Esiste una relazione di reciprocità, un interscambio tra il Führer e il popolo, e la follia dell’uno stimola e scorre dentro l’altro, e viceversa. Non è stato solo Hitler, il pazzo, che ha creato la follia tedesca, ma la follia tedesca che ha creato Hitler. Da un punto di vista scientifico, siamo costretti a considerare Hitler, il Führer, non come una persona in sé diabolica e malvagia, per quanto le sue azioni e la sua filosofia possano essere, ma come l’espressione di uno stato d’animo esistente in milioni di persone, non solo in Germania.
LE BussoLE 12
Walter C. Langer
LA MENTE DI ADOLF HITLER IL PROFILO PSICOLOGICO
IN UN RAPPORTO SEGRETO IN TEMPO DI GUERRA
CON LA COLLABORAZIONE DI
Professor HENRY A. Murray, Harvard Psychological Clinic Dottor ERNST KRIS, New School for Social Research Dottor BERTRAM D. LAWIN, New York Psychoanalytic Institute Traduzione e cura di Noemi Heike
GINGKO
EDIZIONI
A PSYCHOLOGICAL ANALYSIS OF ADOLF HITLER HIS LIFE AND LEGEND united states office of strategic services office of strategic services, 1943 LA MENTE DI ADOLF HITLER Il profilo psicologico in un rapporto segreto in tempo di guerra
Traduzione dall’inglese: © 2013 NoEmi HEikE © Copyright 2013 GiNGko EDizioNi san Pietro Capofiume (Bo) www.gingkoedizioni.it i EDizioNE maggio 2013 Collana Le Bussole isBN 978-88-95288-46-8 Progetto grafico di copertina: © 2013 ATALANTE
IndIce iNTroDuzioNE di Noemi Heike PrEFAzioNE dell’Autore 27
CAP. 1 | Hitler, come egli crede di essere
45
CAP. 2 | Hitler, come il popolo tedesco lo conosce
69
CAP. 3 | Hitler, come i suoi collaboratori lo conoscono
127
CAP. 4 | Hitler, come egli conosce se stesso
185
CAP 5 | Analisi psicologica e ricostruzione
259
CAP 6 | Il probabile comportamento di Hitler in futuro
INTRODUZIONE di Noemi Heike
A
Psychological Analysis of Adolf Hitler: His Life and Legend, un classico nella storia della psicologia, fu uno dei primi pionieristici tentativi di profilazione criminale di un politico vivente e gettò le basi per la nascita all’interno dell’FBI della Behavioral Analysis Unit (BAU), l’Unità di Analisi Comportamentale. La ricerca fu commissionata nell’ottobre del 1943 a uno psicologo di Harvard di nome Walter Charles Langer, da parte dell’allora capo dell’OSS, Office of Strategic Services (il precursore della CIA), il veterano di guerra e pluridecorato William Joseph Donovan, con lo scopo di tracciare un profilo psicologico di Hitler che servisse durante la Seconda Guerra Mondiale ai comandi alleati per capire la personalità del leader nazista ed, eventualmente, per prevedere le sue mosse nell’immediato futuro. I risultati dello studio furono consegnati all’OSS I
La mente di Adolf Hitler
come rapporto top secret tra la fine del ’43 e gli inizi del ’44, dopo soli cinque mesi, e richiesero uno sforzo non indifferente di filtraggio e validazione di un’enorme mole di materiale contraddittorio, conflittuale e poco affidabile che circolava sul conto del dittatore tedesco. Prima della Seconda Guerra Mondiale le operazioni di intelligence degli Stati Uniti fuori dal territorio venivano gestite e supervisionate dal Ministero della Guerra. Fu il presidente Roosevelt che nel giugno 1942 autorizzò l’istituzione di un Ufficio di Servizi Strategici, una sorta di agenzia civile il cui compito doveva essere la raccolta delle informazioni e la realizzazione di operazioni segrete che non potevano essere affidate ad altre agenzie. All’OSS venne affidata, in particolare, la responsabilità della cernita e dell’analisi delle informazioni utili ai capi di Stato Maggiore delle Forze Alleate nella guerra contro le potenze dell’Asse, nonché la pianificazione di operazioni a sostegno degli apparati di spionaggio. William J. Donovan era un compagno di corso del presidente Roosevelt alla Columbia University. Aveva combattuto come ufficiale dell’Esercito ed era stato insignito della Medaglia d’Onore durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo aver ricevuto l’incarico, invitò William Leonard Langer, che dirigeva la Sezione di Ricerca dell’OSS, a mettere insieme un team di esperti — psicoanalisti e psicologi — per tracciare un profilo della personalità di Adolf Hitler. William assegnò a sua volta l’incarico a suo fratello Walter. Walter C. Langer, già psicoanalista di primo piano, II
Introduzione
dopo essersi laureato nel 1923 a Harvard si era trasferito a Vienna negli anni Trenta. Qui aveva studiato con Anna Freud e aveva avuto modo di instaurare uno stretto rapporto di tipo professionale con suo padre, Sigmund Freud. Nel 1938 aveva accompagnato in Inghilterra il padre della psicoanalisi dopo l’emanazione delle leggi razziali. Nel momento in cui suo fratello lo reclutò, Walter era un ricercatore a Cambridge, Massachusetts, e uno studioso molto rispettato nella comunità psicoanalitica. Pur non essendo un medico, era stato il primo membro ammesso alla American Psychiatric Association. Era figlio di recenti immigrati tedeschi in America e Johanna Rockenbach, sua madre, era ebrea. A quarantaquattro anni Langer costituì un gruppo di lavoro eccezionale. Cercò ed ottenne la collaborazione di eminenti studiosi come il grande psicologo Henry A. Murray, della Harvard Psychological Clinic, che aveva già preparato un documento per l’OSS dal titolo ‘‘Analisi della personalità di Hitler’’ (le cui conclusioni vennero poi per buona parte assorbite nella relazione di Langer), Ernest Kris della New School for Social Research, Bertram D. Lawin, del New York Psychoanalytic Institute, nonché altri ricercatori e, soprattutto, ex nazionalsocialisti insoddisfatti e personaggi in disaccordo con Hitler che lo avevano conosciuto da vicino. Langer intervistò anche il nipote di Hitler, William Patrick Hitler, contattò il dottor Eduard Bloch, il quale, in Austria, era stato il medico della famiglia Hitler. Bloch aveva conosciuto Hitler da bambino ed era rimasto con lui in rapporti amichevoli fino all’età gioIII
