speciale - novembre 2022
A SPASSO... NELLA STORIA DEL RIONE MONTI
SAN MARTINO AI MONTI
E IL TITOLO EQUIZIO in ricordo del volontario Gianni Ricci speciale Novembre 2022 u1
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A circa cinque mesi dalla sua scomparsa i volontari romani di Aperti per Voi e del Club di Territorio vogliono ricordare il caro amico Gianni con la pubblicazione di un suo lavoro sulla basilica di San Martino ai Monti. Gentile, competente, appassionato, garbato. è stato uno dei “fondatori” della sezione romana di ApV e un po’ la guida di quanti poi si sono aggiunti. Sempre disponibile alla collaborazione, era una di quelle persone che vorresti sempre avere accanto per la serenità che sanno trasmettere in ogni momento. Ideatore e organizzatore di vari eventi che hanno visto la partecipazione dei volontari - ricordiamo, in particolare, l’apertura di sette chiese Confraternali romane in occasione del Giubileo della Misericordia del 2016 - si era dedicato in particolar modo, negli ultimi anni, allo studio e alla divulgazione della storia e delle bellezze artistiche di questa basilica, che frequentava fin da ragazzo e che era diventato un suo luogo del cuore, e del sottostante Titolo Equizio. Il suo tentativo, portato avanti con passione, di far diventare questo gioiello un sito tenuto aperto dai volontari romani, si era purtroppo scontrato con il muro della burocrazia, finendo in un nulla di fatto.
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SAN MARTINO AI MONTI E IL TITOLO EQUIZIO Un viaggio nella storia di Roma e del cristianesimo nella regione Esquilina della Roma serviana. Oggi siamo a spasso... nel Rione Monti
di Gianni Ricci
Questo è accaduto con le tre visite al Complesso titolare di San Martino ai Monti (la Basilica dei SS. Silvestro e Martino ai Monti e il Titolo di Equizio), svolte con successo tra ottobre e dicembre 2018, con la partecipazione di 106 appassionati, tra volontari di Aperti per Voi di Roma e accompagnatori.
Un sito dai molti record: · il luogo è insediamento urbano, da almeno 2.400 anni, dall’età classica repubblicana di Roma; · è un luogo di culto cristiano da 1.700 anni. In questo sito dell’antica Roma, nei secoli, si sono sovrapposte 4 strutture cristiane: una iniziale casa-chiesa e 3 successive Basiliche cristiane, talvolta sovrapposte o collocate una accanto all’altra; in particolare vengono
innalzati: · il Titolo di Equizio, dal secolo III d.C. fino al 499 · la prima Basilica, quella di papa Simmaco I dal 510 all’850 · la seconda Basilica, quella di papa Sergio II dall’850 fino al 1635 · la terza Basilica, rifatta barocca dal carmelitano p. Giovanni Antonio Filippini negli anni 1635-1676, e giunta così fino ai tempi d’oggi. San Martino è quindi una chiesa fra le più antiche di Roma e, nel corso dei secoli, ha mantenuto sempre il suo carattere basilicale, cioè simile ad una basilica antico-romana. E (… altro record), a Roma è stata la prima basilica cristiana dedicata ad un santo non martire, il vescovo Martino di Tours. E questo grazie al papa Simmaco (498-514) che edificò la nuova basilica sull’Esquilino, che è giunta a noi con la dedica ai SS. Silvestro e Martino ai Monti.
