Gianni bovini e maria grazia fioriti il progetto papigno in patromonio e momumenti industriali in um

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ISBN 88-87288-57-7

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€ 18,00 (IVA inclusa)

Patrimonio e monumenti industriali in Umbria

Indice del volume PREMESSA: Gino Papuli, Presentazione; Enrica Torelli Landini, Cenni sull’attività del Corso di Archeologia industriale presso l’Università della Tuscia. SITI E MONUMENTI: Francesca Ciarroni, Conservazione e valorizzazione dell’archivio dei disegni tecnici della SIRI. Analisi dell’impianto 168 per la Stabilimenti di Rumianca; Simone Mazzilli, I documenti sulla sperimentazione del motore ad ammoniaca della SIRI; Francesca Magurano, Roberta Palini, Veronica M. Vianello, La sala Claude: il frazionamento dell’aria nello stabilimento elettrochimico di Papigno; Sara Brunetti, Le abitazioni e i quartieri operai a Terni; Marco Venanzi, Appunti per una storia delle miniere di lignite di Spoleto; Francesca Ciarroni, Lo sviluppo degli impianti delle miniere di lignite di Spoleto (1880-1960); Loredana Sciamanna e Orietta Storti, La Fonderia Didattica “Almo Pianetti”; Marusca Ceccarini, La Miniera di Collazzone; Moira Berrettoni, I progetti di navigabilità del Tevere e del Nera fra Otto e Novecento; Gaudenzio Raffaelli, Modello 91: il fucile della Fabbrica d’Armi di Terni; Cristina Saccia, Il Museo del Tabacco di San Giustino. MUSEI, ITINERARI E PROGETTI: Michele Capoccia e Laura Lupi, Il Museo del Laterizio di Marsciano; Gaia Cecca, La SPEA di Narni e i progetti di riuso; Angelo Bitti, Archeologia industriale e scuola: i percorsi dell’Antenna Pressa di Terni; Gianni Bovini e Maria Grazia Fioriti, Il progetto Papigno; Massimo Preite, Il Parco delle Colline Metallifere. Valorizzazione del patrimonio minerario e sviluppo locale; Patrizia Risoldi, Il progetto di recupero delle miniere di Morgnano e di rifunzionalizzazione del pozzo Orlando; Aldo Tarquini, Il recupero delle aree industriali dismesse a Terni. CONCLUSIONI: Renato Covino.

Patrimonio e monumenti industriali in Umbria



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PATRIMONIO E MONUMENTI INDUSTRIALI IN UMBRIA atti del convegno Narni, 26 novembre 2004

a cura di FRANCESCA CIARRONI


Realizzazione:

via Baldeschi, 2 - 06123 Perugia tel. 075 5728095 fax 075 5739218 http://www.crace.it e-mail: info@crace.it

Direzione e coordinamento editoriale Gianni Bovini

Copertina e progetto grafico Vito Simone Foresi

Elaborazioni grafiche Cristina Saccia

Redazione e impaginazione Marusca Ceccarini

in copertina Lo stabilimento del linoleum di Narni Scalo negli anni cinquanta (Terni nella tradizione umbra nel lavoro moderno, a cura della Cassa di Risparmio di Terni, Terni 1959)

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CRACE 2006 Tutti i diritti riservati ISBN 88-87288-57-7 prima edizione maggio 2006


Stefano Bigaroni Sindaco di Narni In apertura di questo Convegno, che la città di Narni è lieta di ospitare qui alla Rocca Albornoz, vorrei complimentarmi con gli organizzatori, l’ICSIM e l’AIPAI, che ci presentano un programma di lavori davvero ricco e interessante sul patrimonio di archeologia industriale in Umbria. Mi sembra rilevante che nel titolo del Convegno si usino due sostantivi: patrimonio e monumenti, i quali, se ben interpreto, intendono cogliere le diverse potenzialità di sviluppo legate sia ai siti industriali dismessi sia ai siti ancora produttivi che, al loro interno, mostrano le tracce di una storia industriale tra le più antiche d’Italia. La nostra città, com’è noto, è tra quelle storicamente più segnate dal processo di industrializzazione avviato negli ultimi decenni dell’Ottocento, lungo quell’asse della modernizzazione e dello sviluppo consolidatosi a ridosso delle sponde del Nera da Papigno a Nera Montoro. Un asse dello sviluppo, delle diverse forme dello sviluppo, che ancora oggi rappresenta la direttrice portante della nostra economia, sia quella ancorata ai vecchi modelli sia quella proiettata verso nuovi settori produttivi. I primi sono noti, industria manifatturiera, siderurgica e chimica, che attraversano una fase estremamente delicata nei nuovi scenari dell’economia globale e delle multinazionali, come insegna la vertenza AST. Tra i settori inerenti il cosiddetto nuovo sviluppo vorrei soffermarmi su alcuni particolarmente importanti alla luce della discussione odierna. La valorizzazione delle risorse ambientali, storiche e archeologiche, che ha trovato una collocazione riconosciuta non solo nei Piani urbanistici ma anche nel PRUSST; i nuovi insediamenti industriali finalizzati alla creazione di un moderno tessuto produttivo ad alto contenuto tecnologico ambientalmente sostenibile, per il quale dieci anni fa fu creato il Consorzio per lo Sviluppo delle aree industriali di Terni, Narni e Spoleto; il riuso, e siamo al tema della giornata, degli edifici e delle aree industriali dismesse. Purtroppo su quest’ultimo fronte, nonostante la consapevolezza ormai diffusa dell’importanza del patrimonio e dei monumenti industriali di Narni e Terni, siamo ancora lontani dal realizzare un progetto complessivo in grado di sfruttare al meglio queste enormi risorse. I problemi sono certamente tanti, finanziari ma non solo, basti pensare, tanto per citare il caso forse più emblematico che riguarda la nostra città, alla inestricabile vicenda dell’acquisizione dallo Stato dell’area ex SPEA, sito sul quale Gaia Cecca presenterà in questa sede un suo accurato studio. Questo è un momento molto complicato e pieno di incertezze sul futuro della presenza della grande industria ternana e narnese, il nostro è un territorio che ha


