Icsim i licenziati di terni 1952 53 crisi e ristrutturazione della siderurgia negli anni 50 catalogo

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ICSIM - Istituto per la Cultura e la Storia d Impresa Franco Momigliano

I licenziati di Terni 1952-1953 Crisi e ristrutturazione della siderurgia negli anni 50

con la collaborazione di CGIL TERNI CISL TERNI UIL TERNI

con il patrocinio di COMUNE DI TERNI PROVINCIA DI TERNI REGIONE UMBRIA

Catalogo della mostra Centro Multimediale di Terni (ex Officine Bosco) Terni 19 dicembre 2002 19 febbraio 2003


Direzione mostra Gianni Bovini Ricerca iconografica, bibliografica e documentaria Marco Venanzi Testi Alessandro Portelli Paolo Raspadori Marco Venanzi Progetto grafico Sandro Giuli Progetto esecutivo CRACE

Archivio Storico della CISL di Terni Servizio Musei e Beni Culturali della Regione dell Umbria Si ringrazia Centro Multimediale di Terni Archivio di Stato di Terni Associazione per la Storia dei Lavoratori e delle Lavoratrici della Provincia di Terni Proietti Divi Ettore Biblioteca Comunale di Terni ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni

Stampa catalogo Nobili Grafiche, Terni

un ringraziamento particolare per la collaborazione e la concessione del materiale documentario e fotografico a Iliana, Adriano e tutta la famiglia Candelori Claudio Carnieri Marcello, Carlo e tutta la famiglia Luzzi Alberto Petrini Rosanna Piccinini Alberto Piccioni Comunardo Tobia Alvaro Valsenti Famiglia Vulpiani

Fonti iconografiche Archivio Fotografico ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Archivio Storico della Camera del Lavoro di Terni

in copertina Manifestazione contro l uccisione di Luigi Trastulli, 17 marzo 1949 (elaborazione elettronica dell immagine a cura di Nadia Sforza, Terni).

Acquisizione immagini Vito Simone Foresi Cristina Saccia Segreteria ICSIM Stampa pannelli Abart, Terni


Il 12 dicembre 1952 vennero licenziati dalle Acciaierie di Terni 747 lavoratori. È l inizio di un anno drammatico per la città e per gli occupati alla Società Terni che si concluderà il 15 ottobre 1953 con altri 2000 licenziamenti. È questo un tassello di un processo di ristrutturazione massiccia della siderurgia italiana che era iniziato nel 1947-48 con l adozione del Piano Sinigaglia, che consentì il passaggio dalla siderurgia di guerra a quella di pace e, soprattutto, la possibilità per la produzione di acciaio italiana di essere concorrenziale con il resto della siderurgia europea.

per la città, ha cercato di porre in rapporto problemi economici e sociali nella convinzione che la cultura e la storia dell'impresa passino anche attraverso i momenti di crisi e debbano prendere in considerazione pure le complesse e controverse vicende del mondo del lavoro e delle relazioni industriali.

La pubblicistica dell epoca e la polemica politica addossarono alla costituzione della Comunità Europea del Carbone e dell Acciaio (CECA) la responsabilità maggiore delle politiche dei licenziamenti della Finsider. A cinquant anni di distanza va sottolineato come la CECA pesò in modo relativo sulle politiche di ristrutturazione e di alleggerimento occupazionale delle aziende italiane. I motivi di queste politiche vanno ricercati tutte all interno dell assenza di strategia delle dirigenze aziendali e nelle difficoltà storiche di un acciaieria come quella di Terni.

Franco Giustinelli Presidente ICSIM

Rivisitare a cinquant anni di distanza un evento traumatico come i licenziamenti di massa del 1952-53 rappresenta un modo di porre in rapporto la storia del comparto siderurgico ternano con quella della città e dei lavoratori che subirono l'evento. È anche un modo attraverso cui ridefinire i contorni di una memoria smarrita, rivisitando criticamente una vicenda storica. L ICSIM con questa mostra ha cercato di ricostruire e ridefinire i contorni di un evento che ha rappresentato un momento di svolta

È questa solo la prima di un arco di iniziative che copriranno tutto il 1993 e si concluderanno con un convegno internazionale sui processi di ristrutturazione e i licenziamenti nel comparto siderurgico in tutta Europa.


Acciaio e Carbone in Europa nel secondo dopoguerra # % # & ! "

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In Europa la seconda guerra mondiale lascia dietro di sé nazione ed economie stremate. In Germania la produzione è pari a un terzo dei livelli dell anteguerra; l Unione Sovietica ha perso il 40% del suo apparato industriale. In tutta Europa ci sono fabbriche distrutte, impianti per la produzione di energia inutilizzabili, città ridotte a macerie, infrastrutture ferroviarie e viarie compromesse, porti danneggiati. La produzione cerealicola risulta essere diminuita di un terzo in Francia e Germania e della metà nell Europa Orientale. Per soccorrere le popolazioni e avviare la ricostruzione economica è necessario ricorrere all aiuto dell alleato statunitense. Gli USA, forti della propria supremazia economica e militare, riversano in Europa aiuti per miliardi di dollari in due fasi successive: dal 1945 al 1946 e poi tra il 1947-48 e il 1952 con l European Recovery Program (ERP), o Piano Marshall. In un quadro complessivo di apertura dei mercati internazionali i 13 miliardi di dollari di prestiti a fondo perduto, macchinari e derrate agricole dell ERP permettono la ricostruzione e il rilancio delle economie dell Europa Occidentale: già nel 1951 queste superano mediamente del 30% i livelli produttivi dell anteguerra. La ripresa più consistente, tenuto conto della situazione di partenza, è quella della Repubblica Federale Tedesca, il cui Prodotto interno lordo negli anni cinquanta del Novecento, cresce del 6% all anno, la disoccupazione è quasi completamente riassorbita, il marco diviene la più forte moneta europea, l inflazione è controllata e la bilancia commerciale rimane sempre in attivo. Gli USA agiscono nell intento di rifondare i rapporti economici interna-

