Icsim uomini e macchine la forgia di terni catalogo della mostra 2002

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ICSIM - Istituto per la Cultura e la Storia d Impresa Franco Momigliano

Uomini e macchine La Forgia di Terni

con il patrocinio di

COMUNE DI TERNI Assessorato alla Cultura

Catalogo della mostra Centro di Documentazione sul Patrimonio Industriale

ASSOCIAZIONE ITALIANA DI METALLURGIA

Locale Antenna Pressa via Domenico Mascio Terni 15 maggio 2002 15 luglio 2002


Direttore mostra Nicola Crepax Curatore mostra e autore testi Gino Papuli Coordinamento Andrea Tropeoli Progetto grafico Sandro Giuli Progetto esecutivo Gianni Bovini Acquisizione immagini Vito Simone Foresi Cristina Saccia Massimiliano Usignoli Impaginazione pannelli Sabrina Terenziani (Cliomedia, Terni)

Fonti iconografiche Archivio fotografico AST-SdF, Alberto Bravini, Gino Papuli, Publifoto, Enzo Sabbatucci. Gli schemi di forgiatura sono opera di Alfio Vincenzoni. Si ringraziano Società delle Fucine ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Ministero per i Beni e le Attività Culturali Comune di Terni, Assessorato alla Cultura Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni Cassa di Risparmio di Terni e Narni (CARIT) Lions Club Terni Host

Realizzazione Centro Ricerche Ambiente Cultura Economia (CRACE) Segreteria ICSIM Stampa pannelli Grafidea, Perugia Stampa catalogo Nobili Grafiche, Terni

Prima di copertina: La Forgia di Terni (foto Mimmo Jodice, 1975). Quarta di copertina: Disegno di insieme della pressa da 12.000 tonnellate ( Mascio Engeenering Terni ).


L Istituto per la Cultura e la Storia d Impresa, intitolato alla memoria di Franco Momigliano, economista e uomo d azienda d eccezione, ha da sempre sviluppato la propria azione sul duplice binario della formazione e della proposta culturale, considerando i due piani un tutt uno inscindibile. I corsi in Economia, Storia, Siderurgia, Archeologia industriale, Archivistica, che negli anni si sono svolti a Villalago di Piediluco si sono così via via integrati con iniziative nel campo degli studi e della ricerca. In particolare, le attività rivolte alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio archeologico industriale della regione rappresentano per l Istituto un occasione per ribadire la propria attenzione alla realtà economica locale e, quindi, il proprio radicamento nel tessuto produttivo del Ternano e dell Umbria. Questa mostra, come la precedente dedicata all edilizia operaia a Terni, costituisce uno degli esiti del lavoro e dell analisi compiuti sul territorio e che avranno nell auspicato intervento sull area di Papigno la loro realizzazione più significativa. Gli studi condotti a vario titolo nell ambito dell Icsim trovano un tratto distintivo in una concezione dell idea di impresa, intesa quale comunità di uomini, dove competenze, abilità e capacità organizzative negli anni si sedimentano e si accumulano in un contesto di continua interazione con l ambiente economico e sociale. L ambiente a sua volta appare, nei suoi caratteri principali, determinato dal concorso di una pluralità di elementi tra i quali le imprese e, in genere, l organizzazione della produzione, svolgono un ruolo di primo piano. Lo sviluppo della città di Terni, del suo tessuto sociale e delle sue tradizioni culturali sono,

in questa visione, da considerare unitariamente alla storia delle sue imprese e di chi vi ha lavorato. L eccellenza tecnologica e le potenzialità delle strutture produttive della città sono quindi studiate in primo luogo come il frutto di un patrimonio genetico costruito ed evoluto nel corso dei decenni grazie al contributo di diverse generazioni di lavoratori, tecnici, impiegati e manager. Questa mostra, che celebra la tradizione della Forgia di Terni, muove dalla convinzione che sia compito precipuo di chi deve formare le nuove generazioni di uomini d impresa contribuire alla conoscenza, scientificamente fondata, di questo processo nella sua complessità considerandone le contraddizioni, le battute d arresto, le affermazioni e i successi. Terni, 15 maggio 2002 Il direttore Nicola Crepax


SOMMARIO # % # & ! "

Cos è la forgiatura La grande industria a Terni Il maglio da 108 tonnellate Dal maglio alle presse Dai cannoni ai rotori Uomini e macchine Note bibliografiche Documentazione tecnica Appendice

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La ricostruzione dell Italia nel dopoguerra Professionalità e immagine La cabina sferica del batiscafo Trieste La Forgia di Terni, oggi Il salvataggio della pressa da 12.000 tonnellate

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Fasi di forgiatura di un rotore per generatore elettrico.

Cos è la forgiatura La forgiatura dal latino fodere, ossia plasmare, dare forma è una delle attività che l uomo ha esercitato, sin da tempi lontanissimi, per lavorare i metalli ricavandone utensili di lavoro e armi da caccia e da difesa. Significato identico ha la parola fucinatura. La maggior parte dei documenti che ci pervengono dalle civiltà antiche indica che il forgiatore ha sempre ricoperto un ruolo eminente nella vita sociale, sia per l importanza strategica che i suoi prodotti avevano per la comunità, sia per il non comune saper fare acquisito con fatica quotidiana, utilizzando le esperienze tramandate di padre in figlio e perseguendo nuovi traguardi.

L alone di mistero che quasi sempre circondava questo mestiere spiega la presenza dei forgiatori nella mitologia (basti pensare al dio Vulcano) e nelle tradizioni popolari di molte etnie. Nella penisola italica le origini della forgiatura sembrano risalire ai Villanoviani Umbri; ma è solo con i loro immediati discendenti gli Etruschi che l arte di lavorare il ferro si sviluppa e si afferma sul piano tecnico e su quello commerciale. I prodotti più ricercati sono le armi e gli utensili, ossia i mezzi di difesa, di caccia, di lavoro; poi, nelle civiltà progredite, gli elementi di congegni e macchine: ruote, ingranaggi, bielle, snodi, bilancieri; ossia pezzi con caratteristiche di resistenza non

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A fianco: Forgiatori al lavoro, rappresentati su vasi attici del VI secolo a.C. Sotto: Fabbro romano di serrature (II secolo d.C.).

ottenibili con altri processi metallurgici (per esempio la fusione). Gli attrezzi essenziali per forgiare un massello di acciaio sono la mazza, l incudine e la tenaglia. Ma è indispensabile disporre anche di un mezzo di riscaldo (forno o forgia) in cui portare il metallo a temperature tali da renderlo duttile (850-1.100 °C). Queste esigenze di base si ritrovano anche negli impianti moderni di grandi dimensioni, dove la mazza e la tenaglia sono sostituiti, rispettivamente, dal maglio (o dalla pressa) e dal manipolatore. Alla fine dell operazione di forgiatura il metallo ha assunto la forma desiderata (grezza), ma le sue caratteristiche strutturali sono alquanto scadenti. Per migliorarle

si fa ricorso ai cosiddetti trattamenti termici, che consistono in cicli di riscaldamento e di raffreddamento rapido (per esempio temprando il pezzo caldo in acqua o in olio), così da ottenere i richiesti valori di durezza, resistenza e tenacità. In genere, alle operazioni a caldo fanno seguito le lavorazioni meccaniche (tornitura, fresatura, foratura, ecc.) mediante le quali la forma inevitabilmente non del tutto precisa ottenuta con la forgiatura, viene rifinita a disegno.

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Sopra a sinistra: Una fucina medievale in cui l energia idraulica, oltre ad azionare il maglio, soffia aria nel focolare. Sopra: Magli a testa d asino mossi da ruote idrauliche.


