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Club di territorio

notiziario dei Volontari di Roma anno III – numero 2 - marzo/aprile 2018

Appia Day

13 maggio 2018 Marzo/Aprile 2018, notiziario 2 u1


reginaviarum

Gira e rigira sull’Appia Antica. Viaggio tra storia e testimonianze,sapori e tradizion i 2. STAND LAZIO 1. MAUSOLEO DI

Una persona esperta illustra l‟Appia Antica da Roma a Minturno

CECILIA METELLA

7. VILLA E CIRCO DI MASSENZIO TOMBA DI ROMOLO

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Rappresentanti delle singole cittadine o zone illustrano i prodotti tipici

2 3. CAPO DI BOVE

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ARCHIVIO CEDERNA

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6. STAND LUCANIA STAND PUGLIE Una persona esperta illustra l‟Appia Antica da Benevento a Brindisi Rappresentanti delle singole cittadine o zone illustrano i prodotti tipici

4. CASTRUM CAETANI-CHIESA DI S. NICOLA

5. STAND CAMPANIA

Una persona esperta illustra l‟Appia Antica da Sessa Aurunca a Benevento Rappresentanti delle singole cittadine o zone illustrano i prodotti tipici TOURING CLUB ITALIANO APPIA DAY 13 maggio 2018

2 unotiziario 2, Marzo/Aprile 2018


APPIA

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2018 Nella pagina a fianco pubblichiamo uno schema delle visite che saranno gestite, naturalmente a titolo gratuito,

dai nostri volontari per questa edizione 2018 dell’Appia Day. Vi aspettiamo, sperando che interveniate numerosi insieme ad amici e parenti, per rinnovare il clamoroso successo dell’edizione 2017. Di seguito, notizie utili sull’organizzazione e poi la storia del Parco e della Regina Viarum.

I nostri Volontari partiranno ogni mezz’ora, a partire dalle 10,00 e fino alle 16,00, dalla postazione del TCI situata sotto il Mausoleo di Cecilia Metella e guideranno gruppi di visi-

tatori, composti da 15 a 25 persone, attraverso alcuni dei monumenti presenti sull’Appia Antica, secondo il seguente itinerario:

personale/esperti/studiosi daranno informazioni storico/culturali e faranno gustare dei prodotti tipici:

MAUSOLEO DI CECILIA METELLA VILLA CAPO DI BOVE ARCHIVIO CEDERNA CASTRUM CAETANI CHIESA DI SAN NICOLA VILLA E CIRCO DI MASSENZIO TOMBA DI ROMOLO

LAZIO (illustrazione dell’Appia Antica da Roma a Minturno) CAMPANIA (illustrazione dell’Appia Antica da Sessa Aurunca a Benevento) LUCANIA-PUGLIE (illustrazione dell’Appia Antica da Benevento a Brindisi)

Sono previsti anche tour in lingua inglese, francese e spagnola. Tra i monumenti sopraelencati saranno posizionati gli stand culturali/gastronomici delle regioni italiane attraversate dall’Appia Antica, dove

Al momento non abbiamo avuto disposizioni da parte del MIBAC per la presenza di Volontari del TCI che si occupino dell’accoglienza dei visitatori nei singoli siti archeologici. la Redazione uu

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Il Parco dell’Appia Antica Il Parco è stato istituito nel 1988 per: - tutelare i monumenti ed i complessi archeologici, artistici e storici in esso esistenti e diffonderne la conoscenza; - preservare e ricostruire l’ambiente naturale e valorizzare le risorse idrogeologiche, botaniche e faunistiche a scopi culturali, didattici e scientifici; - creare e gestire attrezzature sociali volte a fini culturali e ricreativi compatibili con i caratteri del parco. La superficie del territorio compreso nel perimetro del Parco è di circa 3.500 ettari. In questo territorio sono compresi la via Appia Antica e le sue adiacenze per un tratto di 16 chilometri, la valle della Caffarella (200 ettari), l’area archeologica della via Latina, l’area archeologica degli Acquedotti (240 ettari), la Tenuta di Tormarancia (220 ettari) e quella della Farnesiana (180 ettari). Il perimetro del Parco è delimitato a nord dalla cinta delle Mura Aureliane di Roma, a ovest dalla via Ardeatina e dalla ferrovia RomaNapoli, a est dalla via Tuscolana e dalla via Appia Nuova fino a Frattocchie, mentre a sud tocca l’abitato di S. Maria delle Mole e il Fosso delle Cornacchiole ai margini dell’area archeologica di Tellene. I comuni interessati dall’area del Parco sono Roma, Ciampino e Marino. Ai tentativi di cementificazione selvaggia si oppose una sparuta minoranza di persone, rappresentata da un gruppo di architetti, urbanisti, giornalisti e intellettuali, idealmente guidati dall’infaticabile opera di denuncia di Antonio Cederna e dell’associazione Italia Nostra