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zionali, improntandoli alla filosofia del capitalismo americano, dando vita a un vasto e vitale mercato mondiale in regime di libera concorrenza. La creazione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale nel 1944, gli accordi commerciali GATT nel 1947 e il primato del dollaro come valuta internazionale sono gli altri passaggi che scandiscono l affermazione del modello capitalistico statunitense. Contemporaneamente, l ideale di un Europa unita nel segno della pace e della cooperazione economica si fa strada tra i maggiori esponenti politici del continente. Questo avviene nel tentativo di giocare un ruolo autonomo nel quadro politico-economico emerso nell immediato dopoguerra. In tale progetto si impegnano, al di là delle differenze ideologiche, conservatori come Wiston Churchill, cattolici come Alcide De Gasperi, Conrand Adenauer e Maurice Schumann, socialisti come Lèon Blum e Paul-Henri Spaak. Gli organismi sovranazionali europei 1948 OECE (Organizzazione Economica per l Europa), fondata a Parigi per la distribuzione dei fondi ERP (nel 1961 diviene OECD). 1949 Consiglio d Europa, istituito per la salvaguardia del patrimonio tradizionale della civiltà europea e del progresso sociale. Ne sono membri 17 Stati di indirizzo democratico occidentale. Prevede un Segretariato a Strasburgo e un Assemblea Consultiva i cui membri sono designati dai Parlamenti nazionali. 1949 NATO (Organizzazione del Trattato dell Atlantico del Nord), ne fanno


parte dodici paesi, tra cui gli USA, impegnati nella difesa collettiva e nella reciproca collaborazione politica ed economica. 1949 COMECON (Consiglio di Mutua Assistenza Economica), strumento della politica sovietica grazie al quale si rafforza il controllo dell URSS sui paesi satelliti. 1950 UEP (Unione Europea dei Pagamenti), finanziata mediante l ERP, è il primo esperimento di cooperazione monetaria. 1951 CECA (Comunità Europea del Carbone e dell Acciaio), mercato comune cinquantennale del carbone, del ferro e dell acciaio, con il compito di coordinare produzione e prezzi. 1954 CERN, istituzione che promuove la ricerca atomica. 1955 Patto di Varsavia, organizzazione fondata dai paesi del blocco comunista per l assistenza militare, la sicurezza e la collaborazione politica. 1957 Trattati di Roma. Si costituisce l EURATOM per lo sfruttamento dell energia atomica e si dà vita alla CEE (Comunità Economica Europea). Gli obiettivi sono: l unione doganale da realizzare entro il 1970, la libera circolazione della manodopera e dei capitali, l integrazione progressiva della politica fiscale e sociale. Gli organi sono: il Consiglio dei Ministri degli Stati membri, che ha competenza per le direttive e il bilancio e nomina per quattro anni la Commissione della CEE, che ha sede a Bruxelles e ha compiti essenzialmente tecnici ed esecutivi; il Parlamento europeo, istituito nel 1958, ha sede a Strasburgo, vi fanno parte 142 membri eletti dai Parlamenti nazionali e ha funzioni di controllo; la Corte di Giustizia incaricata di dirimere le controversie fra Stato e Stato. La cartografia qui riprodotta ricalca i confini attuali.

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La costituzione della CECA

Jean Monnet e Robert Schuman davanti al quartier generale CECA a Lussemburgo (fonte: CECA 1952-2002, Bruxelles 2002, p. 19).

Dati i dibattiti europeisti e i timori francesi per la ripresa industriale tedesca e il controllo della Ruhr, il ministro degli esteri francese Robert Schuman propone una soluzione innovativa: la costituzione di un organismo sovranazionale con potere decisionale nei settori del carbone e dell acciaio. Il 18 aprile 1951 Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Italia firmano l accordo che istituisce la Comunità Europea del Carbone e dell Acciaio (CECA). Entrata in vigore nel 1953, sotto la presidenza del francese Jean Monnet, la CECA crea un mercato comune per il carbone e l acciaio, rimuove dazi, contingentamenti e altre restrizioni, armonizza le tecnologie e i salari. Sottrae alle imprese la libertà di organizzare cartelli e assegna alle istituzioni comunitarie il potere di regolamen-

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Articolazione della CECA e del Consiglio d Europa

(fonte: Carlo Ramazzotti, La Comunità Europea del Carbone e dell Acciaio, ICAS, Roma 1953, p. 119).


Produzione di acciaio grezzo

tare il mercato. Inoltre, con la dichiarazione dello stato di crisi manifesta , può fissare le quote di mercato delle imprese, i prezzi minimi e limitare le importazioni. La CECA dimostra così la validità di un organismo sovranazionale che lavora nell interesse di tutti i paesi membri e apre la strada ai Trattati di Roma del 1957. Nel corso degli anni cinquanta la produzione di carbone rimane sostanzialmente invariata, mentre quella di acciaio fa registrare incrementi significativi che contribuiscono allo sviluppo economico dei paesi aderenti. I dati sulla produzione di acciaio grezzo nei paesi aderenti alla CECA sono tratti da: Duncan Burn, The Steel Industry. 1939-1959. A study in competition and planning, University Press of Cambridge, Cambridge, tab. 105). I dati relativi alla Germania Ovest dal 1938 al 1947 sono stimati sulla base del suo contributo al totale della produzione tedesca dal 1948 al 1959.

Il primo lingotto di acciaio siglato EUROP , stabilimento Belva à Eschsur-Alzet, 10 febbraio 1953 (fonte: CECA 1952-2002, Bruxelles 2002, p. 97). Il secondo da destra è Jean Monnet.

