Corriere del Po 19 - 2016

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Corriere del Po Anno III - n° 19 - Dal 26 Settembre al 09 Ottobre 2016

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Alberto Zilocchi festeggiato per l’impegno in agricoltura ma anche nella Sanità Pegognaga:

Emozionato ma contento per avere attorno a sé la moglie, i tre figli con le rispettive famiglie e tanti amici dai quali sono arrivati numerosi elogi per la festa del suo compleanno, ma soprattutto dove sono state ricordate le sue doti umane e professionali della vita famigliare ma anche quella pubblica dopo 12 anni di presidenza dell’A.M.A. (Associazione Mantovana Agricoltori). Un uomo ricco di Valori quali l’umiltà, il sacrificio, l’onestà e la moderazione come è stato descritto dal nipote Matteo in una lettera dove ha aggiunto: “Caro nonno, per 40 anni ti sei alzato la mattina all’alba per mungere i tuoi animali e nel contempo sei riuscito a coltivare le tue passioni per la vita sindacale e associativa. Condotta la tua vita lavorativa, ora stai facendo molto volontariato e sono certo che è il tuo elisir per mantenerti ancora attivo e in forma”. Al termine facendo gli auguri al nonno ha detto: “gli anni sono come i passi, non contare e continua a camminare perché hai tanta strada da fare”. Alla festa tante persone fra cui Giulio Sereni ex presidente dell'Associazione Nazionale Allevatori di Suini (Anas) e decano dei suinicoltori mantovani il quale si è complimentato con l’amico Alberto per il traguardo raggiunto. Poi il Prof. Bruno Merlotti che ha ricordato le doti umili di Alberto con una serie di esempi frutto di esperienze di vita condivise fin dagli inizi nei giovani Club 3P (Provare, Produrre, Progredire) . Infine Ada Giorgi presidente del Consorzio di Bonifica che ha elogiato il calore umano della serata conviviale facendo un excursus della sua vita dove tanti amici come Alberto l’hanno aiutata nel suo percorso. All’inizio della serata sono arrivati anche gli auguri del parroco di Pegognaga Don Flavio Savasi, che poi ha dovuto assentarsi per impegni canonici. Fra gli invitati numerosi imprenditori agricoli, i più stretti collaboratori dei tempi della presidenza A.M.A. come il direttore Isalberto Badalotti, nonché il predecessore e storico presidente Carlo Petrobelli, ma anche gli amici di sempre perchè è stata proprio l’amicizia il filo conduttore di tutta questa serata di festa. Alberto un pioniere nel campo dell'agricoltura ma anche nel volontariato sociosanitario del nostro territorio. Il suo impegno prima nell'"Opilio Zuccati" poi nel "Comitato Tartaruga", merita veramente il plauso della comunità. Un generoso maestro di vita. Nella foto Alberto Zilocchi con Attilio Pignata la camicia blu e la cravatta gialla

Bella la mostra “il Motoclub di Pegognaga” con foto inedite. Pegognaga:

