Icsim osservatorio per il settore chimico un secolo di industria chimica nella valle del nera catalo

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ICSIM - Istituto per la Cultura e la Storia d Impresa Franco Momigliano

OSSERVATORIO per il settore chimico

Carburo calciocianamide ammoniaca sintetica polipropilene Un secolo di industria chimica nella valle del Nera

Catalogo della mostra Atrio di Palazzo Gazzoli Terni 10 settembre 30 settembre 2003


Direzione mostra e testi Gianni Bovini Ricerca iconografica, bibliografica e documentaria Gaia Cecca Marco Venanzi Segreteria Giovanna Magherini (ICSIM) Stampa pannelli Abart, Terni Progettazione locandina e copertina catalogo Vito Simone Foresi (CRACE, Perugia) Stampa catalogo Nobili Grafiche, Terni

Fonti iconografiche e documentarie Archivio di Stato di Terni Biblioteca Comunale di Terni Biblioteca Comunale Giovanni Eroli , Narni Servizio Musei e Beni Culturali della Regione dell Umbria ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni


L immagine industriale di Terni è da sempre legata alle attività siderurgiche. La forza invasiva nella città delle Acciaierie, il ruolo che esse hanno avuto nel segnare i ritmi e gli equilibri urbani, la loro capacità di assorbire quote consistenti di forza lavoro, hanno portato a far coincidere l industria moderna con la grande fabbrica di viale Brin, anche quando la Società Terni diverrà un impresa polisettoriale, con attività elettriche, chimiche e minerarie oltre che siderurgiche. Questo ruolo è anche il frutto della capacità dei lavoratori impiegati nello stabilimento di assumere un ruolo centrale nella vita politica e sindacale della città, di traino nei confronti di quelli di altri settori produttivi. È tuttavia Terni non è solo la dinamica città dell acciaio . La sua esperienza industriale non si esaurisce nell acciaieria. Quella che nell ultimo quarto dell Ottocento era stata una delle cause permissive della localizzazione degli stabilimenti moderni, cioè l ampia disponibilità di acque capaci di fornire forza motrice a basso costo, agirà come volano anche per e soprattutto per il comparto chimico. L acqua, l acqua che diviene energia elettrica, e il calcare delle montagne della Valnerina costituiranno le condizioni permissive della produzione del carburo di calcio, prima, e della calciocianamide, poi; ad esse si affiancheranno ben presto quelle di elettrodi di grafite e di linoleum nella pianura narnese. Le vicende di queste imprese sono emblematiche della nascita di nuove industrie nell Italia di fine Ottocento: dimostrano l importanza delle conoscenze interpersonali tra tecnici e imprenditori al momento dell avvio dell industrializzazione e consentono di evidenziare le problematiche inerenti la creazione di nuove professionalità e quelle relative all uso e allo sfruttamento delle risorse naturali, nonché le strade attraverso le quali gli imprenditori giungono ad interessarsi a nuovi prodotti, riescono a mettere a punto processi di produzione su larga scala e affrontino le crisi di sovrapproduzione diversificando i mercati di sbocco; di come le grandi banche, soprattutto nei momenti di crisi, riescano ad imporre alle imprese industriali accordi volti al controllo dei prezzi di vendita e alla riduzione della concorrenza mediante la limitazione delle capacità produttive e un attenta ripartizione delle quote di mercato. Ma accanto a queste imprese, che spesso perfezionano brevetti stranieri e mettono a punto processi produttivi più efficaci, si sviluppa poi una tipologia d impresa in cui si afferma, tra la prima guerra mondiale e gli anni cinquanta, un nesso inscindibile tra ricerca, innovazione tecnica e processo industriale. È il caso della SIRI e del metodo Casale per la produzione di ammoniaca sintetica, che proiettò tecnici e maestranze ternane in Europa e nel mondo, attraverso la vendita di brevetti e la fornitura di impianti. Ma è soprattutto l esperienza della Montecatini nel secondo dopoguerra, con il suo contributo finanziario a un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano, coordinati da Giulio Natta, e con l attenzione posta verso il Centro Ricerche dello stabilimento di Cospea. Qui verranno infatti condotti gli esperimenti che consentiranno di mettere a punto la produzione del polipropilene isotattico, una nuova fibra sintetica, termoplastica, che nel 1963 varrà a Natta l assegnazione del premio Nobel per la chimica. Ancora una volta un prodotto studiato e messo a punto nelle fabbriche ternane proietta la città in Europa e nel mondo. La forza propulsiva di queste esperienze negli ultimi anni è passata dalla grande impresa italiana alle multinazionali a capitale straniero, che sono ormai le vere protagoniste della chimica ternana. E tuttavia l esperienza di questa branca dell industria, con la sua sedimentazione di saperi e di tecniche, rappresenta un elemento costitutivo del tessuto socio-economico della città, uno dei suoi tratti caratterizzanti. Ricordarla non è una concessione alla retorica di un passato glorioso, quanto un modo per ritrovare, con spirito critico, le radici del presente. Franco Giustinelli Presidente ICSIM



L Amministrazione Provinciale di Terni, nell intento e con l impegno di promuovere azioni finalizzate al sostegno delle difficoltà esistenti all interno del settore chimico della conca ternana, ha definito un protocollo d intesa firmato il 19 settembre 2000 con tutti i soggetti istituzionali interessati e con tutte le società multinazionali operanti sul territorio ternano e narnese. In pari tempo è stato costituito l Osservatorio per il settore chimico della provincia di Terni, inserito nel più ampio contesto dell Osservatorio chimico nazionale, che si pone come organismo di riferimento per la realizzazione di azioni propositive a sostegno dell industria chimica del territorio attraverso una forte attività promozionale e un intensa rete di relazioni endogene (rapporti con aziende multinazionali, convenzione con enti di ricerca, ricerca di fonti di finanziamento, ecc.) ed esogene (rapporti con l Osservatorio nazionale, protocollo di intesa con l Osservatorio chimico della provincia di Varese, contatti con associazioni imprenditoriali, ecc.). In questa chiave di lettura del ruolo dell Osservatorio di Terni si pone l iniziativa di questa mostra fotografica che rientra nella proposta, che l Osservatorio ha sottoposto all ICSIM, di predisporre un documento storico-industriale che dia conto dell insediamento del settore chimico nella conca ternana dalla fine dell Ottocento a oggi. La pubblicazione, realizzata dall ICSIM, riesce a dar conto delle grandi trasformazioni che, con la nascita degli insediamenti produttivi della chimica, il territorio ternano e narnese, dalla valle del Nera a quella del Tevere, ha subito sia in termini paesaggistici sia di diversificazione degli stili di vita, passata da una valenza agricola a un modello imperniato sulle forme e sui tempi della società industrializzata. Ma all interno di quanto si può vedere esiste una trasformazione ben più importante: una grande mutazione , quasi genetica, che la chimica ha portato, in Italia e, quindi, anche nel nostro territorio, in questi oltre cento anni di attività. Una storia fatta da un caleidoscopio, dove luci e ombre si sono alternati in modo eclatante, una storia fatta, però, anche da persone e dal loro lavoro. Una storia che passa dal periodo della moltitudine diffusa di uomini e macchinari, tipica degli anni sessanta e settanta del Novecento, al periodo della schematicità dell innovazione tecnologica , propria degli anni ottanta e novanta e dei nostri giorni. In tale quadro la mostra si pone come testimonianza forte , e di pregio, dell opera di diversi autori della costituzione di questo patrimonio socio-economico che, ancora oggi, nonostante le grandi ristrutturazioni effettuate, rappresenta un tessuto industriale molto importante per l economia della provincia di Terni. Da Luigi Casale a Guido Donegani fino a Giulio Natta, unico premio Nobel italiano per la chimica, del quale ricorre il centenario della nascita. Terni e il suo territorio deve molto alla sua opera scientifica. L industria chimica ternana, nata come un sito di nicchia (produzione di carburo, cloruro di vinile, perborato), è stata completamente cambiata dalla scoperta, operata da Natta, del polipropilene isotattico. L evoluzione della Polymer ha trasformato il sito di Terni in un insediamento industriale di grande importanza nazionale e internazionale, con produzioni diffuse su scala mondiale: il polipropilene e i suoi derivati (filo e fiocco Meraklon, film Moplefan) sono diventati prodotti finiti in tutti i campi della plastica e delle fibre tessili artificiali, con svariate applicazioni. Il progetto industriale ha, però, cambiato faccia: la nuova industria chimica non si affida più alle grandi concentrazioni industriali ma si propone con una strategia da piccola e media impresa. E anche in quest ottica Giulio Natta è attuale: se le grandi ristrutturazioni hanno ridimensionato pesantemente il fattore umano e il suo contributo, l innovazione tecnologica non ha scalfito il valore del polipropilene, anzi. Questo prodotto, che si avvale di una componente atossica molto rilevante, è molto predisposto verso processi di verticalizzazione produttiva : i grandi volumi di materia prima prodotti a Terni, possono diventare prodotti finiti ad opera di piccole


imprese del territorio ternano e narnese, umbro e nazionale, riproponendo Terni come un polo strategico di forte valore. È in questa direzione che sta lavorando l Osservatorio, operando su più versanti: con un azione di marketing territoriale diffusa, con un attività di sostegno per il consolidamento del patrimonio industriale esistente, con la ricerca di fonti di finanziamento regionali e nazionali, con la messa a disposizione dei Centri di formazione dell Amministrazione Provinciale per i diversi fabbisogni professionali, con la collaborazione dei centri di ricerca e innovazione della provincia di Terni. In tal senso mi piace anche ricordare la collaborazione che l Osservatorio di Terni ha inteso attivare con l ICSIM su diversi progetti, che vanno dalla presente pubblicazione (che vuole essere un tangibile contributo per una migliore conoscenza dell industria chimica del territorio al fine di accrescere, su di essa, l interesse dei soggetti economici locali), alla predisposizione del Chemmaster (corso per quadri di impresa), all attuazione di progetti di alta formazione per figure professionali specializzata dell industria chimica, oltre alla collaborazione per il convegno su Giulio Natta. Gianfranco Teofrasti Assessore allo Sviluppo Economico della Provincia di Terni


Indice 8

La prima industria chimica: la Carburo e lo stabilimento di Collestatte

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L arrivo della chimica a Narni: l Elettrocarbonium e la Linoleum

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L espansione della Carburo: lo stabilimento di Papigno

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La Società Valnerina: le centrali di Cervara e lo stabilimento per il carburo di Narni

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Dalla crisi a un nuovo futuro per il carburo: la calciocianamide

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Luigi Casale e l ammoniaca sintetica: dalla IDROS alla SIAS alla SIRI

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Un nuovo polo chimico: Nera Montoro dalla Società Villeneuve alla Nuova TIC

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La Terni polisettoriale ristruttura Papigno

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La Società Umbra Prodotti Chimici: il solfuro di carbonio per il rayon

47

Dalla gomma naturale a quella sintetica: dalla SAIGA alla SAIGS

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La SPEA: i prodotti esplosivi autarchici

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La Polymer: Giulio Natta e il polipropilene

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La Montedison e le gemmazioni societarie

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Dalla chiusura di Papigno alle vicissitudini attuali

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Bibliografia essenziale


La prima industria chimica: la Carburo e lo stabilimento di Collestatte

Pianta dello stabilimento allegata alla domanda per ottenere la subconcessione d acqua dalla SAFFAT nel 1897. È evidente la semplicità della struttura: 1 ingresso 2 uffici e abitazione 3 deposito materie prime 4 officina riparazione 5 preparazione materie prime 6 dinamo e turbine 7 forni 8 magazzino (Archeologia industriale e territorio a Terni. Siri Collestatte Papigno, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino e Michele Giorgini, Electa, Milano 1991, p. 156). La prima foto conosciuta dell impianto di Collestatte documenta un evidente consolidamento di quell impianto avviato come sperimentale. La linea visibile sulla sinistra dello stabilimento è il tracciato del canale motore della SAFFAT (La Società degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie di Terni e i suoi stabilimenti. Monografia, Terni 1898).

La Società Italiana per il Carburo di Calcio Acetilene e Altri Gas (Carburo) viene costituita a Roma il 2 maggio 1896, con un capitale sociale di 3 milioni di lire, per iniziativa di un gruppo di imprenditori e banchieri di Milano, Torino, Genova e Roma interessati ad avviare in Italia la produzione industriale del carburo. Il carburo di calcio è un prodotto chimico che dall ultimo decennio dell Ottocento si impone all attenzione degli industriali per la facilità e la convenienza con cui può essere impiegato per l illuminazione (pubblica e privata). Per la sua preparazione occorrono infatti soltanto calce (ottenuta dalla cottura del calcare in apposite fornaci), carbone ed energia elettrica: utilizzando un forno elettrico per portare una miscela di calce e carbone a una temperatura di circa 2.000 °C, la calce fonde e viene ridotta dal carbone, liberando il calcio che si combina con il carbonio a formare, appunto, il carburo di calcio. Questo, messo a contatto con l acqua mediante appositi apparecchi, anche portatili, libera acetilene, un gas la cui fiamma ha un potere rischiarante superiore a quello del gas da illuminazione. A partire dal 1895 in quasi tutte le riviste tecniche italiane compaiono un numero crescente di articoli sul carburo di calcio. A

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Milano viene addirittura fondata una rivista dedicata a L Acetilene che, nel suo primo numero, riporta un preventivo per uno stabilimento dotato di una forza motrice di 3.000 HP, vicino a una stazione ferroviaria, circondato da montagne calcaree e con manodopera a basso costo (sembra quasi la descrizione di Collestatte o di Papigno): con un investimento iniziale di 1.100.000 lire e una spesa di esercizio di 324.000 lire annue, potrebbe produrre 3.600 t di carburo vendibili a 250 lire con un beneficio netto di 460.000 lire. Nelle intenzioni dei suoi sostenitori il carburo deve fare concorrenza con l acetilene al petrolio e al gas, nonché approfittare delle nicchie di mercato lasciate libere da questi altri sistemi di illuminazione; ben presto, però, esso stesso deve sostenere la concorrenza di un altro sistema che viene messo a punto nel medesimo periodo: l energia elettrica, che finirà per imporsi grazie alla sua economicità e praticità d uso, soprattutto dopo la messa a punto del trasporto a grande distanza. La Carburo viene costituita prima ancora di avere un impianto produttivo, dopo che i suoi promotori hanno valutato come possibili siti per la prima fabbrica italiana capace di produrre il carburo di calcio su scala industriale Milano e Terni. I maggiori azionisti sono il cavalier Mario Michela e l ingegner Fausto Morani, che mettono in liquidazione la loro Società per la Fabbricazione e le Applicazioni Industriali dei Gas per apportare alla


neocostituita società i brevetti Forlanini per i generatori automatici ad acetilene, la propria organizzazione di vendita e controllo degli apparecchi di illuminazione e la loro privativa per la produzione in Italia del carburo di calcio mediante forni elettrici Heroult secondo il brevetto della Aluminium Gesellschaft di Neuhausen (che nel suo stabilimento di Sciaffusa usa 4.000 HP per la produzione di alluminio con forni elettrici Heroult-Kiliani e di carburo con forni Heroult secondo il processo Boullier). Per verificare la validità di questo processo produttivo, nel giugno 1896 il consiglio di amministrazione della Carburo delibera di installare un impianto sperimentale a Collestatte Piano, avendo ottenuto dalla Società degli Alti Forni e Fonderie di Terni (SAFFAT), che doveva completare entro l anno le opere di derivazione dei 5 metri cubi d acqua dal Velino avuti in concessione nel 1890, una subconcessione sufficiente a produrre 800 HP. Probabilmente al raggiungimento di questa intesa non è estranea la conoscenza della zona che Morani aveva maturato durante la sua esperienza lavorativa presso la Società Valnerina (cfr. infra pp. 22-25). In attesa di avere una propria produzione, la Carburo limita la sua attività alla vendita degli apparecchi di illuminazione e al collocamento del carburo fornito dalla Società Neuhausen, mentre durante la fase di costruzione viene raddoppiata la potenzialità produttiva dell impianto di prova, installando quattro forni elettrici (più due di riserva) alimentati da altrettante dinamo (acquistate usate dalla società svizzera per ridurre i tempi), per 600 kW complessivi. Ma prima ancora della sua entrata in funzione, la domanda di carburo è tale da superarne ampiamente la capacità produttiva e neanche la Neuhausen riesce a rifornire la Carburo in modo sufficiente. Ciò spinge inevitabilmente al rialzo il prezzo di vendita del carburo (dalle 400 lire/t degli inizi del 1897 alle 800 del 1898) e provoca il rapido moltiplicarsi di iniziative per installare fabbriche di carburo in Italia. Risultando quindi insufficiente, prima ancora del suo impiego, la subconcessione ottenuta dalla SAFFAT,

per la Carburo si presenta subito il problema della disponibilità di adeguata forza motrice. Data la validità del brevetto Neuhausen, il basso costo del calcare, del carbone e della manodopera, il successo commerciale dell impresa dipende solo dal costo di quella materia prima: nel 1907 per la produzione di 1 t di carburo occorrono 14,10 lire di calce (940 kg), 19,5 di carbone (650 kg), 18 di elettrodi, 7,5 di mano d opera, 3 per le riparazioni, 5 per le spese generali e ben 50 per l energia elettrica. Per costruire l impianto permanente vengono quindi esaminati tre progetti: quello dell ingegner Cassian Bon, che propone l affitto di 3.000 HP (elevabili a 6.500), quello di Cipriano Turri, per l acquisto di 4-7.000 HP dal fiume Tirino, presso Bussi, e quello dell ingegner Bartolomeo Bartoli, per la derivazione di 7,5 mc/s d acqua dal Velino capaci di assicurare ben 17.950 HP nei pressi di Papigno. Alla fine viene scelto quest ultimo, rielaborato da quello steso nel 1895 dallo stesso Bartoli per conto del Comune di Terni, che prevedeva l integrale utilizzo delle acque del Velino, dal momento che garantisce il minor costo unitario della forza motrice. Vista l opposizione della Prefettura e di altri enti locali al progetto del Comune di Terni, Bartoli riesce a convincere questa amministrazione a recedere dal diritto di prelazione sul suo progetto e ad acconsentire che la Carburo installi il suo stabilimento a Papigno, invece che nel territorio del comune, dal momento che solo lì l esecuzione delle opere idrauliche è più facile e il costo di produzione di ciascun cavallo è così basso da

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La vendita degli apparecchi di illuminazione, così come quella del carburo, viene fatta mediante un sistema di agenzie che hanno l esclusività su zone limitate; qualora lo richieda la domanda o l estensione della zona, la Carburo assume direttamente i subagenti dei concessionari. La società evita così che i prezzi crollino per la concorrenza tra i concessionari ma interpone tra sé e la clientela una fitta rete di intermediari. Per l esportazione sembra particolarmente interessata all America Centrale e Meridionale. Agli inizi del 1898 ha installato 476 degli oltre 3.000 impianti di illuminazione ad acetilene funzionanti in Italia e un numero non precisato in Ungheria, Svizzera, Grecia e Argentina ( L Acetilene , 1902). All inzio del 1900 ha rappresentanti ad Ancona, Ferrara (concessionario per le province di Bologna e Ferrara), Modena (per Modena, Reggio Emilia, Parma, Mantova, Cremona, Firenzuola), Padova, Roma, San Benedetto del Tronto, un rappresentante concessionario a Palermo, un concessionario esclusivo per le province di Firenze, Arezzo, Lucca e Siena, concessionari per le province di Ravenna, Forlì, Genova, Novi Ligure, Portoferraio, Pozzuolo, Umbertide e Venezia, nonché un deposito a Milano.


