n - 360° - febbraio 2013

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MARCH 20th

Periodico a distribuzione interna finanziato dalla LUISS Guido Carli e realizzato dagli studenti

Febbraio 2013

COSA BOLLE IN PENTOLA?


Febbraio 2013

Sommario Editoriale

Walk

• Cosa bolle in pentola?.............................. pag. 3

• Roma, Roma, Roma!..................................“ 20

CosmoLuiss SP

Cogitanda • Il genio e l’idiozia...................................... “ 21 • Le domeniche d’agosto quanta neve che cadrà ..................................................... “ 21 • Idioti a parte............................................... “ 22 • Il sorriso di un idiota................................. “ 22 • Cercasi politico idiota............................... “ 23 • Le leggi: il mare magnum dell’imbecillità........................................... “ 23

Fondato nel 2002 Fondatori Fabrizio Sammarco, Luigi Mazza, Leo Cisotta Direttore Editoriale Donatello Viggiano Direttore Responsabile Cristiana Lucentini Delegato Fondi Jacopo Pizzi

• ACGA: intervista al presidente Simone Neri................................................ “ 4 • L’esperienza dell’ACGA di Brema raccontata da Sara De Santis e Francesca Russo.......... “ 5 • ACGA 2013: l’evento accademico........ “ 6 • ACGA 2013: Il Social Program............. “ 6

Cosmoluiss SP Ludovica Fabbri, Vittoria Moretti Cosmoluiss EC Antonio Grifoni Cosmoluiss GP Martina Vairo L’Intervista Alberto Luppicchini Speaker’s Corner Francesco Angelone International Kian Andrea Saggiadi Fuori Dal Mondo Antonio Amadei Walk Maria Vittoria Vernaleone Cogitanda Giulia Perrone, Linda Patumi

CosmoLuiss EC

• 20 Marzo: la Giornata della Felicità concede il bis............................................... “ 7 • Certi divorzi costano più dei matrimoni............................................. “ 7 • Intervista a Mario Nuzzo......................... “ 8 • Tutti i perché dell’arresto di Corona..... “ 9

Erasmus

Speaker’s Corner

Attualità

• Il Berlusque: teatro dell’assurdo con giro di parole............................................... “ 10 • I temi dimenticati della campagna elettorale...................................................... “ 10 • Verso la seconda Repubblica..................... “ 11 • Politica è spettacolo?.................................. “ 11 • L’Italia nel mirino di sei politici............... “ 12

• Putin, la Russia e i gay: quando la repressione diventa normalità................. “ 26 • Più che la lega, poté la crisi...................... “ 26

L’Eretico • “Giornata deprimente, il mio compleanno” - Andy Warhol.................. “ 13

Erasmus Ambra Borriello

L’Intervista

Attualità Giovanni Pipola Lifestyle Alessandra Buccini Pietrantonio Cinema & Teatro Antonio Buonansegna Calcio d’Angolo Matteo Oppizzi, Lorenzo Nicolao Progettazione grafica & copertina Diego Lavecchia

• Verso le elezioni: intervista al prof. Roberto D’Alimonte................................. “ 14 • “Come si esce dalla crisi? Con il cuore”.. “ 15

• Top 10 list di un Erasmus di 10 giorni.. “ 25

Lifestyle

• Anche l’Italia è pronta ad innovarsi: nascono i Licei Sportivi............................ “ 27 • Now, ladies and gentlemen: the new virtual challenge......................................... “ 27 Cinema & Teatro

• Cinema mon amour................................... “ 28 • Istantanea dal passato................................ “ 28 • Il fattore SeX............................................... “ 29 • Dove la strada finisce.................................. “ 29 Calcio d’Angolo

International

Around the world, around the word • Orban: quando l’appeasement rischia di divenire un pericolo.............................. “ 16 • Alla conquista delle colonie perdute..... “ 17 • Awà: la diversità sotto scacco.................. “ 17 Fuori dal Mondo

• “Diamo voce ai bambini invisibili”........ “ 18

360° - Il giornale con l’università intorno è stampato interamente su carta riciclata Stampa a cura di: Pioda Editore - Roma viale Ippocrate, 154 viale Romania, 25

• La terza iena................................................ “ 24

CosmoLuiss GP

L’Eretico Edoardo Romagnoli

Ottava Nota Francesco Corbisiero

Ottava Nota

Vuoi collaborare con 360°? Scrivi a 360gradiluiss@gmail.com

360° - Il giornale con l’università intorno è stato realizzato in collaborazione con LuissApp e Rappresentanza SP Network

• Ciao e grazie, Presidente............................. “ 30 • Il Gran Bazar del calciomercato di Gennaio................................................... “ 30 • This is college basketball, baby!.............. “ 31 • Tra F1 e MotoGp, aspettando il Risorgimento........................................... “ 31


Editoriale

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Cosa bolle in pentola? Bene o male che sia andata, un’altra sessione d’esame è alle spalle ed è finalmente tempo anche per 360 di riaprire le sue pagine con il primo numero del 2013. Ed in attesa di scoprire, come la simpatica copertina ideata da Cristiana ha suggerito, cosa bolle in pentola per i mesi che seguiranno e rimandando una minuziosa spiegazione di ogni progetto in programma a qualche incontro “dal vivo”, credo che l’editoriale sia stavolta l’occasione buona per passare in rassegna tutto ciò che troverete all’interno di questo numero. Lo spazio Cosmoluiss, come sempre, rappresenta l’ideale connubio tra ciò che accade non solo all’interno dei nostri dipartimenti ma anche al di fuori di essi e così scopriremo tutti i perché “giuridici” dell’arresto di Corona oppure perché non è possibile pensare di tornare alla lira, ma anche conoscere gli eventi che, parallelamente a lezioni e studio pomeridiano, ci terranno compagnia da qui alla sessione estiva. E così, archiviata con successo la sua prima edizione, farà nuovamente capolino a Viale Romania la “Giornata della Felicità” con la sua seconda edizione, mentre il Dipartimento di Scienze Politiche è pronto ad ospitare, dal 6 all’ 11 Marzo, l’ACGA, General Academy che Iaaps, l’associazione internazionale di studenti di scienze politiche, accettandone la candidatura, ha scelto per quest’anno di tenere a Roma e che quindi vedrà arrivare alla Luiss oltre duecento studenti di scienze politiche appunto provenienti da ogni parte del mondo. Il resto del giornale, sempre più intriso di nuove “penne”, scorre via caratterizzato dalle consuete rubriche a tema, ognuna sempre in grado di cogliere ogni sfumatura del suo ambito di riferimento, così mentre Erasmus stavolta ci mostra come una studentessa italiana abbia vissuto l’esperienza all’estero delle sue amiche, Cogitanda ci aiuta a capire e soffermarci un attimo sul senso forse mai realmente percepito appieno dell’idiozia. E nonostante San Valentino sarà già passato nel momento in cui il giornale tornerà tra i banchi di Viale Romania, vi abbiamo detto come lo avremmo passato noi al Cinema, mentre Ottava Nota è l’occasione buona per conoscere uno dei volti nuovi che, forse un po’ a sorpresa, si esibirà sul palco di Sanremo. Spesso c’è il rischio di essere un po’ superficiali nella conoscenza di certi luoghi o semplicemente non ne si è al corrente in maniera precisa e dettagliata: nessun problema, Walk sarà per voi un’attenta ed utile guide per scoprire qualcosa in più nelle strade della Capitale, mentre l’Eretico è come al solito foriero di simpatica ironia stavolta un po’ vintage e Speaker’s Corner, ad ormai pochissimi giorni dal voto, sarà il vademecum ideale verso le elezioni del 24 e 25 di Febbraio. A tal proposito anche l’Intervista, soprattutto raccogliendo le dichiarazioni del prof. D’Ali-

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monte di Sistema Politico Italiano, potrà contribuire a chiarire ancora qualche dubbio sulla situazione attuale, mentre Fuori dal Mondo ed International raccontano cosa accade in Italia, ma anche e soprattutto oltre confine. Calciomercato, omaggio al presidente Garrone e March Madness (chi “mastica” sport a stelle e strisce avrà già capito) saranno oggetto di trattazione di Calcio d’Angolo, mentre in chiusura Lifestyle, per stare al passo con i tempi e con l’idea che è base della rubrica stessa si aggiorna, un po’ come l’Italia. Già, perchè andremo alla scoperta di una delle nuove “manie” quotidiane, ma anche di come, ovviamente in ritardo rispetto a tante altre nazioni all’avanguardia, anche il nostro paese provi ad

innovarsi, in questo caso nel mondo della scuola. Le novità, ovviamente, non finiscono certo qui perché anche 360° prova sempre ad aggiornarsi ed offrire, numero dopo numero, sempre qualcosa di nuovo rispetto al passato, ma di questo ve ne parleremo in una riunione, presto programmata in modo da conciliarla al meglio con tutte le esigenze di ognuno di voi e di cui sarete messi al corrente tramite la nostra Fan page di Facebook. Del resto, tra tante novità, c’è solo un augurio rimasto inalterato rispetto a prima: quello che, se non l’avete ancora fatto, presto possiate entrare a far parte della nostra grande famiglia. Donatello Viggiano


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ACGA: intervista al presidente Simone Neri Mi accendo una sigaretta, e decido di capire un po’ chi è il ragazzo che ho di fronte. Simone, in università si parla spesso di te, ma tu come ti descriveresti? Chi è Simone Neri?

(Sorride) Eh, bella domanda! Chi è Simone? Beh, sono un ragazzo normale! Studio, mi diverto, esco con gli amici... e ho la fortuna di far parte di una grande famiglia, che è quella dell’Associazione degli Studenti di Scienze Politiche. E’ una bella squadra che mi ha dato modo di provare che è possibile realizzare progetti buoni e genuini A proposito di progetti buoni, cos’è quest’AC-GA e quanto è stato importante essere parte di un’associazione per realizzarla?

L’AC-GA è un grande evento! Studenti di scienze politiche provenienti da tutto il mondo si riuniranno qui nella nostra università, a marzo, per confrontarsi tra di loro e insieme con accademici del calibro del prof. Fitoussi o del prof.Held (solo per citare due nomi) sul tema della Global Justiin tutti i modi di iscriversi all’evento e trovava ce. dall’altro capo del telefono una persona compleL’associazionismo è un’esperienza ineguagliabitamente stordita dal sonno e incapace di comule: un cammino personale di crescita che da la nicare in un inglese fluente. possibilità di relazionarsi ogni giorno con persone diverse, mettersi in discusParliamo della Global sione continuamente poiJustice, chi ha scelto il Studenti di scienze ché tutti sono mossi dallo tema? politiche provenienti stesso obiettivo: essere di Il tema della Global Justice reciproco aiuto e contriè stato scelto di comune da tutto il mondo si buire al benessere dell’uniaccordo con il preside di riuniranno qui nella versità. dipartimento, il prof. Mafnostra università, fettone. Avevamo tante idee, tanti E’ stato difficile relazioa marzo, per temi, ma diciamo che in narsi con persone di alconfrontarsi tra fondo, sentendo il trasportre culture e che parlano to che muoveva le parole altre lingue nel realizzadi loro e insieme del Preside nel parlarci di re l’AC-GA? con accademici del Global Justice, e trovando(Sorride ancora). Non è ci in accordo su più punti, stato facile! Sono conosciucalibro del prof. non ultimo la squadra del to per non essere un grande Fitoussi o del prof. cuore, per noi è stata una poliglotta! scelta quasi ovvia! Ricordo che spesso i ragazHeld sul tema della zi dell’associazione interGlobal Justice nazionale degli studenti di Quindi il supporto dell’uscienze politiche scherzaniversità è stato imporvano sulla mia pronuncia tante! E’ sempre stato maccheronica. Ricordo ancora la chiamata di un così? Avete avuto difficoltà nel rapportarvi ragazzo nigeriano alle 6 del mattino che tentava con gli uffici della LUISS? L’aiuto dell’università è stato fondamentale! E’ vero che abbiamo dovuto provare di essere in grado di lavorare seriamente, e all’inizio confrontarci con tutto un mondo che aveva a che fare con burocrazia e amministrazione è stata dura, ma

chiunque abbiamo contattato all’interno della nostra università è sempre stato disponibile, in primis la Direzione Generale e la Segreteria di Dipartimento, e di questo sono davvero grato. Beh direi che c’è davvero tanto da fare! Ma per finire, cosa ricorderà Simone Neri di quest’esperienza e quale errore non commetterà più

Che dire, voglio conservare il ricordo di tutti i giorni che io e ASP abbiamo speso per realizzare l’AC-GA, quelli belli e anche quelli brutti: per esempio, le riunioni del mercoledì. Abbiamo cominciato in dieci e alla fine di novembre una stanza non ci conteneva più! Se devo parlare di errori, è inevitabile che ce ne siano stati, e che ce ne saranno ancora; ma ci tengo a dire che, a prescindere dagli esiti del nostro evento, il fatto di aver affrontato ogni momento di difficoltà, ogni sbaglio individuale con maturità e comprensione è la nostra forza ed è per me un motivo di grande orgoglio. Noemi Veropalumbo


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L’esperienza dell’ACGA di Brema raccontata da Sara De Santis e Francesca Russo Come siete venute a conoscenza di IAPSS lo scorso anno e perché avete deciso di partecipare al progetto?

S: Personalmente sono entrata in contatto col mondo di IAPSS in maniera indiretta, ovvero grazie ad ASP, l’associazione di Scienze Politiche interna alla Luiss, che è membra fondatrice di questa associazione internazionale. Devo ammettere di essere stata parecchio fortunata! La decisione di partecipare all’ACGA 2012 a Brema è stata indubbiamente dettata sia dalla voglia di condividere insieme agli amici di ASP un’esperienza utile a far crescere la nostra associazione, sia dalla curiosità di conoscere l’approccio di studenti provenienti da altre parti del mondo al mio corso di studi e, quindi, al mio ambito di interesse. F: Nei primi mesi di università ho iniziato a partecipare alle riunioni di ASP e i ragazzi dell’associazione hanno subito coinvolto me e gli altri presenti nelle attività in programma, parlandoci di IAPSS e raccontando della loro esperienza all’ACGA. Appena si è presentata l’opportunità di partecipare non ho esitato un attimo prima di confermare la mia presenza. Inoltre, non ero mai stata in Germania e mi è sembrata un’ottima occasione per poterla visitare. Se doveste scegliere tre aggettivi per descrivere l’esperienza di Brema, quali sarebbero?

S: Il primo dei tre aggettivi che userei per descrivere questo viaggio è sicuramente “costruttivo”, poiché così è stato il progetto, considerate la continua trasmissione di informazioni, idee e opinioni e le numerose conoscenze di ragazzi di altri paesi, con cui condividiamo lo stesso percorso di studi e gli stessi interessi. L’esperienza in sé e l’intero circuito internazionale di IAPSS si sono rivelati inoltre estremamente “coinvolgenti”, al punto da farci pensare di candidarci come associazione organizzatrice dell’ACGA 2013, che si terrà infatti a Roma dal 6 all’11 Marzo. Come terzo aggettivo userei sicuramente “stimolante”, pensando a tutta la voglia di fare che si è inevitabilmente innescata dopo la partecipazione all’evento. F: Divertente, costruttiva, interessante Cosa vi aspettate dalla Conferenza di quest’anno che si terrà qui alla Luiss? Alla luce della vostra passata esperienza, quali consigli dareste agli organizzatori di ACGA per garantire il successo dell’evento?

S: Agli organizzatori di un ACGA consiglierei di puntare soprattutto sulla pubblicizzazione dell’evento, al fine di avere una partecipazione numerosa e varia, e so che il comitato organizzativo quest’anno si è già molto impegnato su questo

versante. Altro consiglio sarebbe poi relativo al garantire momenti di interazione, poiché credo che queste occasioni vadano sfruttate per permettere in primis il confronto diretto delle idee. Questo è, in fondo, quello che mi aspetto dall’ACGA 2013. F: Sono assolutamente entusiasta all’idea di poter rivivere l’esperienza di Brema qui a Roma! Sono felice di poter partecipare all’organizzazione, molto impegnativa, ma che abbiamo tutti interesse a realizzare al meglio. Lavoriamo duro per raggiungere ottimi risultati. Essere stati a Brema ci è stato molto d’aiuto perché abbiamo imparato dai ragazzi tedeschi ad essere puntuali e precisi nelle attività (loro sono bravi in questo!) e con l’entusiasmo e la passione che di sicuro non manca a noi italiani sono convinta che sarà un’ACGA come non si è mai vista. Che importanza date al mantenimento di contatti regolari tra università diverse?

S: Credo che mantenere contatti con altre università sia di per sé fondamentale. Ma sono convinta che lo sia in particolare nel nostro ambito di studi, dove il relazionarsi con altre realtà accademiche diventa quasi necessario. F: Massima. Per questo ho trovato interessante ASP, che tramite IAPSS (di cui ASP Luiss è tra le fondatrici) è un ottimo canale di comunicazione tra le università internazionali. Per l’ACGA di Roma aspettiamo tantissimi ragazzi da ogni parte del mondo, tutti entusiasti come noi di poter incontrare coetanei e potersi confrontare in conferenze e workshops su temi di attualità. D’altronde il confronto e il dibattito sono gli strumenti

migliori per capire le società e le culture differenti e sono occasioni più che stimolanti per noi studenti. Quali sono i vantaggi che si possono trarre da esperienze come IAPSS e ACGA?

S: L’esperienza dell’ACGA è un’ottima occasione per confrontarsi, ma anche per divertirsi insieme. Forse il vantaggio più grande sta proprio nel fatto di permettere agli studenti di entrare a far parte dell’enorme rete di IAPSS, un’associazione studentesca “in grande”. F: Prima di tutto partecipare a questo tipo di attività significa vivere un’esperienza di tipo associativo che va oltre l’ambiente universitario. Incontrando ragazzi da tutto il mondo, si scoprono nuovi e diversi modi di vivere e si creano reti di contatto tra studenti, legami che perdurano nel tempo e amicizie che rimangono solide, anche se tra ragazzi di diversi continenti. In secondo luogo, è un’ottima occasione per potenziare non solo il nostro inglese ma imparare nuove lingue conversando con studenti stranieri. Significa mettere in gioco competenze e conoscenze che abbiamo appreso durante il nostro percorso universitario e, partendo dall’idea di fondo di IAPSS, insistere sul concetto di internazionalismo come terreno di scambio di idee che possono coinvolgere anche ragazzi di altri corsi di studio. Per questi motivi chiunque fosse interessato a dare il proprio contributo è ben accetto. E’ un utilissimo modo per impegnare il nostro tempo libero! Ludovica Fabbri Vittoria Moretti


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ACGA 2013: l’evento accademico Ma per sapere dettagliatamente cosa sarà oggetto Professori importanti e provenienti da tutto il di discussione nei tre giorni sopra indicati, abmondo Luiss compresa, global justice come tema, biamo raccolto le dichiarazioni di Michele Rillo, ma soprattutto studenti non solo spettatori, ma responsabile della General attivi e partecipi protagoAcademy. nisti. “Nella prima giornata, che Sono questi gli ingredienProfessori si terrà a Viale Pola, l’ospite ti principali della General importanti e d’eccezione sarà Nera CheAcademy in programma rokee, la quale parlerà del a Roma, presso la nostra provenienti da rapporto tra global justice università, dal 6 all’ 8 martutto il mondo Luiss e diritti umani e delle mizo nell’ambito dell’ACGA noranze, mentre nel pomeche farà tappa alla Luiss per compresa, global riggio ci sarà la prima parte la sua edizione del 2013. justice come tema, della presentazione (il resto Il tema, come riportato anavverrà nella terza giornache dal presidente Simone ma soprattutto ta) dei ventisei paper scritNeri in un’intervista all’instudenti non solo ti dagli studenti sul tema terno di questa rubrica, è della global justice, proprio stato scelto in piena sintospettatori, ma perchè era nostra intenzionia col preside Maffettone attivi e partecipi ne affiancare all’esperienza e con l’intero Dipartimendelle massime figure accato di Scienze Politiche, al protagonisti demiche internazionali, dei quale ASP rivolge il più momenti di pieno coinvolsentito ringraziamento per gimento e partecipazione degli studenti stessi”. la collaborazione offerta, sia a livello didattico Il tema della Global Justice ritornerà nel tardo poche accademico, nell’organizzazione di un evento meriggio, in occasione di un convegno che vedrà al quale gli studenti di scienze politiche lavorano due professori della nostra Università, Morlino ormai da mesi.

ed Held, protagonisti della discussione insieme ad altre figure accademiche internazionali, mentre toccherà al professor Fitoussi, parlando del rapporto tra Global Justice ed Economia, fare gli onori di casa, stavolta a Viale Romania, in occasione della giornata di chiusura dell’evento accademico nel quale ci sarà anche la conclusione delle presentazioni dei paper degli studenti“. Dopo l’intervento del prof. Fitoussi- riprende Rillo- si apriranno due workshop con temi relativi alla primavera araba ed alla crescita e sostenibilità ambientale, mentre la chiusura dell’evento è affidata ad un’ulteriore conferenza che spiegerà meglio il rapporto tra Security e Global Justice”. In mezzo ai due momenti accademici ospitati dal nostro ateneo, ci sarà tuttavia anche l’occasione di visitare Camera e Senato e presenziare, presso la sede dell’Ifad, ad una conferenza sui Millennium Development Goals. L’organizzazione predisposta da Asp e dall’intero dipartimento di Scienze Politiche è quindi minuziosa in ogni dettaglio, nonchè ulteriore testimonianza di grande attenzione congiunta alla crescita non solo didattica ma anche formativa ed accademica di tutti i suoi studenti. Donatello Viggiano