avuto molto dall’industria e al tempo stesso ha anche dato tantissimo in termini di suolo, di qualità dell’ambiente, di risorse umane. Oggi è il momento di guardare in avanti e percorrere una strada indiscutibilmente obbligata. Dobbiamo trovare un equilibrio autentico tra le esigenze connesse al mantenimento delle produzioni che storicamente caratterizzano il nostro territorio, le quali attraversano una fase di generale involuzione causata principalmente da fattori extraterritoriali e di competizione globale, e le potenzialità di crescita in nuovi settori che, valorizzando le nostre peculiarità, possono concretamente rappresentare una componente fondamentale dello sviluppo presente e futuro. In tal senso, è molto utile e prezioso il lavoro che da molti anni svolge l’ICSIM nel settore dell’archeologia industriale, proponendo studi, ricerche e progetti, che, oltre a fornire la necessaria base conoscitiva, ci consegnano l’insieme dei contenuti da sviluppare e sui quali attivare azioni concrete. Trasformare quelli che oggi appaiono elementi negativi e debolezze del nostro sistema economico industriale propulsori di un nuovo e moderno dinamismo, di cui protagonista sia il territorio nel suo insieme.


Franco Giustinelli Presidente ICSIM L’odierna iniziativa promossa dall’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI) e dall’Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “Franco Momigliano” (ICSIM) si segnala per diversi punti di interesse che ne fanno un’occasione abbastanza singolare nel panorama della ricerca di settore, non solo umbro. In primo luogo va infatti rimarcato che gli autori delle diverse comunicazioni sono in gran parte giovani studiosi, spesso allievi e talvolta docenti dei corsi dell’ICSIM, ai quali vogliamo offrire un’occasione concreta per farsi meglio conoscere e apprezzare. Per una disciplina abbastanza nuova come l’archeologia industriale si tratta di un aspetto essenziale, e non a caso il tema della formazione degli operatori è posto al centro di ogni saggia strategia di sviluppo in materia. Così è nello stesso protocollo d’intesa che la Regione Umbria, la Provincia di Terni il Comune di Terni e il Comune di Narni hanno sottoscritto quattro anni fa, affidando al nostro Istituto, tra gli altri compiti come la progettazione di un sistema museale “a cielo aperto”di quest’area, anche quello di promuovere le necessarie competenze per gestirlo. In secondo luogo va segnalata la qualità e l’ampiezza dei temi trattati nelle relazioni, a testimonianza non solo di una ricerca appassionata, ma anche delle possibilità offerte da un’attenta analisi sul territorio. Ne viene fuori un primo spaccato di una parte d’Umbria – quella centro-meridionale in particolare – ricca di siti, monumenti e documenti, che ci consente di aprire una finestra sulla variegata realtà della nostra regione, ben oltre il fondamentale apporto dell’area Ternana, Narnese e Spoletina, non a caso oggi più di altre in crisi a causa dei processi di deindustrializzazione che l’hanno interessata. Tutto ciò ci richiama immediatamente la correlazione tra quegli avvenimenti di ristrutturazione selvaggia, come nella chimica, quando addirittura non di chiusura, come nel settore magnetico della TissenKrupp - Acciai Speciali Terni, e le politiche che sono state intraprese per marcare un’inversione di tendenza. C’è qui tutto il tema delle grandi trasformazioni intervenute nel corso degli ultimi decenni, dalla globalizzazione dei mercati all’emergere di nuovi soggetti, come la Cina, sullo scacchiere produttivo mondiale, con la conseguenza di competere ormai con imprese e con sistemi-paese spesso lontanissimi e talvolta sconosciuti. Pensiamo per un attimo alla situazione di tanti comparti quale emerge dalla rappresentazione che ne dà Luciano Gallino a proposito della scomparsa dell’Italia industriale, per comprendere la portata epocale dello scontro in atto e tutte le difficoltà di un ipotetico nostro riposizionamento. Queste difficoltà in alcuni settori trainanti sono senz’altro accentuate dalle logiche che sono alla base delle politiche delle grandi multinazionali e dal venir meno dell’identificazione di determinati prodotti con ben individuati territori, al


