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notiziario dei Volontari di Roma anno IV – numero 4 -ottobre/dicembre 2019

lo splendido autunno dei volontari romani con

un giorno per bene

Ottobre/Dicembre 2019, notiziario 4 u1


un giorno per bene

DUE LUOGHI DA SCOPRIRE NELLA GIORNATA

“UNGIORNO

PERBENE”

Il progetto del Touring Club Italiano “Un giorno per bene”, che si è svolto in 26 città d’Italia, ha visto il coinvolgimento di soci e cittadini in azioni di volontariato sui beni comuni,

nello spirito di quel “prendersi cura del Paese” che permea le attività della nostra Associazione. Anche in una città come Roma ci sono centinaia di tesori disseminati nel territorio che hanno bisogno del nostro

sostegno al fine di valorizzarli e farli “rivivere” Sabato 21 settembre e domenica 22 ci siamo “presi cura” del sito archeologico Villa dei Sette Bassi mentre domenica 6 ottobre del Parco del Forte Ardeatino a Via di Grotta Perfetta. L’apertura, in questi 2 giorni, della Villa dei Sette Bassi è stato un grande successo. Il sole e il caldo, di sabato, ci hanno accompagnati, con una numerosa partecipazio-

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LA VILLA DEI SETTE BASSI. SOTTO, IL PArco del forte ardeatino

ne di visitatori entusiasti del sito abitualmente chiuso al pubblico; domenica 22 la pioggia non ci ha risparmiato, ma questo non ci ha impedito di accogliere chi, nonostante il brutto tempo, è venuto a trovarci. Il giorno 6 ottobre ci ha visto impegnati al Parco di Forte Ardeatino insieme al Comitato di quartiere di Grotta Perfetta e all’associazione Progetto Forti. E’ stata una giornata di festa con la visita guidata nel

Parco che circonda il Forte, in cui è stata illustrata la storia del Forte, purtroppo oggi in pieno abbandono e degrado, e sono stati illustrati gli interessanti aspetti botanici del Parco. La giornata è stata arricchita anche da giochi per bambini, dal dibattito sul tema “ridiamo vita al parco”, dalla musica e tanto altro. Rivediamo alcuni bei momenti dei due eventi grazie alle foto dei nostri soci volontari.

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IN QUESTE PAGINE, “UN GIORNO PER BENE” ALLA VILLA DEI SETTE BASSI

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IN QUESTE PAGINE, “UN GIORNO PER BENE” ALPARCO DEL FORTE ARDEATINO

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Grazie a tutti i volontari e arrivederci al prossimo anno

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“Si apre come un’aurora Roma, dietro le spirali del Tevere, gonfio di alberi splendidi come fiori. Pier Paolo Pasolini

LA SCOPERTA DELLE RIVE DEL TEVERE NELLA GIORNATA DEL

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Per un giorno le banchine del Tevere hanno fatto dimenticare il frastuono del traffico dei lungotevere e il

fiume è stato protagonista della scena: più di 70 iniziative si sono svolte da Ponte Milvio alla spiaggia di Tiberis, dove si è conclusa la giornata: discesa in canoa, ginnastica, musica, percorsi culturali che hanno coinvolto migliaia di cittadini. Le nostre passeggiate, già ampiamente descritte nel Notiziario n. 3 di settembre, hanno avuto una calorosa partecipazione: tanti soci e tante persone, che si sono aggiunte a noi lungo i percorsi, ci hanno seguito lungo il fiume per conoscere la sua storia, l’architettura circostante,

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le tante attività economiche e ludiuuche che si sono sviluppate durante più di 2000 anni di storia. Per la realizzazione dell’evento hanno dato il loro entusiastico contributo circa 30 Volontari. Continueremo ad impegnarci per la salvaguardia e la valorizzazione del Tevere partecipando ad ogni evento futuro e proponendo iniziative che, attraverso la sua conoscenza, favoriscano un rapporto attivo con la cittadinanza. Le tante bellissime foto dei nostri volontari testimoniano alcuni momenti della giornata all’insegna di un vecchio detto romano: “nnamo a fiume”.