ACGA 2013: Il Social Program Il ricco “Social Program” dell’evento ACGA prevede numerosi momenti di svago e aggregazione internazionale, equamente distribuiti nel corso della manifestazione. Il “welcome aperitif ”, che si terrà all’interno della sede di viale Romania, aprirà la manifestazione dando il benvenuto agli ospiti. Sarà l’occasione per accogliere gli studenti di scienze politiche provenienti da tutto il mondo con un classico aperitivo nostrano, al termine del quale sarà possibile un primo contatto con la capitale. Un ulteriore momento di arricchimento culturale è rappresentato dall’ “International Evening”, serata in cui sarà possibile degustare prodotti tipici di ogni delegazione presente e che rappresenta un aggiuntivo scambio non solo accademico-culturale, ma anche culinario tra le varie terre rappresentate. La serata si svolgerà presso il “Lanificio159” sito in via di Pietralata. L’edificio, un tempo deputato a lavanderia della fabbrica Luciani, si affaccia sul fiume Aniene e sull’omonima Riserva naturale. Nel cuore della settimana è prevista una serata interamente dedicata alla visita delle zone più suggestive di Roma, con la relativa possibilità di trascorrere il post serata, tra un karaoke e un drink, in uno dei tanti locali che affol-

soprattutto di un servizio ristorante specializzato lano le vie centrali della città. Gli studenti saranno in gastronomia di alta qualità caratteristica della ospiti dello “Shari Vari” (Via di Torre Argentina) zona. Sarà il luogo ideale uno dei locali più esclusivi per trascorrere in compadella movida romana. Nelgnia l’ultima serata dell’ela giornata della festa della Un ulteriore dizione romana, prima di donna, l’occasione è giusta salutarsi e darsi appuntaper offrire la possibilità momento di mento all’ACGA 2014. Da di cenare assaporando i arricchimento segnalare l’interessante inipiatti tipici della cucina ziativa di creare un pacchetitaliana e festeggiando in culturale è to ad hoc per gli studenti discoteca la serata. Negli rappresentato Luiss che vorranno parteultimi giorni prima della cipare agli eventi del Social partenza gli ospiti avranno dall’ “International Program. Insomma di “carla possibilità di frequentaEvening”, in cui sarà ne al fuoco”, per quanto re i dintorni meno conopossibile degustare concerne il Social Program, sciuti, ma non per questo c’è né abbastanza e sicurameno affascinanti della prodotti tipici di ogni mente possiamo dire che i provincia romana. Prima delegazione presente partecipanti a questa edidi salutarsi, Villa Mercede zione dell’ACGA avranno sarà la location di una cena l’opportunità di abbinare in compagnia dei membri all’aspetto meramente accademico e culturale della General Assembly ancora presenti, con serdell’evento anche un pizzico di sana mondanità vizio di trasporto a carico dell’organizzazione. Imche si sa… non guasta mai. merso nel verde dei Castelli Romani, l’Hotel Villa Mercede è dotato di una piscina all’aperto ma Marino Mazzocca


Cosmoluiss EC

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20 Marzo: la Giornata della Felicità concede il bis Il comprensibile scetticismo iniziale, quasi consueto per il lancio di una nuova iniziativa al debutto, è stato spazzato via in un attimo dall’entusiasmo che è seguito alla sua prima edizione. Tanto che il 20 Marzo la giornata della Felicità è già pronta a concedere il suo bis e fare nuovamente capolino tra le mura di Viale Romania. Nata dall’idea di due studenti di economia, l’iniziativa ha subito raccolto l’entusiasmo di tutti gli studenti della nostra Università, tanto, appunto, da generarne una seconda edizione, sempre sotto la regia ed il coordinamento dell’associazione Economia 2.0, stavolta messa in calendario in concomitanza con la giornata internazionale della felicità introdotto dall’Onu. Il programma è ancora top-secret ma sarà sicuramente in grado di catalizzare l’attenzione degli studenti al pari di quanto accaduto con quella del debutto, che ha raggiunto probabilmente con la presenza dell’attore Sergio Assisi e sicuramente con la conferenza finale sul Pil l’apice d’interesse ed attenzione attorno alla proposta lanciata da Economia 2.0.

In attesa di sapere da quali sorprese saremo attesi il 20 marzo, l’occasione è buona per fare un passo indietro e tornare all’origine di questa iniziativa e capire da chi e cosa è stata generata. Come detto l’idea è di due studenti di Economia ma ha subito trovato sponda nelle altre associazioni universitarie (Asp per la cura degli ospiti, New Generation si è occupata dell’aperitivo finale), oltre che Luiss Sostenibile e Radio Luiss, per assolvere al compito maggiore, quello di elaborare un’idea concreta che potesse catturare la curiosità degli studenti. In un discorso presso l’università del Kansas Kennedy sosteneva che il Pil “misurasse tutto eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta”, allora il primo scopo si è tradotto in un questionario nel quale studenti e professori potessero rispondere e cercare di capire cosa realmente misurasse la loro felicità, tanto da trasformare l’indice appena coniato in FIL: Felicità Interna Luiss. Composto con l’aiuto di alcuni professori, utili a dare suggerimenti sul tenore delle domande, il questionario ha riscosso l’interesse anche di importanti figure accademiche, segnalandosi immediatamente per esser divenuto un indice di felicità globale e non solo prettamente economica.

Il resto della giornata, come detto, è trascorso tra la simpatia di Sergio Assisi ed alcune letture a tema su cosa possa essere realmente la felicità ed una conferenza dal titolo “Oltre il PIL: si può tornare ad un’economia a misura d’uomo”. E la “risposta finale” emersa conferma la bontà della scelta di base delle varie associazioni di unirsi nella realizzazione di questa giornata, perchè sembra esserci più felicità non nei momenti solitari, ma proprio nelle esperienze condivise insieme ad altri. Donatello Viggiano

Certi divorzi costano più dei matrimoni Una messa a fuoco sul dibattito Euro/Lira

Sono le 22 del 30 gennaio. Italiaora.org c’informa che, al momento, il debito pubblico italiano è 2.024.584.265.050€. Una cifra difficile persino da leggere. Tutto quello che sappiamo di questo numero è che si tratta di una scomoda eredità lasciataci per la più parte dalla politica economica degli anni ‘80. Un fardello che ci costa 33.089€ pro capite, ed in virtù del quale l’Italia si è vista costretta in questi mesi ad attuare una serie di politiche fiscali non facili da sostenere. Ovviamente queste politiche di rigore s’inquadrano in un contesto molto più ampio, che è quello della crisi europea del debito sovrano. Spostando però l’attenzione dal problema alla soluzione, in tempi di campagna elettorale troviamo spesso saltimbanchi dell’economia e politici di mesozoica avanguardia che sostengono con fervore una ricetta assurda quanto dannosa: il ritorno alla sovranità monetaria e l’uscita dall’area euro. E’ una proposta che fa certamente leva sullo spirito populista ed antipolitico che in questo periodo anima parte degli italiani. Nessun economista serio potrebbe prenderla in considerazione sul serio al momento, e vediamo perchè. Cerchiamo di capire cosa vuol

dire per uno Stato come il nostro, uscire dall’Euro e cominciare a fare transazioni in un’ altra valuta, per esempio la Lira. Il primo problema che ci si troverebbe ad affrontare è quello del cambio, cioè il governo dovrebbe decidere a quante lire corrispondano quanti euro. Come nel cambio inverso Lira-Euro, anche stavolta c’è il concreto rischio che imprese, commercianti e chiunque produca o venda beni o servizi, applichi un cambio lievemente diverso. Quel poco che basta a produrre un aumento generalizzato dei prezzi. Si tratta poi di vedere se quell’aumento è sostenibile. Inoltre c’è il problema del debito pubblico. L’attuale debito è totalmente espresso in euro. Quindi la soluzione sarebbe o quella di ripagarlo sempre in euro, ma acquistando con la lira, degli euro che a quel punto saranno diventati moneta estera, e allora la situazione sarebbe analoga. Oppure, la soluzione potrebbe essere quella di stampare moneta italiana non supportata da un’effettiva produzione di beni e servizi che, su mercato valutario internazionale porterebbe ad una rapidissima svalutazione della moneta. Ed un investitore che si trova in un mano

nulla, difficilmente presterà nuovamente denaro allo Stato Italia, con le conseguenze che conosciamo di tassi d’interesse altissimi e premi per il rischio in ascesa. In proposito, prescindendo da facili complottismi, bisogna ammettere che, essendo il valore del denaro fondato sulla fiducia, prima che Paesi stranieri accettino la nuova valuta indipendente, dovrebbe passare qualche anno in cui l’Italia dimostrasse di meritare quella fiducia che chiederebbe spendendo all’estero la sua moneta. In sostanza uscire dall’euro, allo stato attuale delle cose vorrebbe dire: uscire dai mercati finanziari internazionali, rendere estremamente costoso, o impossibile l’indebitamento pubblico di cui, evidentemente, c’è bisogno. Significa distruggere il risparmio di una buona fetta degli italiani, poichè una buona parte del nostro debito (circa la metà) è detenuta internamente, e molto probabilmente generare una fortissima svalutazione interna. «Certi divorzi costano più dei matrimoni», questo è vero. Ma tutto ciò, ci converrebbe? “ Eugenio Pezone


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Intervista a Mario Nuzzo A tu per tu con il Preside del Dipartimento di Giurisprudenza camente possibile grazie proprio al contributo di docenti selezionati nel nostro Ateneo anche per la loro esperienza nelle professioni legali. Il Dipartimento intende senz’altro proseguire nella linea così tracciata. Al Dipartimento di Giurisprudenza fanno inoltre capo le attività incardinate Al Dipartimento nella Scuola di Specializzazione per le Professioni di Giurisprudenza Legali, che offre ai laurefanno capo le ati una serie articolata di corsi di formazione per il attività della Scuola miglioramento delle conodi Specializzazione scenze specialistiche utili per le Professioni all’ingresso nel mercato professionale. Il DipartiLegali, che offre mento intende rafforzare ai laureati corsi il panorama dell’offerta al riguardo, anche mediante di formazione per introduzione di corsi speciil miglioramento fici di avvio alla professione di avvocato. delle conoscenze

Da un anno, la nostra Università ha adottato una nuova governance non più strutturata in Facoltà, bensì in Dipartimenti; quali le ragioni e quali i risvolti di questa nuova organizzazione del nostro sistema universitario?

La nuova governance del nostro Ateneo riflette le indicazioni espresse nella riforma universitaria, a suo tempo elaborata dal Ministro Gelmini con l’obiettivo di creare migliori condizioni per l’efficienza e lo sviluppo delle università italiane. In particolare, l’accentramento nei Dipartimenti delle funzioni prima divise con le Facoltà è diretto a consentire, soprattutto, la formazione di un piano strategico capace di meglio coordinare e ottimizzare le attività di didattica e ricerca, in un quadro di semplificazione dei processi decisionali.

specialistiche

L’Università LUISS svolge un ruolo di forte sostegno, di promozione, di guida nei confronti dei giovani che ha formato negli anni, che hanno conseguito il titolo di studio e che si apprestano ad inserirsi nel mondo del lavoro. Quali sono le iniziative che il Dipartimento di Giurisprudenza intende intraprendere a tal fine?

Il Dipartimento di Giurisprudenza della Luiss Guido Carli si distingue da tempo nel panorama universitario italiano per l’eccellenza del programma degli studi, affidato ad insegnanti di qualità particolarmente elevata. Infatti, il programma prevede che la formazione degli studenti non sia limitata all’acquisizione delle nozioni di base, ma sia integrata dalla comprensione del modo con cui in concreto le regole sono applicate nelle varie materie oggetto di studio. Il che consente ai nostri studenti di anticipare in modo efficace le esperienze che altrove sono possibili solo al momento dell’ingresso nel mondo professionale. Questa possibilità è specifi-

Qual è l’offerta formativa prevista per l’Anno Accademico2012/2013?

ma un insieme di iniziative capaci di consolidarne la leadership nel panorama nazionale.

In una recente intervista, il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca ha affermato: “non è vero che per gli studenti fuoricorso è in arrivo una stangata. Per la maggior parte di loro l’aumento delle tasse universitarie sarà proporzionale al reddito. Nel 90% dei casi si parla di un incremento pari al costo di un caffè al giorno”. Come valuta questo rincaro delle tasse universitarie previsto dal decreto legge 95/ 2012 sulla spending review?

Sebbene l’aumento di tasse sia in sé un intervento indesiderabile, non si può trascurare il problema di fondo dato dalla necessità di far “quadrare i conti”, ossia definire i termini economici di una politica sostenibile di servizi pubblici. Anche in materia di istruzione universitaria registriamo scarsità di risorse rispetto ai costi dell’organizzazione. Ciò non toglie che l’aumento delle tasse universitarie debba essere ragionevolmente spiegato alla collettività degli studenti ed alle loro famiglie, poiché può essere compreso solo in un contesto di trasparente comunicazioni di strumenti e obiettivi della spesa pubblica in materia universitaria.

L’offerta formativa per l’a.a. 2012/2013 si caratPer l’A.A. 2012/2013, l’immatricolazione alla terizza per la consueta concentrazione delle matefacoltà di Giurisprudenza è subordinata al ria istituzionali nei primi 7 semestri e la proposta versamento della quota di 7 alternativi profili per annuale del contributo lo svolgimento, nei succesunico di € 9.300,00, cifra sivi 3 semestri, delle prime E’ opportuno in netto aumento rispetesperienze sull’applicazioto agli anni precedenti. ne delle regole. sottolineare che Qual è il trend previsto E’ opportuno sottolineadall’a.a. 2013/14 per i prossimi anni? re che dall’a.a. 2013/14 il La definizione dei termini programma di studi preveil programma di di sostenibilità economica derà anche la possibilità di studi prevederà dell’offerta di studi univerfrequentare un ulteriore, anche la possibilità sitari nel nostro Ateneo è nuovo profilo interamente materia di competenza del in lingua inglese dedicato di frequentare un Consiglio di Amministraal diritto dell’Unione Euulteriore, nuovo zione. I docenti possono ropea. solo prendere atto, a loro Non è necessario spendere profilo interamente volta, dei vincoli di ecoparole per chiarire l’imporin lingua inglese nomicità necessari per la tanza, nel contesto attuale, gestione della nostra orgadegli studi europei. dedicato al diritto nizzazione. E’ indiscutibile che il Dipartimento così confer-

dell’Unione Europea

Flavia Virga


CosmolLuiss GP

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Tutti i perché dell’arresto di Corona Scrivere un articolo su Corona senza sfociare nella retorica anti-trash non è cosa semplice. Tuttavia, occupandoci qui di diritto, possiamo circoscrivere la nostra attenzione all’analisi dei fatti.

“Ho vissuto qui e È il 18 gennaio 2013, a Torino si sta svolgendo il proqui ho costruito cesso per l’estorsione nei tutto, non scappo. confronti del calciatore David Trezeguet, già risarcito Se devo vado in della somma di 25000 €, carcere a testa alta, equivalente a quella pagata per evitare la pubblicazione magari mi laureo e di alcune foto comprometdivento avvocato o tenti. La Corte di Cassazione politico” conferma la condanna a 5 anni stabilita in appello ed ad un massimo di 10. E si badi bene che la tentata vamente condannato per il reato di bancarotta emette nei confronti del fotografo siciliano un fuga non ha niente a che vedere con i 2 anni e 8 fraudolenta. mandato di arresto internazionale. mesi che si sono aggiunti ai A questo si aggiungono le condanne per l’utilizzo 5 per il reato di estorsione, “La condanna è immorale, di banconote false, possesso non autorizzato di visto che si tratta di una 5 anni non si danno manco arma da fuoco, bancarotta fraudolenta, aggresE si badi bene che pena per condanne passaai mafiosi.” tuona la mamsione a pubblico ufficiale, corruzione di agente te che Corona scontava da ma di Corona! di polizia penitenziaria, diffamazioni a mezzo la tentata fuga non Ottobre agli arresti domiEppure la pena prevista stampa, evasione fiscale e infrazioni del codice ha niente a che ciliari. dall’art. 629 del codice della strada. penale per il reato di estorvedere con i 2 anni Ma la famiglia Corona consione va da un minimo di 5 “Ho vissuto qui e qui ho costruito tutto, non e 8 mesi che si sono tinua a reputare la magianni ad un massimo di 10. scappo. Se devo vado in carcere a testa alta, magastratura punitiva e Fabrizio Per il reato di bancarotta ri mi laureo e divento avvocato o politico” aveva aggiunti ai 5 per il il capro espiatorio per sefraudolenta, nelle ipotesi detto nei giorni precedenti alla sentenza. reato di estorsione dare la rabbia degli italiani che ci interessano, la pena Ed è forse per questo che tenta la fuga, arriva in verso le ingiustizie del nova da un minimo di 3 anni Francia, viene rintracciato grazie al GPS dell’auto stro Paese. utilizzata per scappare, ri“Fabrizio è un uomo d’onore” dicono i suoi famipiega su Lisbona ma crolla liari “per questo non piange e sottolinea che non e si consegna dopo poco è scappato”. agli inquirenti. “Non sono Siciliano, prima latitante ora in galera, uomo d’oscappato, stavo nore lo sarà di sicuro, ma come il Marco Antonio “Non sono scappato, stavo solo cercando una di Shakespeare diceva di Bruto dopo la congiura solo cercando una possibidelle Idi di Marzo. lità per i miei diritti che in possibilità per i miei Ciò che ci consola è sapere che fra qualche mese Italia sono calpestati. diritti che in Italia nessuno ne parlerà più. Non ho commesso nessun Almeno fino al suo rilascio. Perché si sa: Corona reato, non sono un crisono calpestati. non perdona. minale, è la legge che non Non ho commesso funziona”. Proviamo a chiarire le raAmedeo Barbato nessun reato, non gioni dei giudici e il perché sono un criminale, dei 7 anni e 8 mesi confermati dalla Cassazione a cui è la legge che non potrebbero aggiungersi funziona” altri 3 anni e 10 mesi se Corona venisse definiti-


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Speaker’s Corner

Febbraio 2013

Il Berlusque: teatro dell’assurdo con giro di parole Non ho sbagliato a scrivere burlesque. Volevo proprio scrivere Berlusque. E al contrario di ciò che possiate pensare B. c’entra anche poco, e non c’entrano nemmeno gli spogliarelli (beh, ammetto che l’accostamento ci stava!). Questa è la storia di un circolo vizioso, uno spettacolo con gli stessi protagonisti, o quasi, e la stessa trama. C’è, ad esempio, la sinistra del “ma anche”, più o meno la stessa che da venticinque anni cerca la propria identità, spera di terminare definitivamente quel ponte sospeso tra passato e futuro, con un presente fatto di oscillazioni e tentennamenti proprio come si affronterebbe un ponte sospeso su un burrone, sventolato dal vento, a rischio crollo da un momento all’altro. Sotto il ponte urlano i demoni, i “comunisti”, vecchi, sporchi, brutti, emaciati. Al di sopra del ponte, con fare all’apparenza angelico, putti, emissari del Vaticano tentano la presa su un PD spaventato e guidato dai Tafazzi di turno. Al di là del ponte ci sarebbe un partito non ben identificato, immagine riflessa di un laburismo inglese vincente di impronta blairiana. O forse una socialdemocrazia di tipo tedesco, o ancora meglio, di tipo scandinavo, autrice di un miracoloso Welfare State, antico però di diversi decenni. Forze uguali e contrarie impediscono l’avanzata della marcia, qualunque sia la meta. Poi c’è la destra. B. e una serie di sue immagini in miniatura, prive della sua stessa personalità, del suo ego, della sua ricchezza, del suo potere, del suo acume, della sua creatività, della sua visibilità. Una serie di omologate e sbiadite immaginette del loro capo, pendenti dalla sua lingua, legate a doppio filo alla sua sorte, terrorizzate dalla sua uscita di scena, rinvigorite (che eufemismo!) dal suo ritorno in campo. Ci sono, poi, i “moderati”. Una forza di cui nessuno conosce le fattezze, una sfilza di persone che mangiano né troppo né troppo poco, che dormono il giusto, che non danno mai in escandescenza, che dicono sì ma anche no, che vogliono un po’ di questo e un po’ di quello. Però alcuni non li chiamano moderati, li chiamano “riformisti”. Perché sì, non stanno al centro, non sono i “centristi”, non sono moderatamente riformisti, nel loro riformismo sono “radicali”. Appunto, radicali diversi dagli “estremisti” e “massimalisti” di sinistra e di destra. Questi ultimi sono “conservatori”, amano conservare in casa i giornali di una volta, a casa telefonano con il telefono a disco perché era più bello, guiderebbero la loro macchina decisamente troppo inquinante, amano talmente il profumo della carta che rifuggono gli agi della posta elettronica e alle giornate di sole, preferiscono interminabili e vuote discussioni in sezioni di partito dislocate in grigi palazzi di città. Insomma, come un nuovo, ma neanche troppo, genere teatrale in cui personaggi sgangherati ed improbabili utilizzano termini ad effetto, un ef-

fetto stupefacente. Personaggi che dietro le quinte tolgono una maschera per indossarne un’altra, con l’intenzione di presentarsi al pubblico come nuovi, e nascondere le loro rughe e le loro nefandezze. Chi siamo noi? Siamo il pubblico? Forse

siamo anche gli attori, inconsciamente coinvolti in questo spettacolo deprecabile e ripetitivo. Imporremo, noi, una svolta alla trama? Francesco Angelone