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La vita di San Martino di Tours
San Martino e il mendicante, El Greco. 1597-1600. Art Institute of Chicago
Martino (316-397), nato in Pannonia (l’odierna Ungheria), durante il primo medioevo, fu il santo più popolare dell’occidente, soprattutto in Francia, dove più di 500 borghi e cittadine portano oggi il suo nome. In Italia gli sono dedicate 900 chiese. Era il patrono della monarchia francese e tutt’oggi lo è di molte categorie professionali o di città (come le italiane Belluno e Lucca). L’episodio più popolare e leggendario della sua vita è quello della “cappa” e il povero: mentre presta servizio come militare nell’esercito imperiale romano in Gallia, egli taglia in due il proprio mantello di lana e ne dà la metà al povero ignudo; poi vede in sogno il Cristo che, rivestito dalla metà del suo mantello, dice agli angeli: “Martino ancora catecumeno mi ha coperto con questo mantello”. L’«apostolo delle Gallie», l’«amico stretto dei poveri» fu enormemente venerato dal popolo: in lui si associavano la generosità del cavaliere, la rinunzia ascetica e l’attività missionaria.
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Asterischi di storia Tracciamo velocemente date ed avvenimenti che hanno riguardato questo luogo. ·
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nel III secolo dopo Cristo, un cristiano di nome Equizio, probabilmente un sacerdote, nella propria casa, apre una chiesa domestica, una chiesa dissimulata, o Titulus, che all’inizio era un edificio in semplice laterizio. nel 320-330 d.C., al tempo di Costantino imperatore, il Papa San Silvestro I organizza un oratorio nel Titulus. verso il 509, San Simmaco Papa – sopra e su parte del titolo di Equizio, detto anche Oratorio di S. Silvestro – fa edificare una prima basilica, dedicandola a S. Martino di Tour. In questa occasione, la
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chiesa viene sopraelevata ed il primo oratorio divenne sotterraneo. · nell’844-847 (cioè in epoca carolingia): viene demolita la precedente basilica di Simmaco e Papa Sergio II fa costruire “a fundamentis” la nuova seconda basilica. · 1299: Bonifacio VIII, Benedetto Caetani di Anagni, già cardinale titolare della basilica, la affida ai frati Carmelitani (calzati). · 1560: il cardinale titolare S. Carlo Borromeo fa costruire il bel soffitto ligneo a cassettoni. · 1635-1664: il carmelitano p. Giovanni Antonio Filippini, romano, Priore di S. Martino e poi Priore generale dei Carmelitani, è il “grande mecenate”, il promotore della rinnovata basilica; egli restaura e trasforma nella forma attuale la chiesa (la terza basilica). Rinnova anche la cripta e ri-scopre l’antico Titolo, abbandonato e dimenticato nei secoli precedenti. 1664-1676: si costruisce la nuova facciata. E’ p. Francesco Scannapieco, Priore generale dell’Ordine del Carmelitani, che fa erigere la facciata della Basilica. Restauri successivi negli anni si avranno nel 1870 e nel 1963. 1793-1795: è rifatto l’altare maggiore da Francesco Belli, mentre Antonio Cavallucci e aiuti rinnovano completamente la decorazione e le pitture dell’abside. Viene anche ristrutturata la cappella del Carmine sotto la direzione di Andrea De Dominicis (1790-93). 1870-2018: sono eseguiti numerosi restauri nella chiesa; i più recenti: la serie degli affreschi del Dughet (1964), le tele degli altari laterali (1968-70), i soffitti e relative decorazioni delle navate laterali con la loro tinteggiatura (1970); il ripristino dell’intero pavimento (1971-72); restauro e ripristino del Titolo di Equizio e della navata destra negli anni 2017-2018.