La mente di Adolf Hitler
vanile. Fornì al gruppo dettagli preziosi sulla vita domestica e familiare del futuro Führer, nozioni su suo padre e sui rapporti tra i genitori. Descrisse l’atmosfera che regnava in casa, lo stato di salute del giovane Adolf, la reazione alla morte di sua madre, e tanti altri aneddoti. Grazie alla sua testimonianza, e in modo indiretto da altre fonti, Langer appurò che il padre di Hitler era un ubriacone, un donnaiolo, ed era solito picchiare la moglie, i figli, e persino il cane. Durante una di queste sue consuete sfuriate ridusse quasi in fin di vita lo stesso Adolf. Bloch riferì che la madre di Hitler aveva nei confronti di suo figlio un atteggiamento iperprotettivo e che lo viziò e vezzeggiò durante l’infanzia in modo morboso. Era ossessionata dalla pulizia e dall’ordine e obbligò molto probabilmente il piccolo Adolf al vasino troppo precocemente, creandogli forti sensi di colpa e repulsione. Queste e altre informazioni ricevute da Bloch servirono a Langer per tracciare un quadro piuttosto articolato dell’infanzia di Hitler e gli fornirono gli spunti per interpretare una serie di tendenze e pulsioni caratteriali della sua età adulta. Il fatto che per esempio la madre avesse perduto due figlie e tre figli prima che lui nascesse, secondo Langer poteva spiegare la sua sindrome da Messia, così come la pulizia compulsiva della madre, insieme all’obbligo del vasino e all’odio nutrito nei confronti di suo padre, coerentemente con la teoria freudiana aveva suscitato nel bambino l’insorgenza del complesso di castrazione e la paura della sifilide. D’altronde, nel Mein Kampf HiIV
Introduzione
tler parla diffusamente della sifilide e dedica quasi un intero capitolo alle sue devastazioni. Freud osserva che non è raro che colui che nutre questa grande paura della sifilide ha subito una lesione genitale infantile. Langer intervistò anche Otto Strasser, il fratello di Gregor Strasser. Entrambi erano stati tra i primi leader e fondatori del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi, poi epurati da Hitler e messi al bando. Gregor fu ucciso durante la Notte dei lunghi coltelli, nel 1934, mentre Otto riuscì a fuggire in tempo dalla Germania e, dopo varie peripezie, fu in grado di raggiungere il Canada dove Langer lo contattò. Tra le altre testimonianze che Otto rilasciò a Langer ce ne furono alcune che servirono a costruire un quadro meno torbido riguardo la sessualità di Hitler. Otto, infatti, conosceva Geli Raubal, la nipote di Hitler. Hitler intrattenne con Geli per qualche tempo una relazione molto chiacchierata — si disse di tipo perverso e incestuoso. Geli era il soprannome di Angela Maria Raubal, la figlia della sorellastra di Hitler, Angela Hitler. Otto Strasser, che aveva incontrato diverse volte Geli (e che per questo aveva reso Hitler furioso al tal punto che aveva vietato loro di vedersi), raccontò che la ragazza gli aveva riferito che suo zio era solito rinchiuderla in un armadio se disobbediva ai suoi ordini e che Hitler aveva con lei un rapporto sessuale che comprendeva la coprofagia, secondo cui Hitler amava farsi defecare e urinare addosso. Geli si suicidò a soli ventitré anni, il 18 settembre 1931. Anche Ernst Franz Sedgwick Hanfstaengl era un amico intimo di Adolf Hitler. E contribuì molto alla preparazione del lavoro di Langer. Agli inizi aveva inV
La mente di Adolf Hitler
trodotto Hitler nei circoli dell’alta società di Monaco di Baviera e contribuito a finanziare la pubblicazione del Mein Kampf. Hitler era il padrino di suo figlio. Langer e il suo team raccolsero informazioni da molte altre persone che avevano conosciuto personalmente Hitler — tra queste, la Principessa Stephanie von Hohenlohe e Friedlinde Wagner (figlia di Richard Wagner, ex amica di famiglia di Hitler, e in seguito attivista antinazista) — ma esaminarono al contempo numerosi e vari documenti relativi a Hitler riuscendo a razionalizzare una mole considerevole di citazioni e di versioni condensate di documenti più lunghi che poi confluirono nel cosiddetto The Source Book Hitler, il quale fu allegato al rapporto vero e proprio. Tra questi documenti figurano telegrammi di diplomatici britannici in contatto con Hitler nei giorni prima dell’invasione della Polonia; gli estratti del diario dell’ambasciatore William Dodd che aveva diretto l’Ambasciata degli Stati Uniti a Berlino negli anni 1933-37; un rapporto di intelligence redatto da un ufficiale di grado elevato poi catturato dai tedeschi, che trattava del comportamento di Hitler in compagnia dei comandanti militari tedeschi; alcuni stralci dei ‘‘Diari di Berlino’’, una presunta rivista messa in circolazione da un anonimo ufficio della capitale che seguiva giorno dopo giorno, come testimone oculare, gli intrighi e la gestione del potere in seno al Ministero della Guerra tedesco durante il 1932-33. Di particolare rilievo furono gli estratti del diario di William Shirer, giornalista e storico statunitense che si trovava a Berlino nei giorni dell’ascesa di Hitler, ma era anche a Vienna durante la crisi dell’Anschluss e in VI
Introduzione
