GUIDA AGLI ITINERARI INCONTAMINATI DEL CARSO DIMENTICATO - Mitja Juren, Paolo Pizzamus

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Come si presenta oggi la sommità di q. 343 con la torre monumentale dedicata alle guerre per l’indipendenza della Slovenia

In copertina: Situazione dell’azione alle ore 16 del 10.10.1916 sotto il Veliki Hrib come l’ha disegnata il Capitano del 2°Battaglione del 149° Fanteria (A.U.S.S.M.E.) Artiglieri austro-ungarici con il lancia-mine tipo Kolben (archivio Pierpaolo Russian)

Hudi Log dopo la furia delle artiglierie (archivio

Cippo del 65° reggimento della brigata Valtellina a q. 84 presso Bonetti

Dolina carsica in una cartolina di G. A. Sartorio

Kappenaibzeichen ritrovato in una Dolina sul

13,50

Juren - Pizzamus - Persegati

Il Carso dimenticato Le spallate dell’autunno ‘16

Ricoveri italiani in dolina

Esplorando il terreno per ricostruire l’evoluzione dei combattimenti tra l’ottobre e novembre 1916 ci si rende conto che ciascuna dolina custodisce memorie e testimonianze di grande rilievo sia storico che umano. La passione, l’ago della bussola e le mappe ci hanno spinto ad abbandonare i sentieri più frequentati spingendoci verso le zone più recondite e meno note del Nad Logem, Lokvica, Nova Vas, Nad Bregom, e delle quote 208 sud e nord. Il silenzio è il tratto distintivo di questo mondo. Solo il vento di bora sembra riportare tra le fronde della boscaglia antiche voci, con tutte le declinazioni dei sentimenti di sofferenza e disperazione. Qui si prova un senso autentico di isolamento ed estraniazione dal mondo reale. Le doline odierne non “…affondano più nella grigia pietraia desolata come i garofali del mare insidioso” bensì affondano in un mare di lussureggiante vegetazione dalla livrea mutevole: il ritmo delle stagioni le arricchisce con le sue infinite tonalità di bianco, giallo, verde e rosso.

Itinerari nel Carso dimenticato

Le spallate dell’autunno ‘16 sul Carso di Comeno Veliki Hrib, Q.208 Nord, Q.208 Sud, Nova Vas, Nad Bregom, il Vallone delle croci, il Fajti, Pecˇinka Q.291, Pecˇina Q.308Q. 278, Hudi Log, Lucaticˇ Volume secondo

Guide Gaspari

Mitja Juren Nicola Persegati Paolo Pizzamus

Gaspari

Il lago di Doberdò dalle pendici di q. 208 sud


Il Carso dimenticato vol. 2 Le spallate autunnali - 1916


Gli uomini in guerra non muoiono quando vengono sepolti, ma nel momento in cui vengono dimenticati


Mitja Juren Paolo Pizzamus Nicola Persegati

ITINERARI NEL CARSO DIMENTICATO Le spallate dell’autunno 1916 sul Carso di Comeno Q.208 Nord, Q.208 Sud, Nova Vas, Nad Bregom, il Vallone delle croci, il Fajti, Pecˇinka Q.291, Pecˇina Q.308-Q. 278, Hudi Log, Lukaticˇ Volume secondo

Guide Gaspari


Rileggiamo la Grande Guerra www.rileggiamolagrandeguerra.fvg.it

Provincia di Gorizia

In collaborazIone con l’UffIcIo StorIco dell’eSercIto ItalIano

Copyright © 2010 Gaspari editore via Vittorio Veneto 49 - 33100 Udine tel. (39) 0432 512 567 tel/fax (39) 0432 505 907 www.gasparieditore.it e-mail: info@gasparieditore.it ISBN 88-7541-188-3


INDICE

Una guida al Carso degli eroismi e del selenzio

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Ottobre 1916 - Verso la seconda spallata

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Obiettivo: Veliki Hrib

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Itinerario 4. Poti Miru na Krasu Sentieri di pace del Carso Visita al campo di battaglia dell’estate e dell’autunno 1916 tra le Q. 265, 263 e Veliki Hrib (Q.343)