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Il Piano Sinigaglia

Cornigliano, laminatoio a freddo (fonte: Lo sviluppo dell economia italiana nel quadro della ricostruzione e della cooperazione europea, a cura della Segreteria Generale del CIR, Roma 1952).

Oscar Sinigaglia, già dirigente dell ILVA e presidente della Finsider nel dopoguerra, per risolvere i problemi dell arretratezza della siderurgia italiana mette a punto un Piano basato su una concezione fordista: per ridurre i costi punta sulle grandi dimensioni degli impianti e sulle produzioni standardizzate, rilanciando il ciclo integrale, ossia il passaggio diretto dal minerale di carbone e di ferro all acciaio, ridimensionando l utilizzo del rottame. Il Piano prevede, quindi, pochi grandi stabilimenti, localizzati sul mare per facilitarne il rifornimento di materie prime, in grado di produrre grandi quantità di acciaio a basso costo. Nella concezione di Sinigaglia i costi sociali connessi agli investimenti necessari per l ammodernamento di un industria ad alta intensità di capitale, come

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quella siderurgica, sono inevitabili per consentire lo sviluppo dell industria meccanica, che occupa un numero di addetti dieci volte superiore e che è ritenuta la chiave di volta della modernizzazione del paese. Dopo il 1948, ripristinati gli impianti distrutti, la Finsider la finanziaria delle imprese pubbliche del settore procede ad ammodernare e potenziare gli stabilimenti più efficienti e a chiudere quelli più obsoleti, aumentando la specializzazione sia di quelli a ciclo integrale sia degli altri e assegnando un ruolo di integrazione alla produzione di acciaio a carica solida. Bagnoli viene orientato nei profilati del tondo per cemento armato e la vergella; Piombino nei semilavorati, nei profilati e nelle rotaie; Cornigliano nei laminati piani; Dalmine, Apuania, Costa Volpino e Torre Annunziata nei tubi; Campi nelle lamiere navali; Lovere nelle ruote e cerchioni. Dalla CECA la Finsider ottiene condizioni favorevoli per l approvvigionamento del rottame dall estero, un regime transitorio fino al 1958 di graduale riduzione dei dazi sulle importazioni e sussidi volti ad ammortizzare i costi sociali del Piano Sinigaglia. Recuperati i livelli produttivi prebellici, tra il 1953 e il 1957 la Finsider ribadisce la sua posizione leader, riuscendo a produrre l 82% della ghisa nazionale (77% nel 1938), il 51% dell acciaio (44% nel 1938) e il 55% dei laminati a caldo (38% nel 1938). L occupazione, scesa dalle 45.200 unità del 1945 ai 42.400 del 1954, aumenta fino a raggiungere i 48.500 occupati nel 1957.


I contraccolpi in Italia L attuazione del Piano Sinigaglia porta al licenziamento, tra il 1946 e il 1952, di 75.000 lavoratori nelle aziende pubbliche del settore. I partiti di sinistra e i sindacati operai nel loro insieme si oppongono al Piano, con l eccezione dei Consigli di gestione, contrari ai licenziamenti ma favorevoli alla razionalizzazione degli impianti siderurgici e al ciclo integrale. Il Piano si inserisce in un contesto nazionale caratterizzato da un forte scontro politico e sindacale che tende a ridimensionare la forza contrattuale dei lavoratori. Questi aprono una fase di lotte per il mantenimento dell occupazione che raggiungono anche livelli di notevole intensità, come nei 72 giorni di occupazione e autogestione dell Ansaldo. Spesso gli operai occupano le fabbriche minacciate di chiusura e vi continuano la produzione con lo sciopero a rovescio . I governi centristi si muovono su due fronti. Da una parte spingono per una modernizzazione e razionalizzazione dell apparato produttivo ed economico del paese, dall altra approvano provvedimenti che tendono ad ammortizzare il disagio sociale. Sono elementi costitutivi di questa politica la costruzione di case popolari attraverso l INA, la riforma agraria e i provvedimenti per il Mezzogiorno. Questo programma viene realizzato nel quadro di una forte contrapposizione ideologica, politica e sindacale. Il clima di guerra fredda determina in molti casi una politica repressiva nei confronti dei militanti delle opposizioni che, a volte, vengono discriminati sul luogo di lavoro. Tale situazione si attenua nella seconda metà degli anni cinquanta, dopo il ridimensionamento elettorale delle forze di governo, ma soprattutto grazie al miglioramento della situazione economica.

Le fasi della produzione siderurgica alla Società Terni

(Fonte: Franco Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Einaudi, Torino 1975, p. 6).

Indici dei salari e del costo della vita (settembre 1947)

(Fonte: Vittorio Foa, Sindacati e lotte sociali, in Storia d Italia. 5. I documenti, tomo 2, Einaudi, Torino 1973, pp. 1822-1823, 1826-1827).

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La Terni polisettoriale e la ricostruzione La Terni Società per l Industria e l Elettricità nasce nel 1922, quando la Società degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie di Terni (SAFFAT) incorpora la Società Italiana per il Carburo di Calcio (SICC). Tale fusione è lo strumento per realizzare un azione in grado di sostenere, grazie ai profitti realizzati attraverso la vendita di energia elettrica alle società distributrici, il peso di un acciaieria prevalentemente volta alle produzioni belliche. La Società Terni si configura così come un azienda polisettoriale; produce infatti: acciaio, cemento, lignite, laterizi, prodotti chimici ed energia elettrica. Nel periodo fascista l azienda si caratterizza come fabbrica totale , controllando non solo il tempo libero dei suoi dipendenti, ma anche il loro intero ciclo vitale attraverso le attività dopolavoristiche e assistenziali. Con l entrata in guerra dell Italia si manifestano rapidamente difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Dall agosto 1943 le difficoltà si produzione diventa estremamente difficile in tutti gli impianti a causa dei bombardamenti alleati, fino a cessare del tutto nel giugno 1944, quando le truppe tede-

sche in ritirata asportano numerosi macchinari e impianti e arrecano danni ingenti a tutte le centrali idroelettriche. All indomani della Liberazione, nel mutato quadro politico internazionale e nell impossibilità di riprendere le produzioni belliche, alcuni settori della Finsider ipotizzano il ridimensionamento dell acciaieria ternana. Il progetto viene accantonato viste le esigenze imposte dalla ricostruzione e l opposizione delle forze politiche e sindacali.