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IN QUESTE PAGINE, alcuni momenti del “TEVERE DAY”

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Grazie a tutti i volontari per il valido contributo e arrivederci al 2° Tevere Day IN QUESTE PAGINE, alcuni momenti del “TEVERE DAY”

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attivitàsul territorio

di b u l C territorio Il Club di territorio di Roma ha definito per il biennio 2019/2020 due nuovi progetti, uno legato allo sviluppo urbanistico e architettonico della città dopo il 1870, l’altro riguardante la cultura alimentare a Roma. Vi presentiamo ora la relazione sull’ultima passeggiata riguardante il progetto “Roma, Regina Aquarum” e, di seguito, due schede che illustrano il contesto e i contenuti PASSEGGIATA DEL 10 FEBBRAIO 2019 di questi progetti Lungo la Via Flaminia, fra il Tevere a cura di Elisa bucci Console TCI - Coordinatrice del Club di territorio

e la Vigna di Giulio III di ELENA CIPRIANI

Percorrendo la via Flaminia, che per duemila anni è stata il principale ingresso in città per viaggiatori, mercanti, contadini e pellegrini provenienti da nord, siamo andati alla “scoperta” delle fontane e degli abbeveratoi e ricordato quanto stretto fosse il legame di questa parte della città fuori le Mura Aureliane con il Tevere, prima che fossero costruiti i “Muraglioni”. In quest’area fuori Porta del Popolo prima dell’espansione di Roma, determinata dalla funzione di capitale d’Italia, si trovavano orti, vigne e ville ed è proprio da Villa Giulia che è iniziato il nostro itinerario. Il dott. Marcello Forgia, funzionario del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, ci ha illustrato il meraviglioso “Ninfeo”, complesso scenografico attribuito a Giorgio Vasari in collaborazione con Bartolomeo Ammannati, ed illustrato i percorsi segreti delle acque della Villa, derivanti dall’Acquedotto Vergine. Per raggiungere la via Flaminia abbiamo percorso via di Villa Giulia, lungo le mura che circondano la villa Poniatovsky, attualmente destinata all’ampliamento del Museo di Villa Giulia e alla realizzazione del “Polo museale etrusco di Roma”. Questa strada conduceva al piccolo approdo che Giulio III aveva realizzato sulla sponda del Tevere per giungere al Vaticano. E qui, nel tempo, la corrente del fiume aveva eroso drammaticamente la sponda rischiando di raggiungere la via Flaminia. Nel 1676, il Papa Clemente X affidò all’ingegnere idraulico olandese Cornelius Meyer l’incarico 14 unotiziario 4, Ottobre/Dicembre 2019


© elisa bucci

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© anna selbman

di un progetto per risolvere sia i problemi legati alla navigabilità del Tevere sia l’erosione di questa sponda; il Meyer propose allora la realizzazione di una “passonata”, formata da una doppia fila di pali in legno, senza punta di ferro, riempita di fascina viva, sassi e terra, per favorire il deposito di rena trasportata dalla corrente e quindi consentire il suo accumulo e la ricostituzione della sponda nella parte ormai corrosa. Ma le difficoltà iniziarono subito, sia per gelosie professionali, sia per i costi elevati. In realtà le critiche mosse al Meyer avevano un fondamento: meno di un secolo dopo la “passonata” era quasi completamente distrutta. Al termine della stradina siamo giunti all’incrocio con la via Flaminia, dove sorge il Palazzo Borromeo, sede dell’Ambasciata Italiana presso la Santa Sede. Il palazzo, costruito dall’architetto di Pio IV, Pirro Ligorio, fu donato ai nipoti del Papa, Carlo e Federico Borromeo, che però non lo abitarono mai. Infatti, alla morte di Federico, Carlo si trasferì a Milano, lasciando il palazzo in dote alla sorella Anna, sposa di Fabrizio Colonna, figlio di Marcantonio. Dopo altri passaggi di proprietà, nel 1929 il palazzo passa allo Stato Italiano per essere destinato all’Ambasciata presso la Santa Sede. Proprio all’angolo del palazzo si trova la bella fontana, detta di Giulio III, edificata da Bartolomeo Ammannati ad uso pubblico, per i pellegrini che arrivavano a Roma attraverso la via Flaminia; a fronte, un’altra fontana, originariamente un abbeveratoio per gli animali, attualmente è la fontana delle tre Conche, edificata dall’architetto Arnaldo Foschini nel 1930. uu