I lavori sono stati aperti da Vittorio Negrelli, spiegati da Simona Gerola, commentati ed elogiati da Francesca Tellini ed Alfredo Calendi. Tante le persone all’inaugurazione. Quando una famiglia apre i cassetti dei ricordi e mette a disposizione della comunità, foto e documenti inediti, allora il gesto non è solo meritevole di elogio e di attenzione ma diventa un gesto civile di amore per il passato, un forte messaggio cultuale e storico, sociale e umano. Sì perché quelle foto parlano, ci sono le persone del paese, i bambini, le prime macchine, la vita contadina insomma una vera fotografia di una Pegognaga sempre più bella da vedere. Simona Gerola di Pegognaga ha messo a disposizione del gentile pubblico tutte le foto e i manifesti per raccontare un passato ricco di eventi ed emozioni. Infatti Simona Gerola era emozionatissima, felice anche il marito perché assieme ai parenti e tutta l’organizzazione, sanno di aver reso più bella la sagra di Pegognaga 2016. Ma di cosa si tratta? Dalla Gazzetta di Mantova a cura di Vittorio Negrelli si legge: Una generazione in viaggio a cura dell’associazione Laboratorio Ambiente. Nei 60 pannelli di grandi dimensioni e nell’omonimo catalogo arricchito con un apparato iconografico inedito proveniente da archivi familiari, è stata storicizzata la storia di un club sportivo e l’epopea di una generazione di personaggi della media borghesia locale, che negli anni 1940/50 ha lasciato un segno profondo nella memoria collettiva del paese. La rassegna illustra non solo le gesta di una cinquantina di amici e appassionati di motociclismo fra i quali Giuseppe Stabile, Umberto Braga, Amplico Zucchi, Bonfiglio Minelli, Luigi Acerbi, Francesco Perboni, e del loro rapporto di amicizia con il grande Tazio Nuvolari, ma anche l’ambiente socio-economico e culturale della Pegognaga del secondo dopoguerra. Ampio spazio è dedicato a gare e risultati sportivi del campione motociclistico nazionale Umberto Braga, della gara sul circuito di velocità di Pegognaga del 1947, delle competizioni sul circuito del Te a Mantova. Anche sulla Voce di Mantova a cura di Riccardo Lonardi si legge: Ha fatto da gentile e approfondita guida Simona Gerola e la pubblicazione è molto interessante”. Si intitola “Il motoclub di Pegognaga, una generazione in viaggio”. (A.P.)


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Collaboratori e Amici: Marco Cagnolati, Giorgio Boldrini, Luigi Mignoli, Attilio Pignata, Gianni Bellesia, Vanna Bozzolini, Marina Lombardi, Mariangela Corradini, Emanuele Marazzini, e tutti coloro che ci inviano articoli e/o Poesie da pubblicare, GRAZIE!!! Distribuzione: Casalmaggiore (Casalbellotto, Roncadello, Valle e Vicomoscano); Borgoforte; Campitello, Canicossa e Cesole di Marcaria; Commessaggio; Dosolo (Correggioverde e Villastrada); Gazzuolo; Gonzaga (Bondeno e Palidano); Moglia; Motteggiana (Sailetto e Villa Saviola); Pegognaga; Pomponesco; Sabbioneta (Breda Cisoni e Villa Pasquali); San Benedetto Po (Portiolo); Suzzara (Sailetto e San Prospero), Viadana (Banzuolo, Bellaguarda, Buzzoletto, Casaletto, Cavallara, Cicognara, Cizzolo, Cogozzo, Salina, San Matteo e Squarzanella); Boretto (Santa Croce); Brescello; Gualtieri (Pieve Saliceto); Guastalla (Pieve, San Giacomo, San Martino e Tagliata); Luzzara (Casoni, Codisotto e Villarotta); Poviglio; Reggiolo (Brugneto, Villanova). Avvertenza Legale: Tutte le pubblicità prodotte da Carlodaniele Caramaschi D.I. per il Corriere del Po sono di proprietà esclusiva dello stesso, pertanto è assoultamente vietata la riproduzione aanche parziale senza preventivo consenso. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge.