della strada. Nel 1965 Il Ministro dei Lavori Pubblici destina a Parco pubblico 2500 ettari dell’Agro dell’Appia Antica, ma il Consiglio di Stato definisce illegittima tale destinazione. Negli anni ’70 e ’80 le battaglie di salvaguardia e di tutela interessano fette sempre più ampie della popolazione e sempre più associazioni. La richiesta dell’istituzione di un Parco diventa sempre più pressante. Nel 1979 il Sindaco Argan fa propria la proposta di creare un grande Parco Archeologico nel centro di Roma, che si dovrà collegare con quello dell’Appia Antica. Cominciano o si fanno più incisivi i provvedimenti di tutela e di esproprio. Anche questa fase della “battaglia”

è durissima ma, pur tra mille difficoltà e ostacoli politici e giuridici, la nascita del parco si avvicina. Nel 1988 la Regione Lazio approva l’istituzione del Parco Regionale dell’Appia Antica. Nel 1993 lo stesso Cederna viene nominato Presidente dell’Azienda Consortile per il Parco dell’Appia Antica, e si batte duramente perché il progetto del Parco possa decollare.

Appia Antica La via Appia fu la prima e la più importante tra le grandi strade costruite da Roma. Chiamata a buon diritto la Regina Viarum, come ricorda anche Stazio nella sua opera “Silvae” (“Appia longarum teritur regina viarum”), essa nacque alla fine del IV se-

è una battaglia destinata a durare per decenni. Ancora nel 1960 un piano paesistico si limita a destinare a verde pubblico solo una striscia di terra di pochi metri ai lati

2c, Marzo/Aprile I4 ulnotiziario PIal r P o Alpl p i cnat ièc as tèa tsot aitsot i itsutiit a rdc e o l ld'2018 e ' Ai a p pAi n a tA


PPIA ANTICA

In questa piantina sono riportati i percorsi descritti nel testo. In rosso la via Appia nei tre tratti costruiti in varie epoche: 1 - da Roma a Capua (312 a.C.); 3 - da Capua a Benevento (268 a.C.); 4 - da Benevento a Brindisi (II sec. a.C.). In nero la via Latina costruita dagli Etruschi prima della via Appia. Da Roma raggiungeva Capua, colonia etrusca. In blu la via Appia Traiana, alternativa per il percorso da Benevento a Brindisi, voluta da Traiano nei primi anni del II secolo d.C.

VIA APPIA ANTICA fu la prima e la più importante tra le grandi strade costruite da ma. Chiamata a buon diritto la ricorda anche Stazio nella suafacile, ope-che attraversava tutta la Puglia colo a.C. per mettere inRegina diretta Viarum, e ra- dicome concezione sorprendentemente “Silvae” (“Appia longarum teritur essache nacque alla da fine del iIV secolo passando per Ordona, Canosa, Ruva, pida comunicazione Roma eregina Capua.viarum”), “moderna” lasciava parte C. per mettere in di diretta e rapida comunicazione Roma e Capua. L’anno nascita della strada fu il centri abitati intermedi (provvisti Bari e Egnazia. Nei primi anni del II

312: quello in cui fu censore a Roma Appio Claudio, il magistrato che la Cfece L U B I costruire T A L I A N O A P lasciandole P I A D A Y 1 3 m ail g gproprio io 2018 nome. L’ideazione seguì un piano

però di appositi raccordi) e mirava dritto alla meta. La via fu perciò realizzata, superando grosse difficoltà naturali, come le paludi Pontine, con importanti opere di ingegneria.