Il Ninfeo con il mosaico attribuito a Giorgio Vasari. Sopra, G.B. Falda, La passonata di Cornelius Meyer a via Flaminia. In apertura, il gruppo davanti all’ingresso di Villa Giulia


attivitàsul territorio

di b u l C territorio

© anna selbman

Theodor Philipsen, Veduta della Fontana su Via Flaminia, 1886. A destra, il gruppo davanti al Palazzo della Marina

Continuando la nostra passeggiata verso Porta del Popolo, introduciamo il tema dello sviluppo edilizio della zona dal 1870 in poi. Il piano regolatore del 1883, non molto dissimile da quello di dieci anni prima che prevedeva costruzioni fuori del perimetro delle antiche mura, stabilisce nuove lottizzazioni tra la via Flaminia ed il Tevere; questo comporterà l’abbattimento di numerose antiche ville, alcune fatiscenti, per far posto ad altri edifici, come il primo complesso di Case Popolari, il Flaminio 1, di cui oggi rimane un solo edificio. Oggi da Piazzale Flaminio a Belle Arti, verso il Tevere, la scacchiera regolare delle nuove abitazioni, case a blocco e villini che riempiono l’area tra via Flaminia e lungotevere Arnaldo da Brescia, danno l’immagine di un quartiere borghese quasi piemontese, con al centro il grande palazzo del Comando della Marina Militare (1912-28), nel luogo ove il Piano del 1909 prevedeva solo insediamenti abitativi. uu

Dopo aver costeggiato il perimetro del Ministero della Marina e raccontato la sua interessante storia, torniamo su via Flaminia, per ricordare gli edifici che un tempo erano in questa zona, come la Società Anglo Romana del Gas e il Gazometro, e gli edifici tuttora presenti come l’Accademia Filarmonica, il Borghetto Flaminio e l’edificio appartenente alla facoltà di Architettura, un tempo Fabbrica del Ghiaccio, poi proprietà della Società Peroni. Troviamo una delle tante fontane itineranti romane, l’Arcosolio di Benedetto XIV, risultato di trasferimenti di vasche e di mascheroni, oggi purtroppo abbandonata e nascosta da cassonetti. Continuando nella nostra passeggiata, ricordiamo anche lo Scalo De Pinedo, porto fluviale costruito negli anni ‘90 dell’ottocento, in sostituzione del Porto di Ripetta, da poco demolito. Solo alcuni anni dopo gli verrà assegnato il nome di Scalo de Pinedo, per celebrare l’epopea aerea compiuta dal pilota che nel 1925 arrivò fino in Australia con l’idrovolante battezzato “Gennariello”. Incontriamo poi, davanti al civico 21, alcune “pietre d’inciampo” in ricordo di 5 ebrei romani arrestati tra il 1943 e il 1944, deportati e deceduti ad Auschwitz. All’angolo di via Flaminia con Piazzale Flaminio, Candido Valli (che aveva acquisito 16 unotiziario 4, Ottobre/Dicembre 2019