San Prospero di Suzzara

I Ricordi del Film Novecento che venne girato nella Villa Donesmondi La sala civica adibita alle mostre di ricordi e oggetti del “c’era una volta” ideato dal pro. Carlo Prandi, quest’anno c’era anche un contributo inglese. Si tratta di Pierluigi Ercole suzzarese sposato con l’inglese Clare direttrice dell’archivio regionale cinematografico di Londra e residente in Inghilterra da diversi anni. Lui al Montfort University Leicester. La loro passione per la storia del cinema li ha uniti nel lavoro e nella vita. Quest’anno ricorrendo il quarantesimo anniversario del film Novecento girato anche a San Prospero, hanno pensato di risvegliare questo ricordo con una mostra, che riguardava le scene girate a San Prospero, presso Villa Cazzaniga Donesmondi, nella casa padronale. Poi grazie agli abitanti del posto sono stati recuperati e portati in mostra oggetti, foto, indumenti e tutto ciò che riguardava la vita del contadino e quella del padrone. Un angolo è stato riservato ai vestiti che indossavano ai primi del novecento. Molte le persone che hanno ammirato e apprezzato l’originale mostra a ricordo del film novecento che tanto successo ebbe, anni fa. Un grazie a Sandro Ferrari, Vanni Rossato, Novella Valenza, Roberta Tirelli, Fernanda Barbieri. Ma chi è Pierluigi Ercole? È ricercatore e docente di Cinema e storia della televisione a De Montfort University (Leicester, UK). Gran parte della sua ricerca è fondata pubblico e ricezione studi, cinema transnazionale e la diaspora e il suo lavoro si concentra, in particolare, sul cinema italiano, il cinema-going in Italia e in Gran Bretagna, la cultura cinematografica anglo-italiana e la distribuzione e ricezione film italiani in Regno Unito e Irlanda. Numerose le pubblicazioni che il suzzarese-inglese ha curato. Cosa racconta il film? Novecento è un film del 1976 diretto da Bernardo Bertolucci, che racconta la storia di tre generazioni impegnate nella lotta di classe in Emilia, sullo sfondo di un secolo di politica italiana. Presentato fuori concorso al 29º Festival di Cannes, il film fu poi selezionato tra i 100 film italiani da salvare con lo scopo di segnalare “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”. Dopo 40 anni a San Prospero, grazie a questa mostra, la memoria è viva. Un plauso al Prof. Carlo Prandi, Pierluigi e Clare per l’impegno e l’organizzazione ben riuscita grazie alla collaborazione degli abitanti di questa frazione, piccola ma grande nelle idee. Attilio Pignata


Il suo mare nella conchiglia

Forse il mare lo aveva visto solo in cartolina, magari sognato, sposata giovane e divenuta presto mamma, il mare a turno lo faceva godere a noi bambini. Andava bene così lei continuava a sognarlo; Sul vecchio comò della camera da letto, proprio affiancato alla finestra, sopra al centro in chiacchierino, teneva sempre deposte una grossa conchiglia rosa con larghe venature contrastanti sull’arancione, penso che era con lei che forse sognava, appoggiandosela all’orecchio quasi trattenendone il respiro, sentiva il mare parlare, il rumore delle onde che s’infrangevano sugli scogli, percepiva il cantare dei gabbiani. Con lei sognava pensando a noi bimbi lontani dà lei, per lei è rimasto solo un sogno, un regalo tramandato a noi, se appoggi la grossa conchiglia all’orecchio restando in silenzio, senti il vociare del mare e ti ricordi di lei che spesso lo faceva, risentendone l’amarezza ed i suoi lunghi sospiri. Vanna Bozzolini

Il Mister

Lo sapeva bene Nereo Rocco, indimenticata allenatore di Padova e Milan degli anni ’60 che quando gli auguravano “Vinca il migliore” credendo di fargli cosa gradita, prontamente rispondeva “Speriamo di no!”. In questa battuta si nasconde l’essenza del mestiere dell’allenatore, chiamato a vincere le partire anche quando ha a disposizione una formazione tecnicamente inferiore dell’avversario. Il delicato lavoro preparatorio consiste nell’ottenere da ciascun calciatore in organico, il massimo delle sue potenzialità, con l’obiettivo di creare un gruppo affiatato dalle giocate vincenti. Come in tutte le attività, ci sono infinite varianti e l’originalità è cosa rara. Alcuni di loro sono comunque riusciti a trasmettere idee e schemi di gioco talmente innovativi da apparire rivoluzionari. Divertono, sorprendono, fanno disperare gli avversari finché, a un certo punto scattano le contromisure necessarie e tutto ritorna nella norma. Come nella vita, dove non c’è mai nulla di acquisito e definitivo. Valentino Berni All’amico Andrea Zanichelli. / Allenatore di Calcio.

