Image: il corpo mistico dell’organizzazione di Giovanni Anceschi In una concezione che sul piano di un pensiero largamente allegorico trova d'accordo mistica e cibernetica, vi sono organismi i cui organi non sono necessariamente uniti, ma possono essere disseminati: corpi le cui membra sono sparse. 1 D'altronde, in etologia ci si domanda se l'individuo non sia il formicaio. E si parla correntemente di ‘corpo di spedizione’, si evocano allarmati i ‘corpi separati’, ma si applaude allo ‘spirito di corpo’. Che si tratti di una metafora o di un modello concettuale archetipico, resta comunque piuttosto significativo che in angloamericano l'azienda si dica corporation. E secondo la teoria delle organizzazioni sociali 2 la sostanza di qualsiasi entità organizzata è costituita non solo dall'insieme degli uomini (Mannschaft dicono appunto i tedeschi di qualsiasi squadra o equipaggio) più o meno articolato gerarchicamente secondo criteri di leadership e competenze, ma anche dall'insieme degli artefatti (attrezzature, armamenti, macchine e veicoli). Cioè di tutte quelle protesi che consentono di estendere il raggio dell'azione, fisica come comunicativa. 3 E una tale entità d'assieme possiede, nelle cellule che la compongono, gradi più o meno intensi di consapevolezza di questa unità-identità. Ma anche l'ambiente circostante è in grado di riconoscere con maggiore o minore sicurezza la compattezza dell'organismo. Certo, la sensibilità drammaturgica dell’universo legale - si pensi a quel palcoscenico che è il tribunale - parla in proposito di persona legale, nel senso di cogliere la responsabilità unitaria delle azioni e delle manifestazioni. Non solo corpo, ma persona, maschera teatrale 4 dunque, che, per così dire, agisce, gestisce e parla sulla scena del mercato, della politica, insomma della vita sociale. Si può dire che l'entità in questione rivolga verso gli altri una vera e propria faccia con una fisionomia dotata di diverse possibilità di atteggiamento, di mimica, di espressione. E puntualmente Henrion e Parkin, ai quali si deve la fondazione della riflessione sull'image, parlano di quell'artificial person che è rappresentata dall'impresa industriale e commerciale ecc. 5 Che ne sia consapevole o no, ogni entità organizzata possiede, una propria persona 5+1. In altre parole una realtà comunicativa o correaltà, come la chiamano i teorici dell'informazione, 6 in qualche modo distinta dall'entità in quanto tale. Ed è la problematicità del rapporto fra ente che è (agisce, produce) e l'entità che appare a costituire lo spazio di intervento e di manipolazione progettuale. 7 Proprio a questa apparenza, che è anche la facoltà di essere apparizione, fa riferimento il termine image. E naturalmente un'apparizione implica qualcuno a cui manifestarsi. Implica un pubblico che la veda, e che poi la conservi nella memoria e sia in grado di evocarla davanti agli occhi della mente. Non stiamo citando qui il verso di un visionario medioevale come Dante (“Ne la mente mi si è fitta la cara e buona imagine”), ma la lettera (mind eyes) di Henrion e Parkin. 8 É una concezione che trova dei parallelismi nella nozione di imago introiettata, della psicanalisi. 9 Si tratta in questo caso di paralleli poi non così trascurabili, poiché, oltre a possedere la particolare vividezza e nettezza sincretica delle immagini di sogno,`