27 27

Il naso di Lokvica

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Il soldato Antonante alla scoperta della Dolina di Tercenca

47

La caduta di Nova Vas e del fortino triangolare

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Il tramonto sul Nad Bregom

59

La terra di nessuno sulla quota 208 sud

68

Il Vallone delle croci

76

La gloria del colonnello Perris

81

I lupi del Veliki Hrib

88

L’orizzonte insanguinato del Fajti

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Peåinka Q.291-Peåina-Q.308-Q.278- le sentinelle di pietra 96 Il colpo di coda austro-ungarico

104

Hudi Log, il Bosco Malo

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La ribellione

126

Il groviglio di Lukatiå

127

Il buio oltre la quota 208 sud

136

Il saliente di quota 309, l’ultima conquista

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L’attacco del 10 ottobre a Quota 208 sud nel racconto dell’aspirante ufficiale Dino Garelli del 42° della Modena di Paolo Gaspari

146

Itinerario 5. Il campo di battaglia tra il Veliki Hrib-Peåinka e Fajti

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Gastronomia e accoglienza: i locali

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RINGRAZIAMENTI

Gli Autori ringraziano per la collaborazione, comprensione e disponibilità : Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito di Roma (Aussme) Archivio Storico Grande Guerra – Centro Documentazione e Matricole del Distretto Militare di Padova Biblioteca Giulio Cesare Croce di San Giovanni in Persiceto Biblioteca nazionale centrale di Roma Biblioteca di storia moderna e contemporanea di Roma Biblioteca Fondazione Fioroni di Legnago Ente Casa di Oriani di Ravenna Fondazione Il Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio di Roma Museo della Grande Guerra di Gorizia Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto (O.N.L.U.S.) Museo Civico del Risorgimento di Bologna Museo del Risorgimento di Milano Museo della Terza Armata di Padova Gen. Luigi Longo † di Roma, Col. Abramo Schmid † D.ssa Mirtide Gavelli e dott. Otello Sangiorgi della Biblioteca del Museo del Risorgimento di Bologna, Davorin e Primoœ Maruæiå del 1.SVIT Gaudenzio Barbè da Novara, dott. Alberto Burato da Guarda Veneta Dott. Carlo Buscaglino Strambio da Torino, Elsa Kastlunger da La Villa in Val Badia per il suo indispensabile e paziente lavoro di traduzione. Maria Vittoria Mimmi da Spoleto, Pierpaolo Russian da Trieste, Katerina Citter da Trieste, Claudio Colussi, prof. Paolo Pozzato da Bassano del Grappa, dott. Aristide Salvetti da Roma, ing. Adolfo Zamboni da Padova, dott. Alessandro Giacomoni da Milano, Igor Oœbot da Rupa, Giovanni Ricciuti da Giuliano Teatino (Chieti), Simon Kovaåiå, David Erik Pipan e Sandi Obidic del Druætvo Soæka Fronta di Nova Gorica che hanno messo a disposizione degli Autori i loro preziosi archivi fotografici. Marco Mantini, reggente del Gruppo Ricerche e Studi sulla Grande Guerra della Società Alpina delle Giulie - Sezione di Trieste del Club Alpino Italiano ed i soci del Gruppo Ricerche e Studi sulla Grande Guerra della Società Alpina delle Giulie - Sezione di Trieste del Club Alpino Italiano, ed in particolare Giorgio Cian, Annamaria Antonante, e la famiglia Pascoli di Muris di Ragogna. Renato Pacor da Jamiano, per la sua disponibilità Un ringraziamento particolare al Gr. Uff. Antonio Scrimali e Luciana Laurenti che hanno generosamente messo a disposizione le loro documentazioni e conoscenze sull’amato Carso, per aver creduto per primi in questo lavoro, in anni in cui nessuno prestava attenzione. Nella stesura di questo testo abbiamo avuto sempre vicino la figura del dott. Giovanni Lanza di Milano, che nel ricordo del nonno, capitano Antonio Lanza del 47° reggimento fanteria brigata Ferrara, colpito a morte sulle pietraie del Ridotto Massa Carrara di q.366 sud-ovest del Fajti. Paolo Pizzamus ringrazia in particolar modo Luciano Comelli della sottosezione di Muggia della Società Alpina delle Giulie C.A.I., e Leonardo Comelli compagno di tante escursioni sul Carso di Comeno con il quale ha condiviso intense emozioni e importanti scoperte.