Già in una cartolina dei primi del Novecento è evidente il notevole sviluppo dello stabilimento di Collestatte. Sul retrostante ciglione di Marmore è evidente la vasca di carico e la condotta forzata, un tubo in lamiera del diametro di 1,5 metri, lungo 513 metri, installata dalle Officine di Forlì dell ingegner Forlanini, che aveva già realizzato, per conto della Società Anglo-Romana, l impianto idroelettrico di Tivoli (sulla destra di questa il canale motore della SAFFAT).

assicurare un grande vantaggio sulle imprese concorrenti. Nel gennaio 1897 gli amministratori della società decidono di acquistare carburo anche da imprese diverse dalla Neuhausen, in modo da avere uno stock sufficiente a soddisfare le richieste, affermare così il marchio Carburo e procurare un sicuro mercato allo stabilimento di Collestatte e a quello, più grande, di Papigno. Le baracche provvisorie dell impianto di prova vengono sostituite con fabbricati stabili e, prevedendo il non rinnovo della subconcessione della SAFFAT, si incarica Bartoli di progettare per Collestatte una derivazione di 2 mc/s (elevabili a 5) di acqua del Velino. Per accelerare i tempi la Carburo subentra però nella domanda di derivazione di 6 mc/s già avanzata dagli ingegneri Perron, Venturini e De Felice, che poi fa modificare da Bartoli per ottenere 11.474 HP. Lo stabilimento di Collestatte entra in funzione il 7 aprile 1897, con una capacità produttiva limitata a circa 2 t/giorno dalla scarsa disponibilità di forza motrice. Dovendosi impegnare da subito nell ampliamento degli impianti prima della loro entrata in funzione, la società ha difficoltà di cassa; prima di procedere al completamento del versamento del capitale sociale gli amministratori chiudono comunque il primo bilancio in utile, in modo da poter distribuire un dividendo: in precedenza le banche avevano rifiutato le somme necessarie per il deposito cauzionale per le domande di derivazione e la società aveva dovuto fare ricorso a un prestito concesso dalla Società Anglo-Romana e da Morani, così come aveva chiesto a quest ultimo di assumere senza compenso la direzione dei lavori per l ampliamento degli impianti. Risolte le questioni finanziarie, Morani viene formalmente incaricato nel febbraio 1898 e subito si reca a visitare le principali fabbriche euro-

pee di carburo per vedere come hanno risolto i problemi tecnici connessi alle grandi derivazioni d acqua e all uso di numerosi forni elettrici di una certa potenza. Di ritorno da questo viaggio di istruzione , dichiara di poter portare l impianto di Collestatte a una potenzialità di 4.000 HP con una spesa inferiore a quella prevista per 1.800 grazie alle modifiche che intende apportare alle opere di derivazione e al miglior prezzo che è riuscito ad ottenere dai fornitori dei macchinari (la Thury di Ginevra per le dinamo, la Duvillard di Losanna per le turbine e la Hrupp di Essen per le macchine per la preparazione della miscela di calce e carbone). Data la grande disponibilità di forza motrice (nel 1899 la Carburo ha circa 30.000 dei 180.000 HP concessi in Italia) nonché il basso costo della manodopera e del calcare, aumentando la capacità produttiva dello stabilimento, Morani ritiene di poter abbassare così tanto il costo di produzione da sbaragliare la concorrenza in Italia e da collocare all estero una quota significativa della produzione. Ottiene così di far decadere l opzione concessa alla ditta Manzi, durante la sua assenza, per la cessione della derivazione di Papigno a un gruppo estero interessato alla produzione della soda e alla cessione a terzi di energia elettrica; ottiene anche un aumento del capitale sociale a 6 milioni di lire, grazie anche al sostegno di Carlo Pouchain, già azionista della Carburo, ma soprattutto gerente della Società Anglo-Romana per l Illuminazione di Roma col Gas e Altri Sistemi (costituita nel 1854). Quest ultimo, nel 1886 aveva affiancato ai gazometri una centrale termoelettrica e nel 1892 si era impegnato nel trasporto a Roma dell energia elettrica prodotta dalle cascate dell Aniene a Tivoli; come azionista della Carburo si batte perché tutta l energia disponibile venga usata nell industria del carburo di calcio, evitando così il sorgere di concorrenti alla sua impresa. Durante i lavori di completamento dello stabilimento di Collestatte Morani riesce ad ottenere una sensibile riduzione del costo di produzione modificando il forno Neuhausen in modo da ridurre la temperatura esterna, abbattere le polveri di carbone


e calce sparse nell aria (per la verità per anni si porrà il problema della salute degli operai e dell inquinamento dei terreni circostanti), consumare quasi per intero gli elettrodi, ma, soprattutto aumentandone da 150 a 250 kW (e poi a 500) la potenza. Queste migliorie gli valsero poi la carica di amministratore delegato, la direzione dei lavori di Papigno, una partecipazione del 5% agli utili e del 40% alle operazioni finanziarie e industriali della Carburo in Italia e all estero. Nel corso del 1899 vengono quindi installate tre turbine Duvillard ad asse orizzontale da 1.500 HP accoppiate a tre alternatori monofase Thury da 1.100 kW che alimentavano sei forni elettrici da 500 kW capaci di assicurare una produzione di 10-12 t/giorno, limite che viene raggiunto solo più tardi, a causa del ritardo nella consegna di alcuni macchinari. Proprio questi ritardi e il sorgere di altre fabbriche di carburo (a Pont Saint Martin, a Narni, a Saint Marcel, a Sugano, a Salinaso, a Paternion, in Carinzia), in genere di piccola capacità, ma in numero crescente, nell ottobre del 1899 induce a prendere i provvedimenti necessari a completare la derivazione di Collestatte acquistando altre tre turbine Duvillard, identiche alle precedenti, e tre alternatori bifase Thomson Houston da 1.500 kW (che consentono di portare a 20 tonnellate al giorno la produzione); inoltre, viene abbandonata l ipotesi di procedere direttamente alla produzione degli elettrodi, ma si prende in esame il preventivo di spesa per la

Questa pianta schematica, ricavata planimetria redatta nel 1915 per illustrare il tracciato della linea telefonica tra le opere idrauliche e le centrali della Società Carburo evidenzia lo sviluppo dello stabilimento di Collestatte rispetto alle foto degli anni precedenti (Archeologia industriale e territorio a Terni. Siri Collestatte Papigno, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino e Michele Giorgini, Electa, Milano 1991, p. 162).

realizzazione dello stabilimento di Papigno, inaugurato poi nell ottobre 1901 (cfr. infra pp. 18-21). A Collestatte la fabbricazione del carburo ha luogo in due sale distinte, affiancate ai locali degli alternatori (Thury e Thompson) e comunicanti fra di loro mediante una tettoia. La prima sala è lunga 35 metri e larga 11, la

I forni modificati dall ingegner Fausto Morani (L economia italiana nel suo divenire durante l ultimo venticinquennio e nelle sue condizioni attuali. 1895-1920, a cura del Credito Italiano, vol. II, Milano 1920). Sono evidenti vari meccanismi idraulici di manovra e raffreddamento, gli elettrodi calati dall alto e, sul pavimento, i binari per i carrelli utilizzati per il trasporto delle materie prime e del prodotto finito.


In questa scattata prima della chiusura è evidente come i vari reparti dello stabilimento abbiano occupato tutta l area tra la sponda destra del Nera e la strada Valnerina, tra il canale motore della Acciaierie e lo stabilimento della Società Umbra Prodotti Chimici (M. Maurizi, N. Beccafichi, Umbria. Cuore d Italia, Perugia 1928). L impianto viene chiuso nel 1929, quando la Società Terni concentra la produzione di carburo e calciocianamide a Papigno; demolito per buona parte, viene riconvertito ad abitazioni operaie ed ospita anche alcune strutture del Dopolavoro della Società Terni (chiesa, teatro, cinema). Attualmente conserva ancora alcune abitazioni, mentre la maggior parte dell area viene utilizzata a supporto dell area turisticoescursionistica della Cascata delle Marmore, compreso l ex cinema, ristrutturato per ospitare la biglietteria e il centro di accoglienza dei visitatori.

seconda è lunga 42 e larga 13. In ciascuna sono installati sei forni elettrici (poi portati alla potenza di 1.000 kW) con relativi canali nel sottosuolo per le condutture dell energia elettrica e l aspirazione dei gas sviluppati dalla reazione. Le materie prime, calce e carbone, vengono triturate e miscelate nelle proporzioni necessarie in un apposito reparto provvisto di molini Krupp; la miscela così ottenuta viene portata nella sala forni mediante vagoncini su appositi binari. Il carburo prodotto, estratto dai forni manualmente, ricorrendo a un palo e a una mazza, si solidifica in appositi recipienti posti sul pavimento. Questi, quando il carburo è ancora caldo, vengono caricati su dei vagoncini e trasportati in altri reparti per farli raffreddare. A questo punto il carburo viene triturato e, mediante norie, trasportatori e vagli, spolverato e classificato a seconda delle diverse misure, per essere poi pesato e imballato in casse di legno rivestite di lamiera (prodotte nello stesso stabilimento). A questo punto può essere messo nei magazzini o spedito ai rivenditori mediante la tramvia, inaugurata il 14 dicembre 1901 dalla Società per le Tramvie Elettriche di Terni, impresa costituita il 14 novembre 1899 per iniziativa della stessa Carburo, per collegare i paesi della Valnerina, ma soprattutto i propri stabilimenti, con la città e la stazione ferroviaria di Terni. Mentre la Carburo procede all utilizzo delle derivazioni d acqua avute in concessione, il prezzo di vendita comincia a scendere a causa della concorrenza: nel 1900 viene fissato a

520 lire/t, ma poi viene ridotto a 300 e nel 1901 a 250. I numerosi produttori cercano allora di costituire un sindacato per controllare il prezzo di vendita ma falliscono nel loro intento perché non riescono ad avere l adesione della Carburo: Morani è convinto che la produzione su piccola scala dei concorrenti non potrà reggere il confronto con quella della Carburo; in effetti, anche se l obiettivo della produzione di 20.000 t/annuo viene raggiunto solo nel 1903, l impresa da lui amministrata può realizzare un utile netto di 100 lire/t anche con un prezzo di vendita ridotto a 250. Morani e la Carburo riescono ad avere ragione della concorrenza non solo con l aumento della produzione, che induce alcuni a cambiare settore di attività e fa chiudere in perdita i bilanci di altri, ma anche con una serie di accordi industriali e/o finanziari. Nel corso del 1900 si accorda con la Società Veneziana di Elettrochimica per la costituzione della Società per l Utilizzo delle Forze Idrauliche della Damazia (Dalmata) a cui apporta anche i suoi brevetti , impresa che può utilizzare una forza motrice idraulica di almeno 20.000 cavalli in uno stabilimento da costruire a Sebenico, sul mare; tra il 1902 e il 1903 conquista la maggioranza azionaria della Società Piemontese per la Fabbricazione del Carburo di Calcio e Prodotti Affini (Piemontese), il concorrente più temibile; nel 1904, infine, costituisce la Società Anonima per Imprese di Illuminazione, per poter concentrare meglio le proprie risorse finanziarie e tecniche nella produzione del carburo, per il quale sembra prospettarsi un importante utilizzo nella produzione di concimi azotati (cfr. infra pp. 26-27).


La chimica a Narni: l Elettrocarbonium e la Linoleum Così come era successo per l avvio del processo di industrializzazione, anche nel caso dell insediamento dell industria chimica le vicende del Narnese seguono di pochi anni quelle del Ternano e si localizzano nelle aree che avevano ospitato i primi insediamenti, rilevandone addirittura gli impianti e le infrastrutture, dapprima a Narni Scalo e poi a Nera Montoro (cfr. infra pp. 32-37). Costituite nel 1887 per iniziativa della Banca Industriale e Commerciale (BIC), fondata nello stesso anno da Alessandro Centurini, che nel 1884 aveva costituito a Terni l omonimo Jutificio, la Società Italiana per la Concia delle Pelli (operativa dall ottobre 1888) e la Società per la Fabbricazione e il Commercio di Oggetti in Caoutchouc Guttaperga e Affini (entrata in funzione nel maggio 1889), cessano ben presto la loro attività in seguito al fallimento della BIC: a un anno dalla sua costituzione questa aveva promosso anche la Società Metallurgica e la Società Generale per l Illuminazione (riunendo la Società del Gas di Civitavecchia con quella di Perugia, entrambe fondate dal belga Cassian Bon) ma era stata poi coinvolta nelle scandalo della Banca Romana e messa in liquidazione. L Elettrocarbonium Alla fine del 1895 l impianto della Concia viene ceduto dalla Banca d Italia al Banco Manzi (di Milano), che il 15 marzo 1897 lo apporta alla neocostituita Società Italiana dei Forni Elettrici (SIFE), impresa sorta con un capitale di 100.000 lire per sfruttare i forni elettrici per la produzione del carburo di calcio brevettati il 13 maggio 1896 dall ingegner Ferdinando Lori. Utilizzando immobili ancora in buono stato di conservazione, gli amministratori della SIFE intendono probabilmente ridurre le spese d avvio ma anche disporre immediatamente della forza idraulica di 212 HP assicurata dall esistente derivazione dal Nera di 12 mc/s d acqua (divisa a metà con l adiacente ex fabbrica del caoutchouc). Visto il soddisfacente rendimento dell im-

pianto, il consiglio di amministrazione della SIFE, in cui siedono rappresentanti della Banca Commerciale Italiana, del Credito Italiano e della Banca Manzi, decide di aumentare la capacità produttiva dello stabilimento, limitata a 0,5-0,6 t/giorno dalla poca energia disponibile, e di estendere l attività della società. Dopo accordi presi con il Comune di Narni viene chiesta una nuova derivazione dal Nera capace di fornire 2.000 HP e nell estate 1898 si affittano dal Comune di Foligno, che sembra in grado di consegnarli entro l anno, 1.000 HP da utilizzare in una fabbrica da installare nei locali di un vecchio edificio alle porte della città. Nel frattempo la SIFE partecipa alla costituzione, nel luglio 1898, della Società Veneziana di Elettrochimica, con la quale è quindi facile accordarsi per la cessione del brevetto Lori e la messa in produzione di uno stabilimento a Paternion, in Carinzia. Ottenuta già all inizio del 1899 la richiesta derivazione dal Nera, viene deliberato l aumento del capitale sociale a 1,5 milioni di lire, elevabili a 3; l operazione, da effettuare con l ausilio della Banca Manzi, serve anche a procurare alla SIFE i fondi necessari per sottoscrivere, il 20 giugno 1899, il 16,25% dei 4 milioni di lire costituenti il capitale sociale della Società Industriale Elettrochimica di Pont Saint Martin (il 52,5% viene sottoscritto da gruppi finanziari svizzero-tedeschi e il 5% da gruppi francesi). La nuova impresa, promossa dalla Banca Commerciale Italiana e dal Credito Italiano, ha per scopo la produzione

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Alla fine dell Ottocento la cartografia IGM prende atto dell insediamento nella piana ai piedi di Narni dei primi due impianti industriali e del percorso del canale artificiale che fornisce loro la necessaria forza motrice. Da notare la quasi totale assenza di abitazioni nell area oggi occupata da Narni Scalo.

Qui accanto il progetto messo a punto dall Elettrocarbonium nei primi nel Novecento per costruire una nuova centrale idroelettrica sul canale artificiale, progettato all ingegnere narnese Tobia Isolani, che dal novembre 1888 ha assicurato per molti decenni la forza motrice necessaria alle prime due fabbriche narnesi.


I forni a gas per la cottura degli elettrodi ( Le Industrie Italiane Illustrate , marzo 1917). L operazione è molto simile a quella che si svolge ancora oggi (documentata in questo catalogo a pagina 60).

e la distribuzione di energia elettrica nonché l uso di quella eccedente e di quella stagionale per la produzione di carburo. La fiducia che le banche dimostrano nei confronti della SIFE non è tanto fondata sui risultati economici che raggiunge, sebbene per l esercizio del primo semestre 1899 venga distribuito un dividendo del 3%, quanto sull efficienza del processo industriale. Infatti, se all Esposizione internazionale di acetilene, tenutasi a Budapest nel 1899, la Carburo ottiene la medaglia d oro per la produzione di Collestatte, la SIFE viene premiata con medaglia d argento per il forno elettrico Lori. Ugualmente convincente sembra essere la politica industriale e finanziaria seguita dagli amministratori. In soli due anni la SIFE intraprende infatti una serie di iniziative che sembra possano costituire le basi per una redditizia attività. In pratica i suoi promotori, sia pure autonomamente, anzi, in concorrenza, seguono la stessa strategia messa in pratica, nello stesso periodo, dalla Carburo: impegnano l impresa in un settore industriale che in Italia sta muovendo i primi passi, si assicurano il possesso dei processi produttivi ritenuti più idonei ad ottimizzare l uso delle materie prime disponibili, cercano di limitare sul nascere la concorrenza cercando intese con altri gruppi o avviando essi stessi altre iniziative similari per sottrarre la disponibilità di forza motrice idraulica a potenziali concorrenti. Ben presto, però, una serie di controversie legali inerenti l uso dei forni elettrici per la produzione di carburo, la scarsa energia disponibile (una domanda di derivazione per ottenere 16.000 cavalli a Nera Montoro viene accolta soltanto nel 1908, ma poi la centrale sarà ultimata solo nel 1916) e la forte

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concorrenza nel mercato del carburo, inducono i suoi amministratori (tra i quali si distingue il ragioniere Vittorio Imperatori) a cessare l attività produttiva diretta: nel 1900 viene costituita la Società Italiana dell Elettrocarbonium (che utilizzerà lo stabilimento di Narni), nel 1901 la Fabbrica Italiana di Carburi e Derivati (che affitta quello di Foligno per produrre fino a 2,5 tonnellate al giorno di carburo) e la Società Romana di Elettricità, nel 1903 la Società Catanese di Elettricità; infine, nel 1905 la SIFE si accorda con il Crédit Général Liégeois e la Pont Saint Martin per contrastare la supremazia della Carburo in questo settore facendo costruire alla Società Valnerina, che a Terni ha già in funzione la prima delle due centrali di Cervara, un nuovo stabilimento a Narni Scalo, nei pressi della stazione. Questo articolato programma fa registrare risultati contrastanti: nell accordo con la Valnerina la SIFE viene estromessa ancora dalla Carburo (cfr. infra pp. 22-25) che però nel 1914 respinge sia l ipotesi di fusione sia l acquisto della maggioranza azionaria offerto dalla Banca Commerciale , dalla Catanese nel 1907 e dalla Romana nel 1921 sembra invece liquidata dagli altri azionisti, mentre la Derivati, che si interessa anche alla produzione di barite e di ferroleghe, continua a produrre almeno fino alla prima guerra mondiale; l unica iniziativa che ha successo è l Elettrocarbonium. Costituita a Roma il 12 settembre 1900 con un capitale di 1,3 milioni di lire, per molti anni rimane la sola impresa italiana di elettrodi per l industria siderurgica ed elettrochimica. Il progetto della SIFE di avviare tale attività deriva dalla considerazione che quelle dell acciaio, dell alluminio e del carburo sono industrie consumatrici di elettrodi di carbone (per 100 kg di alluminio ne occorrono 70 di elettrodi) che promettono notevoli incrementi di domanda anche in Italia. Nel luglio 1900 la SIFE aveva incaricato l ingegner Arturo Paoloni di andare a studiare la fabbricazione degli elettrodi presso le Officine Planiawerke di Ratibor (Alta Slesia), dirette dallo svedese John Rudolphs della ditta Rylander e Rudolphs di Stoccolma, appartenenti alla AEG di Berlino. La costruzione dello stabilimento narnese, in-


stallato nei locali già adibiti dalla SIFE alla produzione di carburo, inizia e viene ultimata nel corso del 1901 con la collaborazione del personale della ditta svedese (esonerato solo nel 1904). Dal 1902 inizia la regolare produzione di elettrodi per forni elettrici, a cui si aggiunge poi la fabbricazione dei carboni per le lampade ad arco e per le pile, dei proiettori per la Marina, dei contatti e delle spazzole per le dinamo. Nel 1903 la capacità produttiva di 600 tonnellate annue di elettrodi non riesce a soddisfare la domanda, anche perché i due forni anulari a gas, tipo Meier, utilizzati per la cottura, sebbene dotati ciascuno di 42 camere, possono fornire solo 18 elettrodi al giorno dal momento che vengono usati anche per la calcinazione dell antracite. Quando per questa funzione vengono installati due appositi forni da 100 kw, la produzione supera le 1.400 tonnellate annue. Grazie al successivo continuo incremento della capacità produttiva, stimolata da una domanda crescente, l Elettrocarbonium riesce a fare importanti ammortamenti, a non contrarre debiti e a remunerare in modo adeguato gli azionisti. Nel 1917 lo stabilimento di Narni, unico in Italia , viene dichiarato ausiliario e la chiusura delle frontiere ai concorrenti tedeschi induce a portarne la capacità produttiva da 2.500 a 6.000 tonnellate annue. Nello stesso anno viene deliberata la fusione nella SIFE, per risolvere le difficoltà economiche di quest ultima, che aggiunge alla propria ragione sociale anche la denominazione Elettrocarbonium . Nelle intenzioni degli amministratori la nuova impresa avrebbe potuto armonizzare l attività degli stabilimenti di Terni e Narni per la produzione di leghe metalliche al forno elettrico gestiti dalla SIFE e quello per la produzione di elettrodi (la cui capacità produttiva viene portata a 1.000 tonnellate mensili). Già con la fine della particolare congiuntura bellica iniziano però le prime difficoltà: i due stabilimenti adibiti alla produzione di ferroleghe vengono restituiti alla Carburo e sebbene nel 1919 il capitale sociale venga elevato a 14 milioni di lire per acquistare, nel 1920, uno stabilimento ad Ascoli Piceno da utilizzare per la produzione di elettrodi per il

settore metallurgico, la riduzione delle domanda e, quindi, delle vendite, costringe a svalutazioni del capitale sociale (fino ai 3 milioni del 1923) e a successive ricapitalizzazioni (7,8 milioni, sempre nel 1923). Solo l acquisto della maggioranza azionaria da parte della tedesca Siemens, nella seconda metà degli anni trenta, consentirà di superare una serie di difficoltà economiche e tecniche; nel corso degli anni trenta la produzione aumenta e gli occupati passano dai 350 del 1917 ai circa 900 del periodo precedente la seconda guerra mondiale. Alla fine del conflitto lo stabilimento viene commissariato e nel 1948 la maggioranza azionaria viene assunta da Monti & MartiniAzzaretto. Nel 1949 viene adottata la denominazione di Elettrocarbonium Spa e nel 1954 entra in funzione il primo impianto di grafitazione degli elettrodi. L anno seguente il reingresso della Siemens consente di avviare una nuova fase espansiva che viene però interrotta dalle ripercussioni della crisi petrolifera degli anni settanta, che ispira poi il processo di riconversione iniziato nel 1978. La Linoleum Cessata l attività della Società per la Fabbricazione e il Commercio di Oggetti in Caoutchouc Guttaperga e Affini, in breve tempo gli impianti trovano un nuovo utilizzo. Alla fine del 1894 vengono rilevati da Giovan Battista Pirelli, imprenditore milanese titolare della concorrente Società per la Lavorazione della Gomma Elastica e della Guttaperga; il 14 giugno 1898 questi li apporta alla neocostituita Società Italiana del Linoleum e Prodotti Affini, per molti anni l unica fabbrica italiana di questo prodotto.