punto che distretti produttivi fino a ieri molto forti e detentori di quote di mercato assai elevate ora debbono misurarsi con scenari in frenetica evoluzione. Tutto ciò – e questo è il terzo motivo di interesse – non fa però venir meno la spinta a riscoprire e valorizzare le specialità dei propri ambiti, per farne oggetto non solo di riflessione storica ma di nuove strategie di marketing territoriale nelle quali si punta ad attrarre il visitatore con pacchetti complessivi e diversificati. I titoli delle relazioni che raccolte in questo volume danno un’idea chiara in proposito, anche se riferiti a “prodotti” di aree circoscritte e non rappresentative dell’universo regionale. Ne consegue che in una ridefinizione delle vocazioni legate a una certa idea di sviluppo del terziario, sempre più spesso pubbliche amministrazioni, aziende private, istituzioni culturali e scientifiche sentono il bisogno di valorizzare quello che si è fatto prima, per collocarlo in una dimensione tutt’altro che statica e cioè in una vera e propria logica evolutiva, destinata in varia misura a superare l’idea stessa che abbiamo di un luogo tradizionale come il Museo. L’ultimo motivo di interesse, anche se qui si parlerà solo di pochi casi umbri, è quello legato al riuso delle aree industriali dismesse, un argomento di formidabile rilevanza urbanistica, sociale ed economica nelle zone metropolitane investite da processi di riconversione funzionale, ma comunque rilevante anche per le nostre città, che spesso possono così dotarsi di spazi e servizi altrimenti non immaginabili. Sentiremo in proposito quanto l’architetto Aldo Tarquini vorrà dirci circa la sua personale esperienza nell’Amministrazione Comunale di Terni. Questo convegno si presenta dunque come un’utile occasione per riflettere e per socializzare problematiche e conoscenze. Mi auguro che esso possa essere riproposto, affrontando temi sempre nuovi e coinvolgendo forze sempre più ampie e qualificate. In esso c’è anche un riscontro dello sforzo che quotidianamente l’ICSIM va facendo per sensibilizzare l’opinione pubblica alla salvaguardia e alla tutela del nostro patrimonio di cultura materiale e per recuperare parte del tempo perduto. A dieci anni dalla nascita il nostro Istituto può vantare risultati importanti in campi diversi, ma è proprio sul terreno dell’archeologia industriale che stiamo raccogliendo i riconoscimenti più significativi, con il master attivato con l’Università di Padova e varie Amministrazioni pubbliche e con il recente affidamento all’AIPAI e all’ICSIM dell’organizzazione del XIII Congresso del TICCIH (The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage), la sola rete mondiale di specialisti del patrimonio industriale. È la prima volta che un simile appuntamento giunge in Italia e per noi è motivo di soddisfazione organizzarlo dopo i Congressi che si sono svolti a Santiago del Cile, Londra e Mosca. Cercheremo di mostrare quanto di meglio si è fatto nel nostro territorio e nel nostro Paese e ci sforzeremo, in pari tempo, di dare un positivo contributo alla ridefinizione e allo sviluppo di una politica nuova per il settore, proprio come stiamo facendo oggi, pur nella diversità delle dimensioni, con questa iniziativa.


Sommario PREMESSA Xi

XIII

Presentazione Gino Papuli Cenni sull’attività del Corso di Archeologia industriale presso l’Università della Tuscia Enrica Torelli Landini

SITI E MONUMENTI 3

Conservazione e valorizzazione dell’archivio dei disegni tecnici della SIRI. Analisi dell’impianto 168 per la Stabilimenti di Rumianca Francesca Ciarroni

25 11

I documenti sulla sperimentazione del motore ad ammoniaca della SIRI Simone Mazzilli

34

La sala Claude: il frazionamento dell’aria nello stabilimento elettrochimico di Papigno Francesca Magurano, Roberta Palini, Veronica M. Vianello

44

Le abitazioni e i quartieri operai a Terni Sara Brunetti

56

Appunti per una storia delle miniere di lignite di Spoleto Marco Venanzi

71

Lo sviluppo degli impianti delle miniere di lignite di Spoleto (1880-1960) Francesca Ciarroni

86

La Reparto Fonderia “Almo Pianetti” dell’Istituto Tecnico Industriale di Terni Loredana Sciamanna e Orietta Storti


99

La Miniera di Collazzone Marusca Ceccarini

105

I progetti di navigabilità del Tevere e del Nera fra Otto e Novecento Moira Berrettoni