La grande industria a Terni Il passaggio dalla forgiatura tradizionale a quella moderna avviene con la Rivoluzione Industriale, quando i progressi della siderurgia consentono di ottenere grandi quantità di acciaio a basso costo. In questa evoluzione, la spinta più efficace viene dalle esigenze militari di armamento pesante (in particolare, corazze navali e cannoni di grosso calibro); esigenze che rivestono, quindi, un ruolo di rilevanza nazionale. Ciò vale anche nella seconda metà dell Ottocento per la giovane Italia, la quale, subito dopo l Unità, si trova ad affrontare, tra i primi problemi, quello della disponibilità di industrie pesanti. In questo contesto, la scelta di Terni come luogo idoneo per la localizzazione di impianti come la Fabbrica d Armi, la Fonderia e subito dopo le Acciaierie, non fu l effetto di un concepimento interno, bensì la risultanza di interessi pubblici e finanziari, lungo l itinerario protezionistico-siderurgico del modello di sviluppo italiano dell epoca1. L abbondanza di risorse idrauliche della zona non escluso il salto delle Marmore aveva da tempo consentito di azionare ruote motrici, intervenire nei processi di lavorazione, eliminare rifiuti. Ma i primi progetti per uno sfruttamento organico delle forze idrauliche nascono nel 1860 e comprendono anche idee ardite e fantasiose, come quella dell ingegnere ternano Ottavio Coletti per un collegamento ferroviario Terni-Rieti mediante conche di locomozione. Un decennio dopo si ebbe un concreto e determinante passo avanti con la costruzione dei canale Nerino, definito retoricamente il sistema vascolare della nuova Terni industriale . Il suo apporto al futuro della città fu determinante non soltanto per la razionalizzazione delle risorse idrauliche disponibili per le imprese già operanti (alcune delle quali avevano in precedenza utilizzato attingimenti indivi-

duali) ma soprattutto in vista di quegli insediamenti di grandi dimensioni che nella disponibilità idrica trovavano uno dei presupposti di fattibilità. Nel 1873, nelle vicinanze della stazione ferroviaria, l industriale svizzero Giuseppe Lucowich installò una fonderia di ghisa che utilizzava una concessione di 4 mc/ s di acqua. Su disegno del distinto e noto ingegner Ponsard di Parigi vennero costruiti due altiforni da 15 tonnellate ciascuno. Il minerale proveniva dall Elba,

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Sopra, dall alto: Veduta generale delle Acciaierie, dalla collina di Pentima. La visita di Vittorio Emanuele III alle Acciaierie (1934).


mentre il carbone di legna era prodotto dalla stessa ditta Lucowich che, per questo scopo, usava comprare interi boschi. Pochi anni dopo, il prezzo della ghisa subì un notevole calo, mentre aumentò il prezzo della legna. Di conseguenza la ditta Lucowich spense gli altiforni e continuò il lavoro con due forni a manica di seconda fusione. In questo caso la materia prima era ghisa di prima fusione, per lo più importata. La produzione consisteva essenzialmente in tubi per acquedotti, da 100 a 500 millimetri di diametro. Nel 1879 giunse a Terni l ingegnere franco-belga Cassian Bon, il quale rilevò la maggioranza azionaria della Lucowich, di cui divenne direttore-gerente. Uomo e tecnico di vaglia, Cassian Bon ristrutturò la Fonderia: il fatturato salì considerevolmente e vennero prodotti tubi sino a 1.250 millimetri di diametro, per gli acquedotti di molte città d Italia, tra cui Venezia, Napoli e Ancona. Ma, probabilmente, le fortune siderurgiche di Terni si sarebbero limitate alla Fonderia di tubi se la fervida mente di Cassian Bon non avesse dato corpo alle istanze di coloro che già da tempo avevano intuito quale ottimale collocazione avrebbe potuto avere, nella valle ternana, quell opificio destinato alla costruzione di corazze e armi navali di cui le forze politiche e militari chiedevano la realizzazione per affrancare l Italia dalla sudditanza dello straniero . A livello decisionale, l elemento catalizzatore fu, senza dubbio, la conoscenza personale che Cassian Bon aveva con il senatore Vincenzo Stefano Breda, il quale, alle vaste benemerenze che vantava nel campo politico e governativo, univa affermate doti di imprenditore. Breda fu, dunque, con l aiuto di Bon, il protagonista delle complesse azioni politiche e finanziarie che portarono alla nascita delle Acciaierie di Terni2. La Società degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie di Terni (per brevità SAFFAT)

venne costituita il 10 marzo 1884 con istromento del notaio Contessa di Stroncone, e con finalità molto ambiziose. Giova ricordare che, nella seconda metà dell Ottocento, la siderurgia stava mettendo a frutto gli insegnamenti della Rivoluzione Industriale e consolidava i suoi sviluppi con l apporto di nuovi mezzi produttivi. L avvento del convertitore Bessemer come complemento dell altoforno per trasformare la ghisa in acciaio, era valso ad abbassare i costi di produzione e a diffondere l uso dei prodotti siderurgici. Ma motivazioni varie fra cui prevalevano quelle tecniche e qualitative avevano favorito anche la ricerca di altri processi. Si affermò, tra questi, quello costituito dalla rifusione di ghisa e di rottami ferrosi in forni a suola aperta denominati MartinSiemens dal nome degli ideatori. Concettualmente, tale processo che è stato il precursore della posteriore acciaieria elet-

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Fonditori di acciai al crogiolo.


Il reparto di stampaggio a caldo delle Acciaierie (1890).

trica si prestava molto bene per la produzione di acciai speciali (contenenti elementi di lega come cromo, nichel, molibdeno, vanadio) ed era di conduzione flessibile rispetto all altoforno dal punto di vista dei tonnellaggi prodotti. Dunque, il processo Martin-Siemens era la risposta ottimale ma anche l unica disponibile a quel tempo per la domanda di prodotti di elevate caratteristiche meccaniche che il nuovo stabilimento di Terni era chiamato a soddisfare nel settore degli armamenti. I forni Martin-Siemens di Terni furono i primi ad essere istallati in Italia. Un altra considerazione riguarda la progettazione e la realizzazione degli impianti di trasformazione del metallo, anche perché, dovendo creare da zero uno stabilimento strategico, era logico che si cercasse di ottenere quanto di più moderno e adeguato possibile. Prima di dare corpo al piano esecutivo, un viaggio di orientamento e di relazioni presso le principali acciaierie di Francia, Belgio e Inghilterra venne effettuato, agli inizi del 1884, da Cassian Bon e dai suoi più validi collaboratori tecnici. I risultati di questo viaggio

furono determinanti non soltanto per la definizione della struttura tecnologica e impiantistica del nuovo opificio di Terni ma anche per l ottenimento di un apporto di conoscenze preziose per l avviamento della produzione. Tale apporto si estrinsecò in due direzioni principali: la progettazione e la costruzione di un grande maglio (la cui realizzazione fu affidata alla società belga Cockerill ), e la specificazione delle modalità per il ciclo produttivo delle piastre di corazzatura delle navi; modalità che furono messe a punto con il contributo della nota società francese Schneider di Le Creusot. Queste iniziative permisero, in breve tempo, di definire la struttura impiantistica e di corredarla di quei servizi (laboratorio chimico e metallografico, sala per prove meccaniche, centro di ricerca, balipedio) che costituivano un elemento essenziale e, sino allora, pressoché sconosciuto di razionalità e di progresso. Vi è ancora una considerazione da fare, ed è quella che concerne le fonti energetiche. Abbiamo già detto che il motivo più importante della scelta di Terni come sito

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del nuovo centro siderurgico era quello dell abbondanza di energia idraulica. Tuttavia, è significativo che la scelta energetica tutta idraulica per il nuovo stabilimento fosse effettuata a ragion veduta, nonostante l affermato imperio del vapore e la nascente presenza dell elettricità, in quanto consentiva flessibilità d uso, affidabilità, sicurezza, assenza di emissioni nocive, grande economicità. L ammirevole realizzazione ingegneristica la cui genialità è stata confermata da decenni di impeccabile funzionamento dava movimento a tutte le macchine (eccettuate le locomotive e alcune gru mobili a vapore), comprese le dinamo per l illuminazione e le macchine soffianti per l aria compressa. Le acque del canale motore3 il quale aveva una lunghezza di 6.650 metri con un salto di 205 metri alimentavano 129 turbine, per una potenza installata di quasi 6.000 CV. Questa soluzione idraulica globale è tale da non trovare altri esempi di così cospicua entità nella storia della tecnica. Dopo di allora le disponibilità idrauliche furono utilizzate (anche dalla Terni ) preferibilmente per la produzione di energia elettrica, dando luogo ad una delle svolte più radicali della tecnologia.