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La sala delle presse e stazionatura degli elettrodi ( Le Industrie Italiane Illustrate , marzo 1917).


Fasi di lavorazione del linoleum agli inizi del Novecento.

Il linoleum, un pavimento sintetico alternativo a quelli tradizionali, viene scoperto in Inghilterra nel 1844 ma la prima vera fabbrica sorge solo nel 1864, cioè un anno dopo il brevetto di Federic Walton per sostituire il più costoso caoutchouc con olio di lino ossidato. Dopo la scadenza di questo brevetto l industria del linoleum si diffonde rapidamente in Inghilterra e in Europa. Pirelli sceglie l ex stabilimento della Guttaperga per avviare in Italia la fabbricazione di questo nuovo prodotto perché dispone di una propria derivazione d acqua capace di fornire la necessaria forza motrice, i macchinari non sono obsoleti e sono in parte riutilizzabili; inoltre, è vicino alla stazione ferroviaria, con la quale è raccordato. Questo requisito è molto importante perché facilita il raggiungimento dei principali mercati e il rifornimento delle materie prime, nessuna delle quali è prodotta in loco. Schematicamente, il processo produttivo, che rimane sostanzialmente invariato, può essere così riassunto: l olio di lino viene immagazzinato in serbatoio metallici per consentire il deposito di eventuali impurità e fargli acquisire un certo grado di acidità. Giornalmente viene prelevato e sottoposto a cottura , in caldaie da 2.000 litri riscaldate a fuoco diretto, per dotarlo di un maggiore potere essiccativo e, mediante esposizione all aria, trasformarlo in linossina , cioè in un corpo elastico, insolubile, che è la base per la preparazione del cemento di linoleum . L ossidazione viene ottenuta irrorando giornalmente con l olio cotto, per 1-2 ore, delle tende di cotone appese negli essiccatoi (fab-

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bricati di forma cubica che caratterizzano lo stabilimento) a 5 cm l una dall altra. Nelle 24 ore successive all irrorazione, le tende forniscono all olio un ampia superficie di ossidazione. Si forma così un sottile strato di linossina sul quale il giorno dopo si andrà a sovrapporre un altro strato finché la tenda non assumerà lo spessore di qualche centimetro. La linossina può anche essere ottenuta con il sistema a pioggia : l olio di lino viene fatto cadere dall alto di una torre entro un recipiente e da qui aspirato e ricondotto in alto per ricominciare il ciclo; dopo 70 ore è troppo denso per potersi ossidare ancora e allora viene introdotto in un mescolatore meccanico capace di attraversarlo con la corrente d aria prodotta da un ventilatore e di dargli alla fine un aspetto solido equivalente alla linossina ottenuta con le tende. Ottenuta la linossina con uno dei due sistemi, si passa alla cementazione : in caldaie a camicia di vapore la linossina viene fusa, in determinate proporzioni, con delle resine (colofonia, gomma kauri, coppale) e rimescolata per ottenere un prodotto dall aspetto elastico simile al caoutchouc. È questo il cemento di linoleum , la materia conglomerante che viene poi impastata con farine di sughero (o di legno), e con i colori, per ottenere la pasta di linoleum. La farina di sughero è ricavata dalla scorza di quercia, dapprima accumulata all aperto e fatta essiccare sotto apposite tettoie. Ridotta in granulato e poi in farina, viene mescolata alle terre colorate e quindi unita al cemento di linoleum da un mescolatore a trafila. L impasto così ottenuto passa in un laminatoio a tre cilindri per la degassificazione, poi in un mescolatore a trafila e quindi a una calandra che lo comprime, in uno spessore determinato, su un tessuto di juta. Si ottiene così il linoleum a tinta unita . Dalla calandra si può ottenere anche linoleum a più tinte: con l aspetto di una granitura, di una striatura o di una marmorizzazione. Il linoleum unito, che può essere anche stampato, a mano e/o a macchina, viene sop-piantato da quello inlaid , cioè a disegni e a colori penetranti ( linoleum mosaico ). Per ottenerlo è necessario usare farina di abete per-


ché, essendo bianca, consente di ottenere colori vivi e trasparenti; i disegni vengono composti in apposite forme collocate sopra tavoli di formatura ciascuno dei quali fa capo a una pressa idraulica che dà forma al prodotto. Una volta formato e pressato il linoleum viene lucidato con paraffina, ulteriormente pressato, verniciato di rosso sul rovescio e quindi posto negli essiccatoi per la stagionatura. Da qui viene passato su lunghi tavoli per essere ispezionato, rifinito ai bordi e quindi avvolto in rotoli da 30 m conservati in magazzini protetti dall umidità. Nonostante le immancabili difficoltà connesse nell avvio di una nuova industria, lo stabilimento di Narni inizia la sua produzione alla fine del 1899, con una potenzialità di 100 mq/giorno di linoleum liscio. Tra il 1900 e il 1901 viene avviata anche la fabbricazione di linoleum stampato, colorato, delle passatoie per scale e del linoleum granito. Nel 1902 viene prodotta anche la lincrusta, linoleum calandrato su carta anziché su juta. Nonostante questa diversificazione produttiva, lo sviluppo dell impresa è limitato dai forti dazi di ingresso sull olio di lino. Per aggirare questo ostacolo nel 1904 viene deliberata la costruzione di uno stabilimento gemello in Svizzera, a Giubiasco. I mezzi finanziari vengono procurati mediante una svalutazione del capitale sociale da 800.000 a 480.000 lire e una successiva rivalutazione a 1.248.000 lire. Nel 1905 alcuni operai narnesi istruiscono le maestranze elvetiche e il nuovo stabilimento (che dal 1921 sarà gestito da una società autonoma) inizia la sua produzione già l anno seguente. Il 1906 è così l anno che segna l avvio del consolidamento della Linoleum, sulla spinta di una domanda crescente, sia da parte dei privati sia da parte delle Ferrovie e della Marina. Nel 1908 viene avviata la produzione del linoleum inlaid , a disegni penetranti. Pur in presenza di una diversificazione del prodotto e di una domanda crescente, la situazione economica della società rimane critica a causa del continuo aumento del prezzo dell olio di lino, la principale materia prima. Dopo la partecipazione alle esposizioni di Torino e di Roma procura un ulteriore incremento delle vendite. Contemporanea-

mente, lo stabilimento svizzero riesce ad affermarsi su quel mercato, grazie anche all organizzazione di un servizio di posa in opera che facilita i rapporti con la clientela. Nel 1916 lo stabilimento di Narni viene dichiarato ausiliario e non subisce contraccolpi dalle vicende belliche: la contrazione della domanda dei privati viene infatti compensata dalle commesse pubbliche. Nel dopoguerra, contrariamente ad altre industrie del ternano, la Linoleum, sempre controllata dalla Pirelli, registra un aumento dell occupazione (450 dipendenti nel 1927: circa il doppio di quelli del periodo bellico) e delle vendite, trainate soprattutto dalle esportazioni. Non sfugge invece alle conseguenze della grande crisi del 1929, fronteggiata con una sensibile riduzione dell occupazione e dell orario di lavoro. Successivamente, la messa a punto e la commercializzazione di prodotti per il rivestimento di pareti, mobili, carrozzerie e altri usi tecnici risolleva le sorti aziendali e consente di esportare circa 1/3 della produzione. Nel corso del tempo si alternano insomma periodi di sviluppo e di crisi, anche sotto la spinta di una concorrenza che, dagli anni cinquanta, si fa sempre più agguerrita. La Linoleum affronta queste difficoltà con una costante iniziativa in campo tecnologico e con la messa a punto di nuovi prodotti: il prealino (dal 1951, un pavimento resiliente in piastrelle), la gomma Pirelli, il linopac (linoleum placcato su pannelli di legno ricostituito), il proede (particolarmente economico), il miplac (per il rivestimento di mobili soggetti a forte usura), i pannelli fonoassorbenti (dal 1957), il filon (dal 1957, un laminato traslucido di resine poliesteri con fibre di vetro e nailon), il preaflex (dal 1958), il preavil (dal 1964). La potenzialità produttiva dello stabilimento viene così continuamente aumentata ma questo non scoraggia la concorrenza che, anzi, finisce con il rendere obsoleti gli impianti di Narni. Nel 1975 lo stabilimento viene ceduto dalla Pirelli alla Montefibre. Il diffondersi dei pavimenti in fibra e filo nel 1980 ne determina la cessione alla Fakta e, nello stesso anno, poi l incorporazione nel gruppo Everest, che nel 1985 lo chiude.

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L espansione della Carburo: lo stabilimento di Papigno

In questa cartolina dei primissimi del Novecento è evidente il contesto in cui si inserisce lo stabilimento di Papigno, ai piedi del monte Sant Angelo, tagliato trasversalmente dalla strada per Rieti e perpendicolarmente dalla prima conduttura forzata dell impianto. A sinistra, villa Graziani; in primo piano il canale per la derivazione dal Nera di 20 mc/s di acqua per la prima centrale di Cervara; sulla destra, arroccato, il paese di Papigno.

Ottenuta, anche con l appoggio del Comune di Terni, l autorizzazione a mettere in pratica una parte del progetto (7,5 mc/s) dell ingegner Bartoli per l integrale derivazione del Velino, lo stabilimento di Papigno entra in funzione nell ottobre 1901. I lavori vengono diretti da Morani, che costruisce le opere idrauliche in modo da poter usare una quantità d acqua superiore a quella concessa e installa sei turbine Duvillard da 3.300 HP (di cui una di riserva) e tre alternatori bifasi Ganz da 2.500 kW, che consentono a dodici forni elettrici di produrre 18 t/giorno. Per il nuovo, e più grande impianto, vengono scelti alternatori bifase perché ciascuno può alimentare quattro forni da 500 kW e potrebbe provvedere anche al trasporto a distanza dell energia elettrica. I vari reparti vengono collocati su un area di circa 30.000 mq tra la sponda sinistra del Nera e il monte Sant Angelo, attraversata dal canale Cervino e dal canale della Cartiera: l officina idroelettrica, i forni elettrici e gli accessori, i magazzini e gli uffici, i forni per la calce e le officine dei fabbri e dei meccanici sulla sinistra del Cervino; sulla destra, sfruttando il dislivello presente nei pressi del Nera, vengono collocati i magazzini per il carbone, il fabbricato per la triturazione e la preparazione della miscela di calce e carbone e, di fronte a quest ultimo, la centrale idroelettrica che, usando le acque di scarico delle turbine Duvillard prima della loro restituzione al Nera, alimenta la tramvia TerniCollestatte (prolungata nel 1909 fino a

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Ferentillo). Questa disposizione viene adottata per sfruttare la conformazione del terreno e per poter utilizzare una maggiore derivazione dal Velino: due condutture forzate parallele si troverebbero tra due fabbricati gemelli e le dispersioni di energia sarebbero ridotte al minimo essendo i gruppi idroelettrici molto vicini ai forni. Una volta completati, i due fabbricati sarebbero simmetrici alle condotte forzate, mentre la sala forni ne costituirebbe la parte centrale e alle estremità sarebbero collocati i reparti accessori: triturazione carburo, imballaggio, depositi, locale per il caposala, gabinetto chimico. Nel fabbricato alternatori-forni costruito, la sala dei generatori elettrici è separata dai forni da un muro di 120 cm attraversato da gallerie refrigeranti. Su questo muro, dalla parte degli alternatori, è posto un palco per le osservazioni; inoltre, sul muro, in corrispondenza di ciascun forno, si aprono delle finestre per la manovra degli elettrodi. La miscela di calce e carbone, che giunge dal reparto di preparazione attraverso una galleria che sottapassa il Cervino, viene caricata nei forni automaticamente, dall alto. Il carbone è conservato in un fabbricato composto da tredici magazzini, comunicanti esternamente mediante una galleria utilizzata per il trasporto alla macinazione. La calce, prodotta da tre fornaci (collocate a lato dell ex cimitero di Papigno) che cuociono il calcare estratto dalla cava di monte Sant Angelo, giunge alla macinazione tramite carrelli ferroviari. La disposizione dei vari reparti conferma il vantaggio che offre alla Carburo la localizzazione a Papigno del suo maggiore impianti produttivo: lì è possibile sfruttare con un maggior salto utile le acque del Velino ed avere così energia elettrica a un costo più basso di quello di cui possono beneficiare i concorrenti, e proprio alle spalle di una cava di ottimo calcare. Visti i programmi della Carburo, da subito volti ad avere il monopolio del mercato nazionale, potenziando continuamente gli impianti produttivi, già alla fine dell Otto-


cento viene valutata l eventualità di acquistare tutto il monte Sant Angelo per non avere ostacoli da quanti avrebbero visto una deturpazione del paesaggio nell estrazione del suo calcare. L impatto maggiore della fabbrica sul territorio sarà però rappresentato dall emanazione di gas e polvere che costringeranno a pagare regolarmente indennizzi agli impolverati , cioè ai proprietari degli appezzamenti di terreno limitrofi. Dall aprile all agosto 1902 lo stabilimento deve interrompere momentaneamente l attività a causa dello scoppio della condotta forzata dell impianto idroelettrico. L incidente ritarda il raggiungimento degli obiettivi produttivi ed economici, ma consentirà all ingegner Lorenzo Allievi, azionista della stessa Carburo, di elaborare la teoria del colpo d ariete; inoltre, induce ad installare subito la seconda conduttura forzata e, nel 1903, altri tre alternatori per portare a venti il numero dei forni elettrici. Viene così raggiunto il traguardo della produzione di 20.000 t. Sebbene dal 1902 la Carburo riesca a fabbricare e a vendere circa l 80% della produzione nazionale, nel corso del 1904 Morani trasforma quattro forni da 500 kW in due da 1.000: lo stabilimento di Collestatte può così fornire 30 t/giorno e quello di Papigno 40. Ciò assicura prezzi di produzione decrescenti e la vendita della quasi totalità della produ-

zione, che nel 1907 raggiunge le 25.000 t (un quarto delle quali vendute all estero). Questi positivi risultati industriali consentono alla Carburo di distribuire dividendi significativi, di ammortizzare ben presto tutti gli impianti, di lavorare con tutti i principali istituti finanziari e bancari italiani, senza legarsi in maniera esclusiva con nessuno, e ricorrere solo in misura modesta al credito bancario, preferendo finanziare gli investimenti con l emissione di obbligazioni o di nuove azioni (spesso riservate ai soci in misura rilevante), facilmente collocate sul mercato, e a prezzi crescenti, visti i significativi dividendi distribuiti. La Carburo persegue la sua politica di continuo aumento della potenzialità produttiva anche con la presentazione di domande di derivazione da parte di suoi amministratori

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In questa veduta dello stabilimento dal paese di Papigno è evidente la seconda conduttura forzata installata nel 1903.

Questa cartolina dei primi del Novecento propone il controcampo della veduta riportata sopra. In primo piano è evidente il muro di cinta dell ex cimitero di Papigno. Dietro la ciminiera per la dispersione dei fumi è leggibile il fronte verso monte Sant Angelo dei vari fabbricati e reparti; da sinistra: la sala per le turbine e gli alternatori affiancata alla sala forni, con un apertura sul tetto, quindi il fabbricato per la triturazione del carbone, la preparazione della miscela, la triturazione del carburo e l imballaggio dello stesso. Al di là della strada costruita sopra il canale Cervino, sempre da sinistra: i magazzini per il carbone, la vasca di carico per la centrale idroelettrica per il tram e l edificio per le fornaci per la cottura del calcare estratto dalla cava (cfr. con pianta a pagina 21).


La colata del carburo dai forni elettrici dello stabilimento di Papigno prima della ristrutturazione operata nel 1929 dalla Società Terni (Terni Società per l Industria e l Elettricità, Relazione sull attività tecnicaamministrativa-assistenziale degli stabilimenti..., Terni [1941]). A seguito di questo intervento, volto anche al potenziamento e alla razionalizzazione del processo produttivo della fabbrica, viene chiuso l impianto di Narni. In questo stabilimento le fasi del lavoro, che non sono documentate da alcuna immagine, dovevano essere molto simili.