UNA GUIDA AL CARSO DEGLI EROISMI E DEL SILENZIO

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“Addio tremende pietre e doline del Carso! Addio ‘dolina delle botti’, ‘dolina ellittica’, ‘dolina della vigna’ e addio Sdraussina sull’umidissima riva dell’Isonzo!”. Con queste parole si congedava nel novembre 1916 dal Carso di Lokvica e Kostanjevica Arturo Marpicati, tenente della brigata Spezia, poeta e scrittore. Gli uomini impegnati su questo fronte combatterono in continuazione, come ci ricorda lo stesso Marpicati: “da un assalto all’altro passa questa povera Buffa; qualche settimana di riposo; arrivo di ‘complementi’ sempre più giovani; poi trincee nuove, stillicidio di morti e di feriti, di malati, e infine nuovi attacchi, sempre frontali, sempre micidiali; e sangue, sangue, e ospedali in tutte le città e in tutti, si può dire, i paesi d’Italia. La chiamano buffa questa fanteria; meglio chiamarla la proletaria della guerra”. Esplorando quel terreno per ricostruire l’evoluzione dei combattimenti tra l’ottobre e il novembre 1916, ci siamo resi conto che ciascuna dolina custodiva memorie e testimonianze di grande rilievo, sia storico che umano. La passione, l’ago della bussola e le mappe ci hanno spinto ad abbandonare i sentieri più frequentati guidandoci verso le zone più recondite e meno note del Nad Logem, Lokvica, Nova Vas, Nad Bregom e delle quote 208 sud e nord. Il silenzio è il tratto distintivo di quel mondo, qui abbiamo provato un senso autentico di isolamento ed estraniazione dal mondo reale. L’altro è la bora leggera in una vegetazione lussureggiante che cambia colore in ogni stagione con le sue infinite tonalità di bianco, giallo, verde e rosso. “Le Patrie – scriveva Antonio Scrimali nel 1997 – hanno dimenticato i fanti, bersaglieri, genieri, zappatori, honved, jäger, landsturm, …Ma noi no”. Noi con l’aiuto di questa guida, siamo in grado di ascoltare, in pieno Carso, un fiume di racconti...


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Foto aerea austro-ungarica del quadrivio di quota 202, la strada a destra porta a Hudi Log, quella a sinistra a Lokvica, verso nord a Kostanjevica a

sud Opatje selo. Questo tipo di ripresa aerea serviva ai topografi per la ricostruzione precisa dei lavori di trinceramento delle linee nemiche. Sono ben evidenziate le doline e i muri a secco. Tra la strada che porta a Lokvica e quella che proviene da Opatje

IL CARSO DIMENTICATO


IL CARSO DIMENTICATO

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IL CARSO DIMENTICATO

Trincee, camminamenti e doline italiane davanti ai caposaldi di Lukaticˇe Hudi Log (A.U.S.S.M.E.)


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OTTOBRE 1916 -VERSO LA SECONDA SPALLATA Con la fine della settima offensiva apparve chiaro che l’esercito austro-ungarico stava impostando una partita difensiva mirata a ritardare l’arrivo degli italiani a ridosso del secondo sistema di difesa che si stava potenziando tra la quota 464, Kostanjevica e Selo. Questo poderoso sistema fortificato era articolato su una linea avanzata scavata interamente nella roccia e doppiato da una linea dei 100 metri, e si spingeva a sud fino al bastione dell’Hermada. Tutte le doline retrostanti erano dotate di capienti caverne, spesso a doppio ingresso, e collegate alla fronte da camminamenti ben defilati. Dagli interrogatori e dalle deposizioni dei prigionieri austro-ungarici fatte dopo la battaglia di settembre, emerse però l’esistenza di un ulteriore sbarramento interposto tra le prime linee austriache e il secondo sistema difensivo passante per Kostanjevica: la Reservestellung (linea

