpino dalle sette vite sul fronte russo’ di Diotalevio Leonelli, di Lavezzola (Ravenna), reduce di Russia (Gruppo Val Piave della Julia), sopravissuto alla Battaglia di Nikolajewka. L’alternarsi di aneddoti simpatici, tipici dello spirito alpino e romagnolo, con memorie dure e drammatiche della guerra. Il Direttore della rivista ‘L’Alpino’, Vittorio Brunello, dopo aver letto le bozze ha commentato: ‘è un libro piacevole, preciso nei riferimenti, spesso commovente: in una parola decisamente bello. Il ritratto del ‘nonno’ che ne esce è autentico, senza forzature nei momenti drammatici di quell’Odissea, ricco di umanità’.
A cura di Massimo Toschi Introduzione del Presidente A.N.A. Corrado Perona Postfazione di Carlo Jean
DIARI E MEMORIE D E L L A S T O R I A I TA L I A N A
In allegato il video con il racconto dell’autore di alcuni degli episodi raccontati nel libro (18 minuti e trenta secondi). Realizzato da Mirco Villa. Con 75 foto incluse nel testo, di cui 30 di archivio; e 8 riproduzioni di documenti di archivio. Per contattare: L’autore: 0545 86055, cellulare: 347 39 52 866 Il curatore: 333 17 31 185, e-mail: toschimax@hotmail.com I proventi raccolti dalla distribuzione di questo volume verranno interamente devoluti alla popolazione di Haiti colpita dal tremendo terremoto il 12 gennaio 2010, dove mio nipote Massimo Toschi è stato per tre anni come funzionario della missione di pace dell’ONU. Il ricavato sará affidato ad alcune organizzazioni locali haitiane che lavorano con bambini e donne (Kofaviv e l’Ospedale-Orfanotrofrio pediatrico delle Sorelle della Caritá di Madre Teresa). TUTTI I DIRITTI RISERVATI
CON IL CONTRIBUTO DELLA
Banca di Romagna
CON IL SOSTEGNO DELL’
Associazione Nazionale Alpini, Sezione Bolognese-Romagnola
Copyright © 2011 Gaspari editore via Vittorio Veneto 49 - 33100 Udine tel. (39) 0432 512 567 tel/fax (39) 0432 505 907 www.gasparieditore.it e-mail: info@gasparieditore.it ISBN 88-7541-252-9 impaginazione: Raffaella De Reggi, Tolmezzo
Diotalevio Leonelli
L’ALPINO DALLE SETTE VITE SUL FRONTE RUSSO A cura di Massimo Toschi Introduzione del Presidente A.N.A. Corrado Perona Postfazione del Generale Carlo Jean
DIARI E MEMORIE D E L L A S T O R I A I TA L I A N A
Sommario
Presentazione di Atos Billi Introduzione di Corrado Perona Introduzione di Massimo Toschi Saluto di Gianfranco Cenni
8 10 11 14
Prima della partenza
17 18 21 23 24
La preparazione a Belluno La costituzione del Gruppo Val Piave I fratelli Mongardi Trasferimento da Castion a Salcano
La Russia Il viaggio in treno L’arrivo al fronte: Saprina sulla riva del Don I tedeschi Le condizioni degli equipaggiamenti degli alpini italiani Lo schieramento dell’A.R.M.I.R. L’ospedale e gli amici Scampato a morte sicura La fine della tregua
La ritirata L’ordine della ritirata L’ordine della ritirata per le truppe italiane
28 28 30 32 33 35 37 40 41 45 45 47
La decisione del capitano Murari mi salvò la vita Una breve prigionia e la fuga che me la fece scampare Il ricordo più raccapricciante ‘non abbandonarmi’ La preghiera del disperso La fortuna mi fece aggregare alla colonna che si salvò La ritirata continua: il congelamento e l’itterizia I muli L’avvicinamento a Nikolajewka
La battaglia di Nikolajewka (l’uscita dalla sacca) La rottura dell’accerchiamento: protagonista il generale Reverberi L’alba della salvezza
Il ritorno a casa Il treno verso l’Italia: ‘più felice di una vittoria all’enalotto’ Rivedo i miei genitori Il 20 marzo 1943 tornai a casa Il rientro in caserma a Belluno La Repubblichina La resistenza ed il movimento partigiano Episodio al cinema di Voltana ‘Settimana INCOM’ L’incontro con mia moglie Olga Croce di guerra e le lettere di Rocco Rocco Il mio ritorno in Russia nel 1975
Lo spirito alpino: raduni, incontri dell’ANA e solidarietà
48 48 51 52 53 55 58 59 61 62 65 68 68 69 70 71 71 72 73 74 77 78
Un s’po’ scurdê