secolo d.C. questo secondo percorso fu trasformato in una vera e propria variante dall’imperatore Traiano che le aggiunse il suo nome. Con la nuova via Appia Traiana era possibile andare da Roma a Brindisi in 13/14 giorni lungo un percorso totale di 365 miglia, pari a poco meno 540 di chilometri. La Via Appia era lastricata con grandi lastroni (o “basoli”) di pietra basaltica di forma variamente poligonale. La carreggiata aveva una larghezza standard di 14 piedi romani (metri 4,15 circa) sufficienti a consentire il passaggio contemporaneo di due carri nel doppio senso di marcia. Due marciapiedi in terra battuta delimitati da un cordolo di pietra (crepidine) e larghi ognuno almeno un metro e mezzo fiancheggiavano la carreggiata. Ogni sette o nove miglia nei tratti più frequentati (chilometri 10/13) e ogni 10 o 12 miglia in quelli meno importanti (chilometri 14/17) si allineavano lungo la strada le stazioni di posta per il cambio dei cavalli (stationes) unitamente a luoghi di ristoro e di alloggio per i viaggiatori (mansiones). In prossimità dei centri abitati la strada era fiancheggiata da grandi ville e soprattutto da tombe e monumenti funerari di vario genere. La scheda delle visite e le note sul Parco e sull’Appia sono a cura di Patrizia Coppola e Massimo Marzano

anno di nascita della strada fu il 312: quello in cui fu censore a Roma Appio Claudio, TOURING

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Il primo tratto, fino a Terracina, era un lunghissimo rettifilo di circa 90 chilometri di cui gli ultimi 28 fiancheggiati da un canale di bonifica che consentiva di alternare il tragitto in barca a quello su carro o a cavallo. Dopo Terracina, la strada deviava verso Fondi, quindi attraversava le impervie gole di Itri e scendeva a Formia e Minturno. Superata poi Sinuessa (l’odierna Mondragone), con un altro tratto rettilineo puntava a Casilinum (l’odierna Capua), sul Volturno, donde raggiungeva l’antica Capua (oggi Santa Maria Capua Vetere). Il percorso totale era di 132 miglia, pari a 195 chilometri, e si effettuava normalmente con 5/6 giorni di viaggio. In conseguenza dell’ulteriore espansione di Roma nel Mezzogiorno, la via Appia fu più volte prolungata. Dapprima, subito dopo il 268 a.C., fino a Benevento, poi al di là dell’Appennino, fino a Venosa e quindi a Taranto. Finalmente nel II secolo a.C. fu condotta fino a Brindisi, porta dell’oriente. Il percorso dopo Benevento fu però a poco a poco sostituito da un itinerario alternativo, più breve e più notiziario 2, Marzo/Aprile 2018 u5


palazziromani

Sapore d’antico, atmosfere soffuse, contrasti stringenti, mescolanza di realtà e sogno, di sacro e profano, di miseria e nobiltà di Massimo Marzano

“Le colonne, sui loro basamenti di pietra, sporgevano sul marciapiede, obbligando i passanti a farsi da parte; diritte come due guardiani, fermi sulla piazza da chissà quanto tempo. In alto, reggeva-

no, come architrave, un balcone di parata, con l’asta di ferro della bandiera, e un grande stemma in traver-

palazzo

altieri tino, tutto pieno di lune e di comete. Sotto il balcone stava rannicchiata, nella chiave dell’arco, una donna, o meglio una sfinge o un angelo. Aveva soltanto la testa e il petto: ai lati della testa spuntavano due ali, che pareva-no enormi orecchie, da cui pendevano festoni di frutta e di foglie. L’angelo aveva gli occhi socchiusi, e pareva guardasse fra le ciglia, da quel suo nascondiglio, con l’aria insieme sensuale e melensa di una dama del Seicento”. 6 unotiziario 2, Marzo/Aprile 2018

Certo che lo riconosco, è Palazzo Altieri! Quel palazzo a fianco della Chiesa del Gesù, dove hanno vissuto Anna Magnani, Carlo Levi, che, come nelle righe precedenti, lo descrive spesso nel suo romanzo “L’orologio”, il danzatore Guido Lauri, la stilista di moda Simonetta Visconti, dove Nannarella nel film “Roma”, ad un Federico Fellini, che con atteggiamento e modi da marpione le fa delle sottili avances, risponde decisa “A Federì, ma va a


