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Testata giornalistica registrata
presso il Tribunale di Milano: n°258 del 17/10/2018 ANNO 6, n.4/5
“Amoglianimali” Bellezza
Da leggere (o rileggere)
Da vedere/ascoltare
Di tutto e niente
Il desco dei Gourmet
Il personaggio
Il tempo della Grande Mela
Comandacolore
Incursioni
In forma
In movimento
Lavori in corso
Primo piano
Salute
Scienza
Sessualità
Stile Over
Volontariato & Associazioni
Minnie Luongo
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Antonino Di Pietro
Mauro Cervia
Andrea Tomasini
Paola Emilia Cicerone
Flavia Caroppo
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Maria Teresa Ruta
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Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti.Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”- nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli).
Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”.
Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60.
Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.
è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.
è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo
PLASTICO presidente Fondatore dell’I.S.P.L.A.D. (International Society of PlasticRegenerative and Oncologic Dermatology), Fondatore e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, è anche direttore editoriale della rivista Journal of Plastic and Pathology Dermatology e direttore scientifico del mensile “Ok Salute e Benessere” e del sito www.ok-salute.it, nonché Professore a contratto in Dermatologia Plastica all’Università di Pavia (Facoltà di Medicina e Chirurgia).
è sicuramente il più conosciuto tra i medici veterinari italiani, autore di manuali di successo. Ha cominciato la professione sulle orme di suo padre e, diventato veterinario, ha “imparato a conoscere e ad amare gli animali e, soprattutto, ad amare di curare gli animali”. E’ fondatore e presidente della Onlus Amoglianimali, per aiutare quelli più sfortunati ospiti di canili e per sterilizzare gratis i randagi dove ce n’è più bisogno.
giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze-carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.
classe 1957, medico mancato per pigrizia e giornalista per curiosità, ha scoperto che adora ascoltare e raccontare storie. Nel tempo libero, quando non guarda serie mediche su una vecchia televisione a tubo catodico, pratica Tai Chi Chuan e meditazione.
Per Generazione Over 60, ha scelto di collezionare ricordi e riflessioni in Stile Over.
Barese per nascita, milanese per professione e NewYorkese per adozione. Ha lavorato in TV (Studio Aperto, Italia 1), sulla carta stampata (Newton e Wired) e in radio (Numbers e Radio24). Ambasciatrice della cultura gastronomica italiana a New York, ha creato Dinner@Zia Flavia: cene gourmet, ricordi familiari, cultura e lezioni di vera cucina italiana. Tra i suoi ospiti ha avuto i cantanti Sting, Bruce Springsteen e Blondie
Milanese DOC, classe 1957, una laurea in Agraria nel cassetto. Per 35 anni nell’industria farmaceutica: vendite, marketing e infine comunicazione e ufficio stampa. Giornalista pubblicista, fumatore di Toscano e motociclista della domenica e -da quando è in pensione- anche del lunedì. Guidava una Citroen 2CV gialla molto prima di James Bond.
COMANDACOLORE è uno Studio di Progettazione Architettonica e Interior Design nato dalla passione per il colore e la luce ad opera delle fondatrici Antonella Catarsini e Roberta D’Amico. Il concept di COMANDACOLORE è incentrato sul tema dell’abitare contemporaneo che richiede forme e linguaggi mirati a nuove e più versatili possibilità di uso degli spazi, tenendo sempre in considerazione la caratteristica sia funzionale che emozionale degli stessi.
MONICA SANSONE VIDEOMAKER
operatrice di ripresa e montatrice video, specializzata nel settore medico scientifico e molto attiva in ambito sociale.
-10-
Generazione F
Ho fatto un sogno a dir poco bizzarro
Editoriale di Minnie Luongo
-14-
Dal nostro archivio
Cogliere l’attimo con uno scatto di Francesco Bellesia
-16-
Versi Di...versi Sogni
Di Bruno Belletti
-18-
Versi Di...versi
Sogno di un giorno di piena letizia
Di Bruno Belletti
-20Bellezza
Il sonno è un valido alleato per la bellezza della pelle
Professor Antonino Di Pietro
-23Stile Over
Dormire è importante. Ma ancora di più lo è dormire bene di Paola Emilia Cicerone
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Da leggere (o rileggere)
I sogni son desideri?
Di Federico Maderno
-33-
Di tutto o niente
Attimi della notte
Di Andrea Tomasini
-34Racconto in anteprima
Sogno o son desta?
Di Amelia Belloni Sonzogni
-44-
Il tempo della grande mela
Con un buon sonno (e qualche sensore) vivremo 180 anni
Di Flavia Caroppo
-49Food
Anniversari “Piatti del Buon Ricordo”
Di Paola Emilia Cicerone
-38Benessere
Cos’é il microbiota intestinale? E come agisce per il nostro benessere? dalla Redazione
EDITORIALE
Pensavo all’Editoriale per questo mese dedicato ancora a Sonno & Sogni, quando mi è venuto in mente quello scritto il 27 marzo del 2020 (n.3 del secondo anno del magazine), in piena epidemia da Covid-19, per concludere che ripescare dall’archivio “Ho fatto un sogno a dir poco bizzarro”(così l’avevo intitolato) sarebbe stato perfetto. Sono passati solo 4 anni da allora, ma siamo sicuri di quale sia stato il sogno e quale la realtà? Rileggendolo, non ho potuto fare a meno di rivolgere un pensiero doloroso e un ricordo sempre vivo all’amico Osvaldo, il parrucchiere di cui parlo nel testo, che da lì a poco sarebbe venuto a mancare proprio a causa del Covid. E per rendermi subito conto di quale, in questo caso, sia stato il sogno e quale, invece, la realtà.
Non serve aver seguito corsi di meditazione per sapere che la mente si può comandare. Almeno ciò è quanto ci viene detto. Con difficoltà ed impegno ci si può anche riuscire. Almeno durante il giorno, quando siamo svegli e concentrati. Ma la notte è possibile tenere a bada i sogni? La mia esperienza dice che no, a meno che prima di addormentarsi si faccia un preciso e costante esercizio propedeutico per indirizzare i nostri pensieri. Ma questo è un discorso che ci porterebbe fuori dal seminato.
Per la sottoscritta, e credo per la maggioranza delle persone, dormendo la mente vaga e va dove vuole. A questo proposito mi ha colpito un sogno davvero bizzarro fatto poche notti fa. Ho anche un po’ di pudore a raccontarlo, perché potrei essere presa per matta. Premesso che non mi ero fatta di nulla (sostanze, alcol o altro), raccolgo tutto il mio coraggio e vado ad esporlo.
Ho sognato dunque che mi svegliavo a fatica e pur amando a dismisura la mia Holly, invidiavo chi si può permettere di delegare qualcuno a portar fuori il proprio cane la mattina ad espletare le prime necessità fisiologiche, così da girarsi dall’altra parte del letto e prolungare il sonno. Macché, la vescica di Holly giustamente reclamava mi dessi una mossa e così, lavati velocemente i denti e data una sciacquata alla faccia, aprivo la porta di casa, ripromettendomi di dedicarmi alla doccia al ritorno. Prima improrogabile sosta al bar di fianco al mio appartamento (condividiamo le stesse mura e purtroppo anche lo stesso profumo di una quantità industriale di frittate che lo chef si porta avanti a cucinare appena arrivato in negozio, alle otto del mattino). Qui solita bolgia di impiegati, avvocati del vicino Tribunale, commesse, studenti … tutti ammassati al bancone senza quasi permettermi di raggiungere il tavolino preferito: l’ultimo d’angolo, con le spalle al muro, da cui posso permettermi di ottenere qualche centimetro di lontananza dalla gente e da cui, attraverso la vetrata, posso anche dare un’occhiata alla marea delle persone che si affrettano a raggiungere il posto di lavoro. Assieme a biciclette, monopattini, ragazzi con zaini in spalla, runners. Tutti indistintamente a fare slalom sul marciapiede, incuranti dei vari improperi dei pedoni che vorrebbe camminare senza guardarsi di continuo alle spalle per preservare la propria incolumità.