Questa veduta dalla strada provinciale per Rieti (Luigi Lanzi, Terni con 177 illustrazioni, Bergamo 1910) è analoga a quella della pagina precedente. La sua visuale più ampia consente di individuare, alle spalle dei reparti già indicati, da sinistra: i magazzini per il carburo (17 edifici addossati l uno all altro su 3 file, nei pressi della strada per Papigno), i magazzini generali (cinque edifici affiancati), perpendicolari a una casa di abitazione (vicina alla strada per Papigno), la portineria e lo spogliatoio per gli operai (con asse obliquo rispetto a quello di tutti gli altri fabbricati e con accesso sulla strada) e gli uffici (un edificio basso tra i magazzini generali e quelli per il carbone). Sulla destra, nei pressi della centrale per il tram, il ponte sul Nera per il collegamento alla linea Terni-Ferentillo (cfr. con pianta a pagina 21).

e tecnici, i quali, per aggirare i limiti posti dalla legge all accaparramento delle risorse idrauliche, le presentano a titolo personale, salvo poi cederle all impresa una volta emanato il decreto di autorizzazione. Una domanda di derivazione dal fiume Sangro viene lasciata decadere, così come un opzione per l acquisto di forza motrice dalla casa San Daniele, ma nel 1905 viene autorizzata la derivazione di Penna-rossa (33,5 mc/s di acqua dal Nera capaci di fornire 13.640 HP) e nel 1908 viene perfezionata la concessione di 10 mc/s dalle acque di supero del Velino (capaci di fornire 24.375 HP). Queste nuove concessioni sollevano numerose proteste e opposizioni sia da parte delle altre imprese industriali (soprattutto della SAFFAT

e della Società Valnerina) sia da parte degli enti pubblici locali, che temono limitazioni ai propri impianti idroelettrici (come il Comune di Rieti o quello di Spoleto) o l impossibilità a costituire, per mancanza di acqua, una propria azienda municipalizzata (Comune di Terni). Forte della sua disponibilità economica ed energetica, degli accordi con la Società Dalmata, del controllo della Società Piemontese, nonché del mercato che sembra prospettarsi al carburo con la diffusione della cianamide (cfr. infa pp. 26-27), all inizio del 1908 la Carburo delibera il raddoppio della potenzialità produttiva a 50.000 tonnellate annue. Non si temono gli effetti negativi di una sovrapproduzione sul prezzo di vendita, cioè una flessione dei ricavi, in quanto si ritiene che l aumentata disponibilità di energia possa ridurre il costo di produzione. In attesa del completamento degli impianti, dopo uno sciopero che ne blocca l attività per circa 45 giorni, si acconsente però alla costituzione di un sindacato di vendita tra i principali produttori italiani. Nel 1908, a Papigno, la produzione del carburo avviene in un fabbricato lungo 84 metri e largo 15, diviso in due piani: in quello superiore, alto 9 metri, sono collocati 20 forni elettrici. La materia prima arriva alla sala forni mediante due ascensori nel centro ed elevatori e trasportatori alle estremità dell edificio. Alcuni aspiratori, mediante canali, portano a una ciminiera del diametro di 4 m la polvere (poi


raccolta in un apposita vasca) e i gas prodotti dalla reazione della calce con il carbone. Il locale inferiore, alto 3 metri, è diviso in due longitudinalmente: da una parte i conduttori che portano l energia agli elettrodi, dall altra viene colato il carburo che, una volta raffreddato, viene spezzato e poi, mediante norie e trasportatori che non richiedono la presenza di operai, viene inviato alla triturazione, scelta e imballaggio (in appositi fusti costruiti nello stabilimento che vengono trasportati meccanicamente ai magazzini). La triturazione e la preparazione della miscela di calce e carbone viene effettuata in un corpo di fabbrica parallelo alla sala forni, della sua stessa lunghezza, ma diviso in più parti. La calce viene preparata vicino alla cava del calcare, a 100 metri dalla strada provinciale Valnerina, da sei fornaci. Completano le dotazioni dello stabilimento spogliatoi, portineria, uffici e un laboratorio chimico che provvede all analisi delle materie prime e del prodotto finito per verificare i rendimenti. Il 18 gennaio 1909 la Carburo partecipa quindi alla costituzione della Società per il Commercio del Carburo di Calcio, cui viene affidato il collocamento del carburo sia sul mercato nazionale sia su quello estero. Contemporaneamente, conduce anche trattative che nel marzo 1911 la portano a disporre di tutti gli impianti e le attività della Società Valnerina (cfr. infra pp. 23-26). Lo

statuto della Commercio, assicurando ai contraenti un contingente di vendita proporzionale alla capacità produttiva, provoca un aumento della produzione che aggrava la crisi di sovrapproduzione. Per consentirle un efficace controllo del mercato nazionale, la Carburo acconsente a prorogarne la validità fino al 1920 in cambio dell adesione al cartello anche dell unico temibile concorrente nazionale: la Società Industriale Italiana, che ad Ascoli Piceno ha una potenzialità produttiva di 14.000 t/anno; aderisce quindi anche a un sindacato di internazionale dopo aver ottenuto che le vendite in Italia, Francia e Austria-Ungheria siano riservate ai produttori nazionali e il 15% delle vendite sul mercato libero per la consociata Dalmata. Con l adesione dell Industriale la Commercio viene a disporre di una produzione di 60.000 t di carburo quando le previsioni di vendita sono per un quantitativo pari alla metà. Nell agosto 1910 la Carburo riduce quindi l attività degli impianti a 1.000-1.200 t/mese. Per consentire ai contraenti di razionalizzare la produzione, la Commercio riconosce infatti un contingente fisso di vendita: circa il 20% alla Valnerina e circa il 60% alla Carburo (che per la commercializzazione del suo prodotto nomina Giacomo Zunino concessionario generale). Abbandonato così, a causa della crisi di sovrapproduzione e del conseguente crollo

Pianta schematica dello sviluppo dello stabilimento di Papigno tra il 1910-11 e il 1920 (Archeologia industriale e territorio a Terni. Siri Collestatte Papigno, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino e Michele Giorgini, Electa, Milano 1991, pp. 244245): 1 portineria e spogliatoio 2 magazzini carbone 3 fabbricazione fusti e segheria 4 imballaggio e carburo 5 officina riparazioni 6 triturazione carburo 7 grafitazione e vagliatura granulari 8 magazzini carburo 9 ufficio tecnico 10 magazzini generali, gabinetto chimico, centrale telefonica, pronto soccorso 11 ufficio amministrativo e abitazione 12 forni a carburo 13 montacarichi miscela per forni 14 centrale per la linea tramviaria Terni-Ferentillo 15 alternatori Ganz 16 forni per la calce 17 centrale VelinoPennarossa, sala macchine Velino 18 centrale VelinoPennarossa, sala macchine Pennarossa 19 quadri e centrale di distribuzione 20 cabina di trasformazione per la centrale di Cervara 21 cabina Anglo-Romana 22 magazzini carburo e fusti vuoti, magazzini generali e annona 23 vasca di carico per le turbine della sala Pennarossa 24 condotte forzate per gli alternatori Ganz e le macchine della sala Velino .


Le due sale della centrale Velino-Pennarossa . La costruzione di questo impianto idroelettrico solleva le proteste delle amministrazioni locali che temono l esodo delle forze . Le varie opposizioni vengono ritirate quando la Carburo firma convenzioni che riconoscono a ciascuno dei Comuni sul cui territorio si trovano i suoi impianti, contributi economici e/o forniture di energia elettrica. Emblematica quella con il Comune di Terni, che ha da poco costituito la sua Azienda Elettrica Municipale: deve cedere nuovamente alla Carburo l energia avuta gratuitamente a causa della mancanza di quelle piccole e medie imprese a cui voleva fornire energia a basso costo.

dei prezzi di vendita, il progetto di raddoppio della potenzialità produttiva, la Carburo i diversifica le proprie attività: la rilevante forza motrice idraulica di cui dispone verrà utilizzata per produrre calciocianamide e derivati e, almeno nei quantitativi eccedenti le necessità di queste produzioni, per la fornitura di energia elettrica alle società distributrici. Dopo aver messo a punto la produzione di concimi azotati a Collestatte, nel 1911 viene quindi inaugurata a fianco della sala Ganz, sull area prevista per il fabbricato gemello di quello che già ospita i gruppi idroelettrici e i forni in funzione, una nuova centrale idroelettrica seminterrata. Questa viene denominata VelinoPennarossa perché in due sale distinte può riunire in un unico quadro di controllo l energia elettrica prodotta dall acqua derivata dal Velino (17,5 mc/s con 190 m di caduta) e dal Nera (31 mc/s con 37 m di caduta). A sollecitare per l adozione di questo programma sono, oltre al solito Morani, i gruppi finanziari e industriali interessati. Tra questi ultimi è la Società Anglo-Romana, che, avendo partecipato alla costituzione e allo sviluppo della Carburo per evitare il suo ingresso in questo settore, utilizzerà l omonima cabina di trasformazione per avere a Roma 22.000 kW. Tra il 1909 e il 1911, per procurarsi i mezzi finanziari necessari (anche a coprire le perdite degli esercizi 1908 e 1909), la Carburo aumenta il capitale sociale da 9 a 14 milioni di lire, emette obbligazioni per 11 e contrae un prestito cambiario per altri 6; inoltre, introduce una serie di migliorie che consentono di ridurre il personale e il monte salari. Viene adottata la colata elettrica e agli elettrodi viene applicato un sistema di trasmissioni comandato dall alternatore e manovrato dallo

stesso operaio che controlla la macchina: i fornaioli impiegati ogni giorno si riducono così da 81 a 27 e vengono eliminati i 48 addetti alla manovra dei forni. Nella cava di calcare la perforazione meccanica sostituisce quella manuale e riduce da 47 a 10 i minatori. Nel 1912 la Carburo sembra quindi uscita dalla crisi: ha diversificato le produzioni elettrochimiche, ha una larga fetta del mercato di carburo, controlla quello dei prodotti azotati (in Italia tramite la Azoto e in Europa tramite la Generale), fornisce di energia elettrica alle società distributrici e ha provveduto alla sistemazione finanziaria e societaria delle imprese controllate. Ciò nonostante, solo l entrata in guerra dell Italia le assicurerà uno sfruttamento degli impianti (dichiarati ausiliari nel 1916) tale da produrre utili sufficienti a saldare tutti i debiti e a garantire una situazione finanziaria soddisfacente. Nel dopoguerra la capacità produttiva è nuovamente eccedente la domanda in tutti i settori di attività. La Carburo si ritrova così nuovamente indebitata con le banche e senza la possibilità di ripianare i debiti con introiti dai nuovi impianti (messa in parallelo delle centrali) e dalle nuove imprese costituite: la Società Elettrica dell Italia Centrale (costituita nel 1917, d intesa con la Società Adriatica di Elettricità, per gestire la centrale di Nera Montoro), la Società Elettrica dell Alto Nera, (nel 1918), la Società Italiana per l Ammoniaca Sintetica (costituita nel 1922 per sfruttare nello stabilimento di Nera Montoro il metodo Casale: cfr. infra pp. 29-32). I maggiori azionisti, e creditori (le grandi banche miste italiane), programmano allora la fusione con la SAFFAT. Alla fine del 1922 nasce così la Terni Società per l Industria e l Elettricità, un impresa polisettoriale che riunisce impianti siderurgici, elettrochimici, idroelettrici, miniere di lignite, una cementeria e una fabbrica di laterizi. Intenzionata a utilizzare gli impianti elettrochimici come volano di quelli idroelettrici, la Società Terni provvede a potenziare sia la centrale sia lo stabilimento di Papigno (nel 1925 installa un forno da 5.000 kW e poi uno da 7.000), il cui assetto sarà rivisto dopo la concentrazione nella centrale di Galleto di tutte le derivazioni dal Velino.


La Società Valnerina: le centrali di Cervara e lo stabilimento per il carburo di Narni La Società Industriale della Valnerina viene costituita a Terni il 27 novembre 1886, con un capitale di 1,2 milioni di lire, per eseguire lavorazioni metallurgiche. Secondo le intenzioni del suo promotore, l ingegnere belga Cassian Bon, la Valnerina avrebbe dovuto essere un impresa collaterale alla SAFFAT, la prima acciaieria d Italia, impegnandosi nella produzione di oggetti stampati in ferro e acciaio destinati a un mercato povero ma in continua espansione grazie al crescente numero di piccole attività artigianali e industriali e al diffondersi degli utensili metallici in agricoltura. La forza motrice necessaria viene assicurata da 3,5 mc/s derivati dal canale Nerino. Nel marzo 1887, proprio quella disponibilità consente di inaugurare la centrale Campofregoso (dotata di tre turbine Girard da 160 HP e di alternatori monofasi Ganz da 80 kW a corrente alternata) e di assumere la gestione del servizio di pubblica e privata illuminazione della città dal febbraio 1888 (sebbene questa attività venga inserita nello statuto sociale solo nel 1904). I cattivi risultati dell esercizio dello stabilimento meccanico inducono già nel 1889 ad affittarlo alla SAFFAT. Nel 1893 la richiesta di restituzione di un prestito avanzata dalla Banca Popolare di Terni induce gli azionisti ad approvare la messa in liquidazione dell impresa. Il Banco di Napoli, subentrato nel frattempo all istituto ternano, acconsente invece a far continuare la Valnerina nella sua attività industriale, oramai sempre più caratterizzata dalla distribuzione di energia elettrica: per far fronte alla domanda la Valnerina deve usare anche il

macchinario di riserva. Nel 1895 viene quindi deliberata l installazione di una turbina da 300 HP per azionare, con le acque del canale Raggio Vecchio che di giorno vengono usate nello stabilimento meccanico, due alternatori Oerlikon da 80 kW. Il nuovo impianto viene inaugurato l 1 dicembre 1896, ma la continua crescita della domanda e l intenzione del Comune di Terni di dotarsi di una propria derivazione d acqua dal Velino inducono Cassian Bon a chiedere la concessione di 20 mc/s d acqua da derivare dal Nera nei pressi di Papigno, per poter produrre circa 5.300 HP in una nuova centrale da costruire a Cervara. Questa domanda viene accolta il 30 giugno 1899 e, in considerazione dell impegno finanziario necessario, Bon cerca di interessare nella Valnerina la SAFFAT. Quest ultima, dopo la morte del presidente Vincenzo Stefano Breda, dichiara il proprio disinteresse all operazione, preferendo concentrarsi sulle proprie domande di derivazione dal Velino, anche per evitare quello che sembra un tentativo di accaparramento da parte della Società Carburo. D altra parte, il maggior azionista della Valnerina, il Crédit Général Liégeois, vista la possibilità di poter trasportare energia elettrica in vari comuni umbri, è andato maturando la convinzione dell opportunità di farle usare direttamente anche i circa 6.300 HP producibili con la derivazione degli altri 20 mc/s avuti in concessione il 5 dicembre 1903. Dal 14 ottobre 1903 la rete di illuminazione elettrica di Terni viene così alimentata dalla prima centrale di Cervara, che ospita due Le officine Oerlikon e Ganz, installate presso l officina meccanica, alimentate dalle acque del canale Nerino (3,5 mc/s) e da quelle del Raggio Vecchio (3,6 mc/s) (G. Merlotti e L. Panzani, Guida illustrata di Terni e dintorni, Terni 1899).

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L interno della prima centrale di Cervara, con i primi due gruppi idroelettrici (Società Industriale Elettrica della Valnerina, L impianto idroelettrico di Terni, Terni 1905).

L interno della seconda centrale di Cervara, con i tutti i gruppi idroelettrici, compresi quelli inizialmente collocati nella prima centrale, installati per il completo sfruttamento dei 40 mc/s d acqua derivati dal Nera subito a valle di Papigno, dopo la restituzione al fiume delle acque del Velino e dello stesso Nera utilizzate nelle centrali di quello stabilimento.

turbine Riva da 1.250 HP e due alternatori Oerlikon da 900 kVA. Nel corso del 1904, per completare il programma industriale, il capitale sociale viene elevato a 4 milioni di lire: accanto alla prima viene costruita una seconda centrale, ultimata nel 1906, in cui vengono installate anche cinque turbine Calzoni da 2.700 HP e alternatori trifasi Oerlikon da 1.900 kVA. Vista l intenzione del Comune di Terni di usare la legge 29 marzo 1903 sulla municipalizzazione dei servizi pubblici e di rescindere il contratto per l illuminazione pubblica della città, la Valnerina installa macchinari adeguati al trasporto a distanza dell energia. Il 21 maggio 1905, il Crédit Général Liégeois, la Società Italiana dei Forni Elettrici (SIFE, cfr. supra pp. 13-15) e la Società Industria Elettrochimica di Pont Saint Martin firmano una convenzione che le impegna a elevare il capitale sociale della Valnerina da 4 a 10 milioni di lire in modo da consentirle di aprire un conto corrente alla SIFE per la realizzazione dell impianto idroelettrico di Nera Montoro (che poi la stessa Valnerina avrebbe dovuto acquistare per almeno 3 milioni), la cui energia sarebbe stata utilizzata, insieme a quella di Cervara, in un progettato stabilimento per il carburo di calcio. Scartata l ipotesi di sfruttare sul posto l energia ottenibile

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a Cervara, questo accordo è frutto dell intenzione dei contraenti di sottrarre fette di mercato alla Carburo. Confermando tutti gli altri impegni, il 7 luglio 1906 gli stessi enti si accordano per far acquistare subito alla Valnerina la derivazione di Nera Montoro, in aperta violazione della legge sullo sfruttamento delle acque pubbliche che, per evitare la costituzione di monopoli, vieta la vendita di una derivazione prima della sua costruzione da parte del concessionario. Nel 1907 l ingegner Paoloni, che ha già diretto lo stabilimento di Foligno della Fabbrica Italiana di Carburi e Derivati, ha sostenuto la SIFE nelle cause per le privative industriali, ha apportato modifiche al forno elettrico Lori, ha progettato e diretto lo stabilimento dell Elettrocarbonium, viene quindi incaricato di progettare e dirigere anche la costruzione e la messa in esercizio di uno stabilimento per la produzione del carburo utilizzando 10.000 kW forniti dalla centrale di Cervara (in attesa della costruzione di quella di Nera Montoro). Memore delle vertenze già affrontate per il riconoscimento del diritto a produrre carburo utilizzando i forni elettrici trifasici, Paoloni progetta uno stabilimento dotato di nove forni monofasici da 1.000 kW l uno. Il nuovo impianto comple-


to di trasformatori, forni per la calce, depositi, reparti per la preparazione delle materie prime e degli elettrodi, per la spezzatura e l imballaggio del carburo , viene inaugurato il 3 gennaio 1908. Capace di produrre8.000 t/ anno, lo stabilimento entra in attività proprio quando la crescente produzione nazionale ed estera ha provocato un continuo ribasso dei prezzi di vendita e, quindi, dei profitti e mette in seria difficoltà un impresa come la Carburo che, grazie alla potenzialità dei suoi impianti, aveva conquistato una posizione di monopolio nel mercato nazionale. L attività industriale su cui puntano gli amministratori della Valnerina si rivela quindi scarsamente redditizia già al suo inizio e nell imminenza della rescissione del contratto con il Comune di Terni. Nel 1908 negli ambienti finanziari si comincia quindi a parlare di varie possibili combinazioni con la SIFE. Sarà invece con la Carburo, cioè con l impresa concorrente, che verrà poi siglato un accordo capace di risollevare le critiche sorti finanziarie della Valnerina, sempre più indebitata con le banche per poter dare pratica attuazione al suo programma industriale. In seguito alle intese siglate tra l ottobre e il novembre 1908, il 18

gennaio 1909 viene costituita a Roma la Società Generale per il Commercio del Carburo di Calcio, un cartello di vendita tra i principali produttori nazionali: Carburo, Valnerina, SIFE, Elettrochimica, Piemontese, Fabbrica Italiana di Carburi e Derivati, Ferriere di Voltri. Nel febbraio viene poi siglato un accordo anche tra Carburo e Valnerina, cioè quando, presi i provvedimenti per regolare la concorrenza tra i produttori, la Carburo si vede garantiti i mezzi finanziari necessari a riconvertire i propri impianti alla produzione di concimi azotati e alla fornitura di energia elettrica alle società distributrici. Nell ambito di questo programma viene previsto l assorbimento della

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Le opere di presa (poi realizzate e installate dalle Officine Bosco) previste a Recentino dal progetto presentato nel 1905 dal ragionier Vittorio Imperatori (per conto della Società Italiana dei Forni Elettrici) per consentire alla centrale di Nera Montoro di fornire la necessaria energia elettrica agli stabilimenti di Narni Scalo. Il progetto sarà approvato nel 1908 ma la centrale sarà realizzata solo durante la prima guerra mondiale (Archivio di Stato di Perugia, Archivio della Prefettura di Perugia, b. 158).

Pianta schematica dello stabilimento del carburo ampliato nel primo dopoguerra dalla Carburo, intenzionata ad affiancarlo a quello di Collestatte nella produzione di cianamide: 1 abitazione meccanico 2 magazziniere 3 uffici 4 scuderia 5 magazzino 6 spogliatoio operai 7 magazzino 8 officina meccanica 9 cabina di elettrica 10 sala trasformatori 11 sala forni 12 macinazione carburo 13 deposito calce 14 fossa per la calce 15 forni da calce 16 magazzino carbone 17 sala Claude 18 forni per la calciocianamide 19 magazzino infiammabili 20 macinazione calciocianamide 21 carbonili


Anche sulla facciata della centrale di Nera Montoro, almeno per un breve periodo di tempo, è rimasta traccia della complicata vicenda che ha riguardato la sua gestione: accanto al nome della Società Valdarno, che la rileva negli anni cinquanta, si legge ancora il nome della Società Elettrica dell Italia Centrale, che la acquisisce dalla Carburo nel 1917. All inizio degli anni novanta l ammodernamento del macchinario ha reso necessaria la demolizione di una parte della costruzione informata, nel 1929, allo stile monumentale dall architetto Alfredo Palazzesi.

Gli impianti industriali di Narni Scalo all inizio degli anni sessanta: a sinistra l Elettrocarbonium, sulla destra la Linoleum e, sullo sfondo, l ex stabilimento per il carburo di calcio (M.R. Petre Pedrini, Umbria, Torino 1963). Quest ultimo, nel 1911 passa dalla Valnerina alla Carburo e nel 1922 alla neocostituita Società Terni . Questa, nel 1929 lo chiude e nel 1939 lo conferisce alla Società Prodotti Esplodenti Autarchici (cfr. infra pp. 50-51).

Valnerina nella Carburo anche perché la centrale di Cervara è in grado di fornire i 7.000 kW richiesti dalla Società Anglo-Romana. Paradossalmente, la costituzione della Commercio provoca un peggioramento della crisi del mercato del carburo fino a quando non viene decisa una ripartizione fissa della quota spettante a ciascun produttore: circa il 60% alla Carburo e circa il 20% alla Valnerina. Dal 23 marzo 1911 diviene operativa la fusione tra queste due imprese e la SIFE diventa così un importante azionista Carburo. Imperatori, che nel 1912 era stato chiamato dalle principali società distributrici di energia a far parte di una commissione incaricata di trovare il modo per eliminare la concorrenza in questo settore, prospetta così più volte la convenienza della fusione tra le due imprese.

