Club di territorio
notiziario dei Volontari di Roma anno III – numero 4 - luglio/settembre 2018
L’Appia Antica dal III al V miglio
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MAUSOLEO DI CECILIA METELLA
CAPO DI BOVE
Tomba dei figli di
Sepolcro di Ilario Fusco
Sesto Pompeo
Sepolcro di Claudio Secondino
Bassorilievo maschile cKm. 1.00 Mausoleo di S. Urbano, acquistato dal MIBACT nel 2018 ex propr. dei Lugari
Monumento circolare cKm. 1.20
Tomba dei figli di Sesto Pompeo Monumento funerario Dorico cKm. 1.50 Sepolcro di Ilario Fusco
Sepolcro di Claudio Secondino
Tempietto funerario con colombari cKm. 1.80
Tomba dei Rabiri Tomba dei Rabiri cKm. 1.90 Sepolcro del Frontespizio e dei Festoni cKm. 2.05
SANTA MARIA NOVA Km. 2.7 50min/1 h
Mausoleo piramidale Sepolcro del Front espizio
Tomba Dorica
Tumulo degli Orazi e Curiazi
e dei Festoni
Luglio/Settembre 2018, notiziario 4 u1
VILLA DEI QUINTILI
regina viarum
Sì, siamo ancora a parlare di Appia Antica, rassegnatevi, ormai l’abbiamo adottata o, forse, è lei che ha adottato noi?
l’appia antica
dal III al V miglio Dal Mausoleo di Cecilia Metella al complesso di Santa Maria Nova/Villa dei Quintili di Massimo Marzano
Se in un giorno dell’anno vi dovesse venir voglia di percepire il tempo che passa e di volervi immergere in un silenzio, che possa permettervi di riflettere e di pensare e di fare “quattro conti” sulla vostra vita, non avete che da fare una
passeggiata sull’Appia Antica dal III al V miglio. Spingetevi “oltre il III miglio”, dove solitamente si arriva, tra cipressi che svettano, querce che 2 unotiziario 4, Luglio/Settembre 2018
si espandono, cespugli che si attorcigliano sempre di più su se stessi, piante grasse corpose e gigantesche, che vi si parano davanti, mentre camminate su quella lunga striscia nera, irregolare, tortuosa, continua, che prosegue avanti e si perde all’orizzonte, l’Appia Antica. Camminiamo, camminiamo ed andiamo avanti, contenti, fiduciosi...andiamo a vedere l’ultimo gioiello che è stato appena restaurato e reso accessibile al pubblico, grazie ad un intervento notevole e complesso effettuato da
Il pavimento delle terme con mosaici raffiguranti giochi circensi e gladiatori. In apertura, il Casale di Santa Maria Nova, con l’impianto termale
valenti studiosi e tecnici, coordinati da Rita Paris, Direttrice del Parco Archeologico dell’Appia Antica. Prima di arrivare ad un punto di enorme valenza storica e religiosa, il tumulo degli Orazi e Curiazi, si gira a sinistra e dopo pochi metri si entra nel Complesso di Santa Maria Nova. Ci si trova davanti ad un casale, che si alza su tre piani, costruito nei secoli, circa dal 123 d. Cr. fino ad oggi. Il Casale di Santa Maria Nova è un palinsesto di storia. Su bolli laterizi, impressi su mattoni da costruzione del fabbricato principale, edificato riutilizzando le murature di un im-
Santa Maria Nova Indirizzo: Via Appia Antica, 251 Zona: Quartiere Appio Pignatelli (Roma sud) da questo indirizzo è possibile accedere anche a Villa dei Quintili, alla quale si può accedere anche da Roma Via Appia Nuova 1092
ponente edificio di epoca romana, forse un castellum di acqua a due piani, sono menzionati i consoli del 123 d.Cr., Petino e Aproniano. Gli impianti termali con mosaici che raffigurano giochi gladiatori e circensi, scoperti vicino al Casale, fanno pensare ad un uso militare degli edifici, da riferire ai reparti militari speciali, incaricati della difesa della Villa dei Quintili, divenuta proprietà imperiale di Commodo dopo il 182 d.Cr., quando l’imperatore condanna a morte i fratelli Quintili, Sesto Quintiliano Condiano e Sesto Quintiliano Valeriano Massimo, e confisca tutti i loro beni. Nel corso del
Metro: linea A fermata Colli Albani Bus: n. 118 / 664 CONTATTI Telefono: +39 06 39967700 (lunedì-venerdì 9-17/ sabato 9-14) Sito web: www.coopculture.it ORARIO Visitabile con gli orari e le modalità di accesso a Villa dei Quintili:
Medioevo nascono e si diffondono nella campagna romana i casali, che sono il frutto di forti investimenti speculativi delle nuove elites laiche ed ecclesiastiche nella proprietà fondiaria. I casali sono il nucleo centrale di vere e proprie aziende agrarie legate ad estesi latifondi (tenimenta), dove lavorano contadini subordinati salariati. La torre ed il recinto (redimen o claustrum) sono elementi caratteristici di questi insediamenti ed hanno il compito di garantire sicurezza e protezione contro furti e razzie. Alla torre, inoltre, come avviene nella città, è affidato anche un ruolo simbolico di manifestazione