Sistemazione difensiva austriaca nel tratto Veliki Hrib, Lokvica e Oppacchiasella al termine della 7a battaglia dell’Isonzo. (AUSSME)


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delle riserve) o linea “1c”. Essa rappresentava in realtà la linea più importante di tutto il primo sistema di difesa austriaco sul Carso di Comeno, su cui concentrare la massima resistenza nel caso di perdita delle difese antistanti. Un profondo reticolato di 5-6 ordini, ancorato al suolo con paletti di ferro, precedeva il trinceramento scavato con tracciato a greca. Il suo percorso inglobava le quote più rilevanti e strategicamente favorevoli all’osservazione e alla difesa. Dalla q.123, a sud ovest di Vrtoåe sul Vipacco, questa linea, costituita per quasi tutta la sua lunghezza da un’unica trincea, risaliva il pendio di ponente del Veliki Hrib, fino al margine del Bosco a Cuore, per poi toccare in successione il Peåinka (q.291), e i caposaldi di Segeti, Hudi Log e Lukatiå. Da quest’ultimo campo trincerato risaliva, verso sud-sud ovest, il pendio di ponente della q.238 del Nad Bregom, innestandosi per un breve tratto nell’anello difensivo attorniante la cima per poi collegarsi verso sud alla successiva quota 235. Il tratto successivo, orientato a sud-est, correva a ovest dell’osservatorio di q.219, sul ciglione meridionale del Carso. Una volta sceso a sbarrare il Vallone di Brestovica, avanzava sulle pendici occidentali dell’Hermada, inglobando la q.146, il margine est delle case Flondar, la sponda sinistra del Lokavac e terminava su q.28. Su questa trincea venivano fatte affluire le riserve da dove partivano i fulminei contrattacchi austriaci per riprendere le linee avanzate cadute momentaneamente in mano italiana. Sarà la Reservestellung o linea 1c, il teatro delle due successive offensive autunnali, l’ottava e la nona battaglia dell’Isonzo. Mentre le riserve marciavano nella notte per sostituire le brigate più esauste, i genieri asburgici rinforzavano le linee difensive di affrontare le nuove prove. Alle loro spalle si preparava, grazie anche al lavoro coatto dei prigionieri di guerra russi, il trasferimento più a est dei magazzini e strutture logistiche dislocati tra Kostanjevica e Komen per sottrarli al raggio d’azione dei cannoni a lunga gittata e ai raid dell’aviazione sempre più frequenti. Ferveva pure il lavoro per l’attivazione delle immense caverne naturali destinate ad accogliere i comandi delle grandi unità insieme alle truppe di rincalzo. “Detto comando trovasi in una immensa caverna naturale, nella quale si entrava da una piccola porta, scendendo una lunghissima scalinata – raccontò il capitano Carmine La Greca, del 149° reggimento della brigata Trapani, condotto in una di queste grotte a est del Fajti dopo la sua cattura durante l’offensiva dell’ottobre 1916 –, questa caver-


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na piena di stalattiti, era illuminata a luce elettrica e tutt’intorno aveva delle impalcate di legno a spirali, sulle quali riposavano le truppe austriache di riserva che in quel frattempo si accingevano a uscire dalla caverna per accorrere in linea”. I fanti dell’impero asburgico, passando dalle retrovie al fronte di combattimento, incontravano i primi segni del nuovo campo di battaglia. Arrivando dal Fajti Hrib, sotto il bombardamento, li accoglieva il paese martoriato di Kostanjevica: “La strada è disseminata di cadaveri, pietre, ferro. Qui giacciono stracci, coperte, teli tenda, attrezzature militari, cavi telefonici, fucili, coltelli, munizioni, filo spinato, e in mezzo, morti italiani e austriaci in un coagulo di sangue – ricordò Ivan Matiåiå nel suo libro di memorie – Nelle vicinanze mi sono imbattuto in una compagnia di un reggimento polacco che, non curante del macabro spettacolo, era intenta a spartire il rancio”.

