L'exforma

Page 1

Nicolas Bourriaud

L'exforma Arte, ideologia e scarto

postmedia books


postmedia

UNI

Comitato editoriale Anna Barbara (Politecnico di Milano) Cristina Casero (Università di Parma) Emanuela De Cecco (Libera Università di Bolzano) Luca Peretti (Yale University) Roberto Pinto (Università di Bologna) Carla Subrizi (Sapienza Università di Roma)

L'exforma Arte, ideologia e scarto di Nicolas Bourriaud © 2016 Postmedia Srl, Milano L'exforme Art, Idéologie et rejet © 2014 Nicolas Bourriaud Traduzione dal francese di Michela Dellaia Progetto grafico: Bianco-Valente www.postmediabooks.it ISBN 9788874901777


L'exforma Arte, ideologia e scarto Nicolas Bourriaud

postmedia UNI



Arte, ideologia e scarto

Una volta le cose e i fenomeni ci circondavano; oggi invece sembrano minacciarci, sotto la forma fantomatica di rifiuti recalcitranti che non vogliono svanire e persistono dopo l’evaporazione. Per alcuni la soluzione consisterebbe nella stipula di un nuovo contratto con il pianeta che instauri un’era in cui cose, animali ed esseri umani siano su un piano di uguaglianza. Nel frattempo, viviamo nell’eccesso, tra archivi saturi, prodotti sempre più deperibili, junk food e ingorghi stradali, mentre il capitalismo sogna orgogliosamente un universo di scambi “senza attrito” in cui le merci, comprendenti esseri e cose, circolino senza ostacoli. La nostra epoca è anche quella dello spreco energetico, della tossicità durevole delle deiezioni nucleari, del sovraccarico delle aree di stoccaggio, degli effetti domino provocati dai rifiuti industriali nell’atmosfera e negli oceani.

5


Il nostro immaginario del rifiuto trova tuttavia la sua espressione più brillante in economia: dai junk bond ai titoli tossici, l’universo della finanza sembra invaso da prodotti nocivi, da materiali pericolosi seppelliti nei bilanci di società ambigue o in portafogli di investimento. In ogni caso, la realtà del mondo globalizzato, ossessionata dallo spettro dell’improduttività e del non redditizio, in guerra contro gli esseri e le cose che non siano al lavoro o in movimento per il divenire, si rivela con chiarezza. Abbiamo visto ampliarsi considerevolmente la sfera del rifiuto: vi rientra ormai l’insieme del non-assimilabile; tutto ciò che è bandito, inutilizzabile o inutile… Lo scarto, ci insegna il dizionario, è ciò che cade quando si fabbrica qualcosa. Il proletariato, la classe sociale di cui il capitale può disporre liberamente, non si trova più unicamente nelle fabbriche: attraversa l’insieme del corpo sociale e designa un popolo di deprivati di cui le figure emblematiche sono l’immigrato, il clandestino e il senzatetto. E se un tempo definivamo il proletario come l’operaio privato della sua forza lavoro, la nostra epoca ha ampliato questa definizione a tutti coloro ormai privati della loro esperienza, quale che sia, e costretti a sostituire nella vita quotidiana l’essere con l’avere. La delocalizzazione della produzione industriale, il ridimensionamento delle “politiche sociali” (downsizing) e delle politiche di protezione sociale, così come l’inasprimento delle leggi che regolano l’immigrazione, provocano la formazione di zone grigie in cui vegeta l’essere umano in eccedenza, che sia il lavoratore clandestino o il disoccupato di lungo periodo. Certamente esiste sempre una “economia dell’impurità” ben visibile: quella in cui si muovono chi lavora il pesce, gli addetti alla nettezza urbana, i traslocatori o chi elimina le carcasse di animali, quelle categorie sociali che in India ricopre la casta degli “intoccabili”.