80 80 81 83 84 87 87 89 92
Conclusione Postfazione di Carlo Jean
95 96
Gli incontri con gli amici Alpini L’Associazione Nazionale Alpini Le adunate e i raduni degli Alpini Don Enelio Franzoni La preghiera dell’Alpino Le visite al Tempio di Cargnacco Gli incontri nelle scuole
Poesia ‘Il nostro cappello’ Diploma medaglia d’oro ‘3° Reggimento Artiglieria Alpina’ Il corpo degli Alpini
99 101 102
Appendici
104 105 107 122 124
Indice dei nomi Sezione fotografica Ringraziamenti Bibliografia
L’ALPINO DALLE SETTE VITE SUL FRONTE RUSSO
Dedicato a mia moglie Olga, la compagna di tutta la vita e a tutti gli alpini caduti in Russia
Presentazione di Atos Billi, Presidente Banca di Romagna
30 settembre 2011
Secondo la retorica di quel tempo la campagna di Russia, iniziata nel 1941, avrebbe dovuto essere la solita passeggiata con pochi morti (come quella contro la Francia nel 1940) da concludersi, ovviamente in modo vittorioso, prima dell’inverno del 1941, per poi partecipare alle trattative di pace ove avremmo ottenuto forti vantaggi territoriali. Se l’analoga “passeggiata” contro la Francia ci costò 631 morti, quella in Russia recise la vita a ben 90.000 soldati e ne rese praticamente invalidi oltre 30.000. La campagna di Russia offrì però al mondo la possibilità di giudicare il comportamento dei nostri soldati, tanto coraggioso in guerra ( solo la Julia – annunciò Stalin al mondo – poteva vantarsi di aver abbandonato la Russia a testa alta, senza sconfitte) quanto umano ed affettuoso nei rapporti con le persone con cui venivano in contatto. Ancora oggi i Russi ricordano con affetto i nostri soldati e con estremo disprezzo la canaglia tedesca, che portò in quelle terre lontane barbarie, lutti ed inqualificabili violenze anche verso donne e bambini. Quando, tra gennaio e febbraio del 1943, dopo privazioni e sacrifici inimmaginabili, i soldati italiani furono costretti a ripiegare dal Don verso i lontanissimi avamposti italo-tedeschi, il nostro Diotalevio – autore di questo libro – era inquadrato nella Julia e con pochi superstiti ripiegò a piedi in una odissea che è stata oggetto di molte testimonianze scritte ed innumerevoli pubblicazioni glorificanti, in particolare, il comporta-
Presentazione di Atos Billi 9
mento della Julia. Con Diotalevio c’erano, tra gli altri, Carlo e Dante Mongardi di Villa San Martino, ai quali alcuni anni fa abbiamo dedicato uno straordinario libro che ebbe eccezionale successo, dal titolo “Figli miei…dove siete?” Gli appunti di Leonelli completano il ricordo delle terribili esperienze del gennaio/febbraio ’43. Il lettore potrà così rivivere la tragedia russa attraverso il ricordo fatto, senza retorica e senza fronzoli da Diotalevio, oltre ad ascoltare la sua voce e vedere il suo viso di arzillo ed intelligente novantenne nel DVD che accompagna questa pubblicazione. Quando Massimo, nipote di Diotalevio, propose l’ipotesi di pubblicare questo breve diario, la nostra prima reazione fu un misto di curiosità (l’autore di queste righe conosce personalmente Leonelli da oltre settant’anni, abitando egli di fronte alla sua casa, dall’altra parte del fiume Santerno) e di riserve mentali connesse alla miriade di pubblicazioni che, tempo per tempo, vengono sottoposte ora alla Fondazione bancaria ora alla Banca di Romagna per la pubblicazione. Senonchè la conoscenza personale dell’autore e la lettura di queste pagine, meritevoli di attenzione e talvolta estremamente coinvolgenti, ci convinsero sull’opportunità che questo ricordo non andasse perduto e si aggiungesse ai moltissimi altri pubblicati. Ringraziamo il curatore, Massimo Toschi, per lo straordinario impegno col quale ha seguito passo passo la gestazione di questo ricordo, certi ancora una volta che la nostra iniziativa avrà il consueto successo, aggiungendo un’ulteriore pietra alla memoria locale dei terribili tempi della seconda guerra mondiale.