Ivan Mati@i@ posa fiero nella sua uniforme del 2° Gebirgschützenregiment con al collo le tipiche stelle alpine che distinguevano il suo reggimento. Ha preso parte attiva a tutte le vicende della Grande Guerra: comincia nel 1914 in Galizia, nel 1915 a Doberdò, l’inverno tra il 1915-1916 è spostato a Planina Duplje nel massiccio del Krn; rispedito in Galizia, ritorna nel settembre del 1916 sul Carso, combatte intorno al Nad Logem, Hudi Log, Fajti e Spacapani. L’undicesima battaglia la passa nella bolgia del San Gabriele, prende parte alla 12a offensiva e si ritrova sul Piave. Alla fine delle ostilità torna a casa, dove nel 1922 pubblica le sue memorie sulla


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Sul fronte opposto i fanti e i genieri italiani si adoperavano per rafforzare le posizioni raggiunte al termine della settima offensiva, mentre le colonne dei rifornimenti affrontavano il terreno spazzato dalle raffiche improvvise delle artiglierie per assicurare i rifornimenti, in particolare l’acqua, il tabacco, le sigarette e la posta. In quel periodo mancavano camminamenti sicuri e profondi. Fili d’Arianna guidavano le corvee verso la prima linea, mentre nei punti più scoperti gli scudi dei guastatori servivano a creare corridoi al coperto indispensabili per rifornire le postazioni più isolate. L’insidia dei bombardamenti era però sempre in agguato, come accadde al maggiore Riccardo Neva da Maddaloni, del 75° reggimento – brigata Napoli: “Il mattino del 9 [ottobre 1916], mentre nel suo ricovero stava dando degli ordini a due capitani, una grossa granata scoppiò sul tetto demolendolo, e li seppellì tutti – scrisse il Comandante del reggimento alla vedova descrivendo la morte del consorte sul fronte di San Grado di Merna – Subito con slancio e abnegazione, i suoi dipendenti, primo fra essi il suo tenente aiutante maggiore Giustetto, si accinsero a disseppellirli, sentendoli invocare aiuto, quando una seconda granata scoppiata nello stesso punto completò la strage uccidendo il suo Riccardo, i due capitani, e gli altri militari che con lui erano intenti all’opera pietosa”. Nell’ottica del Comando Supremo Italiano la battaglia appena conclusa era solo una parentesi in vista della demolizione progressiva degli ostacoli intermedi che si opponevano tra il Regio Esercito e il sistema difensivo di Kostanjevica. Per favorire il crollo di questi muri si incrementò il numero delle batterie di bombarde disponibili, accelerando l’entrata in linea dei nuovi modelli da 240 mm L, pezzi prolungati dalla maggiore gittata. L’ondata di distruzione dell’artiglieria italiana sarebbe stata seguita dalle ondate della fanteria incaricata di occupare la prima fascia difensiva austro-ungarica, ormai diroccata, favorendo il successivo sbalzo verso oriente. OBIETTIVO VELIKI HRIB Al mattino del 4 ottobre 1916, il generale Armando Diaz, al comando della 49a divisione, si recò nel Vallone presso la grande baracca nella zona cave, sotto il Nad Logem per una cerimonia solenne. Alla presenza di quattro compagnie, consegnò al generale Sani e al colonnello Carlo Perris, comandanti, rispettivamente,


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della brigata Pinerolo e del 13° reggimento la medaglia d’argento al valore per il contegno eroico da essi avuto nelle azioni dal 15 al 17 agosto sul Peåinka (in realtà q.263. n.d.r.). Lo stesso giorno, S.A.R. il Conte di Torino risalì le pendici est del Vallone per visitare la dolina del Nad Logem, sede del Comando del 13° reggimento. Con questi avvenimenti iniziò il mese di ottobre del 1916 per il 13° e 14° reggimento della brigata Pinerolo, dislocati tra il settore di S.Grado e le pendici settentrionali del Nad Logem, prossime piattaforme di partenza per l’ottava battaglia dell’Isonzo. La divisione di Diaz aveva sostituito la 23a del tenente generale Gazzola, protagonista delle battaglie d’agosto e di settembre, schierandosi all’ala sinistra del XI corpo d’armata con le brigate Pinerolo e Napoli. La direttrice d’attacco fissata per l’imminente offensiva era quota 123 – Volkovnjak. I primi obiettivi da superare erano la collina del Poggio Pelato, a nord, e i trinceramenti di quota 246, sul versante settentrionale del Nad Logem, a sud. Le cattive condizioni metereologiche ritardarono di alcuni giorni l’inizio della battaglia, fissata in un primo tempo per il giorno 5 ottobre, ma le artiglierie italiane continuarono l’opera demolitrice fino a raggiungere un’intensità mai riscontrata prima di allora il giorno 10 ottobre. “10 otto-