G. Vasi, Porta del Popolo, Acquaforte 1745-1765

diverse proprietà nella zona ed avviato molte attività imprenditoriali) costruì il proprio Palazzo demolendo il Palazzo Odescalchi che era stato a sua volta edificato nella vigna degli Altemps, la cui bella facciata fu rimontata in Campidoglio. Qui c’era l’albergo dei Tre Re e ancora prima la Locanda Villa Cavalieri (i Cavalieri furono proprietari della Vigna Altemps). In effetti un’altra “vocazione” di questa zona è la ristorazione; fino qui, infatti, i contadini potevano portare i loro prodotti senza pagare il dazio (che doveva essere regolato alla porta) e i romani venivano “fuori porta” a mangiare e bere il vino a buon prezzo sotto le pergole. Arriviamo infine a Porta del Popolo, l’antica Porta Flaminia delle Mura Aureliane. Attraverso questa porta sono entrati a Roma personaggi importanti come Costantino, Massenzio, Carlo Magno, Bernardo di Chiaravalle, Cristina di Svezia, Vittorio Emanuele II alla sua prima visita a Roma come Re d’Italia, Mussolini. Da qui entrarono anche i francesi dell’esercito napoleonico. L’odierna porta del Popolo secondo alcuni fu progettata dal Vignola nel 1561 su disegni di Michelangelo, secondo altri Pio IV incaricò direttamente Michelangelo che, ormai molto anziano, lo affidò al suo allievo Nanni di Baccio Bigio, che completò l’impresa tra il 1562 ed il 1565. La facciata esterna si presentava con le quattro colonne provenienti dall’antica basilica di S. Pietro che inquadravano il grande ed unico fornice, sovrastato dalla grandiosa lapide e dallo stemma papale sorretto da due cornucopie; inoltre, due possenti torri di guardia quadrate avevano sostituito le preesistenti torri tondeggianti e tutto l’edificio era coronato con merli coperti di elmo e corazza. Soltanto nel 1638 furono inserite, tra le due coppie di colonne, le due statue di Pietro e Paolo, scolpite da Francesco Mochi, che erano state rifiutate dalla Basilica di S. Paolo, mentre i due fornici laterali furono aperti nel 1879, per esigenza di traffico: per quest’opera fu necessario demolire le due torri che fiancheggiavano la porta; furono anche aggiunte alla porta altre quattro colonne, simili per forma a quelle originali antiche. In quell’occasione il poeta romanesco Giggi Zanazzo scrisse l’ironico sonetto qui a fianco, nell’ambito dei lavori di allargamento di Porta del Popolo. Nel 1886, uu notiziario 4, Ottobre/Dicembre 2019 u17

E’ riattamento a Porta del Popolo Me piace si, ma carza ‘sta pensata, belle ‘st’antre du’ porte fatt’a archetto, quela de mezzo era de passo stretto: via, proprio ce voleva ‘na slargata. Sarà ‘na gran capoccia ‘st’architetto, se vede che la cosa l’ha magnata: che Roma ha gran bisogno de ‘n’entrata s’incasomai vò dà de fora Ghetto. M’immagino che puro a l’antre porte faranno la medesima funzione, ‘sta cosa l’ho pensata tante vorte. Ce vò ‘no sfogo a Roma, gente mie, (ammettemo de no pe’ le persone), si nun antro a le gran cojonerie. da “Poesie Romanesche”, 8 marzo 1880


attivitàsul territorio

di b u l C territorio uu infatti, questa fontana sostituisce una vasca più semplice, alimentata dall’acqua proveniente dall’acquedotto dell’Acqua Vergine che entra a Roma ortogonale al viale del Muro Torto. Si trattava di un abbeveratoio per le bestie destinate a finire sulle tavole dei romani, specie di quelli più ricchi. Per secoli, infatti, ogni giovedì notte, i vaccari ammassavano manzi, vitelli, maiali, portati dalla campagna per condurli, quando all’alba Porta del Popolo si apriva, nei palazzi delle famiglie nobili romane e nelle botteghe dove venivano macellati. Questi percorsi del bestiame dentro le strade e i vicoli di Roma, spesso pericolosi per l’incolumità dei passanti, erano dette le “capate”. Anche i pastori che venivano a Roma a vendere i loro formaggi utilizzavano questo slargo come area di sosta per le greggi (che non potevano entrare in città) e spesso chi entrava o usciva dalla città doveva farsi largo tra animali, cani da guardia, fango e odori. Lo scolo dell’abbeveratoio formava un ruscello che correva lungo le Mura (sull’attuale via Luisa di Savoia) verso il Tevere.