Introduzione di Corrado Perona Presidente Nazionale A.N.A.
Leonelli Diotalevio reduce di Russia, 36ª batteria, Gruppo Val Piave, divisione Julia, ha ritenuto opportuno dare alla stampa il libro “L’Alpino dalle sette vite sul fronte Russo” affinché la sua Storia e quella dei suoi commilitoni non venisse dimenticata o dispersa bensì raccontata per rendere giusta memoria ai troppi lutti, alle immani sofferenze. “Siamo rimasti pochissimi noi reduci di Russia ancora in vita che possiamo raccontare in prima persona” così mi ha scritto Leonelli, chiedendomi di scrivere l’introduzione al suo libro. Pur rendendomi conto delle oggettive difficoltà del mio compito ho voluto aderire non solo per spirito di servizio ma soprattutto per sostenere una testimonianza umana e civile dal grande contenuto morale. È doveroso trasmettere alle nuove generazioni quanto, i nostri Reduci, in tempi e condizioni storiche estreme, hanno sacrificato la propria giovinezza e dato la propria vita. Virtù che non conoscono confini e valicano il trascorrere dei tempi. E Iddio sa quanto l’età nostra abbia necessità di esempi e di paradigmi morali. L’affollarsi delle ricorrenze storiche e le distrazioni dei tempi non cancellino la capacità di ricordare gli uomini. Sta a noi non deluderli soprattutto coltivandone la memoria. Grazie caro Diotalevio Leonelli per questa tua testimonianza tanto tragica quanto umana.
Introduzione di Massimo Toschi curatore del libro, funzionario dell’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti umani
Era il giorno di Natale del 2009 e durante il pranzo, con tutta la famiglia al completo, mio nonno, con il suo sorriso, attirò la mia attenzione: “Ti voglio chiedere un regalo di Natale”. “Dimmi nonno”, risposi immediatamente. Tutto questo sotto gli occhi complici di mia nonna. Ovviamente, lei sapeva già tutto. Qualche secondo di timidezza, con il rossore nel viso ed il sorriso sulle labbra, come se si vergognasse a chiedere. Poi si sbloccò: “Mi aiuti a scrivere il libro, il mio libro”. Proprio così, questo libro è il suo libro. Ci tengo fin dalle prime pagine a chiarire che il mio compito è stato quello di scrivere le sue parole, o meglio scrivere le sue emozioni. Sono contentissimo che la lettura di questo testo sia accompagnata dal dvd con il nonno che racconta la sua storia, così il lettore potrà vedere le emozioni che sbocciano dal sorriso, dagli occhi e dalle parole del nonno Talevio mentre racconta. E potrá cogliere la precisione e l’impeccabilità della sua memoria storica. Si potrà intuire così il privilegio ed il divertimento che ho avuto nello scrivere il suo libro. Dei tanti pomeriggi trascorsi insieme, con la colonna sonora dello sguardo pieno di amore della nonna, sempre al suo fianco. Sempre. “Lè fadiga ad arcudes, iè pase 70 enn!” E altre volte: “L’è ormai 70 enn, chi s’a rcolda piò!” (È fatica ricordarmi, sono passati 70 anni). Quante volte mi ha detto queste frasi in dialetto, rispondendo alle mie incessanti domande. Al contrario, ricordava tutto benissimo. Quante volte ho pensato che si stesse
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L’Alpino dalle sette vite sul fronte russo. Diotalevio Leonelli
