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Tre erre e una spe
Tre erre e una speranza
Di fronte a un lockdown che sembra non aver mai fine, le aziende del gioco ricorrono al loro “Piano B”, fatto di tre punti essenziali: resistere, riaprire subito (in sicurezza) e riformare il settore
di Francesca Mancosu
Daemergenza imprevista e immaginabile solo nei film di fantascienza, ormai, la pandemia di Covid-19 si è trasformata - quasi e nostro malgrado – in “normale” quotidianità. Un male a cui ci siamo in un certo senso abituati, e con cui dovremo convivere e fare i conti per diversi mesi ancora, si spera presto in forme meno pesanti delle attuali. Di fronte a questa situazione senza precedenti, il gioco, come tanti altri settori, è chiamato a tenere botta e, se possibile, a reinventarsi, magari trovando nuovi modelli di business o comparti da cui poter ricavare altre economie. Com’è la situazione fra le imprese? Lo abbiamo chiesto ad alcune delle principali associazioni di rappresentanza, che tirano le somme su questo drammatico periodo e auspicano un pronto rilancio, con il necessario “aiuto” del Governo.
Cominciamo, in rigoroso ordine alfabetico, da Acmi Interactive, associazione che riunisce i costruttori di apparecchi da intrattenimento, a nome della quale interviene il direttore generale Gennaro Parlati. “Il nostro settore è in attesa da tempo di un’opera di restyling in grado di stabilizzarne la gestione economica da troppi anni soggetta a schizofrenici interventi normativi, sia a livello centrale che a livello locale. L’emergenza Covid, in tal senso, ha solo accelerato tale necessità, senza una profonda riforma nessuna delle aziende del settore sarà in grado di programmare il proprio futuro”, esordisce il numero uno dell’associa-
Acmi «Resistere è ancora possibile»
zione. “Le nostre aziende, come la stragrande maggioranza della aziende italiane più o meno coinvolte nel lockdown, stanno cercando di resistere facendo ricorso agli scarsi strumenti di emergenza concessi. In primis, alla cassa integrazione”. Un’emergenza che si somma alle ormai croniche e prolungate difficoltà del settore. “Il gioco pubblico era già in crisi prima del Covid, la pandemia ha solo fatto emergere con estrema chiarezza alcune difficoltà. Come detto in precedenza, senza un serio intervento di riforma che consenta di rivedere alcuni importanti aspetti quali la distribuzione, la tassazione, la concorrenza sleale, l’uniformità normativa, sarà complicato ripartire e riportare a regime un settore che, giova ricordarlo, rappresenta una fondamentale fonte di introiti per le casse del Paese”, ribadisce Parlati. Un problema non di poco conto per tutti - imprese e Stato – di fronte al quale appare non più rinviabile un confronto diretto fra tutti i soggetti coinvolti. Un dialogo auspicato negli ultimi mesi da varie associazioni, con documenti unitari, richieste scritte e manifestazioni di piazza. Ma finora - complice la crisi di Governo aperta a gennaio da Italia viva, che ha portato l’attenzione di premier, ministri e sottosegretari su ben altri temi - senza esiti davvero risolutivi. “La situazione è stata ed è veramente complicata, non ci aspettavamo e non abbiamo preteso, in un simile scenario, un canale privilegiato. In questi mesi abbiamo solo chiesto di avere l’opportunità di poter sottoporre le nostre istanze e, in tal senso, qualche occasione di dialogo ci è stata concessa. Il passaggio successivo sarà quello di organizzare al più presto un tavolo di confronto che rappresenti l’avvio dei lavori per l’irrimandabile riforma del settore”, evidenzia il direttore generale di Acmi interactive, che dice la sua anche sul prossimo futuro del gioco pubblico. “Immaginare un lockdown a tempo indeterminato per il nostro settore, ma non solo, rappresenterebbe la fine. Le aziende del comparto hanno dignitosamente resistito sino a dicembre; ora però la situazione è veramente drammatica. L’unica soluzione è riaprire, non esiste il piano B o meglio, il piano B è la messa in sicurezza dei punti gioco e l’immediata riapertura. Sin dal primo blocco totale, il settore si è dotato, investendo, di tutti gli strumenti richiesti per garantire la massima sicurezza del giocatore, contingentamento degli apparecchi, distanziometri, plexiglas, sanificatori. Ripartiamo da qui, riapriamo con la massima attenzione ma riapriamo subito!”.