Mentre il mio sguardo si posa sul ragazzo di fronte che chiede l’elemosina- stessa postazione, stessi orari da mesi e mesi- al di là del fiume di auto e bus in coda che assordano con inutili clacson per far accelerare il veicolo davanti, vedo che faticosamente stanno facendosi largo, camminando sulle strisce pedonali (ignorate dai più), gli amici che spesso si uniscono a me per il caffè e soprattutto per scambiare due chiacchiere. Entrati nel bar Paola, Paolo e Rosanna, soliti baci e abbracci e poi giù con parole e polemiche (per lo più provocate ad arte da Paolo) e innocui pettegolezzi …
Diamo un’occhiata all’orologio e ci accorgiamo di quanto sia tardi: lavoro e commissioni non possono aspettare. Paolo riprende la bicicletta o l’auto (dipende dal tempo), noi femminucce ci avviamo veloci a piedi, spesso a braccetto, a fare la spesa. Dio mio, ma quanti clienti ci sono oggi al supermercato? Appiccicati l’uno all’altro in coda alle casse, sbuffo infastidita per tutta questa umanità che mi alita sul collo.
Lasciata a casa Holly, riesco a prendere al volo il mezzo che mi permetterà di raggiungere la persona che devo intervistare. Nonostante non sia ora di punta, la 94 è zeppa come di consueto e sperare di trovare un posto a sedere è un’utopia. A malapena scendo alla mia fermata, come sempre travolta dai tanti che ancora non hanno capito che bisogna dare la precedenza ai passeggeri che scendono, prima di salire a loro volta.
Dopo l’appuntamento di lavoro torno a casa di corsa, recupero Holly e con lei vado a fare la tinta dal mio parrucchiere di una vita, Osvaldo. Per fortuna ho solo un paio di persone prima di me; quindi ne approfitto per andare a mangiare qualcosa in uno dei bar vicini. C’è solo l’imbarazzo della scelta, tanti ce ne sono in zona. Scelgo quello meno affollato e poi torno da Osvaldo per coprire la spropositata ricrescita di capelli bianchi (come si farebbe senza parrucchieri? Non oso neppure pensarci.)
A questo punto porto al parco a correre Holly, felice come sempre di scorrazzare con i suoi simili, piccoli o grandi che siano. Io mi soffermo a far le solite chiacchiere e rispondere alle inevitabili domande di altri proprietari di cani(Come si chiama il suo? Quanti anni ha?). A dir la verità vorrei godermi in pace e in solitudine questa pausa, ma non posso sottrarmi a socializzare, e pertanto faccio buon viso a cattivo gioco e mi unisco ai numerosi padroni di pelosi che fanno capannello.
E adesso un aperitivo organizzato al volo con tre amiche: Paola, Monica e Antonella. Baci e abbracci come se non ci vedessimo da una vita, ma io sono una “fisica” e non rinuncerei per nulla al mondo alle effusioni con amici e amiche. E prima di salutarci, strette al massimo per rientrare nell’inquadratura, il selfie di rito.
Ora il senso del dovere mi suggerirebbe di mettermi al computer a scrivere l’editoriale della mia rivista Generazione Over 60, ma ho una cena fissata da tempo. A dir la verità preferirei passare la serata sdraiata sul divano a godermi la Tv, ma non posso proprio dare buca. Insperatamente suona il cellulare e vengo a sapere che la cena è rimandata alla prossima settimana. Sorridendo sollevata fra me e me, commento: “Ma sì: un giorno vale l’altro. Possiamo fare quando vogliamo. Abbiamo davanti tutto il tempo che desideriamo”.
Bene. Riapro l’uscio di casa e mi sento felicemente stanca, dopo tutti i chilometri fatti durante la giornata per rispettare i vari impegni. Sai che faccio, anzi?
Spengo il cellulare. Ho bisogno di restare in casa, in piena solitudine, a gustarmi per l’ennesima volta il film “Chicago”, ricordando il mio ultimo viaggio un anno fa a New York, quando a Broadway ero andata ad ascoltare l’omonimo musical. Non vedo l’ora di prendere un aereo, se non per NY, per qualsiasi altra destinazione: la mia passione per i viaggi è un’esigenza connaturata e mai soddisfatta a sufficienza.
Domani mi piacerebbe tanto restare a casa senza dover uscire per almeno 24 ore, ma ho un treno da prendere per Brescia e per evitare di puntare la sveglia alle sei ci vorrebbe un’epidemia o qualcosa di simile. Sorrido a tal punto nel sogno per quest’idea stravagante, tanto da svegliarmi.
Ma che razza di sogno bizzarro ho mai fatto? Metto
su la moka, mi lavo accuratamente, specie le mani, mi bardo con la consueta mascherina e i guanti d’ordinanza, pronta a percorrere con Holly quei duecento metri scarsi consentiti sul marciapiede davanti a casa. E intanto ripenso alle stranezze della mente e all’assurdità di certi sogni. Ma da che cosa mai scaturiranno vagheggiamenti di questo tipo? Certo, se avessi bisogno della trama per scrivere un libro di fantascienza l’avrei già bell’e pronta …
Ma alcune foto scattate col cellulare mi riportano subito alla realtà: il mendicante con la mascherina(prontamente invitato dalle forze dell’ordine ad allontanarsi), i cartelli posti all’ingresso dei pochissimi negozi aperti, l’immagine del viale deserto che conduce alla Stazione Centrale.
A questo punto, approfitto per immortalare Holly che con me sul divano, come sempre, trascorre praticamente tutta la giornata.
E mentre inizia la mia serie Tv preferita, sorrido ancora ripensando allo strano sogno. Chissà se avrà un sequel in questa notte che mi aspetta. Forse potrei immaginare di andare al ristorante e poi addirittura al cinema … Oddio, che la demenza senile inizi così?
Un uomo agé (ma quanti anni avrà di preciso?) che si è addormentato su una panchina (perchè è così stanco?), vestito di tutto punto(anche il nodo della cravatta è perfettamente annodato), con accanto un sacchetto (che cosa conterrà?).
Dietro questo scatto d’artista ognuno di noi può immaginare una storia. Di un uomo non più giovane che dorme a gambe larghe su una panchina in pieno centro a New York.
Sono nato ad Asti il 19 febbraio del 1950 ma da sempre vivo e lavoro a Milano. Dopo gli studi presso il liceo Artistico Beato Angelico ho iniziato a lavorare presso lo studio di mio padre Bruno, pubblicitario e pittore. Dopo qualche anno ho cominciato ad interessarmi di fotografia, che da quel momento è diventata la professione e la passione della mia vita.
Ho lavorato per la pubblicità e l’editoria ma contemporaneamente la mia attenzione si è concentrata sulla fotografia di ricerca, libera da vincoli e condizionamenti, quel genere di espressione artistica che oggi ha trovato la sua collocazione naturale nella fotografia denominata FineArt.
Un percorso parallelo che mi ha consentito di crescere e di sviluppare il mio lavoro, una sorta di vasi comunicanti che si sono alimentati tra di loro. Molte sono state le mostre allestite in questi anni e molte le manifestazioni alle quali ho partecipato con premi e riconoscimenti.
Continuo il mio percorso sempre con entusiasmo e determinazione… lascio comunque parlare le immagini presenti sul mio sito.
Fioriscono rose infuocate e la pianura dal verde smeraldo conserva diamanti di luce tagliente, scagliati da raggi di un sole accecante. Mi scorgo bambino a giocare fra i prati, ignaro del mondo,
assorto nel mare di tante scoperte. Mia madre mi cerca e io mi nascondo protetto da siepi. Un giaciglio di fronde e riposo beato, un’esile brezza
accarezza il mio volto. Riparto di nuovo con l’innocenza del tenero infante. Mi desto dal sogno: mi aspetta inclemente il giogo degli anni trascorsi e l’enigma bizzarro del tempo restante.
Adagiato fra le braccia di Morfeo e il mondo sbiadisce, mentre cala come coltre leggera la scena di notte che a giorno si accende. Charoscuri e colori sgargianti, figure amiche e deformi, brandelli di vero, volti sospesi tra gioia e sgomento. Il sonno è trafitto da moti incalzanti, la mente riposa
ma indaga segrete dimore. Come un mortaio, l’assillo di pene insistenti, come delizia si accendono incontri che mai nella veglia avrebbero luogo. Poi nel risveglio, ancora per poco, rammento la trama, e il clamore del giorno mi porta di nuovo ai sogni spezzati di un nuovo presente.