In apertura, Palazzo Altieri ai giorni nostri. Qui sopra, in una incisione del 1600 di G.B. Falda

dormì, va…”. Sì, mi ricordo, è proprio quel palazzo grande, immenso, con locali meravigliosi, pieni di affreschi e dipinti, con un’infinita sfilata di scaffali pieni di rotoli di tessuti, accatastati uno sull’altro, da “Bises”, dove si andava a comprare i tessuti, le passamanerie, per cucire o dare nuova vita a vestiti, pigiami, camicette. Sì, è un mondo che non c’è più, dove il tempo è scivolato via, ma dove un sapore d’antico, un’immagine di secoli, che si susseguono uno dietro l’altro, rimangono nell’aria. Lì su quel portone su Piazza del Gesù si percepisce il distacco, la frattura tra il mondo esterno, dove scorre frenetica e turbolenta la vita, ed il mondo interno, al di là della cancellata metallica, dove si attraversano atmosfere soffuse e si percepiscono forti contrasti tra ambienti mirabilmente restaurati e conservati, dove hanno sede l’Asso-

ciazione Bancaria Italiana, la FINNAT e il Banco BPM, ed altri angoli o scorci che conservano le tracce e le incrostazioni del tempo. Con una riflessione più attenta si riesce a cogliere il significato più profondo di questo antico palazzo nobiliare, che mostra il passare dei secoli attraverso le sue innumerevoli vicende ed i personaggi che vi abitarono. è un palazzo barocco, dove luci ed ombre si alternano fino ai giorni nostri. Come scrive Carlo Levi nel suo romanzo: “Questo palazzo è come una città. C’è dentro di tutto: una banca, una scuola, dei negozi, un cinematografo, dei magazzini. C’era anche un’ambasciata, e la sede della Massoneria, e tante altre cose; e, una volta, c’era qui anche il Tribunale di Roma”. Questa preziosa dimora, per quanto concerne Il progetto dell’edificio, fu commissionanotiziario 2, Marzo/Aprile 2018 u7

ta a Giovanni Antonio De’ Rossi dal cardinale Giovanni Battista Altieri nel 1650 su proprietà fondiarie della famiglia, che, secondo un costume piuttosto in voga nel passato, rivendicava la discendenza da un Lucius Alterius, leggendario capostipite romano della famiglia, di cui gli Altieri conservavano un’antica urna cineraria, ma secondo un umanista rinascimentale Marco Antonio Altieri, membro della famiglia, le origini risalirebbero alla Gens Hostilia. Il secondo nucleo del Palazzo fu aggiunto con l’ampliamento che si fece tra il 1670 e il 1673, per interessamento del pontefice Clemente X Altieri [foto1 pag. 8] e sotto il controllo del cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni, che fu da lui adottato e poi nominato cardinal nipote. Infatti, nel momento di massimo splendore della famiglia, ci fu il rischio di estinzione della

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stessa. Emilio Altieri, futuro Papa Clemente X, ultimo maschio della famiglia, in occasione del matrimonio tra il marchese Gaspare Paluzzi Albertoni, appartenente ai Paluzzi Albertoni, più volte imparentati con gli Altieri, e la nipote Laura Caterina, fece in modo che il cognome della sua famiglia, compreso dei beni e dello stemma, passasse nei Paluzzi Albertoni, che divennero così “Paluzzi Altieri degli Albertoni”. Dunque la casata, il cui cognome valeva come sinonimo di “altèri” ed aveva come motto di famiglia “Tant’alto quanto si puote”, con lo stemma contraddistinto da sei stelle d’argento in campo azzurro, è arrivata fin quasi ai giorni nostri ed è considerata estinta in discendenza maschile nel 1955. I Volontari del Club di Territorio di Roma, grazie all’interessamento della Volontaria del TCI, Fiorella Gennari, per gentile concessione del Dott. Carlo Capoccioni (Responsabile Ufficio Rapporti Istituzionali e