Il Volo della Palla

In una clinica ortopedica si incontravano spesso due ragazzi: Betty era paralizzata alle gambe e Dylan non aveva le mani. Un giorno, dopo l’abituale visita di controllo, decisero di farsi portare, dai loro assistenti, vicino ad una scuola per l’infanzia. Mentre giocavano in cortile, ad un bimbo scappò la palla, Betty la prese al volo con le mani e la lanciò a Dylan tra le gambe che subito con un forte calcio la rilanciò al bambino. Dopo quel gesto, Dylan e Betty furono abbracciati dalle maestre e dai bambini che li invitarono a partecipare alle varie attività sportive della scuola. Mariangela Corradini


Miti e Leggende

Lo Zafferano vero (Crocus sativus)è una pianta della

famiglia delle Iridaceae, coltivata in Asia minore e in molti paesi del bacino del Mediterraneo. Dallo stimma trifido si ricava la spezia denominata "zafferano", utilizzata in cucina e in alcuni preparati medicinali. La parola zafferano deriva dalla parola araba za῾farān. Allo Zafferano sono legate molte tradizioni culinarie ma altrettante sono le leggende fiorite intorno a questa magica pianta nel corso degli anni. L'origine del risotto alla Zafferano, per esempio, sarebbe da ricercare in un povero locandiere che rimasto senza alcun soldo in tasca non poteva comperare per la sua taverna ne carne, ne uova, ne burro, ne verdure. Si limitava perciò a servire ai suoi clienti del riso lesso, insipido ma poco costoso. Un giorno un pittore che passava di lì, anch'egli senza soldi, pagò il taverniere con della polvere di Zafferano, all'epoca utilizzata per dipingere. Il caso volle che mentre cucinava la polvere si rovesciasse nel pentolone. Non avendo soldi per comprare altro riso, il locandiere lo servì così e i suoi clienti lo apprezzarono tanto da decantarlo in lungo e in largo. La gente arrivava da ogni dove per assaggiare il “Riso dorato” e il locandiere divenne finalmente ricco. Un'altra leggenda, sempre narrante l'origine del risotto allo Zafferano, racconta di un garzone che lavorava nella bottega di un vetraio. Egli era tanto bravo nel mescolare i colori, rendendoli dorati grazie allo Zafferano, da essere soprannominato proprio Zafferano dal suo capo. Un giorno, la figlia del bottegaio per cui Zafferano lavorava e di cui era invaghito da tempo, annunciò le sue nozze. Zafferano era disperato poiché, pur non potendola sposare, desiderava renderla felice con un bel regalo. Senza una lira in tasca, il bel garzone si presentò al matrimonio con due marmitte di risotto dorato, colorato con il suo amato Zafferano. Il risotto riscosse tanto successo da surclassare qualsiasi altro regalo e il giovane divenne ricco e famoso, chiamato in ogni corte per preparare quel piatto “da nobili”. KC

L’asino ed il Pulcino

Un giorno un Asino molto altezzoso disse ad un gracile Pulcino “Vedi io sono grande, non mi calpesta nessuno, mentre tu, se non stai attento, qualche volta ti troveranno, asfaltato sul cortile” Ilpulcino malcontento si rifugiò nel suo piccolo pollaio a piangere. Dopo qualche giorno, scoppiò un forte temporale con enormi pezzi di ghiaccio che invase il cortile, l’asino corse all’impazzata, ma non trovò neanche un buco dove potersi rifugiare, mentre il Pulcino scappò subito nel suo piccolo Pollaio. Il giorno dopo l’Asino aveva il corpo pieno di ferite, mentre il pulcino era tutto asciutto e contento. Mariangela Corradini

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«Venezia, gli Ebrei e l'Europa 1516-2016» Una mostra aperta fino al 13 novembre 2016 a Palazzo Ducale, appartamento del Doge