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La pianta della Basilica 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 14 15 16 17 18 A C
Sagrato della basilica, edificata dall’architetto Filippo Gagliardi Facciata di Filippo Gagliardi (con stucchi di Stefano Castelli) e ingresso principale Navata centrale, soffitto e decorazioni Fonte battesimale, con tela rubata di Antonio Cavallucci Altare S. Maria Maddalena de’ Pazzi, pala di Matteo Piccione di Ancona Altare S. Teresa di Gesù o d’Avila, pala di Gian Battista Greppi Altare S. Martino, tela di Fabrizio Chiari Altare S. Stefano protomartire, tela di Giovanni Angelo Canini Altare S. Carlo Borromeo, pala di Filippo Gherardi Ingresso minore Scale di accesso all’altare maggiore Altare maggiore e abside, di Francesco Belli e pitture di Antonio Cavallucci Altare Beata Vergine del Carmelo, con immagine della B.V.M.C. di Girolamo Massei inserita nella pala di Antonio Cavallucci Altare Ss. Trinità, tela di Giovanni Angelo Canini Ingresso alla Sacrestia, dove è collocata la tela dell’Immacolata Concezione Altare S. Alberto carmelitano, tela di Girolamo Muziano Altare S. Angelo carmelitano, tela di Pietro Testa Affresco S. Cirillo carmelitano che battezza il Sultano di Damasco, affresco di Jan Miel Abside con pitture di Antonio Cavallucci e Giovanni Micocchi Cripta e accesso al Titolo di Equizio
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Inizio ciclo affreschi di Gaspard Dughet (16) e di Giovanni Francesco Grimaldi (2)
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LA BASILICA Breve descrizione della basilica con riferimento allo stato attuale.
1. Abside esterna
La grande abside attuale è molto impressionante. E’ quasi frontale alla Torre dei Capocci, su Via G. Lanza. L’abside - come la vediamo oggi – è di epoca carolingia e di stile pre-romanico. Nel 1714 viene costruito sul tetto dell’abside l’attuale campanile a vela, barocco, a due piani, con aperture arcuate per tre campane.
2. Mura Serviane
Per l’edificazione della basilica di papa Simmaco (509 d.C.) si utilizzano, per il suo muro destro (verso l’attuale Via Equizia), i resti di un vicino tratto delle Mura Serviane (del 378 a.C.); il tratto, lungo circa 40 metri, è composto da grandi blocchi di tufo di Grotta Oscura (cave presso Veio). Le pietre vengono qui utilizzate per speciale Novembre 2022 u5
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La facciata. In alto, la fascia di sinistra. A dx, la navata centrale uu
livellare il suolo sopra cui la chiesa fu costruita.
3. Facciata
La facciata, in stile e stucco barocco, viene oggi attribuita a Filippo Gagliardi (detto il Bizzarro, o Filippo delle prospettive). La facciata è piuttosto tradizionale rispetto a quelle di altre chiese romane barocche. Essa appare di poca profondità ma con abbondanti stucchi; è molto semplice: due ricche edicole barocche presentano due busti a bassorilievo che guardano verso l’ingresso, quello di San Silvestro Papa (a sinistra) e di San Martino vescovo (a destra).
4. Navata centrale: soffitto e decorazioni
a chiesa (lunga m. 40 m., con l’abside m. 50, larga m. L 25) ha un classico stile basilicale a tre navate, ripartite da 24 colonne. La navata principale si estende sotto un tetto lungo, a capriata, nascosto dal bel soffitto a cassettoni, mentre le due navate laterali, più basse, conservano bei soffitti lignei seicenteschi, monocromi a rilievo. Il soffitto intagliato a cassettoni, dipinto e dorato, in blu, bianco e oro, restaurato a fine ‘800, riproduce fedelmente quello originario donato da S. Carlo Borromeo nel 1560. Una decorazione unica forse nel suo genere artistico e anche per valore didattico-religioso è la serie di stucchi bianchi su sfondo oro, che ricoprono l’architrave mar-
moreo e che si snodano a partire dall’altare maggiore verso l’ingresso. L’opera – chiamata comunemente “la Bibbia dei poveri” - è stata realizzata tra il 1649 e il 1652 dal pittore, scultore e stuccatore romano Paolo Naldini (1619 - 1691). Gli stucchi formano un duplice ciclo: quelli della fascia di destra rappresentano simboli che si riferiscono a episodi biblici dell’Antico Testamento e a disposizioni del Culto ebraico, mentre quelli della fascia di sinistra raffigurano Scene e Strumenti di martirio. Da tale documento plastico il fedele viene sollecitato a contemplare le principali tappe della salvezza e del popolo eletto d’Israele, ed inoltre ad ammirare la forza eroica dei martiri cristiani. Anche gli altri stucchi, medaglioni e statue della navata centrale sono quasi tutti di Paolo Naldini. Gli affreschi con prospettive sono di Filippo Gagliardi: si tratta di trompe-l’oeil, che ci danno l’idea di guardare attraverso un arco in una serie di stanze e di corridoi. Nel pavimento, lastre tombali superstiti di padri carmelitani e di cardinali titolari di altra famiglia religiosa che hanno desiderato di essere qui sepolti E’ da mettere in risalto che specie nelle pale e tele d’altare e negli affreschi murari all’interno della Basilica, i Carmelitani calzati hanno voluto ricreare il “pantheon” dei propri Santi e Padri dell’Ordine, cioè presentare e ricordare ai fedeli il complesso di tutte le figure sante e di riferimento della spiritualità e della storia carmelitana.