As.tro «Dai ristori coperto solo il 14,5 percento del fatturato perduto»
“Ritengo che capacità di reinventarsi e spirito di adattamento facciano parte del corredo genetico degli imprenditori che operano nel mondo del gioco: 20 anni fa aziende storiche di puro intrattenimento hanno rimodulato completamente il proprio business a fronte di un contesto normativo innovato dal processo di legalizzazione del gioco - certamente un fattore ‘positivo’-, ed oggi sono tra i più grandi operatori presenti sul mercato. Un processo simile di rinnovamento potrebbe scaturire anche da fattori ‘negativi’ come la crisi innescata dall’emergenza sanitaria che potrebbe indurre, o forse costringere, gli imprenditori a ripensare al proprio modello di business, integrandolo o diversificandolo”. Ne è convinta l’avvocato Isabella Rusciano del Centro studi As.tro. “Come As.tro, in effetti, abbiamo già avviato un upgrade in questo senso: già a partire dallo scorso anno, infatti, abbiamo recepito e plasmato le sollecitazioni di una nutrita fetta dei nostri imprenditori che, molto prima che scoppiasse l’emergenza sanitaria, avevano già maturato una visione integrata della propria attività, approcciando altri settori del mercato del gioco e che hanno portato As.tro a recepire questo nuovo modello di integrazione e ad ampliare la propria rappresentanza anche ai segmenti del gioco online e delle scommesse”, ricorda. “I nostri imprenditori, dopo aver sostenuto ingenti investimenti per rispettare i protocolli e mettere in sicurezza i locali, hanno presidiato le proprie aziende, cercando di salvaguardare tutti i dipendenti. Hanno cercato di compensare, per quanto possibile, la carenza di interventi di sostegno efficaci da parte dello Stato: molti di loro sono stati costretti ad anticipare la cassa integrazione ai propri dipendenti, altri ‘hanno tenuto alto il morale’ dei lavoratori che da un giorno all’altro hanno visto messa in discussione la rata del mutuo o la retta per l’asilo dei figli. Adriano Olivetti diceva che la fabbrica, e più in generale l’imprenditore, deve sì distribuire ricchezza ma anche molto altro. Per i nostri imprenditori, il lavoro non è soltanto uno strumento per fare business ma è molto altro. E in quell’altro c’è anche la condivisione e la compartecipazione con chi permette loro di essere tali”. Un’importante attestazione di forza e resilienza, non accompagnata, però, da un adeguato sostegno del Governo, almeno per il momento e a parte i “ristori” fin qui previsti ed erogati per le aziende del gioco pubblico. “Le risposte che arrivano dal Governo sono una magra
consolazione. Secondo Cgia Mestre, per le imprese che hanno subito i contraccolpi più negativi della crisi, ovvero quelle che hanno dovuto chiudere per decreto, i ristori erogati hanno raggiunto un livello medio di copertura del calo del fatturato del 14,5 percento circa. Il Centro studi veneto ha stimato che dei quasi 423 miliardi di riduzione del fatturato registrata nel 2020 (-13,5 percento rispetto al 2019) almeno 200 miliardi sarebbero ascrivibili alle imprese dei settori più colpiti, incluse quelle di gioco. Purtroppo essere stati colpiti dal concetto di ‘non essenzialità’ – al pari di turismo, spettacolo, palestre, solo per citarne alcuni – ha significato essere stati costretti a dei sacrifici che sono valsi a ben poco, visto che le attività sono ancora chiuse, non vengono supportate economicamente e vivono il dramma dell’incertezza sul riavvio. Di certo, anche quando ripartiranno le attività, lo scenario che si presenterà davanti ai nostri occhi non sarà dei più rosei. Il comparto del gioco dovrà continuare a misurarsi con le morse strutturali che lo affliggono: in primis pressione fiscale alle stelle e limitazioni territoriali le cui implicazioni dovrebbero essere tenute in seria considerazione dall’Esecutivo nell’elaborazione della strategia per la ripartenza, anche solo per garantire il livello