Club di territorio
notiziario dei Volontari di Roma anno I – numero 3 - ottobre/novembre 2016
Volontari e confratelli romani
insieme per il Giubileo della Misericordia Ottobre/Novembre 2016, notiziario 3 u1
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un’esperienza di successo
L’apertura delle chiese delle Confraternite, nuova esaltante esperienza dei volontari romani
Ane, “ConfrATernITe roM un CAMMIno e” TrA frATernITà e ArT roMA, 7-16 oTToBre
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Un itinerario in occasione del Giubileo della Misericordia
di gianni ricci
delle Confraternite
nell’occasione del Giubileo delle Confraternite romane svoltosi sabato 15 ottobre scorso: questa è stata la sfida tutt’altro che facile da affrontare e superare! Un modo diverso e nuovo di svolgere il nostro servizio, un’azio-
romane
per a cura dei soci Volontari l’iniziativa “Aperti per Voi” ali, in Il Touring Club Italiano, con di collaborare all’apertura di 7 Chiese confratern lieto ite romane. il Patrimonio Culturale, è Misericordia delle Confratern occasione del Giubileo della Culturale dalle 10 alle 18. Volontari per il Patrimonio Accoglienza a cura dei soci
Dieci giorni consecutivi di apertura continuativa di 7 chiese confraternali, tra le più belle e spesso più sconosciute del centro di Roma,
enTrAnCe InGresso lIBero - free
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ne - questa del gruppo di Roma - di apertura del mondo confraternale e delle sue chiese alla Città, di apertura alla conoscenza ed alla visione di volontari, soci, cittadini e ospiti, che forse non ha precedenti nella decennale attività di Aperti per Voi. Alla formazione specifica hanno partecipato ben 188 volontari, i turni programmati sono stati 272, i volontari impegnati nell’iniziativa sono stati 201, le ore donate assommano a circa 1.900, i visitatori accompagnati o assistiti ammontano a circa 2.850 persone. Un risultato ottimo, sia in termini di nostro coinvolgimento nell’iniziativa sia di beneficiari del nostro servizio di accoglienza e orientamento. Un notevole gradimento per
il nostro servizio ci è stato dimostrato da parte dei visitatori, dei volontari stessi, e, soprattutto, da parte del Vicariato di Roma e delle Confraternite, nostri partner nell’iniziativa. Questa nostra prima esperienza di servizio alla Città, pensata e realizzata con le nostre forze e la nostra creatività, è stata importante ed il risultato ci conforta, anche se vi sono aspetti di miglioramento per il futuro! Questa esperienza è sorta dalla collaborazione prolungata e fruttuosa sia con il Vicariato (Ufficio per le Aggregazioni laicali e le Confraternite) sia con le singole Confraternite. Presentarsi ed essere apprezzati come una struttura degna di stima e fiducia, da parte di istituzioni cittadine così importanti, era uno de-
gli obiettivi del nostro duro lavoro. Una conoscenza ed una stima acquisite sul campo che potrà portarci a nuove collaborazioni e sinergie in favore della Città. Una opportunità che ha consentito anche la reciproca conoscenza tra il volontariato Touring e le Confraternite romane, entrambe “esperienze di volontariato” - anche se con fini diversi -, ma con la stessa passione per l’arte, la storia, i luoghi e i valori del patrimonio culturale romano. Il “grazie” più sentito e cordiale a tutti i Volontari che si sono appassionati all’iniziativa e che si sono impegnati (e spesso prodigati) per realizzare questo nostro indimenticabile successo“comune”!