© federico boccalaro

Qui sotto, A.J.B. Thomas, Marcato dei tori fuori di piazza del popolo, 1823. A destra, il gruppo al completo

Chiudiamo con una curiosità: attraverso questa porta uscì da Roma Fra’ Pacifico, un cappuccino che visse al tempo di Papa Gregorio XVI (1831-1846) e che aveva la virtù di fornire numeri vincenti. Il papa, avvisato dai gestori del Lotto, pensò bene di spostarlo in un convento fuori Roma. Appena si diffuse la notizia, un gran numero di gente affluì all’alba a Porta del Popolo per salutare il frate benefattore che usciva dalla città. La leggenda vuole che Fra’ Pacifico, commosso da tanto affetto, si congedasse con una strana frase: «Roma, se santa sei, / perché crudel se’ tanta? / Se dici che se’ santa, / certo bugiarda sei!». I romani compresero al volo. Corsero a giocare la cinquina 66, 70, 16, 60, 6 e puntualmente vinsero. Ci hanno accompagnato in questo itinerario, fra storia e curiosità, i nostri soci Volontari Massimo Marzano, Elena Cipriani, Elisa Bucci, Auro di Falco e Claudio Carlucci.

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INIZIATIVE DEI CONSOLI E DEI VOLONTARI DI ROMA

“Roma dal 1870”.

Sviluppo urbanistico e architettonico della città dopo l'unità d'Italia DI ELISA BUCCI

Quando a Roma arrivarono i Piemontesi, la città era come ferma nel tempo.

si), mentre iniziavano i primi insediamenti nelle baracche che si espanderanno poi dopo la prima guerra mondiale. Nel contempo si avviavano anche grandi opere pubbliche quali la costruzione dei ministeri (a partire da quello delle Finanze), dei muraglioni lungo il Tevere, dei quindici forti intorno a Roma, di nuovi ponti, del Palazzo di Giustizia, delle caserme e si aprivano le nuove arterie di Corso Vittorio Emanuele II e di Via Arenula. Per far fronte alle esigenze abitative dei meno abbienti verrà istituito l’Istituto Case Popolari (1903) che, grazie alla presenza di importati architetti progettisti, realizzerà grandi complessi edilizi che ancor oggi incontriamo ad esempio a S. Saba, a Testaccio, a Trionfale.