di gettito erariale proveniente dal comparto, imprescindibile per sostenere il rilancio dell’economia in questa fase. L’auspicio maggiore è, quindi, che il Governo implementi ogni possibile iniziativa utile a favorire un incremento della liquidità delle aziende per attutire lo shock inferto dal lockdown e introduca delle misure di sostegno in grado realmente di sostenere le imprese”. Nel caso di prolungamento a tempo indeterminato del lockdown, al netto delle possibili “zone bianche” previste dal nuovo Dpcm del 16 gennaio, si preannunciano scenari apocalittici. “Un lockdown ad oltranza non è immaginabile senza accettare l’idea che poi crollerebbe il sistema economico del Paese. Troppe componenti economiche sono in sofferenza: l’Istat ha stimato che quasi 300mila imprese si trovano in una situazione di crisi profonda con un rischio occupazionale per circa 2 milioni di addetti. Non esiste un piano B per aziende in forte crisi di liquidità – come quelle di gioco – che nell’ultimo anno sono rimaste chiuse per quasi 200 giorni ma sono state costrette comunque a sostenere le spese vive, e che a partire da gennaio 2021 hanno dovuto versare Iva, imposte sui bolli, contributi previdenziali dei dipendenti, imposte su prodotti che non possono essere utilizzati, se non quello di portare i libri in tribunale. Se non salviamo le imprese e i posti di lavoro, non poniamo le basi per far ripartire la crescita economica del Paese che, a conti fatti, rimane l’unica vera chance per ridurre, nei prossimi anni, la mole di debito pubblico che è stata accumulata con questa crisi”.
Sapar «Il comparto unito contro una chiusura ingiusta e ingiustificata»
Il nostro viaggio fra le imprese del gioco e le loro rappresentanze ci porta fino all’associazione Sapar. A parlare è il suo presidente, Domenico Distante. “La situazione è critica, le piccole e medie imprese associate sono al collasso, l’unica alternativa pare essere il gioco illegale offerto da chi cerca in un momento del genere di mettere in atto attività illecite e che ledono sia il giocatore che lo Stato oltre alle imprese rappresentate e non. I nostri associati hanno messo in atto tutte le prescrizioni per il contenimento del Covid-19 per poter operare durante la pandemia ma non sono servite a nulla se non a comportare un ulteriore esborso economico e rimanere comunque chiusi, dunque hanno dovuto procedere alla messa in cassa integrazione dei dipendenti; cassa integrazione che per molti non è ancora stata corrisposta”, sottolinea Distante, rammentando una situazione ben nota a molte delle aziende del comparto e ai loro dipendenti. Il gioco pubblico probabilmente sta attraversando il periodo più difficile fin dalla sua legalizzazione, e a questo “si aggiunge che gli istituti bancari continuano a chiudere senza un giustificato motivo i conti correnti alle piccole e medie imprese operanti nel settore del gioco legale ed allo stesso tempo le compagnie assicurative non rilasciano le fideiussioni anche agli operatori che devono procedere al loro rinnovo. Di sicuro, se si continua di questo passo le piccole e medie aziende saranno destinate alla chiusura e con essa giungerà la perdita dell’occupazione per tutti i lavoratori impiegati”. Temi su cui Sapar, come la gran parte delle associazioni del settore, si sta confrontando giorno per giorno con l’Esecutivo, o almeno prova a farlo. “Quotidianamente inoltriamo richieste di incontro alle Istituzioni competenti, ultimamente sono state promosse diverse manifestazioni ‘rosa’ (il riferimento è alle manifestazione delle donne e delle imprenditrici del gioco legale che a gennaio sono state protagoniste di diversi sit-in nella piazza romana di Montecitorio, per chiedere un confronto diretto con il premier Giuseppe Conte, Ndr) e sono certo che altre verranno organizzate da tutti gli operatori del comparto, uniti contro questa ingiustizia che stiamo subendo da parte di questo Governo”.