Anche dormire bene aiuta il benessere della pelle, come spiega il nostro dermatologo di fiducia
Professor Antonino Di Pietro – dermatologo plastico
http://www.dermoclinico.com
La qualità del sonno è direttamente proporzionale alla bellezza e al benessere della nostra pelle , che per sortire un effetto beauty a tutto campo deve essere davvero ristoratore. E che non può prescindere da alcune importanti attenzioni a tavola.
Cominciamo proprio da queste ultime. Il primo suggerimento consiste nell’aggiungere melatonina a cena : così si regolano i ritmi sonno-veglia e si ottiene un importante effetto antiage (doppio rispetto alla vitamina E) . Meglio, allora, preferire le proteine “leggere”, provenienti da carni magre, pesci o legumi, assieme a
spinaci e a una banana o a dell’avocado: tutti alimenti con buone percentuali di L-triptofano, che di notte favorisce la produzione del prezioso “ormone del sonno”.
Poi, meglio allontanare dalla stanza gli inquinanti elettromagnetici (radiosveglie, televisioni e cellulari anche in stand-by) e dormire al buio completo.
L’altezza del cuscino conta (e anche il profumo!)
Una ricerca tedesca dell’università di Mannheim ha scoperto che gli aromi di lavanda, fiori di campo e vaniglia addolciscono il sonno e anche l’attività onirica! Un’idea ….da sogno? Spruzzare qualche goccia di questi aromi sul cuscino o diffonderli nella stanza da letto. E, a proposito di cuscini, meglio non esagerare in altezza! Devono solo sollevare leggermente la testa per dormire perfettamente allineate e per favorire il drenaggio
Un massaggio per riattivare la circolazione
Prima di coricarsi è il momento della skincare notte che deve essere assolutamente accompagnata da un corretto massaggio per rivitalizzare il microcircolo e abbassare le tensioni . Cominciare con la pulizia del viso: ideale partire con un latte detergente con vitamina E e C, fosfolipidi e glucosamina. Si può massaggiare direttamente con le mani con piccoli massaggi circolari dal centro del viso fino ai contorni. Sciacquare il viso delicatamente con acqua tiepida e, altrettanto delicatamente, asciugare con un panno struccante di cotone.
Per chi desidera ultimare con un effetto tonificante è possibile affidarsi a un’acqua micellare con prebiotici naturali. Bastano poche gocce su un dischetto di cotone per poi passarlo tamponando su tutto l’incarnato per risvegliare il microcircolo.
Infine, è arrivato il momento della crema o siero per il viso. Il consiglio è quello di scegliere prodotti dall’ azione rigenerante come un siero alla fospidina , in quanto questo complesso supporta i naturali processi di riparazione e rigenerazione cellulare, ideale per prevenire i primi inestetismi dell’invecchiamento cutaneo.
DORMIRE È IMPORTANTE. MA ANCORA DI PIÙ LO È DORMIRE BENE
Chi più chi meno siamo tutti gufi o allodole, così come sogniamo sempre anche quando non ce ne ricordiamo. Ce lo spiega l’autrice in questo particolareggiato articolo
Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica
(Foto di Kate Stone Matheson)
Siamo gufi o allodole? L’interrogativo sembra riecheggiare un vecchio film di Totò - Siamo uomini o caporali? - ma in questo caso parliamo dei termini scelti dai neuroscienziati per definire chi, come le allodole, si gode le prime ore del giorno e chi, come i rapaci notturni, dà il suo meglio quando scende il sole. Chi più chi meno, siamo tutti gufi o allodole: non amiamo dormire alle stesse ore, e neanche lo stesso numero di ore: c’è chi sta bene dopo cinque/sei ore di sonno e chi soffre se non riposa almeno otto ore. E se la scienza dice che col passare degli anni il bisogno di sonno diminuisce, forse non per tutti è così .
(Foto di Isabella Fisher)
Pare che i ritmi biologici che regolano il sonno siano almeno in parte dovuti ai nostri geni: e in effetti io, che sto male se dormo meno di otto ore, e alle 7 del mattino sono comunque uno zombie - ricordo ancora le sofferenze della prima ora a scuola - somiglio a mia madre, e alla sua famiglia . Per tutte noi - madre, figlia, zia e nonna - alzarsi prima delle nove di mattina era uno sforzo insopportabile, ma in compenso siamo sempre rimaste lucide e attive fino a tarda sera . Al contrario di mio padre, che è sempre stato decisamente mattiniero e all’epoca era più che disponibile a preparare per noi caffè e colazioni .
Unsplash (Foto di Mpho Mojapelo)
Per anni io ho scritto dopo cena, riservandomi al mattino di rileggere con calma la produzione serale: molti non hanno mai saputo che i miei articoli consegnati la mattina alle undici in realtà erano nati dopo mezzanotte. E anche ora che sono più stanca e non faccio più le ore piccole, il momento più produttivo della giornata resta per me quello tra le 18 e le 21 e oltre.
Il problema è che viviamo in una società pensata per i mattinieri, in cui la maggior parte dei lavori cominciano presto, e chi si mette alla scrivania in tarda mattinata è considerato uno sfaticato, a prescindere dal numero di ore lavorate . Per fortuna ho scelto un lavoro, quello del giornalista, in cui (con l’eccezione dei martiri all’epoca impegnati nei giornali del pomeriggio, che attaccavano alle prime luci dell’alba) essere mattinieri non è un requisito particolarmente richiesto. O almeno non lo era quando ho cominciato a lavorare nella stampa quotidiana, perché internet e le edizioni on line hanno cambiato tutto.
Resta il fatto che dormire è importante e non lo facciamo abbastanza, anche se decine di studi confermano che la mancanza di sonno è causa di molte malattie . Ma l’insonnia resta un male diffuso, che di solito cerchiamo di risolvere a colpi di sonniferi, da sempre i farmaci più venduti. Mentre gli specialisti suggeriscono di affidarsi alla chimica solo per brevi periodi, e di curare invece l’igiene del sonno, facendo in sostanza il contrario di quanto facciamo di solito: non cenare troppo tardi o con cibi troppo pesanti, evitare televisione,
computer o smartphone a ora tarda per scongiurare gli effetti negativi della luce azzurrina degli schermi che inibisce la produzione di melatonina, rilassarci con musica, lettura e magari un bagno o una bevanda calda. Personalmente, di solito mi addormento senza troppi problemi. Quando devo combattere con l’ansia, un rimedio sicuro è ascoltare, senza guardarla, la televisione: le voci mi rilassano e mi fanno addormentare senza problemi. In mancanza di televisione, mi è capitato di provare a contare, non le pecore ma una successione di moltiplicazioni (2,4,8,16,32,64, 128 etc.) in cui di solito finisco per perdermi e ritrovarmi più volte: un’operazione vagamente frustrante ma che ha il pregio di tranquillizzarmi e favorire il sonno.
Unsplash (foto di David Clode)
E i sogni? Perché noi sogniamo sempre, anche quando non lo ricordiamo. E ancora non sappiamo esattamente perché: è probabile che i sogni ci servano a fare ordine tra le esperienze quotidiane eliminando le informazioni inutili e consolidando la memoria, anche se poi ci sarebbe da riflettere sui contenuti che emergono e sul modo di assemblarli, temi su cui la psicoanalisi ragiona da più di un secolo. Vi risparmio il terrore degli incubi che ha funestato la mia infanzia, e le complicate procedure scaramantiche che avevo ideato per scongiurarli, e vi lascio con il mio sogno più bello di sempre Immaginate un prato verde dove pascolano bellissimi cavalli bradi, una bambina che si avvicina senza timore . Anche uno dei cavalli si avvicina, un bellissimo stallone nero; la piccola sale in groppa senza difficoltà, anche se il cavallo non è sellato - ricordate che siamo in un sogno - e l’animale parte al galoppo sul prato . Regalando alla sua amazzone un ricordo meraviglioso che è sopravvissuto al passare degli anni .