Alcuni momenti delle giornate dedicate alla formazione che si è svolta nello stupendo oratorio della Chiesa Confraternale di Santa Caterina a via Giulia. Qui a dx, il coordinatore del progetto Gianni Ricci mentre presenta l’iniziativa in un incontro con i soci al Punto Touring di Roma Ottobre/Novembre 2016, notiziario 3 u3
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Dieci giorni da ricordare negli scatti dei nostri volontari
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LA SCHIETTA UMANITA’ DI PASCARELLA
In occasione del Giubileo delle Confraternite e del servizio reso dai volontari presso le sette chiese confraternali, abbiamo pensato di proporvi un’opera di un poeta romanesco la cui fama è stata in parte oscurata da quella di due geni che si chiamano Belli e Trilussa, più conosciuti anche nel resto d’ Italia, ma la cui ironia malinconica ha dipinto in versi la vera anima popolare romana del suo tempo. In particolare, questa sua opera che ora vi proponiamo, descrive un episodio di cui sono protagonisti i membri di una confraternita che si occupava della sepoltura dei cadaveri dei poveri o comunque abbandonati alle intemperie e agli animali Di Massimo Romano
“Nell’anno del Signore 1538 alcuni devoti Christiani vedendo che molti poveri, li quali o per la loro povertà overo per la lontananza del luogo dove morivano il più delle volte non erano sepolti in luogo sacro, overo restavano senza sepoltura, e forse cibo di animali, mossi da zelo di carità e pietà instituirono in Roma una Compagnia sotto il titolo della Morte, la quale per particolare instituto facesse questa opera di misericordia tanto pia, e tanto grata alla Divina Maestà di seppellire li poveri morti”. “Statuti della Ven. Arciconfraternita della Morte et Orazione prima approvati e confermati l’anno 1590” 6 unotiziario 3, Ottobre/Novembre 2016
Er Morto de Campagna (1881) I C’erimo io, Peppetto de li Monti, Checco Cacca, Gigetto Canipella. Chi antro c’era? .. L’oste a via Rasella, Stefeno er tornitore a Tor de Conti. E, me pare, er droghiere a li du’ Ponti, Cencio la Quaja, Zio de la Renella, Er Teoligo, Peppe... e la barella. All’una e un quarto stamio tutti pronti. Prima d’usci’, mannassimo Nunziata A giocacce dar Sordo un ambo sciorto: Cinque mortorio e trenta la giornata. Poi sentissimo bene da Gregorio, Er mannataro, dove stava er morto, E uscissimo a le due da l’Oratorio.
Achile Pinelli, La Via Crucis al Colosseo
II Quanno stamo un ber po’ for de le mura, Dice: - Passamo pe’ la scortatora, - Ah, Nino, dico, si nun è sicura, Bada che non uscimo piú de fora.
III - Avete visto gnente un ammazzato? Dice - Vortate giú pe’ ‘ste spallette, Annate a dritta, traversate er prato; Quanno sete arrivati a le Casette,
- Ma, dice, annamo, nun avé’ paura: Ce venni a caccia pe’ la Cannelora. E annamo. Peppe mio, che fregatura! Stassimo pe’ la macchia un frego d’ora.
Domannatelo a l’oste der Curato Che ve l’insegna. - Quanto ce se mette? Dice: Si annate a passo scellerato Ce metterete sempre un par d’orette -
Sotto a le Capannelle de Marino Trovassimo ‘na fila de carretti, Che veniveno a Roma a portà’ er vino;
Ritornassimo addietro viciversa, Fijo de Cristo! co’ le cianche rotte. Quanno stassimo sotto a la Traversa,
E a forza de strillaje li svejassimo, Che dormiveno tutti, poveretti; E lí a lo scuro je lo domannassimo.
Lí, li carretti ce se slontanorno, E noi daje a girà, tutta la notte Finché a la fine ce se fece giorno. Ottobre/Novembre 2016, notiziario 3 u7
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Che giornata, Madonna! Nera, nera, Che pareva dipinta cór carbone, Che proprio nun te fo esagerazione, Era matina e ce pareva sera. Se mettessimo sotto a ‘na macèra Morti de fame pe’ magnà’ un boccone. Venne un’acqua! Ce prese ‘no sgrullone Che nun vedemio piú celo né tera. Spiobbe. Se rimettessimo in cammino; Ma indovinece un po’? Riannamo a sbatte’ Sotto a le Capannelle de Marino.