I danni provocati dai bombardamenti all officina meccanica delle acciaierie e alla città di Terni nei pressi di Ponte Romano, crollato (fonte: Alvaro Valsenti, Diventammo protagonisti, Terni 1998).


Le integrazioni produttive della Terni polisettoriale

(Fonte: Franco Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Einaudi, Torino 1975, p. 233. Le immagini degli impianti, databili alla metà degli anni trenta, provengono dall Archivio Fotografico della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni).


Il programma industriale del dopoguerra

La rete di distribuzione dell energia elettrica della Società Terni agli inizi degli anni cinquanta

Il 27 ottobre 1943 la Società Terni nomina un secondo Comitato direttivo con sede a Roma. È questo Comitato che, in seguito al passaggio del fronte e all interruzione dei contatti tra la Direzione generale situata a Genova e gli stabilimenti, gestisce la ricostruzione. Il complesso ternano viene parzialmente riattivato, dopo l estate 1944, soprattutto grazie all impegno profuso da operai e tecnici. La ricostruzione inizia con mezzi di fortuna e senza un piano industriale definito. L acciaieria già nel settembre 1944 produce 2.000 tonnellate mensili di acciaio e occupa circa 1.600 operai che, già alla fine dell anno, diventano oltre 4.000.

In seguito alle necessità imposte dalla ricostruzione, il modello polisettoriale sopravvive, con tutte le sue contraddizioni, alla riconversione dei primi anni del dopoguerra e al suo ideatore, Arturo Bocciardo, colpito da provvedimento di epurazione nel 1945. La produzione in poco tempo arriva ai livelli precedenti al conflitto, ma senza un radicale ammodernamento degli impianti. D altra parte anche lo sviluppo del settore idroelettrico avviene senza novità, seguendo la linea strategica stabilita a partire dagli anni venti del Novecento: sfruttamento intensivo del bacino idrografico dei fiumi Nera e Velino e dei loro affluenti, con l obiettivo di far diventare gli impianti della Società Terni lo snodo fondamentale della rete idroelettrica nazionale. Finita la guerra [...] si presentò immediato il problema della [...] conversione [...] ad una produzione di pace [...]. La campagna [della Camera del Lavoro] ebbe come primo effetto di indirizzare le Acciaierie verso settori di produzione nuovi come: ponti, caldareria, carri ferroviari [...]. [...] ciò permise [...] di [...] mantenere al lavoro oltre 8.000 persone (fonte: Camera del Lavoro Confederale di Terni, I problemi della ricostruzione del complesso Terni e l occupazione operaia. Relazioni dei rappresentanti operai dei Consigli di gestione, Roma [1949], p. 4).

La riparazione dei carri ferroviari è un esempio delle produzioni civili per la ricostruzione in cui si impegnò la Società Terni, che produsse anche scaldabagni, termosifoni e molini da grano (fonte: Archivio Fotografico TissenKrupp Acciai Speciali Terni).

(Fonte: Franco Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Einaudi, Torino 1975, p. 268).


Società, mondo del lavoro e sindacato Il 13 giugno 1944 Terni viene liberata. Lo stesso giorno si ricostituisce il Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale con rappresentanti di PCI, PSIUP, DC e PRI. Nella città, semidistrutta dai bombardamenti alleati, sono rimasti solo 8.000 abitanti sprovvisti di tutto. In questo quadro si colloca la questione della ripresa produttiva degli impianti della Società Terni, degli impianti produttivi e della città. Di fronte alla prospettiva della Direzione aziendale di parziale smobilitazione degli impianti siderurgici i sindacati e i partiti rispondono chiedendo il rapido ripristino delle produzioni in tutti i settori, dell avvio dell epurazione e la definizione di un programma di investimenti. L obiettivo è quello di garantire l occupazione e la ricostruzione. Queste richieste vengono in pratica accolte perché rispondono alle esigenze della ricostruzione materiale del paese ma anche per il clima collaborativo che si instaura tra la Direzione, i lavoratori e i loro rappresentanti. Garanti di ciò sono la presidenza del Consiglio di amministrazione affidata al socialista Tito Oro Nobili, l impegno dell azienda a costituire i Comitati di gestione, che avrebbero dovuto garantire la corresponsabilizzazione dei lavoratori all andamento dell azienda e, almeno fino al 1948, la presenza di un sindacato unitario, sia pure articolato in correnti.

La prima pagina dell accordo, siglato già il 19 marzo 1947, per l istituzione e il funzionamento dei Consigli di gestione in tutti gli stabilimenti e servizi della Società Terni: Acciaieria, Servizi elettrici, Nera Montoro, Papigno, Miniere, Cementeria e Nuovi impianti idroelettrici. L articolo 2 dell accordo, firmato da Tito Oro Nobili, presidente dell impresa, dai rappresentanti della Camera del Lavoro di Terni e dai rappresentanti delle Commissioni interne di tutti gli stabilimenti e sedi sociali, stabiliva che Il Consiglio Consultivo di Gestione di Stabilimento è organo collegiale, paritetico, costituito dai rappresentanti dell Azienda e dai suoi dipendenti (fonte: Centro Studi Ricerche Economiche e Sociali, Terni).