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Il fermo rifiuto manifestato nel maggio 1914 da Morani determina il sorgere di una serie di contrasti sull uso dell energia della centrale di Nera Montoro, dello stabilimento di Collestatte e di quelli di Terni e Narni (dell ex Valnerina) per produzioni belliche che finiscono per coinvolgere anche l Elettrocarbonium, accusata dalla Carburo di fornire elettrodi scadenti e in ritardo. I contrasti maggiori sono sulla centrale di Nera Montoro, ultimata solo nel 1916: la SIFE l ha progettata per usarne l energia negli stabilimenti di Narni Scalo, mentre la Carburo vuole utilizzarla per fornire alla Società Volsinia di Elettricità 10.000 kW (per onorare un contratto firmato già nel 1913). Alla fine, nonostante l allontanamento di Morani dalla Carburo con l accusa di eccessiva commistione dei suoi affari privati con quelli dell impresa amministrata, nell ambito di un accordo volto a limitare l azione della Società Adriatica di Elettricità nell area operativa della Società Anglo-Romana, la centrale di Nera Montoro viene ceduta alla Società Elettrica dell Italia Centrale, di cui sono azionisti, oltre all Adriatica e all AngloRomana, la Banca Commerciale Italiana, la Banca di Sconto e la Volsinia (cui vengono riservate le provincie di Siena, Arezzo e Perugia, ma con facoltà della Carburo di alimentare la Ferrovia Centrale Umbra).


Dalla crisi a un nuovo futuro per il carburo: la calciocianamide La calciocianamide è un concime azotato scoperto nel 1895 dai ricercatori tedeschi Frank e Caro, che però solo nel 1897 si rendono conto di averlo ottenuto dalla reazione dell azoto con il carburo di bario. Interessano della loro scoperta la Gold und SilberScheide Anstalt e la Siemens & Hulscke e costituiscono a Berlino la Cyanid Geselschaft. I tecnici di quest impresa riescono a utilizzare come materia prima il più economico carburo di calcio, che consente una riduzione del costo di produzione e permette di ottenere un concime con una maggior quantità di azoto (20%-23%). Per l Italia la Cyanid cede la licenza di fabbricazione alla Società per i Prodotti Azotati (Azoto), appositamente costituita il 9 settembre 1904 dalla Società Italiana di Elettrochimica (di cui è presidente Mario Michela, che lascia per questo la Carburo), che deve avviare un nuovo stabilimento a Piano d Orte. Morani si rende subito conto che la produzione del nuovo concime azotato può offrire alla crescente produzione della Carburo e della Dalmata un mercato di sbocco più vasto e sicuro di quello finora offerto dall illuminazione. La calciocianamide, infatti, fissando l azoto atmosferico in forma ammoniacale, lo rende assimilabile dagli organismi vegetali e ha un potere fertilizzante comparabile a quello del nitrato di sodio e del solfato d ammonio, il cui consumo mondiale viene stimato in 1,6 milioni di tonnellate annue. Il 28 luglio 1904, prima ancora della costituzione formale della Azoto, la Carburo firma quindi con l Elettrochimica un contratto per la fornitura, per 10 anni, a 150 lire/t, del carburo necessario a produrre fino a 15.000 t/anno di cianamide. Il 12 maggio 1905, prima ancora che entri in funzione l impianto di Piano d Orte, Morani si accorda con la Cyanid, la Siemens e la Deutsche Bank per la costituzione, a Roma, della Società Generale per la Cianamide. Questo ente, costituito poi il 16 luglio, con un capitale di 3 milioni di lire (sottoscritto per il 45% dalla Cyabud, per il 35%

dalla Carburo, per il 10% dalla Azoto e per il 5% ciascuno da Morani e Michela), diviene depositario dei brevetti mondiali per la produzione e la commercializzazione. Morani e la Carburo ne acquisiscono il controllo già nel 1906 in cambio del pacchetto di maggioranza delle azioni Piemontese; possono così evitare il sorgere ad Almissa di un impresa concorrente della Dalmata e procurano alla Carburo il diritto di produrre cianamide a Collestatte. Il primo impianto viene bloccato dallo sciopero del 1908 ed entra regolarmente in funzione solo nel febbraio 1909. Nel frattempo, gli alti costi di produzione degli stabilimenti di Piano d Orte e della Piemontese non consentono alla Azoto di praticare agli agricoltori un prezzo di vendita concorrenziale rispetto agli altri concimi. Alla fine del 1909 la Azoto si impegna così a ritirare (per dieci anni) da Collestatte da un minimo di 4.500 a un massimo di 15.000 t/anno, sulla base di un contratto che, con un prezzo di vendita al pubblico di 200 lire/t, consente alla Carburo un utile netto di 80-100 lire/t. Il nuovo processo produttivo non modifica quello solito dello stabilimento di Collestatte: il carburo non destinato alla vendita viene finemente polverizzato tramite molini Krupp e quindi posto in forni di azotazione. In questi recipienti, ermeticamente chiusi, viene fatto reagire con un atmosfera di azoto alla temperatura di circa 1.000 °C assicurati da una resistenza elettrica. Dopo alcune ore, mediante un carroponte, viene estratto dal forno un blocco di cianamide contenente il 20% di azoto. I blocchi vengono rotti con la mazza e poi triturati e polverizzati con da molini Humbolt. L azoto arriova nei forni mediante condutture metalliche allacciate a un impianto Linde che prima liquiefa l aria e poi ne fa la distillazione frazionata per separare l azoto dall ossigeno (durante la prima guerra mondiale richiesto da privati, ospedali, Acciaieria, Fabbrica d Armi, Direzione dell Aereonautica e Ministero della Guerra, oltre a essere impiegato direttamente nella

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Manifesto pubblicitario per incentivare l uso della calciocianamide da parte degli agricoltori.

preparazione di recipienti per bombe). Per aumentare la produzione l impianto Linde viene potenziato e poi affiancato da uno Claude. Per facilitare l impiego del nuovo concime, nel febbraio 1910 viene avviato un impianto per la sua granulazione e sul finire del 1911 uno per l idratazione e l oleatura. Messo così a punto il processo di fabbricazione della cianamide, nell aprile 1911 viene avviato un reparto per la sua trasformazione in solfato d ammonio. Sebbene questo concime abbia un mercato più sicuro di quello della cianamide, a causa della presenza di grandi produttori già affermati, della mancanza di manodopera specializzata e di una materia prima indispensabile come l acido solforico, la sua produzione rimane un attività secondaria che viene abbandonata nel corso della prima guerra mondiale: nel 1915 la Carburo produce 20.694 delle 25.292 t di cianamide fabbricate in Italia ma solo 1.782 delle 14.699 di solfato. Nel 1916 anche lo stabilimento di Collestatte viene dichiarato ausiliario. A quella data l impianto può produrre 24.000 t/annuo di cianamide, trasformando il carburo fornito da tre forni elettrici da 1.500 HP (da 15 t/ giorno), alimentati dagli alternatori Thompson, in 163 fornetti di azotazione (da 1-2,5 t) serviti dagli alternatori Thury. Cessato l intenso sfruttamento di tutti gli impianti indotto dallo sforzo bellico e venuta meno l ausiliarità, si interrompe il flusso di utili che aveva consentito di liberare l impresa dai debiti contratti per l aumento e la diversificazione della produzione; inoltre, la risposta negativa alle rivendicazioni salariali e normative dei dipendenti innesca un intensa conflittualità. Il programma industriale per il dopoguerra prevede un crescente impegno nell industria

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dei concimi azotati, anche attraverso l interesse alla produzione dell ammoniaca sintetica (cfr. infra pp. 29-31), e nella fornitura di energia elettrica. La fiducia posta nell espansione della domanda di concimi azotati, che rappresenta solo un decimo del mercato italiano, si rivela però eccessiva, sia a causa della generale crisi del dopoguerra sia per il massiccio ingresso della Montecatini nel settore. La Carburo ritarda così la riconversione dello stabilimento del carburo di Narni (cfr. infra pp. 23-26), dal momento che quello di Collestatte, capace di 95 t/giorno di cianamide, pari a circa il 50% del fabbisogno nazionale, è sovradimensionato. Queste difficoltà, che si sommano a quelle, analoghe, incontrate nel mercato del carburo e dell energia elettrica, inducono a cedere alla Montecatini il controllo della Azoto in cambio di un nuovo contratto con quest ultima per la fornitura, fino al 1930, da un minimo di 30.000 a un massimo di 50.000 t/anno di cianamide. Questo accordo non vedrà mai una completa attuazione sia a causa della ridotta domanda da parte del mercato sia a causa di un atteggiamento conflittuale della Montecatini: nel 1921, a fronte di un impegno formale a ritirare da 35.000 a 50.000 t, l Azoto ne ordina 25.000 e poi ne ritira solo 11.000 t. Proprio quando, finito il periodo delle rivendicazioni contrattuali, il costo di produzione si riduce, la Carburo deve ritardare ancora l entrata in funzione dello stabilimento di Narni (capace di 30.000 t/anno), utilizzare al 50% quello di Collestatte, immagazzinare notevoli quantità di prodotti, ridurre la l occupazione e i salari. Dopo la fusione tra la Carburo e la SAFFAT, deliberata nel 1922, anche la neocostituita Società Terni si scontra con la Montecatini. Nel 1929 chiude gli stabilimenti di Narni e Collestatte e concentra tutta la produzione a Papigno, che viene potenziato e ristrutturato per rendere più efficiente il ciclo produttivo. Ma soprattutto, viene attuato un programma industriale che considera gli impianti elettrochimici come un volano di quelli elettrici, che forniranno loro solo l energia in esubero.


Luigi Casale e l ammoniaca sintetica: dalla IDROS alla SIAS alla SIRI Luigi Casale (1882-1927), laureato in chimica a Torino (1908) e poi assistente e aiuto all Università di Torino (1908-1915) e di Napoli (1915-1917), subisce un avvelenamento mentre lavora alla preparazione di un gas tossico a base di mercurio (da lui scoperto) presso l Istituto di Chimica Farmaceutica. Abbandonato questo settore di ricerca, affronta il problema dell economica produzione di ammoniaca sintetica, necessaria per la produzione di concimi azotati e di esplosivi. Dopo la fine della prima guerra mondiale si conoscono solo due tecniche per mettere a disposizione dell agricoltura e delle imprese l azoto richiesto: attraverso la cianamide o attraverso l ammoniaca. Prima della messa a punto del processo Casale quest ultima veniva prodotta con il sistema Haber o con il sistema Claude. Il primo viene impiegato in Germania e utilizza il carbone per ottenere l idrogeno dall acqua, il secondo presenta delle difficoltà per le notevoli pressioni che richiede (circa 1.000 atmosfere). Luigi Casale inizia i suoli esperimenti con la Società Rumianca, di cui è vicepresidente l ingegner Lorenzo Allievi, amministratore della Carburo e della Banca Commerciale Italiana. Ben presto interrompe questa collaborazione perché ritiene che la Rumianca non gli fornisca tutti i mezzi necessari. Inizia così a lavorare a Terni, per conto della Società IDROS, nei locali dell ex Ferriera. Probabilmente Terni gli sembra il luogo ideale per proseguire le sue ricerche perché c è un ampia disponibilità di energia elettrica e la IDROS, costituita a Roma il 19 febbraio 1916, ha per scopo sociale la produzione di idrogeno, ossigeno, azoto ed energia elettrica. Il metodo per la produzione di ammoniaca sintetica a cui sta lavorando richiede infatti come materie prime solo acqua, aria ed energia elettrica. Ma sicuramente non ha valutato correttamente le conseguenze che può avere sulla sua attività la posizione di egemone detenuta dalla Carburo nel mercato dei concimi azotati, nonostante la crescente concorrenza della

Montecatini, e la posizione di vero e proprio monopolio delle risorse idrauliche della zona. Temendo il sorgere di un prodotto concorrente della sua cianamide, peraltro richiesta dal mercato in misura inferiore rispetto alla potenzialità produttiva degli impianti, la Carburo si oppone alla domanda avanzata dalla IDROS per derivare circa 15.000 HP dal Nera; inoltre, riesce a bloccarne completamente l attività appellandosi alla convenzioni firmate il 16 gennaio 1908 e il 19 ottobre 1910 con il Comune di Terni. Quegli accordi prevedevano infatti il ritiro delle opposizioni del Comune alle derivazioni della Carburo e al trasporto di 22.000 kW dalla centrale di Papigno a Roma, impegnavano la Carburo ad acquistare dall Azienda Elettrica Municipale piccole quantità di energia (peraltro da essa stessa fornite), ma vietavano tassativamente al Comune di fornire energia elettrica a imprese concorrenti. È probabilmente in seguito a queste iniziali difficoltà che Luigi Casale costituisce a Lugano, in Svizzera, la Ammonia Casale, società anonima a cui affida il suo brevetto, mondiale, per la produzione di ammoniaca sintetica (nel 1924 la Ammonia cede licenze per stabilimenti in Giappone, Spagna, Svizzera e Stati Uniti d America). Constatata la validità industriale del processo Casale, che nell impianto sperimentale di prova permette di produrre con continuità 200 kg/giorno di ammoniaca (aumentabili a 1,5 t/giorno), il 23 aprile 1921 la Carburo firma un compromesso con i rappresentanti delle Società IDROS, Nitram e Anonima Rappresentanze, per la costituzione della Società Italiana Ammoniaca Sintetica (SIAS). Per conto della Carburo l atto viene firmato dall ingegner Enrico Cairo, già direttore della Dalmata, dal 1916 direttore generale della Carburo dopo l estromissione di Morani, ac-

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Particolare della planimetria di Terni facente parte del piano regolatore del 1919: in alto a sinistra l area dell ex Ferriera è chiaramente attribuita alla Società Idros, mentre, in basso, l ex stabilimento meccanico della Valnerina (cfr. infra pp. 23-26), che aveva ospitato anche la sala Oerlikon e la sala Ganz (cfr. infra p. 23), utilizzate per alimentare la rete di illuminazione pubblica e privata di Terni, risulta attribuito alla società Italiana dei Forni Elettrici (cfr. infra pp. 13-15). Questa lo affittò dalla Società Carburo durante la prima guerra mondiale produrvi di ferroleghe (Archeologia industriale e territorio a Terni. Siri Collestatte Papigno, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino e Michele Giorgini, Electa, Milano 1991, p. 78).


Schema del processo produttivo dell ammoniaca sintetica: 1 apparecchio di produzione azoto e miscela 2 refrigerante 3 ventilatore 4 condensatore acqua sintetica 5 gazometro miscela 6 compressore a sei fasi a 750 atmosfere 7 depuratore 8 tubo di sintesi 9 condensatore 10 raccoglitore alta pressione 11 pompa di circolazione 12 recipiente bassa pressione (Lo stabilimento di Nera Montoro, a cura di O. Ranieri, Roma 1924).

cusato di malversazione, da tutte le cariche sociali. Con tali accordi, Cairo intende assicurare alla Carburo la produzione del solfato di ammonio non più dalla cianamide ma dall ammoniaca e dall acido solforico. Il solfato di ammonio ha infatti un facile mercato e con questo sistema può essere prodotto con notevole risparmio: per produrre 1 kg di azoto cianamidico occorrono infatti 20 kWh e 4 kg di carbone contro i soli 13,2 kWh necessari per produrre 1 kg di azoto ammoniacale, economia alla quale va aggiunta quella della minore mano d opera richiesta. Dal momento che nel 1916 la Carburo ha dovuto cedere il controllo della Generale per esigenze di cassa, nella convinzione di poter mantenere la sua posizione di predominio nel mercato nazionale dei concimi azotati grazie al controllo della Azoto, subito dopo la prima guerra mondiale Cairo si fa promotore di un accordo tra i produttori di cianamide. Per evitare il ripetersi in questo settore della crisi di sovrapproduzione che già affligge il carburo di calcio, cerca di coinvolgere nell intesa tutti i produttori di concimi chimici. Per raggiungere questo obiettivo e rivedere il contratto di vendita della cianamide alla Azoto,

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nel 1918 cede addirittura il controllo di questa impresa alla Montecatini. Guido Donegani, che ne è amministratore delegato, assume tale carica anche nella Azoto ed entra nel consiglio di amministrazione della Carburo. Da tale posizione di forza cerca di ritardare l approvazione del compromesso firmato da Cairo: si dichiara convinto della validità tecnica del processo Casale ma, insieme ad altri, mette in guardia circa la situazione economica generale. In questa battaglia lo appoggiano Giuseppe Volpi, amministratore delegato della Società Adriatica di Elettricità, e Pietro Fenoglio, amministratore della SAFFAT e vicepresidente della Banca Commerciale Italiana (di cui è amministratore anche Donegani). Infine, la SIAS viene costituita il 29 maggio 1921, con un capitale di 23 milioni di lire, di cui 5 sono il corrispettivo del brevetto Casale, 6 rappresentano il capitale della IDROS (le cui azioni a quella data risultano completamente possedute dai signori Casale e Lepreste) e 12 vengono sottoscritti dalla Carburo per permettere al nuovo ente di saldare tutte le passività della IDROS (4 milioni), portare la capacità produttiva dell impianto di Terni a 1 t/giorno e poi a 7,5. Cairo ottiene


Sala ipercompressori e pompe di circolazione dell impianto per la produzione di ammoniaca sintetetica messo a punto da Luigi Casale nei locali dell ex Ferriera (Turreno Gemma, Le origini dell ammoniaca sintetica a Terni, in Rassegna Economica , II, 11-12, novembre-dicembre 1955).

per la Carburo il controllo della neocostituita impresa e della sua attività produttiva: per gli impegni già presi con l Azoto la Carburo è infatti libera solo di vendere ammoniaca per uso industriale; inoltre, ottiene la costituzione di un sindacato per le azioni SIAS, coordinato dai direttori delle due imprese, e il riconoscimento per quello della Carburo del potere decisionale in caso di disaccordo. Per ritirare le azioni SIAS sottoscritte da Lepreste e Casale, la Carburo chiede un anticipo alla Banca Commerciale e al Credito Italiano. Siccome questi due istituti chiedono un interesse del 9%, più un compenso da stabilire, si rivolge al Banco di Roma, che ha sempre finanziato la IDROS, e che anticipa il versamento delle azioni alla SIAS contro cambiali rilasciate dagli stessi Lepreste e Casale girate alla Carburo. Come intuito da Cairo, il sistema Casale dà buoni risultati: il primo impianto industriale ha un rendimento superiore a quello indicato e tutta l ammoniaca prodotta viene subito venduta. Per dare completa esecuzione al programma, ritenendo inadatto lo stabilimento di Terni, la SIAS prende in affitto per 27 anni lo stabilimento di Nera Montoro costruito dalla Società Idroelettrica di Villeneuve e Borgofranco e ordina il macchinario necessario per ottenere una produzione di almeno 7 t/giorno di ammoniaca, cioè, di 2.700 t/ anno, equivalenti a 24.000 t di azoto puro e

quindi a 135.000 t di prodotti azotati. Nel 1922, negli stabilimenti di Terni e Nera Montoro, la SIAS è in grado di produrre: ammoniaca sintetica e derivati (solfato, carbonato, nitrato, ecc.), ossigeno, idrogeno, acqua distillata, ecc. Nello stesso anno le banche creditrici della Carburo mettono a punto un programma industriale che ne prevede l incorporazione nella SAFFAT per creare la Terni Società per l Industria e l Elettricità, che assume quindi il controllo della SIAS e dei suoi impianti. Nel 1925, insieme alla Società Terni e al Consorzio del Velino, Luigi Casale si fa promotore della costituzione della Società Italiana Ricerche Industriali (SIRI), di cui sottoscrive 5.800 delle 10.000 azioni (da 500 lire) costituenti il capitale sociale. Scopo della SIRI è la fabbricazione dell ammoniaca e degli altri prodotti sintetici e chimici in genere, lo studio e lo sfruttamento di nuovi procedimenti industriali nel campo della chimica, della fisica e della meccanica, lo studio pel perfezionamento di procedimenti industriali esistenti, nonché la trasformazione e il commercio dei propri prodotti . Casale è insomma intenzionato a mettere a punto altre applicazioni delle sintesi catalitiche sotto pressione e, a tal fine, fa rilevare dalla SIRI lo stabilimento di Terni della SIAS (che viene assorbita dalla Società Terni). Contemporaneamente, costituisce la Casale

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La carcassa dell automobile utilizzata negli anni trenta per gli esperimenti sul motore a metanolo, ancora conservata all interno dello stabilimento nel 1983 (Archeologia industriale e territorio a Terni. Siri Collestatte Papigno, a cura di Gianni Bovini, Renato Covino e Michele Giorgini, Electa, Milano 1991, p. 89).