09.00 - 16.30 dal 2 gennaio al 15 febbraio 09.00 - 17.00 dal 16 febbraio al 15 marzo 09.00 - 17.30 dal 16 marzo al penultimo sabato di marzo 09.00 - 19.15 dall’ultima domenica di marzo al 31 agosto 09.00 - 19.00 dal 1 settembre al 30 settembre 09.00 - 18.30 dal 1 ottobre al 24 di ottobre
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09.00 - 16.30 dal 25 ottobre al 31 dicembre La biglietteria chiude un’ora prima - Chiuso: lunedì, 1 gennaio, 25 dicembre INFORMAZIONI Biglietto combinato (durata 2 giorni) Mausoleo Cecilia Metella + Villa dei Quintili/Santa Maria Nova Intero e5,00 - Ridotto e2,50 Gratuito: prima domenica mese
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regina viarum
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del potere ed affermazione sociale. Tra l’VIII ed il IX sec. le Chiese e le Comunità monastiche, residenti in città, avviano un processo sistematico di formazione di grandi latifondi. La Chiesa di Santa Maria Nova, attualmente Chiesa di S. Francesca Romana sul Palatino, verso la fine del XI sec. inizia a formare il proprio patrimonio tra la via Appia e la via Latina. Nel 1291 possiede una porzione del casale detto dello Statuario, situato al V miglio della via Appia. Nel 1352 i beni della Chiesa diventano di proprietà dell’ordine monastico comunemente detto degli
Olivetani. I monaci del Monastero di Santa Maria Nova, attraverso acquisti, permute e donazioni dalla fine del XIV sec., ampliano la tenuta del Casale Statuario, formando un importante patrimonio fondiario. Nel 1660 il Casale raggiunge un’estensione pari a 229 ettari, che rimane invariata fino a quando la Giunta liquidatrice dell’Asse Ecclesiastico di Roma, nel 1873, bandisce la vendita per asta pubblica. Isidoro Marfori, affittuario della tenuta dal 1854, si aggiudica l’asta. Nel 1909 la tenuta è concessa in enfiteusi perpetua al Conte Niccolò Marcello. Nel 1969
quattro ettari della grande tenuta, con l’edificio principale e le strutture antiche e moderne ad esso collegate, sono acquistati dal produttore cinematografico americano Evan Ewam Kimble. Nel 2006, con trattativa privata, la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma acquisisce il bene e lo include nelle proprietà dello Stato, realizzando il progetto di unificazione con la contigua Villa dei Quintili, di cui in antichità era parte. Dopo aver visitato la torre e il vicino impianto termale, lo sguardo si allarga su 28 ettari, segnato in lontananza dai ruderi della Villa dei VIA APPIA ANTICA 251
SANTA MARIA NOVA
Stemma dei monaci Olivetani reimpiegato nella scala del casale
Catasto Alessandrino, 1660
Cessato Catasto Rustico, Mappa V, tav. XV, 1870
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Quintili ed, invece, vicino, dalla cisterna Piranesi, il Ninfeo, il Mausoleo piramidale. Ci si sperde in questo spazio così esteso che va dall’Appia Antica all’Appia Nuova, ma si è soddisfatti pensando che lo Stato ha acquisito e reso fruibile a tutti i cittadini un altro pezzo del mondo antico. Circa al IV miglio è stato acquistato da poco anche il Mausoleo di S. Urbano, che tra alcuni anni potrà essere visitabile. Così si amplierà ancora di più il Parco dell’Appia Antica. Si potrà attraversarlo e visitarlo a piedi, in bicicletta, a cavallo, ma, come dice la Direttrice Rita Paris, l’Ammini-
strazione dovrà trovare un modo per poter raggiungere con i mezzi pubblici questo enorme ed affascinante patrimonio storico/artistico. BIBLIOGRAFIA
- www.parcoarcheologicoappiaantica.it/wpcontent/uploads/2014/07/SANTA-MARIANOVA-_CARTELLA-STAMPA.pdf - Pannelli espositivi all’interno del sito di Santa Maria Nova - www.youtube.com/watch?v=RHnMFtfcVVs (La Direttrice Paris parla di Santa Maria Nova) - www.arte.rai.it/articoli/nuovi-tesori-restaurati-sullappia-antica/25345/default.aspx - www.studiomcm.it/ita/mos_s_m_nova.html (Studio MCM, “Il Casale di Santa Maria Nova. Il linguaggio dei muri). - archeotrip.altervista.org/passeggiata-sullappia-antica-in-due-parti-per-non-perdersi-nulla/
COMPLESSO DI SANTA MARIA NOVA E DELLA VILLA DEI QUINTILI CON I DUE ACCESSI PER I VISITATORI
STUDIO MCM, il casale di Santa Maria Nova, il linguaggio dei muri (www.studiomcm.it/ita/mos_s_m_nova.html)
XIX – XX sec. In epoca contemporanea l’edificio assume connotati residenziali con restauri dall’Ottocento a oggi. XV – XVI sec. In epoca moderna il casale prende le forme attuali ed è l’edificio principale di un esteso fondo agricolo. VILLA DEI QUINTILI
XIII – XIV sec. Nel medioevo si sopraelevano la torre e l’edificio Romano e nasce il casale. VI – IX sec. Tra la tarda antichità e il Medioevo sui muri romani viene edificata una torre difensiva.