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IlCovid-19 e le conseguenti scelte politiche hanno messo in ginocchio l’intero settore dell’intrattenimento ma non mancano gli stimoli a rialzare la testa; non per Nazionale Elettronica: “La pandemia è stata inaspettata quanto violenta per tutto il Paese – osservano il direttore generale, Danilo Festa e il responsabile tecnico Diego Mendez - ma il settore del gioco pubblico italiano, più di altri, è stato messo in ginocchio. Abbiamo dovuto far fronte ai problemi finanziari per clienti che non hanno potuto onorare tutti i pagamenti concordati; la produzione si è dovuta fermare e purtroppo abbiamo dovuto far ricorso alla cassa integrazione per i nostri collaboratori. Malgrado il momento di estrema crisi come quello che stiamo vivendo da mesi, però, lo sviluppo dei nuovi prodotti non si è fermato; abbiamo usato questo tempo per preparare la nuova line-up di titoli e macchine per farci trovare pronti appena la situazione pandemica lo permetterà”. I Ristori sono riusciti in qualche modo ad ammortizzare il colpo?
“I pochi ristori ricevuti sono stati come gocce nel mare, il nostro settore è stato tra i più penalizzati. Quelle risorse non sono la soluzione ai problemi, serve piuttosto la riapertura immediata di tutte quelle attività che hanno adottato misure e dispositivi di sicurezza adeguati. Non risultano contagi in alcun esercizio pubblico dedicato al gioco, quindi il Governo e la politica in generale speriamo si accorgano presto che le attività possono riprendere in sicurezza. Ulteriori attese porteranno solo aumento del debito e la chiusura di tantissime aziende, generando così ulteriori aggravi e debiti per le prossime generazioni”. A livello di tecnologia applicata agli apparecchi da gioco, come lavora Nazionale Elettronica? “L’azienda è da sempre impegnata nell’innovazione tecnologica e ha presentato già alcuni anni fa dei progetti legati a tecnologie di face recognition per validare la maggior età dei giocatori. Abbiamo implementato vari sensori biometrici che permettono di riconoscere un utente già registrato, quindi per noi questa è la via, il futuro del gioco sta nel far rispettare le regole dando tutta la sicurezza necessaria ai giocatori, agli operatori ed al regolatore che ha sempre l’ultima parola nell’adozione di queste tecnologie già mature in altri mercati”. Quali sono i progetti per l’anno da poco iniziato? “Segue lo sviluppo di titoli Awp, nostro core business storico. La riapertura sarà il momento per il lancio dei nostri nuovi apparecchi con tecnologia Bingolett, tra innovazione e tradizione, con nuove modalità di gioco che saranno senz’altro apprezzate; continua la collaborazione con Octavian con ulteriori multigame sulla piattaforma di gioco Max2 e poi nell’online prosegue la strategia multichannel che ha permesso di avere titoli come King Black, già presenti su Vlt. Il portfolio di prodotti è in continuo aumento e cerca di portare quell’identità Italiana nel gioco che da sempre contraddistingue Nazionale Elettronica”. Per concludere, di cosa ha più bisogno il settore del gioco per una effettiva ripartenza? “Il settore a nostro avviso ha bisogno di essere rispettato e legittimato per il suo valore. Non dimentichiamoci quello che questa industria rappresenta per l’erario e per l’occupazione del Paese; erario vuol dire bene collettivo in quanto lo Stato con i fondi raccolti finanzia infrastrutture e servizi. L’industria del gioco in Italia non può e non deve essere trattata come una filiera malata che nessuno vuole curare, rappresenta un asset strategico per la collettività. Basta con i falsi perbenismi politici utilizzati solo per raccattare voti facendo del male al nostro settore. Chiediamo regole certe, che durino negli anni e in questo framework regolatorio la nostra industria potrà muoversi e fiorire con la dignità che merita. Quando sentiremo parlare mediaticamente di gioco legale e gioco d’azzardo come due cose ben distinte tra loro, allora vorrà dire che l’obiettivo è stato raggiunto”.