Bartolomeo Pinelli, incisione, Penitenti detti “Sacconi” della Confraternita della Morte
Ma basta, er fatto sta, tanto cercassimo Immezzo a li canneti, pe’ le fratte, Pe’ li fossi, che arfine lo trovassimo. V Stava infrociato là a panza per aria, Vicino a un fosso, accanto a ‘na grottaccia, Impatassato drento a la mollaccia... C’era ‘na puzza ch’appestava l’aria. Le cornacchie e li farchi da per aria Veniveno a beccàjese la faccia, E der pezzo de sopra de le braccia C’era rimasto l’osso. Che barbaria! E ne l’arzallo pe’ portallo via, Je trovassimo sotto un istrumento Lungo cusí, che mo sta in Pulizia. Poi don Ignazio disse le preghiere; E tornassimo co’ le torcie a vento, Pe’ la macchia, cantanno er Miserere. La chiesa di Santa Maria dell’Orazione e Morte in via Giulia
la biografia Cesare Pascarella nasce a Roma il 28 aprile 1858. Adolescente irrequieto, nel 1870 fugge dal seminario di Frascati e si mette a studiare belle arti, diventando pittore e disegnatore. Si procura presto una discreta notorietà disegnando animali e si definisce “il pittore d’asini”. Dal 1881 frequenta l’ambiente giornalistico romano e i circoli letterari vicini all’editore Sommaruga. Sul periodico “Capitan Fracassa” pubblica i primi sonetti. Con Scarfoglio e D’Annunzio compie un viaggio in Sardegna e poi con Gandolin visita più volte la Spagna. Maggiore fama gli viene dalla pubblicazione nel 1882 di “Er morto de campagna” e poi, l’anno successivo, de “La serenata a Roma” sul giornale “Il Fanfulla”. Nel 1885 si reca in India su un piroscafo della compagnia Rubattino. Di questo viaggio e dei successivi - nel 1895 Roma-Venezia a piedi, Argentina e Uruguay nel 1899, Abissinia nel 1902 – tiene dei taccuini di note accompagnati da disegni, pubblicati poi a cura dell’Accademia dei Lincei (Milano, Mondadori, 1961). Nel 1866 pubblica i venticinque sonetti di “Villa Gloria” dove narra la sfortunata impresa dei fratelli Cairoli e, nel 1890 i cinquanta sonetti de “La scoperta de l’America”. La sua opera maggiore, purtroppo incompleta (di trecentocinquanta sonetti previsti, ne rimangono duecentosessantasette) è il poema in sonetti “Storia nostra” che racconta la storia di Roma dalla fondazione al Risorgimento. Nel 1910 pubblica “Le memorie di uno smemorato” . Negli anni successivi compie una serie di viaggi in Francia e Inghilterra e, nel 1930 una crociera in Oriente. Nello stesso anno è nominato Accademico d’Italia. Afflitto negli ultimi anni da sordità in continua crescita, muore a Roma l’8 marzo del 1940.
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A San Carlo al Corso
i Norvegesi commemorano Sant’Olav I Volontari del Touring Club di Roma testimoni di una giornata particolare
di massimo marzano
16 ottobre 2016. è domenica pomeriggio. è l’ultimo giorno della lodevole e significativa iniziativa di collaborazione tra il Vicariato di Roma ed i Volontari del Touring Club per il
Patrimonio Culturale per il Giubileo delle Confraternite Romane, che ha permesso ai loro confratelli e ai visitatori di avere un supporto informativo e di poter visitare 14 Chiese romane, sedi di altrettante Confraternite. Nello slargo presso il sagrato e sotto le possenti colonne corinzie della Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso gira e si agita un mondo variegato e multiforme, che genera una certa apprensione da parte dei sacerdoti, che ogni tanto vanno a vedere e a controllare se tutto va per il meglio per le vecchie e consunte pietre dei gradini del sagrato. è un mondo rumoroso e festante di persone, ma, superata la porta d’entrata della Basilica, si entra in un’altra dimensione, sacra e raccolta, dove però risplende e ti rapisce la maestosità del grande Barocco con lo slancio della navata, voluta da Martino Longhi, con l’elegante cupola di Pietro da Cortona, gli innumerevoli e splendidi stucchi dei fratelli Fancelli, gli affreschi di Giacinto Brandi, i quadri di artisti del tardo Seicento romano, la grande e maestosa pala d’altare di Carlo Maratta e statue a destra e a sinistra, molte di Francesco Cavallini, che ti guardano, ti giudicano e ti seguono, mentre cammini e guardi estasiato. Alla fine il prezioso reliquario con il uu