VIA APPIA NUOVA 1092
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Prima metà II sec. d.C. Il progetto iniziale di epoca romana prevede la costruzione di una cisterna fuori terra, forse mai entrata in servizio.
aquaeurbis
Ricostruzione ipotetica della naumachia di Domiziano, Lauro G., 1616. Pagina accanto, esempio di naumachia da un dipinto di Ulpiano Checa, 1894
Di Simonetta Mariani
Le passeggiate realizzate dal Club di Territorio nell’ambito del Progetto “Roma, Regina Aquarum” ci hanno fatto riscoprire luoghi, eventi e personaggi della nostra città. Nella passeggiata che abbiamo organizzato nel Rione Trastevere il 15 aprile scorso abbiamo avuto l’occasione di ricordare la presenza in questa zona degli “Orti di Cesare” e, proprio nell’attuale Piazza S. Cosimato, abbiamo ricostruito la storia di quei grandi spettacoli navali voluti da Caio Giulio Cesare prima e da Ottaviano Augusto poi. “Morituri te salutant”, con questo commiato, come ci racconta Sveto-
Le Naumachie di Cesare e di Augusto
Approfondiamo un argomento accennato durante una passeggiata del Club di Territorio nio in “De vita Caesarum” i naumachiarii (combattenti nella naumachia) salutano Cesare prima della battaglia. Questa famosa espressione, di cui, erroneamente, la tradizione si è appropriata per farne una 6 unotiziario 4, Luglio/Settembre 2018
frase rituale dei gladiatori, in realtà viene attestata solo in questa occasione. La prima naumachia celebrativa di cui si ha notizia è quella organizzata da Giulio Cesare nel 46 a.C. per fe-
steggiare il suo quadruplice trionfo rispettivamente in Gallia, in Egitto, nel Ponto e in Africa. Egli fece costruire un ampio bacino vicino al Tevere, scavato in more cochieae, cioè a spirale, con una profondità di 11/12 m. in modo da consentire all’acqua di filtrare dal terreno per permettere alle navi, vere biremi e triremi, di tenersi a galla (1). Per l’occasione erano stati assoldati 6000 prigionieri di cui 2000 combattenti e 4000 rematori. La folla accorsa numerosa era talmente tanta che, come racconta Svetonio, provocò nella ressa la morte di più persone. La folla si esaltò alla vista delle navi e delle varie fasi del combattimento proprio perché era uno spettacolo che riproduceva nei particolari la battaglia che realmente si era svolta tra una flotta siriana ed una flotta egiziana. Poi il bacino non fu più utilizzato e nel 43 a.C. fu colmato e spianato. Dove veramente fosse stato scavato questo bacino è ancora oggi oggetto di dibattito, alcuni studiosi
indicano Campo Marzio mentre altri, rifacendosi agli scritti di Svetonio, indicano la naturale depressione del terreno in località Codeta Minor o Campo Codetano che era una delle tre zone pianeggianti che si trovavano Transtiberim; Codeta Minor era quella parte che si trovava proprio sotto gli Orti di Cesare, ovvero l’area che oggi si potrebbe individuare nella zona del mercato di Porta Portese. Infatti intorno al 49 a.C. Cesare si impadronì di un vasto territorio localizzato tra il Gianicolo e la Piana di Pietra Papa (zona Marconi) da noi conosciuto come gli Horti Caesaris. Gli Orti di Cesare, come riferisce Plutarco, comprendevano un terreno a pascolo per i suoi cavalli, un bosco formato da alberi di alto fusto e odorosi pini e un corpo edilizio principale, il Palatium, che sorgeva verso le pendici del Gianicolo immerso nel verde (l’odierna area occupata da villa Sciarra). Nel 46 a.C. Cesare vi ospita, al riparo da sguardi indiscreti, la regina Cleopatra con la sua corte. Ella trasformerà que-