6 _ L'exforma


Sembrerebbe che il “cerchio fantomatico” descritto da Karl Marx nel Capitale prenda oggi una nuova forma. Questo libro si propone di analizzare, attraverso i dispositivi ottici forniti dall’arte contemporanea, gli effetti di questa mutazione sui nostri modi di pensare e di sentire. È possibile intravedere l’aspetto di questo cerchio, in una certa epoca, attraverso i rapporti esistenti tra l’arte e la politica. Dopo l’inizio dell'Ottocento, entrambe sono state plasmate dalla forza centrifuga della rivoluzione industriale: da una parte abbiamo visto un movimento di esclusione sociale e dall’altra il rifiuto categorico di certi segni, oggetti o immagini. A regnare è il modello della termodinamica: l’energia sociale produce degli scarti, generando zone di esclusione in cui si ammassano alla rinfusa il proletariato, gli sfruttati, la cultura popolare, l’immondo e l’immorale, l’insieme svalutato di tutto ciò che non dovrebbe essere visto. Il “cerchio fantomatico”, altrimenti detto la fantasmagoria specifica prodotta da una data epoca, si fonda sull’orchestrazione dei rapporti tra il centro e la periferia, sull’organizzazione dello scontro tra l’ufficiale e il rifiutato, il dominante e il dominato, rendendo la frontiera tra l’uno e l’altro il luogo stesso della dinamica della storia. Le avanguardie politiche e artistiche, dal XIX secolo, si sono ripromesse di portare l’escluso verso il lato del potere, di contrabbando o alla luce del sole, cioè di invertire la macchina termodinamica, capitalizzare sul rimosso dal capitale, riciclare il presunto scarto per farne una fonte di energia. Il movimento centrifugo invertito, avrebbe dovuto riportare il proletariato al centro, il declassato nella cultura, lo svalutato nelle opere d’arte. Due secoli più tardi, questa dinamica centripeta produce ancora energia? L’ideologia, la psicoanalisi e l’arte rappresentano i principali campi di battaglia di un pensiero realista le cui basi furono poste nell'Ottocento, nei loro rispettivi campi, da Marx,

7


Gianni Vattimo, dei “simulacri” di Baudrillard o dell’estetica della sparizione di Paul Virilio. Niente ci sembrava più produttivo della rilettura su un piano geografico, quello del puro presente, di ciò che aveva rappresentato fino a quel momento la verticalità della storia. Questo sospetto globale supportato dalle teorie e dai manifesti dei decenni precedenti batteva il marxismo “classico” in pieno. Raggiunse il suo punto culminante nel 1989, quando la cortina di ferro crollò sul “piccolo Ventesimo secolo” ed ebbe inizio l’era della globalizzazione. Ciò che allora non avevamo capito, è che il seducente motivo della minoranza, cioè il principio di polverizzazione introdotto in filosofia, le sue aperture verso racconti dissidenti che erano rimasti nell'ombra, stava opportunamente nascondendo un’impresa di smantellamento di portata ancora maggiore. Quello che avevamo preso per il disgelo del ghiaccio ideologico, per la frammentazione delle placche continentali che imprigionavano il pensiero, stava in realtà, molto discretamente, coprendo un’operazione di liquidazione politica: l’immenso smaltimento che ne derivò trascinò nel suo flusso molteplici blocchi di resistenza, la cui scomparsa facilitò ampiamente la progressione dell’amnesia, della rassegnazione e dell’impotenza. Mentre la lotta di classe lasciava il posto alle battaglie locali e all’impegno sociale, quando il famoso principio di realtà si sostituiva all’utopia economica, l’avanguardia si tirava indietro di fronte ad una molteplicità di proposte simultanee e noi eravamo obbligati a ricominciare tutto da zero. Questo libro intende far parte di questo nuovo inizio, senza la minima intenzione di tornare ad alcunché.