Organizzata in occasione del cinquecentenario dell’istituzione del Ghetto di Venezia, curata da Donatella Calabi con il coordinamento scientifico di Gabriella Belli e il contributo di un nutrito pool di studiosi, la mostra «Venezia, gli ebrei e l’Europa 1516 – 2016» intende descrivere i processi che sono alla base della nascita, della realizzazione e delle trasformazioni del primo “spazio circondato e chiuso” al mondo, destinato agli ebrei. La parola "ghetto" è utilizzata a partire dall'inizio del 16° secolo e deriva dal veneziano "ghéto", che significava fonderia, ossia il luogo dove si gettava il metallo. Infatti il termine in un primo tempo designava il quartiere delle fonderie di Venezia che era esattamente quello dove si erano stabiliti gli ebrei. Allo stesso tempo, nella stessa mostra, lo sguardo si allarga, abbracciando le relazioni stabilite con il resto della città e con altri quartieri ebraici (e non solo) italiani ed europei, a sottolineare la ricchezza dei rapporti tra gli ebrei e Venezia e tra gli ebrei la società civile, nei diversi periodi della loro lunga permanenza in laguna, in area veneta e in area europea e mediterranea. L’intento è infatti una maggiore consapevolezza delle diversità culturali esistenti nella Venezia cosmopolita d’inizio Cinquecento e della commistione di saperi, conoscenze, abitudini che ne costituiscono tuttora il principale patrimonio. La mostra comprende importanti dipinti – da Bellini e Carpaccio, da Foraboschi a Hayez e Poletti, da Balla a Wildt fino a Chagall – disegni architettonici d’epoca, volumi in rarissime edizioni originali, documenti d’archivio, oggetti liturgici e arredi, ricostruzioni multimediali permettono di dar conto di una vicenda di lungo periodo, fatta anche di permeabilità, di relazioni e scambi culturali. Non solo un lavoro d’indagine sull’area specifica dei tre ghetti (Nuovo, Vecchio e Nuovissimo) dunque, ma anche una riflessione sugli scambi culturali e linguistici, sulle abilità artigianali e sui mestieri che la comunità ebraica ha condiviso con la popolazione cristiana e le altre minoranze presenti in un centro mercantile di straordinaria rilevanza. L’arco cronologico preso in considerazione va oltre la caduta della Repubblica e l’apertura delle porte per volere di Napoleone: apparirà in mostra anche il ruolo degli ebrei nell’età dell’assimilazione e nel corso del Novecento. La scelta di non cacciare gli ebrei ma di mantenerli dentro il ghetto fu vissuta come il male minore e la chiusura, una palese discriminazione, finì per trasformarsi anche in un’utile difesa, perché gli ebrei, soggetto politicamente debole all’esterno delle mura, diventarono all’interno autonomi, quasi padroni delle loro azioni, in molti casi ben più di tanti abitanti e sudditi che vivevano alla completa mercé del doge, del principe, del papa o del re. La mostra a Palazzo Ducale, che ci accompagna in un affascinante viaggio, tra arte, storia e cultura, illustra dunque la distribuzione degli insediamenti ebraici in Europa dopo il 1492; l’istituzione del primo vero e proprio ghetto al mondo; il dibattito sulla sua localizzazione; la crescita e la conformazione urbana e architettonica delle successive espansioni (il Ghetto Novo, il Vecchio e il Novissimo); le relazioni con il resto della città (le botteghe rialtine, il cimitero, l’escavo del Canale degli Ebrei), la reintegrazione novecentesca. Distribuita in 10 sezioni tematiche e cronologiche nelle sale degli appartamenti del Doge – Prima del Ghetto, La Venezia cosmopolita, Il Ghetto cosmopolita, Le sinagoghe, Cultura ebraica e figura femminile, I commerci tra XVII e XVIII secolo, Napoleone: l’apertura dei cancelli e l’assimilazione, Il mercante di Venezia, Collezioni, collezionisti, Il XX secolo – l’esposizione è corredata anche da apparati multimediali e innovative tecnologie di grande suggestione, elaborate da Studio Azzurro. Ricchissimo di contributi il catalogo edito da Marsilio Editori. (Tratto da Fondazione Musei Civici - Venezia). Luigi Mignoli