Ammoniaca Società Anonima Italiana (CASAI), per lo sfruttamento in URSS dei brevetti detenuti dalla Ammonia Casale. Dopo la sua morte il controllo della SIRI viene assunto proprio da questa società svizzera. Nel corso del 1927, anno della morte di Casale, la SIRI mette a punto un nuovo tipo di impianto per la sintesi dell ammoniaca. La sua prima realizzazione industriale è, nel 1929, la sintesi del metanolo (alcool metilico) da ossido di carbonio e idrogeno. All impianto sperimentale capace di 2 t/giorno si aggiunge ben presto quello di Nera Montoro (cfr. infra pp. 33-38) da 40 t/giorno. Il metanolo trova impiego sia come carburante che come materia prima per la preparazione della formaldeide, utilizzata a sua volta per la produzione di materie plastiche (bakelite, galatite, ecc.) e di esplosivi (pentrite, T4, ecc.). Successivamente la SIRI mette a punto altri metodi per la preparazione e la predepurazione dei gas e miscele gassose necessarie alla produzione dell ammoniaca sintetica e del metanolo; inoltre, mette a punto nuovi processi per la produzione di idrogeno elettrolitico e la crakizzazione del metano e degli idrocarburi. Tuttavia, a causa della limitata disponibilità impiantistica, del ritardo nell entrata in funzione dell impianto per il metanolo, del ribasso suo del prezzo di vendita e di quello del solfato, che costringe a ridurre anche il prezzo dell ammoniaca, i primi bilanci vengono chiusi in perdita, il capitale sociale viene svalutato e poi reintegrato:

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la Ammonia arriva a detenere il 72% delle azioni. La situazione economica non migliora neppure quando la produzione di ammoniaca sale a 10 t/giorno (contro le 47 di Nera Montoro e le 262 nazionali). Nel 1935 la Società Terni esce dalla SIRI, che concentra la sua attività nel campo della ricerca e della sperimentazione. Sotto la spinta delle esigenze indotte dalla politica autarchica realizza un impianto semi-industriale per la sintesi degli alcool superiori, utilizzabili anche come additivi della benzina; inoltre, sperimenta un automobile con motore alimentato ad ammoniaca. Sono queste capacità di ricerca che consentono di chiudere con modesti utili gli esercizi dal 1939 al 1943 e che gli valgono la dichiarazione di stabilimento ausiliario per i bisogni di guerra. Nel dopoguerra l attività prevalente sempre rappresentata dalla produzione e dal perfezionamento di apparecchiature e catalizzatori per la sintesi dell ammoniaca e del metanolo. Ciò nonostante, dal 1947 i bilanci vengono chiusi in attivo e dal 1953 vengono distribuiti dividendi altissimi (tutti incamerati dalla Ammonia, che detiene il 100% delle azioni). Nel 1975 la SIRI chiede la Comune di Terni una variante al piano regolatore per rendere edificabile l area; in cambio si impegna a utilizzare il ricavato della vendita per costruire fuori dalla città uno stabilimento dotato di macchinari moderni e capace di assicurare i livelli occupazionali. La scadenza dei brevetti provoca una riduzione delle commesse e, probabilmente, nel 1982 induce la Ammonia, che nel 1979 ha rilevato l ufficio tecnico di Roma, a cedere il controllo alla finanziaria lussemburghese Altech. La SIRI entra così a far parte del gruppo INGECO e ottiene lo sfruttamento di un brevetto per il recupero di petrolio grezzo dalle sabbie bituminose. La mancanza di adeguate commesse non consente però di avere i finanziamenti necessari per portare a termine le prove sulle sabbie provenienti dal Canada e dal Madagascar. Nel 1985, dopo una continua riduzione occupazionale, viene infine dichiarato il fallimento della SIRI.


Un nuovo polo chimico: Nera Montoro dalla Società Villeneuve alla Nuova TIC L area nei pressi della stazione di Nera Montoro, pianeggiante e vicina al fiume, già nel 1888 era stata individuata dall Amministrazione Comunale di Narni come potenzialmente adatta ad ospitare industrie. Il primo impianto industriale sorge però solo nel 1915 per iniziativa della Società Idroelettrica di Villeneuve, costituita a Torino nel 1913 per produrre e distribuire energia elettrica a Villeneuve e per esercitare industrie elettrochimiche con lo stabilimento di Nera Montoro. Il personale tecnico e direttivo dello stabilimento, così come circa un terzo degli operai, è di nazionalità francese: l impianto, dichiarato ausiliario all inizio del 1917, è impegnato nella fornitura di clorato di sodio ai governi italiano e francese. Con la fine della prima guerra mondiale questa fornitura viene meno e lo stabilimento viene ceduto alla Società per l Alluminio Italiano. L attività produttiva riprende però solo a partire dalla fine del 1922, quando la SIAS (cfr. supra pp. 2931) ne avvia la riconversione alla produzione di ammoniaca sintetica secondo il processo Casale (i lavori di adattamento vengono fatti in modo da poter quadruplicare l impianto senza quasi nessuna nuova costruzione). L ammoniaca sintetica, prodotta industrialmente in Germania fin dal 1912 dalla Badische Anilinud Sodafabrik (con la collaborazione degli ingegneri Haber e Bosch), mediante un sistema catalitico che necessita di alte pressioni e di carbone, viene utilizzata per la produzione di esplosivi e di concimi azotati più efficaci della cianamide. In Italia, negli anni precedenti la prima guerra mondiale, la domanda è valutata in circa 20.000 t (equivalente a 130-140.000 t di prodotti azotati), fornite dalle acque ammoniacali delle officine del gas, dal nitrato naturale, dalla cianamide e dell acido nitrico. Data la mancanza di carbone e lo scarso affidamento del sistema Claude, in Italia le ricerche per la produzione di ammoniaca si indirizzano verso l uso dell energia elettrica e la sintesi di azoto e idrogeno. I principali studi in tal senso ven-

gono compiuti dall ingegner Fauser negli stabilimenti di Novara della Montecatini e, poi, appunto, da Luigi Casale a Terni. Casale mette a punto un processo in cui le reazioni tra azoto e idrogeno comportano forti riduzioni di volumi in modo da ottenere direttamente ammoniaca anidra pura, mentre l industria tedesca ottiene ammoniaca in soluzione acquosa; inoltre, il suo sistema si differenzia dagli altri per le condizioni di pressione e di temperatura a cui avviene la formazione dell ammoniaca, per i particolari degli impianti nei quali avviene la reazione (tubi di sintesi), per la tecnica con cui asporta il calore prodotto, per i mezzi usati per ricondurre all impianto i gas che non hanno reagito (liberati però dall ammoniaca prodotta) e per i mezzi usati per ottenere la miscela dei gas nelle proporzioni necessarie. Alla fine del 1923 lo stabilimento di Nera Montoro entra in produzione. Una parte significativa dell impianto è costituita dalla centrale di ricevimento e trasformazione dell energia elettrica fornita dagli impianti della Società Terni. Attigui a questo reparto si trovano i capannoni per la produzione dell idrogeno elettrolitico. In uno dei due capannoni, lungi 75 m e larghi 14, vengono installate le prime due batterie di elettrolizzatori Fauser, ciascuna composta da 160 celle a 6.000 A, capaci di produrre 20.000 mc/giorno di idrogeno. Il bagno elettrolitico è costituito da una soluzione di idrato

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Come già a Narni Scalo gli stabilimenti della Concia e della Guttaperga, prima, della Società Italiana dei Forni Elettrici e della Linoleum, poi, anche l impianto di Nera Montoro si inserisce in un contesto agricolo. Solo nei decenni successivi accanto e nei pressi della fabbrica si svilupperanno insediamenti abitativi: nella piana sotto Narni si svilupperà la gemmazione ferroviaria di Narni Scalo, mentre a Nera Montoro la Società Terni costruirà nel 1931 un attrezzato villaggio operaio.


Sopra, lo stabilimento nel 1915-16, durante la costruzione da parte della Società di Villeneuve. Sotto la stessa fabbrica agli inizi degli anni venti, quando viene rilevata dalla SIAS (Lo stabilimento di Nera Montoro, a cura di O. Ranieri, Roma 1924).

potassico per la quale vengono impiegate circa 220 t di potassa caustica. Tramite tubazione da 300 mm l idrogeno giunge a un gazometro da 3.000 mc e poi all apparecchio di produzione della miscela, costituito da una caldaia (fornita dalla Officine Bosco su disegno della Ammonia Casale) nel cui forno avviene la combustione dell aria in atmosfera di idrogeno. L ossigeno si combina con l idrogeno, dando luogo ad acqua sintetica (utilizzata per gli elettrolizzatori), mentre l azoto libero entrato in miscela con l idrogeno in eccesso viene aspirato mediante ventilatori e inviato a un gazometro da 1.000 mc prima di arrivare all impianto di produzione dell ammoniaca. Quest ultimo, progettato per produrre 7,5 t/giorno di ammoniaca anidra, occupa due locali separati. Nel primo vengono collocati i due compressori e le due pompe di circolazione, nel secondo due gruppi gemelli di macchinario, di cui uno di riserva, per la sintesi. Il primo locale, ottenuto adattando due preesistenti capannoni attigui, misura 33x23 m. I due compressori, forniti dal-

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la Pignone su disegno della Ammonia, sono a sei fasi e possono aspirare, ciascuno, 1.000 mc/h di miscela per comprimerla a 750 bar. La potenza assorbita dai motori della San Giorgio è di 450 HP; il volano-puleggia, centrale, ha un diametro di 3,6 m e una corona capace di ricevere una trasmissione composta da dieci funi vegetali quadrate da 4 cm di lato. Le pompe di circolazione, fornite dalla Pignone su dati della Ammonia, sono del tipo orizzontale; i motori San Giorgio assorbono 45 HP. Il secondo locale, di due piani, è in cemento armato, è provvisto di una gru a ponte da 20 t ed è lungo 18 m, largo 8 e alto 20; ospita, riuniti in due gruppi indipendenti, due impianti di sintesi, disegnati dalla Ammonia, ciascuno dei quali è costituito da: depuratore, tubo di sintesi, condensatore, raccoglitore ad alta pressione, recipienti a bassa pressione e relative tubazioni. La miscela compressa a 750 bar passa al depuratore, dove si libera dell olio e delle altre eventuali impurità, quindi arriva nel tubo di sintesi, poi nel condensatore e infine nel raccoglitore ad alta


pressione. Qui si deposita l ammoniaca condensatasi, mentre quella rimasta allo stato di vapori, insieme alla miscela non combustasi, viene aspirata da una pompa di circolazione e risospinta nel depuratore per farle ripetere il ciclo. L ammoniaca anidra dai serbatoi ad alta pressione passa a quelli a bassa e poi in sei serbatoi cilindrici (costruiti dalle Acciaierie in lamiera da 2,5 cm), del diametro di 1,15 m e alti 6, della capacità di 15 t. Da questi serbatoi l ammoniaca può essere condotta all impianto per la preparazione della soluzione ammoniacale o a quello per la produzione del solfato ammonico. Il primo è costituito da due serbatoi orizzontali (in lamiera da 7 mm) del diametro di 1,5 m, della lunghezza di 11,7 e della capacità di 20 mc ciascuno. All interno di ciascun serbatoio, un tubo bucherellato porta l acqua per la preparazione della soluzione, mentre sul fondo l ammoniaca gorgoglia da un altra tubazione munita di piccoli fori. Questi due serbatoi sono collegati tra loro con tubazioni munite di una piccola pompa per agitare la soluzione o travasarla dall uno all altro. Prima della costruzione dell apposito impianto, l acido solforico per la produzione del solfato ammonico veniva fornito dalla Montecatini. L ammoniaca per la produzione del solfato giunge ai saturatori tipo Koppers, costruiti nello stesso stabilimento in lastra di piombo, e, gorgogliando in bagno acido a 25 Bé forma finissimi cristalli di solfato che si depositano sul fondo conico del saturatore. Da qui un iniettore ad aria compressa li solleva e li versa in un recipiente di decantazione da cui passano poi alle centrifughe. Il solfato scaricato dalle centrifughe viene portato al magazzino da un trasportatore su binario sopraelevato e quindi insaccato mediante elevatore insaccatore a raspe dotato di pesatrici automatiche. Dall elevatore i sacchi vengono inviati nei vagoni mediante trasportatore a tappeto. Lo stabilimento è inoltre dotato di numerosi magazzini, di un officina per l ordinaria manutenzione, di un impianto per la saldatura autogena, di un impianto per il recupero e la rigenerazione degli oli minerali, nonché di un laboratorio chimico per il controllo della produzione.

Il costo dell ammoniaca prodotta dallo stabilimento, grazie anche alla disposizione dei reparti, è inferiore a quello previsto e così vengono subito installate altre due unità di sintesi, altre convertitrici di energia elettrica e altri elettrolizzatori. Il sistema di produzione Casale messo così a punto a Nera Montoro viene diffuso nel mondo dalla Ammonia: nel 1924 vengono avviati impianti simili a Nobloka (Giappone), a Sabinanigo (Spagna), a Viege (Svizzera) e a Niagara Falls (Stati Uniti d America). Nel 1925 lo stabilimento di Nera Montoro passa alla Società Terni che, dopo aver inglobato la Carburo nel 1922, assorbe anche le attività della SIAS (tranne l impianto dell ex Ferriera: cfr. supra pp. 29-32). Nello stesso anno, per aumentare l autonomia dello stabilimento e realizzare economie di scala, vengono installati due impianti a camere per la produrre acido solforico a partire da piriti; inoltre, per alimentari i forni a carburo di Papigno con coke a basso contenuto di umidità e ceneri, viene costruita una cokeria per la distillazione del carbone. Il gas prodotto da questo, frazionato alla temperatura di -190 °C, costituisce un ulteriore fonte di idrogeno per la produzione di ammoniaca. Di questa materia prima l Italia ha sicuramente bisogno per aumentare l offerta di concimi azotati e indurre una maggiore diffusione della pratica della concimazione chimica dei terreni. Ma se ancora nel 1926 gli agricoltori italiani consumano solo 2 kg di azoto per ettaro, contro i 14 dei tedeschi e i 30 dei belgi, la produzione delle fabbriche italiane riesce ad annullare quasi completamente l importazione solo nel 1927. Una spinta decisiva a fa sì che il consumo induca una crescita della produzione lo fornisce poi la battaglia del grano . La Società Terni vede però limitata la sua possibilità di incrementare la produzione di concimi azotati dagli accordi a suo tempo stipulati dalla Carburo con la Montecatini. Dopo aver potenziato al massimo possibile tutti gli impianti durante la prima guerra mondiale, fino a utilizzare completamente la portata del Velino, facendo così di fatto scomparire la Cascata delle Marmore, nel dopoguer-

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ra la Carburo aveva dovuto ridurre drasticamente tutte le produzioni e l occupazione. Tramontata definitivamente l epoca pionieristica dei primi del Novecento, quando la concorrenza veniva sbaragliata già con il semplice annuncio dell aumento della potenzialità produttiva o della concessione di una nuova derivazione d acqua, questo ennesimo periodo di crisi era stato nuovamente affrontato con la politica delle alleanze: gli amministratori avevano cercato di assicurare alle produzioni elettrochimiche, che utilizzavano l energia elettrica non ritirata dalla società distributrici, una domanda certa. In pratica, anche sotto la pressione delle banche creditrici, interessate soprattutto al recupero delle somme erogate e al normale lavoro bancario, avevano ceduto alla Montecatini il controllo della Azoto, l unica impresa in Italia autorizzata a commercializzare prodotti azotati, nella speranza di poterle fornire, fino al 1930, quantitativi significati a prezzi remunerativi. La scarsa domanda del mercato e un atteggiamento conflittuale della Montecatini, fermamente determinata a offrire agli agricoltori qualsiasi tipo di concime, dai fosfati alla cianamide, dai nitrati ai solfati, avevano però vanificato questo progetto. Inoltre, la situazione della Carburo era stata aggravata dal fatto che, sopravvalutando la domanda futu-

Il reparto per la fabbricazione dell acido solforico (Terni Società per l Industria e l Elettricità. Anonima. Sede in Roma. 1884-1934, Genova 1934).

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ra, aveva continuato a produrre e immagazzinare cianamide (in modo da esaurire le scorte di materie prime e approfittare di un migliorato rendimento dell impianto) anche quando era oramai evidente la restrizione delle vendite. Solo nel 1924 la Società Terni era riuscita ad ottenere la revisione di quell accordo, ma solo in cambio dell impegno a non superare la produzione annua di 3.500 t di ammoniaca fino al 1935 o fino a quando la Montecatini stessa non avesse superato le 17.500 t. Nel 1928, quando la Società Terni prevede che la Montecatini supererà quel tetto, porta la produzione di Nera Montoro a 5.000 t/ anno: solo l arbitrato del senatore Mortara consente di superare l opposizione della Montecatini e di portare giungere, fino al 1935, a 7.000 t/anno di ammoniaca. La crescente disponibilità di energia elettrica, assicurata dapprima da opere idrauliche più razionali (nel 1924 viene installata una diga mobile sul Velino e così il lago di Piediluco, raccordato con questo fiume, può essere usato come serbatoio), poi dalla costruzione delle centrali di Preci (1927) e di Galleto (1929) e quindi del canale del Medio Nera (1931), viene allora utilizzata, almeno in parte nella produzione del metanolo. La Società Terni rileva il brevetto della SIRI (cfr. supra pp. 29-32),


che aveva messo a punto un procedimento di fabbricazione simile a quello dell ammoniaca. Solo dopo il 1935 lo stabilimento di Nera Montoro tenta di aumentare la produzione di ammoniaca. Per farlo prova a utilizzare anche l idrogeno fornito dai gassogeni brevettati dalla SIRI. Dopo alcuni gravi incidenti ricorre ai gassogeni Mariska e poi anche a quelli VIAG. Date le perduranti difficoltà di mercato del solfato di ammonio la maggiore disponibilità di ammoniaca viene destinata alla produzione di nitrati, in particolare di nitrato di calcio, che gli agricoltori usano in sostituzione del nitrato di sodio del Cile. Nel 1935 e poi nel 1936 viene quindi potenziata la produzione di acido nitrico e viene iniziata anche la fabbricazione di nitrato di calcio per uso agricolo e di nitrato di ammonio, sia per l industria degli esplosivi sia per l agricoltura. Con la seconda guerra mondiale inizia la produzione di nitrato e perossido di stronzio (utilizzato per i proiettili traccianti), di diametilacetale (da alcool metilico e acetilene in presenza di ossido di mercurio), di ternolo

(una miscela di benzolo e alcool metilico). Durante il conflitto anche lo stabilimento di Nera Montoro risente della scarsità di materie prime, delle minacciate incursioni aeree e poi anche delle asportazioni effettuate dalle truppe tedesche in ritirata. La mancanza di coke viene fronteggiata con l uso della lignite, mentre l attività della cokeria viene subordinata alla disponibilità di carbone dalla Germania o dalla Polonia. Dopo l arresto degli impianti operato all inizio del 1944, l attività riprende alla fine del 1945 grazie all energia elettrica della vicina centrale e alla metà del 1946 lo stabilimento recupera il 60% della precedente capacità produttiva. Nel 1947 entra in esercizio un impianto Petersen per la produzione di acido solforico e viene realizzato anche un piccolo impianto per l urea che utilizza, oltre al-

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Questo disegno pubblicitario ipotizza la spedizione, verso i mercati di consumo, dei fertilizzanti chimici prodotti dallo stabilimento di Nera Montoro grazie alla progettata, e mai attuata, navigabilità del Nera (Italo Ciaurro, Lo sviluppo idroelettrico in Italia. Le grandi opere della Società Terni, in L Industria Umbro Sabina , II, 7, ottobre 1929, p. 229). In basso, il piano di carico del magazzino per fertilizzanti in cumuli , riconoscibile anche nel disegno sopra (Terni Società per l Industria e l Elettricità. Anonima. Sede in Roma. 1884-1934, Genova 1934).