Ufficio Relazioni Culturali dell’ABI) e per la pronta ed accurata organizzazione, curata dal Dott. Massimo Parrillo dell’ABI, hanno accompagnato, con l’eccezionale guida del dott. Roberto Bilotti, i visitatori ad attraversare i secoli e le vicende dei suoi protagonisti, ammirando opere di pregevole e raffinata cultura artistico-architettonica. Negli ultimi mesi del 1945 Carlo Levi entra nel Palazzo, che così descrive: “L’androne era oscuro, pieno di angoli neri: un vecchio fanale pendeva nel mezzo di un arco: dai vetri polverosi scendeva una fioca luce rossastra, piena di noia e di antichità… Sul pavimento il lume ottagonale disegnava vagamente una stella… [foto 2] Seguii il portico, rigato di linee oblique che prolungavano a sghembo i pilastri, salii i primi gradini, vidi apparire il biancore della statua del Gallo morente, nell’atrio, gigantesca e confusa sulla parete”. Anche noi siamo entrati dal cortile porticato e siamo saliti per lo scalone adorno di statue antiche, tra le quali il “Barbaro prigioniero”, 1

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rinvenuto presso il Teatro di Pompeo, un enorme dito di marmo [foto 3] (...“Era proprio un dito, o un simulacro fallico? Lo guardai meglio: era un dito mignolo, splendidamente modellato, con le dolci sporgenze delle vene sotto la pelle, l’unghia corta e rotonda in cima all’ultima falange. Doveva essere il frammento di una statua colossale, assai più alta degli alti tetti della casa. Forse il gigante sta sotto terra, e su di lui posano le fondamenta del palazzo: forse è così grande che lo regge tutto sulle sue spalle”…) ed il grammatico greco [foto 4] (...rigido sul suo sedile di pietra, con il rotolo della sua sapienza sulle ginocchia”…”ci guardò passare , con ironica degnazione, dalla sua sedia di pietra”…). Poi siamo arrivati al piano nobile, al grande salone, dove nel soffitto il pittore Carlo Maratta, aiutato nell’iconografia da Giovanni Bellori, ha rappresentato, per celebrare il Papa Clemente X Altieri, il “Trionfo della Clemenza” (1673), [foto 5] dove la Clemenza posa trionfante in un 3


turbinio di nuvole, angeli e figure simboliche, come la Felicità Pubblica e le virtù cardinali. Siamo, poi, saliti al secondo piano, che il Banco BPM ha adibito a Sede di Rappresentanza. Si tratta di sedici ambienti, riccamente decorati e arredati con una collezione di prim’ordine dedicata alla pittura di paesaggio, sacra e di genere, fra Sei e Settecento, oltre che con lampadari, sculture, arazzi e mobili di grande pregio.

sia in Roma per il spatio che piglia, vi sono due gran Cortili…… Nell’Appartamento à terreno vi sono Statue, e pitture, una Madonna del Vandich, una Madonna del Caracci & altri Pittori rari, le statue, due Veneri, la rara Testa di Piscenio Nigri. Nell’Appartamento di sopra vi è un Specchio, [foto 6] che pesa quattordici libre, d’oro con la luce di Cristallo, è ornato di belle gioie di Zaffiri, Topatij, Smeraldi, e Diamanti, tutto si stima 20 mila doppie, è il più ricco SpecIl Palazzo viene descritto nella sua chio, che sia in Roma... Passarete per magnificenza e bellezza già in una la Sala, entrarete nell’Appartamento specie di guida turistica del 1693: del Signor Cardinale Altieri, dove “Del Palazzo Altieri al Giesù. Questo riceve le visite, è tutto ornato di TaPalazzo era prima l’habitatione del- pezzarie di Damasco con ricca guarla fel[ice]. mem[oria]. di Clemente X nitura d’oro, una stanza guarnita hoggi è ingrandito dalla splendidez- d’un ricco Apparato di broccato d’oro za della bon. mem. del Card Altieri… cremesino con un letto compagno la scala è magnifica, è la più bella che di 40 mila scudi. Il Camerone dove sono buone pitture, le quattro Stagioni di Guido Reni, le due [Foto 1] Gian Lorenzo Bernini, Clemente X, 1675 Battaglie del Borgognone, due [Foto 2] Il vestibolo dello scalone d’onore quadri del Domenichino, Ve[Foto 3 e 4] Le due antiche sculture citate da Levi [Foto 5] Carlo Maratta, Il trionfo della Clemenza, 1673 nere e Marte di Paolo Veronese, la Cena di Nostro Signore di [Foto 6] Lo specchio citato nella guida del 1693 5