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sta area in una residenza regale e ci vivrà per 2 anni fino alla morte di Cesare. Il Palatium viene ampliato, con l’aggiunta di un peristilio, vengono realizzati sontuosi affreschi e posizionata una statua colossale di un guerriero gallico. Anche i giardini sono abbelliti con fontane e statue e vari templi, mentre viene ingrandito il porticciolo fluviale ove era ancorata la sua nave egizia. Dopo la morte del dittatore, avvenuta nel 44 a. C., gli Orti passano in eredità al Popolo di Roma. Oggi rimangono solo le testimonianze di Svetonio, Sallustio, Virgilio, Orazio e delle personalità pubbliche che vi soggiornarono. Anche Augusto nel 2 a.C. in occasione dell’inaugurazione del tempio di Marte Ultore (Marte vendicatore), organizzò quella che fu la più grande Naumachia (2) di Roma, occupando uno spazio aperto (all’incirca di 546 x 359 m.), probabilmente limitrofo all’area della Naumachia di Cesare, che si estendeva tra le odierne Chiese di S. Cosimato e S. Francesco a Ripa, il bacino era circondato da portici e arricchito da opere d’arte. Per riempire il bacino Augusto fece anche costruire l’acquedotto dell’Aqua Alsietina, lungo 33 km, per portarvi l’acqua dal lacus Alsietinus oggi lago di Martignano. L’acquedotto aveva una portata di 180 litri al secondo e per riempire la naumachia erano necessari 15 giorni. Augusto, come lui stesso racconta in “Res gestæ divi Augusti”, vuole che si affrontino 3000 uomini, senza contare i rematori, su 30 vascelli con rostri, e molte unità più piccole. Plinio in “Naturalis Historia”, afferma che al centro del bacino c’era un’isola collegata all’argine con un ponte. Un canale di collegamento con il Tevere permetteva sia l’accesso delle navi impegnate nello spettacolo sia il drenaggio per far defluire l’acqua verso il Tevere
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aquaeurbis
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al termine degli spettacoli; sopra il canale venne realizzato il Pons Naumacharius che serviva agli spettatori per raggiungere le varie entrate; il ponte era una struttura girevole in legno che andò distrutta in un incendio e fu poi fatto ricostruire da Tiberio. Secondo alcuni studiosi, una larga conduttura appartenente all’acquedotto Alsietino, scoperta alle pendici del Gianicolo al di sopra della Chiesa di San Cosimato testimonierebbe la presenza di tale grande complesso e del “Bosco dei Cesari” (Nemus Caesarum), realizzato pure da Augusto nell’ambito di quelli che erano stati i Giardini di Giulio Cesare o Horti Caesaris. Lo storico Cassio Dione ricorda che la naumachia voluta da Augusto era ancora in uso al tempo di Nerone, di Tito e di Settimio Severo. Di certo nei primi decenni del III secolo era ormai in stato di abbandono. Gli equipaggi dei combattimenti navali erano formati da condannati o da prigionieri incitati alla lotta dalla minaccia di rappresaglie contro i riottosi; il combattimento era cruento in quanto, a differenza dei gladiatori che avevano una preparazione alla lotta, i naumachiarii erano per la maggioranza senza allenamento specifico, inoltre lo spazio limitato provocava necessariamente la distruzione delle navi presenti e l’affogamento di molti uomini. Il numero di morti era elevatissimo e anche i suoi costi. Fu proprio per questi costi elevati che si tennero poche rappresentazioni all’incirca ogni 50 anni per le prime tre e ogni 30 anni per le altre, l’ultima naumachia fu organizzata nel 248 d.C. da Filippo l’Arabo per il millenario di Roma. Furono costruiti altri probabili bacini artificiali per naumachie dopo quelle certe di Cesare e di Augusto, un’altra importante fu quella Vaticana che sorgeva fra Castel Sant’An-
gelo e S. Pietro. Secondo alcuni fu voluta da Domiziano, ma completata da Traiano che la dedicò nel 109 d.C. ai Fasti Ostiensi. Sappiamo anche dell’esistenza della Naumachia di Caligola che pare fosse situata in
NOTE (1) “…le pendici settentrionali e orientali del colle gianicolense erano particolarmente ricche di sorgenti…”. (G. M. Annoscia: Fonti e strutture per la conoscenza del sistema idrico di Roma nel Medioevo - p.48). Anche il sottosuolo a ridosso del Tevere era ricco d’acqua, tanto da permettere a Cesare di poter far costruire una Naumachia profonda 12 m. senza aver necessità di costruire un acquedotto. (2) Il termine designava anche l’edificio adibito a questo tipo di spettacoli.
Campo Marzio e venisse alimentata dallo speco dell’Acqua Vergine. Solo l’abbondanza di acqua presente sul territorio dell’Urbe poteva permettere l’esecuzione di tali spettacoli.