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cuore di San Carlo completa l’alone di fede e di sacralità, che si respira nella Basilica. A poco a poco la Basilica si riempie; delle signore lasciano sui banchi il libretto della messa e dei canti, dei valenti musicisti provano le musiche, persone distinte e sicuramente molto motivate iniziano a sistemarsi nelle panche. Sono norvegesi. Oggi, giorno in cui fu battezzato, come ogni anno, si celebra la tradizionale solenne messa cantata in San Carlo, dove si trova la cappella nazionale norvegese, consacrata a Sant Olav, patrono della Norvegia con la pala d’altare, che lo raffigura, opera di Pius Welosnski, che fu donata da Papa Leone XIII. I Norvegesi che vivono a Roma, si stanno riunendo nella Basilica per ricordare e commemorare Sant’Olav ovvero Olav II Haraldsson, detto anche “il Coraggioso”, vissuto tra la fine del X sec. e gli inizi dell’XI sec., re della sua gente, che diffuse nel suo regno la fede cristiana da lui conosciuta in Inghilterra, debellando con scrupolo l’idolatria, ma morì, infine, trafitto con la spada durante un assalto dei suoi nemici. A seguito dei miracoli avvenuti sulla sua tomba, iniziò già dalla metà dell’XI sec. la sua venerazione come martire. Il cristianesimo
In questa pagina alcuni momenti della commemorazione. Qui sopra la pala d’altare dedicata al re norvegese Olav. Nella pagina precedente, la facciata di San Carlo al Corso 10 unotiziario 3, Ottobre/Novembre 2016
norvegese trovò nella sua figura e nel culto delle sue reliquie un punto fermo e centrale, mentre la monarchia nazionale che alimentò tale culto, ne guadagnò più prestigio a causa del suo più illustre rappresentante. Molte chiese furono costruite e dedicate al suo nome, non solo in Norvegia, ma anche in Inghilterra e nei Paesi del Nord. La Riforma Protestante nei Paesi del Nord cercò di cancellare ogni culto e la stessa memoria del santo, ma da qualche decennio la festa di s. Olav (29 luglio) è stata ripristinata in Norvegia, come giorno di festa nazionale. È evidente l’importanza storica di Olav per la Norvegia, egli non soltanto è considerato l’organizzatore della Chiesa nel Paese, l’apostolo del cristianesimo affermatosi sul mondo pagano di allora, ma anche come il primo legislatore e nello stesso tempo fondatore del regno norvegese, vincendo lo strapotere degli “jarls”, i grandi clan, costringendoli all’obbedienza, nell’ambito di un progetto di unità nazionale. Infatti la solenne messa cantata è stata officiata da sacerdoti cattolici e luterani. Una donna, con i paramenti sacerdotali, sicuramente un ministro luterano, ha tenuto la predica, è sfilata durante la processione ed ha officiato con gli altri sacerdoti, attirando la curiosità e destando la meraviglia dei cattolici italiani, che si trovavano nella Basilica. Tutto è curato e preparato nei minimi particolari con un’orchestra, Ensemble Energico, diretta dal Maestro Tore Erik Mohn, cantor nel Duomo di Fredrikstad, formata da professionisti di ottimo livello. Una celebrazione attraente ed apprezzata da tutti, una sensazione di gioia e di felicità, gesti amichevoli e scambi di auguri e di saluti, sicuramente una giornata molto, ma molto più piacevole di quella che riguardò Roma, il 16 ottobre del 1943, la razzia del Ghetto di Roma, che non possiamo assolutamente non ricordare in questo giorno di festa.
misteriromani
Cum solo sophorum lapis non sale et datur sole sile lupis. Accontentati del solo sale (cioè del sapere) e del sole (cioè della ragione)
la porta magica di piazza
di Alessia De Fabiani
Roma è una città immensa, in grado di sorprenderti in ogni momento perchè ogni angolo, ogni vicolo, ogni porta nasconde un segreto ed una storia lunga millenni. Questa che sto per raccontarvi è diversa dal solito poichè tratta di esperimenti alchemici, di trasformazioni e misteri ancora non svelati...