Dall alto: Il re Vittorio Emanuele III in visita alle Acciaierie (1934). La lapide posta da papa Urbano VIII allo sbocco della Via del Ferro sulla Flaminia (1634).


Il maglio da 108 tonnellate

Al di là delle considerazioni suddette e di altre che, per brevità, dobbiamo trascurare, il punto di forza del nuovo stabilimento era il maglio da 108 tonnellate, la più grande macchina a forgiare del mondo, assurto ad emblema stesso delle Acciaierie di Terni. Chiariamo che un maglio è, in essenza, un martello dotato di enorme forza, usato per deformare (e dare la forma voluta) a lingotti o masselli di acciaio incandescente. La forza di deformazione dipende dalla massa del martello e dall altezza a cui questo viene sollevato prima di farlo cadere sul pezzo in lavorazione. Come è ovvio, il pezzo poggia su di un incudine, la cui massa deve essere sufficientemente grande per assorbire i colpi senza sprofondare nel terreno. Affinché questa condizione si verifichi, il rapporto tra le masse del martello e dell incudine deve essere di almeno 1:10. Nel caso specifico di Terni, si voleva un maglio con martello (massa battente) di 100 tonnellate che, cadendo da 5 metri, sviluppasse un lavoro di 500.000 kgm; di conseguenza, la massa dell incudine do-

veva essere di 1.000 tonnellate. Dunque, il problema più arduo da risolvere, per il colosso di Terni, era quello dell incudine o per usare il termine tecnico appropriato della sottoincudine. Un getto di 1.000 tonnellate di ghisa, infatti, non era mai stato realizzato. Il maglio in funzione a Le Creusot aveva una sottoincudine di 850 tonnellate, formata da sei pezzi; ma gli inconvenienti derivanti dalla soluzione composita (adottata anche in USA per il maglio di Bethlehem) sconsigliavano questa soluzione. A Perm, in Russia, si era realizzata una fusione monoblocco di 665 tonnellate e tuttavia le difficoltà incontrate facevano ritenere impossibile l esecuzione di getti di mole maggiore. A Terni questo limite venne ampiamente

Dall alto: Il disegno originale del grande maglio e, in sezione, del suo capannone a pianta ottagonale. Il grande maglio di Terni (1885-1910) con mazza battente da 108 tonnellate.

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superato con la realizzazione di una sottoincudine monoblocco di 1.000 tonnellate di massa, colata nella posizione di impiego. L operazione di fusione durò quattro giorni, e ci vollero quasi sei mesi per il raffreddamento completo del metallo. In sostanza, la sfida era stata vinta ma era servita anche a far capire che non si poteva andare oltre (difatti, questo getto di ghisa resta il più grande mai eseguito nel mondo). In sostanza, la conferma dei limiti dimensionali e potenziali dei magli contribuì ad accelerare una svolta tecnologica epocale: il passaggio dai magli alle presse. Il maglio di Terni resta nella storia della tecnica come punto cardinale, per le mol-

te irripetibili soluzioni adottate: tra queste, l azionamento ad aria compressa, i carriponte (anch essi ad aria compressa) imperniati sulla incastellatura del maglio, il bellissimo capannone ottagonale sovrastato da una struttura a cupola. Vi furono anche alcuni fattori negativi tra i quali importante la leggera diminuzione del già critico rapporto di 1:10 tra mazza e incudine, in quanto, all atto pratico, il peso della massa battente risultò di 108 tonnellate, il che accresceva l entità del lavoro ma faceva aumentare l energia trasmessa al terreno e, quindi, le vibrazioni. Queste ultime si propagavano a distanza e venivano avvertite anche nell area cittadina.

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Le Acciaierie con, al centro, il capannone del grande maglio.


Ricostruzione delle fasi di forgiatura al maglio delle corazze navali.

Il grande dinosauro cessò di funzionare nel 1910 e del suo smontaggio le cronache non parlano. Spariva, così, uno dei massimi monumenti di archeologia industriale di tutti i tempi. Al suo posto venne installata una pressa da 4.500 tonnellate. Rimasero in sito l incastellatura ad A e i relativi carriponte sino al 1935, anno in cui il reparto subì una radicale trasformazione con l entrata in esercizio della nuova grande pressa idraulica da 12.000 tonnellate. Il ca-

pannone ottagonale fu demolito nel 1957 per consentire un ulteriore rinnovamento degli impianti di forgiatura. Prima dello smontaggio e nel corso di questo venne effettuata un opera pionieristica di documentazione, attraverso analisi chimicofisiche dei materiali, raccolta di documenti, fotografie4.

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Dal maglio alle presse Le prime esperienze di lavoro fatte con la pressa da 4.500 tonnellate risultarono positive e misero in evidenza i vantaggi di questa macchina rispetto al maglio: più versatile ed economica, più silenziosa, più efficace. La differenza essenziale stava nel fatto che, aumentando la dimensione dei lingotti, il lavoro di deformazione fornito dalla pressa non variava, mentre diminuiva quello del maglio al diminuire della corsa della mazza battente. Inoltre, il lavoro di deformazione degli strati più interni del materiale risultava maggiore con la compressione graduale della pressa rispetto all energia cinetica del colpo di maglio. Infine, anche le spese di impianto e di esercizio risultavano minori a parità di potenza. Ma ben presto, in seguito alla richiesta di corazze di dimensioni sempre maggiori, si vide che i mezzi di sagomatura e raddrizzatura dello stabilimento risultavano critici. Si profilò, dunque, l opportunità di disporre di una nuova pressa più potente e con maggiore distanza tra le colonne.

È evidente che i tecnici delle Acciaierie mantenessero una concezione molto avanzata dei processi e dei mezzi per attuarli. Questa concezione non si accontentava dello status quo ma guardava avanti, tenendo conto sia delle preminenti esigenze militari che del crescente mercato dei forgiati per uso civile (quest ultima evenienza sarà confermata dopo la fine della prima guerra mondiale). Si voleva, quindi, una macchina polivalente cioè adatta sia alla realizzazione di fucinati pesanti che alla sagomatura delle corazze di elevato spessore la quale potesse garantire non soltanto il soddisfacimento delle richieste del momento ma anche quello delle prevedibili evoluzioni del lavoro. In accordo con tali concetti, le caratteristiche salienti riguardavano la larghezza tra le colonne frontali (non inferiore ai 5 metri), la possibilità di agire anche a potenza ridotta (ottenibile con 3 cilindri operanti assieme o separatamente) e l adozione di colonne a sezione quadrata (anziché circola-

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Pagina precedente: La forgiatura di un piastrone circolare alla pressa da 12.000 tonnellate. Sopra: La sala delle pompe ad alta pressione (500 atmosfere) della pressa da 12.000 tonnellate.