Poco dopo le ore 15 di un giorno di aprile del 2022, un uomo sui trentacinque anni, alto ed elegantemente vestito, varcò la soglia dello studio medico del Dottor Zandonà, eminente neurologo e specialista dei disturbi del sonno
Il tizio attese nella sala d’aspetto per quasi venti minuti, senza trovare la calma sufficiente per prendere posto in una delle sedie che arredavano la stanza, e dunque passeggiò nervosamente tutto il tempo sopra quei pochi metri quadrati di pavimento dei quali certo imparò a memoria ogni singola marezzatura del marmo .
Quando finalmente un’assistente lo ammise alla presenza del luminare, l’uomo ebbe una piccola titubanza, e una contrazione delle labbra ne rivelò l’intima incertezza che ancora lo tormentava sull’opportunità di quell’incontro
Il Dottor Zandonà era seduto dietro la sua scrivania, ancora intento a trascrivere sul computer gli elementi salienti relativi ad una visita precedente . Si trattava di un cinquantenne dall’aspetto giovanile ed energico, al quale le incipienti brizzolature delle basette e dei baffi, unitamente ad occhiali dalla montatura robusta, conferivano un’aria di rassicurante autorevolezza .
Guardò il nuovo arrivato da sopra le lenti da presbite, socchiuse leggermente gli occhi, abbozzò un saluto con il capo e finalmente gli fece cenno di accomodarsi su una p oltroncina imbottita
Il paziente dovette attendere ancora qualche minuto e non mancò di esprimere un nuovo e più marcato nervosismo, evidenziato dal tormentare con le dita i bottoni della sua giacca a doppio petto .
– E dunque ! – disse improvvisamente il Dottore, con tale vigore da far sobbalzare il giovane e da fargli immediatamente terminare ogni contatto con i poveri bottoni
– E dunque…? – riuscì solo a rispondere il tipo elegante
– Sì, intendo : qual è il suo problema?
– Ah, in quel senso ! Vede, Dottore, io sono, come dire…? Io sono…
– Lo dica con parole sue, senza timore .
– Ecco, insomma… da un po’ di tempo succede che quando io vado a dormire…
– Coraggio, mi racconti .
– Succede che in piena notte, io mi alzo…
– Soffre di insonnia?
– Tutt’altro . Mi addormento come tocco il cuscino con la testa . Ma dopo… lascio il letto senza svegliarmi, e poi…
– Tutto qui? E’ un semplice caso di sonnambulismo, mi pare
– Sì, ma Dottore… mi sono reso conto che durante questo stato di incoscienza, io… esco di casa.
Il neurologo non sembrava particolarmente impressionato. Probabilmente, era un modo per far capire al nuovo cliente che nella sua esperienza professionale era incappato in ben altre stranezze. Aveva congiunto le mani davanti al viso, come in una silenziosa preghiera, e ascoltava lo sfogo del paziente.
– Vada avanti – disse.
– Ebbene, ho la certezza che in quelle ore lascio la mia abitazione e torno solo dopo molto tempo.
– Ne è certo?
– Senza il minimo dubbio. Sa come l’ho capito, all’inizio? Prima che scoprissi dell’altro, intendo…
– Mi dica.
– A causa della stanchezza che mi sento addosso quando poi mi risveglio. Come se nemmeno fossi andato
a coricarmi.
– Lo immagino – annuì il neurologo. – Del resto… so bene cosa vuol dire passare le notti senza potersi stendere un po’ nel proprio letto. Con il mio turno di notte in ospedale, sono due mesi che non riposo.
– Mi fa piacere che lei possa comprendere. Mi fa francamente piacere.
– E mi dica: si è reso conto di quale sia la sua attività notturna?
– Credo… anzi sono ormai sicuro di aver attraversato a piedi tutta la città.
– Tutta la città?! Lei percorre da sonnambulo un tragitto di qualche chilometro?
– Esattamente. E questo, regolarmente tutte le notti… da un po’ di tempo a questa parte.
– Interessante. E… ha capito dove si reca, tutte le notti?
– Si tratta di un appartamento – dichiarò il paziente con voce più flebile. Un appartamento, sia ben chiaro, del quale io non conoscevo prima nemmeno l’esistenza.
– Questo è davvero singolare. Continui!
– Ebbene… in questo appartamento accadono cose che rendono questa storia incredibile. Così che se io non fossi sicuro di quello che dico, mi darei del folle da solo.
– Addirittura!
– Ecco, Dottore, ora le spiego… – principiò l’uomo Ma si fermò immediatamente, preso da un pensiero che evidentemente lo assillava maggiormente . – Io, però, mi chiedevo se una persona come me, uno nelle mie condizioni… .
– Sì?
– Insomma, io vorrei sapere se una persona affetta da sonnambulismo possa essere considerata responsabile di quello che fa durante la sua condizione… Ossia se il suo stato di incoscienza…
– Ah, è questo che la tormenta? – esclamò il Medico sorridendo . – Assolutamente no ! Guardi, ci sono fior di sentenze di tribunale che hanno fatto giurisprudenza e le posso assicurare che anche per casi terribilmente complicati, perfino casi di omicidio… Oh, lei non avrà mica ammazzato qualcuno, durante le sue uscite !
– Ah, questo no, no di certo ! Lo escludo categoricamente Anzi…
– E dunque, stia sereno ! – commentò il neurologo, improvvisamente molto curioso . – Avanti mi racconti…
– In buona sostanza, lei mi assicura che da un punto di vista legale…
– Ma stia tranquillo, le ho detto ! Pensiamo all’aspetto clinico, piuttosto .
– Va bene – acconsentì l’uomo, visibilmente più rassicurato. – Allora… io alla fine mi sono reso conto, e questo badi bene da piccoli indizi che di volta in volta sono riuscito a cogliere, dopo che mi ritrovavo al mattino nella mia stanza… e anche da alcuni riscontri oggettivi…
– Riscontri oggettivi?
– Sì. Per esempio, un mese fa incontro un mio amico che fa la guardia notturna…
– E allora…?
– Bene, quello mi fa: “Ma che avevi per la testa questa notte, alle due, che non mi hai nemmeno salutato?”
– Oh bella!
– Ha capito, Dottore? E poi mi dice: “Del resto, cosa ci facevi alle due di notte a cinque isolati da casa? Avrai mica qualche bel giro di donnine?” Sa, Dottore, io sono scapolo…
– Ho capito – commentò il Medico annuendo con convinzione. – E lei, naturalmente, è caduto dalle nuvole…
– Può immaginare! Così, ho preso qualche precauzione. Immagini che ho perfino pregato un mio carissimo amico di pedinarmi, di seguirmi quando avessi lasciato il mio appartamento nel pieno della notte… – Spero che non le sia venuta la pessima idea di farsi svegliare dal suo amico, perché potrebbe essere pericolosissimo…
– Per la carità! Lo so che non si deve fare. In ogni caso, grazie a questo amico e anche tramite altri espedienti…
Fu colto da una nuova, improvvisa incertezza:
– Ma Dottore, è proprio sicuro che poi io non debba rispondere di quello che ho fatto… fatto senza rendermi conto, intendiamoci .
– Ancora? Ma se le ho detto che il suo stato di inconsapevolezza la rende del tutto irresponsabile ! Non perseguibile, ha capito?
– E va bene, allora . Ebbene Dottore… io in tutte queste notti… mi sono recato immancabilmente presso l’abitazione di una certa signora…
– Oh, ohhh. Oh, caspita!
– Eh, sì . E siccome io mi sono recato da quella signora, seppure in stato di incoscienza, ma come se fossi stato assolutamente desto… Intendo dire che mi sono vestito regolarmente in maniera anche elegante e mi sono comportato con la mia solita galanteria…
– Immagino . Il comportamento è sostanzialmente coerente con la propria personalità, nei casi di
sonnambulismo . Vada avanti…
– Voglio dire che con questa donna… Insomma, a quanto risulta, io con questa signora ho regolarmente intrattenuto una relazione tutt’altro che platonica .
– Ah, incredibile . Sempre senza rendersene conto…?
– Sempre del tutto ignaro . Considerata la situazione, lei sostiene ancora che io non potrei essere accusato di un reato?