sbagliando o avesse fatto confusione. Ho passato ore e nottate a consultare libri ed internet per verificare con altre fonti alcune informazioni. Avevo una scommessa di riuscire a metterlo in buca. Almeno una volta. Invece, aveva sempre ragione. Quante volte gli ho chiesto durante la ritirata in che colonna fosse, in che paese fosse, in quanti erano, con chi era? E lui mi guardava, con gli occhi che anticipavano le sue parole: “ma non si capiva nulla. Eravamo sbandati, non dormivamo, non mangiavamo...pensavamo solo a camminare verso la salvezza”. Poi leggendo altri libri ho capito che non era la sua memoria ad essere confusa. Era la realtà ad essere confusa. Non interpretata. Storia vissuta. Lui era lì. Erano persi nella steppa e l’unica cosa che sapevano era di scappare nella direzione opposta degli spari e dello sferragliare dei carri armati russi. “Tell me, and I will forget. Show me and I will remember. Involve me and I will understand” (Dimmelo, e lo dimenticherò. Mostramelo, e lo ricorderò. Coinvolgimi e capirò). È il motto scritto su una targa alla Columbia University di New York. Ed è questo che ha fatto mio nonno con me, coinvolgendomi é riuscito a farmi comprendere una pagina di storia. Una triste pagina di guerra. Mio nonno, come gran parte dei nostri nonni, ha vissuto in prima persona la storia che si studia sui libri. I nostri nonni sono un’enciclopedia vivente. Sarebbe fondamentale ‘fermare’ le loro memorie ed emozioni, prima che sia troppo tardi. Durante la stesura di questo libro, due degli amici di quell’esperienza di mio nonno sono andati avanti. Mi farebbe piacere che questo libro, potesse essere diffuso nelle scuole, per aiutare i giovani a capire meglio la storia, la guerra, per avvicinarli a qualcosa che va oltre alla pagina di un libro. Come ha fatto con me. Facendomi comprendere le ragioni, il perchè, le emozioni. E capire anche l’immensa fortuna che abbiamo noi giovani a non aver vissuto una guerra. A non aver vissuto una dittatura. A non aver vissuto la mancanza di libertà. Quante volte durante gli studi universitari in Inghilterra, tra studenti Era-
Introduzione di Massimo Toschi 13
smus di varie nazionalitá abbiamo detto: ‘che progresso in pochi decenni: noi ragazzi tedeschi, russi e italiani stiamo studiando insieme, quando i nostri nonni facevano la guerra’. Molte volte, all’inizio della stesura del libro, pensavo, ingenuamente, di capire alcuni aspetti dell’esperienza di mio nonno, sulla base dei miei tre anni trascorsi ad Haiti con la missione di pace delle Nazioni Unite. Poi ho capito la mia ingenuità e l’abisso tra la mia esperienza e quella di mio nonno: lui era stato obbligato ad andare in guerra, io avevo scelto di andare in missione di pace. Capire la realtà fa aprire gli occhi. Il racconto di questa guerra, combattuta da tanti ragazzi italiani che come mio nonno furono obbligati, rivela che fu decisa per gli interessi economici di qualcuno. Ed è ancora più doloroso, quindi, ricostruendo la vita di mio nonno, pensare a quanti giovani uomini, futuri padri, abbiano perso la vita per combattere una guerra non loro in Russia. Devo chiedere scusa a mio nonno, se con tante domande l’ho obbligato a riaprire ferite. Me ne accorgevo quando a certe mie domande, rallentava il suo raccontare cavalcante e diventava silenzioso, fermandosi a pensare. Sembrava non volesse riaprire alcuni ricordi e lasciarli là, dove si congelarono 70 anni fa. Era commovente, quando correggendo le bozze, borbottava a bassa voce, ripetendo le frasi, come stesse rivivendo quei momenti, quelle emozioni. La cosa che sta più a cuore al nonno è di condividere la sua esperienza al fine che la memoria e la testimonianza possano tramandarsi alle nuove generazioni, soprattutto ai giovani. Sono contentissimo di aver dato il mio contributo perchè la sua memoria non cada nell’oblio. L’idea di questo libro è nata quando mio nonno mi ha chiesto “Mi fai un regalo?”. Alla fine, invece: “Caro nonno, il regalo me lo hai fatto tu, dandomi l’onore ed il privilegio di scrivere il tuo libro. Grazie”.
