Il Sommelier nr.5/08

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IN QUESTO NUMERO: • Le donne protagoniste della 42a settimana dei vini di Siena • Salone Internazionale del Gusto • Il vino: nuovo orizzonte per il fondatore di Eataly • Storica verticale di alcuni vini dell’Etna

ISSN 1826-6533

Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: ”Poste Italiane S.p.A. - Sped.Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po”

Rivista di enologia, gastronomia e turismo

€ 4,10

Anno XXVI - Numero 5 - Settembre-Ottobre 2008



ENOGASTRONOMIA, TURISMO, CURIOSITÀ

COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

In questo Numero

L’opinione del Presidente - Vittorio Cardaci Ama

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Il vino: nuovo orizzonte per il fondatore di Eataly - Piera Genta

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Charmat: le bollicine del futuro - Silvana Delfuoco

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Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV

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La Martinica nel bicchiere - Enza Bettelli

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Persia, una piacevole sorpresa - Gudrun Dalla Via »

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Aragosta, regina della tavola - Gianni Staccotti

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Bardolino:la freschezza e la bevibilità del Garda Luca Iacopini e Massimo Bracci Pag.

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Lacryma Christi ovvero il Vino del Vesuvio Pasquale Palma

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Il gusto come veicolo interculturale - Roberto Rabachino L’opinione di Marcello Masi - Marcello Masi News dal Mondo e dall’Italia In Famiglia Speciale Sicilia - Carlo Ravanello La segreteria comunica - Mario Del Debbio

Le donne protagoniste della 42a settimana dei vini di Siena - Cinzia Tosetti

Salone Internazionale del Gusto - Piera Genta

Re delle bollicine, poeta dello Champagne o filosofo del vino? - Piera Genta

CULTURA DEL VINO

SCIENZA, TECNICA APPROFONDIMENTI

Vini passiti e da meditazione - Gudrun Dalla Via

Il senso del gusto si evolve Lorenzo Tablino

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Lettera del Presidente

“L’estate sta finendo e un anno se ne va… In spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più…”

L’estate finendo estate sta finendo... di Vittorio Cardaci Ama

settembre è l’inizio delle attività istituzionali, i corsi di formazione nei vari livelli, la ripresa dei progetti già avviati e da intraprendere

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Erano gli anni ottanta, esattamente l’estate del 1985 e I Righeira, quelli di Vamos a la playa, vincevano il Festivalbar e il Disco per l’estate con questa canzone dai toni malinconici. Un tempo, quando le stagioni erano scandite dagli impegni della vita quotidiana, quali l’inizio dell’anno scolastico, le vacanze di Natale, Carnevale, le vacanze di Pasqua, la fine della scuola, il mare, la montagna, il campeggio… eravamo forse meno affannati dagli impegni e più ansiosi di attendere il prossimo, meritato riposo. Per noi settembre è l’inizio delle attività istituzionali, i corsi di formazione nei vari livelli, la ripresa dei progetti già avviati e da intraprendere. Inizia anche l’ultimo periodo di attività dell’attuale Consiglio Nazionale, non è ancora tempo di bilanci consuntivi, ma dobbiamo perfezionare quanto già avviato e pianificare una serie di attività, che probabilmente lasceremo in eredità ai Consiglieri che si insedieranno il prossimo anno. Degli esem-

Il Sommelier Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo Registr. Tribunale di Pisa n° 21 del 15.11.1983

pi? Il nuovo testo di terzo livello, riveduto e corretto secondo una nuova scheda di abbinamento; nuove possibilità di accrescimento professionale per i Soci sommelier professionisti, con corsi specifici; lo studio di un nuovo calice da degustazione, con un sistema innovativo a marchio Fisar. Avremo modo di approfondire questi temi ad ottobre a Ragusa, dove mi aspetto di incontrare tutti i Delegati e molti Soci rappresentanti tutte le Delegazioni italiane. L’occasione è estremamente importante perché le strategie di sviluppo e crescita devono essere discusse e decise insieme. Sulle pagine che seguono troverete il programma del Congresso Nazionale che si svolgerà dal 3 al 6 di ottobre, è molto intenso e interessante, non trascurate l’occasione di partecipare. Arrivederci nei prossimi giorni a Ragusa dunque e che il vostro calice sia sempre colmo, augurando la consueta serenità.