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Da sx: tela raffigurante San Martino di Fabrizio Chiari (1645). L’abside. La Cappella della Madonna del Carmine
5. Navata destra: il fonte battesimale e gli altari
Lo stato attuale del fonte battesimale si deve ai lavori del 1780-1800. La splendida vasca di marmo bardiglio “cupo” delle Apuane era sovrastata dalla bella tela di Antonio Cavallucci, raffigurante il “Battesimo di Gesù” (trafugata però nel 1998 e non ancora ritrovata). Gli altari della navata destra sono dedicati, iniziando da quello vicino al fonte battesimale: - a santa Maria Maddalena de’ Pazzi, carmelitana. La bella pala è di Matteo Piccione di Ancona (1647). - a santa Teresa di Gesù o d’Avila, carmelitana; Accanto all’altare riposano le spoglie del Beato Angelo Paoli, carmelitano (1642 - † 1720), chiamato dai contemporanei per il suo apostolato sociale “Frate Carità”, “Padre dei poveri” e “Apostolo di Roma”, attivo in favore dei poveri, dei carcerati e dei malati nell’Arcispedale di San Giovanni al Laterano e fondatore egli stesso dell’Ospedale per i Convalescenti nello ‘stradone’ di S. Giovanni. Lo possiamo definire il fondatore ante litteram della “Caritas” nel rione Monti. E’ stato dichiarato beato nel 2010. - a san Martino di Tours: la bella e ornata tela del santo (cui è dedicata la chiesa) che divide il proprio manto con un povero, è di Fabrizio Chiari (1645). - a santo Stefano protomartire: la tela del santo è stata eseguita da Giovanni Angelo Canini (1645). - a san Carlo Borromeo, con la pala “Estasi di S. Carlo Borromeo”.
6. Altare maggiore, presbiterio e abside
L’attuale altare maggiore (il terzo, nel tempo) risale al 1793-95, disegnato dall’architetto romano Francesco Belli. E’ sopraelevato sulla navata e vi si accede da due scale a gradini che procedono ai lati della cripta. L’altare, in marmo verde antico (o serpentino), è ricco di marmi pregiati e di ornati in bronzo dorato (festoni, rose, fogliami e cornici che danno un gran risalto a tutto l’altare); è sormontato da un tempietto marmoreo su esili colonne, a pianta circolare e a forma di cupola. La grande abside è molto impressionante. L’architettura dell’abside è secondo la sistemazione fatta da Filippo Gagliardi a metà ‘600, mentre la decorazione è di Antonio Cavallucci (1752-1795) e scuola; le pitture raffigurano, nell’abside al centro, il Padre Eterno benedicente, la Madonna con il Bambino (tra vari angeli che la festeggiano), i SS. Pietro e Paolo (tutti dipinti a olio su muro). In basso vengono raffigurati alcuni santi. Nell’arco trionfale vediamo, a sinistra: S. Carlo Borromeo (in alto) e S. Silvestro (in basso); a destra: S. Francesco Saverio (in alto) e S. Martino di Tours (in basso).