Cecoslovacchia al tempo dell’invasione delle truppe naziste. Shirer è anche l’autore del libro The Rise and Fall of the Third Reich (Ascesa e caduta del Terzo Reich). Fu, dal 1938 al 1940, corrispondente radiofonico della CBS a Berlino e in tale veste venne reclutato da Edward R. Murrow per coprire la Germania. Murrow è considerato una delle maggiori figure del giornalismo mondiale. In quegli anni arruolò una serie di corrispondenti di guerra e fu noto per la sua onestà ed integrità nel diffondere le notizie. Il diario che Shirer tennne mentre era di stanza a Berlino copre gli anni che vanno dal 1937 alla fine del 1940. Langer e i suoi colleghi ebbero la possibilità di rivolgere domande anche a un ex capo della polizia di Berlino, così come alla già citata principessa Stephanie Marie von Hohenlohe mentre era detenuta in un campo di detenzione in Texas. La Principessa Hohenlohe era un’amica personale di Hitler, di Goering e di Ribbentrop. Dopo essere fuggita dalla Germania per timore di essere incriminata come spia, si rifugiò in Inghilterra e in seguito a San Francisco, dove il governo degli Stati Uniti la mise subito sotto protezione. Roosevelt la descrisse ‘‘estremamente intelligente e pericolosa’’ e, come spia, ‘‘peggio di diecimila uomini’’. Fornì un notevole spaccato del personaggio di Adolf Hitler. Langer ascoltò, tra gli altri, Ferdinand Jahn, che era un giornalista della United Press in Germania durante il 1920. Jahn aveva intervistato Hitler due giorni prima del fallito Putsch di Monaco del 1923. Ebbene, risulta evidente da tutte queste fonti e materiali a disposizione degli studiosi che la ricerca conVII
La mente di Adolf Hitler
dotta andò ben oltre il breve rapporto che era stato commissionato e divenne qualcosa di monumentale. Rappresenta non solo un contributo di studio innovativo — in particolare per quanto riguarda la psicologia politica — ma assume anche un importante valore di carattere storico dal momento che si tratta di una sorta di battesimo per i servizi segreti americani, senza contare che implicava il riconoscimento ufficiale della psicoanalisi come strumento per lo sviluppo di profili criminali. Ma non solo. Perché nel costruire il profilo psicologico di Hitler, Langer attinse fortemente alle idee di Sigmund Freud, specie all’influenza delle esperienze infantili precoci nella determinazione del carattere di un individuo, e dunque come tale il rapporto fornì e fornisce a tutt’oggi al lettore una finestra affascinante sulla meccanica e sulla applicazione dell’analisi freudiana. Gli argomenti trattati nella ricerca sono molteplici. Includono: • il background familiare di Hitler; • l’istruzione e formazione scolastica; • gli scritti e le letture; • la capacità di concentrazione; • la sensibilità al rumore; • la capacità di silenzio; • la conversazione e l’oratoria; • la condizione fisica e l’aspetto personale; • la pulizia; • la resistenza; • la voce; • la malattia; • il sonno; VIII
Introduzione
• la dieta; • il consumo di alcol; • il fumo; • la protezione personale; • la dimensione dell’intrattenimento, ovvero la fruizione della musica, il piacere per la danza, il teatro e il cinema; • la trasformazione di Hitler durante la sua prigionia a Landsberg; • la sua vita sessuale; • le tecniche spettacolaristiche di preparazione dei suoi raduni; • l’uso della propaganda; • le relazioni interpersonali, formali e affettive.
Langer cita brevemente anche la questione rimasta tuttora insoluta circa un’origine ebraica di Hitler, partendo dal fatto che suo padre, Alois, era figlio illegittimo di Maria Schicklgruber, la quale aveva lavorato come servitrice in casa dei Rothschild a Vienna .
Il rapporto cerca soprattutto di delineare, alla luce di tutte queste informazioni, quale comportamento Hitler avrebbe tenuto nell’immediato futuro. Gli studiosi predissero che Hitler sarebbe diventato sempre più nevrotico a mano a mano che le sorti della guerra gli si sarebbero rivoltate contro. Le sue collere sarebbero state più frequenti e intense. Egli avrebbe fatto meno apparizioni pubbliche e sarebbe diventato sempre più solitario. Aspettandosi la completa distruzione della Germania, avrebbe ordinato una politica di terra bruciata, infine si sarebbe suicidato. IX
La mente di Adolf Hitler
Con piglio profetico gli autori concludevano: In ogni caso, la sua condizione mentale continuerà a deteriorarsi. Combatterà più a lungo possibile con qualsiasi arma o tecnica che può essere evocata per risolvere l’emergenza. La strada che seguirà sarà quasi certamente quella che gli sembrerà più sicura per l’immortalità e, al tempo stesso, per trascinare il mondo in fiamme.
Mentre è ancora una questione aperta se e quanto la relazione di Langer influenzò l’azione dei leader Alleati, certo è che questa segnò un cambiamento radicale nel ruolo della psicologia militare e della strategia politica. Si trattava di una delle prime applicazioni pratiche del profilo psicologico a livello mondiale e, nonostante le lacune critiche, dovute alla natura indiretta delle fonti consultate, ovvero all’impossibilità da parte degli studiosi di studiare il proprio oggetto dal vivo, fu considerata un successo per l’OSS e ufficializzò l’impiego di tale approccio per aiutare la strategia politica, tant’è che ancora oggi la CIA continua a produrre profili psicologici. Li ha utilizzati al tempo di Kennedy per studiare Crusciov, li ha utilizzati nel caso di Fidel Castro e, in anni più vicini, con Sadam Hussein e con il giovane dittatore nordcoreano Kim Jong-un. La relazione fu desecretata nel 1968 e fu conosciuta dal grande pubblico nel 1972, quando venne pubblicata dalla casa editrice newyorkese Basic Books in un libro dal titolo The Mind of Adolf Hitler: X
Introduzione
The Secret Wartime Report. Si trasformò in un bestseller. Per quanto riguarda Walter C. Langer, egli rimase convinto del valore dei profili psicologici fino alla sua morte, avvenuta nel 1981 in California. Nella prefazione del suo libro del 1972 scrisse: Posso essere ingenuo nelle questioni diplomatiche, ma mi piace credere che se un tale studio di Hitler fosse stato compiuto anni prima, con meno tensione e con più possibilità di raccogliere informazioni di prima mano, non ci sarebbe stata Monaco; e che un analogo studio di Stalin avrebbe potuto produrre una diversa Yalta, così come uno su Castro avrebbe potuto prevenire la situazione cubana, e uno incentrato sul presidente Diem avrebbe potuto evitare il nostro profondo coinvolgimento in Vietnam.