118

Modello 91: il fucile della Fabbrica d’Armi di Terni Gaudenzio Raffaelli

MUSEI, ITINERARI E PROGETTI 129

Il Museo del Tabacco di San Giustino Cristina Saccia

136

Il Museo del Laterizio di Marsciano Michele Capoccia e Laura Lupi

146

La SPEA di Narni e i progetti di riuso Gaia Cecca

169

Archeologia industriale e scuola: i percorsi dell’Antenna Pressa di Terni Angelo Bitti

181

Il progetto Papigno Gianni Bovini e Maria Grazia Fioriti

192

Il Parco delle Colline Metallifere. Valorizzazione del patrimonio minerario e sviluppo locale Massimo Preite

200

Il progetto di recupero delle miniere di Morgnano e di rifunzionalizzazione del pozzo Orlando Patrizia Risoldi

208

Il recupero delle aree industriali dismesse a Terni Aldo Tarquini

219

CONCLUSIONI Renato Covino


Il progetto Papigno

Il complesso dell’ex stabilimento elettrochimico di Papigno, situato in un’area pianeggiante posta lungo il fiume Nera, non lontano da Terni e dalla cascata delle Marmore, dopo la completa cessazione delle originarie attività produttive si è recentemente aggiunto al già cospicuo patrimonio di edifici industriali dismessi in vario modo gestiti dal Comune di Terni e proiettati verso prospettive di recupero e di riuso. Da quando, già negli anni sessanta e – soprattutto – negli anni settanta, per motivi legati a dinamiche e congiunture non dipendenti dall’ambito locale molti stabilimenti della zona sono stati costretti alla riduzione dell’attività e anche alla chiusura1 , il Comune di Terni ha dato prova, con le azioni politiche di controllo e salvaguardia e con il supporto conoscitivo e progettuale dei suoi uffici tecnici, di una precoce sensibilità per il patrimonio della civiltà industriale, riconoscendo in quei manufatti e in quelle aree elementi fondanti e non sostituibili del patrimonio storico e della struttura urbana della città. Tale scelta iniziale si è dialetticamente articolata in una prassi che ha prodotto concreti esempi di riuso e una serie di procedure operative apprezzabili in prospettiva quali spunti per la costruzione di un percorso metodologico. Particolarmente significativi i casi delle ex Officine Bosco2 , una fabbrica meccanica che produceva pezzi di caldar eria pesante, e dell’ex SIRI3 , un insediamento industriale che, per la sua collocazione, assetti societari e per i settori di attività (dalla siderurgia alla meccanica alla chimica) è una sintesi della storia industriale di Terni. In entrambi i casi le scelte progettuali sono leggibili nei termini di una riappropriazione da parte della città degli spazi della fabbrica e di una gradazione degli interventi di recupero, con la valorizzazione di alcuni spazi e volumetrie, l’inserimento di nuove architetture, ma anche con alterazioni e demolizioni, talvolta anche estese. Sul versante metodologico, l’esperienza ternana contribuisce a mettere in rilievo gli aspetti ricorrenti e qualificanti dell’intervento di recupero nei confronti delle testimonianze materiali della civiltà industriale. Negli attuali contesti politicoeconomici un tale intervento è un processo di lungo periodo che decolla se vi è il coinvolgimento di più entità e personalità a livello politico e culturale e che comporta quasi obbligatoriamente, per necessità economiche di gestione, la ricerca di soluzioni di riuso “compatibili”. Dalla iniziale fase di vincolo alla riconsegna del sito dismesso alla comunità per il riuso e la valorizzazione, vanno percorse, in una prospettiva temporale, le tappe della messa in sicurezza, delle scelte di riuso, del rilievo e del progetto, mentre azioni costanti e parallele a tutto l’iter di recupero, saranno quelle volte al reperimento di fondi (sul versante pubblico e privato) e alla raccolta dei dati conoscitivi. Gianni Bovini e Maria Grazia Fioriti, Il progetto Papigno

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Gianni Bovini e Maria Grazia Fioriti