Alfredo Filipponi (Pasquale), comandante della brigata garibaldina Antonio Gramsci , con Poliuto Chiappini (alla destra di Filipponi), democristiano, membro del CLN (Alvaro Valsenti, Diventammo protagonisti, Terni 1998).

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Occupazione, massa salariale e produzioni alla “Terni” (1940-57)

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(a) Il dato della miniera di Morgnano comprende anche gli operai della miniera del Bastardo per il 1943 e il 1946. (b) Operai della Direzione generale, Sede centrale amministrativa, Direzione centrale amministrativa, Beni civili. (*) Nel 1943 la produzione di acciaio è stimata; nel 1940 sono stimati i salari di Papigno e della Cementeria (fonte: Franco Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Einaudi, Torino 1975, tabelle 10, 11 e 12, pp. 322-326).

Con la fine della ricostruzione la Finsider avvia un operazione che mira a ridimensionare il potere contrattuale degli operai ternani. Prima cerca di ridurre il potere di Tito Oro Nobili e dei consiglieri operai , poi riapre il confronto con i lavoratori a partire dal tema dei licenziamenti. Per dare una fonte di reddito ai reduci di guerra i rappresentanti sindacali accettano il licenziamento degli autosufficienti e dei lavoratori non residenti nella provincia; inoltre, la Società Terni frappone ostacoli all attuazione dell accordo sui Consigli di gestione. I rapporti di forza nel mondo politico e del lavoro stanno cambiando: prima l estromissione delle sinistre dal governo e la fine della collaborazione tra le forze antifasciste, poi la svolta liberista e la sconfitta elettorale dei partiti operai nel 1948,

infine l attentato a Togliatti e la scissione nel sindacato fanno sì che gli equilibri e i rapporti politici precedentementi siano messi in discussione. Nei primi mesi del 1948, incassato il sostegno governativo, il gruppo dirigente della Finsider è deciso a licenziare la manodopera in eccesso. Tra il 31 marzo e il 31 ottobre 1948, la Società Terni licenzia 2.311 lavoratori, soprattutto nel comparto siderurgico. Nobili non riesce a far passare un piano di investimenti capace di evitare i licenziamenti e si dimette il 7 ottobre 1948. Per risanare la Società Terni si passa dalla collaborazione tra capitale e lavoro , alla più tradizionale terapia dei licenziamenti .

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I licenziamenti del 1948 A sinistra: il processo produttivo previsto dal Piano Finsider del 1948 per gli stabilimenti a ciclo integrale di Bagnoli (da specializzare nelle produzioni commerciali), Piombino (rotaie, materiale di armamento ferroviario, profilati) e Cornigliano (nastri larghi e lamiere sottili, nastri a caldo e bramme) (fonte: Finsider, Sistemazione della siderurgia italiana, Roma 1948).

Tra il 1947 e il 1948, si esaurisce la fase della ricostruzione. Il ritorno alla normalità con la stabilizzazione della moneta e la normalizzazione dei mercati dimostrano la precarietà degli equilibri impiantistici e produttivi della Società Terni. Si pone la questione di un nuovo programma industriale e della riorganizzazione dell azienda a partire dall acciaieria e dalle miniere di lignite, di cui divengono evidenti i limiti nel momento in cui si rende disponibile carbone pregiato estero a basso prezzo.

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Sopra: il frontespizio del volume pubblicato nel 1949 con le relazioni dei Consigli di gestione a proposito della ricostruzione tecnica della Società Terni. A proposito delle acciaierie si legge: Ma per aprire alla Fabbrica altri e più sostanziali campi di attività occorre una profonda trasformazione delle attrezzature [...]. Dev essere tenuto presente, inoltre, il Piano Sinigaglia, secondo il quale le Acciaierie dovrebbero abbandonare la maggior parte della loro produzione commerciale; è necessario, quindi, intensificare le attività produttive di carattere meccanico, di carpenteria e di caldareria [...]. Contemporaneamente si pone il problema di potenziare e modernizzare la produzione di acciai speciali di qualità [per non] perdere il vantaggio che le deriva dalla sua esperienza in materia (ivi, pp. 4-5).

Per il comparto siderurgico il Piano Sinigaglia, volto a sviluppare prodotti commerciali in impianti a ciclo integrale, configura l abbandono delle produzioni belliche speciali. La razionalizzazione delle acciaierie di Terni viene attuata con la concentrazione della produzione in due forni elettrici Lectromelt, con la sistemazione e la


A sinistra: Volantino del Comitato di agitazione della CGIL di Terni a sostegno della lotta contro i licenziamenti (fonte: L Unità Sindacale , Bollettino quindicinale della Camera del Lavoro di Terni, II, 2, 24 novembre 1948). Sotto: Frontespizio della raccolta dei discorsi pronunciati al Parlamento dal deputato ternano Filippo Micheli sulla crisi delle industrie ternane .

meccanizzazione della fonderia per getti di acciaio e delle officine di fucinatura, con l installazione di un impianto per la produzione di ghisa malleabile e con il raggruppamento delle lavorazioni meccaniche, mentre viene portata avanti l esperienza della produzione di lamierini magnetici in collaborazione con la statunitense

Armco, viene costruito un reparto per la produzione delle condotte forzate e si abbandona la produzione di latta e altre lavorazioni legate alla ricostruzione. Emerge tuttavia ben presto la sproporzione tra le spese salariali e la capacità di reddito delle acciaierie. I licenziamenti, accantonati nel 1944, vengono ripresi in considerazione dalla Finsider a partire dal 1947: alla fine del 1948 l occupazione si riduce da 21.877 a 17.774 addetti.

I lavoratori delle acciaierie alla sfilata del I Maggio 1949 (fonte: Alvaro Valsenti, Diventammo protagonisti, Terni 1998).