I temi dimenticati della campagna elettorale Con il voto che incalza, la campagna elettorale diventa un concentrato dei temi più forti del dibattito politico. I partiti scelgono bene gli argomenti di cui occuparsi, lasciando nel dimenticatoio quelle proposte che sembrano piccole e di secondo ordine rispetto all’economia. In primo piano ci sono sempre l’occupazione, il sistema di tassazione e la prosecuzione delle misure anti-crisi realizzate dal governo dimissionario, temi fondamentali, ma di cui non si possono sottovalutare le implicazioni per lo sviluppo del Paese. Da una parte queste preoccupazioni sono diventate una ricorrente ossessione dei programmi politici, dei talk, delle interviste, ma dall’altra ci sono i temi minori, altrettanto importanti ma trascurati. L’agricoltura, la giustizia, la lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, le carceri sovraffollate e i detenuti in condizioni di degrado, il bisogno di serie direttive per la cultura e per l’istruzione, lo sviluppo eco-sostenibile, sono i piccoli grandi interrogativi della campagna elettorale presenti nei programmi di tutte le liste in competizione ma pericolosamente assenti nel dibattito pubblico. Le forze politiche che hanno mancato l’appuntamento per rinnovare il Paese, mettono ora da parte il loro fallimento, legittimate solo dall’incombenza di risolvere una situazione sempre più grave. Paradossalmente, tutte queste tematiche sono spesso il luogo di incontro dei partiti, ma difficilmente ciò si trasforma in un’azione congiunta per il bene dei cittadini. Tutto s’inceppa sul come mettere in pratica le proposte. Nelle diverse agende ci sono progetti che riguardano l’ambiente e la green economy, ma hanno poco di concreto. A voler star dietro alle associazioni di produttori, consumatori e imprenditori, ci sarebbe da proporre molto di più. Come è possibile immaginare la creazione di nuovi posti di lavoro senza lo sviluppo parallelo di nuove forme di energia e di incentivi in questo settore? Le linee troppo generiche dei

programmi rimandano la risposta al dopo elezioni, quando ormai sarà tardi per giudicare. E invece, sarà un’amnistia a risolvere il problema delle carceri oppure dove troveremo dei piani alternativi? Un altro campo di scontro abbandonato è quello dell’istruzione. Scuola e università escono distrutte dagli ultimi due governi. Si parla della necessità di una riforma ma anche qui le proposte sembrano nel complesso prive di un vero intento realizzatore. Lo stesso vale per la sanità pubblica. Le potenzialità di un accordo tra le forze politiche non si realizzano in un effettivo conseguimento degli obiettivi comuni. Dove la politica non c’è o non è convincente, la società civile sotto forma di nuovi raggruppamenti sta riguadagnandosi il suo spazio, stanca di essere ancora una volta ignorata. Ecco che alcuni dei temi passati in secondo piano vengono posti al centro di importanti iniziative “dal basso” come quella del del FAI, Fondo Ambiente Italiano, che propone le “Primarie della cultura” un modo per far sì che i temi della cultura, del turismo e del territorio non passino di nuovo inosservati. Viene chiedersi se non siano proprio questi “temi di secondo ordine” a dover rimpolpare la sostanza di una campagna elettorale sempre più monolitica che non vede, o non vuole vedere, le possibilità al di là del suo naso. Laura Lisanti


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Verso la seconda Repubblica C’erano una volta Prodi, Rutelli, Veltroni, D’Alema, Bertinotti. C’erano una volta, ci sono ancora, ma non sono più gli stessi, Berlusconi, Bossi, Fini, Casini. Erano gli anni del bipolarismo, ve li ricordate? Gli anni dell’uno vs uno durante le elezioni e del tutti contro tutti al governo. Gli anni in cui era facile votare, in cui si discuteva ore e ore su quale partitino fosse meglio o meno peggio degli altri, ma alla fine la scelta era tra Berlusconi o quelli contro Berlusconi. Era un po’ come tifare allo stadio. Anzi, a dirla tutta, le elezioni erano meglio di una finale dei

mondiali. Stavamo tutti lì davanti alla televisione, con la schedina in mano. Vittoria, sconfitta, pareggio? Sì ma i voti dall’estero? Ma Dini non stava con Berlusconi? Tifoserie politiche. Eravamo tutti dalemiani, berlusconiani, prodiani, bertinottiani, finiani, dipietristi. Non si parlava di casta. Al massimo si discuteva dei processi di Berlusconi, della barca di D’Alema, delle proprietà di Di Pietro, ma tutto sommato erano dettagli caratterizzanti di un racconto che ci appariva sempiterno. Poi però il castello di carte che avevamo costru-

Politica è spettacolo? La campagna elettorale di cui siamo immobili spettatori in queste settimane è l’emblema di quanto i mezzi di comunicazione di massa, e, in particolar modo la televisione, determinino il ruolo degli attori politici e dei loro elettori nel processo di voto. E’ forse la volontà dei media di avvicinarsi quanto più possibile ad una vasta audience, a rendere lo spettacolo televisivo cosi accattivante? O è da imputare la “colpa” alla sigla di qualche talk show che riesce a scandire ritmicamente l’agenda politica nei programmi di azione dei nostri candidati? O è, più semplicemente, la drammatizzazione, la semplificazione e la personalizzazione con cui eventi e personaggi vengono presentati nel piccolo schermo, a dare maggior visibilità, e dunque maggior potere politico a chi detiene maggior spazio televisivo? Fossero queste tre circostanze, o una sola di queste ipotesi ad aver acceso la scintilla sul tema videocrazia, è innegabile la funzione sociale decisiva e primaria che la scatola di John Logie Baird detiene nella scelta politica dei cittadini italiani, nonostante lo sviluppo dei social network inceda a passo sicuro, tentando di minarla ed essendo persino riuscito a fare breccia nel cuore del Vaticano. Non sembra difficile individuare le motivazioni per cui la televisione offre al suo pubblico qualcosa che nessun altro mezzo di informazione e divulgazione riesce a riprodurre. Difatti, le tensioni fra leader incanalano le

rivalità fra elettori, massimizzando l’empatia dell’audience nei confronti degli attori politici; nello spettacolo politico, in cui l’azione ruota intorno ad un leader, vengono allocati in queste figure valori e principi che non sempre sono incarnati dai leader. Infine, è l’immagine del politico, a catturare l’attenzione del telespettatore, più che le sue intenzioni e le sue idee. L’inautenticità è, sempre più spesso, il carattere fondamentale e la regola vincente del gioco per la costruzione dello spettacolo televisivo, con cui il pubblico riesce arduamente a distinguere la sfera privata dei candidati, che viene a sovrapporsi con la componente pubblica. E’ però il riconoscimento dello status di leader, determinato dalle proprie presenze e dai propri share televisivi, la premessa per facilitare l’acquisizione del potere politico. Saper usare la propria immagine televisiva consente ai candidati di aggregare i gruppi sociali più disparati ed accattivarsi le comunità sensibili al messaggio politico, e saper utilizzare nel dibattito televisivo un linguaggio sufficientemente ambiguo risulta uno scacco matto comunicativo per lasciare che il pubblico trovi nelle parole del leader solo ciò che cerca, e su cui fonda le proprie aspettative politiche e quindi giustifica le proprie scelte elettorali. Nonostante, dunque, la consapevolezza della profonda trasformazione che le campagne elettorali hanno subito negli ultimi decenni, l’augurio migliore ai candidati delle prossime elezioni, è di saper perseguire e lottare per un’informazione trasversale, trasparente, libera e legale, che renda i talk show televisivi di prima serata arene di competizione rispettose del prossimo, sane ed attinenti ai programmi politici, volte al perseguimento del pubblico interesse, piuttosto che al beneficio e alla notorietà dei singoli. Orsola Randi

ito minuziosamente con i nostri cori da stadio è crollato su stesso. Mentre l’ultimo governo Berlusconi si andava via via sgretolando, ci siamo beccati lo schiaffo a mano aperta dei mercati internazionali e in un attimo si è spezzato l’architrave di quel teatrino che chiamavamo e chiamiamo seconda Repubblica. Quello che è venuto dopo lo ricordiamo tutti. La caduta del governo Berlusconi, l’arrivo a palazzo Chigi di Monti, la strana maggioranza di ABC, la riforma delle pensioni, l’Imu, la recessione, le altre riforme azzoppate, i mal di pancia dei partiti politici, l’implosione del Pdl, il ritorno del Cav, le primarie del Pd, la fine del governo tecnico. Ma possiamo dire che questa crisi abbia segnato il superamento della seconda Repubblica? Il travaglio politico di questo ventennio e il caos di questo ultimo anno e mezzo ci stanno portando verso un nuovo sistema politico, verso una terza Repubblica? Guardando all’evoluzione del quadro politico io credo che si possa tranquillamente scartare questa ipotesi. Anzi credo che il nostro sistema stia subendo un processo di reset. Un ritorno al passato. Più esattamente al 1994. Sia chiaro, non voglio affermare che si possa sovrapporre l’attuale quadro politico a quello che portò al primo governo Berlusconi. Certo, ci sono delle similitudini. Abbiamo rapporti di forza tra i soggetti politici che in parte ricalcano quelli del ’94. Abbiamo di nuovo “La Cosa” di sinistra, un Pdl sempre più formato Forza Italia, una Lega nuovamente movimentista, gli ex An recintati in una lista coalizzata con Berlusconi, un nuovo movimento che trae il suo messaggio politico dalla retorica di una procura, un nuovo polo centrista. Si tratta però di somiglianze di forma più che di sostanza. E allora cosa vuol dire che stiamo tornando al 1994? Significa rendersi conto che in questi venti anni abbiamo assistito solo a tante variazioni sul tema. Che le grandi svolte in realtà non erano altro che momentanee riconfigurazioni di un sistema costante. Significa accettare l’idea, senza qualunquismi di sorta, che prima ancora del declino economico stiamo subendo il fallimento di un’intera classe dirigente. Una classe dirigente il cui unico risultato significativo è stato quello di riportarci al punto di partenza. Giuseppe Carteny


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Speaker’s Corner

Febbraio 2013

L’Italia nel mirino di sei politici È giunta l’ora di rispolverare le tessere elettorali e recarsi al seggio per compiere l’ardua impresa: votare un nuovo Governo. Le tasche scoppiano di santini ricevuti per strada, la testa rimbomba carietà, con maggiori input alla di promesse, volti di politici scorrono davanti agli ricerca e formazione, oltre che ai occhi. E, aperta la scheda elettorale, di fronte a nuovi investimenti. Si preannununa miriade di simboli, nomi e liste, la domanda cia un rovesciamento delle polinella mente dell’elettore è solo una: chi votare tiche dell’ultimo decennio, oltre adesso? a uno spostamento del fisco su Torna in campo Silvio Berlusconi che, dopo “Tograndi rendite e patrimoni. Sul gliamo l’Ici!”, ci riprova con “Togliamo l’Imu!”. E piano europeo ci sarà un patto con esso Equitalia, le tasse su tredicesime e stracon le forze moderate, mentre, ordinari e, soprattutto, il legalizzato lavoro nero, nel rispetto dell’ambiente e nel con l’eliminazione di tasse per cinque anni a chi promesso riconoscimento giuriassume un giovane. Sono promessi incentivi alla dico alle coppie omosessuali, si polizia, alla produttività, ai giovani che vogliono nota l’influenza di Vendola. Ma avviare un’attività, alle grandi opere, come la Tav il punto dolente della sinistra è la e il ponte sullo Stretto. Berlusconi ha prospettato mancanza di una coesione interna, con alleanze una revisione costituzionale, aumentando i potespesso improbabili che rischiano di rovesciare il ri del Presidente del Consiglio e limitando quelli Governo molto prima della fine naturale della dell’odiata magistratura. Un programma che ha legislatura. convinto per anni gli italiani che, con la promessa Fuori da ogni collocazione troviamo l’ex-comico di una riduzione delle tasse, si sono fidati. E se ci Beppe Grillo che scende in campo con quindici hanno guadagnato le loro tasche, hanno perso in pagine di programma repeben altri campi: sul piano ribile sul web, pagine che europeo, con una credibilil’elettore più tecnologico tà più volte colata a picco; ha già stampato e studiato. sul piano del debito pubSei diverse visioni E condiviso. Le proposte di blico, con la necessità di di un’Italia che Grillo appaiono vicine ai inserire nuove e più esose cittadini, obiettivi concreti imposte per arginare la si appresta a che toccano la vita di tutti crisi; con l’aumento dello vivere un periodo i giorni. Dall’innovazione spread e la necessità di un digitale per tagliare i costi governo tecnico che interdelicatissimo della e facilitare diversi ambiti venisse prontamente. sua esistenza, dove sociali (istruzione, pubblica Mario Monti si candida. amministrazione, salute), Una scelta che va contro un passo falso fino ai tagli delle province quanto dichiarato all’indopotrebbe rigettarla per sanare il debito pubmani del suo insediamento nella crisi, spettro di blico. Senza dimenticare a palazzo Chigi, ma dovuta trasporti e ambiente. Un alla necessità di continuare questo millennio. vero e proprio programma un’opera non ancora conda populista, come Grillo clusa. Che gli italiani se più volte ha invitato i suoi ne facciano una ragione, sostenitori a definirlo. Eppure un programma tale l’Imu con Monti resterà, ma una riduzione delle potrebbe avere il grosso svantaggio di perdere di tasse potrebbe essere possibile, secondo l’agenda. vista l’obiettivo finale, la crescita dell’Italia. Non Nuovi incentivi alle liberalizzazioni, ancora guerc’è una vera e propria proposta sul futuro eurora contro il debito pubblico e gli sprechi e, sopratpeistico del nostro Paese, non un piano efficace tutto, continuerà il rilancio dell’Italia sul mercato per rilanciare il mercato all’estero. Obiettivi che estero, aiutato da una credibilità sempre più in appaiono utopie, perché il grido “Tutti a casa!” crescendo, dovuta al favore dei vertici europei e non sembra essere una soluzione soddisfacente. delle agenzie di rating. Probabilmente i numeri Se i tagli previsti dal comico all’apparato ammiper governare Monti non li ha, ma, soprattutto nistrativo e politico sono vicini al populismo da in Senato, ben si presta a fare da ago della bilancia lui dichiarato, la prospettata eliminazione dei sinche, come accaduto in passato con altri partiti, dacati, da sempre a difesa dei lavoratori, sembra potrà influenzare l’azione del nuovo Premier. una contraddizione. I propositi di Grillo si preDopo primarie molto combattute, il centrosisentano come una lista di obiettivi, ma i mezzi per nistra si presenta con Pierluigi Bersani. Pochi raggiungerli non sembrano essere contemplati. rottamati, in compenso si promette la lotta all’eOscar Giannino è un giornalista che ha deciso vasione, ai costi elevati della politica e alla pre-

di percorrere la strada lastricata di “sangue e merda” della politica, animato dalla voglia di creare un’Italia migliore, di fare qualcosa per fermare il declino, come recita il nome del partito. Nel suo programma la riduzione del debito, della spesa pubblica e della pressione fiscale; liberalizzare i settori non ancora concorrenziali; aiuti per l’occupazione; nuovi input all’istruzione e alla giustizia. Il rischio, neanche troppo lontano, è la possibilità di non riuscire a raggiungere il 4% e avere diritto, così, a seggi in Parlamento. E per finire il magistrato Antonio Ingroia, con un programma che rispecchia la sua essenza, presentando come mezzi per sanare il debito pubblico la lotta agli evasori fiscali, alla corruzione e alla mafia; l’abbattimento del tasso degli interessi e il taglio degli stipendi dei dirigenti pubblici. Obiettivi nobili, ma il rischio di un partito così “rivoluzionario” è di non riuscire a trovare negli italiani un consenso tale da ottenere una fetta considerevole alle Camere. Sei volti, sei coalizioni, sei programmi politici (quasi) totalmente diversi fra di loro. Sei diverse visioni di un’Italia che si appresta a vivere un periodo delicatissimo della sua esistenza, dove un passo falso potrebbe rigettarla nella crisi, spettro di questo millennio. Dopo un anno e mezzo di governo tecnico la parola ritorna al popolo. Fabiana Bisceglia


L’Eretico

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“Giornata deprimente, il mio compleanno” - Andy Warhol Il 29 di Novembre è arrivato puntuale il giorno del mio compleanno e non so se, fedelmente a 24 anni fa o no, ma ha piovuto tutto il tempo. Dicono che porti bene, ma continuo a preferire il “soleggiato”. Premessa

Sono cresciuto negli anni ‘90, l’epoca di tante cose, ma qui voglio ricordarne solo tre: la televisione commerciale, la Nike e il marketing pubblicitario aggressivo. Ergo: faccio parte della generazione capostipite dei lobotomizzati da pubblicità. Di quelli che si trovano in macchina a canticchiare i jingle degli spot mentre si chiedono dove l’abbiano mai sentita quella musichetta infernale studiata apposta per non essere dimenticata. In una delle prime generazione bombardata a tappeto da una delle più potenti strategie commerciali conosciute al tempo, mentre l’ultimo muro dell’Europa stava crollando, dando inizio ad un lento, ma inesorabile processo di unificazione dei mercati. Il decennio del capitalismo senza frontiere, di pionieristiche strategie di mercato sfrenate, di gente come Philip Hampson Knight, ex amministratore delegato della Nike, l’uomo che diceva: “Vendiamo un marchio, non un prodotto.” Negli anni che Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001, chiamava “i ruggenti anni ’90”. Date le premesse e il fatto che possiedo un Nokia mattoncino del 1946 potete ben capire che cosa mai abbia potuto avere in mente per il mio compleanno. Un’I-phone. La mia prima sfortuna è che proprio in queste settimane è uscito il nuovo I-phone 5, prezzo di listino: a. 729,00 € per il modello da 16 Giga; b. 839,00 € per il modello da 32 Giga; c. 949,00 € per il modello da 64 Giga; Capirete bene, non è che avessi una gran voglia di lasciare anche solo 729,00 euro sul bancone dell’Apple Store del centro commerciale “I Gigli” di Campi Bisenzio, con tutto il bene che posso volere all’economia locale.

Così mi sono diretto verso uno di questi megastore, dove c’è un po’ di tutto e dove ogni aggeggio elettronico, anche il più inutile, ha l’aria di essere indispensabile, non chiedetemi per quale strana ragione, azzardando direi la cura nella presentazione, ma la ritengo troppo semplicistica come motivazione. Ero dentro da pochissimo e subito mi sono diretto dalla signorina della Vodafone, così per simpatia. Una simpatia che è durata il tempo di questa discussione:

• “Sì Buonasera, guardi io stavo cercando delle promozioni per prendere un’iphone. Sa di quelle tipo 20 Euro al mese ti diamo questo poi questo e questo…e il telefono”. • “Sì certo la Vodafone le propone un convenientissimo pacchetto “All inclusive” per soli 49 euro al mese per 30 mesi, le diamo 400 minuti di chiamate, 400 messaggi, e 2 Giga di Internet da sfruttare mensilmente”. • “1500 euro?! Mi pare un po’ tanto per un cellulare”. • “Non 1500 euro, bensì 49 euro al mese per 30 mesi”. • “…” • “Ma scusi ma lei non spende 50 euro mensili di ricarica? Noi con 49 le diamo anche il telefono”.

tossico che cerca di smettere, è proprio questo che mi fa paura di questi nuovi prodotti tecnologici. Sono beni di lusso che vengono, presentanti e giustificati al pubblico come gli ultimi ritrovati della tecnologia moderna, gli strumenti migliori, i più funzionali atti a migliorarci la vita. Quelle che nascondono, sotto le poche utilità vere, una marea di futilità, di prodotti utili solo a creare bisogni superflui che una volta soddisfatti Me ne sono andato con il dubbio di dove avesdiventano indispensabili. se il fidanzato, la signorina della Vodafone, per Ultima considerazione: se devo spendere 1500 spendere 50 euro al mese, tutti i mesi, di traffico euro per un telefono, devo telefonico. almeno sperare che l’utiHo passato un’intera giorlità di quel telefono, non nata a girovagare fra opedico me ne faccia guadaratori telefonici e negozi di Beni di lusso che gnare altrettanti, ma che telefonia e l’unica cosa che vengono, presentanti almeno me ne faccia riho capito è che sembra una e giustificati al sparmiare una cifra simile. giungla fatta di depliant, Secondo una logica antica di trappole nascoste fra le pubblico come quanto “Il Capitale”, bisorighe di discorsi allettanti gli ultimi ritrovati gna capire dove pendono ed economici solo all’api piatti della bilancia nello parenza e che in qualche della tecnologia scambio commerciale fra il modo sono riusciti a far moderna, gli valore d’uso, ossia l’utilità diventare sconveniente dell’I-phone, e il valore di anche prendere i modelli strumenti migliori, i scambio, cioè il suo prezvecchi, oltre a farli divenpiù funzionali atti a zo. tare obsoleti cambiando Ecco perché, per ora, mi poche pedine nel circuito migliorarci la vita. tengo il mio Nokia matchiuso della Apple. toncino. E sempre, in tutti i casi, si parte da un dato di fatto: l’iphone è un’esigenza, con tutte le conseguenze Edoardo Romagnoli logiche del caso. Parlando con un mio amico, giusto ieri sera, gli ho chiesto: “Ma secondo te l’I-phone è utile o no?” Lui mi ha risposto: “Una volta che ce l’hai diventa una dipendenza”. Mi ha fatto venire alla mente l’immagine di un


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L’Intervista

Febbraio 2013

Verso le elezioni: intervista al prof. Roberto D’Alimonte Sulla soglia del CISE, dove mi aspetta l’incontro con uno dei più grandi esperti italiani di sistema politico e sistema elettorale italiano, trovo un gruppetto di persone che si stanno congedando col professore. Come mi verrà spiegato successivamente sono giornalisti dell’Economist, recatisi lì per intervistare D’Alimonte in vista delle elezioni italiane. Subito dopo la mia intervista chiama al telefono un corrispondente del Time dalla Cina per porgli le stesse domande a cui mi ero appena sentito rispondere. Insomma ragazzi, la nostra sarà anche una testata universitaria con 10 anni d’età, ma nel frattempo eccovi in anteprima un’intervista che fa gola ai più importanti giornali del mondo! Un grazie infinito al Prof. D’Alimonte per la sua disponibilità e gentilezza. Il centrosinistra vincerà alla Camera, mentre al Senato lo scenario è più incerto per motivi diversi in quattro regioni: Campania, Lombardia, Sicilia e Veneto. Quali potrebbero essere secondo Lei i diversi scenari?

due “sotto-scenari”, uno senza Vendola e l’altro con Vendola. Politicamente non è fattibile che Bersani il giorno dopo le elezioni dica di fare un governo con Monti senza Vendola. Però fra un anno o due... oppure mai. Due o tre anni per portare a termine alcune riforme?

No, nel senso che non è politicamente fattibile. Il giorno dopo il voto si devono mettere d’accordo, perché nessuno si assumerà la responsabilità di tornare a votare il mese dopo. Quindi il governo dopo il voto lo fanno, però un conto è fare il governo dopo il voto, un altro conto è fare un governo che duri cinque anni. E l’ultimo scenario?