Sopra, una veduta classica dello stabilimento (Terni Società per l Industria e l Elettricità, Relazione sull attività tecnicaamministrativa-assistenziale degli stabilimenti..., Terni [1941]); sotto, lo sviluppo polo chimico negli anni cinquanta (Terni nella tradizione umbra nel lavoro moderno, a cura della Cassa di Risparmio di Terni, Terni 1959).

l ammoniaca, l anidride carbonica sviluppata nell impianto del nitrato di calcio, dall acido nitrico posto a contatto con il calcare. Tra gli agricoltori non trova consensi la produzione di ligniconcime, avviata su indicazione del Laboratorio Ricerche, mentre il ritorno in attività degli stabilimenti del Nord imprime ai prezzi dei fertilizzanti un andamento decrescente che viene poi imposto dal Comitato Interministeriale Prezzi. Questo organismo utilizza come costi di riferimento quelli degli impianti che utilizzano il gas naturale. Ciò ha evidenti ripercussioni negative sulla redditività dello stabilimento di Nera Montoro, che si vede respinta la richiesta di utilizzare il gas naturale estratto a Ravenna e può quindi ricorre esclusivamente al carbone, materia prima il cui costo aumenta dopo la crisi di Suez del 1956. Inizia così una ristrutturazione degli impianti volta alla riduzione dei costi di produzione: viene potenziata la fabbricazione del nitrato di calcio, più redditizio, entra in funzione (nel

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1958) un impianto ONIA-GEGI per la gassificazione catalitica dell olio pesante sostituisce i gassogeni a combustibile solido, mentre la produzione di acido solforico viene assicurata da un impianto Lurgi-De Nora (nel 1959). Tutti questi interventi vengono però vanificati dalla concorrenza apertasi nel mercato dei fertilizzanti, soprattutto del solfato ammonico; non porta benefici neppure il contratto esclusivo di vendita firmato nel 1957 con la Federconsorzi. Dopo la costituzione dell ENEL (1962) e lo scorporo del settore elettrico, tutto il settore elettrochimico della Società Terni passa alla Terni Industrie Chimiche (TIC) nel 1964. La nuova impresa ottiene dall ENEL l energia elettrica a un prezzo privilegiato ma superiore a quello precedentemente conteggiato dai Servizi Elettrici della Società Terni. Prevedendo l imminente utilizzo del metano estratto a Vasto (disponibile dal 1965), la TIC mette a punto una ristrutturazione dello stabilimento che gli conferisce un nuovo aspetto. Viene costruito un impianto di reforming del gas naturale, per trasformarlo in gasi di sintesi, che porta la capacità produttiva a 50.000 t/anno di ammoniaca. Nel 1970 un secondo impianto la eleva a 125.000 t/anno. La produzione di acido nitrico viene rinnovata e potenziata nel 1967 grazie a un impianto Kulmann. Data la crescente domanda di urea nel 1971 entra in funzione un impianto da 300 t/giorno. Nello stesso anno viene avviato un impianto di acido nitrico concentrato capace di 40 t/giorno e un impianto Rivoira per il recupero dell idrogeno e dell argon (gas forniti alle Acciaierie) dagli spurghi degli impianti di sintesi dell ammoniaca. Nel 1972 un nuovo impianto per la produzione di acido solforico concentrato e oleum, a partire dallo zolfo, sostituisce quello a pirite. Dal 1970 lo stabilimento di Nera Montoro viene gestito dall ANIC, socio di minoranza della TIC, che nel 1977 mette in funzione un impianto per la produzione di policarbonati, resine utilizzate in seconda lavorazione dall industria elettronica e meccanica. Nel 1996 viene costituita la Nuova Terni Industrie Chimiche, che nel 2000 cessa quella produzione.


La Terni polisettoriale ristruttura Papigno Nella seconda metà degli anni venti, l avvio del completamento del suo programma idroelettrico, con la costruzione delle centrali di Preci (inaugurata nel 1927 con un macchinario capace di fornire 11.000 kW) e di Galleto (inaugurata nel 1929 con una potenza installata di 80.000 kW, aumentabili rapidamente a 160.000 e poi anche a 320.000), impone alla Società Terni anche la riorganizzazione del settore elettrochimico. Questo, nelle intenzioni degli amministratori che, inglobando la Carburo, avevano costituito un impresa polisettoriale capace di produrre acciaio per usi civili e bellici, energia elettrica, carburo e prodotti azotati, cemento, laterizi e lignite, doveva costituire il volano di quello idroelettrico, assorbendone anche l energia in esubero. Lo stabilimento di Nera Montoro, di recente costruzione, richiede interventi per il suo completamento, mentre quelli di Collestatte, Papigno e Narni presentano degli inconvenienti che gli derivano dall essere stati i primi in Italia ad avviare ed eseguire produzioni elettrochimiche su grande scala: i

ripetuti ampliamenti dei reparti hanno provocato un organizzazione del lavoro frazionata, che impedisce ora l ulteriore potenziamento del macchinario o il suo adeguamento per renderlo capace di assorbire l energia in esubero che sarebbe stata disponibile di lì a poco. Nel 1928 viene quindi decisa la ristrutturazione dello stabilimento di Papigno per concentrarvi tutta la produzione di carburo e cianamide. Nel 1929 vengono così chiusi gli stabilimenti di Collestatte e di Narni, perché nel settembre dello stesso anno entra in funzione il nuovo impianto di Papigno che, completato nel 1931, viene ulteriormente potenziato nel 1935. Ancora una volta Papigno viene scelto perché lì sono presenti, a basso costo e in larga misura, due delle tre materie prime necessarie alla fabbrica: il calcare e l energia elettrica, mentre il carbone viene sostituito dal coke prodotto dall apposito reparto costruito nel 1930 nello stabilimento di Nera Montoro. Il nuovo impianto, progettato per assicurare

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La cava sul monte Sant Angelo (Terni Società per l Industria e l Elettricità. Anonima. Sede in Roma. 1884-1934, Genova 1934), fornisce calcare di ottima qualità, cioè privo di impurità, non solo al sottostante stabilimento di Papigno, ma anche a quelli di Collestatte (dal 1901 al 1929) e di Narni (dal 1911, dopo la fusione della Valnerina nella Carburo al 1929). Agli inizi del Novecento, quando programmano l incremento della potenzialità degli impianti, gli amministratori della Carburo valutano anche la possibilità di acquistare l intero monte per non avere limitazioni di alcun tipo nell attività estrattiva: temono evidentemente obiezioni e contestazioni come quelle che avevano indotto il Ministero delle Belle Arti a costituire una commissione per la salvaguardia della Cascata delle Marmore, minacciata dall integrale derivazione delle acque del Velino negli impianti idroelettrici.


Le fornaci per la cottura della calce (Terni Società per l Industria e l Elettricità. Anonima. Sede in Roma. 1884-1934, Genova 1934).

una produzione di 100.000 t/anno di carburo e 85.000 di cianamide, conserva del vecchio solo alcune strutture e alcuni macchinari: il forno da 5.000 kW, quello da 7.000 e otto da 1.000, questi ultimi però, destinati a riserva o all eventuale produzione di ferroleghe. Nel 1931, al termine dell intervento, è organizzato come di seguito illustrato. Il calcare della cava di monte Sant Angelo, riorganizzata per assicurare una maggiore produzione, arriva direttamente, sfruttando dislivelli naturali, alla bocca di tre fornaci verticali capaci di fornire 360 t/giorno di calce. Per la produzione del carburo vengono aggiunti a quelli esistenti due forni trifasi tipo Trostebrg da 16-18.000 kW. Soppressa la sala Ganz, i forni vengono alimentati dall attigua centrale Velino-Pennarossa . Dai forni, dotati di meccanismi che non richiedono la diretta presenza di operai, il carburo viene colato in apposite lingottiere, dove si raffredda. Estratto, viene frantumato e polverizzato in atmosfera inerte da tre linee di frantumazione e macinazione che lo mandano poi all imballaggio o alla produzione di cianamide. Per ottenere questo concime il carburo viene caricato in forni di azotazione da 8-13 t, costruiti dalla stessa Società Terni. Il carburo, in polvere, viene introdotto nel forno di azotazione in cesti leggermente conici (per favorire poi l estrazione del blocco di cianamide), rivestiti di carta per impedirne la fuoriuscita; nella parte inferiore del forno si trovano le condutture che vi portano l azoto. Caricato il cesto, il forno viene chiuso con un coperchio. Questo è provvisto di un foro per la fuoriuscita dell azoto in eccesso e dei gas sviluppati dalla reazione azoto-carburo, nonché di fori per l introduzione delle resi-

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stenze di riscaldamento. Queste sviluppano 1.000-1.200 °C. A questa temperatura il carburo più vicino alla resistenza si combina immediatamente con l azoto, formando calciocianamide. Siccome questa reazione è esotermica, il calore che si sviluppa è sufficiente a portare progressivamente sempre più carburo alla temperatura di reazione: il riscaldamento elettrico è quindi limitato a poche ore e a una zona ristretta, mentre la reazione dura dalle 24 alle 44 ore. Il rendimento di azotazione viene così portato dal 70% assicurato dai vecchi impianti fino al 92%-95%, mentre il contenuto in azoto del blocco di cianamide, che precedentemente non superava il 20%, arriva la 24%-25%. L azoto necessario a questa fase della lavorazione viene prodotto da tre unità Claude per il frazionamento dell aria, capaci, ciascuna, di fornire 2.500 mc/h di azoto (al 99,9%), azionate da altrettanti motocompressori Pignone, ognuno da 3.200 mc/h, dotati di motori San Giorgio da 650 HP.


La sala di azotazione (Terni Società per l Industria e l Elettricità. Anonima. Sede in Roma. 1884-1934, Genova 1934), oggi utilizzata per la realizzazione di produzioni cinematografiche.

Il blocco di cianamide prodotto dai forni viene frantumato da quattro molini Krupp a palle (installati già nel 1922), della capacità di 5 t/h ciascuno, e da due frantoi Krupp a martelli, della capacità di 300 t/h ciascuno. La cianamide così ottenuta viene quindi diluita e oleata per renderne più facile lo spargimento sul terreno da parte degli agricoltori. Successivamente, mediante trasportatori meccanici, giunge nel magazzino a cumuli costru-

ito sulla sponda sinistra del Nera, di fronte allo stabilimento vero e proprio, al quale è collegato da una passerella sopraelevata che attraversa il fiume e la strada provinciale Valnerina. Qui la cianamide è sottoposta a un ulteriore diluizione, mediante calce e carbonato di calcio: i clienti la richiedono infatti con il 20%-21% di azoto. Il magazzino è stato costruito con una capacità di ben 85.000 t per potervi conservare la cianamide pro-

La sala Claude (Terni Società per l Industria e l Elettricità. Anonima. Sede in Roma. 1884-1934, Genova 1934). Nel 1960, la sala Claude viene ampliata sulla destra con l aggiunta di un impianto per il frazionamento dell aria. Nel suo complesso, ancora oggi il reparto conserva buona parte dei macchinari.

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dotta con l energia elettrica resa disponibile dal discontinuo ritiro da parte delle società distributrici; inoltre, viene dotato di un impianto di insaccamento e spedizione della capacità di 2.000 t/giorno in modo da poter far fronte alle forti richieste dei periodi di concimazione. Nel 1935 il complesso viene completato con una quarta fornace, una quarta linea per la frantumazione del carburo, un terzo forno da 18.000 kW, una quarta unità per la produzione dell azoto. La capacità produttiva sale a 340 t/giorno di cianamide al 20%-21% di azoto. La scarsa domanda, la concorrenza degli altri concimi e la posizione egemone della Montecatini consentono di raggiungere il picco produttivo di 120.068 t solo nel 1939. La massima produzione di carburo si ha invece nel 1941, con 69.294 t. La linea di produzione del carburo è organizzata come di seguito riportato. I forni hanno un sistema automatico per il carico delle materie prime e lo scarico della colata. Dai rispettivi silos il carbone e la calce scendono alle bilance automatiche (otto per ciascun forno, raggruppate a due a due: una per la calce e una per il carbone); da queste, attraverso quattro canali di carico, le materie prime vengono distribuite uniformemente nella vasca di fusione. Qui pescano tre elettrodi a pacchetto, la cui immersione viene controllata mediante argani. I comandi delle bilance, dei canali e dei movimenti degli elettrodi sono elettrici e centralizzati su un banco di manovra. Sul fronte delle bocchette di colata sono disposte le lingottiere, collocate su carrelli, mossi da argani elettrici, che le trasportano alla sala di raffreddamento. La suo-

Il magazzino capace di contenere 85.000 t di calciocianamide (Terni Società per l Industria e l Elettricità. Anonima. Sede in Roma. 1884-1934, Genova 1934).

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la della vasca di fusione è formata da uno strato di carbone in blocchi collocato su mattoni refrattari, che ricoprono anche le pareti laterali. Esternamente la vasca ha un involucro in lamiera rinforzata mediante nervature. Sopra ciascun elettrodo si trova un camino per aspirare l ossido di carbonio sviluppato dalla reazione. Per evitare che questo venga bruciato dall ossigeno dell aria, i camini sono raffreddati con acqua. A differenza dei primi forni, a ciclo discontinuo, quelli installati nel riorganizzato stabilimento di Papigno sono trifasi e a ciclo continuo: il carburo prodotto viene periodicamente estratto aprendo la bocchetta di colata con il calore sviluppato da un elettrodo ausiliario. Il carburo proveniente dai forni, prima di essere sottoposto all azotazione, viene lasciato raffreddare fino a 150 °C e quindi frantumato, macinato e polverizzato. Quest ultima operazione, svolta in atmosfera di azoto per evitare l idratazione, è particolarmente curata: maggiore è la finezza del carburo e più completa e rapida è la sua azotazione. Completano la dotazione dello stabilimento le sezioni: meccanica ed elettricisti (a cui fa capo un ufficio tecnico e l officina che produce i contenitori per il carburo destinato la commercio), costruzioni (cui fanno capo anche i tubisti che controllano la rete idraulica per il raffreddamento e i servizi ausiliari), commerciale, nonché una scuola apprendisti. Sebbene già nel 1935 lo stabilimento venga dichiarato ausiliario, le crescenti difficoltà nell approvvigionamento dall estero inducono nel 1941 ad abbandonare le prove sperimentali per l uso dei vari tipi di coke che può fornire lo stabilimento di Nera Montoro. Sempre nel 1941 vengono demoliti i forni da 5.000 e 7.000 kW in modo da fare posto a un altro impianto per la macinazione del carburo; inoltre, viene installato un impianto per la produzione della diciandiamide, usata per la produzione di esplosivi. Sempre nel quadro delle iniziative indotte dall autarchia viene avviato un reparto per la produzione di tiourea,


I nuovi forni per il carburo (cfr. p. 11 e p. 20) installati in occasione della ristrutturazione dello stabilimento (Terni Società per l Industria e l Elettricità, Relazione sull attività tecnicaamministrativa-assistenziale degli stabilimenti..., Terni [1941]).

un derivato della cianamide usato nella fabbricazione delle resine sintetiche; inoltre, i vecchi forni da 1.000 kW vengono usati per produrre ghisa dalle ceneri di pirite residuate dalla fabbricazione dell acido solforico fatta a Nera Montoro. A tutti questi impianti se ne aggiunge poi uno per il recupero dei cascami e la rigenerazione degli oli e della soda. Quando le operazioni belliche si trasferiscono sul territorio nazionale le lavorazioni si riducono progressivamente fino ad essere interrotte nell aprile 1944. Alla fine del 1946, quando ancora non sono stati recuperati tutti i macchinari asportati dalle truppe tedesche in ritirata, lo stabilimento ha nuovamente in funzione tutti i suoi reparti. A spingere la Società Terni al completo ripristino della capacità produttiva, sebbene questa non sia mai stata usata a causa della scarsa domanda del mercato, di cui comunque l impresa controlla circa il 50%, è l intenzione di riproporre il modello polisettoriale messo a punto all inizio degli anni venti, basato sull impiego prevalente di materie prime proveniente dagli impianti sociali. Lo stabilimento di Papigno usa infatti il calcare della sua cava, il coke dell impianto di Nera Montoro, l energia elettrica della centrale di Papigno (collegata a quella di Galleto), i lamierini dell acciaieria (per i fusti per il carburo).

Nel 1948 viene installato un forno elettrico da 19-20.000 kW dotato di elettrodo continuo Soderbeg. A partire dagli anni cinquanta, come in tutte le altre fabbriche della Società Terni, un aggiornamento tecnico degli impianti e un organizzazione più razionale dei processi di lavorazione determina un aumento e un miglioramento della produzione. Nel 1951 la produzione di carburo raggiunge così le 69.000 t e cresce in modo quasi continuo fino alle 122.000 del 1963. Alla fine degli anni cinquanta viene installato un forno elettrico per la produzione di cemento fuso, mentre sono negative le prove per ottenere ferrosilicio. Nel 1958 viene installata una fornace rotativa tipo Smidth. Questa lavora anche i piccoli frammenti di calcare precedentemente non scartati e per la cottura usa la nafta e i gas di recupero dei forni a carburo invece del coke. Nel 1959 la potenza dei forni viene portata a 24.000 kW. L anno successivo viene progettata l installazione di un nuovo impianto di frazionamento dell aria e vengono posate due condutture per trasportare azoto e ossigeno all acciaieria. Per poter approfittare anche dell energia di supero non altrimenti sfruttabile viene costruito anche un silos metallico per il carburo, capace di 6.500 t. Dai primi anni sessanta le vendite di carburo cominciano però a decrescere sia a causa della

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Questa veduta dello stabilimento, confrontata con quella riportata a pagina 20, consente di valutare la consistenza dell intervento di ristrutturazione concluso nel 1931 (Terni Società per l Industria e l Elettricità, Relazione sull attività tecnica-amministrativaassistenziale degli stabilimenti..., Terni [1941]).

concorrenza straniera sia perché le industrie chimiche lo sostituiscono nei loro processi. Ad esempio, nello stabilimento di Terni, la Montecatini preferisce ricorre al procedimento petrolchimico. Contemporaneamente, si riduce anche la domanda di cianamide, soprattutto per la concorrenza di concimi più efficaci. Già i dirigenti della Carburo erano convinti della necessità di cessare le produzioni elettrochimiche nel momento in cui l energia lì impiegata avesse dato utili inferiori a quella venduta alle società distributrici. Per ridare prospettive di sviluppo al settore la Società Terni avrebbe dovuto trasformarsi in una vera

Questa veduta della fine degli anni cinquanta (Terni nella tradizione umbra nel lavoro moderno, a cura della Cassa di Risparmio di Terni, Terni 1959) consente di rilevare gli ulteriori interventi di ristrutturazione.

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e propria impresa chimica, abbandonando la concezione di subalternità dell attività elettrochimica a quella elettrica che induceva a impiegarvi solo l energia in esubero non richiesta. Le difficoltà vengono poi acuite dallo sviluppo delle tecniche petrolchimiche e dal venire meno della politica di accordi tra le imprese per la spartizione del mercato, sostituita da un confronto aperto tra le varie tecnologie e organizzazioni aziendali. L 1 agosto 1964, in seguito al precedente scorporo del Settore Elettrico dalla Società Terni, lo stabilimento di Papigno, insieme a quello di Nera Montoro, viene conferito alla neocostituita Terni Industrie Chimiche (TIC). Nel 1967 il riassetto delle partecipazioni statali lo porta all ENI, che, dopo una riduzione del personale, tenta un rilancio della produzione della cianamide. Nel 1973, però, lo chiude definitivamente l impianto.


La Società Umbra Prodotti Chimici: il solfuro di carbonio per il rayon La Società Umbra Prodotti Chimici viene costituita a Roma il 22 giugno 1925 con il capitale di lire 100.000 (aumentabile a lire 1.000.000). Nell articolo 2 dello statuto viene specificato che La società ha per oggetto la fabbricazione e il commercio di prodotti chimici, lo studio e la messa in valore di nuovi procedimenti e di nuovi prodotti, l acquisto e le rendite di procedimenti e brevetti interessanti l industria chimica . Il suo presidente e amministratore delegato è l ingegner Gustavo Scialoja, già direttore dello stabilimento di Collestatte della Carburo (cfr. supra pp. 8-12). Questi, fin dal 3 agosto 1923 aveva ottenuto in affitto dalla Società Terni (sorta nel 1922 dalla fusione nella SAFFAT della Carburo), per 9 anni, a 1.000 lire/annuo, alcuni locali dello stabilimento di Terni dell ex Società Valnerina (cfr. supra pp. 23-26). Fin dal 1925 questi vengono usati come deposito di zolfo greggio e di carbone vegetale, sostanze adoperate nelle lavorazioni che l impresa intende eseguire. Nel 1927 la Società Umbra mette infatti in funzione a Terni, su un area confinante con quella occupata dalle Officine Bosco, un impianto (che occupa circa 40 operai), per la produzione del solfuro di carbonio, sostanza da cui le industrie del settore delle fibre tessili artificiali ricavano il rayon. Ben presto la potenzialità produttiva di questo stabilimento diviene insufficiente a sod-

disfare la crescente domanda di materia prima fatta dalle fabbriche della CISA VISCOSA (cui la società è collegata), e, anche a causa delle proteste sollevate per l inquinamento prodotto dalle lavorazioni, viene costruito un nuovo e più grande stabilimento a Collestatte Piano, a fianco dell impianto elettrochimico disattivato nel 1929 dalla Società Terni.

Dall alto: un disegno progettuale dello stabilimento di Collestatte, i forni per il solfuro di carbonio e lo stand allestito dalla CISA Viscosa alla fiera di Tripoli del 1937. Nella cartina sulla destra dello stand sono localizzati tutti gli impianti produttivi della società (1916-1941. La CISA Viscosa nel suo XXV anniversario, Roma [1942]).

