N O N F I C T I O N 67
Sergio Pasqualini
I l Genio italiano
25 secoli di civiltà italiana a beneficio dell’umanità
Prefazione di Renzo Arbore
GINGKO
EDIZIONI
IL GENIO ITALIANO 25 secoli di civiltà italiana a beneficio dell’umanità © 2016 Sergio Pasqualini © 2016 Gingko edizioni ISBN 978-88-95288-59-8 Prefazione © 2016 Renzo Arbore GINGKO EDIZIONI Molinella (BO) www.gingkoedizioni.it
Progetto grafico di copertina: © 2016 ATALANTE
i n di c e P REFAZIONE 17 21 33 62 65 71 83 109 119 153 175 211 221 261
1. PASSATO FUTURO 2. PRIMA DI ROMA 3. ROMA 3.1. Alcuni romani di spicco 3.2. La chiesa romana
4. MEDIOEVO 4.1. Dante
5. RINASCENZA 5.1. Leonardo
6. ETÀ MODERNA 7. NOVECENTO 7.1. Del nostro Genio in generale
8. LE ALTRE FORME DI GENIO ITALIANO 9. VAGITI DEL TERZO MILLENNIO R IFERIMENTI LINK U TILI
BIBLIOGRAFICI
S
Prefazione di Renzo Arbore
e
ono nato in Italia, il “bel paese” di Dante, il più bello del mondo stando all’opinione diffusa ribadita dall’UNESCO. Più precisamente, sono nato nelle Puglie — che nel 2014 due giganti internazionali come National Geographic e Lonely Planet hanno entrambi dichiarato la “regione più bella del pianeta”. Infine, da molti anni abito a Roma: Caput Mundi, Città Eterna, Capitale Doppia, dello Stato Repubblicano e della Chiesa Cattolica. Una fortuna, che include una fortuna, che ne include una terza! O, se amate la precisione, una Fortuna che ne include altre due. Circostanze del genere, i viaggi fatti nel corso della vita, l’attività di giramondo che mi ha traghettato nei luoghi più disparati dei cinque continenti alla guida de “L’orchestra italiana” — tutto questo mi situa nella posizione ideale per valutare il libro che vi accingete a leggere. Un libro, “Il Genio italiano”— ovverossia, nientemeno: “Venticinque secoli di civiltà italiana a beneficio dell’umanità” — che mantiene quel che l’impegnativo sottotitolo annuncia. Un saggio, in genere, è una finestra spalancata su un panorama fisso. “Il Genio italiano” mi pare piuttosto come quelle terrazze circolari che circondano la sommità delle torri panoramiche di grandi città, rotonde en plain air che consentono allo sguardo di spaziare in giro a 360 gradi, dai dettagli sottostanti alI
Renzo Arbore
l’estremo orizzonte. Spalanca la vista sulla creatività italiana sparsa per il mondo; lo fa zumando dal vicino al lontano, dal presente al passato. “Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente” lasciò scritto Indro Montanelli e, mi sento di aggiungere, non potrà progettarsi un futuro. Questo libro ci restituisce il passato, rischiara il presente, incoraggia il futuro. Dall’inizio della crisi sono trascorsi sette anni, le fatidiche “vacche magre” della tradizione biblica son sfilate. Forse, si può sperare che il giro di boa c’è stato e sia giunto il momento di spiegare al vento lo spinnaker. “Il Genio italiano” dimostra che non solo l’Italia è il paese più bello del mondo (cosa risaputa e scontata), ma che è stato anche il più creativo, quello che attraverso i secoli e le generazioni ha dato il maggior contributo alla civiltà globale. Lì per lì potrebbe sembrare una millanteria gratuita, esagerata, sciovinista. Non lo è. La Penisola si distende al centro del Mediterraneo, cioè dell’unico mare che bagna insieme i tre continenti più antichi: Europa, Africa, Asia; uno specchio d’acqua che negli ultimi millenni ha attirato sulle sue sponde decine e decine di popoli e culture, talune di portata capitale come quella greca, quella egizia, quella araba. E quasi tutti questi popoli sono venuti a insediarsi nel nostro territorio, vi si sono combattuti e compenetrati, generando mescolanze molteplici e dando vita a formidabili civiltà di sintesi quali Roma e il Rinascimento. “Il Genio italiano” tratta di tantissime cose; lo fa in modo fluido e accattivante, senza fratture, senza mai stancare. Vengono illustrate le grandi istituzioni sorte in Italia: università, musei, banche; viene approfondita l’opera di personalità geniali, come Dante, Leonardo, Galileo; vi si tratta d’arte, di scienza, di tecnologia. Non solo le scoperte italiane d’un tempo, ma pure invenzioni moderne tipo la plastica, il PC, il microchip. A me interessa in particolare ciò che si “teletrasmette” (come potete ben immaginare, visto che la mia attività di artista si è espressa soprattutto attraverso la radio e la televisione), e nel libro trovo la II