Cartolina commemorativa del 14° reggimento brigata Pinerolo


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bre – Più che una ‘zona di guerra’ il Nad Logem è oggi una ‘zona d’inferno’ – ricordava nel suo diario il Cappellano militare del 13° reggimento della Pinerolo, Giuseppe Abate –, da tre giorni si vive in una bufera infernale che mai non resta… come quella dantesca! È la lotta di furenti titani d’acciaio, che nascosti tra le forre e tra i boschi, vomitano fuoco micidiale rovente. È un boato, un rombo continuo”. Nel primo pomeriggio del 10 ottobre le fanterie del 75° reggimento – brigata Napoli mossero all’assalto scendendo dal colle di S.Grado e risalendo verso le fortificazioni austriache del Poggio Pelato, ma senza successo. Battute sul fianco sinistro dal fuoco

Linee contrapposte il 9 ottobre 1916 nella zona della 49a divisione a San Grado (A.U.S.S.M.E.)


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proveniente da posizioni oltre il Vipacco, dovettero inesorabilmente arrestarsi davanti ai reticolati austriaci. Maggior successo ebbe invece il 13° reggimento della Pinerolo schierato contro le linee austriache di quota 246. Pur non riuscendo a coadiuvare l’attacco del 75° contro il Poggio Pelato, i due battaglioni schierati alla destra del settore d’attacco della 49a divisione, riuscirono, attraverso i pochi varchi aperti tra i reticolati, a occupare parte della trincea nemica e a collegarsi a sud con la 45a divisione operante sulla q.265. Resistettero ai continui contrattacchi sferrati dagli austriaci tesi a far indietreggiare soprattutto il fronte raggiunto dalla 45a divisione, consolidando così le posizioni raggiun-

Settore della 49a e della 45a divisione alla vigilia dell’ottava battaglia, ottobre 1916 (A.U.S.S.M.E.)


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te. L’attacco sferrato il giorno successivo portò solo a una rettifica nella nuova prima linea con l’occupazione di qualche nuovo tratto di trincea nemica sul versante settentrionale di q.265. Davanti al cappellano Abate sfilarono i difensori austriaci caduti prigionieri: “Erano ancora tramortiti ed esterrefatti dal nostro intenso e terrificante bombardamento! Uno di essi, un Ufficiale, ancora ansante e madido di sudore, accennando agli effetti micidialissimi delle nostre artiglierie e bombarde m’ha detto che non era possibile più a lui e ai suoi uomini, nonostante la massima buona volontà e il più forte coraggio, resistere! Ultra posse nemo resistit è stata la sua frase, in latino.” Si era verificato un effetto domino di arretramento nella catena difensiva austriaca. Lo sganciamento sopra Lokvica del I e III Batt. dell’I.R. Nr. 87 aveva costretto i fanti ungheresi dell’Infanterieregiment Rupprecht Kronprinz v. Bayern Nr. 43, schierato tra il Peåinka e il Veliki Hrib, a cedere spazio di manovra attestandosi lungo il margine della carrareccia che collegava l’abitato di Lokvica con l’inizio della mulattiera diretta a S.Grado. Si trovavano in una delicata posizione di cerniera tra la 28a e 17a Infanteriedivision. Agli uomini di quest’ultima grande unità, che avevano già dovuto abbandonare le difese avanzate delle quote 265 e 263, era toccato il compito fondamentale di impedire ogni ulteriore progressione verso la quota 343 del Veliki Hrib. Contro questo bastione, alla fine di settembre, venne schierata la 45a divisione del tenente generale Giuseppe Venturi, un comandante formatosi professionalmente tra i ranghi dei genieri. La fiducia riposta in questo ufficiale modenese e nei suoi soldati delle brigate Toscana, 77° e 78° reggimento, e Trapani, 144° e 149° reggimento, era grande poiché si trattava dei protagonisti della recente conquista del Sabotino, la sentinella di pietra che aveva vigilato sulla piazzaforte di Gorizia per sei battaglie, fino all’agosto 1916. Dopo aver ricevuto l’ordine il 25 settembre di prepararsi ad affrontare questo difficile obiettivo, Venturi cercò di raccogliere tutte le informazioni utili per comprendere la realtà del sistema difensivo avversario in attesa dell’attacco dei suoi uomini. “Una fitta boscaglia di pinastri e abetine ricopre le pendici settentrionali del Veliki Kribak – scrisse un cronista dopo aver parlato con alcuni soldati della 45a divisione che avevano affrontato il nuovo campo di battaglia a nord del Veliki Hrib –, di pieno giorno quel bosco è tutta un’ombra serale che chiude l’orizzonte in un intrico di ramaglie e di tronconi a pochi