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Cercheremo di visitare di nuovo Palazzo Altieri, che da fuori non mostra cosa ci sia dentro e che conserva come in uno scrigno talmente tanti oggetti e tante opere d’arte, che una sola visita non può esaurire la sua conoscenza nella sua completezza. Quando vai a visitare ed entri dentro questi palazzi a Roma hai l’impressione di provare quella sensazione, che Carlo Levi descrive nel famoso incipit de “L’orologio”, scritto proprio qui a Palazzo Altieri, “La notte, a Roma, par di sentire ruggire leoni. Un mormorio indistinto è il respiro della città, fra le sue cupole nere e i colli lontani, nell’ombra qua e là scintillante; e a tratti un rumore roco di sirene, come se il mare fosse vicino, e dal porto partissero navi

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Le fotografie di queste pagine sono di Massimo Marzano ed Anna Selbmann

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Mutiano, la Strage degl’Innocenti del Possini la Madonna del Correggio, il San Gaetano di Carlo Maratti, la bella Sala che hoggi dipinge à fresco il Sig. Carlo Maratti quando sarà finita sarà una delle belle cose che havrà fatto in Roma”…


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quella Roma, che Carlo Levi vedeva dal “...grandissimo stanzone …” con “...la splendida apertura delle finestre …” dove abitava nel Palazzo “...Tutta la città si apriva davanti a me, in una successione infinita di tetti, di terrazze, di finestre, di cupole... Ogni cosa era nitida e lontana, immersa in un’aria visibile e colorata, dove pareva circolassero miriadi di impalpabili corpuscoli d’oro. A un estremo, a sinistra, il paesaggio di case era chiuso dalla cupola di San Pietro, azzurra per la distanza; all’altro, alla mia destra, dalla mole del Quirinale …

sotto l’alta torre quadrata su cui sventolava, unico colore violento in tutto l’orizzonte, una grande bandiera, con il rosso e il verde nuovi e brillanti. Dietro a una fila di bianche statue barocche, allineate sul fastigio del cortile, si stendeva, vicina, la massa grigio-cenere della cupola del Pantheon; dietro di essa ruotava la chiocciola cinese del Campanile della Sapienza …” ...da commuoversi! ... “... Rimasi a lungo a guardare, seguendo quei giri silenziosi [di stormi di uccelli], finché il mio occhio si perse, incantato, in quel nero e azzurro turbinio”. Foto di Massimo Marzano ed Anna Selbmann

per chissà quali orizzonti. E poi quel suono, insieme vago e selvatico, crudele ma non privo di una strana dolcezza, il ruggito dei leoni, nel deserto notturno delle case.”… è il perdersi in un mondo onirico, che ti dà una sensazione di benessere, che aiuta a superare le avversità e le problematiche, generate dalla realtà e dalla vita stessa. Mica pensate veramente “di sentir ruggire leoni” a Roma! Del resto anche lo stesso Carlo Levi “non aveva mai capito che cosa producesse quel rumore…”, ma “il suono penetrava in me come un’immagine infantile, spaventosa, commovente ed arcana, legata ad un altro tempo”... Che viaggio che abbiamo fatto, dal Seicento ai giorni nostri, seguendo i passi di tanti personaggi importanti... possiamo ritenerci soddisfatti. Speriamo di rivederci per parlare e visitare qualche altro angolo di Roma, di A sx, i partecipanti alla visita con il dott. Bilotti. Sotto a sx, il dott. Roberto Bilotti illustra alcuni capolavori presenti nel Palazzo. Alle sue spalle la statua del “Barbaro prigioniero”. Sotto a dx, Palazzo Altieri in una foto d’epoca Foto di Massimo Marzano ed Anna Selbmann

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“L’acqua arrivava nell’antica Roma con una serie di archi di trionfo” J.W. Goethe

“Da un lato si fondevano con l’orizzonte in una linea tagliente: gli archi degli acquedotti sembravano sospesi in aria e come incollati sul cielo d’argento” Nicolaj V. Gogol Vedute dell’Acquedotto Claudio-Anio Novus (38-52 a.C.)