XI
PREFAZIONE
di Walter C. Langer
Q
uesto studio non è propagandistico in alcun senso. Rappresenta un tentativo di analisi del ricco, contraddittorio, conflittuale e poco affidabile materiale riguardante Hitler che, entro certi limiti, potrebbe essere utile ai decisori politici e a coloro che desiderano elaborare una contro-propaganda. Per questo motivo le prime tre sezioni sono puramente descrittive e trattano dell’uomo (1) come appare a se stesso, (2) come è stato raffigurato al popolo tedesco e (3) come egli è conosciuto dai suoi collaboratori. Queste sezioni contengono il materiale di base per l’analisi psicologica, mentre nelle parti IV e V si cerca di capire Hitler come persona e le motivazioni alla base delle sue azioni. Il materiale disponibile per tale analisi è estremamente scarso e incoerente. Per fortuna, abbiamo a nostra disposizione una serie di informatori che hanno conosciuto bene Hitler e che sono stati disposti a colXIII
La mente di Adolf Hitler
laborare al meglio delle loro possibilità. Lo studio sarebbe stato del tutto impossibile se non vi fosse stato un livello abbastanza alto di accordo nelle descrizioni del comportamento, dei sentimenti e degli atteggiamenti di Hitler fornite da questi diversi informatori. Partendo da tale materiale di base è sembrato opportuno procedere a riempire le lacune con conoscenze acquisite con l’esperienza clinica nel trattare con individui di tipo simile. Questa non è una procedura del tutto soddisfacente sul piano scientifico, ma è l’unico metodo possibile al momento attuale. In ogni caso, nel corso dello studio abbiamo cercato di essere il più obiettivi possibile nel valutare i suoi punti di forza e anche le sue debolezze. Tutti i numeri tra parentesi si riferiscono alle pagine di The Source Book Hitler, un volume accompagnatorio di approfondimento nel quale il materiale originale può essere trovato insieme al riferimento completo. I numeri tra parentesi preceduti da M.K. o M.N.O. fanno riferimento alle pagine del Mein Kampf e de Il mio Nuovo Ordine. Un indice dettagliato per il materiale originale si trova all’inizio del Source Book. Una bibliografia completa è allegata al presente studio. Si spera che la ricerca possa essere utile per una più profonda comprensione di Adolf Hitler e del popolo tedesco, e che possa servire da guida per le nostre attività di propaganda così come per i nostri rapporti futuri con loro.
XIV
NOTA DELLA TRADUTTRICE Per non appesantire troppo il testo si è scelto di omettere i numeri tra parentesi di cui parla l’autore, i quali rimandano al Source Book. Si tratta di un documento di oltre undicimila cartelle e, poiché non è mai stato tradotto in italiano, abbiamo ritenuto non indispensabile per il lettore ogni riferimento a specifiche pagine. Si è scelto altresì di non pubblicare la bibliografia, in quanto quasi tutti i libri citati o risultano da anni fuori edizione o sono esistenti nelle sole versioni in lingua tedesca e inglese. Si è deciso, invece, di lasciare i riferimenti tra parentesi al Mein Kampf e a Il mio Nuovo Ordine, così come usa nella versione originale del testo, ovvero M.K. e M.N.O. Li abbiamo tuttavia alleggeriti dei numeri di pagina che rimandano alle edizioni inglesi e tedesche consultate da Langer. N.H.
LA MENTE DI ADOLF HITLER
HITLER, COME EGLI CREDE DI ESSERE
A
i tempi della rioccupazione della Renania Hitler fece uso di una straordinaria figura retorica per descrivere la propria condotta. Disse: Seguo il mio corso con la precisione e la sicurezza di un sonnambulo.
Ancora una volta stupÏ il mondo con una dichiarazione inusuale per un leader indiscusso di sessantasette milioni di persone, proprio alla vigilia di una crisi internazionale. Lui la intendeva come una forma di rassicurazione per i suoi seguaci piÚ diffidenti che mettevano in dubbio la saggezza del suo corso. Sembra, tuttavia, che si trattasse di una vera confessione, e i suoi seguaci diffidenti ne capirono solo le implicazioni secondo cui avrebbero avuto motivi ben maggiori di temere ciò che sarebbe scaturito dalla sua proposta di rioccupare la Renania. E, infatti, il cammino di questo sonnambulo lo ha portato su molte
La mente di Adolf Hitler
strade non battute, le quali, alla fine, lo hanno condotto infallibilmente a un apice del successo e del potere mai raggiunto prima, ma lo hanno anche attirato, oggi, sull’orlo della rovina. Egli passerà alla storia come l’uomo più venerato e disprezzato che il mondo abbia mai conosciuto. Molte persone si sono fermate e si sono chieste: è un uomo sincero costui nelle sue imprese, o è un millantatore? Certo, anche una conoscenza frammentaria della sua vita passata giustifica una domanda del genere, tanto più che i nostri informatori ce lo hanno presentato con molte opinioni contrastanti. A volte, è sembrato quasi inconcepibile che un uomo potesse essere sincero e fare quello che Hitler ha fatto nel corso della sua carriera. Eppure, tutti i suoi ex collaboratori che siamo stati in grado di contattare, così come molti dei nostri informatori esteri più capaci, sono fermamente convinti che Hitler in realtà crede nella propria grandezza. Fuchs ha riferito che Hitler, durante un colloquio con Schuschnigg a Berchtesgaden, ha detto: Si rende conto, lei, di essere al cospetto del più grande tedesco di tutti i tempi?
Fa poca differenza per il nostro scopo se in quella determinata occasione abbia effettivamente detto tali parole. In questa frase ha riassunto un atteggiamento che ha espresso di persona ad alcuni dei nostri informatori. A Rauschning, ad esempio, una volta ha dichiarato: 28
Hitler, come egli crede di essere
Non ho bisogno che lei mi confermi la mia dimensione storica.
E a Strasser, che in un’occasione si prese la libertà di dire che noi temevamo che Hitler si fosse sbagliato, disse: Io non posso sbagliare. Quello che faccio e dico è storia.