Tutto inizia con una visita alla China Town romana (zona Esquilino), precisamente a Piazza Vittorio Emanuele II sempre pullulante di persone di tutte le etnie, di profumi di spezie, di venditori ambulanti e bambini che giocano a pallone. In questa piazza vi sono i giardini, un capolavoro di architettura paesaggistica dell’architetto Gaetano Koch: ricchi di alti platani, cedri del Libano, magnolie e palme provenienti direttamente da Bordighera, dono della regina Margherita. Domina sulla flora il Trofeo di Mario, in realtà i resti del Ninfeo di Alessandro Severo, mentre nascosto è il protagonista della nostra storia. Molti si
aspetteranno una statua, una domus, un mosaico ed invece si tratta di una porta murata, nota come la Porta Magica, che un tempo introduceva ad un’antica residenza di campagna di cui non è rimasto più nulla. La particolarità sta nella decorazione della soglia in pietra, costituita da diverse frasi tra cui “Si sedes non is” (se siedi non procedi), un palindromo improprio perchè leggibile anche al contrario (“ si non sedes is” se non siedi procedi) ed alcuni simboli e motti legati ad antiche attività filosofiche. Per comprenderne il significato occorre fare un passo indietro nel tempo, al 1653 quando il marchese Massimiliano di Palombara fece edificare qui la sua residenza di campagna. Costui frequentava la cerchia di studiosi che contornava Cristina di Svezia, regina senza trono, in villeggiatura a Roma dal 1655 al 1689, situata a Villa RiOttobre/Novembre 2016, notiziario 3 u11
vittorio ario (attuale palazzo Corsini). Cristina, appassionata di scienze ed istruita da Cartesio, accoglieva esperti di filosofia, ma soprattutto di alchimia e di trasmutazioni (trasformazioni del metallo in oro). La leggenda vuole che Giasone un misterioso pellegrino, uno dei tanti frequentatori del suo cenacolo, abbia trascorso una notte ospite nella villa del marchese di Palombara alla ricerca di un’erba in grado di produrre oro; probabilmente riuscì nell’intento perchè il mattino seguente fu visto sparire passando attraverso la porta magica e lasciando dietro di sé foglie d’oro ed un manoscritto con segni illeggibili. Il proprietario, deluso, decise di incidere sulla porta la formula ed i simboli, nella speranza che qualcuno riuscisse a trovarne la chiave di volta. A distanza di secoli e secoli ancora nessuno ne ha capito il senso, alcuni in passato hanno pensato che questi siano la chiave di lettura per svelare il mistero della pietra filosofale. Chissà se qualcuno di voi riuscirà a trovare la soluzione...
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Quando le ore erano solo sei
L’orologio ai tempi dei Papi di SANDRO MIRAGLIOTTA
Chiunque di voi sia stato in visita o abbia avuto il piacere di illustrare ai visitatori, in ve-
ste di accompagnatore, il Palazzo del Quirinale, sa che dal Cortile d’Onore si ammira il cosiddetto “Orologio alla Romana”, che fu posizionato sul Torrino nel 1626 e che si staglia subito sopra il mosaico di G.Conti che ritrae la famosa Madonna con il Bambino di Carlo Maratta. La particolarità di questo orologio è che nel suo quadrante vengono indicate solo sei ore anziché le convenzionali dodici: nell’arco delle ventiquattro ore
la lancetta deve pertanto compiere quattro giri completi - invece dei canonici due - per misurare l’intero arco della giornata. Il predetto orologio fu più volte modificato, tanto che l’ attuale risale agli inizi del ‘900. Lasciamo ora mentalmente il Quirinale per capire invece perché veniva chiamato “Orologio alla Romana”: la sua definizione deriva dal fatto, come si può intuire, che l’orologio ebbe grande diffusione inizialmente sopratutto nello Stato Pontificio. Da qui, poi, fu adottato in quasi tutto il Lazio, buona parte della Campania e del Centro Italia. Il fatto che si basasse sulle “ORE ITALIANE” ne favorì la diffusione anche nel resto d’Italia. 12 unotiziario 3, Ottobre/Novembre 2016