Prefazione
novità dell’“onda radio a fusillo”, scoperta recente del fisico Fabrizio Tamburini: una sorta di banda larga wireless, elevata al cubo, che moltiplicherà le connessioni della rete planetaria. Una scoperta equiparabile all’invenzione della radio da parte di Marconi, la cui figlia Elettra ha difatti presenziato, nel 2010, al primo esperimento di trasmissione di quest’onda tridimensionale. Il libro passa in rassegna pure cose accessorie, ludiche, festose, eleganti, partorite dall’ingegno di casa nostra. Talune mi stanno proprio a cuore: i jeans, la canzone napoletana, il mandolino, la tombola partenopea (che in America diventa “Bingo”), il jazz! Sì, anche nel jazz il genio italico ha avuto la sua parte, e una parte assolutamente primaria! Nel 2013 produssi il film-documentario Da Palermo a New Orleans... E fu subito Jazz, diretto da Riccardo Di Blasi. Era dedicato alla gloriosa “Original Dixieland Jass Band”, capeggiata dal cornettista Nick La Rocca, originario di Palermo, composta da suoi amici, quasi tutti di stirpe sicula. Questo manipolo d’improvvisatori incise nel 1917, a New York, il primo disco jazz della storia. S’intitolava Livery Stable Blues. Digitate il nome della “band” su Wikipedia e potrete ascoltarlo. Nella propria autobiografia, Louis Armstrong racconta come da ragazzo avesse tratto ispirazione dalle performance musicali di questo gruppo in jam session. Il blues, è stato detto, è quella musica che ti fa star bene quando stai male, e gli italiani sono da sempre maestri in quest’arte! Lo dimostrano tante altre cose illustrate nel libro: il carnevale, la gastronomia, la moda, la danza, lo stile, il gioco, la satira, la barzelletta... Tuttavia, occorre ammettere che l’Italia sconta tutte queste magnificenze e delizie con vari difetti e lati oscuri del suo “Genio”. Il libro li mette a fuoco. Prima di tutto quelli, diciamo così, veniali. Una volta ebbi l’occasione di sedere a tavola accanto a Henry Kissinger, l’ex Segretario di Stato americano. Conversando, gli chiesi cosa ne pensasse di noi italiani. ‘‘L’italiano è il più intelligente del mondo. Ha un solo limite: la sua furbizia’’ fu la riIII
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sposta agra che diede, memorabile e calzante sciabolata foderata di lode. Ce la meritiamo davvero! L’attitudine all’imbroglio, alla dissimulazione, al compromesso, ai distinguo, a indossare una maschera (‘‘...la spiccata propensione a mascherarsi, in teatro come a carnevale, è variante giocosa di quell’attitudine tutta italiana alla menzogna che fa fallire gli exit-poll elettorali e dannare i sondaggisti’’) sono tipiche del costume nostrano. Ma il testo esamina anche lati oscuri ben più gravi: ‘ndrangheta, camorra, mafia, scandali, corruzione, truffe, impunità, sprechi... E stragi, disastri naturali, oppure dolosi o colposi: ‘‘Nessun paese, in tempo di pace, ha avuto nel corso degli ultimi settant’anni una cronaca altrettanto feroce e funesta della nostra’’. Nondimeno, l’impronta generale de “Il Genio italiano” è decisamente positiva e dovrebbe essere letto da tutti gli studenti delle scuole e delle università. Sarebbe di riscatto anche ai numerosi giovani che sono dovuti emigrare all’estero per trovare un posto di lavoro adeguato ai loro meriti e alla loro preparazione. Leggendolo, potranno prendere coscienza delle grandi potenzialità che hanno ereditato da un così ingente passato, svilupparle, metterle in opera, aiutando il Paese a ritrovare se stesso, vale a dire il proprio futuro.