Molte altre dichiarazioni simili sulla propria persona potrebbero essere citate. Oechaner ha riassunto il suo atteggiamento da questo punto di vista molto bene con le seguenti parole: Sente che nessun altro nella storia tedesca è dotato come lui delle capacità necessarie per portare i tedeschi alla posizione di supremazia che tutti gli altri statisti tedeschi hanno sentito che meritavano, ma erano incapaci di raggiungere.
Questo atteggiamento non è confinato solo verso se stesso come uomo di stato. Hitler crede anche di essere il più grande signore della guerra, come quando, ad esempio, ha detto a Raischning: Io non gioco alla guerra. Non mi lascio comandare dai ‘comandanti’. Sono io che conduco la battaglia. Quando è tempo di attaccare, solo io lo decido. Vi è una sola possibilità. Resto in attesa. Con ferrea determinazione. E non fallisco.
E davvero sembra che abbia dato una serie di con29
La mente di Adolf Hitler
tributi alle tattiche offensive e difensive e alla strategia militare tedesca. Reputa anche di essere un giudice eccezionale in materia legale e non arrossisce affatto quando si trova davanti al Reichstag, mentre parla a tutto il mondo, e dice: Nelle ultime ventiquattro ore sono stato il giudice supremo del popolo tedesco.
Poi, tra l’altro, crede di essere il più grande di tutti gli architetti tedeschi e impiega molto del suo tempo a disegnare nuovi edifici e a pianificare la ristrutturazione di intere città. Sebbene non sia riuscito a superare gli esami di ammissione alla Scuola d’Arte, è convinto di essere il solo giudice competente in tutte le questioni d’arte. Qualche anno fa ha nominato una commissione di tre membri chiamati a giudicare in modo definitivo su tutte le problematiche di natura artistica, ma quando i loro verdetti non gli sono piaciuti li ha congedati e ha assunto lui stesso le loro funzioni. Non importa se si tratta di economia, istruzione, affari esteri, propaganda, film, musica o abbigliamento femminile; in ogni campo si autoelegge ad autorità indiscussa. Si vanta anche per la sua durezza e brutalità. Sono uno degli uomini più duri che la Germania abbia avuto da decenni a questa parte, forse da secoli, dotato della più grande autorità rispetto a qualsiasi altro capo tedesco... ma, soprattutto, credo nel mio successo. Ci credo incondizionatamente. [M.N.O.]
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Hitler, come egli crede di essere
Questa fede nel suo potere si giustifica in realtà su un sentimento di onnipotenza che egli non è riluttante ad ostentare. Dopo gli eventi dello scorso anno, la sua fede nel suo genio, nel suo istinto, o, come si potrebbe dire, nella sua stella, è senza limiti. Coloro che lo circondano sono i primi ad ammettere che egli adesso pensa di essere infallibile e invincibile. Questo spiega perché non può più sopportare né la critica né il contradditorio. Contraddirlo è, ai suoi occhi, come commettere un delitto di lesa maestà; l’opposizione ai suoi piani, da qualunque parte provenga, è un assoluto sacrilegio verso cui l’unica reazione è un’immediata ed esagerata esibizione della sua onnipotenza. [Libro Giallo Francese]
Un altro diplomatico riporta un’impressione simile: Quando l’ho incontrato la prima volta la sua logica e il senso della realtà mi hanno colpito, ma col passare del tempo egli è diventato sempre più irragionevole e sempre più convinto della propria infallibilità e grandezza... [Henderson]
Sembra, quindi, esserci poco spazio per i dubbi riguardanti la ferma convinzione di Hitler nella propria grandezza. Dobbiamo ora indagare le radici di questa convinzione. Quasi tutti gli scrittori hanno fatto discendere la sua fiducia in se stesso dalla sua radicata fede nell’astrologia e dal fatto che è costantemente in contatto 31
La mente di Adolf Hitler
con astrologi che lo consigliano in merito alla sua linea di condotta. È quasi certamente falso. Tutti i nostri informatori che hanno conosciuto Hitler piuttosto intimamente scartano quest’idea come assurda. Sono tutti concordi nel ritenere che non ci sia nulla di più estraneo alla sua personalità che il chiedere aiuto a fonti esterne di questo tipo. L’informatore della Legazione olandese ha un’opinione simile. Riferisce: Non solo il Führer non ha mai commissionato un oroscopo, ma in linea di principio è contro gli oroscopi perché sente che potrebbe essere inconsciamente influenzato da essi.
È anche indicativo che Hitler, qualche tempo prima della guerra, ha vietato la pratica della chiromanzia e la lettura delle stelle in Germania. È vero che da fuori sembra che possa agire ed essere mosso da una guida di questo tipo che gli fornisce la sensazione della sua infallità. Ma queste storie nacquero probabilmente nei primi tempi del partito. Secondo quanto sostiene Strasser, nei primi anni del 1920 Hitler prese regolari lezioni di oratoria e studiò psicologia di massa da un uomo di nome Hanussen che era anche un astrologo praticante e un cartomante. Hanussen era una persona estremamente intelligente e insegnò a Hitler molto sull’importanza di mettere in scena raduni per ottenere il massimo effetto drammatico. Per quanto se ne può sapere, egli non ha mai avuto un particolare interesse per il movimento o una qualche voce in capitolo su quale corso 32
Hitler, come egli crede di essere
avrebbe dovuto seguire. È possibile che Hanussen avesse qualche contatto con un gruppo di astrologi (tra cui, in particolare, un certo von Wiegand), che erano molto attivi a Monaco di Baviera in quel tempo. Attraverso Hanussen anche Hitler può essere venuto in contatto con questo gruppo, perché von Wiegand scrive: Quando ho conosciuto Adolf Hitler a Monaco nel 1921-22, egli era in contatto con un circolo che credeva fermamente nei presagi delle stelle. C’era un gran mormorare sulla venuta di un altro Carlo Magno e di un nuovo Reich. Fino a che punto Hitler credesse in queste previsioni astrologiche e profezie in quei tempi, non ho mai potuto appurarlo dal Führer. Lui non ha mai né negato né confermato di crederci. Non era contrario, in ogni caso, ad avvalersi delle previsioni per promuovere e incentivare la fiducia del popolo in se stesso e nell’allora giovane movimento di lotta.