Perché un quadrante a sei ore? Come si legge? Gli orologi per torri e campanili nascono probabilmente prima del medioevo e rigorosamente con la sola lancetta delle ore. Inizialmente hanno quadranti a 24 ore ma la difficoltà di lettura, specie delle frazioni di ore, porta alla semplificazione dei quadranti, passando prima a quelli a 12 ore e poi a quelli a sei ore La lettura di un quadrante a sei ore è semplice e va mediata con l’osservazione del momento della giornata. Per individuare l’ora esatta è necessario aggiungere - o non aggiungere - all’ora segnata sul quadrante un numero di sei ore. Spieghiamo con un
L’orologio sul Torrino del Quirinale a Roma
ma del tramonto e finiva mezz’ora dopo il tramonto. Contestualmente iniziava il giorno successivo. Con il sistema orario adottato invece al di là delle Alpi chiamato ORA OLTREMONTANA, la fine del giorno era invece fissata alla mezzanotte. La scelta di fare iniziare la giornata con il tramonto del sole, può sembrare una scelta curiosa, perché le attività umane iniziano generalmente con l’alba, ma è facile convincersi che si trattava della scelta più utile per la semplificazione della lettura delle ore.
esempio: se la lancetta dell’orologio segna le 2 possiamo trovarci in una di queste 4 situazioni: sono le 2 di notte, sono le 8 di mattina (2+6), sono le 2 di pomeriggio o sono le 8 di sera (2 +6). Osservando il sole o le condizioni di luce è impossibile sbagliare l’individuazione dell’ora giusta.
Un po’ di storia L’introduzione del quadrante a sei ore, all’incirca alla metà del 1600, coincide con l’adozione in Italia di un sistema di misurazione delle ore del tutto singolare ed usato solo nel nostro Paese: l’ORA ITALICA. Con questo sistema orario la fine del giorno (e l’inizio del successivo) era fissata non alla mezzanotte ma alla mezz’ora dopo il tramonto, per cui la 24-esima ora iniziava mezz’ora pri-
Molti si staranno chiedendo quali siano le sue origini. Per fare questo occorre fare un breve viaggio nel tempo, portarsi indietro fino agli inizi del 1600 e immedesimarsi nella vita di allora. Proverò a raccontarla, introducendovi in un mondo che ormai non esiste più e che era fatto di contadini, di notti buie e di cicli naturali che regolavano le esistenze. Immaginiamo, quindi, di vivere in un’epoca dove l’unica luce disponibile, almeno all’esterno, era quella del sole. A chi lavorava nei campi o ad un viandante, per esempio, avrebbe sicuramente fatto comodo sapere quanto tempo mancava prima del sopraggiungere dell’oscurità; allo stesso modo poteva essere utile anche a tutti gli artigiani che non potevano lavorare a lume di candela, ai soldati che prima di notte si dovevano trovare al quartiere, nonché ai religiosi che dovevano rientrare in convento prima di notte. Serviva quindi una misurazione del tempo che fosse vicina alle esigenze ed alla comprensione della gente comune, lontana dalle misurazioni basate sui calcoli astronomici, che avrebbero preso piede dopo la Rivoluzione Francese. Inoltre, a quel tempo mancavano, o erano rarissimi, gli orologi meccanici pubblici. Nei Paesi più arretrati, come lo Stato Pontificio di cui stiamo parlando, erano ancora visibili sulle mura esterne e nei cortili dei Ottobre/Novembre 2016, notiziario 3 u13
palazzi signorili le antiche e tradizionali meridiane, con un’assicella che proiettava l’ombra su una scala graduata a seconda delle stagioni. A tutto ciò aggiungete che un orologio a sei ore è più facile da costruire e da manutenere: infatti è possibile utilizzare una sola lancetta per misurare il tempo, è sufficiente un minor numero di rintocchi per annunciarlo e quindi il meccanismo è molto più semplice. La singolarità di questo sistema sta nel fatto che sia l’inizio che la fine della giornata è variabile nell’arco dell’anno poiché legata al tramonto del sole: la giornata a dicembre finiva intorno alle 5 di pomeriggio, a giugno finiva alle 8 di sera e questo implicava che un tecnico, ogni settimana, doveva regolare l’orologio in modo che lo scoccare della 24-esima ora coincidesse con il tramonto. Un altro valido motivo per l’introduzione di questo sistema è che esso era legato alla tradizione Benedettina ed all’obbligo morale dei fedeli di recitare la preghiera di San Benedetto stabilita proprio mezz’ora dopo il tramonto. Attraverso le campane dell’orologio, i contadini al lavoro nei campi venivano avvisati del’approssimarsi della fine della giornata e quindi richiamati alla preghiera di San Benedetto.