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Un caso di emigrazione Antonio Luzzi, operaio del reparto prodotti refrattari dell acciaieria, in seguito al licenziamento avvenuto nel 1948, emigra venticinquenne in Gran Bretagna. Si stabilisce in Galles a Llanelli, un centro caratterizzato da una forte presenza di impianti siderurgici e meccanici, dove, a causa della ristrutturazione degli stabilimenti cittadini, c è una forte domanda di manodopera. Antonio Luzzi diviene la testa di ponte per una limitata ma significativa emigrazione di ternani a Llanelli. Infatti, solo dopo qualche mese lo raggiungono la moglie Ilva Candelori, con i due figli, Marcello e Fernanda, e il fratello di lei, il diciottenne Adriano Candelori. Antonio e Adriano prima, Marcello poi, pur facendo in seguito altri mestieri (meccanico, carburatorista), lavorano nelle aziende siderurgiche e meccaniche cittadine. Superate le notevoli difficoltà del primo

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periodo legate alla non conoscenza della lingua e della cultura inglese, i LuzziCandelori riescono a integrarsi. Adriano Candelori diventa un noto e apprezzato artista di Llanelli, ed espone le sue sculture nel Museo Civico di Lanelli. Evidenziando una caratteristica tipica dell emigrazione italiana, gli ormai numerosi discendenti del ramo inglese della famiglia non hanno interrotto il legame con i parenti italiani né, tanto meno, quello con la città di Terni.


12 dicembre 1952: i 700 licenziamenti È tuttavia nel 1952 e nel 1953 che inizia la fase critica relativa all alleggerimento dei costi salariali da parte della Società Terni. Il 12 dicembre 1952 l impresa annuncia i primi 700 licenziamenti. Per la precisione i licenziati sono 747, di cui 10 donne e 37 lavoratori prossimi al pensionamento. Di questi circa 350 non presentano la domanda di dimissione e continuano ad andare in fabbrica. È significativo il carattere che la stessa Società Terni dà ai licenziamenti, concentrati soprattutto nei vocabili, nelle frazioni e nelle località del circondario; vengono relativamente colpiti gli operai che abitano all interno della città, al villaggio Matteotti, al quartiere Italia, a Borgo Bovio, a viale Brin, in via dell Argine e in viale Campofregoso. Complessivamente i licenziati che risiedono nel centro storico, nell area di espansione urbana e nelle zone industriali sono 252, il 28,73%. Un altro elemento importante è che 67 licenziati sono uniti da rapporti di fratellanza e che altri 12 vengono licenziati insieme ai padri. Questi dati dimostrano che nella prima fase dei licenziamenti vengono applicati sia pure in modo relativo i criteri descritti dal capo del personale, Gino Campanella. Si cerca di licenziare persone che Delegazione di donne presso la Direzione della Società Terni (fonte: L Unità , 17 dicembre 1952).

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presumibilmente possono contare su altre fonti di reddito: coloro che hanno un po di terra oppure la casa, che non hanno carichi familiari. Insomma, pur dovendo adottare un provvedimento traumatico per molti, si cerca di evitare l esasperazione dei contrasti sociali. Queste accortezze non saranno più possibili quando i licenziamenti dovranno assumere un devastante carattere di massa.

La moglie di uno dei 700 licenziati riceve solidarietà presso lo spaccio n. 4 della Cooperativa Unione Lavoratori (fonte: L Unità , 25 marzo 1953).

Nella pagina precedente, sotto e nella pagina seguente, alcuni volantini che annunciano manifestazioni e iniziative a favore dei 700 licenziati (fonte: Archivio Storico della Camera del Lavoro di Terni).



I 2.000 licenziamenti

Le due pagine della lettera di licenziamento del 1953 (fonte: Archivio Storico della Camera del Lavoro di Terni).


I licenziamenti del 1952, pur provocando le proteste dei sindacati e dei lavoratori, vengono percepiti più come la chiusura di una fase che come prodromi di licenziamenti di massa. In realtà questi ultimi vengono decisi dall azienda e la mattina del 15 ottobre 1953 la Società Terni invia 2.000 lettere individuali comunicanti il licenziamento con decorrenza a partire dal giorno successivo. L evento colpisce for-

temente la sensibilità cittadina. La memoria popolare ricorda un giovane postino che, consegnando le lettere ripete, piangendo, Non è colpa mia, non è colpa mia . La protesta nei confronti dei licenziamenti è spontanea e immediata, e deriva in parte dalla durezza con cui le forze di polizia sciolgono gli assembramenti spontanei createsi in città e negli stabilimenti. Le or-

L Appello dei licenziati della Società Terni ai cittadini (fonte: Archivio Storico della Camera del Lavoro di Terni).

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ganizzazioni sindacali e il Comitato cittadino proclamano uno sciopero di 24 ore per il 16 ottobre e uno sciopero generale provinciale sempre per il 17. Il prefetto ritiene la situazione già dalla mattina del 16 indubbiamente, pregiudizievole per l ordine pubblico , e non autorizza il comizio che si sarebbe dovuto tenere in piazza del Popolo il 17. Il pomeriggio del 16 un gruppo di 500 persone si scontra, in piazza Tacito, con la polizia. Alla fine si contano undici feriti tra i poliziotti e uno tra i dimostranti, una fruttivendola di 52 anni, dirigente dell'UDI, poi arrestata. Il giorno successivo lo sciopero generale al quale partecipano anche i commercianti e i pubblici esercizi provoca il blocco totale della città di Terni. Alle ore 16 in piazza del Popolo si presentano alcune migliaia di persone. Interviene il reparto celere con

A sinistra l Avviso con cui la Direzione aziendale vieta l ingresso ai licenziati negli stabilimenti e negli uffici; a destra il manifesto di solidarietà affisso in città dall Associazione fra i commercianti (fonte: Archivio Storico della Camera del Lavoro di Terni).

lacrimogeni e ripetute cariche. I circa 4.000 dimostranti si riversano nelle strade adiacenti la piazza e sui tetti delle case limitrofe dove iniziano un fitto lancio di pietre e mattoni contro le forze dell ordine. All ospedale giungono tre civili feriti, due da arma da fuoco e uno da sfollagente , e undici tra poliziotti e carabinieri. Il prefetto e i dirigenti del movimento operaio iniziano a trattare per scongiurare che giunga la notte in una città in rivolta. Arnaldo Menichetti, segretario provinciale della FIOM, prende la difficile decisione di farsi accompagnare, con una camionetta della polizia a convincere i dimostranti a smontare le barricate. In seguito a tale mediazione i reparti di polizia defluiscono da piazza del Popolo tra due ali di folla che li accompagnano con urla, fischi e pietre.