è pur vero che già dalla metà dell’800, dopo la breve parentesi della Repubblica Romana del 1848, avevano avuto inizio una serie di riforme amministrative e numerose opere di ammodernamento (illuminazione e trasporti, con la costruzione della Stazione Termini) mentre venivano costituite società (con partecipazione straniera) per la gestione dei servizi (gas, acqua) ed imprese immobiliari, già in previsione dei futuri sviluppi edilizi. La nuova Capitale, ben lungi dallo sviluppo che avevano avuto Parigi, Londra o Berlino, si presentava come una città di circa 200 mila abitanti il cui assetto urbanistico era ancora quello della fine del ‘600, comCon l’avvento al Comupreso dentro le Mura Aure- Villa Ludovisi verso il 1880 (Ettore Roesler Franz) ne di Roma del Sindaco liane all’interno delle quali Ernesto Nathan (1907), erano presenti grandi spazi oltre alla definizione di verdi costituiti da ville e da nuove regole urbanistiche tanti orti urbani. e alla previsione dell’edificazione dei “villini” con Dieci giorni dopo l’entrata giardini, verrà posta grandei bersaglieri, si riuniva in de attenzione alla scolaCampidoglio una Commisrizzazione e all’assistenza sione incaricata di “stusanitaria sia in città sia diare l’ingrandimento e nell’Agro Romano. l’abbellimento” della città. Gioacchino Ersoch, il Mattatoio a Testaccio Hanno così inizio gli anni Negli anni del regime fadella prima “febbre” edilizia che vivrà la città. scista si avrà una svolta nell’urbanistica: Roma diventa per Con il trasferimento della corte sabauda, del parlamento, del un ventennio lo scenario imperiale del nuovo regime. Per rigoverno, dei ministeri e con l’afflusso di migliaia di immigra- portare la città agli splendori della Roma Augustea si susseti, borghesi, piccolo borghesi ma anche di tanti braccianti, la guiranno gli sventramenti (intorno ai Mercati di Traiano, al città alla fine del secolo aveva raddoppiato i suoi abitanti. Campidoglio, al Teatro Marcello, al Mausoleo di Augusto), le Prendeva il via quindi una massiccia opera di edificazione sia demolizioni per l’apertura di nuove grandi arterie (come Via nelle zone già previste per lo sviluppo edilizio dai vari piani dei Fori Imperiali, Corso Rinascimento, Via della Conciliazioregolatori (come Esquilino e Prati) sia fuori da esse (Ludovi- ne), si realizzerà il complesso del Foro Italico e verrà av- uu

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attivitàsul territorio

di b u l C territorio INIZIATIVE DEI CONSOLI E DEI VOLONTARI DI ROMA viata la costruzione del quartiere dell’E42. Tuttavia la realtà sociale andava sempre più degradandosi soprattutto nelle zone periferiche della città. Molte famiglie, composte in prevalenza da operai e artigiani (espulsi dalla città storica anche a seguito della liberalizzazione degli affitti) ma anche da molti disoccupati, furono trasferite nelle “Borgate ufficiali” volute dal Governatorato di Roma, distanti parecchi chilometri dal centro, carenti di infrastrutture e spesso di servizi elementari. Sorgeranno così alcuni agglomerati urbani come ad esempio quelli di Tor Marancia, Val Melaina, Tufello e Trullo. Si sviluppavano, nello stesso tempo, nuovi insediamenti abusivi e i “borghetti”, alloggi spontanei sia in legno sia in muratura, abitati prevalentemente da operai provenienti da altre zone d’Italia. Ma sarà dopo la seconda guerra mondiale, anche a seguito della massiccia corrente migratoria dall’Italia Meridionale, che il fenomeno si accentuerà (baracche del Mandrione e dell’Acquedotto Felice). Proprio per realizzare la costruzione di alloggi per le famiglie a basso reddito venne varato il cosiddetto “Piano Fanfani” gestito dall’INA-Casa (approvato nel 1949 e durato complessivamente 14 anni) che intendeva rilanciare anche l’attività edilizia e quindi favorire l’assorbimento di un considerevole numero di disoccupati. I primi interventi, progettati da grandi architetti, rappresentarono una fase significativa della politica del dopoguerra nel campo dell’edilizia sociale in Italia e a Roma (ad esempio Tiburtino, Tuscolano, Villa Gordiani) La “febbre” edilizia esplose quindi nuovamente alla fine degli anni ‘50, alimentata dalle imprese di costruzioni e dai grandi latifondisti, che portò alla costruzione nelle lontane periferie e nell’Agro Romano di interi quartieri intensivi. Negli ultimi anni, grazie soprattutto alla maggiore sensibilizzazione dei cittadini nei confronti dei beni comuni, si sta sviluppando una importante opera di riqualificazione delle periferie stesse. Interessanti opere di “Street Art” stanno trasformando alcune ex borgate in musei a cielo aperto. Nel corso del 2019 sono state previste conferenze, passeggiate, visite allo scopo di approfondire gli aspetti più significativi dello sviluppo urbanistico della città. Accompagnati dai Volontari del Club, andremo nei luoghi che più di altri sono stati interessati dal cambiamento. Passeggiando nei Rioni della città istituiti dopo il 1870 e nei quartieri fuori dalle Mura Aureliane, racconteremo storia, curiosità e aneddoti.