La semplificazione dell’ora Italica Per un orologio con un quadrante a sei ore, dove la lancetta fa quattro giri ogni giorno, sono quindi necessari solo 1+2+3+4+5+6 rintocchi ogni giro. Per quattro giri fa 84 rintocchi in tutto, contro i 300 necessari per un orologio con quadrante a 24 ore. Era quindi evidente la semplificazione complessiva del meccanismo. Per venire incontro alle persone che lavoravano nei campi e che potevano essere distratte nel momento dei rintocchi, questi orologi li ripetevano in successione per due volte (la cosiddetta “ribotta”). uu
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Sopra, gli orologi del Palazzo Ducale di Venezia e del Palazzo Papale a Castelgandolfo. A destra, quello della Basilica della Santa Casa di Loreto
uu La
decadenza
Questa semplificazione e la vicinanza ai bisogni della popolazione non risparmiò l’Orologio Romano dalla decadenza e dal completo abbandono. Le truppe Napoleoniche, durante l’occupazione dell’Italia, imposero l’adozione degli orologi con le ore Francesi, quelli che adoperiamo attualmente, dove il giorno iniziava alla mezzanotte. Dopo la cacciata dei Francesi, per un certo periodo, l’Ora Italiana fu ristabilita nello Stato Pontificio, ma fu definitivamente abbandonata nel 1846 sotto Pio IX a favore di quella adottata ormai in tutta Europa. Questa decisione fu inevitabile perché gli orologi moderni si basano su una misurazione del tempo astronomico e sono quindi indipendenti dalle stagioni.
I sonetti del Belli ed altre curiosità Quando Pio IX adottò definitivamente il nuovo sistema, facendo scomparire i quadranti “alla romana”. Il Belli, tradizionalista più per costume e colore che per vero convincimento, se ne lamenta e crea al riguardo uno dei suoi sonetti più gustosi, che riportiamo nella sua parte finale: “E intanto er santo padre ha la corata / d’arimette l’orloggio a la francese. / Un
papa! ammalapena ar quarto mese / der papatico suo ! Brutta fumata! / Disse bene er decan de Lambruschini / ar decan de Mattei: “Semo fottuti: / qua torneno a regna’ li giacubbini!” / Sto sor Pio come voi ch’Iddio l’aiuti / quanno ce vie’ a imbroja’ pe li su’ fini / sino l’ore, li quarti e li minuti?”. Ed e’ lo stesso poeta che a margine al sonetto spiega come: “Il pubblico orologio del palazzo pontificio del Quirinale, pari ad altri orologi di Roma, ebbe fin’ora il quadrante diviso in sole sei ore, le quali, mandandosi esso orologio alla romana, facean perciò in un di’ quattro uffici, cioè di ore 6, di 12, di 18 e di 24. La campana battea peraltro di 12 in 12. Da questi elementi nasceano di tali bizzarre combinazioni, che uno svizzero della guardia ebbe un giorno ad esclamare: “Oh, Griste sante! Segnar quattre, sonar tiece, e star fentitue!” (Cristo santo! Segna le quattro, suona le dieci e sono le ventidue!). Ma è anche da questo Orologio alla Romana che nascono moltissimi detti del nostro Paese. “Suona l’Ave Maria” oppure “Suona la ventiquattresima ora” poiché questa non cade al tramonto, ma dopo circa mezz’ora ovvero quando termina il crepuscolo e inizia appunto l’ora dell’Ave Maria, annunciata dalle campane che segnavano con i loro rintocchi la fine della 14 unotiziario 3, Ottobre/Novembre 2016