Naumachia di Trastevere nella pianta di Roma antica di Pirro Ligorio, 1561
Nave turrita biremi, coll. Torlonia, Roma 8 unotiziario 4, Luglio/Settembre 2018
cosemai viste
A passeggio per Roma può capitare di trovarsi al cospetto di qualcosa che in precedenza non avevamo notato, per distrazione o noncuranza; piccole testimonianze della storia e del costume che tentano di nascondersi nel panorama cittadino e che noi inizieremo a stanare, una per una, un po’ per volta, proprio da queste pagine. Inizierà così a riempirsi pian piano quel contenitore di “COSE MAI VISTE”, le raccoglieremo di strada in strada, per riservare loro una brevissima attenzione Di Rinaldo Gennari
Tanto per cominciare, vorrei partire proprio da alcune testimonianze di un tempo che non c’è più, e che speriamo non debba mai ritornare. segnali distintivi Se ci trovassimo a passare per Via del Tritone, magari provenendo dalla Fontana di Trevi con l’intenzione di raggiungere Piazza Barberini, potremmo soffermarci a guardare un misterioso segnale dipinto sul muro, alla destra del grande portone d’angolo dell’edificio che ospita oggi l’Agenzia Italiana del Farmaco. A circa due metri d’altezza, in un cerchio bianco con bordo nero campeggia una grande “I” nera che ci interroga in modo intrigante. Si tratta di una indicazione del tempo dell’ultima guerra, che segnalava la presenza di un idrante, utile a spegnere eventuali incendi conseguenti ai possibili bombardamenti. Penso che i più giovani non riescano nemmeno lontanamente a dare un senso alla scritta. C’è da chiedersi come quell’indicazione abbia potuto sopravvivere così a lungo, superare il passare del tempo, resistere allo smog, alle intemperie. Il fatto è che la vernice usata all’epoca era del tutto particolare, volutamente durevole, perché contenente un legante speciale, chiamato “membranite”, che rendeva la scritta particolarmente resistente agli agenti atmosferici. Questi segnali distintivi per la protezione civile antiaerea erano di diverso tipo e spesso indicavano il rifugio o il ricovero (con una R al posto della I) oppure con una US, che stava per “uscita di sicurezza”. Tempi
Piccole grandi storie
per le strade
di Roma
Il segnale in via del Tritone
andati, per fortuna, ma le scritte sono ancora lì a resistere alle spazzolature del tempo, a contrastare le decisioni condominiali quando si avverte l’esigenza di ridipingere una facciata, oppure grattate via da vandali o graffitari irrispettosi. Ce ne sono molte alnotiziario 4, Luglio/Settembre 2018 u9
tre in giro per la città, silenti e mute ai nostri occhi distratti, “Cose mai viste” appunto, e altre si trovano a Borgo Pio, all’incrocio con Via dei Tre Pupazzi, a Via Canova, lato via Ripetta, a Via Giulia 122 all’altezza di Via del gonfalone, in Via di Parione 32 nella uu
cosemai viste
uu rientranza
della Chiesa, in Via della Lungara a fianco di Palazzo Corsini, ma anche a Via Giuseppe Ferrari in Prati, ma tra i tanti quello che fa tenerezza è quello di Via Margutta, dove nel ridipingere la facciata si è voluto ripetere la traccia dell’idrante che sarebbe andata perduta e allora si è pensato ad un “recupero” che però non fa onore alla via dei pittori: la “replica” ha perso il classico fondo bianco presente nell’originale. Sopravvive, tra quelle più rare, l’indicazione di rifugio sotterraneo, segnata da una grande S e la si può trovare in Piazza Sidney Sonnino, sulla facciata laterale destra della Chiesa di S. Crisogono. L’ETERNO MENDICANTE Non poteva mancare, fra le “Cose mai viste”, anche “l’eterno mendicante”, proprio perché appartiene di diritto a quelle piccole cose che fanno parte del nostro panorama urbano quotidiano e non ci facciamo più tanto caso. Lui poi, è confinato in un angolo, quasi invisibile alla folla che si accalca in attesa dei mezzi pubblici alla fermata che è sulla porta dell’Ospedale di S. Spirito, al Lungotevere in Sassia nel Rione Borgo. La piccola scultura in bronzo raffigurante un mendicante intento alla questua vuole essere in effetti il simbolo dell’indifferenza dell’umanità, proprio come ha sottolineato il suo autore, un canadese, Timothy Schmalz, che bene è riuscito nel suo intento comunicativo ed emozionale attraverso un perfetto anonimato assegnato al questuante, senza un volto definito, senza età, senza genere, senza voce (1). E quel gesto di elemosinare inutilmente è reso alla perfezione per aver collocato l’opera in un angolo morto, vicino a tanta gente che fisicamente gli volta le spalle, in tutt’altri pensieri affaccendata, tra le mura di un ospedale, luogo di dolore e speranza, popolato di tante persone assenti.
Il segnale posto sulla parete laterale destra della chiesa di S. Crisogono
La scultura di Timothy Schmalz, situata a destra del portone d’ingresso dell’Ospedale 10 unotiziario 4, Luglio/Settembre 2018
NOTE (1) Questa scultura “Quando io ero affamato e assetato”, insieme all’altra che si trova sul lato sinistro dell’ingresso “Quando io ero ammalato”, fanno parte di un unico ciclo artistico dedicato al Vangelo di Matteo, ideato e fuso in Canada in occasione del Giubileo Straordinario della Misericordia. Il ciclo comprende “Quando io ero nudo” (Basilica di San Pietro in Vincoli), “Quando io ero in carcere” (Basilica di San Paolo) e “Quando io ero straniero” (Basilica di San Lorenzo in Lucina)
attivitàsul territorio
di b u l C territorio a cura di Elisa bucci
Console TCI
Vi presentiamo i resoconti della terza e della quarta passeggiata del Progetto “Roma, Regina Aquarum”
PASSEGGIATA DEL 20 maggio 2018