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I percorsi del gusto. Storia della cultura alimentare a Roma DI VITTORIO GAMBA

Jean Anthelme Brillat-Savarin, uno dei più celebri gastronomi ed autore del libro “La fisiologia del gusto” scrisse “Dimmi quel che mangi e ti dirò chi sei”. Possiamo far nostro questo detto e capire se lo si

possa usare per conoscere non una sola persona ma tutta una civiltà? In altre parole, possiamo cercare di conoscere un popolo in base a ciò che mangiava? Questo è l’ardito obiettivo che ci siamo posti nel creare le passeggiate romane dedicate ai “Percorsi del gusto”. C’era la voglia di conoscere la storia della nostra città sotto un inedito punto di vista, quello alimentare. Dalla povertà del medioevo alla ricchezza rinascimentale, dalle eleganti tavole di cardinali e papi alle osterie dei pellegrini, dai mercati rionali alle ricette per specifiche occasioni, il cibo ci racconta la storia della nostra città e soprattutto come vivevano i suoi abitanti. E passeggiando per Roma sono innumerevoli i luoghi ed i monumenti che si possono ricollegare al cibo. Pensiamo al Ghetto, con i piatti di origine ebraica, od al Pantheon, con i celebri fritti. E poi abbiamo le lumache di San Giovanni, i cocomeri dell’Isola Tiberina, il quinto quarto di Testaccio, il mercato di Piazza Navona, il pesce del Portico d’Ottavia, i caffè di Via del Corso, i dolci della befana a Piazza S. Eustachio. E per ognuno di questi posti aneddoti, stornelli e storie si sprecano, arricchendo un semplice cibo di un alone storico straordinario.

Piatti tipici ormai famosi (i primi, dalla Carbonara alla Matriciana, i carciofi alla giudìa, la trippa, il maritozzo) o cibi quasi dimenticati (uno per tutti, il pangiallo, presente su ogni tavola il giorno di Natale) si affiancano ai venditori di tali prelibatezze. Roma era celebre per i suoi commercianti ambulanti, vera e propria istituzione cittadina. Le bancarelle dei fritti erano le più diffuse ma altrettanto famose, per i colori e le impalcature che creavano, erano quelle dei cocomerari; esiste una sfilza di oltre 200 tipologie di venditori ambulanti romani che, nei secoli scorsi, vagavano per la città con la loro merce appresso: dai venditori di lumache a quelli di more, dai tripparoli a quelli di animali vivi (capre, polli), per finire con coloro che vendevano cibi già cotti, avanzi di osterie o di pasti di famiglie nobili.

Ernesto Nathan, sindaco di Roma dal 1907 al 1913 20 unotiziario 4, Ottobre/Dicembre 2019


1954, Alberto Sordi, Un americano a Roma nella famosa scena degli spaghetti. Ettore Roesler Franz, Il mercato del pesce a portico d’Ottavia