Il terzo e ultimo scenario -questo è lo scenario catastrofico- è che non bastino al Senato i seggi di Il Veneto non è più incerto, va a Berlusconi. Lo Monti, Vendola e Bersani per formare la maggioscenario è questo. Ci sono 17 regioni: una sicura ranza. E quindi ci vogliono al centrodestra (Veneto), 3 i voti di Grillo, di Berluincerte (Lombardia, Sicilia sconi e di Ingroia. Ingroia e Campania) mentre le reperò non si sa se avrà seggi stanti 13 vanno al centrosiLo scenario è in Senato. nistra. Monti è in una posizione che gli permette una certa versatilità di movimenti nell’asse sinistradestra.

questo. Ci sono 17 regioni: una sicura al centrodestra (Veneto), 3 incerte (Lombardia, Sicilia e Campania) mentre le restanti 13 vanno al centrosinistra

Monti si è posto in una posizione in cui può giocare un ruolo. Penso effettivamente che sia difficile -non impossibile però!- che Bersani possa vincere. Gli scenari possibili, per tornare alla domanda precedente, sono questi. Nel primo vince Bersani con Vendola sia alla Camera sia al Senato. Questo è uno scenario ancora assolutamente possibile. L’altro scenario è che Bersani vince alla Camera e non riesce ad avere la maggioranza assoluta al Senato, e quindi ha bisogno di Monti. Questo scenario prevede due varianti. La prima in cui Monti sostituisce Vendola in caso di necessità, cioè da ottenere assieme al PD abbastanza seggi per fare la maggioranza. Vendola in questo caso è fuori perché non vuole sostenere la politica economica dettata dall’Europa. L’altra variante invece presenta il caso in cui stiano tutti e tre insieme (Bersani, Vendola e Monti). In questo scenario in cui Bersani e Vendola non hanno la maggioranza assoluta quindi ci sono

Ma quindi Grillo con chi lo vedrebbe? Sembra impossibile conciliarlo con qualsiasi forza politica...

Per questo dico che è uno scenario catastrofico. Come vede l’alleanza di Monti con la sinistra?

Monti concederà ad alcune riforme che sono a cuore alla sinistra, come il diritto alla cittadinanza di figli di immigrati, come le unioni civili... Queste sono tutte importanti conquiste di sinistra. In cambio la sinistra cederà su alcune cose che stanno a cuore a Monti, come ad esempio il ritocco alla riforma del lavoro, le liberalizzazioni, pubblico impiego, le province... Un terreno d’incontro c’è tra la sinistra e il centro.

Lombardia...

Allora, poniamo che tu vivi a Milano e sei sostenitore di Monti e vuoi fare la coalizione con Bersani. Come dovresti votare? Dovresti votare Monti alla Camera e Berlusconi al Senato. Se l’obbiettivo di Monti è quello di fare una coalizione con Bersani, per raggiungere questo obbiettivo occorre strappare la Lombardia al PD, perché se vincesse la Lombardia allora il centrosinistra farebbe a meno di Monti. Monti però non è in grado di strappare la Lombardia a Bersani. L’unico che ne ha le potenzialità è appunto Berlusconi. In un suo articolo pubblicato a gennaio sul Sole 24 Ore aveva fatto presente come la candidatura di Ingroia indebolisca il centrosinistra in Campania.

Sì perché rimette la Campania tra le regioni in bilico. Secondo Lei quindi la spiegazione di questa candidatura che toglie voti al centrosinistra è riconducibile alla tradizionale sinistra massimalista che non impara dagli errori del passato, oppure secondo Lei c’è una ragione più recondita?

Non vedo ragioni recondite. C’è sempre stata in Italia una sinistra ideologica per cui conta la bandiera, l’identità, e non il compromesso per governare. Nelle previsioni degli scenari Lei si basa principalmente sui sondaggi. Ha molta fiducia in essi?

No, nel senso che numericamente si può immaginare, ma Monti non farà mai un governo con Berlusconi.

No, ma è l’unica cosa che abbiamo. Anzi, penso che i sondaggi non ci diano una fotografia precisa in questo momento, ma è l’unica cosa che abbiamo. Sono strumenti imperfetti però qualcosa ce lo dicono, bisogna saperli interpretare.

C’è però il paradosso dell’elettore della

Nicolò Fraccaroli

Si potrebbe invece ipotizzare un’alleanza Monti-Berlusconi?


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“Come si esce dalla crisi? Con il cuore” Intervista a Marco, piccolo imprenditore toscano

In tempi di crisi, tendiamo a snocciolare le cause, le concause, i numeri del disastro e i presunti responsabili: finiamo, inevitabilmente, per sprofondare nel cinismo di numeri allarmanti, certamente reali. un punto strategico, fra Ma c’è un’altra prospettiva. le due province di Pisa e C’è un’altra luce. C’è la voglia di arrivare in fonLucca. do al tunnel e magari nemmeno lamentarsi. MetAnche la scelta di aprire tersi in discussione.Senza alibi né piagnistei. Saun piccolo ristorante, pendo che si può costruire una visione, coltivare con soli 30 posti, non un sogno, dotarsi di una prospettiva. è casuale, perché così il Non si può non essere ottimisti né nutrire specliente si può coccolare, ranze incontrando Marco, data di nascita 1985, si possono accondiscentoscano, pisano per la precisione. dere i suoi gusti, si può L’ho conosciuto attraverso amici, ai tempi dell’umaggiormente soddisfaniversità. Ora che è laureato è uguale a prima: ti re il suo palato, magari contagia con il suo ottimismo, con il suo calore instaurando un rapporto umano, con la voglia di affrontare la crisi a testa di fiducia e di complicità alta. Ci risiamo: la persona al centro di ogni progetto Ma partiamo dall’inizio: “Nella vita ho sempre di vita. Questa la filosofia del ristoratore: “Oggi avuto la voglia di fare qualcosa di mio. Prima lavofare l’imprenditore in Italia è difficile, anche se io ravo in una piccola azienda di merchandising, dove sono soltanto un piccolo imprenditore. Ciò che fa la facevo l’amministratore delegato. Ma la mia grandifferenza è la passione: è quello che ti riconoscono de passione è sempre stata la ristorazione. Ecco che i clienti e la ragione per la quale ti scelgono rispetto quando sono andato via da ad altri. L’importante è farli lì ho pensato concretamente star bene e trattarli il meglio di aprire un mio ristorante”. possibile.Sempre più persone Marco crede negli uomini, mi dicono: fai tutto te.E’ la “Ciò che fa la prima che nelle idee, tanto mia più grande soddisfaziodifferenza è la che, ci dice, “avevo un amine.In Italia c’è bisogno di co, si è lasciato trascinare nel tanta passione. Bisogna anpassione: è quello mio progetto con entusiasmo dare avanti con il cuore”. che ti riconoscono i e oggi è il nostro cuoco”. La cucina è toscana ma non Le difficoltà ci sono, e non solo, con piatti tipici particlienti” le nasconde. Perché un’alcolari che il cuoco elabora tra qualità di questo ragazdi settimana in settimana. zo è il realismo, la concreMarco desidera ricordare tezza, necessaria per alimentare speranza e non alcuni piatti: fra gli antipasti, il tagliere di salufrustrare i propri sogni: “Per avere una mia attimi Francini e formaggi nostrani e i gamberoni in vità ho dovuto chiedere l’esborso maggiore ai miei crosta di sesamo e aceto balsamico; come primo genitori. Ma io ho contribuito per una buona parte piatto una bella pasta allo scoglio; fra i secondi, il con i miei risparmi, dato che ho sempre lavorato. controfiletto di chianina al pepe rosa e, sul versanHo poi dovuto chiedere un finanziamento alla mia te mare, il filetto di orata in crosta di lardo di patabanca. Le difficoltà maggiori che incontro sono nei nigra. Per concludere, il dessert che proponiamo è conti e nella progettazione”. la croccata, ovvero dieci strati di pasta sfoglia fatta Il suo ristorante-osteria si chiama, in modo signiin casa con crema pasticcera e panna. ficativo, Osteria “Come vi Pare”, e si trova poco fuori dal centro di Pisa, località Vecchiano, in Alberto Luppichini


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International

Febbraio 2013

Orban: quando l’appeasement rischia di divenire un pericolo L’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea stabilisce i valori sui quali la stessa si fonda; dignità umana, libertà, democrazia, stato di diritto, diritti umani ed i diritti delle persone appartenenti alle minoranze. secondo alcuni giuristi, costituLungi da essere un mero enunciato di principio irebbe la norma in forza della senza forza cogente, il rispetto di tali valori è conquale poter giustificare eventuadizione non solo per l’ammissione di nuovi Stati li leggi contro l’omosessualità ma anche presupposto, nel caso di violazione ed, in ultimo, l’articolo E che da parte di Stati già membri, di un meccanismo subordina la ratifica dei trattati sanzionatorio di cui all’articolo 7 del Trattato internazionali alla maggioranza sull’Unione europea che, preceduto da un procedei 2/3. dimento di preallarme in caso di evidente rischio La seconda parte è, invece, dedidi violazione, può giungere sino alla sospensione cata ai “Diritti e Doveri” in cui di diritti derivanti dallo status di membro (es. diprevale un’impostazione di caritto del voto del rappresentante in seno al Conrattere etico per cui viene posto in Costituzione il siglio) nel caso in cui tale violazione risulti essere divieto di aborto ed eutanasia, viene attribuito ai grave e persistente. genitori il diritto di voto in luogo ( certo non per Il governo ungherese presieduto dal presidente conto) dei figli minorenni Orban, dopo aver limitato ed ancora la libertà di posla libertà di stampa mesedere un’arma da fuoco. diante una commissione Lungi dal principio Ma è nella terza parte che governativa con poteri di emerge il carattere autoritacensura nei confronti di di Montesquieu rio della nuova Costituzioprogrammi televisivi ed della separazione ne e cioè nella parte che riaver approvato una “Legdei poteri, la guarda “lo Stato”; lungi dal ge sulla naturalizzazione principio di Montesquieu semplificata” in forza delCostituzione della separazione dei poteri, la quale, alla luce di un attribuisce al la Costituzione attribuisce presupposto che trova la al Parlamento la nomina, propria radice filosofica Parlamento a maggioranza dei 2/3, del nelle concezioni dello Stala nomina, a presidente della Corte Coto-Nazione, si prevedono stituzionale ungherese e del meccanismi di semplifimaggioranza dei presidente della Curia (per cazione per le minoranze 2/3, del presidente semplificare, la nostra Cormagiare presenti all’estero te di Cassazione). che facciano richiesta della della Corte Salvo tre procedure d’incittadinanza ungherese, ha Costituzionale frazione avviate dalla presentato in parlamento Commissione in data 17 una riforma della Costituungherese e del Gennaio 2011, pur essendo zione entrata in vigore il 1 presidente della criticati l’operato di Orban Gennaio 2012. Curia e la filosofia nazionalista La Costituzione ungherese che lo caratterizza, ancora si compone di tre parti; una non si è inciso sull’esistente prima dedicata ai “Principi mediante lo strumento più forte a propria dispofondamentali” in cui rilevano, in particolare, l’arsizione e cioè il procedimento di cui all’art. 7. ticolo D laddove si afferma la necessità della preNonostante le pressioni di Barroso, Draghi, Laservazione dell’identità ungherese che costituisce garde, Orban, vicepresidente del Ppe (Partito pol’”ombrello” costituzionale alla predetta legge polare europeo), ha continuato a manifestare una sulla naturalizzazione semplificata, l’articolo K politica ostinatamente antieuropea sostenendo dove si afferma che la famiglia legittima fondata nel 2011 davanti al Parlamento europeo riunito sul Matrimonio tra uomo e donna costituisce il “Non crediamo nell’Unione europea, crediamo nucleo per la sopravvivenza della Nazione che, nell’Ungheria”. Premettendo l’incompatibilità tra nazionalismo ed europeismo per cui il secondo nasce con l’esigenza di limitare il primo a causa del quale ben due guerre mondiali hanno messo in croce il continente con effetti socialmente, umanamente ed economicamente devastanti, mi chiedo che cosa

attenda il Parlamento europeo, in nome di quei centomila ungheresi che si sono ritrovati a difendere il valore della democrazia nella piazza di Budapest, ad avviare la procedura di preallarme nei confronti di Orban che, intanto, sprezzante asserisce che manifestare contro il governo equivalga a tradire la patria. Il cinico immobilismo davanti all’autoritarismo galoppante, egregiamente riassunto nell’aforisma di Churchill davanti alla politica di appeasement di Chumberlain “Potevate scegliere tra il disonore e la guerra, avete scelto il disonore, avrete la guerra”, costituisce uno di quei misteri strani cui forse non avremo mai risposta o, peggio, ci sentiremo rispondere in un climax giustificazionista che debbano maturare i tempi, le condizioni e le maggioranze necessarie o che sia in atto le condizioni e le maggioranze necessarie o che sia in atto un momento di riflessione politica, tutto questo, mentre in Grecia avanza il partito neo-nazista Alba Dorata e negli altri paese infiammano tendenze separatiste, autoritarie e populiste. Forse, sottolineo, bisogna considerare che non ci sia più tempo e sia necessario intervenire il prima possibile perché il gradualismo di Schuman e Monnet non si trasformi in immobilismo o paralisi e l’”Europa dei popoli”cui si ispirava Spinelli, che oggi dovrebbe cercare di far rispettare i suoi valori e chiedere a gran voce più Europa, da un mercato unico del lavoro sino ad una banca con potere di stampare moneta per coprire le emissioni di debito pubblico passando per una sempre più intensa regolamentazione fiscale europea, non si trasformi nel grigio apparato burocratico che si accontenta del pareggio di bilancio e, indirettamente, pompa benzina nella macchina dello scetticismo europeo che continua a parlare di Europa delle banche e dei bilanci. Smentiamo l’esistente e con esso le malelingue. Andrea Persili


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Alla conquista delle colonie perdute I governi occidentali e di riflesso anche la Nato scontano attualmente gli effetti di cambiamenti globali dell’ultimo ventennio, nonché i recenti insuccessi sul piano politico-militare, quali il labirinto afghano, il debole sostegno nella rivoluzione

tatori di inciviltà e altre tremende malattie. La storia che raccontiamo ha inizio in Amazzonia quando – siamo negli anni 70’- vede la luce Programma Gran Carajás finanziato dalla Banca mondiale e dall’Unione Europea con lo scopo di sfruttare i giacimenti locali di ferro tramite la costruzione di una miniera e di una ferrovia. La conversione al capitalismo selvaggio – questo sì- incontra sulla propria strada una fetta importante della foresta e la tribù che abita questa zona, quasi completamente debellate entrambe a colpi di deforestazione selvaggia e sindrome influenzale. Fortuna vuole che la caparbietà di qualche sognatore diventi realtà ed è così che l’associazione internazionale Survival punta quest’anno i riflettori sulla condizione divenuta insostenibile degli Awà (che vuol dire “uomo” nella loro lingua), popolo nomade di raccoglitori e cacciatori minacciato periodicamente da un esercito di taglialegna che, nel silenzio dell’illegalità, massacrano quotidianamente quella che ormai è stata definita come “la tribù più in pericolo del mondo”. E’ questo poi il claim della campagna virale inaugurata dalla stessa associazione nel dicembre del 2012 in tutto il mondo. L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale perché faccia pressione nei confronti di una classe politica (quella brasiliana in particolar modo) troppe volte indifferente a tematiche di questo tipo . Capita talvolta che le buone idee abbiano dalla loro parte - per fortuna- i numeri , i nomi e i volti per poter imporsi con coraggio nell’agenda delle cose da fare assolutamente. Survival ci sta riuscendo. La pensano così anche i 41.000 folli (sottoscritto compreso) che hanno inviato una mail al ministro della Giustizia brasiliano per spingerlo a intervenire, tramite il form sul sito www.survival.it/awa. Uno dei volti è quello di Colin Firth, protagonista mediatico e non solo della campagna. Protagonisti però sono tutti coloro che credono che la diversità sia sempre e comunque un valore da difendere; un ideale, questo, per cui vale la pena combattere.

divenuta da tempo focolaio del fondamentalismo islamico qaedista. Particolarmente incandescente si prospetta la situazione in Mali, già destabilizzato da un recente colpo di stato, dove, dall’aprile scorso, gruppi armati di etnia tuareg stanziati nella regione settentrionale del Azawad sono in lotta per l’indipendenza dal Sud. Nello scenario del conflitto civile in atto nel Nord del Mali, uno tra i tanti del continente nero, ciò che ha destato l’attenzione occidentale è il sostegno alla causa secessionista da parte di gruppi jihadisti maghrebini, autori, peraltro, del recente assalto alla piattaforma estrattiva algerina di “In Amenas”. Ad attirare l’attenzione internazionale sul conflitto nello stato africano è la decisione di un intervento militare da parte della Francia, giustificato sul piano politico dallo stesso presidente maliano che avrebbe richiesto personalmente l’aiuto strategico di Parigi a sostegno dell’esercito regolare per arrestare l’avanzata dei ribelli jihadisti dal Nord. L’ efficace intervento dell’aviazione francese, con il placet della Comunità economica dell’Africa Occidentale (ECOWAS), ha trovato per ora l’approvazione di ONU e UA soprattutto dopo i primi successi ottenuti nell’operazione denominata “Sèrval” grazie anche al supporto logistico di altre forze occidentali. Non priva di critiche è, tuttavia, “l’unilateralità” della decisione francese, in relazione alla quale non pochi hanno denunciato il carattere neocoloniale dell’azione militare intrapresa, sebbene in perfetta sintonia con quella notoria “Graundeur Française”d’oltralpe. Ripudiata con le parole, non già nei fatti, l’ex Africa occidentale francese, la “FrançAfrique, è ancora lì, testimonianza del prestigioso passato coloniale. Dunque un’ estemporanea lotta al terrorismo islamico, minaccia attualissima per un’Europa debole, dietro la quale è ben facile intuire un fervido e mai sopito interesse per l’Africa (e relative risorse), come dimostra, del resto, il solido legame culturale ed economico degli stati francofoni con l’ex madrepatria. Cosicché nell’immobilismo degli altri governi europei, costretti a rinunciare ad incisiva politica militare in quanto alle prese con il risanamento dei conti pubblici e programmi di crescita economica, Parigi non rinuncia al ruolo di gendarme nella”sua”Africa realizzando la storica “missione civilizzatrice” alternativa a quella americana e che si sta per concretizzare con lo stanziamento di almeno 2500 unità nel solo territorio maliano, in aggiunta alle 7000 già stanziate nel resto del continente africano, di fatto un nuovo Africanistan. Una sfida di notevole valenza per l’immagine della Francia, da una parte impegnata attivamente contro il terrorismo islamico a difesa della sicurezza europea e dall’altra attenta alla difesa delle deboli democrazie africane (e dei sui ingenti interessi). Vive la France!

Giovanni Proietta

Carmine A. Russo

libica e da ultima l’astensione da un intervento in Siria e in Mali, come recentemente ha dichiarato il segretario Rasmussen, riconoscendo il primato del Consiglio di Sicurezza in merito ad un eventuale intervento strategico nell’area sahariana,

Awà: la diversità sotto scacco La biodiversità è una ricchezza da proteggere anche quando ad addormentarsi per sempre non sono esemplari del mondo animale o vegetale tout court. La civiltà umana intesa nella sua totalità è una risorsa culturale inestimabile, la prima a meritare le nostre cure come l’opera d’arte più bella che possiamo lasciare in eredità all’umanità del futuro. E’ solo con questa disposizione d’animo che possiamo essere capaci di leggere la storia, gli usi e le tradizioni millenarie di un popolo differente dal nostro, animati da una curiosità autentica nei confronti dell’altro. La convivenza, si sa, è sempre un compromesso. Si cede qualcosa per acquistare diritti, sicurezze,possibilità. La società occidentale ha rinunciato a un bagaglio antichissimo di conoscenze con l’obiettivo di innovarsi continuamente e sono state forse l’elasticità e la continua capacità di riadattamento le vere fortune di questa frammento di umanità. La direttrice storica su cui viaggiano le grandi conquiste tecnologiche e scientifiche della nostra parte di mondo è tutto quello che abbiamo e non possiamo che prescindere da questo quando approcciamo realtà differenti , è il nostro difetto di fabbrica. Con la mente ai disastri che questa categoria del pensiero ha causato in giro per il mondo (uno su tutti il caso del genocidio delle popolazioni indigene lungo tutto il continente americano) dobbiamo porci a guardare il mondo dall’alto e forse proprio per questo più da vicino. E’ proprio osservando le cose da un altro punto di vista che si comprende con facilità quanto molto spesso siamo e siamo stati espor-


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Fuori dal Mondo

Febbraio 2013

“Diamo voce ai bambini invisibili” TheFreak incontra Andrea Icomini di Unicef Italia Chi non ha mai desiderato, per scalfire la propria diffidenza o per sincera ammirazione, entrare in diretto contatto con le grandi associazioni umanitarie che operano nel mondo? Magari dialogando con vertici delle stesse, per farsi un’opinione che non si basi meramente sui progetti cui possiamo partecipare tramite donazioni. Io credo di esserci riuscita grazie all’incontro con Andrea Iacomini, giornalista romano di 38 anni al suo primo anno da portavoce per Unicef Italia. La sede romana ci ha aperto le sue porte di alveare operoso, permettendoci di carpire un po’ di quell’energia che sta dietro ai progetti della più grande organizzazione che tutela i diritti dell’infanzia nel mondo.