L’acqua a Roma, dalle Terme di Diocleziano a Piazza Vittorio (Testo a cura del Volontario Silvio Laureti) Passeggiando alla ricerca dei “luoghi dell’Acqua” a Roma abbiamo attraversato questa volta i rioni Castro-Pretorio ed Esquilino guidati dai nostri Volontari Raffaele Focarelli e Massimo Pratelli. Per la partenza non si poteva scegliere scenario più grandioso delle Terme di Diocleziano, estese su una superficie di ben 13 ettari, la cui costruzione fu avviata dall’imperatore Massimiano nel 298 d.C. e si concluse in tempi rapidi, con l’inaugurazione dell’impianto tra il 305 e il 306 d.C. e la dedica a Diocleziano, con cui Massimiano condivideva il comando dell’impero. Quella che oggi ammiriamo inglobata nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli e nel Museo Nazionale Romano è solo una parte della struttura che occupava l’area compresa tra le attuali via Torino, via Viminale, Piazza dei Cinquecento, via Volturno e via XX Settembre. La quinta semicircolare di Piazza della Repubblica riprende fedelmente la struttura della antica Esedra. Le terme potevano ospitare fino a tremila persone e per alimentarle fu costruita una diramazione dell’Acqua Marcia. uu notiziario 4, Luglio/Settembre 2018 u11
Gian Paolo Panini, Terme di Diocleziano. Sopra, planimetria delle Terme di Diocleziano
attivitàsul territorio
di b u l C territorio uu La
Passeggiata è proseguita tra le strade dei due Rioni dove abbiamo incontrato alcune tra le più belle fontane di Roma, come la Mostra dell’Acqua Felice, nota anche come Fontana del Mosè, e così chiamata in onore di papa Sisto V, al secolo Felice Peretti. Il papa voleva rifornire d’acqua i rioni sorgenti nei colli Viminale e Quirinale e, in particolare, la sua sontuosa Villa Montalto; a tale scopo fu ripristinato l’acquedotto Alessandrino, così detto dal nome dell’imperatore romano Alessandro Severo sotto il cui regno era stato costruito a partire dal 222. Non meno interessanti sono le numerose, a volte discrete, fontane di quartiere progettate con l’obiettivo di rendere un servizio alla popolazione e, nello stesso tempo, di abbellire la città. Lungo il percorso abbiamo ammirato la Fontana del Viminale, la Fontana di S. Maria Maggiore, la Fontana di Via Paolina e quella dei Monti. La Passeggiata si è conclusa a Piazza Vittorio, davanti agli imponenti resti dell’unica Mostra romana d’acqua giunta fino a noi, i “Trofei di Mario”, a cui si ispirarono i progettisti delle più monumentali fontane barocche romane. La grande opera pubblica fu costruita all’epoca dell’imperatore Alessandro Severo e aveva funzione di castello di distribuzione degli Acquedotti Claudio e Anio Novus. Originariamente nota come Nympheum Alexandri, nel 1140 viene già ricordata con il nome di “Trofei di Mario” per il fatto che le statue che la ornavano, collocate dal 1590 sul Campidoglio, erano state erroneamente interpretate come i trofei riportati da Caio Mario dalle vittorie sui Cimbri e Teutoni. Grazie ai tanti soci che hanno partecipato! A sx, G. B. Piranesi, Veduta del Castello dell’Acqua Felice presso le Terme Diocleziane, 1839. Sotto, due foto di Massimo Marzano
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PASSEGGIATA DEL 27 maggio 2018
L’acqua e Campo Marzio, da Largo S. Rocco a Via della Scrofa (Testo a cura del Volontario Silvio Laureti)
I Parte: il Mausoleo di Augusto Questa volta l’itinerario percorso con la guida dei Volontari Raffaele Focarelli e Mauro Belati, ci ha condotto nell’area del Campo Marzio, lungo l’ansa del Tevere, dove forse è più intenso il rapporto della città con il proprio fiume, anche per via dei numerosi straripamenti che nei secoli hanno lasciato testimonianze ancora oggi visibili nelle strade. I Romani, grandi urbanisti, avevano destinato quest’area a usi non abitativi, come palestre, teatri, templi e monumenti celebrativi. Nella prima parte della passeggiata abbiamo ammirato il Mausoleo di Augusto, finalmente oggetto di interventi conservativi, sostenuti dalla Fondazione TIM (il sito del progetto si trova al link http://www.mausoleodiaugusto.it/it/). Il Volontario Raffaele Focarelli ci ha raccontato la storia più antica del monumento dalla sua costruzione fino alle trasformazioni in luogo di spettacoli mentre il Volontario Mauro Belati ci ha poi illustrato la grande trasformazione urbanistica dell’area a partire dagli anni 30 del ‘900 fino ai giorni nostri. Nella parte più settentrionale della pianura di Campo Marzio, Augusto avviò nel 28 d.c. la costruzione del proprio Mausoleo negli stessi anni in cui Agrippa, nell’area centrale del Campo Marzio, edificava il Pantheon. I due monumenti, rivolti l’uno verso l’altro, erano in una profonda relazione sia urbanistica sia ideologica. La scarsa edificazione dell’area del Campo Marzio settentrionale faceva sì che il collegamento tra i due monumenti fosse direttamente visivo, nonostante una distanza di circa 700 metri. Ad est e a metà dell’asse che congiungeva i due monumenti furono costruiti, tra il 13 e il 9 a.C. altri caposaldi dell’urbanistica augustea: l’Horologium Solarium Augusti e l’Ara Pacis. Dopo la caduta dell’impero il Mausoleo andò in abbandono e degrado e la vegetazione inselvatichita trasformò il luogo in una collinetta boscosa in cima alla quale fu costruita la chiesa di S. Angelo de Agosto, ricordata in un documento del 955 d.C. Nel XII secolo le vestigia del Mausoleo furono adattate a fortilizio, ad opera della famiglia Colonna. Negli anni seguenti la fortezza subì assalti e distruzioni, ma fu sempre ripristinata. Nel XV secolo una serie di documenti testimonia lo svolgersi di una sistematica attività di spoliazione del monumento e dell’area circostante, che provocò in breve il crollo dell’intera porzione superiore della costruzione. Agli inizi del secolo XVI il Mausoleo divenne proprietà degli Orsini e successivamente, nel 1546, della famiglia fiorentina dei Soderini. I marchesi Correa, uu notiziario 4, Luglio/Settembre 2018 u13
Mausoleo di Augusto, ricostruzione di JeanClaude Giovin
Bartolomeo Pinelli, Spettacolo con tori e “giostratori” nell’anfiteatro Corea, 1810 c.