re come in tutte le altre presse sino ad allora costruite) per far fronte a speciali necessità di spinte fuori asse (cosa possibile anzitutto nelle operazioni di sagomatura). Il progetto relativo venne illustrato al consiglio di amministrazione della SAFFAT nella seduta del 22 novembre 19125: riguardava una pressa a fucinare e a sagomare, da 12.000 tonnellate di forza. Dopo alcuni mesi si disponeva già di alcune offerte, ma ogni decisione di acquisto fu ritardata in attesa che la Marina si esprimesse circa gli spessori previsti per le corazze delle nuove navi. Finalmente, sciolto questo nodo nell autunno del 1913, dopo una rapida trattativa, la pressa venne ordinata alla ditta Hydraulik di Duisburg (Germania) al prezzo di 1.200.000 lire e per consegna entro quattordici mesi. Nell ottobre dell anno successivo si iniziarono le fondazioni delle quattro turbine idrauliche che dovevano azionare le pompe, e poco dopo, stante la scarsità di notizie sullo stato di allestimento della pressa, un ingegnere venne inviato a Duisburg per conoscere la situazione. Una seconda visita, nel febbraio del 1915, accertò che la macchina era quasi pronta ma che la Hydraulik adduceva difficoltà di esportazione e richiedeva condizioni di pagamento vessatorie, in deroga alle clausole di contratto. Era evidente che, nella prevista imminenza della guerra, il governo tedesco fosse contrario alla consegna di un mezzo così importante, a un paese di schieramento avverso. Lo scoppio delle ostilità impedì ogni ulteriore contatto, e la pressa ordinata da Terni trovò immediato impiego nell industria bellica della Germania. Bisognerà attendere i prodromi della seconda guerra mondiale perché l installazione di una grande pressa nella Forgia di Terni possa divenire realtà. Dopo gli anni difficili del primo dopoguerra e i vari tentativi di riconversione della produzione dello stabilimento, la SAFFAT divenuta, nel 1922, Terni Società per l Industria e l Elettricità si trovò ad af-

frontare nuove scelte operative capaci di tenere conto sia della propria vocazione impiantistica sia delle strategie della nazione. Difatti, già allo scadere degli anni venti, il governo italiano aveva manifestato le sue mire espansionistiche che prevedevano anzitutto un decisivo rafforzamento del potenziale bellico. La Società Terni faceva molto affidamento sulle commesse della Marina, avendo conservato una buona parte degli impianti dedicati alla produzione di corazze, cannoni e proiettili di grosso calibro. La scarsa attività di questi reparti pesava molto sul bilancio dell azienda, tanto che l amministratore delegato dell epoca, Arturo Bocciardo, aveva fatto ripetuti tentativi perché il Ministero della Marina acquistasse tali impianti o almeno si accollasse l onere del loro mantenimento in efficienza. Nel frattempo, con la creazione dell IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) la Società Terni veniva accomunata con la SIAC (Società Italiana Acciaieria di Cornigliano) e la Cogne nel settore della siderurgia bellica speciale sottoposta al controllo dello Stato6. Nella seconda metà di quello stesso anno, si concretizzò il disegno di ripresa degli armamenti; e, poco dopo, il capo del governo riconfermò alla Terni il suo ruolo autonomo, tradizionale e primario di fornitore di prodotti speciali.

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Sotto, da sinistra: La pressa da 4.500 tonnellate installata nel 1910 sotto il cavalletto portante del grande maglio, dopo lo smontaggio di questo. La pressa da 12.000 tonnellate entrata in funzione nel 1935.


In termini quantitativi e temporali, la realizzazione di tale programma affidava alla Società Terni un ruolo di preminenza che, per alcuni aspetti, era impiantisticamente debole. Fu, quindi, necessario eliminare al più presto le carenze, dando corso ad adeguati investimenti. Il potenziamento riguardava l acciaieria elettrica, i trattamenti termici, le lavorazioni meccaniche, alcuni servizi e, soprattutto, la grande pressa per forgiare e sagomare da 12.000 tonnellate di cui come abbiamo visto da molto tempo si sentiva il bisogno. Nella seduta del consiglio di amministrazione del 17 luglio 1934, l amministratore delegato diede lettura di una relazione dell ingegnere Alforisio Alberti (direttore di stabilimento) nella quale, in base alla prevista fornitura di complessive 15.000 tonnellate di corazze nel successivo quadriennio, si dimostrava l assoluta e immediata necessità di ordinare la suddetta pressa alla ditta inglese Davy Brothers (la stessa che nel 1910 aveva fornito la pressa da 4.500 tonnellate) il cui progetto presentava molte analogie con quello relativo alla pressa ordinata nel 1913 in Germania e ivi trattenuta: grande luce tra le colonne e tra basamento e traversa mobile, tre cilindri pressanti ad azionamento indipendente o combinato (4.000, 8.000, 12.000 tonnellate), colonne a sezione quadrata, traversa mobile con possibilità di limitato basculamento. Queste caratteristiche, assieme alle inusitate dimensioni, ponevano la macchina al vertice dei progresso tecnologico. Il prezzo pattuito inizialmente era di 20 milioni di lire; ma già alla fine del 1934 tale cifra salì a 24 milioni per impianti accessori inizialmente non previsti. Nel frattempo, il quantitativo complessivo di corazze in ordinazione e in opzione era salito a 21.500 tonnellate. L approntamento delle varie parti della pressa fu rapidissimo. Ad eccezione delle

quattro enormi colonne in acciaio fucinato che, per motivi di impiantistica, vennero fabbricate in Inghilterra tutte le altre parti, compresi i grossi elementi fusi, ebbero esecuzione a Terni. Nell aprile del 1935 si iniziò il montaggio, e la pressa poté entrare in funzione già nel novembre dello stesso anno. Il suo apporto si confermò determinante non solo in volume di lavoro ma anche neil miglioramento dei cicli di produzione e della qualità intrinseca. A riprova dei brillanti risultati conseguiti, si può citare la lettera di elogio che, in data 9 marzo 1938, il sottosegretario di Stato alla Marina, ammiraglio Domenico Cavagnari, inviò al direttore delle Acciaierie per il contributo dato alla soluzione di un problema di eccezionale importanza tecnica legato alla realizzazione delle corazzature di murata delle navi da battaglia Vittorio Veneto e Littorio .

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Dai cannoni ai rotori Gli esiti disastrosi della seconda guerra mondiale portarono le Acciaierie dall attività frenetica alla paralisi completa. La pressa da 12.000 tonnellate non subì danni dai bombardamenti e si salvò anche dalle asportazioni da parte dell esercito tedesco in ritirata (fu, invece, smontata e trasferita una nuovissima pressa da 2.500

tonnellate, di progettazione interna, installata nello stesso reparto). Essa, dunque, poté partecipare in modo essenziale alla ricostruzione del Paese. La transizione dalle produzioni belliche a quelle di pace non fu facile né breve; anche perché la riorganizzazione della siderurgia di Stato comportò cambiamenti di rotta e compro-

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Disegno, in sezione, della cabina sferica del batiscafo Trieste .


Dall alto: Ciclo di forgiatura di un asta per timone di grossa nave mercantile. Ciclo di forgiatura di un asse porta-elica forato per nave militare. Le fasi di fabbricazione delle semisfere per la cabina del batiscafo Trieste .

messi nell assegnazione delle linee di prodotti. D altra parte, la vocazione per lavori eccezionali e difficili non tardò a divenire un affermata specializzazione nei settori dell energia e della meccanica pesante (rotori per turbine e generatori, alberi idraulici, virole per reattori nucleari, anelli di grande diametro per riduttori, tubi di sintesi, cilindri di laminazione, ecc). Tra i manufatti di particolare rilievo va ricordata la cabina sferica per il batiscafo Trieste (ideato dal professor Augusto Piccard) eseguita in due metà secondo un ciclo di trasformazione plastica complesso, la cui fase finale consisteva nella imbutitura7. Un fattore di preminenza di questa pressa dovuto alle dimensioni è stato quello di consentire la ricalcatura di grandi lingotti (sino ad oltre 200 tonnellate), ossia la schiacciatura lungo l asse longitudinale: operazione che migliora la compattezza interna dell acciaio e, di conseguenza, la qualità finale. Tale particolarità rese possibile l acquisizione di commesse di grande prestigio, provenienti specialmente da grandi società produttrici di macchinario per l energia, come Westinghouse e General Electric (USA), EDF (Francia), CEGB e Parsons (Inghilterra), BB (Svizzera), Ansaldo (Italia). Tra le realizzazioni più difficili e illustri, va ricordata quella del vessel (contenitore) della centrale nucleare SENN, sul fiume Garigliano8. Negli anni 1957-1958 vi fu una ristrutturazione e unificazione dei reparti di forgiatura che riguardò la pressa da 12.000 tonnellate a livello dei comandi, dei mezzi di sollevamento e del sistema idraulico. Di particolare importanza fu l installazione di un accumulatore idro-pneumatico (dispositivo per uniformare la pressione idraulica nelle condotte) al posto del preesistente accumulatore a gravità, il quale, tra l altro, poteva indurre delle pericolose punte di energia cinetica (i cosiddetti colpi d ariete).