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DANILO FESTA E DIEGO MENDEZ
Tradizione e innovazione
“Ristori, gocce nel mare” ma Nazionale Elettronica è pronta a ripartire alla grande
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Sempre più online
Octavian Gaming pianifica un 2021 ancora agli albori, pandemia permettendo, l’appello alle istituzioni: “Il Governo ci ascolti”
“L’obiettivo per la nostra azienda è rafforzare la propria presenza sul mercato online, sia italiano che internazionale, nonché investire nell’innovazione di prodotto, tanto nel contenuto di gioco, quanto nei sistemi informatici in grado di veicolarlo nei vari canali retail”. Così Octavian Gaming si affaccia al 2021 appena cominciato. L’entusiasmo insomma non manca ma neppure si può fingere che tutto vada, o sia andato bene: “Il nostro lavoro – dichiara Simone Pachera, amministratore delegato dell’azienda veronese del gaming - è strettamente connesso con l’attività degli operatori, che secondo le scelte del Comitato tecnico-scientifico e conseguentemente del Governo sono state bloccate nell’ottica di contenere la diffusione del contagio. Va da sé che tutta la filiera ha risentito di tale forzatura, comportando l’azzeramento pressoché totale delle attività e dei ricavi derivanti dall’attività sul terreste. Peggio ancora, il blocco totale dell’attività degli operatori ha obbligato la nostra azienda a concedere delle dilazioni di pagamento significative, nell’ottica di distendere le sempre più frequenti tensioni finanziarie dei nostri clienti. Fortunatamente la nostra azienda da qualche anno ha diversificato la propria attività, aggiungendo una linea di business dedicata al gioco online”. Ristori in serie per ammortizzare l’impatto della crisi Covid, hanno aiutato? “Sicuramente il Governo non ha brillato per tempestività e precisione nel supportare le aziende colpite dalla pandemia; il criterio di individuazione dei ristori, ad ogni modo esigui, attraverso la selezione dei codici Ateco è risultata fallimentare, sia per la nostra industria, sia per molte alte industrie, proprio perché non è possibile individuare l’indotto dietro a ogni business. Un criterio più oggettivo doveva essere quello del calo del fatturato, prendendo a riferimento i periodi a ridosso del blocco forzoso delle attività. Vani sono stati gli sforzi delle associazioni di categoria, poco se non per nulla ascoltate dall’esecutivo, forse troppo impegnato a fronteggiare la crisi. Una maggior concertazione con le associazioni di categoria è comunque sempre auspicabile, indipendentemente dalla crisi, a maggior ragione nella fase di rilancio”. Parliamo di tecnologia applicata agli apparecchi da gioco. A cosa state lavorando? “Dal 2016 l’associazione Acmi, a cui aderiamo, per altro l’unica associazione di soli produttori, ha proposto concrete soluzioni tecniche volte ad aumentare sia la sicurezza sia l’efficienza del prodotto. Oggi più che mai la tecnologia aiuta a ridurre costi e creare efficienza; l’auspicio è che le istituzioni diano voce e ascolto alle associazioni, che rappresentano le aziende che poi gestiscono sotto la guida di Adm il gioco lecito”. Fiere come Enada, di cui è stato già annunciato “il posizionamento a settembre”, sono importanti vetrine, ma qual è il vero motore per far ripartire il gioco pubblico legale? “Gli italiani in generale, e ancor più il nostro settore hanno dimostrato negli anni la capacità di adattarsi a cambiamenti, anche significativi, con tenacia e perseveranza. Credo che più che di un mero ristoro, certamente inadeguato, serva prima di tutto una presa di coscienza della politica di un settore industriale che porta ingenti somme alle casse dello Stato; è il momento di stoppare l’inasprimento sconsiderato della tassazione, che ha raggiungo livelli insostenibili, dimostrando peraltro di non portare maggior gettito; è necessario mettere a punto strumenti che favoriscano la crescita, come ad esempio il credito di imposta legato agli investimenti, così come è essenziale il mantenimento dei livelli occupazionali a tutti i livelli della filiera. È inconcepibile che ad oggi non sia ancora riconosciuta la figura dell’operatore, e che il sistema bancario demonizzi gli operatori del gioco lecito”. (Mr)