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Il G en io italiano
A Sar a, Sim one, L aur a,Fr ances co, Sim one B.,M addalena, Fr ances co B.,Tiz iana, M ichele, G aia, Claudia,L ucia, Edoardo.
I ta lia n i s copr iro no 5 00 a nni fa l’ Am er ica . O r a è il cas o ch e r is co pr a no la lo ro patr ia Pa tr ia.
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Passato futuro e
Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello.*
ra così ai tempi di Dante, lo è stato per vari motivi durante i secoli successivi ― anche quando fioriva e maturava il Rinascimento e gli eserciti francesi, spagnoli, tedeschi scorrazzavano per le ricche contrade della Penisola espugnando fortezze, saccheggiando città, persino Roma ― e lo è al giorno d’oggi, ove il Paese soffre d’una questione morale inveterata, al presente più acuta, e la corruzione e lo sperpero, l’impotenza giudiziaria e il ciarpame mediatico, l’evasione fiscale e la criminalità organizzata imperversano a tutti i livelli: dai singoli cittadini che ci campano sotto, alla casta dei politici che ci prospera sopra, ai faccendieri che vi sguazzano nel mezzo. In effetti, il declino morale e civile è da secoli che rode il Paese, e forse la percezione della particolare gravità odierna è solo l’impressione pregiudiziale che ciascuna generazione nutre per la presunta eccezionalità del proprio tempo. La questione morale è probabilmente così radicata e infestante, nel nostro cuore di singoli e nel corpo delle istituzioni, che mai nessuna riforma politica o rivoluzione sociale potrà porvi rimedio. Ci siamo troppo addentrati nel territorio giunglare delle storture, delle involuzioni, delle licenze, dei compromessi, degli autoinganni che ci concediamo per il quieto vivere. _______________________________________ * Divina Commedia, Purgatorio, Canto VI.
Il Genio italiano
Chi più risente di tutto questo sono i giovani. Se non appartengono alla categoria dei viziati, degli irresponsabili, dei perditempo ignoranti o insonnoliti, si vergognano di essere italiani, si sentono sfibrati, demotivati, dimenticano di vivere il presente fervido della loro esistenza, si vedono defraudati del futuro e sono del tutto ignari di un passato che, se lo conoscessero in dettaglio nell’intero suo corso, produrrebbe in essi una sferzata d’entusiasmo alla rivelazione che il luogo dove abitano è unico al mondo. Quel che è stata l’Italia ― ovvero le diverse ‘‘Italie” che si sono succedute nei secoli, che nelle varie epoche storiche si sono sovrapposte, contrapposte, combattute, sono morte e risorte, tantissime “Italie”, tutte confinate nella stessa penisola a forma di stivale ― quel che il nostro Paese ha contato per la civiltà umana, ciò che sono riusciti a fare alcuni di coloro che sono nati qui, è straordinario e non trova riscontri, neppure approssimativi, in qualsivoglia altra compagine etnica, vivente o estinta, del pianeta. L’Italia è una piccola penisola dell’Europa meridionale, appendice pendula e sghemba di quel prolungamento occidentale a cuspide dello sterminato continente euroasiatico chiamato Vecchio Mondo, e la cosa che balza subito agli occhi con evidenza netta e sorprendente è che in questo piccolissimo territorio è stato colato nello stampo, limato e ingranato il perno intorno al quale ruotano tanti dei congegni, delle discipline e delle istituzioni che, diffusisi nel globo, e poi cresciuti, sviluppati, perfezionati, amplificati e moltiplicati, compongono i motori che azionano la complessa macchina mondiale. Non solo. Spesso, al perno furono aggiunti e montati altri pezzi ad incastro, rotismi e cinghie di trasmissione, e fu avviato il primo movimento d’un marchingegno ancora da perfezionare, ma già completo nelle parti essenziali e del tutto funzionante. La Penisola ha donato alla civiltà di gran lunga più rispetto a qualsivoglia altro paese, popolo, etnia, compresi la Cina, l’India, la Grecia e l’Israele di prima e dopo la diaspora. Vi è nata e fiorita la maggior parte di tutto ciò che c’è di bello e significativo in fatto di cultura, arte (una cospicua porzione della quale si trova sparsa nei principali musei del mondo), scienza e tecnologia; una gran fetta di ciò che è stato creato e inventato nel corso degli 18