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Una di queste sovrapressioni aveva provocato, nel 1957, lo scardina-mento del coperchio superiore di uno dei due cilindri di sollevamento della traversa mobile, con la conseguente tragica morte di un operaio. Un grave incidente tecnico sì verificò nel 1960 con la rottura della traversa superiore durante la ricalcatura di un lingotto. La rottura riguardava la parte centrale, in acciaio fuso, della traversa stessa e, ovviamente, pose fuori servizio la pressa per molto tempo. Si rese necessario, infatti, l allestimento di un nuovo pezzo (del peso di 122 tonnellate) al cui ciclo di formatura, fusione, trattamento termico e lavorazione meccanica si aggiunsero i tempi di smontaggio e rimontaggio nonché la raddrizzatura di due colonne che si erano leggermente deformate in seguito all incidente. L altro rilevante aspetto del problema fu quello commerciale, per le conseguenze sull andamento delle commesse, delle consegne programmate e dell acquisizione di nuovi ordini. Tutte queste difficoltà furono affrontate con determinazione, sia per la fabbricazione del nuovo pezzo che per il programma di fucinatura, passato quasi integralmente sulla pressa da 4.500 tonnellate. La grande pressa tornò in servizio in tempo per essere vista al lavoro dai partecipanti al primo congresso internazionale della grossa

fucinatura che si tenne a Terni dal 26 al 29 settembre 19619. Quanto abbiamo appena riferito dà un idea dell immane lavoro svolto dalla pressa dalla fine della guerra in poi; ed è di queste logoranti fatiche che la sua struttura ha risentito. Già dopo la grave rottura del 1960 la ricerca delle cause aveva portato a un accurata analisi dello stato generale e delle sollecitazioni indotte nelle sue varie parti. Ne erano derivate specifiche di lavoro più prudenti e un monitoraggio sistematico delle zone critiche. Un intervento importante venne effettuato nel 1971 sulla traversa mobile; poi, nel 1978, a seguito del rilevamento di lesioni nella traversa inferiore, a questa fu applicato un tirante di rinforzo in acciaio speciale, del diametro di 400 millimetri, lungo 10,5 metri. Nella circostanza, la forza massima di lavoro venne ridotta da 12.000 a 8.000 tonnellate. Era evidente, dunque, che, nonostante i provvedimenti presi, l operatività della macchina sarebbe stata prima o poi compromessa irrimediabilmente. Alla consapevolezza di questo deterioramento si aggiungeva il desiderio di migliorare alcune caratteristiche funzionali (in primis la velocità di lavoro, i servomeccanismi e alcuni servizi) non più al passo con i tempi. Tali considerazioni preludevano, ineluttabilmente, alla decisione di smantellare la pressa e di sostituirla con una nuova.

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Schema di corazzatura di una nave da guerra.


Di fronte a questa non lontana evenienza, sembrò giusto attivarsi per preservare dalla distruzione un bene che costituiva il simbolo più eminente dell industria ternana e del lavoro delle sue maestranze. Nel frattempo, era stato studiato e attuato un piano di ristrutturazione delle officine a partecipazione statale, con la conseguente costituzione, nel novembre 1989, della Società delle Fucine (SdF), unico polo italiano di grossa forgiatura che veniva, così, a riaffermare la tradizionale supremazia di Terni nel settore. La nascita della SdF ha reso possibile l installazione di due nuove presse, una da 12.600 tonnellate e l altra da 5.00010, che costituiscono, oggi, l ossatura portante del nuovo impianto. La pressa da 12.600 tonnellate è stata posizionata nel sito in cui sorgeva precedentemente quella da 4.500 (demolita). Con tale imponente rinnovamento (completato da adeguati interventi in altri settori della struttura aziendale) la Forgia di Terni si è riproposta con piena legittimità sul mercato internazionale come uno dei tre massimi centri produttivi di grossi fucinati del mondo. Lo dimo-strano i recenti successi conseguiti con le forniture di pezzi eccezionali per masse, dimensioni e qualità, come ad esempio rotori per turbina di circa 170 tonnellate e virole del diametro di quasi 6 metri, con una lunghezza di oltre 3.

Il vessel per la centrale nucleare del Garigliano durante le fasi di collaudo in stabilimento, prima della spedizione (1961).

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Uomini e macchine Ma rischieremmo di avere una visione limitata dell argomento se non fossimo in grado di interpretare le caratteristiche di eccellenza della Forgia di Terni come effetto determinante dell apporto intellettuale ed esecutivo dell uomo. Le espressioni dell ingegno anche se poco note all esterno a causa della loro specificità tecnica sono state molteplici e di notevole livello, coprendo sia il settore impiantistico che quello procedurale. Negli anni sono stati anche sviluppati programmi di ricerca metallurgica i cui risultati hanno fatto luce su fenomeni precipui delle grosse masse di acciaio11. I più importanti di tali lavori sono stati illustrati in congressi internazionali ed hanno trovato posto in autorevoli pubblicazioni specializzate. Meno evidente ma non meno importante è l aspetto umano della forgiatura, che, in un opificio di dimensioni gigantesche, assume significati inusuali: ci riferiamo alle capacità dei singoli lavoratori, i quali, trovano l estrinsecazione delle proprie mansioni in una forma corale che cementa i reciproci rapporti e crea uno spirito di corpo che dura per la vita. In altra circostanza12 abbiamo cercato di delineare le particolarità psicosomatiche del forgiatore: costui appartiene a quella ristretta categoria di uomini dotati di sensibilità differenziata, cioè in grado di poter eseguire, con la stessa perizia, azioni grossolane e interventi delicati. Deve possedere al di sopra della normalità il senso della misura: non soltanto per tutto quello che può essere controllato con strumenti ed attrezzi, ma in particolare per ciò che sfugge alle leggi della ripetitività e della similitudine. Sapere sino a che punto si deve spingere una ricalcatura ed essere in grado di valutare l effetto che si otterrà al centro del pezzo con uno stampo a sella anziché con uno stampo piano sono cose

che soltanto una sensibilità esercitata dal sentimento e controllata dalla ragione può condurre a buon fine. Una configurazione di tipo statistico del forgiatore ci mostra un individuo di struttura solida, adatta alle fatiche onerose anche se in forma discontinua e soprattutto capace di resistere per lungo tempo all urto energetico del calore a 1.000 °C che emana dai pezzi in lavorazione. I suoi muscoli non sono appariscenti ma sostanziosi; ha il riso spontaneo come l imprecazione, il gestire espressivo benché parco. Non è un epicureo ma ama e gusta i piaceri della vita; è conteso tra il bene e il male, però ha più virtù che vizi. Così sono stati e sono gli uomini della Forgia di Terni. Ad essi, in particolare, è dedicata questa mostra.