Il Comitato italiano dell’Unicef è un’agenzia che deve raccogliere fondi per i progetti dell’organizzazione mondiale, quindi, in primo luogo, dobbiamo comunicare alle persone che solo con il loro contributo possiamo attuare quei progetti. In secondo luogo, vogliamo far Classe 1974, giornalista, Andrea Iacomini si è capire come funziona laureato in Scienze Politiche alla Luiss Guido il nostro lavoro, e smentire la vulgata del grande na anche con le istituzioni. Carli, senza mai abbandonare l’attività policarrozzone che si mangia i soldi delle donazioni: Nei confronti dei giovani, poi, la sensibilizzaziotica, intrapresa con passione già all’età di 18 niente di più lontano dalla realtà. L’Unicef ha ne si connota, più profondamente, come educaanni. Qualche delusione uno statuto particolare di zione ai valori contenuti nella Convenzione sui sul campo e la formazioOrganizzazione non Godiritti dell’infanzia del 1989. Così la chiamata a ne negli ambienti scout, vernativa (ONG), e si rela“Vogliamo far capire farsi portatori di una missione ideale, quella di contribuiscono alla svolta ziona con l’ONU tramite come funziona costruire un mondo più giusto, di essere la genedecisiva nel suo percorso un accordo di cooperaziorazione che guarderà al supremo interesse del professionale: diventa prine; il che significa che noi il nostro lavoro, bambino, diventa estremamente accattivante. ma responsabile dell’ufnon siamo direttamente e smentire la Ecco perché abbiamo creato Younicef, progetto ficio stampa all’Osservadipendenti dalle Nazioni vulgata del grande parallelo e rivolto ai ragazzi, che dal semplice torio delle Regioni per la Unite e non ne percepiafundraising sta assumendo sempre più una proCooperazione e lo Svimo gli stipendi, quindi di carrozzone che si pria identità. luppo, poi consulente per ogni euro che arriva in domangia i soldi delle le CIOFS-FP e poi capo nazione, l’80% finanzia le ufficio stampa dell’Assesmissioni, mentre il restante L’Unicef, quindi, ha ormai adottato una codonazioni” sorato famiglia e infanzia 20% serve a pagare le promunicazione 2.0? del Comune di Roma. Qui fessionalità, gli stipendi e Sì, ma l’innovazione non si ferma alla tecnica conosce Vincenzo Spadafora, attuale Garante gli investimenti in comunicazione. comunicativa. Con l’arrivo di noi giovani, più per l’adolescenza e l’infanzia, che allora rivestiva Terzo punto della sensibilizzazione: rivolgersi sensibili al 2.0, infatti, l’Unicef ha decisamente il ruolo di Presidente di Unicef Italia: qui, grazie alla generazione 2.0 non ha come obiettivo pricambiato rotta, concentrandosi sempre di più sui proprio a quell’incontro, approderà prima nella mario quello della raccolta fondi, perchè si sa che contenuti dell’azione nel mondo. veste di capo ufficio stampa, per poi essere nomiil budget di uno studente è limitato, soprattutto Esempio eclatante è stata la campagna Io come nato nel 2011 Portavoce di Unicef Italia. di questi tempi. Si punta, tu, durata due anni e docupiuttosto, ad informarli sul mentata nel rapporto Facce lavoro del volontario, figura d’Italia, mirata a dare la citIn una delle tue prime dichiarazioni da Por“L’innovazione non protagonista di ogni battadinanza italiana ai bambitavoce, hai posto l’obiettivo della sensibilizsi ferma alla tecnica taglia, e sul potenziale dei ni nati da stranieri, in Italia. zazione, anche attraverso i nuovi media: ma social network, e del web Il nostro mandato mondiacosa significa, in concreto, sensibilizzare? comunicativa: in generale, nella comunile ci impone di rimuovere le l’Unicef ha cazione. Sia per veicolare le discriminazioni subite dai campagne, sia in termini di bambini nei Paesi che handecisamente causa-effetto immediato. no ratificato la Convenziocambiato rotta, Pensate che, grazie a un ne sui diritti dell’infanzia e mio tweet diretto al Midell’adolescenza (vale a dire concentrandosi nistro degli Affari Esteri tutti tranne USA e Sudan); sempre di più sui Giulio Terzi, sono riuscito tra queste, il mancato ricocontenuti” ad attirare la sua attenzione noscimento di pari diritti a sull’emergenza in Siria, e ad tutti i bambini nati sul terottenere una sua risposta su ritorio nazionale è risconTwitter, personale e immediata! trabile, appunto, anche in Italia, dove ancora vige Ecco dunque che la sensibilizzazione 2.0 funziouna legge del 1991, ormai anacronistica.


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e proprio emblema della none costasse 50 centesimi?”. nostra lotta. Abbiamo dato la possibilità “Abbiamo puntato In Africa, poi, il problema a chi aderisce di creare la dell’istruzione abbracpropria lista della spesa per sul 2.0, con la cia anche il più scottante il cenone, indicando quanto campagna “Se un tema del ruolo della dondevolvere alle nostre battana; in quelle regione, inglie, per poi diffonderla tra cenone costasse 50 fatti, solo apparentemente gli amici, su Facebook, su centesimi?”. Abbiamo l’uomo soggioga la donna Twitter... è stato rischioso con violenze e soprusi. associare l’idea del cenone dato la possibilità a In realtà è lei a reggere le alla piaga della malnutriziochi aderisce di creare famiglie e nelle comunità: ne, ma non è la prima volta la propria lista della per questo le donne deche ricorriamo alla provocavono andare a scuola, per zione. spesa per il cenone, raggiungere la consapevoAnche l’antipatico Babbo indicando quanto lezza del ruolo chiave che Natale del nostro video Reavranno nel processo di gali per la vita è volutamente devolvere alle nostre cambiamento dell’Africa. provocatorio, e per questo battaglie” L’istruzione primaria è aspramente criticato, ma a altrettanto importante, in quanto pare funziona. E poi Speriamo che la forza e la risonanza della campaquanto è a cinque, sei anni secondo me ci va anche un gna sul web porti presto i suoi frutti, e in questo che il bambino comincia po’ di coraggio. senso fa ben sperare la partecipazione attiva del ad avere coscienza dei diritti che gli spettano, e Ministro per la Cooperazione e l’Integrazione l’Unicef si batte, insieme a Mandela con il proDi coraggio, sensibilità e lungimiranza, Andrea Andrea Riccardi. getto School for Africa, ma anche nel resto del ne ha di certo. mondo, affinché questo sia possibile per tutti. Per questo grida sul web il dolore, lo sdegno, l’urIn che modo vi occupate della formazione In Italia, infine, il problema della dispersione scogenza di agire per fermare le stragi di innocenti dei bambini a scuola, così importante per lastica è serio e preoccupante, soprattutto al Sud, che si consumano quotidianamente nel mondo, ogni società, eppure così spesso bistrattata? dove 800.000 bambini vivono in povertà e non in Iraq, Palestina, Afghanistan, Siria. Essendo il nostro un mandato mondiale, non abvanno a scuola, in un quadro sociale che presenta Dal febbraio 2012 tenta di accendere i riflettori biamo la competenza per occuparci dei problemi le stesse condizioni del periodo antecedente al sulla Siria: qui circa 4000 bambini (secondo i dati nazionali; ciò precisato, monitoriamo attentasecondo dopoguerra. Non bisogna abbassare la dell’Osservatorio siriano sui diritti umani) venmente le scuole. guardia. gono trucidati ogni giorno. Innanzitutto facciamo percorsi di conoscenza e Dopo la tragedia di Newtown dello scorso distudio della Convenzione dei Diritti dell’Infancembre, Andrea scriveva sull’Huffington Post, a zia presso le elementari, Come combattete la un web perlopiù affacendato a confutare la profemedie, e superiori che adepovertà, che colpisce zia Maya: “ […] Per qualcuno, spesso per chi resta, riscono al progetto Scuole anche classi sociali fino a “Un recente il mondo è già finito. Ed un pezzetto (chi più chi amiche, approfondendo pochi anni fa considerarapporto evidenzia meno) di colpa, suvvia, portiamocelo tutti nel anche i temi a noi più cari, te al sicuro? 2013. Ci potrebbe servire. Buon anno”. come quello della cittadiL’Unicef in realtà concencome globalmente Insomma, fatti i brindisi di rito, letti gli oroscopi, nanza appunto. tra i propri sforzi sui più gli Stati investano scritte le liste più o meno serie di buoni proposiPer quanto riguarda il dipoveri tra i poveri, anche ti, ci troviamo a viverlo questo benedetto Anno ritto allo studio in senso rispetto ai cosiddetti “nuotroppo poco Nuovo, acclamato come pochi altri: per renderlo stretto, un recente rapporvi poveri”, colpendo quelle nell’istruzione; degno delle aspettative, aiutiamo Andrea e l’Unito evidenzia come globalsacche di povertà assoluta cef a dare voce ai bambini invisibili. mente gli Stati investano che privano le persone anl’Unicef però agisce troppo poco nell’istruzioche dei beni di prima neElena Rosazza a monte, portando ne; l’Unicef però agisce a cessità, del cibo. monte, portando le scuole Un nostro rapporto puble scuole là dove i là dove i bambini nemmeblicato a fine maggio inbambini nemmeno ci no ci possono andare. dividua questa emergenza possono andare” Questo presuppone che anche nei Paesi industriasi debba convincere, ad lizzati. esempio, le comunità dell’Asia meridionale che le spose bambine devoCome si può contribuire ai vostri progetti? no andare a scuola per apprendere quali siano i Cosa avete ideato per lo scorso Natale? loro diritti. Anche qui, oltre alla ormai classica bamIn Pakistan, Malala si era alzata per la prima volta bola Pigotta (per le vaccinazioni in a rivendicare il diritto all’istruzione proprio in Africa subsahariana e in Asia meridionale), abuna scuola gestita dall’Unicef, divenendo un vero biamo puntato sul 2.0, con la campagna “Se un ce-


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Walk

Febbraio 2013

Roma, Roma, Roma! Al termine della sessione d’esami, più vogliosi di uscire di animali da letargo, ci “risvegliamo” in uno dei paradisi terrestri del mondo, la nostra amata Roma. Dedico quindi questo numero a chi si voglia lanciare nell’esplorazione della Città Eterna, spensierato e libero di bighellonare nella tanto attesa aria di libertà di inizio semestre.

• Ma l’opera più controversa del Bernini è celata in via XX Settembre, nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria. E’ “L’estasi di Santa Teresa”, scolpita nel 1652. L’opera fu molto criticata e considerata scabrosa per l’espressione del volto Meraviglie nascoste della santa, che sembrerebbe in preda ad un’esalAsserire che Roma sia un museo a cielo aperto è tazione più terrena che divina (e non posso non una gran banalità. Ma la città nasconde moltissipensare con un sorriso che anche Checco Zalone mi tesori, spesso occultati dietro le mura imposi scandalizza per un quadro che ritrae la stessa nenti delle chiese: scena nel film “Che bella giornata”, ma per motivi • In San Luigi dei Francesi, a due passi da Piazza non c’è una sala in cui poter sostare: è una specie di “confusione” sulla parola estasi!). GuardanNavona, nella quinta capdi “take away ante litteram”. I dolci tradizionali do attentamente la scena pella della navata di sinistra che l’hanno reso famoso sono la crostata di viscioemergono inoltre otto fisi presentano allo spettatole (frutto simile alle ciliegie) che però troverete gure sullo sfondo, quattro La città nasconde re incredulo i mirabolanti solo nel primo mattino (perché a quanto pare va a sinistra e quattro a destra, giochi di luce della pena ruba) oppure la “pizza ebraica”, un impasto dolin contemplazione della moltissimi tesori, nellata del Caravaggio ne ce e non lievitato di frutta secca e frutti canditi. santa. Anche in questo spesso occultati “Il martiro di San Matteo”, Nonostante l’attesa ed i modi un po’ burberi e caso la visita è gratuita e ” San Matteo e l’angelo”, sbrigativi delle signore vale la pena provare: padietro le mura senza prenotazione. ”Vocazione di san Matteo”. I rola di golosa. imponenti delle quadri di Caravaggio sono Antiche leccornie chiese straordinari per il loro reHappy hour Nella zona del ghetto alismo: difatti la Chiesa Nel rione Monti (facilmente raggiungibile ebraico, subito adiacencondannò spesso il pittore, scendendo alla fermata metro “Cavour”), in via te al Teatro Marcello, si considerandolo un profanatore della sacralità delClementina, il piacere dell’aperitivo si mescola respira un’atmosfera senza tempo. Il visitatore le immagini poiché prendeva a modello la gente all’originalità ed alla stravaganza dell’atmosfera. incredulo vi scopre uno dei luoghi più suggestivi del popolo. Nella “Vocazione di San Matteo” il Al civico 9 infatti non troverete un vero e proprio di Roma, preservato dall’invasione di turisti e di contrasto interiore tra l’ateismo di Caravaggio e locale, bensì un appartanegozi di souvenir , in cui le esigenze dei committenti è evidente nell’aver mento, con sala da pranzo, la grandiosità dell’epoca reso protagonisti del quadro non Gesù e Pietro, cortile interno e soggiorno. augustea che ancora trionLa grandiosità vestiti con abiti umili, ma i borghesi che contano Ci si può accomodare sul fa nell’eleganza del Portico i soldi ed i militari preposti a proteggerli, che indivano vicino alla tv o più di Ottavia si mescola alla dell’epoca augustea, dossano abiti costosi e coevi a quelli dell’artista. spartanamente per terra miseria di un quartiere che che ancora trionfa L’accesso in chiesa è gratuito: come asserisce in su dei grandi cuscini. Se per secoli ha conosciuto un suo libro Corrado Augias, in nessun altro luole pietanze si sono freddasolo povertà. Ed è proprio nell’eleganza del go del mondo si ha l’opportunità di ammirare un te, potrete riscaldarle nel nel cuore di questo posto Portico di Ottavia, si Caravaggio senza pagare il biglietto d’ingresso ! microonde, in pieno stile meraviglioso, in piazza Co• In via di Propaganda, al civico 23, inglobato nel “pessime abitudini da stumescola alla miseria staguti, che anche il vostro palazzo di Propaganda Fide è nascosto un madenti fuori sede”. Nel locale palato avrà la possibilità di di un quartiere gnifico oratorio del Bernini dedicato ai Re Magi. sono esposti anche dei libri assaporare le prelibatezze che, per secoli, ha La facciata esterna è completamente invisibile che è possibile sfogliare o di un antico forno kosher. dalla strada: si nota solo una leggera rientranza anche comprare, in un’aAl civico 1 la modesta veconosciuto solo curvilinea del palazzo ed un grande portone di diacente area-libreria . Il trina è priva di insegna ed povertà marmo che consente l’accesso all’oratorio. Ma nome del locale, Casa Cleanche il nome del forno è come mai un capolavoro del genere fu inglobato mentina, non lascia spazio controverso: dai romani è in un altro edificio? L’arcano è svelato dal nome a fraintendimenti. Dimenconosciuto come Boccione dell’artista cui furono affidati i successivi lavori di ticavo… per entrare, da bravi “ospiti”, si deve suoo Boccioni o ancora come “forno delle signore”, restauro: Borromini, l’eterno rivale. Un’odiosa nare il campanello! poiché gestito solo da donne che si tramandano inimicizia scolpita nella storia, nei dispetti tra gli da generazione in generazione ricette uniche e artisti disseminati tra i monumenti della città. Maria Vittoria Vernaleone segretissime. Chiuso solo il sabato (per lo Shabbat, come da tradizione), lo riconoscerete sia per il profumo invitante che proviene dalla porticina d’ingresso che dalla coda di persone all’esterno, che attende di essere servita: all’interno infatti


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Il genio e l’idiozia Chi afferma che il mestiere più antico del mondo è quello della prostituta compie un leggero errore di valutazione: la carriera più antica della storia è quella del profeta. Pensateci, le principali correnti religiose nascono da parole e testimonianze – o presunte tali - di portavoce di un altrettanto presunto Dio, e così i culti minori. Uomini in carne e ossa, ispirati da una fede cieca e profondissima nei confronti di un Entità Suprema, hanno concentrato le migliori capacità dialettiche e comunicative insieme a una passione intima e generosa nell’intento di diffondere quanto più possibile la propria eco. Il rispetto è quasi doveroso se si riconosce che, a prescindere dalla veridicità dei fatti narrati, piccoli e grandi profeti hanno sempre contribuito a creare veri e propri indici morali, permettendo che penetrassero la mentalità uma-

na, che fossero volontariamente condivisi da interi gruppi di persone. Per secoli. Eppure, dinanzi ai riscontri e al successo di insegnamenti e parole, l’acquolina dell’abuso non ha tardato ad arrivare. D’altro canto, chi di noi non sarebbe travolto da un delirio di onnipotenza nell’inventare una storia qualunque e creare intorno a sé una corte di “fedeli” nel vero senso della parola? Il risultato è una degenerante moltiplicazione di profeti fai-da-te. Senza nulla togliere all’estro creativo di moltissimi vati, mi riferisco, in particolare, a Claude Vorilhon, ex cantautore, ex pilota automobilistico e giornalista sportivo, attuale “Messaggero degli Elohim” con lo pseudonimo Rael. Un genio dell’idiozia, a mio parere, ma non saprei ben definire dell’idiozia…di chi. Il nostro uomo racconta di aver avuto uno sconvolgente incontro con un essere umano proveniente da un altro pianeta da cui avrebbe appreso una nuova e dettagliata spiegazione sulle nostre origini e su come gestire il nostro futuro, il 13 dicembre 1973, presso la zona vulcanica del Puy de Lassolas, in Francia. Da allora, ritenendosi investito della missione di divulgare quanto appreso e di preparare l’umanità ad accogliere i suoi Creatori, gli Elohim, gira il mondo tenendo ovunque conferenze e seminari.

Provate a immaginarne la figura profetica: pantalone bianco in tessuto elastico comodamente slabbrato in vita, canotta, sempre bianca, a bretella stretta e non a coste, una ventina capelli - a voler essere generosi – raccolti in un elastico e la collana raffigurante il simbolo del Movimento: la stella di Davide intrecciata con una svastica. Al centro della dottrina di cui è portavoce e con cui ha conquistato l’attenzione di 60.000 seguaci in almeno 84 Paesi vi è la cosiddetta “Meditazione sensuale”, un forte e chiaro invito alla ricerca del piacere fisico attraverso la masturbazione e la totale inibizione nel rapporto amoroso. “La rivoluzione inizia dal sesso” - racconta - “Dal godere del diritto di essere sessualmente appagato con una masturbazione soddisfacente. Tutte le scuole dovrebbero insegnare la masturbazione agli studenti perché quando hai un buon orgasmo non sei violento con nessuno.” Bene, tornando a noi. Esiste un problema che riguarda il rapporto della maggior parte degli esseri umani con l’idiozia: tendiamo a sottovalutarla. Claude Vorilhon ha creato un culto condiviso da 60.000 persone, combinando mistero, sesso ed extraterrestri. Credevo fosse idiota, è geniale. Giulia Perrone

Le domeniche d’agosto quanta neve che cadrà Credo di aver già scritto abbastanza. Mi pare chiaro che qui si stia parlando di idiozia. Sebbene questa sia ovunque, un errore comune in cui tutti tendiamo ad incappare è il sottovalutare la patologia. Col risultato, manco a dirlo, che ormai la malattia è diventata epidemia. E si sa, il passaggio alla pandemia è presto fatto. La trovi in molte delle persone che incontri durante la giornata, in qualche animale e sicuramente in ogni ciclista (perché TUTTI, tranne i ciclisti, sanno che i ciclisti, per non essere investiti lungo la strada, devono procedere in fila indiana?). L’aver sottovalutato così a lungo l’idiozia non ci ha aiutati. Abbiamo trovato la cura per il colera, nessuno si ammala più di peste e sicuramente non avete mai incontrato un lebbroso salendo in metro. Ma contro gli idioti, nessuno ha pensato di fare qualcosa. Era difficile, lo capisco, ma avremmo dovuto provarci lo stesso. Valeva la pena tentare, dare una chance al genere umano. Non l’abbiamo fatto, e ora ne paghiamo le conseguenze ogni santissimo giorno che Dio manda in Terra. Peraltro, pure Lui, n’attimo più attenzione la poteva fare... cavolo, se Ti accorgi che in una settimana non ce la fai a fare un lavoro a modino, lascia stare la

fretta e prenditi qualche giorno in più. Ma ormai la frittata è fatta. Gli idioti sono dappertutto, ma nonostante questo sapersi confrontare con uno di loro non è semplice. Innanzitutto è difficile riconoscerli: in una certa misura ne siamo affetti tutti, e saper discernere un idiota al primo stadio da uno allo stadio terminale non è cosa facile. Anche quando si riesce a individuarli, le cose non migliorano. Gli idioti non possono essere ignorati. Loro sono ovunque, e per evitarli si dovrebbe parlare soltanto con sé stessi (il che, in molti casi, equivarrebbe comunque a parlare con un idiota). Gli idioti non possono essere odiati perché tanto non capirebbero il perché, e a quel punto sarebbe ancora più frustante. Inoltre c’è sempre una parte più o meno consistente di persone che si metterebbe a difenderlo: “ma dai è simpatico”. No, gli idioti non sono simpatici. E chi lo pensa, probabilmente è lui stesso un idiota. Cos’altro non si può fare a un idiota? redimerlo. Non provateci nemmeno, che tanto è inutile e snervante. E soprattutto, il non idiota deve sempre tenere a mente una cosa: non esiste un posto al riparo dall’idiozia, perché ormai questa pervade ogni cosa del mondo. Dimenticarlo equivale a una condanna,

uno abbassa la guardia e in men che non si dica sei diventato un idiota anche tu. Nessuno può dirsi al sicuro. Dentro e fuori casa, ne siamo circondati. E il brutto, o il bello, è che è gratis. Basta farsi un giretto in città, o accendere la tv. Gli opinionisti. Si posizionano ad un livello di idiozia superiore soltanto a quello dei tronisti, che almeno sono idioti del fare e non del commentare. Saluto i ciechi che ci guardano, altra chicca. Flavia Vento. Il pubblico che urlava cento!cento! a Ok il prezzo è giusto. I comici che una mattina si svegliano e vogliono fare politica. Le persone che parlano di sé in terza persona. I mimi. Le bionde tettone (abbiate pietà, lasciatemelo credere). I grattini. I ridolini. I gridolini. Quasi tutte le parole del mondo che finiscono in “ini”. Sì, compresi i bambini. Linda Patumi