Il Razzista ed il Pittore Chi avrebbe mai pensato? Hitler era pittore, paesaggista ed acquerellista, una decina dei suoi dipinti sono disponibili, proprio in questi giorni, presso un grande battitore d’asta dell’odiata Inghilterra. Li ha posti a disposizione un nostalgico del nazismo, a sua volta li aveva acquistati per poche lire da un reduce britannico. Pittore! Proprio così! A circa diciotto anni il futuro fuhrer usciva da una scuola d’arte austriaca con tanto di diploma in tasca. In precedenza invero, l’Accademia di belle arti di Vienna lo aveva ricusato ritenendo carenti gli elaborati presentati ma non aveva desistito e s’era iscritto altrove. E’ superfluo affermare che si riteneva un grande artista, un genio incompreso con grandi progetti…. ma era scoppiata la guerra e con la guerra la pittura diventa inutile e negletta quanto la poesia. La smisurata ambizione tuttavia restava, occorreva esprimerla altrove. Divenne caporale e fu eroe di guerra, fu ferito in battaglia ed ebbe polmoni ed occhi lesi dai gas asfissianti. Sognava una grand’Austria e, per sé, un futuro di conquista, ebbe a scontrarsi con una devastante sconfitta. La sua casa fu bombardata, si ritrovò sul lastrico, disoccupato ed affamato. Spenti i bagliori di guerra null’altro sapeva fare, fu gioco forza tornare a dipingere, l’Austria era in ginocchio, chi comprava quadri? Soprattutto chi avrebbe comprato i suoi? Si mise in società con un ebreo, lui dipingeva, l’altro li vendeva, erano entrambi senza casa, si presentarono al dormitorio pubblico. Indossarono vestiti di recupero forniti da un ente caritativo, i loro abiti bruciati perché zeppi di parassiti, a scopo di disinfestazione da pulci e zecche furono rapati a zero, il giovane Adolf s’offese a morte. Il sodalizio societario fu breve, Hitler riteneva di dipingere capolavori…. mentre il socio li collocava per cifre irrisorie, a suo dire inoltre, faceva la cresta sul ricavato, tenendo buona parte per sé. A scatenare la lite fu il dipinto di una nota cattedrale austriaca, per Hitler un prodigio…. svenduto in malo modo…. si ritenne truffato. Da quel giorno mise radici un odio viscerale, implacabile, inestinguibile, verso gli ebrei. Il problema ebraico si ripresentò in tutta la sua virulenza quando fu giunto al potere. Aveva in mente un’idea, la stirpe tedesca era la razza eletta, la Germania aveva da essere la padrona del mondo. La ricostruzione era ultimata, ed iniziava un immane sforzo bellico per dotare il paese di un esercito imbattibile. Occorrevano capitali, enormi capitali per finanziarlo…. ebbene, chi disponeva di tali mezzi? Chiese finanziamento alle banche ebree, ebbe a pagare interessi che riteneva a livello d’usura. I banchieri ebrei, a suo avviso, erano riusciti ad arricchirsi nonostante la sconfitta, prestando cifre ingenti alle forze belligeranti, senza distinguere se erano amiche o nemiche. In sintesi, riteneva che avessero fornito capitali alle forze che avevano distrutto la Germania, a suo avviso, l’economia e la finanza tedesca, era nelle mani di una razza ostile pronta a tutto pur di far denaro…. Era il cancro ebraico…. E andava estirpato. Unica soluzione? I forni crematori! Per il Fuhrer, il tempo del dipingere era finito…. Ma ora i suoi quadri riemergono dall’anonimato…. Sono opere di talento? Di certo si può affermare che emerge la mano sicura di tecnico dell’arte ma scarsa attitudine creativa, in sintesi, qualunque ragazzo esca da una scuola d’arte era in grado di produrre simili dipinti, tuttavia non di rado la critica esprime giudizi non immuni dal contesto storico. I suoi soggetti? Vasi di fiori, soprattutto rose, acquerelli romantici, di ponti e di ville che si riflettono sull’acqua, paesaggi lacustri ed arenili, vagamente si potrebbe affermare che era un verista, riusciva a dipingere solo soggetti che vedeva, pur con un alone di romanticismo e di vaga poesia. Nessun fantasma o scena di guerra e di morte emergeva dall’inconscio, era ben lontano dall’essere un “creativo”. Più di una volta i suoi dipinti sono andati in asta con fortune alterne. Alcuni acquerelli realizzati in guerra mentre era in trincea tra il 1916 – 18, già era caporale, incassarono ad un’asta in Scozia incassarono circa 400.000 € ognuno, cifre che probabilmente ripagano più il personaggio storico che il pittore. Tali dipinti furono scoperti per caso in Belgio, erano rimasti per tanti anni nella soffitta di un albergo in cui Hitler aveva sostato, era l’epoca in cui le armate tedesche, passando per il Belgio neutrale, avevano messo in ginocchio la Francia. Richiamato al fronte d’urgenza aveva lasciato in custodia al gestore i dipinti, chiusi in una valigia che non poteva portare seco, poi la guerra era volta al peggio. A fine conflitto il Belgio per Hitler era tabù. Le tele? Valevano nemmeno la spesa di un viaggio per andarle a recuperare. Un’altra asta, sempre in gran Bretagna, in epoca successiva, andò deserta, gli furono preferiti i dipinti di Winston Churchill che, pur da capo di stato, si dilettava di pittura. Di certo si può dire soltanto che, se Hitler avesse vinto la guerra e Churchill l’avesse persa, il verdetto sarebbe uscito ribaltato ed il Fuhrer sarebbe entrato nell’Olimpo dei grandi artisti. Ora, al sapere che gli sgorbi del suo irriducibile rivale sono valutati in asta più dei propri capolavori, si rigirerebbe nella tomba maledicendo l’infido destino e l’avversa malasorte. Giorgio Boldrini