È del tutto possibile quindi che da questi inizi il mito del suo sodalizio con gli astrologi sia cresciuto. Anche se Hitler ha compiuto una notevole mole di letture in svariati campi di studio, egli non fa in alcun modo discendere la sua infallibilità e onniscienza da un qualsiasi sforzo intellettuale da parte sua. Al contrario, si acciglia su tali fonti quando si tratta di guidare il destino delle nazioni. La sua opinione circa la conoscenza è, infatti, estremamente bassa, anche perché in varie circostanze fa affermazioni come: 33
La mente di Adolf Hitler
Di secondaria importanza è la formazione delle capacità mentali. Gente super istruita, infarcita di conoscenza e intelletto, eppure priva di qualsiasi solido istinto.
Questi mascalzoni impudenti [gli intellettuali] che sanno sempre tutto meglio di chiunque altro...
L’intelletto è cresciuto privo di ogni controllo ed è diventato una malattia della vita.
La guida di Hitler, quindi, è qualcosa di completamente diverso. Sembra chiaro che egli sia convinto di essere stato inviato alla Germania dalla Provvidenza e di avere una missione particolare da svolgere, ma è di certo poco chiaro riguardo alla portata di questa sua missione, al di là del fatto che sia stato scelto per redimere il popolo tedesco e rimodellare l’Europa. Come tutto questo debba essere effettivamente compiuto rimane ancora piuttosto vago nella sua mente, ma ciò lo riguarda poco perché una ‘‘voce interiore’’ gli comunica i passi cui deve adempiere. Questa è la guida che lo porta per la sua strada con la precisione e la sicurezza di un sonnambulo. Ho obbedito ai comandi che la Provvidenza ha posto su di me.
Nessuna forza al mondo può scuotere ora il Reich tedesco. La Divina Provvidenza ha voluto che io portassi a compimento la realizzazione del compito germanico. 34
Hitler, come egli crede di essere
Ma se la voce parla, allora so che è arrivato il momento di agire.
È questa ferma convinzione nell’avere una missione da svolgere e nel trovarsi sotto la guida e la protezione della Provvidenza, la responsabile in gran parte dell’effetto contagioso che Hitler ha esercitato sul popolo tedesco. Molte persone ritengono che questo sentimento del destino e della missione siano venuti a Hitler dai suoi successi. Ma questo è sostanzialmente falso. Più tardi, nel nostro studio, cercheremo di dimostrare che Hitler ha avuto questa sensazione per molti anni, sebbene essa possa non essere affiorata come una convinzione consapevole se non molto dopo. In ogni caso, si è fatta strada nella sua coscienza durante la guerra e ha svolto un ruolo dominante nelle sue azioni da allora. Mend (uno dei suoi compagni), per esempio, riferisce: Ricordo ancora una sua strana profezia a questo riguardo. Poco prima di Natale [1915] disse che bisognava attendersi molto da lui. Dovevamo solo pazientare fino a che il suo tempo non fosse giunto.
Anche in seguito, nel corso della guerra, Hitler ha sottolineato diversi incidenti che dimostravano secondo lui come fosse sotto la protezione divina. Il più sorprendente è il seguente: Stavo mangiando la mia cena in una trincea con alcuni compagni. All’improvviso una voce sem-
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La mente di Adolf Hitler
brò dirmi: ‘‘Alzati e va’ là’’. Era così chiara e insistente che le obbedii automaticamente, come se fosse un ordine militare. Mi alzai subito in piedi e mi avviai per una ventina di metri lungo la trincea portandomi dietro la mia cena nella gavetta di stagno. Poi mi sedetti e feci per continuare a mangiare, con la mente di nuovo a riposo. Ma non feci in tempo a mandar giù il boccone che un lampo improvviso e un colpo assordante mi raggiunse dalla parte della trincea che avevo appena lasciato. Una granata vagante era precipitata in mezzo al gruppo in cui ero stato seduto, e ogni membro era stato ucciso.
Ci fu ancora una visione, mentre si trovava in ospedale a Pasewalk affetto da cecità presumibilmente causata da gas. Mentre ero a letto ebbi l’idea che avrei liberato la Germania e fatto grandi cose, e allora capii che questo si stava già concretizzando.
Queste esperienze poi devono essersi adattate in modo perfetto con le opinioni degli astrologi di Monaco, ed è possibile che in fondo Hitler abbia pensato che vi potesse essere qualcosa di vero nelle previsioni che essi riferivano sul suo conto. Tuttavia, in quel periodo, egli non fece nessun riferimento a loro, né si dilungò mai sulla guida divina che credeva di possedere. Forse sentiva che affermazioni del genere all’inizio del movimento avrebbero potuto ostacolarlo piuttosto che aiutarlo. Ad ogni buon conto, come von Wiegand ha sottolineato, non era 36
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contrario a sfruttare queste previsioni per legittimare i propri fini. A quel tempo era soddisfatto del suo ruolo di ‘‘tamburino’’ che stava comunicando la venuta del vero salvatore. Anche in questo caso, in realtà, il ruolo del tamburino non era poi così innocente o trascurabile nella mente di Hitler come si potrebbe supporre. Questo è stato messo in evidenza nella sua testimonianza durante il processo che seguì al fallito Putsch di Monaco del 1923. In quella circostanza disse: Insistere nel sostenere che io volessi raggiungere un posto ministeriale non lo reputo opportuno. Penso che un grande uomo non è degno del suo nome nella storia solo volendosi consegnare ad essa con il titolo di ministro. Ciò che avevo in mente, che è stato fin dal primo giorno il mio unico e vero obiettivo, era il voler essere il distruttore del marxismo. Io riuscirò in questo, e quando lo distruggerò il titolo di ministro per me sarebbe assurdo. Quando sono in piedi davanti alla tomba di Richard Wagner, il mio cuore si gonfia di orgoglio per il fatto che lì riposa un uomo che ha vietato di scrivere: ‘‘Qui riposa il direttore musicale, Sua Eccellenza, Barone Richard Wagner’’. Io sono fiero del fatto che quest’uomo e tanti uomini della storia tedesca si siano accontentati di fornire solo il loro nome ai posteri, e nessun titolo. Non per falsa modestia volevo essere il ‘‘tamburino’’. Questo è la cosa più importante, il resto sono sciocchezze.