IL CARSO DIMENTICATO

passi di chi procede. Tra i colonnati dell’alberatura sono tesi reticolati e siepi di ferro spinato I trinceramenti nemici corrono sinuosi tra la boscaglia, profondi e intracciabili. Sono due, quasi paralleli, lungo i bordi del burrone. Non hanno una continuazione, un tracciato regolare, ma sono veri e propri elementi di trincea staccati l’uno dall’altro. Reticolati profondi circa dieci metri fronteggiano i due trinceramenti frammentati”. La 45a divisione si confrontò con la cintura di resistenza assicurata tra il Veliki Hrib e il Peåinka dai magiari dell’Infanterieregiment Freiherr v. Fejérváry Nr. 46 e dell’Infanterieregiment Freiherr v. Conrad Nr. 39. “Quando sorse il sole l’artiglieria italiana cominciò a batterci con granate di grosso calibro. La terra tremava in maniera spaventosa, l’esplosione deflagrante era dovuta ai calibri da 28 cm. caricati con ecrasite. Tutto tremava sotto i nostri piedi, la roccia si sgretolava e tutti i ricoveri erano sconquassati dalle mille schegge – scrisse Ivan Matiåiå nel suo diario descrivendo l’impressione terribile per gli effetti del tiro tambureggiante –, ma la paura maggiore per il soldato era lo scoppio improvviso delle bombarde. La detonazione era fortissima e lo spostamento d’aria era tale che ci buttava per terra e ci toglieva il respiro. I soldati tremavano impauriti sotto l’uragano di ferro e fuoco, tutta Distintivo da berretto, riemerso dopo novanta anni dal fondo di una dolina, muta testimonianza di un reggimento veterano della guerra carsica

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Targa di una compagnia addetta alle mitragliatrici facente parte dell’I.R. 46°

Graffito dell’I.R. 39°


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Gostilna “BRIC” Miren 120, 5291 Miren Tel. 00386 (0) 5 3954420 Lunedi e martedi chiuso OSMICA Pahor pri KRÅARJU Sela na Krasu 3, 5296 Kostanjevica na Krasu Tel. 00386 (0) 5 3080442 GOSTILNA S PRENOÅIÆÅI KOGOJ Bilje 149A, 5292 Renåe tel. 00386 (0) 5 3013097, 00386 (0) 5 3053054 mercoledi pomeriggio chiuso GOSTILNA PREGELJ Lokvica, 31 - 5291 MIREN Tel. 00386 (0) 5 30 80 267 Fax 00386 (0) 5 30 80 266 orario: 12.00-23.00