7. La Cappella della Madonna del Carmine
In fondo alla navata di sinistra, fin dal 1593 è situata la bella cappella della Madonna del Carmine. Completamente rinnovata nella forma attuale tra il 1790 e il 1793 su disegno di Andrea De Dominicis, essa risulta preziosamente abbellita da pitture, marmi pre-
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giati di ben 14 tipi, gran quantità di alabastri, cornici di bronzo dorato e stucchi dorati, ecc. Inserita in una nicchia, si venera l’immagine della Madonna del Carmelo, tela di Girolamo Massei (1595). La corona d’oro, rubata dalle truppe napoleoniche nel 1798, è stata rifatta e ricollocata solo nel 1959. La Pala con le anime purganti (“Le anime nel Purgatorio”), sopra l’altare, è di Antonio Cavallucci.
8. Navata sinistra: altari e affreschi
Nella navata di sinistra si ammirano, insieme agli altari, anche particolari affreschi. Due di essi, entrambi opera di Filippo Gagliardi, riproducono gli interni delle antiche basiliche di S. Pietro in Vaticano, quella costantiniana, prima della sua distruzione e del suo rifacimento, e di S. Giovanni in Laterano (rispettivamente ai limiti della navata: dalla parte della cappella della Madonna il primo e dalla parte opposta il secondo). Oltre la cappella della Madonna del Carmine, in questa navata si trovano gli altari dedicati: - alla Trinità: con la pala opera di Giovanni Angelo Canini, - a sant’Alberto degli Abati (o S. Alberto da Trapani), carmelitano: La tela rettangolare, raffigurante il primo santo dell’Ordine carmelitano, è attribuita al celebre Girolamo Muziano. Sotto l’altare, la reliquia insigne del Santo Giuseppe Maria Tomasi di Lampedusa, teatino e cardinale titolare della basilica (nel 1712-1713). Al centro della navata vi è l’affresco che rappresenta lo pseudo-concilio di S. Silvestro (324-325) eseguito nel 1640 dal pittore milanese Galeazzo Leoncini. Di vaste proporzioni, illustra il Concilio romano, svoltosi in questo luogo, in cui il Papa ordina il rogo dei libri, con gli scritti di Ario, contrari al pensiero teologico della Chiesa cattolica. Nell’affresco, in alto a sin., in posizione elevata il sommo pontefice, in basso al centro l’imperatore con il serto di ulivo sulla testa, in basso a dx. il braciere in cui vengono gettati i libri degli Ariani. - a sant’Angelo da Gerusalemme (detto di Sicilia) carmelitano e martire. In fondo alla navata, è affrescato “Il battesimo del sultano di Damasco”. Opera eseguita nel 1651 da Jan Miel che s’ispira a una leggenda carmelitana secondo cui S. Cirillo di Costantinopoli, terzo Padre generale dell’Ordine e vissuto nel XII secolo, amministra il battesimo a quel sultano.
9. Gli affreschi del Dughet “Paesaggi della Campagna romana”
Nelle navate laterali, tra le tante opere d’arte, vi è l’importante ciclo di affreschi realizzati tra il 1640 e il 1655 da Gaspare Dughet (1615-75), detto il Poussino, cognato e scolaro del famoso pittore francese classicista Nicolas Poussin. Pieni di luce e di aria, vivaci di movimenti e di colori, questi affreschi, dall’aspetto insolito per un luogo sacro, costituiscono, si può dire, un “unicum” della tematica decorativa nelle chiese romane. I soggetti trattati sono scene di vita del profeta Elia, venerato come ispiratore e padre dei Carmelitani, e di alcune tradizioni dell’ordine. Il ciclo si compone di 18 affreschi, di cui 16 dovuti al Dughet e 2 a Giovanni Francesco Grimaldi. Il ciclo si svolge a partire dall’inizio della navata di sinistra, parete tra la Cappella della Madonna e l’altare della Ss.ma Trinità, per concludersi all’inizio della navata di destra, presso la porta secondaria della basilica. La vita del profeta ci è stata tramandata dalla Bibbia, nei Libri 1° e 2° dei Re. Vicende che però diventano per l’artista quasi un pretesto per comporre incantevoli scenari paesistici della campagna romana, da cui era stato fortemente colpito. Questi affreschi del Dughet sono tra i pochi lavori da lui eseguiti a Roma e conservano tutta la poesia della sua arte.