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di b u l C territorio uu famiglia
di origine portoghese, acquisirono il complesso a metà del ‘700 e, intorno al 1780, lo spagnolo Bernardo Matas, loro affittuario, trasformò il palazzo in locanda e creò nell’area già occupata dal giardino, l’”Anfiteatro Correa”, struttura in legno nella quale si tenevano “caccie de tori e bufale”, tenute da “giostratori” provenienti dalla Spagna.
Giovan Battista Falda, Chiesa di Santi Vincenzo et Anastasio alla Fontana di Trevi, 1665. Sotto, Giovan Battista Falda, Chiesa di S. Girolamo degli Schiavoni a Ripetta , 1686 c.
Fu l’inizio di un lungo periodo in cui il complesso divenne sede di spettacoli e concerti di ogni tipo. Nel 1907 il sito fu trasformato nell’Auditorium dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Roma aveva per la prima volta una sala da Concerti degna delle grandi Capitali europee. Sul podio dell’Auditorium “Augusteo” si esibirono i più insigni direttori, cantanti e strumentisti dell’epoca. La volontà del Duce di celebrare il bimillenario augusteo portò allo smantellamento dell’Auditorio e alla distruzione del quartiere medioevale e Rinascimentale che lo circondava. I lavori di risistemazione dell’area durarono fino a dopo la Guerra (1952) e videro anche la costruzione della grande teca, per contenere l’Ara Pacis. Tra il 2000 ed il 2005, fu demolito il vecchio padiglione e realizzato l’attuale Museo dell’Ara Pacis, su progetto dell’architetto statunitense Richard Meier.
II Parte: il Tevere, le Fontane e gli Idrometri Nella seconda parte della Passeggiata, la Console Elisa Bucci ci ha parlato della storia dell’area intorno al Porto di Ripetta e di come la riattivazione dell’Acquedotto Vergine, nella seconda metà del ‘500, favorì l’insediamento nella zona di alcune famiglie nobili e la costruzione di tante fontane pubbliche a disposizione della cittadinanza. La Roma medievale, contrariamente a quanto avvenuto in epoca romana, concentrò il nucleo più popoloso dell’abitato intorno al Tevere. Il fiume, dopo la rovina degli acquedotti, era infatti la principale risorsa idrica e di sostentamento e sviluppo, grazie alla pesca e alla possibilità di trasporto verso il mare e l’interno. Intorno al fiume viveva una popolazione composita, con una significativa presenza di immigrati anche di altre nazionalità, che diedero vita ad organismi confraternali e assistenziali. La zona di Ripetta divenne polo di attrazione per artigiani e lavoratori lombardi e schiavoni (Slavi). Tra la fine del Trecento e gli inizi del Cinquecento, Roma raddoppia la sua popolazione proprio con il forte apporto dell’immigrazione. Nel primo Cinquecento, gli abitanti di Roma si servivano ancora delle cisterne e del Tevere. Gli “acquarenari”, organizzati in corporazioni, prelevavano l’acqua del fiume a monte dell’abitato, prima del porto di Ripetta, la tenevano alcuni giorni a riposo per far depositare 14 unotiziario 4, Luglio/Settembre 2018
la terra in sospensione per poi venderla. Tra la seconda metà del XVI e l’inizio del XVII secolo, si ebbe un impulso alla costruzione di grandi infrastrutture e vennero riattivati o edificati i tre acquedotti Vergine, Felice e Paolo. Il primo acquedotto ad essere completato fu quello Vergine: Papa Pio V Ghislieri decise di accelerarne la ricostruzione affidando l’opera a Giacomo della Porta. Nel giugno 1570, l’acqua sgorgò di nuovo nella Mostra dell’Acqua Vergine. Il successore di Pio V, Gregorio XIII Boncompagni, si impegnò fortemente nel migliorare la fornitura idrica, facendo costruire diverse fontane pubbliche alimentate dall’acquedotto Vergine, e progettando anche la riattivazione dell’antico Acquedotto Traiano. A cavallo dei due secoli erano già a disposizione della popolazione ben trentacinque fontane, rendendo disponibile alla popolazione una quantità d’acqua sorprendente per l’epoca. La seconda parte della Passeggiata è stata anche l’occasione per raccontare dell’ormai scomparso porto di Ripetta e per ammirare le diverse fontane di questa area e le testimonianze degli idrometri che servivano a controllare le turbolenze del fiume. Il porto Clementino, detto comunemente “di Ripetta”, per distinguerlo da quello maggiore di Ripa Grande, fu sistemato sotto Papa Clemente XI Albani agli inizi del XVIII secolo, ma un piccolo approdo si era venuto a formare già nel XIV secolo, pressappoco all’altezza della chiesa di S. Girolamo. Lo scalo aveva un movimento minore di quello di Ripa Grande e accoglieva il traffico fluviale