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Idioti a parte Bisognerebbe essere idioti. Esatto, un po’ stupidi, lenti, incompetenti. Il buonsenso si sa, è d’auspicio ma assolutamente contrario alla legge dei grandi numeri: alla pratica, inutile quanto snervante. L’assennatezza, il pensiero fino e la moderazione elevano l’ego a vette sconosciute, ma ce lo lasciano anche, dando via all’eremitaggio di anime tormentate. Il sapere, l’erudizione non fanno la tua fortuna, ma quella del chiacchierone che l’ha scritta e del suo editore ( e di quello che gli sta rifacendo il patio). E sappi che la soddisfazione di un buon libro non riesce a superare quella di un buon barbecue estivo. In realtà, non serve nulla di tutto ciò per essere anche minimamente felici, e l’idiota questo lo sa. È quasi scientificamente provato che la cosa sia di sincero e grande aiuto nella vita di tutti i giorni ... Si, quella fuori dalla tua porta, o nella tua home di Facebook: comunque si presenti, devi prenderla lentamente, a piccole dosi; meglio a cucchiaini da caffè che a spatolate di Nutella, che poi non la digeriamo. Bene, l’essere idiota spazza via completamente il problema della posologia del reale, ficcando il dito nel barattolo e raschiando in fondo fino all’ultimo rigolo di cioccolata, fregandosene altamente dei possibili contro effetti fisiologici. Essere un po’ più idioti ci fornisce il quantitativo ‘di palle’ necessario per esercitare il coraggio di tutte le occasioni: le palle dell’insensibilità. Se non percepisci il pericolo del fuoco, ti ci butti immediatamente; col rischio che ti bruci, e di certo, se sei idiota, non impari la lezione, ma per lo meno puoi tweettare ai tuoi followers di avere un dito nero. Essere idioti ci fa parlare di più, col rischio di essere scambiati per quei personaggi cinematografici chiacchieroni quanto acuti che tutti sognano di essere... e credere di esserlo davvero. Sorvolo i danni che la cosa potrebbe creare. Chissà perché, quello che dorme meglio la sera è l’idiota, mentre l’altro si rotola nel letto. Con un briciolo in più di idiozia non percepiremmo nemmeno il chiudersi di una porta, e nemmeno lo schiudersi di un portone. Ma comunque qualcosa deve pur succedere, che sia un arco di trionfo o l’armadio di Narnia, sempre porta è. Non siate schizzinosi, lo dice anche la Fornero che non bisogna essere troppo choosy. E non rosica più nessuno. Una dose di idiozia ci fa sorridere di più. E lo sappiamo tutti che siamo più belli mentre sorridiamo. E prendiamo anche più

like. Le nostre emozioni sarebbero più semplici. Le nostre reazioni più immediate. Regrediremmo all’età della pietra della gestione dei rapporti sociali, ma avremmo la cotanto richiesta ‘sincerità di sentimenti’. E no, non sarà più un problema fare la pace, ce ne infischieremo della diplomazia. Sarà nero o bianco, salvi improvvisi cambi di schieramenti. Dormiremmo sonni tranquilli, la mattina ricorderemmo poco. Avremmo i nostri luoghi comuni, dove piantare il nostro fortino; li ribadi-

remmo nel dopopranzo, all’ora del caffè, davanti alla tv, occhi pieni di immagini e pancia pure ( ma di altro). Del resto che importa, a volte l’unica cosa davvero importante è non doversi trovare a tu per tu, sotto il piumone, alle quattro del mattino. E la vita sarebbe così semplice, da idiota. Già. Se solo davvero potesse essere semplicisticamente, così. Lo avevi creduto? Idiota. Marzia Picciano

Il sorriso di un idiota Luca sorrideva sempre. Lui, la sua magrezza eccessiva, gli occhi cerulei, la voce gioviale. E quel sorriso: lo esibiva ininterrottamente. Beffardo, ostinato, irriducibile. Persino nei momenti in cui c’era ben poco di cui rallegrarsi. Certo, avevamo sei anni e nessun grande problema. Eppure, mentre la maggior parte di noi preservava intatta quella puerile capacità di piangere per un rimprovero della maestra, per aver “bisticciato” con il compagno di banco o altre stupidaggini, lui mai. Inizialmente, quel poco che si sapeva sul suo conto bastò a qualcuno per deriderlo e considerarlo un pagliaccio personale. Mentre noi imparavamo a scrivere, Luca a malapena riusciva a impugnare la penna; mentre noi ci cimentavamo con la tabellina del 2, Luca con fatica riusciva a contare fino a dieci. Questa situazione ci faceva sentire tutti più bravi, tutti più intelligenti. Anche il più svogliato dei miei compagni non avrebbe mai potuto sentirsi il peggiore: sarebbe sempre stato più bravo di Luca. Le maestre, pur avendo compreso i suoi limiti, se ne lavavano le mani. Gli unici momenti in cui era preso in considerazione era quando diventava il bersaglio delle prese in giro: Luca però non demordeva. Ai “tu puzzi” o “zitto cretino!” era solito rispondere con una fragorosa risata. E quella risata era la più invincibile delle armi. Non aveva il papà, o meglio, non l’avevamo mai visto. Sua madre, invece, era una figura mastodontica e volgare. Ricordo di aver appreso le mie prime parolacce ascoltando il colloquio che la donna ebbe con la maestra, a proposito della nomina di un’insegnante di sostegno. Non so bene cosa disse ma ricordo quel ceffone. Come potrei dimenticarlo? È stata l’unica volta in cui l’abbiamo visto piangere. Discussioni a parte, la nomina non si fece attendere e presto giunse in

classe la signorina Clara, scatenando una curiosità morbosa tra noi alunni. Quel duo bizzarro, in un angolino a sinistra, se la rideva tutto il tempo, nell’ira e, forse, nell’invidia delle insegnanti che, parallelamente, dovevano badare a noi altri. Tuttavia, la signorina Clara aveva una capacità straordinaria nel fare qualcosa in cui nessuno riusciva: lei non rideva DI Luca, rideva CON Luca. Passarono gli anni. Le prese in giro nascenti dalla nostra immaturità fortunatamente non sbocciarono in comportamenti ancora più crudeli. Pur considerato come l’idiota della scuola, nella mia classe anche i più restii avevano imparato a difenderlo e a volergli bene. Ci aveva travolto tutti. Dopo l’esame di quinta elementare le nostre strade si separarono. Io lasciai la città e non vidi più i miei compagni. Non vidi più Luca. A distanza di quasi vent’anni, ho un’ immane difficoltà nel ricordare il nome di un mio compagno che non sia quello di Luca. Ed è solo a lui che riesco a pensare, di tanto in tanto. Cosa starai facendo, Luca? Cosa ne è stato della tua vita? Non so dare risposta a queste domande ma sono certa che, ovunque tu sia, starai rispondendo a ogni sguardo e commento con l’invalicabile forza del tuo sorriso. Gabriella Iannotta


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Cercasi politico idiota Quando si dice ‘scusate il francesismo’: “Cretino è derivato dal francese chretien (cristiano o a immagine di Cristo) e fu dato ai bambini ipotiroidei in quanto considerati così mentalmente ritardati da essere incapaci di commettere peccati” (Le basi patologiche delle malattie, alla voce ‘Cretinismo’). Diagnosi improvvisata permettendo, sembra proprio la malattia da cui è affetto il principe Myskin - protagonista de L’idiota, capolavoro letterario di Dostoevskij- un uomo terribilmente e perico-

losamente puro, che cozza nel contesto sociale in cui è inserito dal proprio padre-creatore russo: una pennellata disarmonica nel grande quadro. Il principe è di una semplicità disumana, incline per natura alla pietas, toccato in prima persona dal dolore e dalla gioia che lo circondano, sensibile ai limiti dell’irritante - anche per lo stesso lettore, al quale, il personaggio, nel suo candore d’ingenuità, risulta poco sopportabile. Troppo buono, questo principe Myskin, non a caso definito dalle critiche

Le leggi: il mare magnum dell’imbecillità Sarà sicuramente capitato a qualcuno di voi, in una di quelle giornate torride e insostenibili in pieno agosto, di portare un bel frigorifero per strada e dormire distesi su di esso, per provare un po’ di sollievo. Oppure, non dite che, presi da un attacco d’ira o da una spietata curiosità, non avete mai rapito un alce, affittato un aereo e dopo esserci saliti, a una certa altezza, avete buttato di sotto quel povero animale ancora vivo. Del resto, sono azioni che a tutti i comuni mortali verrebbe in mente di fare e che, proprio per questo, sono state vietate rispettivamente in Pennsylvania e Alaska. Quindi, lettori, state attenti a dove compite certe azioni quotidiane! Ciò che è stato appena scritto non è altro che un assaggio del pot-pourri di leggi alquanto idiote che circolano in tutto il mondo. Del resto con 3000 leggi in Gran Bretagna, 5500 in Germania, 7000 in Francia e una vera e propria hit-parade di leggi e norme (150-200 mila) in Italia ce ne sarebbero da trovare di cotte e di crude. C’è ancora da decidere, però, se sia più illogico averle proposte certe leggi, averle accettate o l’averle lasciate ancora in vigore. Ai tempi, i parlamenti, i governi, i magistrati hanno avuto una grande fantasia, ma anche una grande confusione in testa; si sentivano un po’ “dietisti”, “cupido”, “animalisti” e rappresentanti del “bon ton”. A Liverpool è vietato mangiare il polpettone a Natale (forse perché troppo pesante?), in Inghilterra le donne non possono mangiare cioccolatini sui mezzi pubblici. In Florida bi-

sogna stare alla larga dai porcospini, guai a chi pensa di averci dei rapporti! In Virginia invece sono più liberal: ci si può invaghire di individui di altre specie purché non superino le 40 libbre che sono all’incirca 19 kg (vai con criceti e insetti!). Per quanto riguarda le buone maniere poi, nel leggere qualche legge qua e là per il mondo, sembrerebbe vi sia un nuovo galateo non più della tavola ma della legge: in Thailandia ad esempio tengono molto al decoro; è vietato uscire senza mutande e mettersi alla guida senza camicia. Affinchè la politica ritrovi il suo senso primigenio dobbiamo entrare in un lungo periodo di work-in-progress e mentre si aspetta o ci si dedica a una bella portata di idiozia o si applicano tali leggi il più possibile, così che vengano abolite. In fin dei conti, chi non avrebbe il sogno di appendere letti sul tetto (Inghilterra) o far ubriacare un pesce (Ohio)?! Nell’attesa di una loro modernizzazione o rottamazione, c’è chi si è divertito ad andare alla scoperta delle norme più strampalate. In Gran Bretagna la Uktv ha indetto un sondaggio, a cui hanno partecipato 4 mila persone, e ha redatto un elenco delle 10 leggi più stupide del mondo. Negli Stati Uniti hanno addirittura creato un sito chiamato “Dumblaws.com” dove si elencano gli Stati con le leggi più ridicole e, strano ma vero, non è stata nominata l’Italia. Ormai abituati ad essere l’oggetto di derisione preferito, gli italiani hanno rimediato subito a questo “errore” e Repubblica, su “Repubblica. it” ha dedicato una parte del sito alle leggi più ridicole del Bel paese. Per ora è al primo posto il divieto di essere un ciarlatano. Forse più che leggi divertenti noi ci buttiamo sul noioso andante, potremmo dire che il “burocratese” è il nostro motto. Cari miei, che dire, non ci resta che piangere (o ridere?). Virginia Cinelli

letterarie un ‘Dio mancato’. Un idiota, lo ha definito, meno metafisicamente, Dostoevskij. Dovremmo forse rivalutare il termine: ‘essere idiota’ alla Myskin ha ben poco di offensivo se ci confrontiamo con la nostra realtà, dove ‘idiota’ è tutto meno che un ‘Cristo moderno’ ed, anzi, il termine indica, nell’immaginario collettivo, un politico dagli occhietti vacui. Non è forse un errore lessicale, che cade in un signor complimento, dare dell’idiota a uno che fa della propria idiozia un’arma? Che sia un(a) trota o un delfino, o qualunque altro rappresentante italiano, che da pesciolino si trasforma in squalo; che da velina - abracadabra- diventa assessore; che da attrice di film hard muta in deputato. Dostoevskij avrebbe da ridire: Myskin non prendeva l’onorevole pensione e non aveva un’auto blu; anzi, lui avrebbe regalato la sua carrozza blu al primo che gliela avesse chiesta, da vero idiota. Mica Dostoevskij usava i termini a caso. Forse la scena politica italiana necessita proprio questo: più cretini. Meno furboni e più autentici idioti, come Dostoevskij intenderebbe: qualcuno che sia capace di accarezzare l’Italia, invece di litigarsela; che pianga e rida insieme alla Signora, mosso da compassione, e non voglia solo grettamente sedurla; che abbia il coraggio di essere la pennellata disarmonica del grande quadro- nella speranza che un giorno proprio quella disarmonia diventi il nuovo motivo armonico; che insegni ai politici che si può non abusare del proprio potere e che faccia comprendere agli italiani come l’essere idioti sia un onere e un onore. Magari, poi, un giorno, scopriremo che il principe Myskin era sempre stato il primo della classe: l’idiozia finalmente si delineerebbe come scelta, non più come conseguenza del mancato gene ‘furbone’, malattia e sintomo di scarsa intelligenza. Paradossalmente, dopo duemila anni di Cristianesimo, la bontà non ancora si disfa del suo collegamento (ormai imprescindibile) ad ‘allocco’. Se fosse proprio la sagacità a condurre alla pennellata disarmonica? Se, per una volta, la furbizia non portasse all’uso perverso della stessa, ma all’idiozia? Non è, forse, quello che chiedono tutti gli italiani? Il nome di un Myskin qualunque nella lista dei candidati delle prossime elezioni, così da poter tirare un sospiro di sollievo. “Finalmente un autentico idiota che non ci renderà idioti”. Laura Montemitro


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Ottava Nota

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La terza iena L’Italia ama la tradizione, è un fatto. Chiamatela abitudine, esperienza, cautela: sono risultati della stessa filosofia di vita. Quella della strada vecchia, del cantuccio riparato in cui starsene in pace. Un luogo in cui le cose strane, che non si è fatte noi, durano il tempo di uno sbadiglio. La tradizione è sacra. Perché non mente, non delude. Sta lì, immobile allo scorrere delle ere: una certezza solida come roccia. Non sarà il massimo della sorpresa, ve bene, ma i guizzi è meglio lasciarli agli altri. Poi, se va bene, ci accodiamo. Senza scomodare i Viceré, basta guardarsi attorno. Il Festival di Sanremo, o “Festival della Canzone Italiana di Sanremo” ne è la quintessenza. Potremmo dire che, nel pantheon del quieto vivere, la tre-giorni della canzonetta italica è un pilastro portante. Dal 1951 al 2013, sessantatré anni. L’età minima pensionabile per un operaio con quarant’anni di contributi. O quella in cui ad un senatore è ancora concesso di sentirsi il giovanotto della combriccola. Sessantatré anni di amori sbocciati, infranti, irrimediabilmente perduti. Sessantatré anni di mamme, zingari e zingare, di colombe e di rose. Quando Nilla Pizzi vinse la prima edizione del Festival con “Grazie dei fiori” alla Casa Bianca c’era Harry Truman e gli Stati Uniti non avevano alcuna intenzione di avere amici cinesi. Sono caduti governi e muri, terminati e scoppiati conflitti, strette alleanze e superate tragedie. Ora i giornali parlano di spread, nello studio ovale siede un afroamericano e a Pechino sono tutti dei bravi ragazzi, a quanto mi dicono. Eppure la canzone che ha vinto nel 2012 è in un album di 16 tracce, tra cui una cover di “Nel blu dipinto di blu”. Un brano con cui Domenico Modugno si aggiudicò il primo posto al Festival nel 1958. Ça va sans dire. Ci siamo cresciuti, col Festival. Un’iniezione all’anno di ottimismo tricolore, perché no? La speranza è il motore del nostro popolo. E a volte le speranze si realizzano. Nel 2013, il rap a Sanremo. Il rap. Una musica che, a zoppichi e balzelli, è arrivata dall’altra parte dell’oceano fino a noi. Digerito, canonizzato, accettato e in alcuni casi addirittura apprezzato. Ci sono voluti circa vent’anni e svariati artisti, ma siamo riusciti a metterci in pari. Ora il rap, nostrano e statunitense, lo passano in radio. I ragazzini registrano tracce da pubblicare su YouTube e comprano giacche e berretti da baseball. Qualcuno, come me, ricorda ancora con imbarazzo l’arrivo di Eminem e i D-12 all’Ariston nel 2001. Il rapper di Detroit che aveva scosso l’America sul palco più sfavillante dello stivale. Dopo i cinque minuti della sua “My Band”, senza curarsi di omettere neppure un insulto o un’imprecazione, non ha trovato un

pubblico in delirio o semplicemente raggelato. La telecamera zoomò sul volto spaesato di un trentenne americano mentre guardava una platea di nonnini battere le mani fuori tempo rispetto alla batteria. Come per il pezzo precedente e quello prima ancora. Neanche una piega: clap clap clap. Chissà che aveva detto, quel ragazzo con i capelli tinti e i pantaloni troppo larghi: quando abbandonò il teatro senza stringere la mano a Raffaella Carrà, avrei voluto sprofondare sotto terra. E dire che di esperienze nostrane del genere ne avevamo avute. Oddio, più o meno. Nel 1995 e nel 1997 Mikimix, l’artista dal cui autodisgusto sarebbe poi nato CapaRezza, partecipò con “Succede solo nei film” e poi “E la notte se ne va”, minimali e buonisti. Nel 2008 fu il turno di Frankie Hi NRG con “Rivoluzione”: una canzone di cui sono uscite tante di quelle versioni che nemmeno su “De Primo Maggio”, il disco di provenienza, si trova l’originale. Tre flop. E invece, quest’anno si riparte con i migliori auspici. Una delle serate vedrà accanto agli Almamegretta, il rapper Clementino, anche noto come Iena White. È la prima volta che un artista, formatosi in un contesto differente da quello popmelodico si esibisce al gran galà della tradizione. Chi lo conosce, chi ha ascoltato i suoi dischi o visto i suoi live, sa bene che Clemente Maccaro (questo il suo vero nome) è un animale da palcoscenico nel senso più puro del termine. Attore con tanto di diploma, le sue performance includono trascinanti sessioni di freestyle (testi rap improvvisati sul momento) che lo hanno reso famoso tra gli appassionati del genere. Il tutto condito da una parlata partenopea che ibrida il suono dei ghetti americani con una teatralità alla De Filippo. Da MTv con “Spit Gala” alla RAI, il salto è durato poco più di un anno. Ed ora il master of ceremony classe ’82 si prepara a debuttare nelle case di milioni di italiani. Come in casi simili, le critiche dell’ambiente non si sono fatte attendere. In un ambito musicale che ha vissuto nell’underground per vent’anni, venire fuori in maniera così sfrontata è solo un altro modo per vendersi al mercato discografico, al grande pubblico inconsapevole del modo di

vivere hip hop. E tutte le filippiche snocciolate dagli altri rapper su radio e tv indipendenti, sbrodolando sulla necessità di farsi conoscere, di portare un messaggio, una ventata di novità? Banali contraddizioni. La nuova tendenza consacrata dalle alte sfere del boom bap sound è di trincerarsi in una torre d’avorio fuori dalla quale è impossibile essere compresi ed accettati. Bando ai detrattori: Clementino è un artista capace ed eclettico, come testimoniano le sue collaborazioni e i lavori realizzati, l’ultimo dei quali, I.E.N.A. è uscito lo scorso anno. Il rap è cresciuto e si è radicato, e può essere letto ad una nuova luce, più edotta a certe logiche e scelte artistiche. Fabio Fazio e Luciana Littizzetto si preparano a condurre un’edizione che sono certo di guardare, per la prima volta in ventun anni, integralmente. Sperando che, dietro le canoniche tre file di dirigenti, notabili e rispettivi sottoposti, i nonnini che mandarono fuori tempo “My Band” nel 2001 siano stati sostituiti da ascoltatori che non hanno bisogno di sporgersi in avanti per riuscire a comprendere le parole del testo. L’ho già detto che la speranza è il nostro motore, no? Il motore di un paese in cui, una volta scoperto il rap, il Carrefour ci fa uno spot con la massaia che spinge il carrello e tira fuori versi gangsta su quanto sia conveniente il prezzo che mettono a uova e latte. Giovanni Cerrati


Erasmus

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Top 10 list di un Erasmus di 10 giorni Poi arriva quel momento. Quello in cui la Ryan Air mette in offerta un volo per una capitale Europea, a tua scelta, a 29 euro a/r. Fino a quell’istante ti eri sentita sola ed abbandonata perché la maggior parte dei tuoi colleghi universitari, ma soprattutto amici, avevano deciso di partecipare al programma Erasmus . Poi sul tuo PC lampeggia “Prenota ora!” e immediatamente dopo il clic ti senti più vicina a loro. Sono pronta per i miei 10 giorni di Erasmus, Parigi e Sciences Po mi aspettano. Soprattutto mi aspetta la mia amica Laura che è partita due mesi prima e che non vedevo l’ora di abbracciare. Cosa dire di questi 10 giorni? Ripercorrendo il mio mini Erasmus ho stilato una Top Ten list di avvenimenti e impressioni che voglio condividere con voi. 1. La nuova casa dello studente Erasmus

Mettere piede per la prima volta a casa di Laura e`stato strano. Avevi idealizzato quel posto nella tua mente senza sapere esattamente come fosse. Bene, era diverso. Attaccato alla parete c’è l’orario delle lezioni che non coincide con il tuo. Nella stanza accanto una signora con cui condivide il resto della casa. “Bonjour Madame!” L’unica cosa che sai dire in francese alla signora che incrocerai nel corridoio per i prossimi 10 giorni. Nonostante questo però per lo studente Erasmus quello è un porto sicuro. È casa. 2. L’universita`ospitante

“Stamattina devo andare all’università a stampare del materiale per un saggio, mi accompagni e poi facciamo un giro?”. La accompagni e non e` la LUISS. Sul cancello grigio che hai davanti c’è scritto Sciences Po. Entri nell’androne e wow. Una serie di corridoi sconosciuti, un vociare di persone dai volti mai visti, ti rendi conto che in quel posto c’è un tipo di organizzazione completamente diverso da quello a cui sei abituato. 3. Il primo incontro con studenti internazionali

Laura ha finito di stampare il materiale per il saggio. Ci prendiamo un caffè. Mi guida fino alla caffetteria dove incontra dei suoi compagni di corso. Me li presenta e subito dopo cominciamo a chiacchierare, in inglese. Lui si chiama Pedro e viene dall’Argentina. Dopo poco ci raggiunge la sua fidanzata che viene da Pechino. Un’italiana, un argentino e una cinese a Parigi. Sembra l’incipit di una barzelletta ma in quel contesto è la normalità.