Dopo la detenzione a Landsberg Hitler non si ri37
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ferì più a se stesso come al ‘‘tamburino’’. Occasionalmente si descriveva, con le parole di San Matteo, ‘‘come una voce che grida nel deserto’’, o come San Giovanni Battista il cui compito era quello di conformarsi a un percorso che doveva venire per lui e portare la nazione al potere e alla gloria. Più spesso, però, parlava di se stesso come ‘‘il Führer’, un nome scelto da Hess durante la loro prigionia. Col passare del tempo divenne chiaro che avesse cominciato a pensare a se stesso come al Messia e che si fosse convinto di essere il prescelto destinato a portare la Germania alla gloria. I suoi riferimenti alla Bibbia divennero più frequenti e il movimento iniziò ad impregnarsi di un’aura religiosa. Il confronto tra Cristo e se stesso era più ricorrente e trovava espressione nelle sue conversazioni e discorsi. Diceva: Quando qualche settimana fa sono arrivato a Berlino e ho guardato il traffico in Kurfuerstendamm, la lussuria, la perversione, l’iniquità, la lascivia manifesta e il materialismo ebraico mi hanno disgustato così tanto che ero fuori di me. Ho quasi pensato di essere come Gesù Cristo, quando Egli è venuto al Tempio del Padre suo e l’ha trovato invaso dai mercanti e dai profittatori. Posso ben immaginare come si sentiva quando ha afferrato la frusta e si è messo a flagellarli.
Durante questo discorso, secondo Hanfstaengl, Hitler ha scagliato attorno il suo frustino con violenza come per scacciare gli ebrei e le forze del male, i ne38
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mici della Germania e dell’onore tedesco. Dietrich Eckart, che vedeva Hitler come un potenziale leader e che aveva assistito a questa scena, disse più tardi: Quando un uomo arriva al punto di identificarsi con Gesù Cristo, allora è maturo per il manicomio.
Ma l’identificazione di Hitler non era con Gesù Cristo il Crocifisso, bensì con Gesù Cristo il furioso, il flagellatore della folla. È un dato di fatto che Hitler ammirasse ben poco Cristo il Crocifisso. Benché sia stato allevato come cattolico e abbia ricevuto la Comunione durante la guerra, egli ha reciso il suo legame con la Chiesa subito dopo. Questo genere di Cristo lo considerava molle, debole e inadatto come messia tedesco. Un messia tedesco, al contrario, doveva essere duro e brutale se voleva salvare la Germania e condurla al suo destino. Il mio sentimento come cristiano mi mostra il mio Signore e Salvatore come un combattente. Mi indica l’uomo che una volta, in solitudine, circondato solo da pochi seguaci, riconobbe questi ebrei per quello che erano, e mi esorta a combattere contro di loro mostrandomi colui che, in verità di Dio! era il più grande non come un malato, ma come combattente. Con sommo amore, come cristiano e come uomo, ho letto il passaggio che ci dice come il Signore sia assurto finalmente alla Sua potenza e, impadronendosi della frusta, abbia scacciato fuori dal Tempio la razza di vipere e serpenti.
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Come è stata eccezionale la lotta per il mondo contro il veleno ebraico. [M.N.O.]
Secondo Rauschning egli si riferì in un’occasione al ‘‘Cristo dall’effeminata pietà etica a cui credono gli ebrei’’. Non è chiaro dalle prove se la nuova religione di stato facesse parte del piano di Hitler o se gli sviluppi siano stati tali da rendere questa possibile. Certo è che Rosenberg aveva a lungo caldeggiato una tale evoluzione, ma non vi è alcuna prova che Hitler fosse incline a compiere un passo tanto drastico prima ancora di salire al potere. È possibile che avvertisse il bisogno di avere prima il potere per poter avviare un tale cambiamento, o può anche essere che la sua serie di successi era così sorprendente che la gente spontaneamente adottò un atteggiamento di venerazione religiosa nei suoi confronti, e che ciò rese il mutamento più o meno evidente. In ogni caso, accettò questo ruolo di quasi-Dio senza alcuna esitazione o imbarazzo. White ci dice adesso che quando si rivolge a Hitler con il saluto ‘‘Heil Hitler, nostro Salvatore’’, lui si inchina leggermente al complimento insito nella frase, e crede in esso. Col passare del tempo diventa sempre più chiaro che Hitler ritenga di essere veramente il ‘‘Prescelto’’ e che nel suo pensiero si concepisca come un secondo Cristo che è stato inviato ad istituire in tutto il mondo un nuovo sistema di valori basato sulla brutalità e sulla violenza. Hitler si è innamorato dell’immagine di se stesso in questo ruolo, e si è circondato di suoi ritratti. La sua missione sembra calamitarlo verso al40
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tezze ancora maggiori. Non contento del suo ruolo di Salvatore transitorio che lo spinge a superiori obiettivi, deve impostare il modello e i principi per le generazioni a venire. Von Wiegand dice: Nelle questioni vitali Hitler è tutt’altro che incurante del nome e dell’attribuzione dei successi e dei fallimenti che lascerà ai posteri.