Saluto di Gianfranco Cenni Presidente Sezione A.N.A. Bolognese-Romagnola
“L’Alpino dalle sette vite sul fronte Russo”, trattasi non di un libro celebrativo di un singolo o di pochi ma di un affresco di vita vissuta e sofferta direttamente e che ha lasciato un segno indelebile nei nostri Reduci e di riflesso in tutta la nostra società. Infatti sono poche, anzi pochissime, le comunità e le famiglie che non hanno sofferto – talora in fazioni contrapposte – a causa di quella immane sciagura della “ultima guerra” che come tutte le guerre mai sono state volute dai comuni cittadini ma che al contrario agli stessi sono state imposte spesso per non confessati ed inconfessabili interessi. Bene ha fatto Massimo, il nipote di “Talevio”, ad aderire alla richiesta e farsi promotore del desiderio del nonno. Così facendo ha regalato a noi un esempio di vera “Alpinità”. Infatti, pur nella critica, narrazione degli avvenimenti non si trova risentimento fine a se stesso ma da quanto sofferto trae origine quella spinta propositiva e costruttiva che ha consentito a “Talevio” di affrontare in maniera positiva il rientro nella vita civile privilegiando la famiglia, il lavoro, l’amicizia – quella vera tanto sacra in terra di Romagna – senza rinunciare alla memoria ed al ricordo per i tanti, troppi, che non ebbero la fortuna di “tornare a baita”. Per noi Alpini, per i nostri Gruppi, per la nostra Sezione Bolognese-Romagnola e per l’Associazione tutta una bella lezione di vita ed un richiamo ad essere testimoni di questi sen-
Saluto di Gianfranco Cenni 15
timenti ed emozioni di cui è pervaso il libro ma soprattutto di saperli preservare e tramandare nel tempo. Con i suoi novanta anni, dimostra di essere più giovane di tanti Alpini che pensano e profetizzano la fine dell’ANA mentre lui, con chiarezza d’intenti, proietta sui giovani gli effetti del suo essere Alpino: loro sono il nostro futuro e potranno essere, se ne saremo capaci, i testimoni e coloro che porteranno avanti i “nostri Valori” pur non avendo avuta la ventura di essere Alpini. Come non ricordare gli appuntamenti con le scuole in cui i bambini, dapprima titubanti e scettici, poi coinvolti ed affascinati da personaggi come Diotalevio Leonelli, Enrico Svegli e Mons. Enelio Franzoni piano piano, riconoscendo ed identificando in quei visi ed in quei racconti i loro nonni e le loro storie, diventavano i veri protagonisti di quegli incontri. Per tutto questo non possiamo, noi Alpini della BologneseRomagnola, che dirti Grazie accomunando in questo sentimento tutti quei giovani, di ieri e di oggi, che per la nostra Patria – che non ci stancheremo mai di affermare e volere unica ed indivisibile – hanno sacrificato il bene supremo della vita.
Prima della partenza
Mi chiamo Diotalevio Leonelli, provengo da una famiglia numerosa di contadini, sono il più grande di otto fratelli. Al momento della mia nascita, il 14 novembre del 1921, la mia famiglia viveva a Santa Maria in Fabriago, vicino a Lugo, in provincia di Ravenna. Alcuni anni dopo, avevo circa tredici anni, ci trasferimmo a Passogatto, una piccola frazione di Lugo. Vivevamo in una casa contadina vicino al ponte della ferrovia sul Santerno. Mio padre era un mezzadro e coltivava grano, barbabietole e granoturco. Mezzadro vuol dire che metá del raccolto spettava al proprietario del terreno e metá al contadino. Cominciai a lavorare quando andavo ancora a scuola. Ricordo che a volte mio padre mi svegliava verso le quattro di mattina perché lo accompagnassi nei campi. Il mio compito era quello di mettermi davanti ai buoi che tiravano l’aratro. Poi, verso le sette e mezzo veniva mia madre e mi dava la borsa con la merenda ed andavo a scuola. Io seguii le scuole elementari fino alla quarta. Allora chi finiva la quinta classe era come fare l’universitá. Io, mi fermai alla quarta. Il mio lavoro di allora non è da ricondursi a quello meccanizzato (e più comodo) di adesso: nei campi si usava la forza delle braccia e si lavorava anche 13-14 ore al giorno. Alla fine degli anni ‘30, la situazione politica in Italia cambiò. Verso il 1939-1940, ogni sabato pomeriggio, i giovani della mia età erano obbligati a fare il premilitare - noi lo chiamavano ‘e côrs’ (il corso). Il premilitare venne istituito con l’av-
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L’Alpino dalle sette vite sul fronte russo. Diotalevio Leonelli
vento al potere di Mussolini ed era preparatorio al servizio militare. Veniva svolto nel fine settimana. Per me era una pacchia, perché mi permetteva una mezza giornata di festa dal duro lavoro dei campi. Il 14 gennaio del 1941 fui chiamato alle armi. Quando mi presentai al distretto militare di Ravenna, incontrai subito Carlo Mongardi, mio coetaneo e grande amico d’infanzia. Quando vivevo a Santa Maria in Fabriago, Prima della mia partenza per la ricordo che correvo sulla Russia. Sono ‘un tubo’ ‘paserela’ (passerella) in (una matricola). Foto tratta cemento sul fiume che dall’archivio personale dell’autore. portava a San Lorenzo per andare a giocare con i fratelli Mongardi. Passerella che fu distrutta dai tedeschi. Tutti e due fummo assegnati al 5° Reggimento Artiglieria Alpina a Belluno. Quella mattina, anche altri romagnoli vennero assegnati alla stessa unità militare, eravamo circa una ventina. Allora non lo sapevo ancora ma il corpo degli Alpini e lo spirito degli Alpini, sarebbero diventati per me come una seconda famiglia.