– Assolutamente no, gliel’ho detto . Del resto… la signora in questione è stata consenziente, immagino .
– Ah, di questo sono certo !
– Insomma, per capirci, la signora non si fa pregare .
– Oh, se è per quello… Lei è francamente entusiasta.
– E dunque! Se non c’è alcun tipo di violenza…
– Ecco, ma c’è dell’altro…
– Ancora!? – esclamò il neurologo, ulteriormente stupito.
– Un piccolo particolare. Vede… mi sono anche accorto che in quella casa nella quale io sono andato regolarmente di notte, nella quale mi sono intrattenuto piacevolmente con quella tale signora, sempre senza rendermene conto, io ho iniziato a sottrarre degli oggetti…
– Ah caspita! Un tipico caso di cleptomania sonnambulica, insomma. Sempre più interessante…
– Ecco, e io mi chiedevo, magari, se invece per questo specifico comportamento io non fossi, per caso, imputabile di…
– No! – Dichiarò categoricamente il Dottor Zandonà. – O meglio, non per il fatto in sé, intendiamoci. Però, è vero che se lei si è accorto di avere in casa degli oggetti che non le appartengono, diciamo pure della refurtiva involontaria… e non li restituisce… Allora…
– Mentre invece, se io restituissi quegli oggetti…
– Eh, allora sarebbe la prova provata della sua inconsapevolezza, dico di più: della sua buona fede.
– … E non sarei imputabile.
– Per nessun motivo.
– Mi sento meglio, Dottore. Le giuro che mi sento davvero più tranquillo. E poi, fa piacere trovare tutta questa comprensione.
– Ma si figuri!
– Allora, Dottore, – disse l’uomo definitivamente rasserenato e mentre si alzava dalla poltroncina imbottita – questo credo che sia il suo fermacravatte d’oro. L’orologio glielo porto domani, perché devo ancora capire dove l’ho infilato. Ah, e tanti, tanti cari saluti alla sua signora!
In poche ma dense righe l’autore descrive le sue notti in un momento della vita per lui pieno di difficoltà. Riflessioni sincere e struggenti che colpiscono il cuore e la mente di chi legge
Di Andrea Tomasini – giornalista scientificoDella notte al mattino non riporto nel giorno che inizia alcuna sensazione connessa al riposo ristoratore. Dormo male, frammentato, a fatica, con tanti sogni che raccontano di realtà e non di libertà.
Mi alzo insoddisfatto e stanco, con tante mosche in testa davvero abili nel volo, perché ronzano senza mai scontrarsi tra loro, e molto resistenti, perché non si fermano mai.
Dalla notte riporto però una sensazione fisica netta. Corrisponde con il ricordo di attimi che coincidono con miei movimenti nel letto, dove per fortuna, quando mi rigiro inseguendo il sonno e cercando di distogliermi dai sogni (chiamandoli così son generoso, perché davvero non evocano affatto desideri) vigono di tanto in tanto attimi di piacevolezza fisica.
notte (foto Andrea Tomasini)
Prendono corpo quando, cambiando posizione senza motivo specifico, allungo un muscolo distendendolo, o rilasso un braccio istintivamente accorgendomi solo in quel momento che era teso e contratto, oppure ancora ponendomi in posizioni che certo non conciliano il sonno perché son più simili a quando si sta sdraiati in spiaggia o su un prato. Le mani intrecciate poste dietro la testa, sulla nuca, come a bearsi dell’azzurro del cielo e dei raggi caldi del sole.
Se all’aperto così sdraiato puoi anche goderti la vista del mondo da supino, ma quando sei al buio mi suggerisce quasi una lieve dissociazione. Sosto sulla soglia del sé in quella posizione a considerare i pensieri e a osservarmi dall’esterno, moderatamente curioso di cosa succederà e come andrò a finire.
Ma sono attimi…
SOGNO O SON DESTA?
Sogni e certezze
Di Amelia Belloni Sonzogni – scrittrice
È una certezza: lo farà anche oggi, tump!
Ogni mattina mi sveglio di soprassalto a causa di un colpo ben assestato sul muro. Dura da mesi, ormai, puntuale, all’alba. E non sono ancora riuscita a capire cosa lo provoca. Le prime volte ho pensato che fossero gli effetti finali, incandescenti, dell’intimità mattutina di chi abita oltre il muro. Si sa che al mattino si è più pimpanti… Lui, di sera, dev’essere inutilizzabile: rientra sempre trascinando i piedi, quasi gobbo sotto il peso della stanchezza; lei, invece, già rientrata da ore e uscita di nuovo pimpante con un borsone da palestra, torna a casa, più tardi di lui e ancora più pimpante: canticchia, fischietta, parla al telefono ad alta voce con
qualcuno che saluta con affetto frettoloso prima di superare la soglia di casa. Forse, a ingobbire lui, non è la stanchezza, chissà. Ma v’è una certezza: lei sbatte il cancelletto di ingresso al suo appartamento. Lo farà anche oggi e tutta la recinzione rimbomberà: zbam!
Con il passare dei giorni e dei risvegli, mi sono resa conto che no, non poteva essere il botto finale degli amplessi di quei due, perché il colpo sul muro si ripete anche quando lui è uscito per andare al lavoro e pure la domenica, con una differenza variabile sull’orario. Dopo molto temporeggiare e sopportare, abbandonato ogni tentativo di scoprire l’origine del colpo, mi sono decisa. Ho atteso un occasionale incontro negli spazi comuni e ho provato a chiedere se per cortesia potessero attutire il rumore, da qualsiasi necessità fosse provocato. Mi sono rivolta a lei che mi ha risposto: «Io sbatto sul muro come e quando mi pare e piace, brutta lardona schifosa». Sono rimasta muta e mi sono chiesta: «Sogno o son desta?» Zbam!
Mi aveva insultato davvero, senza motivo, toccando il mio peso che purtroppo pesa, e io, stupidamente annichilita, non ero stata in grado di proferire risposta?
Ma era capitato realmente oppure avevo sognato tutto, poco prima che il tump quotidiano mi svegliasse anche quel giorno?
Il colpo continua a battere con una frequenza maggiore, diversa e in orari desueti.
Mi sveglio anche prima che risuoni e, nell’attesa, guardo il muro divisorio. E lui, il muro divisorio, dalla mia parte di parete, guarda me: da dietro le cornici dei miei quadri sbucano occhi, incorniciati da occhiaie livide, pesti come fossero stati colpiti da tutti i tump fino ad allora picchiati sul muro; mi guardano fissi, l’espressione di rimprovero esplicita che sparisce solo se mi giro dall’altra parte e provo a riaddormentarmi. Ho quell’età, cosiddetta d’argento, grazie alla quale la sera fatico a prender sonno e al mattino vorrei dormire un po’ di più, ma non si può. È una certezza: lo farà anche oggi e tutta la casa risuonerà. Ahu, ahu!
Non si può, non si riesce: a dormire e neppure a riposare, a leggere, a far colazione in pace, a godersi il dolce far niente; non si riesce neppure a iniziare qualsiasi attività perché, dopo il tump e lo zbam, parte l’ahu ahu. Ululati, latrati, pigolii, lamenti, abbai: quel poveretto del loro cane dà voce a tutta la gamma espressiva dello strazio di rimanere solo, di sentirsi ogni giorno abbandonato per ore ininterrotte, fino a quando lei, la sua padrona, non torna, a orari ogni giorno diversi. Ho provato a parlare a quella povera bestiola, per provare a tranquillizzarla, ma senza risultato, anzi: una voce estranea rinfocola lo strazio, aumenta il timore, alimenta il latrato.
Mi costringo a uscire di casa per non sentire.
Tump! Zbam! Ahu! Pepee! È una certezza: lo farà anche oggi. Pepee! È ormai primavera, se non minaccia pioggia usa la moto e suona il clacson a suo gusto, all’interno di un’ampia zona comune recintata, priva di pericoli. Strombazza la mattina quando esce, strombazza quando rientra mentre io, dopo pranzo, sto bevendo il caffè, strombazza in ogni momento della giornata, strombazza e gioClacson!
ca: gira su una pista immaginaria, simile all’otto delle piste di macchinine telecomandate, compone forme a caso, rotea attorno alle piante della grande aiuola comune, lascia impronte di ruote sull’erba e ammazza tutte le margherite, le impronte diventano solchi e poi piste. L’ho vista passare anche sulla bocchetta dell’irrigazione. Ieri ho notato che non innaffia più. È una certezza: lo farà anche oggi. Fiuu fiuu!