10. La cripta
Già, in origine, nella chiesa carolingia di Sergio II era stata edificata una cripta (la prima), sottostante l’altare maggiore; aveva la forma di un ipogeo semi-anulare (cioè “a ferro di cavallo”. Poi, a metà ‘600, il p. Giovanni Antonio Filippini rinnova e amplia l’originaria cripta (realizzando la seconda, quella che oggi vediamo), poiché era tornato alla luce il titulus Equitii. I lavori vengono fatti su disegni e direzione di Filippo Gagliardi. Ai lati della unica scala che scende nella Confessione vi sono: · un’iscrizione in latino in cui Sergio II dà il catalogo delle reliquie che portò qui dalle catacombe di Pri-
Uno degli affreschi di Gaspare Dughet raffiguranti scene di vita del profeta Elia 8 uspeciale Novembre 2022
La pianta del Titolo di Equizio. A sx, la cripta
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scilla. Di molti viene riportato il nome, ma per altri corpi santi accade che i loro “nomi sono conosciuti solo da Dio”… e, di fronte, la traduzione della stessa in italiano.
Il soffitto a volta è dotato di decorazioni in stucco a basso rilievo di Paolo Naldini (stemma, corone di fiori e palme del martirio, festoni di fiori, ecc. A Paolo Naldini si deve anche (a sin. della scala) il busto del Priore generale p. Giovanni Antonio Filippini (morto prima che i lavori della basilica terminassero). Nella cripta vi è anche la tomba (a dx., della scala) di un altro Priore generale carmelitano, p. Francesco Scannapieco, successore del p. Filippini pure nella cura della basilica e promotore della nuova facciata barocca della basilica. Dalla cripta si scende, tramite una scala, al Titolo.
IL TITOLO DI EQUIZIO Le prime chiese di Roma furono: · o nuove costruzioni innalzate nei luoghi fuori città, o ai suoi margini, dove i martiri erano stati sepolti; · o il risultato di trasformazioni fatte a sale di case private, abitazioni dove i primi cristiani s’incontravano per la preghiera. Nel secolo II e III si ebbe l’istituzione dei “titoli” o chiese titolari: le singole regioni cittadine vennero dotate di una “domus ecclesiae”, ossia di una casa-chiesa di proprietà della comunità cristiana, in cui i fedeli si riunivano per il culto e per altri scopi pastorali. Il titolo di Equizio e/o di Silvestro era il più antico luogo religioso attestato nella zona; i titoli romani (ne furono contati ben 28 al tempo del Sinodo del 499) sono
all’origine della struttura che diverrà poi la parrocchia. Si dà qui una breve descrizione per una visita al Titolo, che è un grande ambiente: · in laterizio, quasi rettangolare; · è databile intorno al III secolo; · misura 29 m. per 16 m.; · è suddiviso in tre navate da sei pilastri (complessivi 11 vani). Appare come un pittoresco ‘labirinto’ di ambienti d’età antico-romana e paleocristiana. Si accede ad esso dalla cripta sottostante l’altare maggiore della basilica.
Gli ambienti antico-romani
La parte del complesso romano è costituita da una sala rettangolare coperta da sei volte a crociera che poggiano su dieci pilastri addossati ai muri perimetrali e su due pilastri liberi nel mezzo. Muri e pilastri sono costruiti con l’usuale conglomerato romano rivestito di mattoni, in orizzontale, con una muratura tipica del periodo severiano (III sec. d.C.). Gli ambienti romani appaiono come un edificio a carattere commerciale, forse un mercato coperto o una bottega, ricavati da resti delle vicine Terme di Traiano.