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SIMONE PACHERA
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Dalla pandemia globale alla responsabilità collettiva
PROM O SPAC E
Il Covid-19 ha cambiato il mondo e il modo di lavorare, anche nel gioco, proponendo una nuova sfida, basata sulla responsabilità, che deve coinvolgere tutti, a partire dalla politica
Il2021 deve essere l’anno della ripartenza, anche per il gaming: ma dovrà anche essere l’anno in cui adottare un approccio più responsabile, da parte di ogni parte in causa, legislatori compresi. Ne è se negli ultimi anni. L’attenzione crescente è ancora più evidente nei mercati che potremmo definire maturi, nei quali, cioè, lo sforzo dei rispettivi governi di regolamentare tutte le forme di gioco, terrestre e online, è stato avviato convinto Francesco Rodano, chief policy officer di Play- da più tempo. tech con un passato come regolatore del gioco online in In Paesi come ad esempio l’Italia, il Regno Unito, la Spagna Italia, che analizza con Gioco News la situazione attuale in e diversi altri, la regolamentazione ha avuto come consecui si trova il settore del gaming, evidenziando le sfide e i guenza naturale un aumento della visibilità del settore – punti di forza per affrontarle. Con particolare riferimento più luoghi di gioco nelle strade e consistenti investimenti all’Italia. pubblicitari da parte degli operatori in competizione tra Che anno sarà il 2021 per l’industria del gaming a livello globale? loro – fino a ingenerare nell’opinione pubblica una sensa“Speriamo innanzitutto che il 2021 segni l’uscita dall’in- zione di pervasività. A loro volta, i media si sono occupati cubo della pandemia. Mai avremmo potuto immaginare più diffusamente degli aspetti negativi del gioco, così che questa immane tragedia, che è già costata oltre due mi- la reputazione del settore ha cominciato a deteriorarsi e, lioni di vite umane e ha causato ferite sociali ed econo- allo stesso tempo, spingendo praticamente tutte le forze miche che richiederanno anni per essere rimarginate. politiche a inserire possibili interventi restrittivi nella L’industria dei giochi nel suo complesso, così come tut- propria agenda. Una legittima e auspicabile discussione te le attività legate all’intrattenimento e al tempo libero, sui rischi del gioco e su come prevenirli si è trasformata ha subìto conseguenze devastanti. Nel Regno Unito, ad però, a mio avviso, in un antagonismo quasi ideologico tra esempio, la Gambling Commission stimava che, prima politica e industria, caratterizzato da mancanza di fiducia della pandemia, ci fossero 100mila lavoratori nel settore reciproca e, forse, da una eccessiva semplificazione. La nadel gioco legale. In Italia erano censite oltre 7mila imprese turale esigenza della politica di agire attraverso interventi attive, con circa 150mila persone tra impiegati diretti e in- immediati e comprensibili, da una parte, e la mancanza diretti. Difficile prevedere quanti di questi posti di lavoro di impegno da parte dell’industria, talvolta più apparente sopravviveranno, in questi due Paesi come nel resto del che reale, nella promozione di comportamenti di gioco mondo, ma forse è proprio ora il momento di provare a più responsabili, ha ulteriormente inasprito questa conguardare al settore con un maggiore sforzo di obiettività, trapposizione, senza peraltro