Cuor contento, il ciel l’aiuta recita un vecchio adagio. Si vede che è sempre contenta perché, quando mette piede fuori dalla soglia di casa, fischietta sempre: e sempre lo stesso ritornello della stessa canzone, che mi par di conoscere, una vecchia canzone sanremese, c’era una mano di mezzo… mah, non mi ricordo il titolo. Conoscerà solo quella? Oppure, forse, dice a me, perché l’altro giorno mi guardava mentre fischiava, e fischiava, e fischiava girando senza meta sull’erba del suo giardinetto, intanto che stendevo il bucato nel mio. Poi, all’improvviso, sono apparsi sulle lenzuola stese gli stessi occhi del muro: le occhiaie livide,
le espressioni di rimprovero nell’attesa di un gesto, falla smettere – parevano dirmi. Non so se fosse realtà o immaginazione perché nella luce sbieca del pomeriggio vedo poco e male. È una certezza invece il traka traka: lo farà anche oggi.
Traka Traka!
Sento avviare il motore del decespugliatore. Ma quanto cresce quell’erba? No, non è sempre più verde l’erba del vicino, anzi, e – poveretta – subisce tagli anche quando non c’è, neanche il tempo di ricrescere. In compenso partono a raggiera tutti i sassi della ghiaia che il filo incontra sul suo roteante passaggio e li scaglia tutto intorno, sul mio bucato appena steso, sui vetri delle mie prospicienti finestre. Abbandono il bucato, mentre gli occhi pesti e lividi mi osservano delusi e contano le macchie intorno, corro a chiudere le persiane per evitare danni e grido qualcosa come «Faccia attenzione, per favore» ma il rumore dell’attrezzo mi sovrasta, rinforzato da quello dei sassi sulle persiane: traka traka, thik thok thak! Finirà l’erba, non rimbalzeranno più i sassi ma, è una certezza, griderà anche oggi: Alexaaaa, metti la techno!
Dump dump dump, stump stump stump: rimbomba il rumore per tutta la casa e non si può protestare per il disturbo della quiete, perché prima di cena nessuno dorme e neppure lavora. E poi, protestare con chi? Non mi resta che sovrastare questo fastidio con la musica. Chi se non Bach: che siano i Concerti Brandeburghesi o le Variazioni Goldberg o la Passione secondo Matteo, almeno queste note iniettate nelle orecchie con gli auricolari allevieranno la sofferenza dei miei timpani e del mio cervello. Su quest’onda la mia mente si tranquillizza, riesce a isolarsi dal brutto e dal becero. Libera da ogni costrizione, si libra nell’universo immaginifico della fantasia. Riesce a fantasticare, a sognare, forse a dormire.
Torna la notte e io galleggio in una soffice distesa di calma; avverto in lontananza un picchiettare leggero come di pioggia. Mi alzo e guardo fuori: piove.
«Che dice la pioggerellina di marzo, che picchia argentina sui tegoli vecchi del tetto, sui bruscoli secchi dell’orto, sul fico e sul moro ornati di gèmmule d’oro?»
Quale marzo? Siamo in aprile e, come recita il detto, ad aprile ogni giorno un barile. Torno a letto.
Recita l’altro detto: aprile dolce dormire.
Tump!
Zbam!
Ahu!
Fiuu!
Pepee!
Eccole, le certezze quotidiane. In sequenza perfetta. Anche oggi. È inutile pensare di dormire ancora. Sono sveglia, con gli occhi sbarrati guardo il muro e vedo i soliti occhi pesti che mi guardano, poi si guardano tra loro e dalle bocche che appaiono sparse sulla parete bianca esce un’unica frase: «Questa storia deve finire». Mi alzo e mi metto addosso quel che trovo. Prendo le chiavi della mia auto, la raggiungo, avvio il motore. Lei esce dal proprio parcheggio e sviiish! la sua moto slitta sull’infido pavimento stradale bagnato. Sono dietro
di lei, la vedo mantenere l’equilibrio dopo un leggero tentennamento. Guarda a sinistra, guarda a destra, quasi mi affianco e guardo anch’io. Non c’è nessuno, via libera. La osservo, seduta spavalda sulla punta della sella, il casco slacciato reclina sulla nuca, la visiera alzata, i capelli si infilano ovunque e il giubbino svolazza. Accelera sul rettilineo prima della curva, accelero anch’io, la tallono, sempre più vicino. Lei accelera ancora, io la tallono. Accelera, accelero. Prima della curva, frena, e sviiish! l’asfalto bagnato la fa ancora traballare. Decido. In una frazione di secondo decido che questa storia deve finire, me lo dicono gli occhi, me lo dicono le bocche. Accelero. CRASH
Che ore sono? Quasi le nove! È incredibile che io sia riuscita a dormire fino a quest’ora. Vedi? È il potere della musica, la magia di Bach, una pace celestiale, ineguagliabile, in grado di cancellare le orrende visioni. Non appaiono più occhi cerchiati di livide occhiaie. La musica copre tutto, anche i rumori molesti. Non ho sentito né tump né zbam; anche l’ahu pare silente; e niente pepee? Ho però la sensazione di averlo sognato il pepee… ho un ricordo vago, di un sogno che finiva in incubo, di un tragitto in auto, o in moto, non ricordo. Però questa mattina mi sento meglio, decisamente meglio: più serena, quasi sollevata. È tutto merito della musica. A proposito, dove saranno finiti gli auricolari? Li cercherò dopo. Ho dormito proprio bene. È più buono anche il caffè, oggi.
Eooh eooh eooh eoooh!
Eooh eooh eooh eoooh!
Eooh eooh eooh eoooh!
E ora questo cos’è? Ci mancava la sirena, figurati se si può stare tranquilli!
Caspita, è insistente, e mi pare siano più di una.
Si avvicinano sempre più. Ora sono ferme; sono qui? Vado a vedere.
Eooh eooh eooh eoooh!
Eooh eooh eooh eoooh!
Arrivo mentre due ambulanze se ne stanno andando e un’auto dei carabinieri è ferma vicino a una moto spiattellata a bordo strada. Uno di loro fotografa la scena, un altro posiziona cartellini numerati sull’asfalto. C’è anche un capannello di gente. Vediamo se riesco a sapere qualcosa.
«Buongiorno – mi rivolgo a una signora che conosco di vista – Si è fatto male qualcuno?»
«Eh, sì. Buongiorno. La signora che abita là – e indica il nostro palazzo – è uscita con la moto e sviiish! La moto è slittata sulla strada bagnata, ma la signora ha poggiato a terra i piedi, come i bambini quando imparano a usare la bicicletta. Andava, eh, veloce e spavalda: il casco slacciato, la visiera alzata, i capelli si infilavano ovunque e il giubbino svolazzava. Ha accelerato, bella decisa, e poi ha scodato, sa come fanno quei bolidi sui circuiti delle gare di moto GP?»
Annuisco. Il racconto prosegue:
«Aveva dietro un’auto che sembrava volesse superarla: la moto correva, l’auto la raggiungeva ma non riu -
sciva mai a passare finché a un certo punto la moto ha scodato di nuovo sull’asfalto bagnato, l’auto non ha frenato e si sono scontrate. Ma si sente bene, signora?»
«Come dice? Sì, sto bene; ho anche dormito più del solito. Ma ci sono vittime?»
«Quella che guidava la moto».
«E come sta?»
«Ho sentito dire che non c’era più niente da fare».
Per una frazione di secondo ricordo cosa ho sognato di prima mattina. Lo stesso incidente. La stessa dinamica. Sogno premonitore?
«L’auto che fine ha fatto? Hanno visto chi era alla guida? Hanno preso il numero di targa?»
«Io non ho visto chi guidava che se ne sarà andato, sarà scappato, ma quel signore là che sta parlando con i carabinieri dice che gli sembra di aver visto una donna».