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L’imponente complesso di Papigno, gigantesco work in progress del recupero industriale, costituisce da alcuni anni il banco di prova della politica di recupero ternana4 . Nel 2003 il completamento dell’acquisizione dell’area da parte del Comune di Terni ha portato all’incarico all’ICSIM per la redazione di uno Studio preliminare sulle aree e i fabbricati dello stabilimento già di pertinenza dell’ENEL, cioè destinati alla produzione e distribuzione di energia elettrica, nonché sulla Sala Claude e sull’annesso Reparto Compressori e Cabina Elettrica5 . È stata così messa a fuoco la necessità di ricorrere a uno strumento intermedio di studio e di valutazione, lo Studio preliminare appunto, la cui individuazione e successivo sviluppo appaiono quasi una fase di maturazione di una metodologia di intervento. Lo Studio si colloca nell’iter di recupero tra la fase di studio e di tutela e quella di intervento, con l’obiettivo immediato di trasferire, nella forma più chiara, sintetica e insieme esaustiva il complesso delle notizie reperite e disponibili sul sito ai progettisti impegnati nella fase di intervento perché questi le assumano e le utilizzino. Come strumento necessario in una fase di passaggio, si tratterà quindi per definizione di un prodotto non finito, di uno strumento di lavoro, destinato a essere in prospettiva superato. Una funzione quindi di raccolta e trasmissione dati, ma non solo. La composizione articolata del team di lavoro che comprende diverse professionalità e competenze e nel complesso personalità con anni di frequentazione dei temi di archeologia industriale, la raccolta documentaria e le conoscenze storiche e tecniche presenti, conferiscono una certa autorevolezza alle indicazioni di valore e alle proposte di riuso delle volumetrie. Maturazione, dunque, per un verso di una metodologia operativa, ma conferma per un altro di un approccio scientifico in materia di riuso su edifici del patrimonio archeo-industriale che vede il complesso delle conoscenze reperibili sull’oggetto dell’intervento come strumento essenziale per la sua “ricostruzione”. Una breve riflessione basta a evidenziare l’importanza di un tale approccio conoscitivo, oltre che per inquadrare qualsiasi tipo di problematica, per (ri)dare significato e per decodificare-contestualizzare i reperti (come in ogni archeologia e in particolare in quella degli edifici industriali) e per orientare le scelte di riuso. Ogni intervento di recupero si fonda infatti su di una lettura dell’esistente nelle sue articolazioni e stratificazioni storiche e si sostanzia di giudizi di valore e di scelte, queste ultime non necessariamente sempre di conservazione e di valorizzazione ma anche, laddove necessario e giustificato, di sacrificio. Il complesso delle conoscenze raccolte sul sito industriale, con i rimandi ai documenti originali, ne costituisce in sostanza il corpo storico-documentario, la pietra di paragone con cui ogni scelta progettuale dovrebbe confrontarsi e insieme il materiale con cui dar vita a ipotesi e percorsi di valorizzazione museale. È chiara, nella scelta di definire metodologicamente questa particolare fase – nel più lungo percorso di recupero – in cui sono essenziali e qualificanti la raccolta e la trasmissione delle conoscenze, la preoccupazione di prospettare, sia pure per Musei, itinerari e progetti


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una parte del complesso in esame, un recupero “integrale”, che ne evidenzi l’evoluzione storica e ricontestualizzi le testimonianze del lavoro e dei processi industriali. Importante quindi, nella filosofia che informa lo Studio preliminare e nella prospettiva di un recupero interpretativo, salvare i macchinari, ricostruire i processi produttivi, conservare e rendere accessibili i documenti archivistici. La forma assunta dallo Studio preliminare è quella di una serie di schede, accompagnate da rilievi e da fotografie, tante quante sono i corpi di rilevazione in cui è stato articolato il sito descritto – area ed edifici – in cui i dati raccolti sono distinti e organizzati per categorie. Tale scelta è risultata pressoché automatica a fronte delle preminenti esigenze di completezza, chiarezza, confrontabilità mentre colloca il modello definito in questa circostanza in una linea di continuità con la il modello catalografico per l’archeologia industriale elaborato dalla Regione Umbria e con il supporto del quale è stato schedato il patrimonio archeologicoindustriale nel territorio regionale6 . Al di là delle analogie (la suddivisione in corpi di rilevazione, l’articolazione principale in dati storici e caratteristiche costruttive, le ricche documentazioni iconografica e fotografica) nello Studio l’articolazione dei paragrafi obbedisce al duplice scopo di utilizzare i dati storici e iconografici per restituire spessore al singolo corpo di rilevazione (e non solo al complesso dell’insediamento industriale) e di leggere lo stesso corpo, in vista del recupero, nella sua realtà storica, funzionale e costruttiva. Inoltre, diversamente da quanto avvenne per l’ex Bosco e l’ex SIRI, in questo caso è stato possibile schedare i macchinari esistenti con l’obiettivo della loro conservazione e valorizzazione. L’articolazione dello strumento di rilevazione corrisponde in definitiva a una scomposizione dei vari oggetti da molteplici punti di vista, in modo da rendere la massa delle conoscenze ordinata e gestibile. Operativamente, il complesso rilevato è stato suddiviso in sette corpi: C1) Reparto Compressori e Cabina Elettrica; C2) Sala Claude; C3) Cabina da 120.000 Volt; C4) Cabine da 6.000 e 30.000 Volt; C5) Centrale Velino Pennarossa; C6) Cabina Anglo-Romana; C7) Area delle vasche di carico e degli edifici di manovra. Ciascuno di questi corpi è stato contraddistinto dal numero progressivo sopra riportato – inserito all’interno di un cerchio – e da un colore, elementi identificativi che sono stati riportati nella pianta dell’area oggetto di indagine e in tutte le pagine del fascicolo dedicato al corpo. Ogni fascicolo è composto da: 1) Scheda di rilevazione: 1.1) Funzioni: svolte nell’edificio, a varie date. 1.2) Dati storici: tutte le informazioni (ditte e/o società costruttrici, motivi, progetti e programmi di cambiamento, misure, caratteristiche dei macchinari, ecc.) e le datazioni rilevate dalle fonti archivistiche e bibliografiche.