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Note bibliografiche 1

Gino Papuli, Processi, prodotti e immagine, in Le Acciaierie di Terni, a cura di Renato Covino e Gino Papuli, Catalogo regionale dei beni culturali dell Umbria, Electa, Milano 1998. 2 Cfr. la Monografia, edita nel 1898 dalla SAFFAT. Per maggiori notizie su Cassian Bon vedi T. Lamarque-Bon, Cassian Bon. Un maître des Forges en Italie au XIX siècle, Ed. Curutchet, Helette 1998. 3 Gino Papuli, L uttilizzazione diretta dell energia idraulica nella grande industria di Terni, in Il coltello di Delfo , n. 32, dicembre 1994. 4 Gino Papuli, La casa del gigante, in Costruzioni metalliche , XIII, 1, 1961. 5 Cfr. i libri dei verbali delle assemblee degli azionisti della SAFFAT, presso l Archivio Storico delle Acciaierie. 6 Cfr. Franco Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia, Einaudi, Torino 1975. 7 Cfr. Gino Papuli, La cabina sferica del batiscafo Trieste, in La grande industria a Terni, Comitato per le celebrazioni del centenario della Società Terni, CESTRES - Thyrus, Terni 1986. 8 Cfr. Edmondo Marianeschi, La forgia della Società Terni, in La grande industria a Terni cit. 9 Per maggiori dettagli si rimanda al saggio di Giorgio Cipolla, Macchine e impianti, in Le Acciaierie a Terni cit. Circa gli avvenimenti aziendali di carattere generale, cfr. il saggio di Renato Covino, Nascita e sviluppo di un impresa, in Le Acciaierie di Terni cit. e il testo di Franco Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia cit. 10 Le due nuove macchine sono entrate in servizio rispettivamente nel 1990 e nel 1995. La prima è di progettazione Davy-INNSE , la seconda Hydraulik-INNSE . 11 Gino Papuli, L effetto termo-tensionale nelle grandi masse di acciaio, memoria presentata al IX convegno internazionale sui trattamenti termici (Losanna, 1962) e pubblicata in Harterei Tecnische Mitteilungen , 188, 1963. 12 Gino Papuli, Il grande maglio di Terni, Arti Grafiche Nobili, Terni 1981.

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Documentazione tecnica La documentazione che, sin dalla fondazione delle Acciaierie, contribuisce alla conoscenza delle molteplici e complesse attività della Forgia di Terni, è ricca di memorie e rapporti tecnici, citazioni su organi di stampa specializzati o divulgativi, testimonianze di vario genere, carteggio archiviato, fotografie e disegni. La succinta bibliografia che precede comprende alcuni testi essenziali i cui contenuti sono comprensibili anche a chi sia del tutto profano dei processi di forgiatura. Chi volesse approfondire la conoscenza del nutrito e qualificato apporto scientifico dei forgiatori ternani, potrà consultare, anzitutto, gli atti dei vari congressi internazionali della grossa fucinatura, di cui si sono tenute a Terni la prima edizione (1961), la quinta (1970) e l undicesima (1991). Per un esame statistico e critico dei molti lavori tecnici dovuti ai forgiatori locali e riportati su pubblicazioni italiane e straniere, si rimanda all analisi di Mario Pagliacci: Industrializzazione di Terni: dalla memoria all analisi, in Indagini , 29, giugno 1985.

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APPENDICE

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La ricostruzione La ricostruzione dell Italia dell’Italia nel dopoguerra nel dopoguerra Le gravi distruzioni provocate dalle vicende del secondo conflitto mondiale sul territorio italiano richiesero con priorità assoluta il ripristino degli impianti per la produzione di energia elettrica. In questa azione la Forgia di Terni svolse un ruolo da protagonista, allestendo con rapidità e competenza le grandi parti meccaniche indispensabili per le ruote idrauliche, per le turbine a vapore ed a gas, per i generatori. Senza tale prezioso apporto, la ripresa dell intera nazione avrebbe richiesto tempi molto più lunghi.

A destra: una delle turbine della centrale di Galleto dopo la ricostruzione. Sotto: Il ponte ferroviario di Lagoscuro. Pagina seguente: La centrale di Galleto dopo le distruzioni operate dalle truppe tedesche in ritirata (1944).

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Sin dagli inizi della loro attività, le Acciaierie di Terni si occuparono della formazione dei propri dipendenti. Infatti, la professionalità delle maestranze era un requisito fondamentale per la realizzazione di prodotti di elevatissime caratteristiche qualitative, destinati inizialmente alla Marina Militare (corazze, cannoni e proiettili di grosso calibro). Le stesse esigenze restarono valide, in seguito, anche per i prodotti civili per le industrie elettriche, idrauliche, chimiche e meccaniche. Programmi formativi vennero attuati in collaborazione con le scuole locali, in particolare con l Istituto Tecnico Industriale. Ma lo sforzo più significativo è stato indirizzato ai corsi interni, attuati secondo programmi

Professionalità Professionalità immagine ee immagine

Dall alto, in senso antiorario: Lezioni in aula durante un corso di perfezionamento per Tecnici siderurgici. Il laboratorio foto-metallografico delle Acciaierie (1890). Esame ottico ed ultrasonico del foro assiale di un rotore per turbina a vapore. Una delle tre squadre della Grossa fucinatura (1953). Pagina seguente: Esame ultrasonico di una semisfera della cabina del batiscafo Trieste .

specialistici non alla portata delle scuole pubbliche. Va ricordata, in questo senso, l istituzione del Centro di Istruzione Professionale (CIP), dal quale uscivano tecnici di formazione mirata . Oltre a ciò, è sempre stato curato l addestramento sul posto di lavoro, con la guida degli specialisti anziani del settore. Tra le molte testimonianze che confermano il successo di tale politica, è sufficiente ricordare quella che ha riferito l ex direttore Edmondo Marianeschi sui motivi dichiarati dalla General Electric International circa l assegnazione alla Società Terni , nel 1960, dell importante e impegnativa commessa per la fabbricazione del vessel della centrale nucleare del Garigliano: L impressionante (impressive) capacità tecnica del personale a tutti i livelli; l idoneità dei mezzi impiantistici disponibili a Terni .

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A sinistra, dall alto: Il professor Auguste Piccard assiste al trattamento termico delle semisfere per la cabina del batiscafo Trieste . Una delle due semisfere viene estratta dalla vasca di tempra in olio. Il professor Piccard esamina la cabina finita. L ingegner Flagello illustra al professor Piccard, con un modellino, il sistema di tornitura delle semisfere. Sopra: Jacques Piccard e la sua fidanzata dentro una delle due semisfere. Pagina seguente: Il batiscafo Trieste con la cabina sferica costruita alle Acciaierie di Terni.

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La cabina sferica del batiscafo “Trieste” Tra le prime affermazioni della Forgia di Terni nel secondo dopoguerra, merita una menzione l allestimento della cabina del batiscafo progettato dallo scienziato svizzero Augusto Piccard, già recordman di ascensioni aerostatiche. Per affrontare le massime profondità marine l equipaggio del batiscafo (due persone) necessitava di un ricettacolo resistente alla pressione di molte centinaia di atmosfere. La forma più adatta era quella sferica, ma una sfera monoblocco in acciaio fuso non offriva garanzie resistenziali adeguate e, d altra parte, non era possibile forgiare una sfera cava in un solo pezzo. Nel 1952, dopo inconcludenti contatti con altre aziende metalmeccaniche, Piccard si rivolse alla Società Terni , i cui tecnici gli proposero di forgiare due semisfere da unire, poi, con un ingegnoso e sicuro sistema meccanico. L inusitato ciclo di forgiatura richiese tutta la potenza della pressa da 12.000 tonnellate, specialmente nella fase più delicata quella dell imbutitura per passare dal disco piano alla forma semisferica. In un suo libro e in altre numerose occasioni, Piccard si espresse in modo lusinghiero sulla professionalità dei tecnici di Terni.

La Forgia di Terni, oggi

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A sinistra, dall alto: Cabina di controllo dei forni per trattamenti termici. La nuova pressa da 5.000 tonnellate con, dietro, il manipolatore. Qui accanto: Albero per turbina idraulica in fase di finitura. Pagina seguente: La nuova pressa idraulica da 12.600 tonnellate della Società delle Fucine .