Con piacere vi presentiamo il resoconto della prima delle passeggiate riguardanti il Progetto “Roma, Regina Aquarum”, elaborato per il 2018 dai Consoli e dai Soci/Volontari del Club di territorio. Il progetto si propone di studiare e presentare, attraverso conferenze, passeggiate e visite, il rapporto millenario di Roma con l’acqua

PASSEGGIATA DEL 25 marzo 2018

Il Parco degli Acquedotti Di Massimo Marzano Fascino, stupore, ammirazione nel Parco degli Acquedotti, 240 ettari con resti di sei acquedotti romani ed uno rinascimentale, con spazi per camminare, correre, immergersi nella natura, nella storia… e pensare. Tra via Lemonia, emblematico sfondo di “Mamma Roma” di Pasolini e la via Appia Nuova, dove si susseguono ad intervalli irregolari precarie casupole e baracche restaurate e condonate dei vecchi “borghetti”- anche quella che fu di madre Teresa di Calcutta -, concessionarie e sfasciacarrozze e la fontana di Giovanni Fontana sulla discesa del Quadraro, dove un mascherone con ali di pipistrello versa l’acqua in una conchiglia e guarda da secoli il mondo che gli passa davanti, si estende il Parco degli Acquedotti. Su quei prati, quasi in fiore, tra pini, tra gli alti archi degli acquedotti Claudio ed Anio Novus, sempre ammirati nei secoli, ed i resti, che corrono quasi paralleli agli altri già citati, degli acquedotti dell’Acqua Marcia, Tepula e Julia, che serpeggiano bassi e fatiscenti, sui quali si è innestato il cinquecentesco acquedotto Felice, con il quale il papa Sisto V volle rifornire l’Esquilino, il Viminale uu notiziario 2, Marzo/Aprile 2018 u11

a cura di Elisa bucci

Console TCI


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Resti della Villa delle Vignacce

Basoli della Via Latina

La Marrana dell’Acqua Marcia. Sullo sfondo le arcate dell’Acquedotto Claudio-Anio Novus

il Quirinale, dove hanno camminato Alberto Sordi, nei panni del maestro Ubaldo Impallato nel film “Bravissimi”, dove hanno bruciato le loro vite sempre ai margini della società, mimando modi ed atteggiamenti da “grandi” Ettore, Bruna ed i loro amici “pischelli”, protagonisti di “Mamma Roma”, e Toni Servillo/Jep Gambardella, simbolo di un mondo decadente , che diventa anche grottesco, nel film “La grande Bellezza” di Sorrentino, anche noi, Volontari del Club di Territorio del TCI abbiamo gironzolato e fatto vedere ai visitatori le tante rovine e testimonianze di un tempo che fu, facendoli immergere in un mondo di storia, tradizioni e fenomeni sociali. Il Parco degli Acquedotti ha fascino intrigante, che provoca uno stupore enorme. E’ domenica, il 25 marzo, il primo giorno di sole dopo giornate opache, fredde e piene di pioggia. Ci accompagnano Francesco Laddaga, archeologo, Luciano Di Vico e Paolo Vian, Volontari del Parco degli Acquedotti, persone appassionate, tenaci e risolute nel portare a termine le loro idee, impegnati uno nella valorizzazione del Parco e nella diffusione della cultura e gli altri due coriacei e pratici artefici della bonifica e della conservazione dell’habitat naturalistico, geologico e storico. Le testimonianze storiche ed archeologiche si susseguono una dietro l’altra, oltre agli Acquedotti: la Casa Cantoniera del Sellaretto, un cippo che ricorda la sistemazione della zona sotto Augusto, il basolato della Via Latina, il Casale di Roma Vecchia, la Marrana dell’Acqua Mariana, la Chiesa di San Policarpo, la Villa delle Vignacce.