Facciamo un OMAGGIO all’Autunno Per questo preferisco di gran lunga l’autunno alla primavera, perché in autunno si guarda il cielo. In primavera la terra. (Soren Kierkegaard)

Mangiare Zuppe e Minestre Calde - Bere The e Tisane Calde - Vestirsi con i colori dell’autunno - Bere Novello con le Castagne - Indossare Calze e Collant - La copertina di linus - Accendere il forno per una torta di Mele - Le cene sul divano alla tv - La zucca e i suoi mille usi - Organizzare una gita in giornata

20 Cose da fare in Autunno

-- Cambiare i colori del trucco - Accendere il Camino - Organizzare una cena con il menù autunnale - Preparare la cioccolata calda - Mettersi i cappelli - Comprare un’agenda nuova - Cambiare Taglio di Capelli - Liberare la creatività con le foglie - Indossare gli stivali di gomma - Portare l’arancione in casa con fiori e accessori

E’ qui la festa?

Sono talmente numerose e diversificate che è praticamente impossibile ricordarle tutte. Le feste di paese nella bella stagione si accendono in ogni dove sul territorio per valorizzare al meglio una coltura o un alimento tipico che per importanza, storia, tradizione, lo rende inconfondibile. C’è la festa del riso, della polenta, del tartufo, dei funghi, della zucca, della cipolla, del formaggio, del lambrusco... e non proseguo ulteriormente. Attirano l’interesse di migliaia di persone che si riversano in strada e nelle piazze dove fornitissime bancarelle propongono agli avventori irresistibili specialità e ogni sorta di prelibatezze. Sotto gli immancabili e capienti stand gastronomici abilmente costruiti, le famiglie si riuniscono e gli amici si incontrano per trascorrere una serata in allegria, soluzione ideale per dimentica i problemi che la vita di tutti i giorni immancabilmente ci impone. Valentino Berni




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