4. La difficoltà nel fare la spesa

Un pomeriggio mi sono ritrovata a fare la spesa da sola. Devo prendere il pane, dove sta il reparto pane? Ci arrivo e mi danno la baguette avvolta in un fazzolettino, senza busta di plastica. Li guardo e vorrei chiedere una bustina ma non so come farlo in francese. Osservo il signore dopo di me, prende la sua baguette avvolta nel fazzolettino e se ne va. Sconcertata, mi avvio verso il reparto affettati e trovo tante etichette scritte fitte in francese. Non ci capisco nulla, alla fine prendo del dinde e solo a casa scopro di aver comprato del tacchino invece del prosciutto. 5. Parigi e una nuova prospettiva

Ero già stata a Parigi ma vederla con gli occhi di uno studente Erasmus cambia completamente prospettiva.Non ti soffermi solo sulla Tour Eiffel e il Louvre, ma conosci i quartieri, passeggiando per le stradine scopri la boulangerie in cui vendono i migliori pain au chocolat di sempre e l’edicola in cui trovare La Repubblica del giorno prima. 6. La signora italiana che gestisce una boutique vintage

Entriamo in una boutique vintage. Tra noi parliamo in italiano e la proprietaria del negozio sentendoci parlare si avvicina. “Italiane? Si! Ma dai, anche io!” e da lì un’ora di chiacchiere con la signora che ci racconta del figlio laureato in Scienze Politiche a Sciences Po che ora è in Korea del Sud come diplomatico. 7. Rete di solidarietà

Conosco il gruppo di amici che Laura ha conosciuto durante questa sua avventura. È la sera della cena italiana: ognuno porta qualcosa et voilà, la cena è servita! Questo tipo di cene sono all’ordine del giorno e questo mi fa capire come tra di loro gli studenti Erasmus abbiano creato una rete tanto potente da non sentirsi mai soli in un posto a cui non si appartiene. 8. Spirito di adattamento

Lo studente Erasmus è camaleontico. I racconti di Laura e dei suoi amici mi fanno rendere conto delle difficoltà a cui hanno dovuto far fronte

trovandosi in una realtà diversa. Flessibilità è la parola chiave. 9. Festa erasmus

Il giovedì sera è festa Erasmus al Mix Club @ Montparnasse. All’entrata distribuiscono degli adesivi con le bandiere del tuo paese di provenienza. C’è chi si conosce, chi no, chi è lì per conoscere.Tutti però sono lì per un motivo comune: divertirsi. Una serata pazzesca! 10. Non voglio tornare a casa!

Dopo 10 giorni ti stai abituando alla vita dell’Erasmusiano medio ed e`quello il momento in cui devi andare via. Prepari il trolley, non sai come far rientrare tutte le tue cose nei 10 kg consentiti dalla Ryan Air e prendi il pullman. Ti guardi indietro, c’è Laura che ti saluta. La sua avventura ancora non è finita. Roma FCO. Uffa! Bene, al mio ritorno mi sono sentita “un po’ più”. Un po’ più grande, un po’ più sicura di me, un po’ più pronta per partecipare a quest’esperienza come protagonista. Se questa lista vi ha incuriosito e anche voi vi sentite “un po’ più” andate subito sul sito della nostra università nella sezione scambi internazionali e scopritene di più.C’è un mondo nuovo ad aspettarvi, fate in modo che il vostro Erasmus duri più di 10 giorni. Parola di una ragazza che se potesse partirebbe anche domani. Ambra Borriello


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Attualità

Febbraio 2013

Putin, la Russia e i gay: quando la repressione diventa normalità largo consenso non solo dei rappresentanti, ma Ci risiamo. Anche per il 2013 la Russia si conanche dei cittadini russi. Dove sta allora il proferma la paladina dei diritti umani. Dopo un blema? Il problema è proprio questo: il fatto che appassionato attivismo nel campo della libertà gran parte dell’opinione pubblica condivida una di espressione e della libera informazione, stavolnorma così aberrante e lesiva della dignità umana ta Putin ha deciso di occuparsi dei diritti della è solo uno degli spiragli da cui traspare l’arretracomunità omosessuale. Lo ha fatto varando una tezza e l’isolamento di questa nazione rispetto al legge contro la propaganda gay, ma solo per preresto del mondo. Il fatto che il provvedimento sia servare la loro privacy, è chiaro. D’ora in poi in stato approvato nella quasi totale indifferenza, Russia sarà vietato non solo costituire associaeccetto che per un piccozioni, organizzare eventi, lo gruppo di dimostranti, ma anche parlare di omoprontamente arrestati, la sessualità. Starà al giudice La Russia non è dice lunga sull’effettiva decidere se condannare o democrazia del Paese. La meno l’imputato, colpevoancora riuscita a Russia non è ancora riule di “propaganda”, attività trasformarsi in una scita a trasformarsi in una peraltro non meglio definivero e proprio Stato deta. La legge, già approvata vero e proprio Stato mocratico, ma continua a in numerosi Parlamenti redemocratico dipendere da un capo augionali, è stata estesa recentoritario. E poco cambia temente a tutto lo Stato. E che questo si chiami Zar, non si può certo accusare Segretario del Partito Comunista o Presidente il Presidente russo di carenza di democrazia. Il della Federazione Russa. Da non trascurare è poi provvedimento è stato infatti adottato pressoché l’influenza della Chiesa Ortodossa sul Presidenall’unanimità dal Parlamento Russo, la Duma. E te, che sembra in costante aumento, da sempre non solo: secondo alcuni sondaggi, pare che alcapofila nella battaglia contro i gay, prima illegali meno i 2/3 della popolazione condivida il modere poi considerati “malati”. Ma sulla limpidezza e no pensiero di Putin sulla comunità omosessuale. l’effettività della democrazia in Russia le opinioni Tutto regolare dunque. Una norma varata con un

sono in generale largamente condivise. Per questo non sorprende eccessivamente l’approvazione di tale norma reazionaria e retrograda. Quello che invece mi ha sorpreso particolarmente in questa vicenda è stato l’atteggiamento dell’opinione pubblica occidentale: dove sono finiti tutti gli oppositori al regime di Putin che quest’estate si schieravano con le Pussy Riots? In confronto al polverone sollevato dal gruppo musicale, quello che si sente ora è silenzio assoluto. Forse perché è più facile esprimersi su un evento circoscritto, dai tratti folkloristici e caratteristici, piuttosto che prendere posizione riguardo ad un provvedimento legislativo e mettere in discussione il sistema russo. O forse perché la questione omosessuale non è un nodo completamente sciolto anche nel moderno Occidente. L’opinione pubblica liberale e gli Stati sono sempre molto attenti a schierarsi apertamente contro la politica russa e soprattutto prestano particolare attenzione circa il momento in cui iniziare o meno una battaglia contro la Confederazione, che rimane una delle maggiori potenze al mondo. Una lontana gabbia dorata e isolata che porta avanti idee, schemi e comportamenti ormai troppo distanti dal resto del mondo. Marta Meletti

Più che la lega, poté la crisi Nonostante gli anni al governo, i toni spesso accesi e i “fora di ball” di bossiana memoria la Lega non ha di fatto influito sul fenomeno immigrazione. Non sul numero degli ingressi almeno, anche se probabilmente quel tipo di propaganda ha influenzato non poche menti. Un impatto considerevole, invece, pare lo stia esercitando, anche sull’immigrazione, la precaria situazione economica dell’Italia. La tendenza è stata rilevata agli inizi di gennaio dal britannico Financial Times (e con qualche ritardo anche dai nostri media) con particolare riguardo alla comunità cinese stanziata a Roma ormai da almeno un decennio. I dati parlano chiaro: dal 1° gennaio 2011 al 1° gennaio 2012 sono stati solo 27mila i nuovi ingressi di migranti, secondo il rapporto Ismu (iniziative e studi sulla multietnicità) diffuso nei primi giorni dell’anno. Nel 2010 gli ingressi erano stati ben 69mila, e la cifra era già in ribasso se confrontata con gli anni precedenti. Al contempo aumentano gli emigranti, 50mila nel 2011, quasi il doppio degli immigrati. Era dagli anni ’70 che il numero delle uscite non superava quello delle entrate. Ad andare via non solo braccianti

e manodopera, ma anche commercianti e gestori di attività. Basti pensare, appunto, alla operosa comunità cinese che da anni vive e lavora nella Capitale: secondo stime ancora approssimative sarebbero già 3mila i cinesi partiti per lidi più floridi. C’è chi resta in Europa, chi si spinge verso il Sud America e chi, comprensibilmente, torna in patria attratto dalle sirene di una crescita sempre più impetuosa. Determinante la crisi, appunto, con il conseguente aumento della disoccupazione che, per adesso, non accenna ad arrestarsi. Da non sottovalutare però anche il fattore razzismo, in due diverse declinazioni: da un lato un razzismo antico e radicato, figlio del campanilismo all’italiana, ancora presente in molte zone del paese. Ci si chiede come sia possibile riuscire ad accogliere lo straniero se tra pisani e livornesi perdura un livore vecchio di 500 anni e distante appena 20km! È questa una delle leve attraverso cui la Lega ha sempre raccolto consensi negli strati medio-bassi della popolazione. Ed è questo tipo di chiusura che ha frenato un processo di vera integrazione quando ce n’erano le condizioni. Dall’altro lato

c’è un razzismo ciclico, come le crisi economiche. È il razzismo del capro espiatorio che fiorisce (o rifiorisce) nei momenti bui insieme a movimenti estremisti. Lampanti sono i dati, ravvisabili le cause. Meno chiare le conseguenze di un tale fenomeno. Quello che sembra evidente è che l’Italia invecchia ed energie fresche mancano. La fuga degli immigrati, sotto quest’aspetto, non fa che aggravare la situazione demografica del paese. Secondo il Professor Antonio Golini, docente di demografia presso La Sapienza, intervistato al riguardo dal FT, l’economia non cresce senza una crescita della popolazione, soprattutto di quelle fasce d’età attive nel mondo del lavoro. Pare invece, che l’unico incremento rispetto a dieci anni fa si sia avuto nella fascia che va dai 70 agli 80 anni. Ad aggravare la situazione si mette poi la fuga dei nostri (cervelli e non solo) che cercano nient’altro che un paese in cui le nuove leve vengano aiutate a crescere e a produrre frutti per trarne poi un mutuo beneficio. Un paese dotato anche solo di un pizzico di lungimiranza. Giovanni Pipola


Lifestyle

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Anche l’Italia è pronta ad innovarsi: nascono i Licei Sportivi La speranza è che sia solo un punto di partenza e non un episodio isolato. Ma intanto l’allarmante appello lanciato in Estate da Raffaello Pagnozzi (l’Italia dello sport è vecchia) al termine delle Olimpiadi, pare aver trovato una prima importante sponda. E’ notizia della prima decade di gennaio, infatti, dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del regolamento di organizzazione dei percorsi della sezione ad indirizzo sportivo del sistema dei licei, in sostanza nascono ufficialmente i Licei Sportivi. In un Paese dove spesso ci si cela dietro luoghi comuni e troppa superficialità senza un’effettiva analisi di fondo di un problema non più ignorabile, bisognava concretamente dare risposta ad una popolazione sportiva ormai troppo vecchia (età media della spedizione olimpica londinese attorno ai 30

infatti, che a spingere fortemente l’introduzione anni) ed incapace di tenere il passo delle nuove di questa nuova scuola sia stata l’olimpionica delgenerazioni di paesi invece in netta crescita. La lo sci di fondo, ed attuale crisi economica vissuta deputata del Pdl Manuela dallo sport come da altri Di Centa, secondo la quale settori, del resto, rende Unire il binomio “ è una grande vittoria non poco consigliabile la strasolo per il mondo dello da dell’esclusivo professport e formazione, sport, ma per la cultura del sionismo specie in quelle senza per forza nostro paese. Cura e tutediscipline poco pubblicizla della salute dei giovani, zate e soprattutto nelle dover rinunciare ad ampliamento delle possibiquali in ancor meno sono una delle due lità e delle aspettative di ladisposti ad investire, ed voro sono solo alcuni degli allora ben venga un liceo effetti benefici che questo nel quale poter unire il biliceo, ora istituzionalizzato, produrrà”. Ma cosa nomio sport e formazione, senza per forza dover cambia da un punto di vista didattico? Ne troverinunciare ad una delle due (spesso l’istruzione) remo uno per provincia, come branca del liceo per perseguire il proprio sogno. Non è un caso, scientifico e questo nuovo indirizzo vedrà materie debuttanti come Diritto ed Economia dello Sport sostituirsi a Latino e Storia dell’Arte, con un contestuale ampliamento a tre ore dell’Educazione Fisica settimanale, costituendo un’ottima occasione quindi non solo per gli sportivi “agonisti” ma anche per chi voglia spendersi, e prepararsi adeguatamente fin dal liceo, nella gestione manageriale e in ambito marketing-comunicativo delle società e degli enti sportivi. Chissà che, acquisite le giuste competenze professionali, non si dei tempi andati, diverso nel formato, identico smetta di credere, in maniera sbagliata, che basti nella dipendenza. Ricordate di quando ancora guardare una partita in tv la domenica per pensaragazzini, giocavamo con quel serpentello sulre in modo superficiale e presuntuoso di potersi lo schermo in bianco e nero? Bene, Ruzzle è inventare giornalista e dirigente, come invece molto meglio. Al passo con i tempi, ci mette spesso accade. Non si correrà più il rischio di perin contatto con gli altri, ci fa divertire in quei dere tanti giorni di scuola, o rinunciarvi del tutto, momenti di noia o di studio matto e disperatiscome accaduto invece al povero Matteo Manassesimo come, ahimè, si prospetta in questi mesi ro, golfista professionista non ancora ventenne. “ di esami. E chi pensasse che è un semplice gioQuando si è molto giovani non si sa ancora quachino da liceali/universitari, si sbaglia eccome! le sarà la strada da poter intraprendere e non si Parlano di lui sui quotidiani italiani più affercapisce quanto tempo va dedicato allo sport- ha mati e sui telegiornali nazionali, lo chiamano commentato Matteo, diplomatosi da privatistail gioco che “salva dai colleghi”, il gioco che io ho rinunciato a scuola ma anche ad altro, è affascina politici e conduttori televisivi, comici però giusto che ogni atleta si senta in dovere di e manager. Tra i più si annoverano, in ambito andare a scuola.” Il punto di partenza, come detitaliano, Maurizio Lupi, la splendida Federica to, è promettente ma è importante non fermarPanicucci, il divertentissimo Luca Bizzarri e il si, perché siamo ancora indietro rispetto al resto manager Marco De Benedetti. Chissà che un d’Europa dove nei college e nelle scuole lo sport è giorno, lasciando ricerca avversari a caso, non parte integrante della vita quotidiana. Del resto se mi imbatta in qualche personaggio famoso! abbiamo un ct dell’Italvolley Maschile non solo Pensavo.. ma se anche Adam Levine avesse bronzo olimpico ma anche laureato in filosofia ed Ruzzle? La questione si fa interessante.. Al mio in grado di parlare fluentemente cinque lingue, fianco, la mia amica mi prende in giro: “ Sogna allora mettiamo fine all’alibi che per colpa dello sogna Francesca, intanto macroeconomia ti atstudio non si possa più continuare anche paralletende!” Ha ragione pure lei, ma perché rinizialamente a fare sport. re subito: “ Partitina a ruzzle?” Sfida accettata, e ora si gioca. Chissà che per una volta non riesca a vincere! E non perché lei sia brava, ma Donatello Viggiano perché la mia bravura a Ruzzle è paragonabile alla mia bravura in macroeconomia!

Now, ladies and gentlemen: the new virtual challenge È il passatempo dell’anno! Il passatempo che ci portiamo ovunque, e quando dico ovunque, è proprio così. Non ci sappiamo rinunciare. Che fa litigare le coppie, che fa inventare insulti scherzosi nei confronti di chi sta perdendo, che ruba qualche minuto di tempo, che poi diventano ore, che alla fine diventa quasi stomachevole ma che in realtà non stanca mai. Avete intuito di cosa sto parlando? Del nuovo gioco mania di nome Ruzzle. Per chi non l’avesse ancora sentito, non si preoccupi, a tutto c’è rimedio. Anche se ormai è quasi inevitabile non averne sentito parlare, a momenti quando un ragazzo ti chiede il tuo contatto di Facebook c’è quasi da temere che voglia solo sincronizzarti fra gli amici di Ruzzle per aver qualcuno in più da sfidare. È un giochino divertente, che incuriosisce tutti. Basta avere uno Smartphone e si scarica velocemente, nemmeno la scusa di dire che è costoso perché ragazzi è gratis! Sullo schermo compare un quadrato di quattro lettere per lato, lo scopo è di unirle tracciando una linea, in modo da formare una parola il più possibile di senso compiuto! È un po’ lo Snake

Francesca Sabattini


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Cinema & Teatro

Febbraio 2013

“Non è con chi vuoi passare il venerdì sera, ma con chi vuoi passare tutta la giornata di sabato” Amici di Letto

Cinema mon amour Anche quest’anno l’appuntamento con San Valentino non si è fatto aspettare, anzi, se pensiamo alle infinite pubblicità a tema che i mass media ci hanno proposto, ci sembra addirittura che questo fatidico giorno sia arrivato in anticipo. E allora, perché non pensare, in quest’occasione, al cinema? Di certo, le proposte in tal senso non hanno scarseggiato, anzi: si può dire che l’amore sia da sempre uno dei temi portanti del mondo cinematografico. Lo spettatore non deve fare altro che scegliere la sfumatura sentimentale che sente più vicina; infatti le vicende amorose, al cinema (come nella vita di tutti i giorni) si tingono di molteplici colori, risultando drammatiche, comiche, surreali, o addirittura ciniche. Uno dei film d’amore per eccellenza, il celeberrimo Via col vento (diretto da Victor Fleming), sebbene arrivi addirittura dal lontano 1939, è ancora visto e rivisto da ogni generazione, e ciò ci fa comprendere come in fondo siano le storie forti, drammatiche, quasi senza speranza, ad appassionare il grande pubblico; come dimenticare l’ultima frase di Rossella O’Hara, interpretata magistralmente da una splendida Vivien Leigh, che abbandonata da Butler, l’uomo che ha tanto amato ma anche tanto odiato, giura solennemente a sé stessa: “Troverò un modo per riconquistarlo…dopotutto, domani è un altro giorno!” Anche in tempi più recenti, il mondo del cinema ha avuto la conferma che quando l’amore si unisce al dramma il successo è (quasi) assicurato: in questo senso non si possono non ricordare Jack e Rose, i famosi quanto sfortunati innamorati di Titanic (per la regia di James Cameron, 1997), che vedranno naufragare la propria storia insieme al mitico transatlantico. Eppure, un’altra sfumatura dell’amore dimostratasi apprezzatissima nelle sale cinematografiche è quella comica, ironica, leggera: parliamo delle celebri commedie sentimentali, di cui ai giorni nostri abbiamo avuto un esempio illustre col filone dedicato a Bridget Jones (interpretata da Renèe Zellweger a partire dal 2001), quell’adorabile trentenne inglese un po’sovrappeso, frustrata, nonché collezionista seriale di figuracce, che dopo mille ostacoli, tutti trattati in tono umoristico, riesce finalmente a trovare un amore duraturo, non nonostante, ma proprio grazie ai propri

difetti, che la rendono irresistibile agli occhi di Mark Darcy/Colin Flirth. Anche in questi ultimi anni le commedie romantiche (la maggior parte delle quali americane) dimostrano di detenere il primato nel cuore del pubblico, ancor meglio se condite da cinismo, sarcasmo e voglia di demitizzare il sentimento dell’amore. A tal proposito, basta accennare il film Amici di letto (2011), un vero successo al botteghino, in cui i protagonisti Mila Kunis e Justin Timberlake partono con l’idea di essere impermeabili all’amore, preferendo

notti di sesso e incontri occasionali, ma nonostante tanta freddezza, alla fine si ritroveranno innamorati e decisi ad iniziare una relazione fatta di appuntamenti, cene a lume di candela e canzoni romantiche. Quindi con tutte queste scelte che il cinema ci offre, perché mai passare il prossimo San Valentino nel consumismo quando lo si potrebbe celebrare piangendo, ridendo a crepapelle e, semplicemente, sognando davanti ad un buon film? Alfonso Romeo

Istantanea dal passato La nostra mente è plastilina nelle mani dell’informazione. Una notizia, una parola pronunciata in un modo,il tono di un racconto sanno far muovere la nostra opinione come un pezzo degli scacchi. È questo il potere del Giornalismo: l’abilità di plasmare sapientemente l’opinione pubblica, la quale sceglie (più o meno consapevolmente) da quale parte farsi incantare. “Sbatti il mostro in prima pagina” (1972) di Marco Bellocchio è la fotografia ad alta risoluzione di questa realtà, oggi più che mai invadente. La Milano degli anni Settanta è una città sotto assedio: comunisti contro fascisti, stato contro se stesso, ogni fronte di confronto è sottoposto alle sassaiole dei manifestanti o al fuoco delle molotov, ma il giornale, soprattutto il Giornale,come dice Bizanti (Gian Maria Volontè), deve avere una voce rassicurante, sempre uguale, per far sentire sicuro l’uomo comune, il quale, però, fa parte dell’elite che conta. Essere un giornalista in quell’epoca per il giovane e promettente Roveda vuol dire pesare ogni verbo, ogni parola, ogni aggettivo, rischiando di apparire polemico per l’avere associato “disperato” a “disoccupato”. La politica, il conflitto tra parti è teso al punto di aver reso di piombo l’aria e le parole, per questo Bizanti usa la notizia di una ragazza uccisa misteriosamente per distogliere l’attenzione sulla realtà politica circostante. Il Giornale ha rapporti di stretta collaborazione con la polizia, fa sì che proprio la polizia sia il suo strumento di informazione e, al tempo stesso, con tali nozioni di prima mano possa condizionare il normale corso delle indagini, condizionandone fortemente le indagini in favore di una storia più appetibile e scabrosa. Sarà stata la straordinaria lungimi-

ranza di Marco Bellocchio o la solita prevedibilità italiana, ma vedere la nascita del “giornalismo da piazza” che oggi domina la televisione e, spesso, anche i quotidiani, è una vera pugnalata per un’aspirante giornalista: la notizia passa dall’essere un mezzo per scuotere la mente, ad essere uno strumento per fini più infimi; il passante diventa opinionista; il giornalista diventa autore della storia; la realtà si trasforma in finzione. Nel 1972 questi elementi erano solo lo stato embrionale di una mutazione genetica, oggi sono la quotidianità. Per questo mi risulta difficile consigliare “Sbatti il mostro in prima pagina”. Al tempo stesso, è fondamentale per capire chi siamo oggi, dove stiamo andando, cosa possiamo fare. E allora questo diventa un film essenziale, anzi esistenziale, un’ istantanea critica della realtà odierna, vista con gli occhi di un’epoca passata, troppo spesso “imitata”, ma mai capita fino in fondo. Oggi siamo diventati tutti dei mostri che aspirano alla prima pagina: esistiamo solo se si parla di noi, poco importa ciò che facciamo o diciamo. Per questo diventa fondamentale Capire: per non diventare anche noi uno strumento. “Sbatti il mostro in prima pagina” è la scarica elettrica necessaria per Capire da che parte stare: dietro lo schermo del computer a raccontare una verità partorita dalla propria mente o al di sopra della notizia, scrivere in maniera oggettiva e critica ad un lettore curioso per riattivarne la circolazione cerebrale. Maria-Chiara Pomarico