Gli operai che frequentano il corso di riqualificazione proposto dall azienda come alternativa al licenziamento (fonte: L Unità , 20 novembre 1953).

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Da operaio a commerciante: Calfiero Canali Calfiero Canali nasce a Terni il 23 marzo 1916, nei pressi di borgo Sant Agnese. Figlio di emigrati provenienti dall Emilia Romagna, come il nonno e il padre lavora presso l acciaieria. Combatte in Marina la guerra di Spagna e la seconda guerra mondiale. Tornato a casa è riassunto dalla Società Terni con la qualifica di aggiustatore, integrando il salario da operaio con la coltivazione di un piccolo orto e con il commercio del vino. Calfiero Canali rappresenta un esempio tipico della caratterizzazione professionale e politica di buona parte degli operai ternani negli anni del dopoguerra. è un operaio specializzato, ha buon livello tecnico che solidifica con la leva nella Marina militare; pur non avendo esperienze antifasciste aderisce al PCI e alla CGIL. Licenziato nel 1953, trasforma, come molti altri, l attività del commercio di vini in questo caso nel suo nuovo mestiere. è il destino di molti dei licenziati che si riconvertono come commercianti, come esercenti di officine meccaniche, ecc. Nel corso degli anni sessanta del Novecento la sua attività si amplia con la creazione di un magazzino e con la distribuzione, per conto di una nota società, di diversi tipi di bibite.

Io ho fatto nov anni de marina [...] semo annati in Ispagna, stavamo giù pel non intervento, dicevano: eravamo noi, che scortavamo le navi che portavano i rifornimenti pe Franco; e quelle che portavano i rifornimenti pe quell antri, l affondavamo. La marina italiana, a quell epoca j avevano messo nome la marina pirata. [...] Ciavavano talmente messo dentro la capoccia quella propaganda, che noiantri se pijavamo n inglese ce lo magnassimo. [...] Perché? Perché n sapessimo gnente. [...] eravamo imboccati solo da quella propaganda loro [...] Chi sapeva gnente quello che succedeva fòri dall italia? Noiantri émo incominciato a capi [...] quanno [...] annassimo in Francia, annassimo in Turchia. [...] no ce potéa vede nisciuno [...] perché, perché sto fatto de sta dittatura che ciaveva sto partito fascista (fonte: Alessandro Portelli, Biografia di una città. Storia e racconto: Terni 1830-1985, Einaudi, Torino 1985, pp. 238-239).

Dopo molti anni gli sono riconosciuti dallo Stato i benefici spettanti ai licenziati per motivi politici. Muore il 6 luglio 1998.

Allora facevano a gara le squadre [...] Andavamo a vede , sopra la lavagna, quanti lingotti avevano passati [...] «Quanti n hanno fatti? Duecento. Allora noi ne facemo duecentodieci». Venivano quell antri del terzo turno: «Quanti n hanno fatti? Duecentodieci? Duecentoventi, allora». Era proprio spirito competivito de squadra, perché ogni turno ciaveva un capotreno, un caposquadra, e allora ognuno cercava de supera [...] Ma ai serpentatori [...] Gni tanto qualcheduno j entrava là la coscia sta sbarra: se stuccavano li piedi. E nsomma, perch era tropp accelerato sto ritmo de lavoro (fonte: Alessandro Portelli, Biografia di una città. Storia e racconto: Terni 1830-1985, Einaudi, Torino 1985, p. 305).

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La situazione occupazionale dei licenziati otto anni dopo Nel 1961 il Centro Regionale per il Piano di Sviluppo Economico dell Umbria cerca di accertare gli esiti occupazionali dei 2.700 licenziati del 1952 e 1953 nell ambito delle ricerche volte ad analizzare le caratteristiche e la struttura dell industria regionale, riconoscendo alla Società Terni la funzione di scuola di qualificazione per conto delle altre industrie siderurgiche e meccaniche, nazionali ed estere . Ottenuto dall Ufficio Provinciale del Lavoro l elenco dei 2.424 addetti licenziati, il Centro esclude dalla sua analisi i 700 che poterono usufruire dell assistenza della CECA, coloro che al censimento del 1961 avevano trovato occupazione fuori regione e quanti già alla data del licenziamento avevano superato i 55 anni di età (ritenendo difficile il loro riassorbimento nell atti-

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vità produttiva e, invece, molto probabile il loro pensionamento). La ricerca, condotta quindi su 1.478 lavoratori (il 61% del totale), conferma la prevalenza, tra i licenziati, degli addetti specializzati (797) rispetto ai generici (681) e, relativamente alla loro situazione occupazionale al 1961, offre i risultati riportati nei grafici.

(Fonte: Luigi Bellini, I licenziati dalla Terni nel 1952: la loro situazione dieci anni dopo, Centro Regionale per il Piano di Sviluppo Economico dell Umbria, Collana degli Studi per il Piano, vol. XI, Struttura e problemi dei servizi in Umbria, tomo X, Perugia 1966).