14 _ L'exforma


L'inconscio proletario

Il dramma dell’hotel PLM Saint-Jacques Il 15 marzo 1980, più di trecento membri dell'Istituto Freudiano di Psicoanalisi sono riuniti in assemblea generale al PLM Saint-Jacques, un hotel del quindicesimo arrondissement di Parigi. Il momento è serio: Jacques Lacan ha convocato i suoi fedeli, con una lettera datata 5 Gennaio, per esporre le ragioni della chiusura della scuola che ha fondato lui stesso. Da qualche tempo le voci lo dipingono come debole, invecchiato, finito: ossessionato dal progetto di approdare ad una topologia dell’inconscio, confonde gli uditori del suo seminario tracciando instancabilmente delle figure geometriche alla lavagna o disegnando anelli di Moebius e tori con l’aiuto di pezzi di corda. La chiusura dell’associazione, creata sedici anni prima, è vissuta male dai suoi discepoli; alcuni si sentono abbandonati, altri considerano l’evento come l’epilogo di un naufragio intellettuale. Quel giorno, il venerabile maestro è seduto dietro un normale tavolo di fronte a due file di sedie; la sala del PLM Saint Jacques non dispone di un palco. Lacan parla da un po’, a voce bassa, quando un tale si presenta alla porta. La giovane “che fa selezione all’ingresso” gli domanda se sia stato convocato. Lo sconosciuto risponde di sì, è stato assolutamente invitato, ma “dallo Spirito Santo, che è l’altro nome della libido, e non di Dio padre, quindi ancora meglio”. I partecipanti sentono la porta aprirsi rumorosamente: l’intera

15



L'angelo delle masse

Che l’arte non debba illustrare è cosa comunemente accettata, ma essa può fare la storia? Se anche in minima parte influenza la mentalità, l’arte allora deve essere considerata come un attore della storia. Picasso non si è limitato a documentare il bombardamento di Guernica, ha tradotto in forme un sentimento di indignazione: non bisogna confondere il gesto che mira a inscriversi nella storia con il posizionamento del suo autore di fronte ad essa. Valutare i rapporti tra arte e politica, vuol dire prima di tutto definire la natura del legame che si instaura tra evento e forma. La maggior parte dei teorici “radicali” di oggi hanno un’opinione contraria, convinti che la forma non sia più subordinata al discorso: il sistema pittorico messo in atto da Jacques-Louis David ha influenzato la politica del suo tempo, piuttosto che l’opposto. Marcel Duchamp produce nel 1913 il suo primo readymade e Kazimir Malevič dipinge nel 1917 il Quadrato bianco su fondo bianco: queste due opere sono certamente il prodotto del contesto storico che le ha viste nascere, ma rappresentano ugualmente degli eventi a partire dai quali il corso delle cose è stato irreversibilmente modificato. All’inizio solo conseguenze, eccole diventate cause primarie, con effetti multipli su altri artisti e su altre opere, mentre si diffondono nell’atmosfera della sensibilità generale. A seconda dell’ipotesi prescelta, ci troveremo dunque in presenza di due versioni totalmente divergenti della storia

41


impedire giustamente che l’arte serva a rendere l’ideologia invisibile, vale a dire efficace”92. Ogni epoca produce una forma specifica di fantasmagoria. Che differenza c’è con l’ideologia? La fantasmagoria viene usata da Benjamin e Althusser per evidenziarle entrambe. Il primo, cenciaiolo della storia, ricostruisce la fantasmagoria della Francia del XIX secolo esaminando dettagli e frammenti, mentre Althusser smonta l’ideologia presente partendo da quegli oggetti massivi che sono gli Apparati ideologici di Stato. In breve, la prima riguarda soprattutto la cultura, la seconda la politica, anche se queste categorie si intrecciano in più di un punto ed hanno entrambe un rapporto torbido con la finzione: senza una narrazione collettiva che le alimenti, si indeboliscono. L’una e l’altra, secondo la frase di Althusser, “parlano alle nostre spalle”; entrambe, come il sogno, hanno il potere di sembrare reali. Ma l’arte contemporanea affronta l’ideologia in modo indiretto tramite i suoi effetti concreti, vale a dire attraverso la norma, l’insieme delle convenzioni e delle evidenze culturali, sociali e politiche che strutturano la nostra vita quotidiana. Impegnandosi ad analizzarne o a turbarne la logica apparente, gli artisti del nostro tempo si collocano, a volte senza saperlo, nella scia di un progetto realista di cui Gustave Courbet ha posto le fondamenta. Questo realismo non è la ricerca della somiglianza con la realtà, ma la confutazione delle norme stabilite nel nome dell’ideale, confutazione che espone alla luce del sole i meccanismi di espulsione. Possiamo definirlo con la battuta di Althusser per spiegare il materialismo: non raccontarsi più delle storie, ancor meno se affrontiamo il dominio dei sogni… In altre parole, significa affrontare direttamente l’ideologia, la fantasmagoria, l’inconscio del proprio tempo, significa affrontare l’Angelo delle masse.