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Pianta schematica della dislocazione dei reparti dello stabilimento di Collestatte nel 1940: 1 forni 2 trasformatori 3 torri 4 misuratori 5 calcinatori 6 deposito olio nazionale 7 deposito olio combustibile 8 distillazione solfuro 9 cabina elettrica principale 10 distillazione dell olio 11 deposito solfuro 12 magazzini In basso: a destra i forni per il solfuro di carbonio (punto 1 nella pianta schematica) e, a sinistra, le torri di assorbimento dell olio (punto 3 nella pianta schematica) nel piazzale antistante il fabbricato principale (19161941. La CISA Viscosa nel suo XXV anniversario, Roma [1942]). Quest ultimo, dopo la cessazione della produzione, ha ospitato piccole attività commerciali e artigianali. Per l area è attualmente allo studio un piano di recupero.

Il nuova fabbrica entra in funzione nel 1936 e, rispetto al precedente, oltre ad aver aumentato a circa 60-70 i dipendenti, ha la caratteristica di non impiegare più nel ciclo produttivo il carbone, sostituito con l energia elettrica fornita dalla vicina centrale idroelettrica dell Azienda Municipale di Terni.

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Successivamente lo stabilimento viene affittato alla CISA VISCOSA (società collegata alla SNIA, che, pur essendosi impegnata a mantenervi inalterato l organico, nei primi mesi del 1961 ne fa cessare completamente l attività dopo ripetute riduzioni del personale (parte del quale viene trasferito negli altri impianti dell impresa).


Dalla gomma naturale a quella sintetica: dalla SAIGA alla SAIGS Durante il periodo dell autarchia le difficoltà di approvvigionamento di materie prime fanno intensificare le ricerche di prodotti e processi industriali alternativi a quelli precedentemente adottati. Ad esempio, lo stabilimento di Papigno utilizza il coke al posto del carbone (cfr. supra pp. 39-44), mentre la Società Umbra Prodotti Chimici lo sostituisce con l energia elettrica (cfr. supra pp. 45-46), la SIRI mette a punto il suo processo di sintesi del metanolo (utilizzato come combustibile, per la produzione di materie plastiche e di esplosivi) e sperimenta anche un automobile con motore ad ammoniaca (cfr. supra pp. 29-32). Nel settore della gomma, venuta meno la possibilità di importazioni dalla Gran Bretagna, nel 1938 l IRI e la Pirelli, sollecitate dal Ministero dell Industria, costituiscono la Società Agricola Italiana Gomma Autarchica (SAIGA). Tra il 1936 e il 1937 il Centro Chimico Militare, struttura scientifica del Ministero della Guerra, aveva ottenuto la collaborazione della statunitense International Rubber Company per la coltivazione, nel Tavoliere delle Puglie, del guayule. Da questa pianta di origine messicana poteva infatti essere estratta della gomma. Alla SAIGA una serie di decreti concede l esclusiva per la detenzione e coltivazione di semi e piante di guayule, nonché per il commercio della gom-

ma estratta. A quella data il fabbisogno nazionale di gomma è stimato in 30.000 t/anno e la SAIGA prevede di poterlo soddisfare per un terzo. Lo scoppio del conflitto mondiale e poi l entrata in guerra dell Italia interrompono i contatti con i tecnici americani e nel 1943 l impresa viene chiusa. La sua pur breve esperienza e la domanda potenziale sollecitano però altre iniziative. Il 14 settembre 1939, ancora la Pirelli e l IRI costituiscono la Società Anonima Industria Gomma Sintetica (SAIGS). Questa ha per scopo sociale la produzione di butadiene, cioè di gomma sintetica a partire dall acetilene ottenuto dal carburo di calcio secondo un brevetto tedesco sperimentato presso lo stabilimento Bicocca della Pirelli. Per lo svolgimento di questa attività sono previsti due stabili-

Il processo produttivo del butadiene (Assindustria Terni, Industria a Terni. Un secolo di immagini, Terni 1999, p. 69).

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Sopra, una veduta panoramica che documenta lo stato di avanzamento dei lavori di costruzione dello stabilimento di Terni della SAIGS, a Cospea, sul finire del 1942. Sotto, lo stabilimento negli anni quaranta.

menti, uno a Ferrara e uno a Terni. La localizzazione di quest ultimo viene determinata dalla vicinanza dello stabilimento di Papigno. Le vicende belliche rallentano la realizzazione del programma industriale della SAIGS e poi lo bloccano del tutto. Nell ottobre 1943 erano comunque in funzione la centrale termoelettrica, l impianto per la produzione di acetilene e alcuni reparti che lavoravano per aumentare la produzione dello stabilimento di Ferrara, ma linea per la produzione della gomma sintetica non era stata completata. L avanzata delle truppe alleate indusse poi i tedeschi ad asportare in Germania i macchinari già installati. Dopo il passaggio del fron-

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te alcuni fabbricati furono utilizzati come campo di prigionia dagli inglesi e l area fu usata anche come aviosuperfice. Nel 1949, approfittando dei fondi del piano Marshall per la reindustrializzazione di Ferrara e di Terni, la Montecatini rileva il complesso dall IRI e dalla Pirelli. A questa data a Terni sono già state realizzate almeno una parte delle abitazioni operaie: nel 1945 alcune vengono requisite e destinate agli sfollati. Nel 1951, per avviarvi la produzione di resine termoplastiche e cellulosiche, sempre a partire dall acetilene, viene costituita la Polymer.


La centrale termoelettrica.

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La SPEA: i prodotti esplosivi autarchici Quella della Società Prodotti Esplodenti Autarchici (SPEA) è un altra esperienza industriale che si inserisce, anzi, è determinata, dalle conseguenze della politica autarchica, ma in un campo diverso da quello della SAIGA e della SAIGS (cfr. supra pp. 47-49). La SPEA viene costituita a Milano il 19 ottobre 1939 dalla Società Terni, dalla Società Anonima Acetati e Derivati e dalla Società Italiana Prodotti Esplodenti. Il campo di attività dell impresa è chiaramente indicato nella ragione sociale. Per esercitarlo nel più breve tempo possibile e senza essere costretta a fare grandi investimenti, riconverte alla produzione di pentrite, per il caricamento di proiettili, torpedini e bombe per la Marina Militare l ex stabilimento per il carburo di Narni, chiuso dieci anni prima dalla Società Terni (cfr. supra pp. 23-26). In seguito a quella riconversione, e a un ampliamento operato nel corso del 1942, lo stabilimento raggiunge l attuale superficie, ma le commesse si mantengono sempre inferiori alle sue capacità produttive.

Il fabbricato principale (che ospitava i trasformatori, i forni e la macinazione) dell ex stabilimento per il carburo inaugurato nel 1908 dalla Valnerina (cfr. supra, pp. 23-26). Nonostante i passaggi societari (dalla Valnerina alla Carburo, quindi alla Società Terni e poi alla SPEA) ha conservato il suo aspetto originario (foto di Marco Santarelli, 2003).

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L occupazione cresce in maniera significativa tanto che alla SPEA si pone in maniera pressante il problema dell alloggio per le maestranze. Nel 1943, le truppe tedesche in ritirata asportano una parte significativa dei macchinari (poi rispediti a Narni nel 1952). Lo stabilimento cessa così la sua attività produttiva e viene utilizzato dalla Marina Militare come deposito e per apprestamenti. Nel 1946 la SPEA vede respinto un suo progetto di riconversione a produzioni di pace elaborato nell intento di mantenere l occupazione; nel 1962 viene quindi sciolta (dopo aver recuperato solo in parte i crediti vantati nei confronti dell amministrazione militare). Nel 1957 la Marina Militare riconverte il complesso alla produzione di T4, che però non viene mai avviata (anzi, nel 1985 tutti i macchinari vengono alienati). Nel 1979 iniziano le pratiche per la sdemanializzazione dell area, bonificata nel 1990.


Gli edifici dellÂ’ex SPEA oggi (foto di Marco Santarelli, 2003).

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La Polymer: Giulio Natta e il polipropilene A destra una veduta del polo chimico di Cospea negli anni cinquanta e, sotto, l ingresso dello stabilimento.

Nel 1949, usando i fondi del piano Marshall per la reindustrializzazione di Ferrara e di Terni, la Montecatini rileva il complesso dall IRI e dalla Pirelli. A questa data a Terni sono già state realizzate almeno una parte delle abitazioni operaie: nel 1945 alcune vengono requisite e destinate agli sfollati. Gli impianti produttivi e i servizi dello stabilimento acquisito dalla Polymer vengono completati tra il 1949 e il 1950 con l obiettivo di impegnarlo nella fabbricazione di nuovi prodotti, quali i detersivi, le fibre sintetiche e le materie plastiche, per i quali si prospetta un mercato in forte espansione. Le strutture produttive, che mettevano in pratica nuove tecnologie, sono affiancata da un unità di ricerca che, fino agli anni settanta, avrà una funzione nevralgica per tutto il complesso, da una centrale termica in grado di fornire l energia elettrica e il vapore necessari a tutto lo stabilimento, nonché da laboratori per il controllo di qualità e da una serie di servizi sociali come la mensa, il circolo ricre-

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ativo, la foresteria e i campi da tennis. Nel 1951, per avviarvi la produzione di resine termoplastiche e cellulosiche, sempre a partire dall acetilene, viene costituita la Polymer. Nello stesso anno inizia la produzione, per via elettrolitica, del perborato di sodio, componente fondamentale dei detersivi, per le sue proprietà sbiancanti e ossidanti. L anno seguente inizia la produzione di nuove resine viniliche, in sospensione e in emulsione, e cloroviniliche, grazie alla messa a punto, da parte dell unità di ricerca, di processi produttivi acquistati da società estere. L occupazione cresce di conseguenza: dalle quasi 1.000 unità del 1955 sale a circa 2.100 alla fine degli anni cinquanta. Nel 1953 viene lanciata una nuova fibra sintetica, il Movil, molto simile alla lana. Le sue caratteristiche coibenza termica, idrorepellenza, non infiammabilità, non attaccabilità dalle muffe, morbidezza, non restringibilità ne consentono un largo uso in molti settori dell industria tessile, insieme ad altre fibre naturali o sintetiche, nella confezione di tende e tessuti per l arredamento (anche di esterni) e la tappezzeria, per articoli igienico-sanitari, per imbottiture di cuscini e materassi, per giocattoli di peluche sintetico. Sebbene durante la lavorazione la materia prima del Movil, il cloruro di vinile, venga inertizzato, all inizio degli anni settanta si diffondono sospetti sulla sua cancerogenicità. Ciò ne determina l uscita dal mercato della fibra clorovinilica, sostituita dal Meraklon, e la definitiva chiusura degli impianti nel corso degli anni ottanta.


Il successo dei prodotti della Polymer è dovuto soprattutto al Centro Ricerche, caratterizzato da un gran numero di addetti: in media il 10% del totale dei dipendenti (con una punta di circa 400 unità quando l organico della società raggiunge il massimo nel 1976: circa 3.100 addetti). La Polymer impegna il Centro nella ricerca di base su prodotti e processi, nella ricerca applicata sui nuovi prodotti, nell assistenza tecnica ai clienti e nella cooperazione con altri enti di ricerca e produzione, sia pubblici sia privati. Le risorse umane e finanziarie impegnate consentono di mettere a punto un gran numero di processi produttivi d avanguardia nel campo della chimica macromolecolare. Nel primo periodo la ricerca è incentrata sulla copolimerizzazione del cloruro di vinile e sulla preparazione di compounds per ottenere film e fibre di PVC (polivinilcloruro). Il più importante di questi processi è sicuramente quello per la produzione del polipropilene isotattico, una resina sintetica, termoplastica. Dovuta agli studi del professor Giulio Natta (premio Nobel per la chimica nel 1963), in collaborazione con i professori Giorgio Mazzanti e Piero Pino, il brevetto trova un impiego industriale nel 1955, grazie all accordo della Montecatini con l Istituto di Chimica Industriale del Politecnico di Milano. Il Centro Ricerche viene incaricato di studiare i processi tecnologici per ottenere dal polimero una nuova fibra sintetica e un film plastico di imballaggio. Nel 1960 inizia così la produzione del Meraklon, una fibra leggera come piuma, resistente come acciaio , utilizzata nella pavimentazione, nella produzione di tessuti, di corde e reti da pesca; sotto forma di fiocco e di filo continuo viene utilizzato nei prodotti igienico-sanitari, nell industria automobilistica, nel settore agricolo e nell ambiente domestico. Nel 1962 inizia la produzione del Moplefan, un film resistente, impermeabile, trasparente, inalterabile dal caldo e dal freddo, che si impone rapidamente nell industria dell imballaggio, dei nastri adesivi, delle plasticature e dei materiali elettrici. Le sue migliori utilizzazioni si concentrano

in due campi: come film non orientato (cioè estruso, raffreddato e raccolto in bobine) nelle confezioni protettive per tessuti e abbigliamento, nell imballaggio dei prodotti da forno freschi e nella confezione di prodotti alimentari, come film biorientato (cioè stirato in due direzioni ortogonali dopo l estrusione), stampabile, nell imballaggio automatico di prodotti alimentari secchi. Negli anni successivi vengono messi a punto anche nuovi prodotti: un filo continuo bicomponente e tingibile, usato nella produzione di tessuti per abbigliamento e nella sperimentazione tessile rasata o a pelo ,

Gli impianti per il polipropilene nei primi anni sessanta.

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In alto, la demolizione (allツ段nizio degli anni ottanta) del reparto per la produzione del perborato di sodio (per far posto a nuovi impianti), tra i primi reparti avviati dalla Polymer; a destra, la filatura del Meraklon negli anni cinquanta.

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una fibra a sezione rettangolare utilizzabile al posto della juta e del sisale. Grazie al successo di questi prodotti, la Polymer raggiunge ben presto una posizione di preminenza a livello mondiale, subito dopo le fibre poliammidiche, quelle poliestere e quelle acriliche. Tale posizione comincia a dare segni di cedimento quando la Montecatini prima e la Montedison poi, per motivi finanziari e di liquiditĂ , cominciano a vendere in tutto il mon-

do i brevetti messi a punto dal Centro Ricerche. Inizia cosĂŹ, nel 1969, una diversificazione societaria che nel 1977 porta alla cessazione della Polymer e coincide con un minor contributo del Centro Ricerche.

Il lavoro nel Centro Ricerche negli anni sessanta.

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La Montedison e le gemmazioni societarie La disarticolazione societaria e impiantistica della Polymer inizia nel 1969, con la costituzione della Neofil, frutto di una joint-venture paritetica tra la Montedison e la statunitense Hercules, che installa un impianto per la produzione del filo Meraklon/BCF, usato per moquette, tappeti, tessuti per arredamento. L impresa raggiunge il massimo di vendite e occupazione (700 addetti) nel 1982, ma già due anni dopo confluisce nella Himont in seguito all aumentata concorrenza pur in presenza di un calo di interesse per il prodotto. La seconda disarticolazione ha luogo nel 1973 con la costituzione della Moplefan. Questa sarà in grado di far fronte alla crescente domanda di film polipropilenico e suoi derivati, presentando una vasta gamma di prodotti, tutti con un alto livello di qualità e con caratteristiche tecniche di pregio, soprattutto nel settore dell imballaggio dei prodotti alimentari. All inizio degli anni ottanta la Moplefan, pur offrendo prodotti migliori e più diversificati, comincia a risentire della concorrenza di imprese simili, addirittura più snelle e

Le attività di controllo dei prodotti negli anni sessanta.

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destrutturate, sorte soprattutto grazie alle agevolazioni previste per il Mezzogiorno. Le difficoltà inducono continue riorganizzazioni e ristrutturazioni e poi, nel 1986, la nascita di una Nuova Molplefan, chiamata a gestire tre marchi: Meraklon (fiocco), Meraklon BCF (filo) e Moplefan (film). Ciò nonostante, la necessità di affrontare la concorrenza anche sul piano dei prezzi provoca continue ristrutturazioni impiantistiche che si traducono in riduzione degli organici. Nel 1977 hanno luogo la terza e la quarta disarticolazione societaria con la costituzione della DIMP (Divisione Polimeri) e della Merak. Alla DIMP viene affidata la produzione del polipropilene nelle diverse formulazioni che lo predispongono alla trasformazione in fibre e film. La società ha però una vita breve, caratterizzata da continue crisi occupazionali e notevoli ristrutturazioni. Nel 1982 assume la denominazione di Montepolimeri e l anno dopo confluisce nella Himont Italia. La Merak opera nel campo delle fibre tessili sintetiche e anch essa confluisce nella Hi-


mont, nel 1983, e poi nella Nuova Moplefan, nel 1986. Dalla disarticolazione della Polymer, che pure era stata unツ段mpresa solida e produttiva, nascono insomma quattro imprese. Ma anche la crisi strutturale che negli anni ottanta colpisce il comparto chimico viene affrontata dalla capogruppo con tecniche di ingegneria societaria. Nel 1983 si costituisce Himont Italia, in cui

confluisce la produzione di polimero (ex DIMP), filo CF e BCF (ex Neofil), fiocco (ex Merak).Nel 1986 nasce la Nuova Moplefan, che trasforma il polimero propilenico in film, filo e fiocco polipropilenici. Nel 1987 gli esiti della ricerca Montedison/ Moplefan, volta allツ段ndividuazione di un prodotto alternativo allツ誕mianto, portano alla costituzione della Retiflex. Nel 1990 gli esiti della ricerca Montedison

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La fibra di Meraklon allツ段nizio degli anni sessanta.


nel campo del biodegradabile danno luogo alla Novamont. Il processo di internazionalizzazione e globalizzazione dei mercati, che con gli anni novanta subisce una sensibile accelerazione, interessa ovviamente anche tutto questo complesso di imprese e di attività produttive esistenti nel polo chimico di Cospea. Esse hanno infatti una posizione di livello internazionale nel campo della polimerizzazione delle olefine e in quello del down-stream del polipropilene registra un notevole ridimensionamento della sua centralità. Himont Italia e Moplefan, che hanno un solido e tecnologicamente avanzato potenziale impiantistico, rivolgono in misura crescente la loro presenza industriale al territorio nazionale e a quello mondiale, avviando nuovi stabilimenti, nuove filiali, nuove consociate. Ne consegue un notevole ridimensionamento della centralità dell insediamento ternano, dove anche gli investimenti operati hanno perso la loro capacità di assicurare sviluppo, essendo stati rivolti soprattutto alla riduzione dell occupazione.

Un campionario di prodotti ottenibili dal Meraklon e, in basso lo stabilimento all inizio degli anni sessanta.

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Dalla chiusura di Papigno alle vicissitudini attuali La chimica ternana entra in una fase di difficoltà prima con lo scorporo della del Settore Chimico dalla Società Terni (1964), poi con le difficoltà ricorrenti della più grande impresa del settore, la Montecatini, che si ripercuoterà sugli impianti della Polymer. Per questi, la scelta della capogruppo di puntare dapprima sullo sfruttamento dei brevetti e, subito dopo, sulla loro vendita, provocherà un esaurimento progressivo dell impatto innovativo della scoperta di Giulio Natta. Allo stesso modo, scorpori e suddivisioni impiantistiche e societarie non si riveleranno felici. Contemporaneamente, entreranno in una fase di progressivo declino anche le esperienze della SIRI, dell Elettrocarbonium della Linoleum. È in questo quadro che intervengono i grandi gruppi multinazionali stranieri che rilevano imprese e pacchetti di controllo o, addirittura, promuovono nuove iniziative imprenditoriali, come nel caso dell Alcantara. Norvegesi all ex TIC, francesi per la Linoleum, svizzeri per le imprese ex Montedison e giapponesi per l Alcantara sono i nuovi imprenditori di riferimento della chimica ternana. Il settore continua così ad essere presente nella struttura produttiva della valle del Nera,

A sinistra, la tintura del prodotto grezzo di microfibre di Alcantara. In basso a sinistra, la sala controllo di un reparto della Montell; in basso a destra, il caricamento di un forno di cottura degli elettrodi alla Carbon (Sanio Panfili, Un giorno di lavoro nell industria, Petruzzi, Città di Castello 1995, pp. 113, 104, 107).

ma a un prezzo non indifferente, pagato in termini occupazionali, in spostamento delle funzioni pregiate, prima tra tutte la ricerca, in capacità decisionali che si allontanano sempre più. Sembra quasi di assistere a una sorta di ritorno alle origini: parafrasando quanto scriveva Domenico Arcangeli nel 1918 a proposito dell intera Umbria, si potrebbe dire che l Italia nel suo complesso ospita le imprese, ma non le possiede .

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Il caricamento del nastro di linoleum alla Sommer (Sanio Panfili, Un giorno di lavoro nell industria, Petruzzi, Città di Castello 1995, p. 115.

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