Dopo i licenziamenti Nel caso dei licenziamenti del 1953, a causa del loro carattere di massa, non si poté, né si volle, utilizzare le accortezze che, in qualche modo, si erano seguite nel 1952. I licenziamenti colpiscono indiscriminatamente tutti: sia coloro che hanno qualche titolo di proprietà o risorsa, sia lavoratori senza familiari a carico che lavoratori con carichi familiari rilevanti. In questo quadro si inseriscono peraltro fenomeni di discriminazione politica: in termini percentuali i licenziamenti colpiscono soprattutto i lavoratori che militano nei partiti di opposizione e i militanti sindacali più attivi. Alcuni licenziati vengono destinati a lavori pesanti e scarsamente qualificati legati al programma idroelettrico della Società Terni (scavo delle opere idrauliche per la centrale di Recentino), altri partecipano a corsi di riqualificazione aziendali della durata di tre mesi nella prospettiva di essere riavviati ad altre attività. L intera città vive un momento drammatico di crollo dei redditi. I licenziamenti hanno contraccolpi sull insieme del tessuto cittadino. Né poteva essere diversamente tenuto conto del fatto che buona parte della ricchezza della città proveniva dai salari erogati dalla Società Terni. Lo stesso sindacato vive nel suo insieme un momento di difficoltà accentuato dalla divisione che viene a crearsi tra le diverse associazioni: non a caso Franco Bonelli parla di un sistema di relazioni sindacali tipo anni trenta. Ma soprattutto emergono , oltre la tragedia collettiva vissuta dalla città, i drammi individuali. I licenziati e le loro famiglie, per sopravvivere, si arrangiano in mille mestieri; alcuni prendono la via dell emigrazione. Ciò che più conta è che nel 1953 inizia il tramonto di un idea di fabbrica totale costruita durante il fascismo e interiorizzata

I risultati delle votazioni per la Commissione Interna di Fabbrica degli stabilimenti siderurgici (fonte: Archivio Storico della Camera del Lavoro di Terni e Archivio Storico della CISL di Terni).

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dagli stessi lavoratori. Una fabbrica, cioè, capace comunque di fornire reddito, di dare un occupazione stabile, di garantire forme di welfare aziendale, di realizzare un ideale di sicurezza al riparo da crisi e ristrutturazioni. Alla fine muterà anche la composizione dei lavoratori di fabbrica: diminuiranno gli specializzati e si affermerà una figura, quella del metalmezzadro, ritenuta dalla dirigenza aziendale più docile dei tradizionali operai di mestiere.

Nel 1957 Guido Piovene così descrive la situazione a Terni: La crisi dell industria si riflette sull agricoltura ed i commerci cittadini. Terni è divenuto perciò un problema nazionale, giacché non sarebbe opportuno, per non dire altro, creare una zona depressa non lontano da Roma. E infatti, vi ho trovato un atmosfera agitata e apprensiva: la convinzione d essere sacrificati dallo Stato, dai grandi magnati italiani e stranieri: o, più vera di tutto, la lotta tra la ragione economica e il diritto alla vita (Guido Piovene, Viaggio in Italia, Milano 1957, p. 270, citato in Renato Covino e Giampaolo Gallo, Le contraddizioni di un modello, in Storia d Italia. Le regioni dall Unità a oggi. L Umbria, Einaudi, Torino 1989, p.115).

Provvedimento disciplinare (fonte: Archivio Storico della Camera del Lavoro di Terni).

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La memoria I licenziamenti del 1952 e del 1953 dividono in due la storia di Terni operaia. Migliaia di famiglie perdono un sostegno necessario per sopravvivere: dopo una dura e lunga lotta, solo pochi riavranno il lavoro, mentre tantissimi operai ternani saranno costretti all emigrazione o a trasformarsi in artigiani o piccoli commercianti, con esiti diversi ma sempre mortificando professionalità e identità. Mentre l Italia si avvia al boom economico, Terni subisce un colpo durissimo. È l inizio di un lungo ma inarrestabile processo di deindustrializzazione: comincia il tramonto del modello della città-fabbrica e della company town, cambia il quadro occupazionale della città e la composizione stessa della classe operaia. In questo spartiacque drammatico Terni operaia trova ancora motivi di identità e di orgoglio. è una città intera che si solleva a difesa della sua fabbrica e dei suoi operai. Nella memoria, il racconto di quei giorni trova toni epici che si coagulano in un simbolo: nella memoria della città, l uccisione Luigi Trastulli da parte della Cele-

Cittadini ternani sfilano alla marcia della pace del 1949 con un ritratto di Trastulli. In basso a sinistra (fonte: Alvaro Valsenti, Diventammo protagonisti, Terni 1998).

Manifestazione contro l uccisione di Luigi Trastulli, 17 marzo 1949 (fonte: Ivi).

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I funerali di Luigi Trastulli, 18 marzo 1949 (fonte: Alvaro Valsenti, Diventammo protagonisti, Terni 1998).

re, avvenuta nel 1949, viene spesso spostata in modo da coincidere con la risposta di massa ai licenziamenti. Trastulli e i licenziamenti marcano dunque un periodo drammatico, una lotta quotidiana e di lunga durata, che sostiene l identità e l orgoglio di Terni operaia proprio nel momento in cui comincia a erodersi la sua base economica. La memoria collettiva addensa una singolare convergenza di racconti sbagliati, invenzioni, leggende, che vanno da ricostruzioni immaginarie alla dinamica dell evento, fino addirittura al suo spo-

Versi di Dante Bartolini: operaio della Società Terni, licenziato nel 1952, contadino, calzolaio, barista, ammazzatore di maiali, esperto di erbe medicinali, poeta, cantore, narratore, partigiano, militante comunista.

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stamento da un contesto storico a un altro. Si tratta di un fenomeno troppo coerente e diffuso per poterlo attribuire al cattivo funzionamento della memoria dei singoli.

(Fonte: L Unità , 3 febbraio 1954).


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