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Editoriale del direttore

Secondo molti antropologi la cucina rappresenta un modo per porre in relazione diversi piani di analisi, da quello ecologico a quello tecnico, da quello sociale a quello simbolico.

Il gusto gusto come veicolo

di Roberto Rabachino

interculturale interculturale I gusti alimentari rappresentano quindi un effetto del contesto socio-culturale di appartenenza, per cui gusto e disgusto non dipendono dalla natura ma sono spesso determinati dalla cultura e quindi dalle abitudini. L’atto stesso del cucinare ci fa riflettere su alcuni elementi. La cottura rappresenta simbolicamente una sottomissione della natura alla cultura, in quanto una volta preparato il cibo perde la sua naturalità e assume significati e sapori diversi a seconda della cultura. Ogni cultura possiede una cucina specifica che implica delle classificazioni e un complesso di regole fondato non solo sulla preparazione e sulla combinazione degli alimenti ma anche sulla loro raccolta e sul loro consumo. Possiede anche dei significati, che sono strettamente dipendenti dal modo in cui le regole culinarie vengono applicate. Per riprendere l’analogia con il linguaggio, si può dire che, come gli errori di grammatica possono danneggiare o annullare il significato, gli errori di «grammatica culinaria» possono determinare delle improprietà inquietanti per chi mangia. L’alimentazione fa parte di quelle pratiche del sé che ci aiutano a tracciare delle barriere simboliche fra noi e l’altro ed in questo modo ci aiutano a capire meglio i significati del sé. Così, come ci hanno mostrato le diverse civiltà, da quella greca a quella italiana o francese o cinese, la condivisione dello stesso cibo introduce le persone nella stessa comunità e le rende membri di un’unica cultura. Il cibo così come crea delle appartenenze, allo stesso modo sottolinea le differenze e serve a separare “noi’’ dagli “altri’’. Attualmente l’alimentazione è uno dei “display” più importanti per delimitare barriere ideologiche, etniche, politiche, sociali, o al contrario uno dei mezzi più utilizzati per conoscere le “altre” culture, per mescolare le civiltà, per tentare la via dell’interculturalismo. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

Il cibo è anche un meccanismo rivelatore dell’identità etnica, culturale, sociale. Un elemento di sostentamento del corpo, un importante medium, in quanto rappresenta un mezzo di comunicazione, attraverso il quale l’individuo esprime se stesso e allo stesso tempo si differenzia dagli altri, ovvero da coloro i quali non hanno le stesse abitudini alimentari. Il cibo ed il gusto possono rappresentare una ‘’frontiera culturale simbolica’’ disegnando confini ben precisi anche all’interno di una stessa società. Apprezzare il cibo in quanto momento identificativo, difendere le diversità e rispettare le “abitudini culturale” è da considerarsi un atto di convivenza universale.

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Il cibo ed il gusto possono rappresentare una «frontiera culturale simbolica» disegnando confini ben precisi anche all’interno di una stessa società

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L’Opinione di Marcello Masi

Chi ha qualche decennio di anni sulle spalle come me non ha certamente dimenticato gli “yuppies”.

di Marcello Masi Vice Direttore TG2 RAI e responsabile rubrica Eat Parade

Oggi le due grandi economie che tirano di più sono India e Cina. Alla base della loro crescita non c’è la finanza, c’è la produzione a basso costo