La Forgia di Terni, oggi La continuità della lunga e prestigiosa tradizione di Terni nel campo della grossa fucinatura è assicurata, oggi, dalla Società delle Fucine (SdF), controllata al 100% dalla ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni , che è tra i massimi produttori mondiali di forgiati di qualità destinati principalmente ai settori dell energia, della meccanica, della chimica, della petrolchimica, del nucleare, dell off-shore, dell aerospazio. La SdF ha in funzione due nuove presse idrauliche: una da 12.600 e una da 5.000 tonnellate. Affiancano il reparto di fucinatura gli impianti di trattamento termico e di lavorazione meccanica, oltre ai laboratori. La produzione annuale di forgiati, nel 2001, è stata di 31.256 tonnellate. I Paesi verso i quali si indirizza prevalentemente la produzione sono oltre quelli europei gli Stati Uniti d America, la Cina, l India e la Russia.

Le persone occupate sono circa 200. Il massimo lingotto disponibile raggiunge le 360 tonnellate. La durata del ciclo produttivo dipende dalla sua complessità e può variare dai due mesi (necessari per i fucinati semplici, come le barre per stampi), ai cinque (come nel caso dei grossi rotori turbina). Basti pensare che per fare raffreddare all aria, dalla temperatura di 900 °C, un rotore turbina del diametro di 2.500 mm e del peso di 170 tonnellate occorrono ben due settimane di tempo; e di questi cicli termici ne possono occorrere tre o quattro per ottenere sul prodotto le caratteristiche meccaniche e microstrutturali richieste. È comprensibile, quindi, come sia importante la qualità iniziale del lingotto. Se nel corso della fabbricazione, o, ancora peggio, alla fine del ciclo produttivo, il fucinato non risultasse conforme a quanto richiesto, significherebbe avere vanificato molti mesi di attività, con enorme perdita economica e di immagine. È per questo motivo che la Società delle Fucine produce in Garanzia di Qualità, cosa che le viene riconosciuta a livello mondiale non solo dai suoi più esigenti clienti ma anche dai principali Enti di Qualifica (ASME, TUV, ISO ed altri). A testimonianza di questa immagine nel mercato mondiale è la recente fornitura negli Stati Uniti d America dei più grandi rotori mai prodotti in Italia, destinati alle centrali termonucleari di quel Paese.

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Il salvataggio della pressa da 12.000 tonnellate

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Nel 1987, sulla rivista Il coltello di Delfo diretta da Bruno Corti in coda a un articolo di Gino Papuli riguardante il grande maglio di Terni, si leggeva. Oggi, anche la pressa da 12.000 tonnellate ha concluso il suo benemerito ciclo vitale. Ci si augura che non venga distrutta e che possa trovare posto come testimonianza di cultura tecnica e di valori del lavoro in una piazza della città dell acciaio 1. Seguirono numerose istanze di preservazione da parte di privati, enti e istituzioni. Tra le proposizioni utili alla sensibilizzazione dell opinione pubblica ricordiamo un interpellanza parlamentare (maggio 1991) ai ministri per i Beni Culturali, delle Partecipazioni Statali e dell Industria, da parte dei senatori Giustinelli, Nocchi e Tossi-Brutti (PdS), i quali chiedevano anche più in generale un confronto tra le varie competenze pubbliche e private nella direzione della salvaguardia di quell eccezionale patrimonio di cultura industriale che è rappresentato dai vecchi opifici esistenti nell area produttiva di Terni e di Narni . Un ulteriore perorazione per il salvataggio della pressa si ebbe nel 1994, in occasione dell incontro che il presidente della Regione dell Umbria Claudio Carnieri, il presidente della Provincia di Terni Alberto Provantini e il sindaco di Terni Gian Franco Ciaurro, ebbero con i vertici dell IRI (presidente Romano Prodi e direttore ge-

nerale Enrico Micheli) nell ambito delle trattative per la privatizzazione delle Acciaierie. Allo stesso presidente della Regione, Camieri, si era rivolto, in quel periodo, anche il presidente del Lions Club Host di Terni, Leo Cerrai, ottenendo una solerte promessa di impegno (dopo poco tempo Carnieri comunicherà all assessore Melasecche lo stanziamento di un contributo della Regione). Analoghe pressioni furono fatte da varie parti nei riguardi di Walter Lessini, il quale, in veste di amministratore unico della Società delle Fucine , era il proprietario ufficiale della pressa. Va, inoltre, ricordato che, in favore della preservazione di questa, la Soprintendenza per i Beni Archivistici Architettonici Ambientali e Storici dell Umbria, aveva attivato una procedura di vincolo per un bene definito di importante interesse storicoartistico . La protezione, che in un primo momento riguardava soltanto alcune parti (due colonne e la fiancata della traversa superiore e della traversa mobile) era stata, poi, estesa a tutta la macchina. Questa estensione giunse alla SdF prima della fermata definitiva della pressa, avvenuta nel dicembre del 1993. Il 17 dicembre 1994 si tenne un convegno organizzato dall assessore alla cultura del Comune di Terni, Paolo Cicchini, con lo scopo di mettere la cittadinanza al corrente dei vari aspetti legati al recupero della pressa. Parteciparono, come relatori esterni : Bruno Corti, in qualità

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Pagina precedente: Le fasi finali del montaggio della pressa da 12.000 tonnellate in piazza Dante (dicembre 1998). Sotto: Parti strutturali della pressa da 12.000 tonnellate dopo lo smontaggio e prima del condizionamento.


di presidente della Commissione nazionale per l archeologia industriale del Ministero dei Beni Culturali; Massimo Montella, dirigente della Regione dell Umbria; Fabio Palombaro della Soprintendenza e Gino Papuli. Vennero esaminati, nella circostanza, sia il problema della collocazione urbana che quello del costo dell operazione. Anche la Provincia di Terni per opera del suo presidente, Nicola Molè espresse più volte l appoggio all iniziativa. Determinante fu, nella circostanza, l azione dell assessore ai Lavori pubblici Enrico Melasecche, il quale si mosse su più fronti, coadiuvato da una Commissione appositamente costituita. Nella seduta dei 13 gennaio 19952 questa Commissione stabilì a maggioranza di collocare la pressa nella piazza antistante la stazione ferroviaria

dale. Un altro importante provvedimento particolarmente significativo ai fini dell archeologia industriale fu quello di costruire, nelle immediate vicinanze della pressa, una sala di illustrazione (Centro di documentazione sul patrimonio industriale Antenna Pressa). Nel frattempo, Domenico Mascio, gerente della Mascio Engineering Terni , aveva offerto al Comune l opera gratuita della propria Società per l esecuzione di tutti i lavori di rilievo tecnico e di progettazione esecutiva delle fasi di ripristino, trasporto e montaggio in sito della macchina, oltre all assunzione della direzione dei lavori in cantiere. Due ulteriori offerte di partecipa-zione erano pervenute al Comune da parte dell Associazione degli Industriali di Terni (la cui Sezione Edile si impegna-

(piazza Dante) dopo avere scartato, per motivi di tempo e di costo, l alternativa di piazza Valnerina che era stata proposta dalla rivista dell Ordine degli Ingegneri, Ingenium . La scelta adottata a maggioranza suggerì la convenienza di rimontare la pressa tutta fuori, ossia con la traversa inferiore in vista, anziché al di sotto del piano stra-

va all ese-cuzione delle fondazioni) e delle Fucine Umbre per la realizzazione dei due balconcini di sommità. In ogni caso, decisivo risultava l apporto della SdF e non solo per la semplice considerazione che il valore venale della pressa a prezzo di rottame era di circa 400 milioni di lire, ma anche per l onere che l azienda

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Parti delle traverse superiore e inferiore prima del condizionamento.