La preparazione a Belluno Ricordo che partimmo in treno, il 14 gennaio 1941, da Ravenna sul primo pomeriggio per arrivare verso mezzanotte alla Caserma d’Angelo a Belluno. Io allora non sapevo nemmeno dove fosse Belluno, non sapevo neanche che lì ci fossero le
Prima della partenza 19
montagne! Prima di allora le montagne non le avevo mai viste. Conoscevo solo le colline che da casa mia si vedevano sopra Imola. Ma poi col passare dei giorni mi abituai alla vita di montagna. Come spesso avviene nei confronti delle reclute, gli anziani se ne approfittavano un po’ per farci fare i servizi più umili come lavare le loro gavette e rifare le brande. Un normale e bonario nonnismo. Il giorno successivo al nostro arrivo fummo assegnati alle Batterie reclute del 5° Reggimento Artiglieria Alpina. Nel mese di aprile usufruii di una licenza ‘quattro più due’ (quattro giorni di licenza più due giorni di viaggio) che utilizzai per andare a trovare la mia famiglia in Romagna. In maggio andammo a fare il campo estivo nell’Agordino, per circa un mese. Il nostro campo base, dove dormivamo, era a Cencenighe, un bel paese tra Agordo e Alleghe. Tutti i giorni andavamo in alta montagna a fare delle esercitazioni e a
Io sono il terzo in piedi da destra (tengo in mano la mia gavetta) insieme ad un gruppo di reclute romagnole nella caserma a Belluno. Sette di loro non sono tornate dal fronte russo. Per i nomi delle altre reclute si veda l’indice delle foto alla fine del libro. Foto tratta dall’archivio personale dell’autore.
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L’Alpino dalle sette vite sul fronte russo. Diotalevio Leonelli
Foglio Matricolare
Prima della partenza 21
sparare con i nostri obici 75/13 (cannoni). Verso la fine di maggio rientrammo in caserma. Il 6 giugno venni ricoverato all’ospedale di Castelfranco Veneto per l’asportazione delle tonsille. Dopo circa quindici giorni di degenza fui dimesso con venti giorni di licenza per convalescenza, che andai a passare con la mia famiglia. Finita la convalescenza, mi vennero concessi ulteriori quindici più due giorni di licenza agricola (la licenza agricola era concessa ai contadini per andare a dare una mano alle proprie famiglie) e rientrai in caserma a Belluno solamente il 30 luglio. C’è un aneddoto legato ad un incontro che feci all’ospedale di Castelfranco. Nel 2003, ero a Riolo Bagni (Ravenna) per le cure termali con mia moglie Olga, quando mi sentii dire: “Oi, an s’cnunsègna piò?” (Hei, non ci conosciamo più?). In un primo momento non riuscii a ricordare chi fosse quella persona: mi disse che ci eravamo conosciuti all’ospedale di Castelfranco Veneto nel 1941, dove eravamo entrambi ricoverati. Il giorno dopo mi portò una foto che ci ritraeva assieme all’ospedale. Solo allora lo riconobbi. Ricordo che si chiamava Armando, era di Lugo e che suonava la batteria in un’orchestrina, ma non riesco a ricordare il cognome. Armando è andato avanti alcuni anni fa.
La costituzione del Gruppo Val Piave Nel mese di settembre 1941 venne costituito il Gruppo Val Piave mobilitato per la Russia, comprendente 5 reparti: le tre Batterie 35a, 36a e 39a, il Reparto Munizioni e Viveri ed il Comando Gruppo. Il 21 settembre venni destinato al Gruppo Val Piave (come dichiarato nel Foglio Matricolare). Ricordo che quella mattina fecero un’adunata con tutti quelli che dovevano far parte del Gruppo Val Piave. Un capitano1 ci chiese se avessimo delle preferenze per l’assegnazione ai vari reparti. Subito i bellunesi si presero la 35a Batteria.