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Figura 1 – La copertina dello “Studio” con individuati i corpi di fabbrica analizzati

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1.3) Fonti: individuazione e descrizione delle principali fonti archivistiche e bibliografiche. 1.4) Documentazione iconografica storica: analisi delle principali fonti archivistiche e bibliografiche. 1.4.1) Fonti archivistiche: elenco in ordine cronologico. 1.4.2) Fonti bibliografiche: elenco in ordine cronologico. 1.5) Inventario macchinari: identificazione, quantificazione e localizzazione dei macchinari – o parti di essi – presenti nei vari locali. 1.6) Caratteristiche costruttive Musei, itinerari e progetti


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Figura 2 – La prima pagina della scheda compilata per ciascun corpo di fabbrica, con le indicazioni relative alle “funzioni” e ai “dati storici”

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Figura 3 – Un esempio di scheda con la “Documentazione iconografica storica”

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Musei, itinerari e progetti


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1.6.1) Caratteri tipologico-distributivi 1.6.2) Organismo strutturale 1.6.3) Superfici esterne 1.6.4) Coperture 1.6.5) Stato di conservazione 1.7) Criteri di valutazione 1.7.1) Superfici utilizzabili 1.7.2) Collegamenti 1.7.3) Spazi interni 1.7.4) Qualità architettonica 1.7.5) Considerazioni generali 2) Piante quotate: i disegni informatizzati dei vari livelli dei corpi di rilevazione sono stampati in scala 1:200 (1:400 la sola Centrale Velino-Pennarossa); i vari ambienti sono identificati con una sigla alfanumerica costituita dalla sigla identificativa del corpo (C1 per il Reparto Compressori e Cabina Elettrica, C2 per la Sala Claude, ecc.), del livello (L0 per il piano terra, L+1 per il primo piano, ecc.) e del vano (V1 il primo, ecc.); di tutti viene riportata la superficie e, quando possibile, anche l’altezza (altrimenti lasciata in bianco per consentire di inserirla in un secondo momento). 3) Documentazione iconografica storica: vengono riprodotte le immagini rintracciate e identificate nelle fonti iconografiche e bibliografiche, corredate da una breve didascalia. 4) Piante con punti di ripresa delle immagini riprodotte nel Rilievo fotografico: nelle piante vengono forniti i punti di ripresa delle immagini (scattate nel corso della campagna fotografica) e il numero che le identifica. 5) Rilievo fotografico: le immagini scattate nel corso della campagna fotografica riprodotte secondo un ordine numerico. Lo Studio preliminare, utilizzato come strumento di raccolta dati, di lettura dei documenti, dei manufatti e dell’ambiente e, in definitiva, di sintesi e valutazione complessiva, ha quindi, come si è già detto, più esiti: per un verso consegna agli utilizzatori, immediati o futuri, i dati raccolti dopo averli interpretati e ordinati metodicamente, per l’altro formula valutazioni e giudizi che vogliono essere un termine di riferimento non eludibile nel dibattito sulle scelte di riuso e/o museificazione. Nell’insieme la raccolta dei dati (che ha tra l’altro consentito di sistematizzare una ricca documentazione iconografica) ha confermato il particolare valore del sito e degli edifici ex ENEL nel contesto del già pregevolissimo complesso di Papigno. Alcune delle motivazioni di una tale giudizio sono la particolare unitarietà-omogeneità posseduta dagli edifici “elettrici” pur in una significativa sequenza temporale, la leggibilità dell’evoluzione storica e l’importanza che una tale testimonianza concreta riveste, l’importanza delle permanenze relative al settore chimico (in particolare la Sala Claude, integra nel volume architettonico e nel complesso

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Figura 4 – Un esempio di “pianta quotata”