80 _ L'exforma


Il progetto realista

Gli anni Duemila sono segnati dalla comparsa di Google, che ha favorito la ricerca aleatoria di informazioni la cui logica associativa è diventata dominante, contaminando anche altri tipi di attività umane. Successivamente è arrivato il Web 2.0 e i social network come MySpace, Facebook, YouTube e Tumbrl che testimoniano una pulsione documentaria e archivista secondo cui il più piccolo gesto della vita quotidiana, qualunque fatto di cui l’individuo possa essere testimone, è messo a disposizione di chiunque. I professionisti dei documentari devono elaborare oggi vere sceneggiature, poiché la realtà è ormai documentata da tutti, non soltanto dal singolo. Se una volta l’invenzione della fotografia era funzionale all’ambizione colonialista di mostrare l’esotico nelle metropoli occidentali grazie a documenti veritieri, la comparsa del Web 2.0 segna la fine dell’impulso etnografico che ha animato il XIX secolo: ogni gruppo-soggetto, su scala mondiale, ormai può mostrare autonomamente la realtà della propria esperienza, producendo sul posto gli oggetti e i documenti che la esprimono. Questa distinzione tra realtà e reale è la stessa che separa un realismo ottico (chiamiamolo “verismo”) la cui ambizione in arte consiste nell’esporre una realtà e quello, molto diverso, che possiamo dedurre dalle posizioni estetiche di Gustave Courbet.

81


La realtà è il mondo fenomenico, il supporto della rappresentazione; qui viviamo come soggetti dell’ideologia, in una modalità di appartenenza e di assoggettamento. Il reale, potremmo invece definirlo come questo stesso mondo fenomenico, ma libero dell’ideologia e da ogni pulsione idealista. Ciò che qui descriveremo come il realismo artistico non ha dunque niente a che vedere con la capacità degli artisti di dipingere una realtà visibile o intelligibile. Non bisogna confonderlo col formato o il genere del documentario, che dalla fine del Ventesimo secolo, è il non plus ultra nella restituzione della realtà, ma non del Reale, che è tutt’altra questione… Esso supera allo stesso modo i confini ristretti dei realismi pittorici del Ventesimo secolo, che ne hanno sfortunatamente confiscato la denominazione.

C ourbet

e l ’ alluce

Nel 1855, quando Gustave Courbet espone le sue opere ai margini del Salon ufficiale, nel “Padiglione del realismo” che ha fatto costruire a tale scopo, un immenso quadro attira l’attenzione generale, in parte a causa del suo titolo: L’Atelier du peintre. Allégorie réelle déterminant une phase de sept années de ma vie artistique. Non si tratta della rappresentazione di un semplice luogo di lavoro, ma di uno spazio-tempo di produzione che, secondo il suo autore, simboleggia “la storia morale e fisica del [suo] atelier”93. La piccola folla di personaggi che circonda il pittore, impegnato a dipingere un paesaggio, è composta dai suoi “soci, cioè gli amici, i lavoratori, gli amanti del mondo dell’arte”, situati alla sua destra; sul lato sinistro invece, troviamo la realtà sociale, rappresentata dai personaggi che Courbet incrocia sporadicamente: notiamo che ognuna di queste figure si ispira ad una persona realmente esistita, non rappresenta un tipo. Non esiste astrazione nella pittura di Courbet, ogni