proveniente da monte, con carichi di legna, carbonella, grano e vino. Il Porto fu costruito utilizzando anche i blocchi di travertino di alcune arcate del Colosseo, recuperati dopo il crollo per il terremoto del 3 febbraio 1703 (con il benestare delle autorità!). La realizzazione venne affidata all’architetto Alessandro Specchi, che si avvalse della collaborazione di Carlo Fontana. La costruzione era caratterizzata da due ampie cordonate curve che, dalle banchine, salivano al livello stradale. Al centro c’era un piccolo emiciclo contornato da sedili e con alle estremità due colonne idrometriche. Nel mezzo dell’emiciclo si trovava una graziosa fontana a scogliera, la Fontana dei Navigatori, che è sopravvissuta assieme alle colonne e che abbiamo visto poco distante a piazza del Porto di Ripetta, dove fu riassemblata solo nel 1930, non senza modifiche. Il porto cadde ben presto in un deplorevole stato di abbandono: i lavori pesanti che vi si svolgevano e le periodiche alluvioni, unite ad una scarsa manutenzione, lo ridussero in uno stato di notevole degrado. Non c’è da stupirsi, quindi, se, con la costruzione dei muraglioni, si accettò con indifferenza il sacrificio di questa grande opera architettonica. Tra le diverse fontane e fontanelle ammirate nella zona, ricordiamo la Fontana della Botticella in Largo San Rocco, realizzata nel 1774 per conto della Confraternita degli Osti e Barcaroli che aveva sede nella Chiesa di S. Rocco, ed un interessante esempio di fontana “itinerante” a piazza Nicosia. Lì in tempi recenti (1950), nella sistemazione uu notiziario 4, Luglio/Settembre 2018 u15
Dall’alto, Gaspar Van Wittel, Veduta del Porto di Ripetta, inizi del ‘700. Giovan Battista Falda, Fontana di Piazza del Popolo, 1680 c. Idrometro su Palazzo Baschenis (foto E. Bucci)
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Foto di G. Morganti
della zona, è stata riutilizzata la vasca della Fontana del Trullo, originariamente posta nel mezzo della medioevale “piazza del Trullo”, l’attuale piazza del Popolo. Fu la prima fontana costruita, su progetto di Giacomo della Porta, dopo la riattivazione dell’Acquedotto Vergine. Con l’arrivo dell’obelisco al centro della Piazza fu prima decentrata e, con la risistemazione del Valadier, definitivamente rimossa per essere temporaneamente trasferita a San Pietro a Montorio e poi nei magazzini comunali fino alla sua collocazione in Piazza Nicosia. Le inondazioni frequenti della zona, prima della costruzione dei Muraglioni, hanno lasciato innumerevoli testimonianze del livello raggiunto dalle acque (lapidi ed indicazioni su edifici e colonne, come quelle poste vicino alla fontana dei Navigatori) e degli strumenti di cui ci si dotò per controllare il flusso e il crescere delle acque del Tevere. Le osservazioni regolari dei livelli del Tevere presso l’antico porto di Ripetta ebbero inizio nel 1782 per merito dell’abate Calandrelli, direttore dell’Osservatorio del Collegio Romano. Solo nel dicembre 1821 fu istallato un idrometro di marmo, con graduazione centimetrica. Con la costruzione dei muraglioni, l’idrometro fu smontato e una parte fu allocata nel 1942 sul muro della chiesa di San Rocco.
Ciclo di visite nella Basilica di San Martino ai Monti (riservate ai soli Volontari ApV con un eventuale accompagnatore) Abbiamo il piacere di comunicare a tutti i Volontari che, terminati i lavori di restauro, possiamo riattivare le visite, sospese a dicembre 2017, con il seguente calendario: A - Visita alla Basilica, esterni, facciata ed interni navata centrale. venerdì 19 ottobre ore 15,30 e sabato 20 ottobre ore 10,30 B - Visita alla Basilica, interni, Bibbia dei poveri e ciclo degli affreschi del Dughet venerdì 23 novembre ore 15,30 e sabato 24 novembre ore 10,30 C - Visita alla Basilica, interni, la Cripta e il Titolo di Equizio (sotterranei) venerdì 14 dicembre ore 15,30 e domenica 16 dicembre ore 16,00
In Redazione: Alessia De Fabiani e Massimo Romano Grafica e impaginazione: Gianluca Rivolta Hanno collaborato a questo numero: Massimo Marzano, Simonetta Mariani, Rinaldo Gennari, Elisa Bucci e Silvio Laureti SEGRETERIA ORGANIZZATIVA APERTI PER VOI ROMA: Piazza Santi Apostoli, 62/65 Apertura dedicata ai volontari dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.00. Tel. 06.36005281-1” apertipervoi.roma@volontaritouring.it
Potrete comunicarci la vostra adesione al ricevimento della mail che ApV invierà a tutti i volontari 10/15 giorni prima di ciascun evento.
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