GOSTILNA “Pri Prleku” Vidoviå Nadja s.p 00386 (0) 5 3080784 Hudi Log 5 5296 Kostanjevica na Krasu OKREPÅEVALNICA PIZZERIJA FRNAŒAR Miren - Tel. 00386 (0) 5 3054182 martedi chiuso VINOTOÅ “MARUÆIÅ” Davorin - Primoœ Lokvica 25 - Miren tel. 00386 (0) 5 3080761 e-mail: primoz.marusic@email.si GOSTILNA “TABOR” Vojæåica, 44 tel. 00386 (0) 5 30 80 613 00386 (0) 531 63 7 101 Chiuso Lun, mar e mercoledi Orario dalle 11.00 alle 22.00


Gaspari editore Via Vittorio Veneto 49 - 33100 Udine Tel. 0432 512.567 • Fax. 0432 505.907 www.gasparieditore.it e-mail: info@gasparieditore.com

Juren, Pizzamus, Persegati IL CARSO DIMENTICATO Volume primo ISBN 88-7541-109-3; 12x21 cm; pp. 120; € 13,50

Corrado Tumiati ZAINO DI SANITÀ ISBN 88-7541-150-6; 14x21 cm; pp. 208; € 18,00

Volume 1° Lorenzo Cadeddu LA VITA PER LA PATRIA SA VIDA PRO SA PATRIA 21X27, ISBN 88-7541-065-8; pp. 176, 120 ill, € 14,50

Guido Alliney MRZLI, LA BATTAGLIA DIMENTICATA ISBN 88-7541-145-X; 17x24 cm; pp.284; € 14,80

Volume 2° Lorenzo Cadeddu LA VITA PER LA PATRIA SA VIDA PRO SA PATRIA L’EPOPEA DELLA SASSARI SUL CARSO, LA TRINCEA DELLE FRASCHE 21X27, ISBN 88-7541-160-3; pp. 144, 120 ill, € 18,00


Come si presenta oggi la sommità di q. 343 con la torre monumentale dedicata alle guerre per l’indipendenza della Slovenia

In copertina: Situazione dell’azione alle ore 16 del 10.10.1916 sotto il Veliki Hrib come l’ha disegnata il Capitano del 2°Battaglione del 149° Fanteria (A.U.S.S.M.E.) Artiglieri austro-ungarici con il lancia-mine tipo Kolben (archivio Pierpaolo Russian)

Hudi Log dopo la furia delle artiglierie (archivio

Cippo del 65° reggimento della brigata Valtellina a q. 84 presso Bonetti

Dolina carsica in una cartolina di G. A. Sartorio

Kappenaibzeichen ritrovato in una Dolina sul

13,50

Juren - Pizzamus - Persegati

Il Carso dimenticato Le spallate dell’autunno ‘16

Ricoveri italiani in dolina

Esplorando il terreno per ricostruire l’evoluzione dei combattimenti tra l’ottobre e novembre 1916 ci si rende conto che ciascuna dolina custodisce memorie e testimonianze di grande rilievo sia storico che umano. La passione, l’ago della bussola e le mappe ci hanno spinto ad abbandonare i sentieri più frequentati spingendoci verso le zone più recondite e meno note del Nad Logem, Lokvica, Nova Vas, Nad Bregom, e delle quote 208 sud e nord. Il silenzio è il tratto distintivo di questo mondo. Solo il vento di bora sembra riportare tra le fronde della boscaglia antiche voci, con tutte le declinazioni dei sentimenti di sofferenza e disperazione. Qui si prova un senso autentico di isolamento ed estraniazione dal mondo reale. Le doline odierne non “…affondano più nella grigia pietraia desolata come i garofali del mare insidioso” bensì affondano in un mare di lussureggiante vegetazione dalla livrea mutevole: il ritmo delle stagioni le arricchisce con le sue infinite tonalità di bianco, giallo, verde e rosso.

Itinerari nel Carso dimenticato

Le spallate dell’autunno ‘16 sul Carso di Comeno Veliki Hrib, Q.208 Nord, Q.208 Sud, Nova Vas, Nad Bregom, il Vallone delle croci, il Fajti, Pecˇinka Q.291, Pecˇina Q.308Q. 278, Hudi Log, Lucaticˇ Volume secondo

Guide Gaspari

Mitja Juren Nicola Persegati Paolo Pizzamus

Gaspari

Il lago di Doberdò dalle pendici di q. 208 sud


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