82 _ L'exforma


figura è particolare. Allo stesso modo, il metallo, la pietra, il legno, la pelliccia, l’acqua, le foglie, la materia in generale è sempre resa con estrema cura. Youssef Ishaghpour propone un’ipotesi convincente a proposito dell’attenzione nel differenziare superfici e strutture materiali, sottolineando la sua contemporaneità con l’invenzione della fotografia: Courbet si ritrova proprio nel momento in cui, libero dall’imitazione dell’idea, della forma e dell’antichità, dato che l’esistenza stessa della fotografia ha segnato la loro fine, è necessario affermare la materialità della natura, senza riprodurla (da qui la differenza fondamentale con la fotografia), ma nella prossimità e nell’identità della propria potenza pittorica con essa94. La differenza fondamentale tra questi due “realismi”, prosegue Ishaghpour, risiede nel fatto che “la fotografia è la traccia, l’effetto e il dominio della luce, mentre la pittura di Courbet è l’irruzione della materia”95. Sarebbe impulsivo considerare questo realismo come una semplice raffigurazione della vita delle classi povere, alla stregua di una propaganda visiva di ispirazione socialista. Non è quello il suo vero progetto politico. Certamente, Linda Nochlin vede L’Atelier come un’allegoria che descrive “l’ideale fourierista dell’associazione del capitale, del lavoro e del talento”96 e vede Courbet deciso a dipingere politicamente il mondo nel quale vive; in realtà egli non vuole creare un simbolismo di sinistra, cosa che equivarrebbe a contrapporre un ideale ad un altro. È proprio il rifiuto di una “idea dipinta” che compromette la sua amicizia con Proudhon: il teorico dell’anarchia, sebbene molto legato a Courbet, non comprende appieno i suoi fini pittorici. Secondo lui, l’arte deve liberare il “Vero” e certamente, “l’Idea”: deve essere critica ed edificante. “L’arte non è nulla senza l’ideale, ha valore solo attraverso l’ideale”, scrive

83


Note


CAPITOLO 01 L’inconscio proletario 1. Jacques-Alain Miller, intervista con Olivier Corpet e François Matheron, in Louis Althusser, Écrits sur la psychanalyse. Freud et Lacan, Biblioessais, Paris 1993, p.251 [trad. it.: Freud e Lacan, Editori riuniti, Roma 1977] 2. Louis Althusser, L’avenir dure longtemps, Stock-IMEC, Paris 1992, p.180 [trad. it.: L’avvenire dura a lungo, Guanda, Milano 1992] 3. Elisabeth Roudinesco, Histoire de la psychanalyse en France, Fayard, Paris 1994, p. 660 4. Louis Althusser, “Remarques complémentaires sur la réunion du PLM St Jacques du 15 mars 1980” in Écrits sur la psychanalyse. Freud et Lacan, Biblio-essais, Paris 1993, p. 266 [trad. it.: Freud e Lacan, Editori riuniti, Roma 1977] 5. Louis Althusser, Écrits sur la psychanalyse. Freud et Lacan, Biblioessais, Paris 1993, p. 260 [trad. it.: Freud e Lacan, Editori riuniti, Roma 1977] 6. Ivi, p. 271 7. Ivi, p. 272 8. Félix Guattari, Les Trois écologies, Galilée, Paris 1989, p. 29 [trad. it.: Le tre ecologie, Edizioni Sonda, Torino 1991] 9. Louis Althusser, Écrits sur la psychanalyse. Freud et Lacan, cit., p. 33 10. Ivi, p. 34 11. Sur la Philosophie, una corrispondenza con la filosofa Fernanda Navarro, fu pubblicato in spagnolo nel 1988 e comparve in