I secoli sfilano davanti ai nostri occhi. La vallata, una naturale via di accesso a Roma, si è creata circa 10.000 anni fa con le eruzioni laviche del gruppo vulcanico dei Castelli romani. Per la Casa cantoniera del Sellaretto dal 1856, sferragliavano i treni della prima ferrovia dello Stato Pontificio, fatta costruire da Papa Pio IX. Ecco, si vedono i basoli della Via Latina, più antica della via Appia, con i segni delle ruote dei carri per la troppa e lunga usura, percorsa già dagli Etruschi, per fondare Capua, la loro colonia più meridionale. Saldo il Casale di Roma Vecchia, probabilmente usato come stazione di posta, si erge in posizione strategica tra gli acquedotti. Segue la Marrana dell’Acqua Mariana, un fosso artificiale, fatto costruire da Papa Callisto II, che portava l’acqua fino a San Giovanni e sfociava nel Tevere presso la Cloaca Massima. La Chiesa di San Policarpo, costruita negli anni del “boom economico” tra il 1964 ed il 1967, dove, però, si prodigò, prima per i poverissimi emigrati, poi per i rom e per i malati terminali di Aids, don Roberto Sardelli. Per ultimo vediamo la Villa delle Vignacce con terme e cisterne, diroccata con sparse testimonianze della sua grandezza ed estensione, che avrebbe tanto bisogno dei mattoni e del materiale edilizio, che produceva il suo padrone Q. Servilio Prudente, vissuto sotto l’Imperatore Adriano. Giornata di festa al Parco degli Acquedotti con stand gastronomici, giochi, laboratori ludico-didattici, cioè le varie attività previste dall’evento“Aquae Septimae”, organizzato dal Municipio. Camminando e facendo la visita, incontriamo anche i “Tribuni”, i “centuriones”, i “milites” e le “matrones” del Gruppo Storico Romano, dove salutiamo calorosamente Omero Chiovelli, volontario del TCI, che ci declama, a sorpresa, un carme di Orazio: “Pensiamo oggi a vivere” “Non cerchiamo di sapere, tanto non è possibile, quale sorte il Destino ci abbia dato / e non andiamo ad ascoltare gli indovini. Convinciamoci ad accettare / quello che sarà! Sia 12 unotiziario 2, Marzo/Aprile 2018


Partendo dall’alto a dx in senso antiorario, i partecipanti in vari momenti della passeggiata. L’archeologo Francesco Laddaga illustra ai partecipanti il Casale di Roma Vecchia. Il nostro collega Omero Chiovelli nei panni di Ovidio

che il Destino ci abbia assegnato molti inverni,/ sia che questo, durante il quale il mar Tirreno / infrange le sue onde sugli scogli, sia l’ultimo,/ cerchiamo di essere saggi, di decantare l’animo, / non stiamo ad inseguire con un’attesa di lunga vita, una vita che è breve. / Sì parliamo, ma già il tempo implacabile scorre via./ Cogliamo oggi ogni occasione che viene, non facciamoci illusioni sul domani. Oggi così noi abbiamo fatto, godendo dei piaceri della cultura e felici di stare insieme. Altre passeggiate del Progetto “Roma, Regina aquarum”, organizzate dal Club di Territorio del TCI ci aspettano. Partecipate, è un piacere allo stato puro! Voci di Claudio Carlucci e Massimo Pratelli. Foto Boccalaro, Marzano e Coppola

I SECOLI CI PARLANO è il cippo n. 124, posto da Augusto in base ad un decreto del Senato dell’11 a.C. lungo l’Acquedotto delle Acque Marcia, Tepula e Julia. I cippi distavano tra loro 240 piedi (circa 72 m.). Il lavoro di sistemazione generale degli Acquedotti fu completato da Augusto nel 4 a.Cr., pertanto il cippo può essere datato fra l’11 ed il 4 a.C. Associazione ARCHEOCLUB di Roma

In Redazione: Alessia De Fabiani e Massimo Romano Grafica e impaginazione: Gianluca Rivolta Hanno collaborato a questo numero: Elisa Bucci, Patrizia Coppola, Massimo Marzano SEGRETERIA ORGANIZZATIVA APERTI PER VOI ROMA: Via Spallanzani, 1 - Villa Torlonia - Roma Apertura: dal martedì al venerdì, dalle 9,30 alle 12,30 Tel.: 06 45548000 apertipervoi.roma@volontaritouring.it “Vi informiamo che da martedì 6 febbraio gli uffici di Villa Torlonia sono chiusi al pubblico fino a nuova comunicazione. Ritorna attivo l’ufficio di Piazza Santi Apostoli, con l’apertura dedicata ai volontari dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.00. Tel. 06.36005281-1”

notiziario 2, Marzo/Aprile 2018 u13


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