Le aggiunte paleocristiane Sala A · ingresso al titolo. Sala B Alle pareti sono murati o appesi frammenti vari: · transenne e altri elementi di presbiterio; · un antico tabernacolo cosmatesco; · una cuspide di una cattedra episcopale; · un affresco che rappresenta S. Agnese (sec. IX).
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Sala C Questa è probabilmente l’ampia sala per l’assemblea liturgica, perché l’ambiente più grande. Troviamo: · l’acquasantiera donata dal cardinale Diomede Carafa alla basilica; · una colonna mozzata ed usata per la raccolta delle elemosine; · il frammento di affresco del sec. IX raffigurante la grande croce gemmata (sulla volta). Nella sala vi è anche l’ingresso alla cavea del secolo III, sterrata nei lavori del 1930.
Sala D Sulla volta, vari resti, anche di grandi proporzioni, di affreschi decorativi pagani (sec. III). Le grottesche fanno ipotizzare che l’ambiente fosse in origine appartenente ad una sala di servizio delle terme. Sala E Larghe tracce della pavimentazione in mosaico di epoca romana (secolo III), in tessere bianche e nere.
© giovanni rinaldi
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Sopra a sx, la sala C. A dx, la sala E. A fianco, la zona absidale di San Martino ai Monti in un’antica incisione
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Nella nicchia a forma di abside, un mosaico molto rovinato del sec. VI che rappresentava “papa Simmaco orante davanti a San Silvestro”. Oggi l’altare, decorato con stucchi barocchi, vuole riprodurre sopra la nicchia il mosaico di metà ‘600, con l’errore però di riportare S. Silvestro che prega Maria, invece della raffigurazione originaria. Sala F · Gruppo di tegole del tempo di Teodorico il Grande (455-526), re degli Ostrogoti di Ravenna e re d’Italia, provenienti dal tetto della basilica. Sala G · Sulla volta, frammento dell’affresco con La Madonna tra le sante martiri Agape e Irene nei vestiti sgargianti che ritroviamo nell’arte bizantina; · nella volta, resti di un cielo stellato affrescato. Sala H Frammenti di affreschi del secolo IX raffiguranti:
sulla volta lato sala G, Cristo tra i santi Pietro, Paolo, Processo e Martiniano; · Madonna con Bambino ed altre sante; · nell’arco trionfale (lato sala A), l’Agnello dell’Apocalisse tra i santi Giovanni Battista (a sin.), Giovanni Evangelista (a dx.) e altri. Le figure impugnano un rotolo e sono corredate da iscrizioni. Sono lì collocati anche due fusti di colonne e un sarcofago pagano. Alle pareti sono affisse: la lapide in memoria del beato Angelo Paoli († 1720), e lapidi sepolcrali di superiori generali carmelitani. ·
In conclusione, il Complesso titolare di San Martino ai Monti (Basilica e Titolo) presenta una concentrazione di tante vicende urbane e cristiane di grande valore storico, artistico e culturale: una storia, ricordiamo, che nei secoli è ruotata attorno al perno iniziale, costituito dal Titolo, eretto da papa San Silvestro “in praedium presbiteri sui, qui cognominabatur Equitius” (“nella proprietà di un suo sacerdote, chiamato Equizio”: Liber Pontificalis, v. I, p. 170).
Ciao, Gianni Settembre 2016. Gianni Ricci, in una sala del Punto Touring di Piazza Santi Apostoli a Roma, illustra ai volontari romani il programma dell’evento “Confraternite Romane, un cammino tra fraternità ed arte”, da lui organizzato, in collaborazione col Vicariato di Roma, che prevedeva l’apertura di Sette Chiese Confraternali romane nell’ambito del Giubileo della Misericordia indetto per il mese di ottobre dello stesso anno.
Pubblicazione a cura della SEGRETERIA ORGANIZZATIVA APERTI PER VOI ROMA: Piazza Santi Apostoli, 62/65 Tel. 06.36005281-3” apertipervoi.roma@volontaritouring.it
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