E non si accontenta di permettere a questi principi di evolversi in modo naturale. Al fine di garantire il futuro, egli sente che lui e lui solo può legarsi a questi principi. Ritiene, pertanto, che deve diventare un immortale agli occhi del popolo tedesco. Ogni cosa deve essere enorme e adattarsi come un monumento in onore di Hitler. La sua idea di un edificio permanente è quella di una costruzione che durerà almeno un migliaio di anni. Le sue strade devono essere conosciute come ‘‘Superstrade di Hitler’’, e devono durare per un periodo di tempo più lungo rispetto alle strade napoleoniche. Egli deve sempre fare l’impossibile e lasciare il proprio segno sul paese. Questo è uno dei modi in cui spera di rimanere in vita nella mente del popolo tedesco per le generazioni a venire. È riconosciuto da molti scrittori, tra i quali Haffner, Huss e Wagner, che Hitler ha già elaborato i piani completi per il proprio mausoleo. Quei nostri informatori che hanno lasciato la Germania qualche tempo fa non sono in grado di verificare tali dichiarazioni. Le considerano comunque piuttosto probabili. Questo mausoleo deve essere La Mecca della Germania dopo la sua morte. È un monumento enorme, di circa due41
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cento metri di lunghezza, pensato in ogni dettaglio per produrre il massimo effetto psicologico. Si dice, peraltro, che il suo primo atto a Parigi dopo la conquista nel 1940 sia stato la visita all’Hôtel des Invalides per studiare il monumento a Napoleone. A quanto pare, l’ha trovato carente sotto molti aspetti. Ad esempio, lo hanno costruito su una cavità che costringe la gente a guardare dall’alto in basso anziché permettere il contrario. Io non commetterò mai un errore simile. Io so come mantenere la presa sulle persone dopo averle conquistate. Sarò il Führer che essi cercano e andranno a casa a parlarne e a ricordare. La mia vita non cesserà nella semplice forma della morte. Avrà, viceversa, inizio allora.
Si è creduto per molto tempo che il ‘‘Nido dell’Aquila’’ sia stato originariamente fatto costruire da Hitler come un mausoleo eterno. Sembra, tuttavia, che se quello sia stato il suo intento iniziale, l’abbia abbandonato in favore di qualcosa di ancora più grandioso. Forse il Kehlstein era troppo inaccessibile per consentire a un gran numero di persone di andarvi a toccare la sua tomba ed esserne ispirate. Ad ogni buon conto, pare che piani ben più stravaganti siano stati attuati. La sua idea, per avere successo, ha bisogno di un costante gioco di stimolazione emozionale sulle menti di massa isteriche, e tanto più lui può organizzare i modi e i mezzi per raggiungere tale obiettivo dopo la sua morte, tanto più ciò gli garantirà il raggiungimento del suo scopo finale. 42
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Egli è fermamente convinto che il ritmo furioso e l’età epocale in cui è vissuto e si è mosso (davvero pensa di essere la forza motivante e formatrice di quell’epoca) terminerà subito dopo la sua morte, facendo oscillare il mondo da uno stadio di natura e propensione a un lungo intervallo di processo digestivo caratterizzato da una sorta di quieta inattività. Egli ritiene che la gente nel suo ‘‘Reich dei mille anni’’ costruirà monumenti in suo onore e andrà in giro a toccare e guardare le cose che ha costruito. Ha parlato spesso di quella visita glorificata che fece a Roma nel 1938, aggiungendo che tra un migliaio d’anni la grandezza e non le rovine del suo tempo potranno affascinare la gente di quei giorni lontani. Perché, che ci crediate o no, è così che la mente di quest’uomo si proietta senza arrossire nel corso dei secoli.
C’è stato anche, qualche anno fa, un periodo in cui ha parlato spesso di ritirarsi e di andare in pensione quando il suo lavoro sarebbe stato ultimato. Si è supposto che si sarebbe stabilito nella sua residenza a Berchtesgaden, laddove si sarebbe assiso come un dio che guida i destini del Reich fino alla morte. Nel mese di luglio del 1933, mentre si trovava in visita alla casa di Wagner, ha parlato a lungo della vecchiaia e si è lamentato amaramente sul fatto che fossero stati sprecati dieci anni di tempo prezioso tra il Putsch di Monaco del 1923 e la sua ascesa al potere. Questo era molto spiacevole in quanto, ha predetto, ci sarebbero voluti altri ventidue anni per fare le cose nel modo adeguato prima di poterle consegnare al suo 43
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successore. Alcuni scrittori hanno anche supposto che durante questo periodo di pensionamento avrebbe scritto un libro in grado di resistere all’eternità come una grande Bibbia del nazionalsocialismo. Tutto questo è alquanto interessante alla luce della dichiarazione che Roehm ha reso molti anni fa. Preferisce già oggi ritirarsi in montagna e giocare a fare Dio.
Un esame di tutte le evidenze ci costringe a concludere che Hitler si crede destinato a diventare un Hitler immortale, scelto da Dio per essere il Nuovo Liberatore della Germania e il fondatore di un nuovo ordine sociale per il mondo. Egli crede ciecamente in questo ed è sicuro che, nonostante tutte le prove e le tribolazioni attraverso le quali deve passare, potrà alla fine raggiungere tale obiettivo. La sola condizione è che segua i dettami della voce interiore che lo ha guidato e protetto in passato. Questa credenza non è radicata nella verità delle idee che elargisce, ma si basa sull’assunto della sua personale grandezza. Howard K. Smith fa un’osservazione interessante: Ero convinto che tra tutti i milioni di persone su cui il mito di Hitler aveva attecchito, il più affascinato da tale mito fosse Adolf Hitler stesso.
Avremo occasione di esaminare in seguito le origini di questa convinzione e il ruolo che essa esercita nella psicologia di Hitler.
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La storia di Benjamin Jacobs, uno studente ebreo di odontoiatria che nel 1941 fu deportato dal suo villaggio polacco e trascorse cinque anni nei campi di sterminio nazisti, tra cui Buchenwald, Dora-mittelbau, e per quasi due anni Auschwitz. Ad Auschwitz, dove entrò in contatto con il famigerato Josef mengele e assistette alla morte di suo padre, Jacobs riuscì a sopravvivere grazie alle sue seppur limitate capacità professionali. Gli fu consentito di esercitare una pratica dentistica primitiva sui detenuti e sugli ufficiali delle ss, così come fu obbligato ad estrarre i denti d’oro dai cadaveri dopo la gasazione. Nel maggio del 1945, con altri 15.000 detenuti, il protagonista partecipò alla marcia della morte verso la Baia di Lubecca e fu coinvolto nel bombardamento del transatlantico ‘‘Cap Arcona’’ da parte della rAF, nel quale perirono circa 8.000 ebrei. Accolto con favore unanime dalla critica negli stati uniti alla sua comparsa, “il dentista di Auschwitz” parla delle origini del male da una prospettiva unica. iL DENTisTA Di AusCHWiTz isBN 978-88-95288-40-6 | pagg. 352 | € 13.00 Edizione digitale epub | mobi | € 5.99 isBN 9781301120161
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