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L’Alpino dalle sette vite sul fronte russo. Diotalevio Leonelli
Noi romagnoli, eravamo circa una sessantina, tutti d’accordo ci prendemmo la 36a Batteria. Il nostro capitano era Alberto Bassignano di Padova. Venne sostituito al nostro arrivo in Russia dal capitano G. Battista Murari. Verso la fine dell’anno (probabilmente in dicembre) venni trasferito (e così tutti gli elementi del Gruppo Val Piave) da Belluno a Castion, un paesino distante 3-4 km da Belluno. Nel gennaio del 1942 cominciarono ad arrivare in caserma a Belluno le reclute della classe 1922 e vennero assegnate alle Batterie reclute. Tutte le sere scendevo a piedi in caserma a Belluno per vedere se trovavo qualche paesano o amico. Una sera trovai un mio grande amico e vicino di casa che si chiamava Rolando Monti2 (classe 1922), purtroppo deceduto all’inizio anni ‘90. Lo trovai che stava giá indossando la divisa e dopo esserci salutati cominciò a chiedermi chiarimenti sulle varie parti del corredo, ed in particolare su un sacchetto bianco.
Si possono riconoscere Atos Mingazzini (di Toscanella di Dozza, Imola, Bologna), il primo da sinistra; Alceo Pelliconi (di Imola), terzo da sinistra; Virgilio Del Monte (di Barbiano, Ravenna), ultimo a destra. Da La razione di ferro.
Finito di stampare presso La Tipografica, Udine nel mese di ottobre 2011
Diotalevio Leonelli, uno dei pochissimi alpini reduci ancora in vita da poter raccontare con le sue parole la campagna di Russia 1942-1943. Artigliere Alpino della 36a batteria, Gruppo Val Piave, 3° Reggimento, Divisione Julia, Corpo d’Armata Alpino dell’A.R.M.I.R. e capogruppo onorario del Gruppo Alpini di Conselice (Ravenna). Romagnolo, classe 1921, di origine contadine, prima lavoratore agricolo e poi autotrasportatore. Sposato dal 1949 (sessantadue anni fa) con Olga Rossi: ha due figli, quattro nipoti e quattro pronipoti. Una rappresentazione vivente dello spirito alpino: socievolezza, solidarietà, onestà e guida per i giovani. Sempre con il sorriso. Massimo Toschi, nato a Lugo di Romagna nel 1971, funzionario dell’Agenzia dell'Unione Europea per i Diritti Umani di Vienna. Precedentemente funzionario dell’ONU (20022009) e della European Initiative for Democracy and Human Rights in Ucraina, Moldavia e Belorussia (1999-2001). Autore di due libri sui diritti dell’infanzia; del video-poem “Per chi suona la sirena” premiato al Thunderbird International Film Festival americano e della favola “Come un abbraccio di 84 bambini tutti insieme” premiato al festival letterario “Una favola per la pace” di Lugo. Massimo é nipote dell’autore e iscritto al Gruppo di Conselice Amici degli Alpini.
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L’ALPINO DALLE SETTE VITE SUL FRONTE RUSSO Diari e memorie della storia italiana
L’ALPINO DALLE SETTE VITE SUL FRONTE RUSSO
La testimonianza per non dimenticare: ‘spero che condividendo la mia esperienza, possa far capire la tragedia della guerra a chi queste drammatiche esperienze non le ha vissute, soprattutto ai giovani. Guai se i giovani dovessero crescere nell’ignoranza, come eravamo cresciuti noi.’ Il libro ‘L’alpino dalle sette vite sul fronte russo’ di Diotalevio Leonelli, di Lavezzola (Ravenna), reduce di Russia (Gruppo Val Piave della Julia), sopravissuto alla Battaglia di Nikolajewka. L’alternarsi di aneddoti simpatici, tipici dello spirito alpino e romagnolo, con memorie dure e drammatiche della guerra. Il Direttore della rivista ‘L’Alpino’, Vittorio Brunello, dopo aver letto le bozze ha commentato: ‘è un libro piacevole, preciso nei riferimenti, spesso commovente: in una parola decisamente bello. Il ritratto del ‘nonno’ che ne esce è autentico, senza forzature nei momenti drammatici di quell’Odissea, ricco di umanità’.
A cura di Massimo Toschi Introduzione del Presidente A.N.A. Corrado Perona Postfazione di Carlo Jean