Una fase di allestimento delle fondazioni e dell armatura di appoggio della pressa, in piazza Dante.

proprietaria si sarebbe dovuta accollare per il ricondizionamento delle varie parti smontate. I successivi incontri delle autorità comunali con la SdF portarono a definire anzitutto le modalità di cessione e, poi, a tenere conto delle esigenze di smontaggio che comunque avrebbero comportato il sacrificio di parte della bulloneria. Si tenga presente, in proposito, che uno smontaggio conservativo è cosa ben diversa (in termini di difficoltà, costi e tempi) dalla rottamazione, ossia dalla normale pratica industriale che consiste nel tagliare a pezzi la struttura con il cannello a ossigeno. Dopo ulteriori contatti, il 16 maggio 1995, dando risposta alle aspettative di tutti e sentito il parere del nuovo azionista Krupp , l amministratore delegato dell AST, Attilio Angelini, annunciò ufficialmente che la SdF avrebbe donato la pressa alla città di Terni e si sarebbe fatta carico, assieme all AST, delle varie e costose operazioni accessorie (movimentazione delle parti, disassemblaggi, sabbiatura, ecc). Inoltre, personale qualificato della SdF avrebbe partecipato ai lavori di rimontaggio.

Si concretizzavano, in tal modo, le necessarie condizioni per portare a compimento uno dei più significativi e difficili eventi di archeologia industriale mai avvenuti. L assoluto rilievo di questa impresa venne messo in luce, a Roma, grazie alla partecipazione del Comune di Terni alla Settimana Nazionale per la valorizzazione dei beni culturali industriali, organizzata dal Ministero dei Beni Culturali dal 25 al 30 marzo 19963. Nella circostanza, i partecipanti al convegno tra cui Louis Bergeron, presidente del TICCIH (The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage) si recarono a Terni, il giorno 27, per visitare le espressioni più significative del patrimonio archeo-industriale della zona e per dimostrare il loro plauso alle iniziative in corso4. I lavori di smontaggio della pressa sono stati iniziati a fine aprile 1994. La necessità di utilizzare i carriponte della tettoia, per la messa a terra della traversa superiore, ha reso inevitabile il sezionamento in due pezzi delle quattro colonne. Inoltre, si è dovuta tagliare parte degli organi di assemblaggio (tiranti, bulloni, chiavette)

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ALCUNI DATI TECNICI DELLA PRESSA DA 12.000 TONNELLATE Progettazione e costruzione Davy Brothers e SocietĂ Terni Ingombri in pianta 9.530 x 4.120 mm; altezza 16.890 mm Massa totale (senza gli stampi) 1.751 tonnellate Colonne 4, a sezione quadrata di 775 mm di lato Distanza interna tra le colonne frontale 5.855 mm, laterale 1.675 mm Luce massima traversa mobile - traversa inferiore 6.000 mm Corsa massima della traversa mobile 3.330 mm Cilindri pressanti 3, con diametro interno di 1.065 mm; forza di spinta: 4.000 tonnellate, per un totale di 12.000 tonnellate Pressione idraulica operativa 500 atmosfere Cilindri di sollevamento della traversa mobile 2, con diametro di 711 mm Pressione idraulica di servizio 20 atmosfere Pompe idrauliche a 500 atmosfere mosse da motori elettrici da 3.000 cavalli Accumulatore idro-pneumatico (inizialmente a gravitĂ ) Piani di scorrimento idraulici per cambio stampi Corredo di stampi di vario tipo e dimensioni, per un totale di oltre 3.000 tonnellate

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bloccati dall ossidazione. Nel settembre del 1997, terminato lo smontaggio, i vari componenti sono stati trasportati in due prescelte aree dello stabilimento, per le complesse operazioni di verifica, pulizia e ripristino. I lavori di fondazione in piazza Dante hanno avuto inizio il 15 febbraio 1997. Il basamento (traversa mobile inferiore) è stato posizionato sulla platea di fondazione nella seconda metà dell aprile 1997, mentre presso la Società delle Fucine proseguivano i lavori di riattamento degli altri elementi. Per le operazioni di rimontaggio che richiedevano l impiego di mezzi e di professionalità particolari il Comune di Terni bandì una gara in base alla quale l incarico fu affidato alla ditta CMI di Potenza. Questa si avvalse dei mezzi di sollevamento della ditta Tilli di Caserta, tra i quali una gru mobile di eccezionali dimensioni e portata. I lavori ebbero inizio il 4 novembre 1998 e si svolsero celermente e senza particolari difficoltà, grazie anche all esperienza degli esecutori. Le operazioni ebbero compimento in tempo per il 6 gennaio 1999, giorno in cui era prevista l inaugurazione. Alla cerimonia la pressa si presentò nella sua livrea ufficiale , ossia nella colorazione verde, gialla e nera che era stata adottata dall immediato dopoguerra in poi (in precedenza, la struttura era tutta grigia). Le parti in metallo lucido ossia i pistoni dei tre cilindri pressanti e dei due cilindri di sollevamento sono stati verniciati in grigio-argento onde evitare la loro rapida ossidazione all atmosfera. Naturalmente, l impianto reale della pressa comprendeva ulteriori entità come le pompe, il sistema idro-pneumatico, le tubazioni, i dispositivi di comando per non parlare dei mezzi di riscaldo e di sollevamento. Di tutto ciò e del ricco corredo di stampi e attrezzi si è conservata una esauriente documentazione che va dai disegni originali a quelli delle ultime modifiche, e

che include carteggio, fotografie e filmati. Parte di questo materiale è consultabile presso la sala di illustrazione che ospita questa mostra. L esistenza di tale luogo, situato a pochi metri dal monumento , costituisce la chiave di lettura del bene archeo-industriale. Circa la bontà del proposito di salvare e valorizzare il cospicuo pa-trimonio archeo-industriale del territorio ternano lasciamo parlare la bibliografia5. 1

Gino Papuli, Il re dei magli, in Il coltello di Delfo , n. 4, 1987.

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La pressa-monumento, in piazza Dante.


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Commissione per la collocazione della pressa. Seduta del 13 gennaio 1995. Sono presenti: Enrico Melasecche, assessore; Sergio Lucciarini, ingegnere capo del Comune di Terni; Aldo Tarquini, dirigente Urbanistica; Fabio Palombaro, funzionario Soprintendenza; Massimo Romani, dirigente Ufficio Arredo urbano; Enrico Pettinacci, dirigente Ufficio Traffico; Mauro Passalacqua, tecnico Ufficio Traffico; Bruno Baroni, SdF; Paola Margheriti, architetto; Piero Giorgini, architetto; Gino Papuli, membro della Commissione nazionale Archeologia Industriale del Ministero BAAAS; Fausto Proietti, Ufficio A.U., segretario verbalizzante. 3 Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Archeologia Industriale, mostra-conferenza (Atti), Roma, 25-26 marzo 1996. 4 In un appunto inviato all Autore dopo la visita, Louis Bergeron scrisse: Sono del tutto d accordo con questa collocazione [della pressa]. Fa senso, sarà impressionante e monumentale nel pieno significato della parola. Faremo auspicabilmente un incontro o uno scambio, su questo tema, tra Le Creusot e Terni . 5 Nella rivista Indagini del CESTRES (Centro Studi Ricerche Economiche e Sociali) sono apparsi i seguenti articoli riguardanti l archeologia industriale: Gino Papuli, Per un museo del ferro a Terni (n. 2, 1978); Telesforo Nanni, A. Barbanera, Museo del ferro come verifica culturale (n. 3, 1979); Gian Paolo Gallo, Itinerario arrheologico-industriale a Terni (n. 14, 1981); Tina Moretti, Intervista a Gino Papuli (n. 42, 1988); Tina Moretti, Si torna a parlare di archeologia industriale (n. 52, 1991); Gino Papuli, Archeologia industriale siderurgica (n. 52, 1991); Il CESTRES ha anche pubblicato un libro dal titolo Fogli sparsi a cura di Tina Moretti in onore di Gisa Giani nel quale compaiono un saggio di Gian Paolo Gallo, Per un museo di archeologia industriale a Terni: alcune ipotesi, e uno di Gino Papuli, Archeologia industriale, esigenza di chiarezza (Thyrus, Terni 1992). Inoltre, nel 1996 ha organizzato un convegno sul riuso dell area archeo-industriale di Papigno. Gli atti relativi sono stati pubblicati nel n. 73 di Indagini .

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