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ultimi duemilacinquecento anni e che fa parte del patrimonio universale dell’umanità, è spuntato in Italia. Se la Mezzaluna Fertile fu, a partire dall’ottavo millennio p.e.v., il centro d’irradiazione della prima civiltà agricola, stanziale e urbana, la penisola è stata il centro d’irradiazione di quella civiltà culturale avanzata che arriva ai nostri giorni. Dopo l’exploit della penisola greca, limitato a una manciata di secoli, fu la nostra a dettare stabilmente negli ultimi due millenni il corso del progresso mondiale, fino al dispiegarsi dell’attuale compagine globalizzata. È sbalorditivo considerare come un territorio così esiguo possa aver prodotto una quantità e una qualità tanto straordinarie d’idee apripista, concepimenti fondamentali, opere d’arte universalmente conosciute e ammirate, istituzioni, scienze, tecnologie, nonché delizie e amenità di vario tipo clonate e riadattate ovunque; che vi siano nati e cresciuti uomini di talento e di genio, i principali tra coloro che restano impressi nella memoria collettiva del pianeta. Qualcuno potrà indicare la Cina come culla di molte innovazioni ― dall’allevamento del baco da seta alla produzione della porcellana; dall’invenzione della bussola alla scoperta della polvere da sparo; dalla carta primitiva pestata a mano alla stampa con tavolette di legno incise ― ma dato, e assolutamente non concesso, che la Cina pareggi in quantità e qualità i prodotti culturali e tecnologici generati in Italia, resterebbe pur sempre l’enorme sproporzione tra un colosso subcontinentale esteso su milioni di chilometri quadrati e un territorio, il nostro, di appena trecentomila. Questo sparuto territorio è la cornucopia della civiltà. Basta affondare lo sguardo nella prospettiva della storia e lo si constata in modo inconfutabile. Se pensiamo all’attuale civiltà globalizzata come a un fascio di autostrade a più corsie che si dirama ad avvolgere il mondo, ebbene la maggior parte dei cantieri da cui queste autostrade si sono mosse è storicamente ubicato nella Penisola. Se un tempo era vero che tutte le strade portavano a Roma, oggi è altrettanto vero che molte delle autostrade che provvedono al progresso dell’umanità sono partite dall’Italia. In condizioni normali, potrebbe parere inopportuno rimarcarlo ― meglio sarebbe infingersi, mantenere un basso profilo ― ma nella condizione attuale, in cui tutto il mondo ci guarda con sarcasmo, irrisione, diffidenza, in cui noi stessi ci sentiamo morti-
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ficati, imbarazzati dalla stessa appartenenza nazionale, diventa vitale proclamarlo ad alta voce. Il Genio italiano si manifesta soprattutto nella prima intuizione, nell’anticipazione, nel balenamento del concetto iniziale. Il caso più lampante è Leonardo. Quante idee, quante macchine, quanti progetti egli elaborò fuori dell’immaginario del suo tempo, inaccessibili alla tecnologia a lui contemporanea, preconizzando di secoli la modernità! Ma, ben prima di Leonardo, ci furono altre cose, molte altre. E molte altre dopo. Esaminiamole una per una, con l’auspicio che da questa ricognizione a 360 gradi — che spazia dal passato remoto, al passato prossimo, al presente — possa emergere lo sprone d’un ‘‘passato futuro’’: tempo verbale nuovo, proiettivo, ossimoro teso fra ristabilita conoscenza della propria storia e impeto di riscatto nel domani delle giovani generazioni chiamate a restituire dignità al Paese.
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