Barcollo. Un dubbio atroce mi scuote, ma ho una certezza assoluta: mi sono svegliata nel mio letto alle nove e trenta; ho sentito le sirene dopo, l’incidente era già accaduto.
Barcollo e la signora insiste per accompagnarmi a casa. La sento che parla, che chiede, se ho bisogno si offre di fermarsi con me, di chiamare qualcuno, un’ambulanza…
«La ringrazio, ma non ho bisogno di nulla, men che meno di un’ambulanza, le assicuro. Grazie per il suo aiuto, posso fare da sola. Anzi, guardi, mi fermo qui alla mia auto e ne approfitto per andare a fare un poco di spesa. Arrivederci, grazie ancora».
Non devo acquistare niente in realtà, ma ho visto sul cruscotto gli auricolari che non trovavo più. O forse sono quelli che uso mentre guido per parlare al telefono?
Barcollo ancora, ma che succede? Mi gira la testa. Mi appoggio al cofano. È tiepido.
Anelli per monitorare il sonno, sensori per la chetosi, biohacking: le ultime novità dagli Stati Uniti per scoprire il segreto della longevità.
Di Flavia Caroppo – giornalista, corrispondente da New York
In un’epoca dove l’innovazione tecnologica si fonde sempre più con le pratiche quotidiane per un benessere integrato, i dispositivi indossabili per monitorare il nostro stato fisico (wearable) stanno rivoluzionando l’approccio alla salute personale. Non più confinati a giocattoli costosi per appassionati di tecnologia, i wearable stanno diventando essenziali per chiunque desideri vivere una vita più lunga e più sana, monitorando costantemente parametri critici come il sonno, il battito cardiaco, e persino la chetosi.
Ne parliamo con una vera appassionata di wearable, Tiziana Marcuccio, esperta di innovazione, startup e tecnologie legate al wellness e alla salute.
Davanti ad un espresso con in sottofondo il frastuono e le luci di Times Square (giusto per essere sicure di non addormentarci), Tiziana ci racconta come il monitoraggio del sonno non sia solo una moda passeggera ma una componente cruciale per il mantenimento della salute mentale e fisica, capace di influenzare profondamente la durata e la qualità della nostra vita.
Tiziana Marcuccio, international business advisor, collabora con startup legate al wellness e alla salute.
Tiziana, non ti sembra un po’ strano incontrarsi nella “Città che Non Dorme Mai” per parlare di sonno?
«Direi di no. In qualsiasi angolo del mondo ci si trovi, New York inclusa quindi, la qualità del sonno è un elemento fondamentale per il nostro benessere. Non solo influisce sulla nostra acutezza mentale, ma durante il sonno il nostro cervello attiva un processo di detossificazione essenziale per la nostra salute, migliorando l’aspetto della pelle, regolando la produzione di insulina e favorendo la rigenerazione cellulare. La mancanza di sonno, oltre a compromettere le nostre prestazioni quotidiane, contribuisce all’invecchiamento precoce».
A giudicare dalla tua pelle, e dall’aspetto in generale, mi sembra che il sonno di bellezza non ti manchi.
«Non sempre dormo quanto vorrei, lo ammetto, viviamo pur sempre a New York, The City that never sleeps ! Ma cerco di massimizzare la qualità del mio sonno tenendolo sotto controllo, assieme ad altri parametri importanti per la mia salute. E per farlo non ho bisogno di studi medici, analisi e complicate attrezzature, mi basta indossare un wearable!».
I “wearable”, letteralmente “indossabili”, sono strumenti digitali per il monitoraggio della salute talmente piccoli da essere nascosti in oggetti di uso comune.
«Vedi questo? [Mostra un cerchietto color oro rosa che porta all’indice della mano sinistra, ndr] Questo anello si chiama Oura ed è capace di tenere sotto controllo fino a 20 valori biometrici, inclusi il mio ritmo del sonno, il battito cardiaco e la percentuale di ossigenazione del sangue. Questo strumento, insieme ad altri sistemi di tracking del sonno, del metabolismo e dei bioritmi, sta aprendo nuove frontiere nel campo della salute e del benessere personale. La prossima meta è il bio-hacking, ovvero l’uso della tecnologia per alterare la nostra biologia».
Il modello di Horizon-Rose dell’anello hi-tech Oura, il wearable che monitora oltre 20 parametri fisiologici, sonno incluso. (Photo courtesy of Ouraring.com)
Tiziana, tu segui da vicino il lavoro di Dave Asprey, il noto bio-hacker. Cosa suggerisce l’esperto per migliorare la qualità del sonno e vivere più a lungo (forse per sempre)?
«Nel suo libro ( Super Human: The Bulletproof Plan to Age Backward and Maybe Even Live Forever ) e attraverso il suo seguitissimo podcast , Asprey non ha mezze misure e sentenzia: “ Sleep or Die ” (Dormi o Muori). L’esperto sostiene che la mancanza di sonno cronica, insieme ad altri fattori fra cui nutrizione errata, mancanza di attività fisica, inquinamento ambientale, è una delle concause dell’insorgenza di patologie quali le malattie cardiovascolari, l’Alzheimer, il cancro e il diabete. Nonché un acceleratore dell’invecchiamento».
Un scenario non troppo rassicurante. Cosa possiamo fare per dormire meglio e più a lungo?
«Le strategie più comuni includono: non esporsi alla luce blu dopo il crepuscolo, utilizzare fonti di luce tenui e calde (rosse o ambrate), e indossare occhiali speciali che simulano il crepuscolo e ci sincronizzano con i ritmi naturali di sonno-veglia».
Ok, quindi: cambiamo le lampadine, evitiamo di guardare lo schermo del cellulare al buio e mettiamoci gli occhiali a filtro blu davanti al computer. C’è altro?
«Sì. Dovremmo seguire una dieta equilibrata e consumare una cena leggera, con più proteine e verdure che carboidrati, almeno tre ore prima di andare a letto. In questo modo si possono evitare i picchi glicemici notturni che hanno notevole impatto, negativo, sul sonno».
E cosa possono fare i wearable per aiutarci a fare sogni d’oro?
«Ah, magari esistesse la macchina dei sogni d’oro! Però non ci siamo ancora. Quello che oggi possiamo fare con i wearable è monitorare due fondamentali fasi del sonno: quella REM (in cui il nostro cervello è più attivo e produce sogni vividi) e quella non-REM (detta anche fase del sonno profondo, in cui produciamo
La copertina di “Super Human”, best seller del biohacker Dave Asprey
onde lente Delta). Quest’ultima è indispensabile per mantenere il nostro benessere generale, ritardare l’invecchiamento (di corpo e cervello) e favorire la longevità».
Oltre all’importanza del sonno per la salute, oggi si parla tanto di diete chetogeniche (keto) e digiuno intermittente. Funzionano davvero per vivere più a lungo?
«Le diete chetogeniche, caratterizzate da un basso apporto di carboidrati e un maggiore consumo di grassi sani, inducono il corpo a entrare in chetosi. In questo stato metabolico il nostro organismo utilizza i grassi che abbiamo accumulato come energia. Studi recenti stanno dimostrando che i benefici della keto non si limitano a ridurre il girovita, ma hanno anche un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie metaboliche (come il diabete di tipo 2), cardiache e neurodegenerative.
Anche il digiuno intermittente può aiutare a restare giovani?
«Certo. L’ intermittent fasting , come si chiama qui, che in genere prevede di digiunare 16 ore e mangiare durante una finestra di otto ore, migliora la sensibilità all’insulina, riduce gli stati di infiammazione e aiuta il processo di autofagia, ovvero la capacità del nostro corpo di sbarazzarsi delle cellule vecchie sostituendole con le nuove».
I dispositivi wearable ci possono aiutare a capire in che stato metabolico si trova il nostro corpo?
«Sì, ormai siamo tutti più consapevoli del nostro benessere e la tecnologia ci offre la possibilità di misurare i nostri bio-marker fornendoci un pronto riscontro sui nostri comportamenti alimentari e stili di vita. Chi segue una dieta chetogenica, per esempio, o il digiuno intermittente, ha bisogno di saper con esattezza scientifica come il proprio corpo sta rispondendo alla dieta e l’interazione che questa può avere con il sonno».