E che dire dei numerosi negozi storici ormai entrati a pieno titolo nella storia della città? Gelaterie, pasticcerie, forni, ma soprattutto osterie, un fenomeno particolarmente importante in una città che fra pellegrini, ambasciatori e viaggiatori di ogni epoca (come non pensare al Grand Tour) ha dovuto sempre pensare a come rifocillarli. La letteratura, straniera o dialettale romana, ha ricordato decine di questi luoghi ma è difficile ed insolito sapere quali cibi particolari offrivano agli avventori. E così si scoprono curiosità insolite, antiche od anche moderne: quanti sanno che la pasta alla carbonara è nata in Via della Scrofa solo dopo la seconda guerra mondiale? Oppure che le famose capsule della Nespresso sono state ideate al banco del Caffè di S. Eustachio? E che la prima cioccolata a Roma venne prodotta dai frati trappisti nelle catacombe di San Callisto? E che dire della più originale osteria ottocentesca di Roma, quella del “Grottino”, dove il vino si pagava non a litri ma a tempo? Qui con pochi bajocchi si poteva bere vino a volontà per un’ora esatta. Scaduto il termine, bisognava di nuovo pagare la tariffa forfettaria per seguitare a bere per un’altra ora. E chiudiamo con dei celebri versi di Gigi Zanazzo, poeta romanesco di fine ‘800 considerato il fondatore della poesia dialettale romana. Qui scopriamo come la cultura romana aveva già previsto specifici piatti a seconda delle ricorrenti festività, tutte molto sentite in città. è un invito a non dimenticare le nostre tradizioni, a conservarle e tramandarle perché sono parte integrante della storia della nostra città.

Quello che sse magna in certe aricorenzie A Roma, er primo de ll’anno se màgneno le lenticchie e ll’uva; perchè chi mmagna ‘ste du’ cose, dice, che cconta quatrini tutto l’anno. Er ggiovedì ggrasso se magneno le frappe, li bbocconotti e li raviòli. In quaresima, ceci, bbaccalà e mmaritòzzi a ttutta battuta. Er giorno de San Giuseppe, le frittèlle e li bbignè. Er giorno de Pasqua, l’agnèllo, er brodetto, l’ôva, er salame e la pizza rincresciuta. In aprile: caprétto ggentile. Pe’ l’Ascensione (24 de maggio), la ggiuncata. La notte de San Giuvanni (24 de giugno) se magneno le lumache. Pe’ settembre: l’uva ch’è ffatta e ‘r fico che pènne. In ottobbere che sse fanno le vignate, gnòcchi e mmaccaroni a ttutto spiano. Pe’ li Morti, se magneno le fava pe’ mminestra, e ppoi le fava da morto dórce e ll’ossa da morto. Pe’ Ssan Martino (11 de novembre) s’opre la bbotte e ss’assaggia er vino nôvo. Pe’ Nnatale se magneno li vermicelli co’ l’alice, l’inguilla, er salamone, li bbroccoli, er torone, er pangiallo, et eccetra et eccetra.

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attivitàsul territorio

di b u l C territorio “La redazione del Notiziario ringrazia tutti i volontari romani per la preziosa collaborazione prestata nel corso di tutto il 2019. Collaborazione che ha permesso al progetto Aperti per Voi e al Club di Territorio il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Ed invia a tutti i più affettuosi auguri per le prossime festività”

Carlo Maratta, Natività (San Giuseppe dei Falegnami, Roma)

Questa pubblicazione on-line, riservata ai volontari del Touring Club Italiano, è nata e vive esclusivamente con il contributo dei volontari stessi che, liberamente e a titolo gratuito, condividono con la redazione il frutto delle loro conoscenze. Volontari sono anche coloro che svolgendo tutte quelle attività “tecniche” come il coordinamento redazionale e l’impaginazione decidono la stesura finale del Notiziario.

In Redazione: Elisa Bucci, Alberto Castagnoli, Massimo Marzano, Massimo Romano Coordinamento editoriale: Massimo Romano Progetto grafico e impaginazione: Gianluca Rivolta Hanno collaborato a questo numero: Elisa Bucci, Elena Cipriani, Vittorio Gamba e circa 50 volontari romani 22 unotiziario 4, Ottobre/Dicembre 2019

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA APERTI PER VOI ROMA: Piazza Santi Apostoli, 62/65 Apertura dedicata ai volontari dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.00. Tel. 06.36005281-3” apertipervoi.roma@volontaritouring.it


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