favorire l’individuazione di per comprendere quali siano stati i problemi che ne han- soluzioni e prassi realmente efficaci. no pregiudicato la reputazione negli ultimi anni e porre le Mi auguro che la pausa forzata di questi primi mesi del basi, con uno sforzo collettivo, per risolverli in futuro. Se 2021 rappresenti l’occasione per avviare un approccio al per la grande maggioranza di persone il gioco è uno svago, settore realmente integrato, che coinvolga tutte le parti per alcuni, come è noto, può rappresentare invece un pro- interessate: la politica, le autorità di regolazione, gli opeblema, che può anche indurre comportamenti patologici. ratori del settore, i fornitori di assistenza ai giocatori proA Il possibile impatto negativo del gioco sui soggetti più a rischio è stato al centro di discussioni sempre più acceLA PUNTAT LE DRITTEDEL M AESTROLE DRITTEDE L M AESTRO ENGLISH P AGESPROM O SPAC E blematici, e, soprattutto, i ricercatori accademici. Un’esperienza promettente è in corso in Spagna, dove il governo
ha istituito un comitato consultivo sul gioco responsabile che raggruppa tutti gli stakeholders del settore, con l’obiettivo di promuovere la ricerca e individuare soluzioni condivise in tema di protezione dei giocatori vulnerabili. In Playtech, stiamo cercando di fare la nostra parte per promuovere questo tipo di approccio condiviso. Negli ultimi dodici mesi, abbiamo collaborato con regolatori, ricercatori universitari, associazioni no-profit e manager nel settore del gioco per comprendere come avere un impatto positivo sulla società. Tutti i nostri sforzi sono rivolti a contribuire a rendere questa industria piu’ sicura per i giocatori e quindi più sostenibile nel lungo periodo”. Che effetti ha avuto e sta avendo, a livello operativo, la pandemia da Covid-19 sul settore del gaming? “Dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, abbiamo assistito a un cambiamento sostanziale letteralmente da un giorno all’altro, di solito in coincidenza con l’annuncio del lockdown nei rispettivi paesi. Tutto a un tratto, ci siamo ritrovati nell’era ‘Zoom’. Solo un anno fa, un modello organizzativo non fondato sulla presenza quotidiana in ufficio sembrava inconcepibile. Eppure ci siamo adattati a incontri di lavoro, conferenze, sales pitch, e persino brainstorming in modalità remota. La nostra azienda, come del resto il settore del gioco in generale, è ad altissima intensità tecnologica, il che ha reso possibile adottare nuove modalità operative praticamente in tempo reale e senza ripercussioni sulla produttività. Ciò detto, non vedo davvero l’ora di poter tornare a stringere una mano o di discutere nuove idee in modo estemporaneo con un collega in ufficio! Per quanto efficiente, comodo ed economicamente conveniente sia il lavoro ‘smart’, l’immediatezza delle relazioni umane non è replicabile attraverso un monitor. Vorrei citare altri due effetti della pandemia sul settore. La sospensione del gioco terrestre, unita ai lockdown e alla crisi di tante attività economiche, ha accresciuto, comprensibilmente, il timore di un possibile incremento dell’incidenza di comportamenti problematici e patologici in relazione al gioco online. Il settore sembra aver compreso in tempo questa preoccupazione, e l’industria nel suo complesso si è attivata con più decisione rispetto al passato per fronteggiarla. Noi, ad esempio, abbiamo lanciato Playtech Protect, raggruppando in maniera organica tutta la nostra ricerca e tecnologia in tema di gioco responsabile. Siamo convinti che la tecnologia avrà infatti un ruolo decisivo nell’alleviare gli impatti a breve e lungo termine della pandemia, e nella costruzione di un’industria più sicura e sostenibile. Il secondo effetto, che non riguarda solo il nostro ambito, è una rinnovata attenzione sia al benessere