Ma gli strumenti a disposizione oggi per misurare la chetosi o non sono affidabili, o non sono pratici e richiedono manovre invasive. Confermi?
«Verissmo, purtroppo. Ma presto arriverà sul mercato KetoTap TM . Ideato dalla Phenotap , questo sarà il primo dispositivo non invasivo per la misura continua dello stato di chetosi del corpo».
KetoTapTM sarà il primo device non invasivo per la misura continua dello stato di chetosi del corpo.
Phenotap, la startup con cui collabori, è stata fondata da un italiano, Giovanni Battistini, imprenditore di successo e innovatore.
«Collaborare con Battistini è entusiasmante. Insieme al suo pool di esperti, Giovanni ha messo a punto il concetto di Cognizant Nutrition (consapevolezza metabolica), dimostrando l’importanza di conoscere la nostra risposta metabolica in ogni momento della giornata. Poter misurare questa risposta in maniera semplice, con un apparecchio non invasivo e a portata di mano in ogni situazione, è essenziale per una gestione efficace della nostra salute e benessere. Per questo è stato creato KetoTap TM , un dispositivo innovativo del quale sentirete parlare molto presto».
Oltre a digiunare e a dormire bene, quali sono i segreti di lunga vita (ed eterna giovinezza) che arrivano dagli USA?
«Non aver paura di osare e sperimentare con le nuove tecnologie. Il messaggio generale di Asprey e di altri biohackers è che non dobbiamo rassegnarci ad una vecchiaia segnata dalle malattie e dal graduale deterioramento del nostro corpo e del nostro cervello».
Dave Asprey dice di voler vivere fino a 180 anni. E Tiziana Marcuccio?
«Io faccio attività fisica, cerco di controllare lo stress, ciò che mangio e come dormo grazie ai miei wearables e aspiro all’eternità! [ ride, ndr ] Ma mi accontento anche di invecchiare mantenendo al sempre al massimo la mia vitalità e l’energia».
Vitale, energica, proprio come la “Città che Non Dorme Mai”.
I Piatti del buon ricordo quest’anno diventano Over compiendo 60 anni. Una ricorrenza festeggiata più negli Usa che in Italia, dove hanno avuto origine grazie alla creatività di Dino Villani
Di Paola Emilia Cicerone – giornalista scientifica
Siamo fuori tema rispetto all’argomento di questo numero, sonno e sogni: in questo caso non si tratta di sogni ma di ricordi, e di un anniversario importante. Quello appunto del Piatto del Buon Ricordo, che quest’anno diventa ufficialmente “over” essendo nato nel 1964.
In Italia la ricorrenza non ha avuto molto risalto, anche se penso che saremo in molti a ricordare - e ad avere in casa - i piatti di ceramica dipinti a mano che celebravano la visita in un particolare ristorante, e la specialità del locale . La ricorrenza ha colpito invece il New York Times , da sempre interessato al nostro paese, che all’occasione ha dedicato un lungo articolo ( www.nytimes.com ) . Un‘opportunità per scoprire che esistono ristoranti del Buon Ricordo anche all’estero, soprattutto a Parigi e in Giappone ma ora anche a New York, dove Terre- Pasta&Natural Wine , un ristorante di Brooklyn, è entrato nell’Associazione grazie alla sua specialità a base di pappardelle al cinghiale.
Ma come è nata l’idea di associare una specialità gastronomica a un piatto in ceramica? Il merito va a Dino Villani, gastronomo, pubblicitario e pittore cui si devono altre iniziative di successo come il concorso “5000 lire per un sorriso”, antesignano di Miss Italia, o l’idea di proporre un dolce pasquale a forma di colomba per utilizzare in primavera macchinari e ingredienti del panettone . Frequentando i gastronomi dell’Accademia Italiana della Cucina, Villani si convinse che occorreva un’idea per valorizzare e promuovere la cucina italiana regionale, riservata all’epoca alle trattorie casalinghe mentre i ristoranti di livello puntavano soprattutto su menu ispirati alla tradizione francese . Il Piatto del Buon Ricordo è pensato proprio per rendere appetibile la cucina del territorio offrendo la possibilità di creare una collezione che spinga a ripetere l’esperienza, e valorizzando al tempo stesso i ristoranti disponibili a dare spazio a ricette e prodotti locali . Un’idea lungimirante, visto che oggi i Ristoranti del Buon Ricordo sono oltre un centinaio, distribuiti dal Nord al Sud dell’Italia - soprattutto in piccoli centri - ma anche all’estero . Le specialità protagoniste dei
piatti sono presentate sul sito https://buonricordo.com/ , che propone anche le ricette e avverte se, come a volte avviene, qualche ristorante ha cambiato specialità. Si spazia dagli antipasti ai dolci, e se primi piatti hanno comprensibilmente un grande spazio non mancano classici come i carciofi alla romana, la cassoeula o la cima ripiena. L’unica differenza rispetto al passato è che oggi per avere in omaggio il piatto bisogna consumare il Menu degustazione messo a punto da ciascun ristorante che, pur nel variare delle stagioni e quindi delle proposte, ha sempre come punto fermo la specialità effigiata sul piatto.
Ma i caratteristici piatti hanno anche un fiorente mercato internazionale, ed è possibile trovarli in mercatini e negozi di antiquariato, oltre che in vendita on line: nel 1977 è nata l’Associazione dei Collezionisti dei Piatti del Buon Ricordo ( www.collezionistipiattibuonricordo.it ) il cui presidente Felice Macchi è stato intervistato dal New York Times . E anche i ristoratori hanno scelto di celebrare gli artigiani che da sessant’anni creano i caratteristici piatti dipinti a mano in stile naif : i festeggiamenti per il sessantesimo, coronati da una cena per mille persone cucinata da 100 chef mobilitati per l’occasione, si sono svolti infatti a Vietri sul Mare, il paesino della costiera amalfitana famoso proprio per le ceramiche, dove i Piatti del Buon ricordo sono prodotti nello storico stabilimento Ceramiche Artistiche Solimene, una vera istituzione della Regione.
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A cura della Redazione
Il ruolo dell’intestino va ben oltre la digestione. È infatti la sede del nostro microbiota intestinale, una immensa comunità di microrganismi che svolgono numerose funzioni per la salute del nostro organismo .
Ma quali sono le funzioni del microbiota ? Questa importante comunità di microrganismi, invisibile all’occhio umano, è capace di sintetizzare per noi vitamine e altre sostanze chiave, indispensabili al nostro organismo nello svolgere le proprie funzioni quotidiane. Tra queste vi sono la difesa da potenziali patogeni e allergeni, la digestione di specifici alimenti e la fermentazione delle fibre alimentari trasformate in energia per le cellule intestinali.
Condizioni quali lo stress, fattori ambientali, l’avanzamento dell’età, una dieta povera di fibre, infezioni intestinali o l’assunzione di antibiotici possono causare uno squilibrio della composizione e della funzione del microbiota che prende il nome di disbiosi. Questa disarmonia conduce all’accumulo di metaboliti nocivi e limita la produzione delle sostanze benefiche per il nostro organismo.
Per questi motivi, è importante assumere alimenti in grado di supportare la proliferazione dei cosiddetti “batteri buoni”, quali cibi fermentati, fermenti probiotici e fibre, riportando così il microbiota nella situazione di equilibrio e armonia detta di eubiosi.
Tra i batteri buoni che possono essere assunti facilmente attraverso l’alimentazione, c’è l’esclusivo fermento probiotico L. casei Shirota (LcS) che, raggiungendo l’intestino ancora vivo, favorisce l’equilibrio della flora intestinale.
Il ceppo probiotico LcS è contenuto esclusivamente nella bevanda di latte scremato fermentato Yakult , disponibile presso i principali supermercati e ipermercati. Ogni bottiglietta contiene 20 miliardi di fermenti probiotici LcS ed è disponibile in tre versioni: Yakult Original, con un delicato gusto di agrumi e vaniglia, Yakult Balance , con un fresco gusto di limone e fonte di vitamina D per ossa e muscoli e Yakult Plus , con un delicato gusto di agrumi e yogurt, ricco in vitamina C per il sistema immunitario.
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