giornata di lavoro e richiamavano i fedeli alla preghiera della sera. Altro detto popolare è “Portare il cappello alle ventitré” ovvero inclinato sulla fronte in maniera tale da potersi riparare con la visiera gli occhi dal sole basso cioè quello che è prossimo al tramonto. Di questi antichi orologi meccanici - che sono una particolarità tutta italiana (non ne esistono altri nel mondo) se ne contano 70. Molti di essi (10) si trovano naturalmente a Roma, avendo segnato la storia dello Stato Pontificio; tuttavia se ne trova uno anche a Venezia nel Palazzo Ducale (ed è quello più a nord in Italia) ed uno a Vibo Valentia (quello più a sud). Tutti hanno lasciato indubbiamente la loro traccia nei secoli scorsi. La maggior parte di essi necessita di manutenzione. Pur costituendo una rarità nel loro genere, al giorno d’oggi essi non sembrano attirare l’attenzione della maggior parte delle persone che li incontrano - prese come sono dalla vita frenetica del mondo moderno. Potrebbe perciò essere questa una utile occasione, qualora io sia riuscito a destare in voi un minimo di curiosità, per iniziare un percorso storico-culturale dedicato ai dieci orologi che si trovano a Roma. Buona passeggiata.
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SONO RIPRESE LE “PASSEGGIATE CON UN AMICO” Domenica 2 ottobre abbiamo ripreso le nostre passeggiate con un nuovo Itinerario nel Rione Trastevere attraverso i suoi vicoli e le sue piazze, accompagnati dal nostro socio volontario Giorgio Levantesi. è stato un piacevole percorso nonostante le due scalinate con le quali abbiamo raggiunto la Chiesa di S. Pietro in Montorio, lo splendido Tempietto del Bramante ed ammirato il panorama di Roma. Grazie ai nostri soci per la loro partecipazione.
Ultima passeggiata nei “Luoghi dei pellegrini” nel Rione Parione Nonostante il cattivo tempo domenica scorsa, 6 novembre, ci siamo ritrovati in tanti per l’ultima delle “Passeggiata nei luoghi dei Pellegrini” organizzate dai Volontari del Touring Club italiano per il “Giubileo della Misericordia”. Abbiamo iniziato il nostro itinerario da via dei Baullari, quindi passando per piazza Campo de’ Fiori, via dei Cappellari e via del Pellegrino, abbiamo raggiunto piazza della Chiesa Nuova per poi proseguire lungo via del Governo Vecchio fino piazza Navona. Ringraziamo i nostri Volontari: Simonetta Mariani, Massimo Pratelli ed Elisa Bucci che ci hanno accompagnato, illustrandoci gli interventi urbanistici realizzati negli anni dei Giubilei e raccontandoci le tante storie legate a vie, piazze, palazzi del Rione Parione incontrati nel nostro percorso, Maurizio Petrelli per l’organizzazione della passeggiata e... per le belle foto. Un particolare grazie e un arrivederci a tutti i soci che hanno partecipato così numerosi.
In alto a sx: i volontari a piazza S. Maria in Trastevere; a dx, Porta Settimiana vista da via della Scala (oltre la porta si intravede via della Lungara). Qui sopra a sx, la facciata di San Pietro in Montorio; a dx, il campanile della chiesa e la cupola del Tempietto del Bramante
Sopra, i volontari a piazza Campo de’ Fiori. A sx, a piazza della Chiesa Nuova
In Redazione: Alessia De Fabiani e Massimo Romano Grafica e impaginazione: Gianluca Rivolta Hanno collaborato a questo numero: Gianni Ricci, Massimo Romano, Massimo Marzano, Alessia De Fabiani, Sandro Miragliotta SEGRETERIA ORGANIZZATIVA APERTI PER VOI ROMA: Via Spallanzani, 1 - Villa Torlonia - Roma Apertura: dal martedì al venerdì, dalle 9,30 alle 12,30 Tel.: 06 45548000 apertipervoi.roma@volontaritouring.it Ottobre/Novembre 2016, notiziario 3 u15