francese solo sei anni più tardi, editore Gallimard. Questo volume conteneva anche il testo di una conferenza tenuta a Granada nel 1976, in cui Althusser evocava già il suo “materialismo aleatorio” 12. Louis Althusser, “Lettre à D...” (1966) in Écrits sur la psychanalyse. Freud et Lacan, Biblio-essais, Paris 1993, p. 65 [trad. it.: Freud e Lacan, Editori riuniti, Roma 1977] 13. Ivi, p. 69 14. Ivi, p. 70 15. Ivi, p. 71 16. Ivi, p. 86 17. Eric Marty, Louis Althusser, un sujet sans procés. Autonomie d’un passé très récent, Gallimard, Paris 1999, p. 273 18. Ivi, p. 42 19. Louis Althusser, L’avenir dure longtemps, Stock-IMEC, Paris 1992, p. 341 [trad. it.: L’avvenire dura a lungo, Guanda, Milano 1992] 20. Didier Eribon, Foucault, ChampsFlammarion, Paris 2011, p. 43 [trad. it.: Michel Foucault, Leonardo, Milano 1991] 21. Ivi, p. 45 22. Louis Althusser, L’avenir dure longtemps, cit., p. 19 23. Louis Althusser, Positions, Editions Sociales, Paris 1976, p. 154 24. Louis Althusser, L’avenir dure longtemps, cit., p. 161 25. Philip Kindred Dick “Hommes, androïdes et machines” in Si ce monde vous déplait, Editions L’éclat, Paris 1998, p. 91 [trad. it.: Se questo mondo vi sembra spietato, dovreste vedere cosa sono gli altri, Edizioni e/o, Roma 1996] 26. Ivi, pp. 90-91

103


27. Ivi, p. 93

CAPITOLO 02

28. Ivi, p. 118

L’angelo delle masse

29. Ivi, in “Androïde contre humain”, p. 75 30. Joseph Heath e Andrew Potter, Révolte Consommée. Le mythe de la contre-culture, Naïve, 2005 31. Clément Rosset, Traité de l’Idiotie, Editions de Minuit, Paris 1977, p. 42 32. Clément Rosset, Le Réel et son double, Folio essais, Paris 1993, p.125 33. Stuart Hall, Identités et Cultures. Politiques des cultural studies, Editions Amsterdam, Paris 2008, p. 21 34. Ivi, p. 62 35. Vedi Raymond Williams, Culture et matérialisme, Les Prairies Ordinaires, Paris 2009 [trad. it.: Materialismo e Cultura, Tullio Pironti, Napoli 1983] 36. Unione dei Giovani Comunisti Marxisti Leninisti 37. Jean-Claude Milner, L’Arrogance du Présent. Regards sur une décennie, 1965-1975, Grasset, Paris 2009, p. 150

38. Michel Thévoz, Le Théâtre du crime. Essai sur la peinture de David, Editions de Minuit, Paris 1989, p. 40 [trad. it.: Il teatro del crimine, Abscondita, Milano 2003] 39. Sigfried Kracauer, L’Histoire. Des avant-dernières choses, Stock, Paris 2006, p. 50 40. Louis Althusser, “Le Courant souterrain du matérialisme de la rencontre” (1982) in Ecrits philosophiques et politiques, Tome I, Stock/IMEC, Paris 1994, p. 546 [trad. it.: Machiavelli e noi, Manifestolibri, Roma 1999] 41. Ivi, p. 571 42. Terry Gilliam, Twelve Monkeys 43. Louis Althusser, Sur la philosophie, Editions Gallimard, Paris 1988, p. 46 [trad. it.: Sulla filosofia, UNICOPLI, Milano 2001] 44. Ivi, p. 47 45. Ibidem 46. Walter Benjamin, Thèses sur la philosophie de l’Histoire, in Œuvres, Denoël-Gonthier, Paris 1983, p. 200 [trad. it.: Tesi di filosofia della storia, Mimesis, Milano 2012] 47. Stuart Hall, Identités et Cultures. Politiques des cultural studies, cit., p. 21 48. Slavoj Žižek, A travers le réel, Éditions Lignes, Fécamp 2010, p. 48 49. Louis Althusser, Écrits sur la psychanalyse. Freud et Lacan, cit., p. 86 50. Slavoj Žižek, A travers le réel, cit., p. 49

104 _ L'exforma


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.