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Musei, itinerari e progetti


Gianni Bovini e Maria Grazia Fioriti, Il progetto Papigno

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dei macchinari utilizzati nel processo Claude per la produzione di azoto e ossigeno), le particolarissime caratteristiche tipologiche e spaziali (l’assoluta eccezionalità della sala a “V” della centrale Velino-Pennarossa, il respiro “basilicale” della Cabina da 120.000 Volt), l’imponenza delle volumetrie, la risorsa costituita dai collegamenti esistenti in orizzontale e in verticale, il valore “archeologico” oltre che architettonico e ingegneristico del cemento armato d’epoca di molti edifici, il collegamento alla rete di alimentazione degli impianti idroelettrici, l’inserimento in un ambiente naturale dalle caratteristiche eccezionali, ecc. Tutto ciò posto a confronto con i non indifferenti problemi da risolvere: dissesti statici e conseguenti importanti lavori di risanamento strutturale; degrado ambientale e necessità di adeguamento agli standard attuali di agibilità (isolamento termico e dall’umidità, impiantistica, ecc.); degrado delle strutture in cemento armato “storico” che comporta la soluzione di non indifferenti problemi tecnici, metodologici e normativi. A conclusione dello Studio, in stretta connessione con il lavoro di raccolta, interpretazione e sintesi dei dati, sono state fornite delle indicazioni di funzioni compatibili o, in alcuni casi, privilegiate, con l’importante premessa, valida in tutti i casi, che le scelte effettuate saranno tanto più efficaci,quanto più saranno in grado di portare ogni edificio in risonanza con la propria storia. Nel complesso, il gruppo di lavoro ha avanzato una proposta di riuso per fini misti: museali, culturali, polifunzionali, di servizio e produttivi, e ciò senza a scartare l’ipotesi di destinare a funzioni museali anche altre aree e altri edifici dello stabilimento di Papigno e tenendo conto della riconversione oramai operata da anni – e con indiscutibile successo – di quelli destinati alle produzioni cinematografiche. Ferma restando la necessità di un’adeguata valutazione dello stato di conservazione delle strutture e della loro messa in sicurezza, soprattutto delle gallerie e dei canali sotterranei, le indicazioni sinteticamente delineate per ciascun corpo di rilevazione sono state le seguenti: C1) Reparto Compressori e Cabina Elettrica: mantenimento in situ e restauro dei macchinari; mostra permanente sulla storia dell’industria chimica a Terni e sullo stabilimento di Papigno. C2) Sala Claude: mantenimento in situ e restauro dei macchinari; trasformazione in “museo di se stessa” vista la valenza del processo produttivo che vi si svolgeva e la qualità architettonica del fabbricato. C3) Cabina da 120.000 Volt: magazzino di archivi, sala di consultazione degli stessi, uffici e, al primo piano, spazio polifunzionale da destinare a usi molteplici, capaci di valorizzarne la qualità architettonica. C4) Cabine da 6.000 e 30.000 Volt: centro di accoglienza per gruppi in visita, aula didattica, magazzini di archivi e uffici da distribuire nei numerosi ambienti di diversa grandezza, qualità e funzionalità. C5) Centrale Velino-Pennarossa: mantenimento in situ e restauro dei gruppi alternatore-turbina e degli altri macchinari; “museo di se stessa” e dell’industria idroelettrica in generale date le sue caratteristiche dimensionali e qualitative;

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Figura 5-7 – La “Cabina 120.000” e la “Centrale Velino-Pennaross”, due degli ambienti più suggestivi del complesso elettrochimico (foto Alberto Mirimao)

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inoltre: spazi per uffici e mostre temporanee e anche mostre diverse come quelle dedicate alle scenografie delle produzioni cinematografiche, realizzando così una suggestiva commistione tra storia, industria e cinema. C6) Cabina Anglo-Romana: da valutare, dato il suo attuale stato di degrado, l’eventualità di procedere a una demolizione e ricostruzione che ne salvaguardi però alcune caratteristiche significative (ad esempio, gli arconi della facciata); in tal caso, potrebbero essere progettati nuovi spazi per nuove funzionalità, oltre che per uffici e magazzini. C7) Area delle vasche di carico e degli edifici di manovra: i vari fabbricati andrebbero recuperati per rendere evidenti le loro precedenti funzioni e inseriti in Musei, itinerari e progetti


un percorso di visita che consenta di apprezzare il rapporto costitutivo tra il sistema degli impianti idroelettrici e le particolari caratteristiche dell’ambiente naturale.