dei lavoratori – visto il rischio di straniamento causato dai lockdown – che all’impatto che la pandemia ha avuto in altri settori della società. Nel nostro caso, tale attenzione si è tradotta nell’aumento di iniziative di sostegno rivolte ai dipendenti e alle comunità locali dove siamo presenti, così’ come nell’avvio di a nuove collaborazioni con organizzazioni no-profit per esaminare i legami tra salute mentale digitale e gioco”. Quali cambiamenti ci potranno o dovranno essere, a suo giudizio, nel settore per affrontare il cosiddetto “new normal”? “La pandemia ci ha indotto, come accennato, a riflettere ulteriormente su come aumentare l’impatto positivo del settore sulla società, e allo stesso tempo ad accrescere gli sforzi per prevenire gli effetti nocivi sulle persone più a rischio. Se riuscissimo, collettivamente, a rendere questo rinnovato impegno proprio il ‘new normal’, penso che potremmo gradualmente recuperare la fiducia dell’opinione pubblica e delle istituzioni, per costruire, finalmente insieme, un futuro in cui gioco e intrattenimento siano davvero sinonimi”. Nell’ultimo periodo si stanno adottando varie restrizioni nei diversi Paesi europei (e non solo) con particolare riferimento alla pubblicità del gioco. Vede dei rischi in questo senso? Come dovrebbe essere regolamentata a suo giudizio la pubblicità del gioco per rendere l’industria pienamente sostenibile? “Credo che concentrare l’attenzione esclusivamente, o quasi, sulla restrizione della pubblicità rappresenti un palliativo, e non la soluzione, al problema del gioco patologico. A mio avviso, un approccio realmente efficace a tale problema dovrebbe essere fondato sulla conoscenza approfondita del comportamento dei singoli giocatori, in modo da individuare, quanto più in anticipo possibile, l’insorgere di condotte a rischio, cosi’ da intervenire in tempo per correggerle. In questi ultimi anni abbiamo investito molto nell’uso dell’intelligenza artificiale per l’analisi del comportamento, e i risultati sono davvero incoraggianti. Data la complessità della natura umana, due individui con la stessa diagnosi di gioco d’azzardo patologico potrebbero mostrare sintomi completamente differenti. Per questo, restrizioni ‘universali’ rischiano di non essere altrettanto efficaci per proteggere l’intera platea di giocatori quanto un’analisi approfondita del loro comportamento. Un altro filone su cui ci stiamo impegnando, insieme a ricercatori accademici e operatori di gioco, è lo studio del game design, con l’obiettivo di individuare, e rimuovere, quegli elementi dei giochi che più rischiano di generare comportamenti compulsivi. Siamo genuinamente convinti che questo tipo di innovazioni, supportate da una seria validazione scientifica, saranno decisive nel prevenire in modo finalmente adeguato i problemi legati al gioco”. Nella sua precedente esperienza come regolatore aveva proposto, ormai più di dieci anni fa, la cosiddetta liquidità internazionale nel gaming online. Ad oggi, il tema, sembra essere ancora un tabù, almeno per alcuni Paesi. Cosa ne pensa oggi, a distanza di anni? Vede ancora delle opportunità in questo o bisogna considerarlo un argomento superato? “Quando lavorammo a questa possibilità, promuovemmo, e firmammo, un accordo con i governi di tre paesi – Francia, Spagna e Portogallo – per consentire che i rispettivi consumatori potessero giocare tra di loro. Oggi sono proprio quei tre Paesi, senza l’Italia, ad aver beneficiato di quell’accordo, e, come dichiarato pubblicamente dai rispettivi regolatori, l’esperienza sembra aver funzionato senza intoppi, anzi ha consentito al poker online legale di competere meglio con quello offerto dagli operatori senza licenza. Il modello sembra aver retto alla prova del tempo, e, forse, non è mai troppo tardi per farne parte”. (Ac)