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“Anche la vita più disperata è una cosa meravigliosa …” Desperate Housewives

Il fattore SeX “Charlotte: Everyone needs a man. That’s why I rent. If you own and he still rents, then the power structure is all off. It’s emasculating. Men don’t want a woman who’s too self-sufficient.” Sex and the city. Quattro amiche, una borsa pink di Chanel e un caffè rigorosamente “starbucks production” sono capaci di rallegrare la giornata di qualsiasi donna, soprattutto se ti chiami Carrie Bradshaw, sei ricca sfondata e vivi a New York. La serie televisiva americana tanto amata dalle teenager di tutto il mondo rappresenta un tipo di

donna che si distacca dallo stereotipo ormai decisamente troppo old della “donna angelo del focolare” confinata nelle mura domestiche a prendersi cura del nucleo familiare. Carrie, Charlotte, Miranda e Samantha sono donne emancipate, stra ricche e viziate; l’uomo non è altro che un “accessorio” paragonabile ad un paio di scarpe Prada (con il tacco, ovviamente) che, appena esaurita la funzione, va prontamente sostituito con un nuovo paio, possibilmente ancora più costoso. Le vicende amorose delle quattro amiche han-

Dove la strada finisce Ha detto a ottobre Bertolucci: “Io nei primi minuti in cui sono con qualcuno, sento che quello lì ha dei segreti che io voglio scoprire.” Ad avere un segreto è il suo Io e Te, film piccolo e subito familiare, che potremmo aver trovato un giorno dispari in un cassetto del nostro comodino. Perché, anche se ambientato in un’impensabile, elegantissima, cantina che potrebbe trovarsi ovunque, sulle poltrone del cinema sembra arrivi il profumo caldo del forno romano a pochi passi dal palazzo di Lorenzo, e che potrebbe essere il nostro. La storia è semplice, un’addizione: ci sono quattro mura, un divano, un bagno, un ragazzo che si nasconde in cantina dicendo ai suoi d’essere in settimana bianca con la classe, e una sorellastra scapestrata che non siamo sicuri d’aver capito da dove venga - e se veramente sia mai arrivata in quei sotterranei. Lui ha sinceri brufoli da liceale a incorniciare un viso che pare modellato sulle fisionomie di un giovane Malcolm McDowell e dei più veraci personaggi pasoliniani; di lei, più che descriverla, bisognerebbe raccontare l’arrivo. L’entrata in scena di Olivia è misteriosa come un sussurro, la inseguiamo stretti stretti nei corridoi della cantina, prima di spalle e poi di fronte, continuando comunque a non capire cosa sia a muoversi - cosa vogliano esprimere quei passi, quelle spalle piccole timide dentro un fagotto scuro - finché sulla sua pelliccia di gorilla, tolto il cappello nero, fanno capitombolo nell’oscurità enormi ciocche bionde, svegliandoci un momento dal torpore di quel

dormiveglia dov’eravamo sdraiati con Lorenzo, per poi tornarci tutti insieme, dolcemente, mimetizzati e protetti dal conforto e dalla libertà del buio. E’ nella foschia della polvere dei vecchi armadi, in un’atmosfera di pacata disinibizione, che i due possono ritrovarsi a ballare dinoccolati David Bowie detto con le parole di Mogol, le note di Ragazzo solo, ragazza sola - sembrandoci allo stesso tempo in quel loro profilo incerto, amici e amanti, fratello maggiore e sorella minore, madre e figlio; come se assistessimo a gioco di ruolo, a un “facciamo finta che” bambino di un’ora - in una scena che, se non fosse per la splendida cadenza catanese di Tea Falco che andrebbe altrimenti persa, potrebbe ben riassumere la pellicola. Poi? Poi, l’ultimo briciolo di polvere cade morbido sugli altri nella clessidra, suona la sveglia, si aprono le finestre e ci si infilano le scarpe, con un nodo stretto: dal gioco, dalla cantina, dal cinema, si esce. “Il gioco s’è fermato all’improvviso / ti ha lasciato solo dove la strada finisce” recita una poesia di un altro Bertolucci, questa volta Attilio, ed è proprio in una delle strade di Trastevere che ci ritroviamo prima e dopo i titoli di coda, persi e sbigottiti insieme a Lorenzo, rimasto solo, in una città che è quella di tutti e due. Che siano lenti Prima della Rivoluzione, passi al buio sotto La Luna, o in semplici titoli, tanghi a Parigi, incuriosisce il fatto che a settant’anni Bernardo continui ad avere sempre a cuore le strofe, quello che si può dire senza parlare, prendendosi le mani e muovendo quattro piedi - o forse chissà cantare, in un tacito, amoroso omaggio a quelle strofe che componeva suo papà. Natalia La Terza

no riscosso successo sin dalla prima stagione del lontano 1998, tenendo letteralmente incollate al teleschermo milioni di donne. Qual è l’origine del grande successo ? Sicuramente la centralità della figura femminile, vera e unica protagonista della serie, analizzata in tutte le sue sfaccettature e debolezze. C’è chi non può avere figli, la quarantenne che fugge dall’amore e si sfoga con giovani attori palestrati, la donna in carriera. Ci sono tutte le donne. Nessuna può sentirsi esclusa, il pubblico femminile sogna di diventare ricco e famoso come Carrie ma anche seducente e scaltro come Samantha. In realtà il creatore della serie, Darren Star, ha scoperto l’acqua calda: infatti prima di lui critici cinematografici hanno trattato il tema della donna e del passaggio da donna strumento nelle mani dell’uomo a donna in carriera, emancipata e brillante. Un esempio è Laura Mulvey, critica cinematografica femminista che con il saggio “Visual Pleasure and Narrative Cinema” del 1973, sottolinea come le pellicole di Hollywood degli anni 70 del 1900 propongono modelli patriarcali. Il “male gaze” costruisce la donna come entità sessuale, oggettificandola ed esaltandone solo le caratteristiche fisiche che provocano piacere nell’uomo. La Mulvey ribalta la concezione di donna – velina – oggetto ancora oggi presente in numerosi programmi televisivi (e non solo), esaltandone le qualità intellettive e l’indipendenza. “Sex and the city” non fa altro che proporre tematiche già trattate in passato utilizzando l’ironia, il fascino della moda e del consumismo. C’è chi dice che la serie tv sia il banale prodotto dell’imperialismo americano che tenta di inculcare valori come il capitalismo, il consumismo e i famosissimi falsi bisogni di Marcuse che ci spingono a desiderare oggetti superflui di cui prima non sentivamo nemmeno lontanamente la necessità. Sicuramente questo è vero, ma, a quanto pare, il prodotto piace. Forse, alla fine, gli americani non stanno tentando di imporre niente e siamo noi che scegliamo di adottare il loro “way of life”. Del resto, ognuno è artefice del proprio destino ed è inutile nascondersi dietro falsi moralismi: quale donna rifiuterebbe un tacco dodici Gucci? Jessica Di Paolo


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Calcio d’Angolo

Febbraio 2013

Ciao e grazie, Presidente Trama di gioco e telaio sociale In camera mia c’è un poster, è del 2002. C’è Bazzani, che molti ricordano come marito di Alessia Merz, ma per noi di Genova è un bomber implacabile, c’è Flachi, non quello della cocaina, ma quello delle rovesciate, poi c’è il futuro show-man Bettarini e un giovane ragazzo di vent’anni che oggi è ancora lì, Angelo Palombo. Nella foto di squadra non compare, ma il protagonista è lui, Riccardo Garrone, per gli amici Duccio.Se ne va dopo dieci anni di presidenza, lo rimpiangeremo, perché persone come lui sono rare. Il Presidente Napolitano ha espresso cordoglio definendolo «persona di ricca e gentile umanità». Il suo sigaro e il suo cappello raccontano lo stile di un uomo che lavorava per l’azienda di famiglia, per la città e la sua squadra con la stessa professionalità e dedizione. Il torneo Ravano ERG, ideato da Paolo Mantovani, portato avanti e arricchito negli anni dopo la sua scomparsa, è il fiore all’occhiello della Sampdoria, occasione unica per portare nelle scuole i valori dello sport. Riccardo Garrone ci credeva, come ha creduto nell’arte come veicolo d’integrazione e di sviluppo umano dei bambini, creando MUS – E, Onlus nata nel 1999 per coordinare nel nostro paese l’originale progetto europeo Musique – Europe. Valorizzare le differenze, evitare l’emarginazione sociale: era questa l’idea che muoveva il Presidente. Nel mondo del calcio ha perso e ha vinto. Non ha avuto successo nel progetto di costruire uno stadio di proprietà, costretto nelle lungaggini e nei vincoli posti dalla burocrazia; ha combattuto spesso inutilmente nei palazzi di potere cercando di riformare le regole dei diritti televisivi. Ha contribuito però a ricordarci che il calcio è un gioco, riuscendo nell’impresa di rendere le trasferte un motivo di incontro tramite il fair-play village. In questa iniziativa sta molto dell’idea di calcio che ha guidato negli anni la politica del Presidente. Sempre passionali le sue battaglie, molte delle quali contro logiche difficili da modificare, contro ostacoli duri a sfidare, perché questo era Garrone, uomo generoso che adottava una prospettiva culturale, forse anche morale, a prescindere dal settore, che si trattasse di quello industriale come del mondo del pallone. Riccardo Garrone soprattutto ha salvato un patrimonio del calcio

dal fallimento nel 2002, vi ha investito, forse negli anni se ne è innamorato. Arrivò a Genova nel 2007 Cassano, si creò un legame speciale tra i due. E la ferita dell’addio ha fatto male, come solo i rapporti più veri sanno fare. Cacciato il figliol prodigo, svenduti i pezzi migliori in un momento di vuoto societario, si è infine trovato prima in un mare di critiche, poi nell’incubo sportivo della retrocessione. Tutto da rifare, con l’aggravio di una malattia lunga, affrontata nel riserbo fino all’ultimo. Nel giugno scorso arriva l’ultima gioia sportiva con l’incredibile promozione, via play-off, da

sesti in classifica. Il 23 gennaio infine, l’atmosfera malinconica e la partecipazione compunta che solo Genova conosce, l’ultimo saluto al Presidente della Sampdoria. La seguirà altrove, ma se n’è andato con la speranza che ogni sampdoriano che parte porta nel cuore e che Lettera da Amsterdam, canzone che a Duccio piaceva tanto, ha saputo rendere a parole:chissà che un giorno io non la riveda, chissà che lei non venga proprio qui, vestito per la festa di certo lei mi riconoscerà. Matteo Oppizzi

Il Gran Bazar del calciomercato di Gennaio I veri colpi, si sa, ci si riduce a farli sempre e solo negli ultimi tre giorni, se non nelle ultime tre ore. L’attesa è costantemente spasmodica. Proprio come avviene con la sostituzione, nel momento esatto del cambio durante la partita, l’attenzione erroneamente è tutta incentrata su chi entra, piuttosto che su chi se ne va, su chi esce. E’ il caso di Pato, ennesimo simbolo di un Milan che ha lasciato definitivamente spirare la sua vecchia anima. Dopo Ibra e Thiago Silva e tutta la “vecchia guardia”, anche il Papero si arrende a ventitré anni alle prestazioni che appaiono irrimediabilmente inette copie a pastelli della pittura ad olio su tela che furono i suoi esordi. E insieme a lui gli addii in sordina di Sneijder, volato in Turchia, al Galatasaray, che, con l’ingaggio anche di Drogba, rispecchia l’ambizione di entrare nell’Europa che conta del suo Paese, Coutinho che proverà a riscoprirsi fenomeno nei Reds di Liverpool e l’ex juventino Momo Sissoko, il quale lascia l’isola d’oro del PSG per tornare alla cara vecchia Serie A, a Firenze. Tra gli arrivi Lucas Moura è una matricola di prim’ordine nel panorama calcistico europeo essendo arrivato solo nei primi giorni di gennaio al Paris Saint-German dal Sao Paulo per la modica cifra di 40 milioni di euro. Mentre maggiore scalpore ha fatto Balotelli al Milan. 20 milioni di euro. Ingente la cifra della trattativa Balotelli. Questo calciomercato però è stato anche quello delle trattative saltate all’ultimo come Felipe Anderson dal Santos alla Lazio o i tanti giocatori inseguiti dalla Juve, da Icardi a Poli fino a Drogba che poi ha portato a Torino solo Anelka. Il calciomercato italiano desta comunque speranze con il nuovo che avanza, inteso come

linea verde dei giocatori acquistati (Salamon classe ‘91 dal Brescia al Milan, Kovacic e Radosevic entrambi ‘94 ed entrambi dal campionato croato rispettivamente ad Inter e Napoli) e delle nuove forze propense ad imporsi come grandi (ritrovate) del nostro campionato: Napoli e Fiorentina. Il Napoli ha portato a casa, passando dalle cessioni di Edu Vargas, Fideleff , Aronica e Dossena, buoni giocatori come Armero sulle fasce, Calaiò come vice-Cavani e Rolando, che darà spessore e alternative fra i centrali difensivi partenopei: sembrano i rinforzi giusti nella battaglia intrapresa come anti-Juve per la lotta-scudetto. Anche la Fiorentina, guidata dal vanto della nuova generazione degli allenatori italiani Montella, sembra voler aspirare a qualcosa di più che il sesto posto occupato in questo momento. Girando Olivera e Cassani al Genoa di Preziosi sempre più nelle sabbie mobili, i Viola si sono aggiudicati le prestazioni su tutti di Compper, il trequartista classe ‘92 Wolski e soprattutto l’emigrante Giuseppe Rossi che con 10 milioni di euro torna in Italia dal Villarreal impantanato in Seconda Divisione Spagnola. Annotiamo poi gli ingaggi di Peluso da parte della Juve e Torosidis da parte della Roma... La megamacchina Calcio non si ferma mai e non abbiamo lo spazio per considerare le trattative estere. Il motore del mercato è comunque caldo e quest’estate cosa dovremo aspettarci? Le solite strategie per gli affari last minute e le trattative lampo? Poi c’è Guardiola, allenatore del Bayern Monaco da luglio, pare che abbia a disposizione 284 milioni di euro per la campagna estiva, non ci resta che aspettare! Valerio Flavio Ghizzoni


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This is college basketball, baby! Quel luogo incantato in cui non conta il nome che porti dietro la maglietta, ma soltanto quelle poche lettere che indossi con fierezza sul tuo petto. Dove resiste imperterrita la vera natura del basket, non ancora intaccata da sponsor, business e bramosia di denaro. Dove quanto vali lo si mi-

sura attraverso le tue gesta sul campo, e non da quanti zeri compaiono sul tuo contratto. Questo è il college basketball, limbo tra la “strada” e l’inferno-paradiso del professionismo, dove regnano sovrani la passione, l’orgoglio, e l’appartenenza ai colori della squadra, perché questi rappresentano

Tra F1 e MotoGp, aspettando il Risorgimento Ogni sport e ogni campionato ha i suoi momenti bui e i suoi picchi. E’ capitato e se ci sono competizioni che in questi anni stanno vivendo il loro massimo splendore, Tennis e Rugby su tutti, ce ne sono altri che stanno soffrendo e non poco. Fa parte di questa triste categoria la Formula 1, che sta perdendo frotte di appassionati a causa dei campionati non sempre molto avvincenti e alle limitazioni economiche e regolamentari che stanno soffocando una delle competizioni più amate del secolo scorso. Non a caso visitando diversi blog di appassionati si nota un certo pessimismo per il prossimo campionato, che come forse saprete vedrà spegnersi i semafori per la prima volta il 17 marzo a Melbourne, Australia. I forum e blog vari infatti credono che nemmeno questa sarà la stagione del “Risorgimento della Formula1”. Le cause ? Le più varie, anche se il maggior imputato è proprio quel Bernie Ecclestone che finanzia l’intero giochino, guadagnandoci non poco ovviamente. A vedere bene però i limiti sono tecnici, il campionato ha cominciato a perdere il suo appeal quando si è avuta la sensazione che a vincere non fossero più i piloti ma i progettisti, tra cui il più famoso è quell’Adrian Newey, che per carità è un genio, ma un po’ troppo determinante specie se pensiamo che le sue intuizioni tecniche difficilmente potranno essere riutilizzate nella produzione di auto di serie. E’ poi giusto aprire una parentesi facendo notare come anche Newey , secondo molto appassionati,

tenda a trarre molta ispirazione da chi progetta e deposita i progetti del telaio con un discreto anticipo rispetto al team che porta il nome della bevanda che l’80% degli studenti ha sperimentato sotto esami. A limitare però il potenziale di tanti team di Formula 1 è l’idea, ormai introdotta da qualche anno, di riduzione dei costi, che cozza enormemente con lo spirito di sperimentazione insito nella massima competizione motoristica, ma questo effettivamente è dovuto anche al fatto che ormai di grosse innovazioni da riportare poi nelle “auto comuni” non se ne vedono da un po’, l’ultima forse è quella del Kers, il sistema di recupero dell’energia in frenata che però ha evidenti limiti e soprattutto non appare indispensabile per il buon funzionamento della macchina che usiamo per uscire il venerdì sera. Infatti ormai l’ambito di ricerca fondamentale nell’industria automobilistica non è più quella della prestazione ma piuttosto quella dei consumi, e diciamo che i motori della formula 1 non brillano su questo aspetto. 1,3 chilometri con un litro non identificano propriamente le auto verdi. La speranza è l’ultima a morire, ed è rappresentata dagli unici due piloti di vero talento che sono rimasti nel circuito cioè Hamilton e Alonso, chissà che non riescano a rendere un po’ meno noioso lo spettacolo. I motoristi italiani inoltre non hanno nemmeno di che consolarsi nell’ambito delle due ruote, in Moto Gp difficilmente infatti vedremo una riscossa dei nostri colori. La Ducati causa ridimensionamento del budget difficilmente tornerà a breve ai fasti dell’era Stoner e Valentino Rossi che per la prima volta in carriera si ritrova a fare da secondo pilota in un team che specialmente all’inizio favorirà Lorenzo, vero protagonista delle ultime stagioni, ma chi lo sa, magari il campionissimo di Tavullia saprà chiudere con un colpo di coda la sua grandiosa carriera. Matteo Liberti

anni e anni di tradizione universitaria. Dove si respira la storia, quella vera, quella fatta di college che affondano le proprie radici in passati molto più che remoti, di programmi sportivi e filosofie di gioco che hanno fatto “scuola” anche tra i più grandi, di magliette e di colori che significano molto di più di un semplice movimento universitario. Migliaia, centinaia di migliaia sono spesso le anime che ruotano attorno ad una squadra sportiva collegiale, specialmente di basket. Perché è vero che i primi protagonisti dello spettacolo sono i giocatori, ma è ciò che gli ruota attorno il vero motivo trainante di tutto il movimento. Tra ex-alunni, parenti, semplici appassionati e veri e propri ultras scalmanati, si nasconde ciò che rende speciale, a tratti fiabesca, l’atmosfera del basket universitario. La cornice di tifo ed il senso di appartenenza che si combinano tra gli spalti dei palazzetti sono uniche nel loro genere. Code interminabili alla biglietteria, calche sovrumane sui seggiolini, bande musicali che suonano ininterrottamente per 40 minuti di gioco, cheerleader e mascotte che intrattengono gli spettatori. Sono solo alcuni degli aspetti più affascinanti del folklore che orbita intorno alle squadre. Per non parlare di quando a scontrarsi non sono due college qualsiasi, ma vere e proprie icone come North Carolina e Duke, Kentucky e Louisville, Kansas e Kansas State, che danno vita a sfide memorabili, spesso rimaste indelebili nella memoria di chi le ha vissute in prima persona. L’entusiasmo che si respira è spasmodico, contagioso anche per chi sul parquet deve effettivamente rappresentare l’onore di tutto l’ateneo. Ne deriva un’intensità di gioco elevatissima, che sopperisce alle evidenti mancanze tecniche di alcuni mentre eleva all’ennesima potenza i mezzi tecnico-atletici di altri. Il tutto viene poi amplificato al massimo, proprio fra pochi giorni, nel periodo di Marzo, quando la caccia al titolo di ‘regina delle università’ dà vita ad uno degli eventi più imprevedibili ed accattivanti dell’intero panorama sportivo: la March Madness. Luogo di gioie indelebili e delusioni cocenti, sorprese insospettabili e cadute rovinose. Si avanza al ritmo di partite secche, in cui l’unico diktat imperante è “Vietato sbagliare!”. Tutto questo è il basket universitario, luogo dove gli egoismi individuali non trovano spazio, dove all’Io subentra prepotentemente il Noi. Si cade e ci si rialza insieme, si perde e si vince come una squadra, come una comunità. Emiliano Testini



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