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Sulle vicende delle principali fabbriche di Terni cfr. Le industrie di Terni, a cura di Renato Covino, Crace, Perugia 2002. Sulle vicende delle ex Officine Bosco, oltre a Le industrie di Terni cit. (a nota 1) cfr., anche per il ricco apparato iconografico, Le Officine Bosco di Terni, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino, Maria Grazia Fioriti, Giampaolo Gallo e Michele Giorgini, documentazione fotografica di Elio Benvenuti, Electa, Milano 1987. Sulle vicende dell’area ex SIRI, oltre a Le industrie di Terni cit. (a nota 1), anche per il ricco apparato iconografico, Archeologia industriale e territorio a Terni. Siri Collestatte Papigno, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino e Michele Giorgini, documentazione fotografica di E. Benvenuti, Electa, Milano 1991. Interessante, soprattutto per la presentazione di materiale documentario e iconografico inedito, la mostra e il catalogo (a cura dell’ICSIM) “La SIRI: la fabbrica della ricerca. Luigi Casale e l’ammoniaca sintetica a Terni” (Terni, 2003). Gli interventi programmati sull’area dell’ex stabilimento di Papigno sono stati sistematizzati in Terni. I programmi urbani complessi, a cura di Aldo Tarquini, Comune di Terni, Terni 2002. Lo Studio preliminare per il riuso della Sala Calude e delle aree di pertinenza ENEL a Papigno, consultabile presso l’ICSIM su supporto cartaceo e informatico, è stato messo a punto da un gruppo di lavoro (supportato da Alberto Mirimao per la campagna fotografica e da Andrea Tropeoli per la segreteria) composto da Gianni Bovini, Renato Covino, Maria Grazia Fioriti, Cristina Menghini, Gino Papuli e Marco Venanzi. Nel corso di diverse campagne di rilevazione, la Regione Umbria ha raccolto circa 200 schede di siti archeologico-industriali redatte sulla base delle norme contenute in Un modello catalografico per l’archeologia industriale, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino, Maria Grazia Fioriti, Giampaolo Gallo e Michele Giorgini, documentazione fotografica di Elio Benvenuti, Electa, Milano 1987. Alcune di quelle schede sono state pubblicate in volumi dedicati a emergenze (oltre al volume sulle ex Officine Bosco ricordato nella nota 2, Lo Zuccherificio di Foligno, a cura di Fazio Bartocci, Renato Covino e Maria Grazia Fioriti, documentazione fotografica di Elio Benvenuti, Electa, Milano 1989), aree (Archeologia industriale e territorio a Terni. Siri Collestatte Papigno, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino e Michele Giorgini, documentazione fotografica di Elio Benvenuti, Electa, Milano 1991; Archeologia industriale e territorio a Narni. Elettrocarbonium Linoleum Nera Montoro, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino e Michele Giorgini, documentazione fotografica di George Tatge, Electa, Milano 1992), imprese (Le Acciaierie di Terni, a cura di Renato Covino e Gino Papuli, documentazione fotografica di Fabio Menghi, Milano 1998) o settori produttivi esemplificativi (Fornaci in Umbria, a cura di Renato Covino e Monica Giansanti, documentazione fotografica di Alessio Giorgetti, Electa, Milano 2002). Inoltre, la documentazione raccolta, consultata da cittadini, studiosi e studenti, è stata utilizzata dall’ICSIM per completare una serie di mostre storico-documentarie (il Palazzone, la SIRI, la chimica). La validità, la flessibilità e l’efficienza della scheda umbra è dimostrata anche dal fatto che è stata adottata dall’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali (IBAM) del CNR di Lecce e dalla cattedra di Archeologia Industriale dell’Università degli Studi di Lecce, che, a oggi, l’hanno utilizzata, con piccole modifiche, per schedare circa 400 siti.

Gianni Bovini e Maria Grazia Fioriti, Il progetto Papigno

strumenti & documenti • Patrimonio e monumenti industriali in Umbria

Note

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ISBN 88-87288-57-7

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€ 18,00 (IVA inclusa)

Patrimonio e monumenti industriali in Umbria

Indice del volume PREMESSA: Gino Papuli, Presentazione; Enrica Torelli Landini, Cenni sull’attività del Corso di Archeologia industriale presso l’Università della Tuscia. SITI E MONUMENTI: Francesca Ciarroni, Conservazione e valorizzazione dell’archivio dei disegni tecnici della SIRI. Analisi dell’impianto 168 per la Stabilimenti di Rumianca; Simone Mazzilli, I documenti sulla sperimentazione del motore ad ammoniaca della SIRI; Francesca Magurano, Roberta Palini, Veronica M. Vianello, La sala Claude: il frazionamento dell’aria nello stabilimento elettrochimico di Papigno; Sara Brunetti, Le abitazioni e i quartieri operai a Terni; Marco Venanzi, Appunti per una storia delle miniere di lignite di Spoleto; Francesca Ciarroni, Lo sviluppo degli impianti delle miniere di lignite di Spoleto (1880-1960); Loredana Sciamanna e Orietta Storti, La Fonderia Didattica “Almo Pianetti”; Marusca Ceccarini, La Miniera di Collazzone; Moira Berrettoni, I progetti di navigabilità del Tevere e del Nera fra Otto e Novecento; Gaudenzio Raffaelli, Modello 91: il fucile della Fabbrica d’Armi di Terni; Cristina Saccia, Il Museo del Tabacco di San Giustino. MUSEI, ITINERARI E PROGETTI: Michele Capoccia e Laura Lupi, Il Museo del Laterizio di Marsciano; Gaia Cecca, La SPEA di Narni e i progetti di riuso; Angelo Bitti, Archeologia industriale e scuola: i percorsi dell’Antenna Pressa di Terni; Gianni Bovini e Maria Grazia Fioriti, Il progetto Papigno; Massimo Preite, Il Parco delle Colline Metallifere. Valorizzazione del patrimonio minerario e sviluppo locale; Patrizia Risoldi, Il progetto di recupero delle miniere di Morgnano e di rifunzionalizzazione del pozzo Orlando; Aldo Tarquini, Il recupero delle aree industriali dismesse a Terni. CONCLUSIONI: Renato Covino.

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