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Un’Italia da podio podio Eravamo negli anni ottanta ed una sorta di frenesia aveva contagiato le borse di tutto il mondo occidentale. Passava nell’opinione pubblica il concetto che fare i soldi non era poi così difficile. Bastavano dinamismo, qualche idea, un pizzico di capacità, molto fiuto e soprattutto le conoscenze giuste. Sappiamo tutti come è andata a finire. Ma forse non abbiamo riflettuto abbastanza sulle conseguenze di quel modo nuovo di guardare il mondo globalizzato: una specie di mucca da mungere all’infinito. In quegli anni la finanza, che fino ad allora era sempre stata definita “alta”, si abbassava fino a riuscire ad entrare nelle case della gente

comune. Chi di noi non è stato attratto da termini come azioni, fondi comuni, futures, obbligazioni, pronti contro termine? In molti hanno creduto nel miracolo dell’arricchimento senza fatica, qualcuno ci è addirittura riuscito a moltiplicare il proprio capitale figlio del reddito da lavoro. Ma la maggioranza si è fatta male. Ma non voglio parlare dei tanti casi Parmalat che hanno sconvolto la vita di centinaia di migliaia di persone. Vorrei invece riflettere insieme a voi sul come potersi difendere dal canto delle sirene che nonostante le esperienze negative continua ad attrarre “mortalmente” tanti imprenditori e persone comuni. Non sono in grado di

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L’Opinione di Marcello Masi

utilizzare argomentazioni macroeconomiche, conosco bene i miei limiti e non sono un economista, ma il buon senso, questo sì, vorrei provare a metterlo in campo. Innanzi tutto facciamo una veloce panoramica sul mondo. Oggi le due grandi economie che tirano di più sono India e Cina. Alla base della loro crescita non c’è la finanza, c’è la produzione a basso costo. Quelle economie, solo qualche anno fa, definite di frontiera, hanno imposto nel mondo globale, i loro prodotti perché costano meno. Un’utilitaria indiana è venduta a poco più di tremila euro con aria condizionata compresa. Un computer cinese costa un terzo di un prodotto simile made in USA. Un maglione di cachemire prodotto nel distretto di Shangai, al negozio magari costerà quasi uguale a quello prodotto a Piacenza, ma all’ingrosso viene pagato la metà. Insomma, se quelle economie crescono il motivo è che in quelle latitudini gli operai percepiscono stipendi molto più bassi dei nostri e lavorano il doppio. Risultato, prodotti ultra concorrenziali sul mercato mondiale. Che cosa centra la finanza? Niente, o meglio non è centrale per quelle economie. Da noi, invece, la finanza in troppi casi è diventata un’erba infestante che ha sommerso addirittura il prodotto originale. Molte società, infatti, hanno creduto di poter crescere grazie alla moltiplicazione miracolosa del denaro virtuale che in effetti con speculazioni, fusioni e prestiti bancari per molti ha fatto fare il boom. Ma i “furbetti del quartierino”, solo per fare un esempio, la presunta astuzia la stanno pagando cara. No signori, per tornare a crescere come sistema Italia non possiamo continuare su questa strada senza uscita. Nessun Paese se lo può permettere. Le bolle speculative esplodono ovunque dagli Stati Uniti all’ex-miracolosa Spagna. Tra le conseguenze più drammatiche di questa illusoria corsa all’oro dei nostri giorni la crisi dei mutui che sta mettendo in ginocchio milioni di famiglie in tutto il mondo e molte sono da noi. Che fare allora per tornare ad avere un’economia forte e concorrenziale ed una crescita non più incollata allo 0, ? L’idea, lo dico subito, non è mia, altrimenti sarei quanto meno già Sottosegretario. Naturalmente, quest’ultima è una battuta di bassa lega, tutti sanno infatti che per diventare sottosegretario bisogna avere molto vicino almeno un segretario ed io non ce l’ho. Comunque, l’idea l’hanno avuta una quindicina di anni fa gli amici irlandesi da una parte e gli amici scandinavi dall’altra. I Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

primi, nel momento in cui il mondo si stava sempre più rinnovando, hanno puntato tutto sulla ricerca informatica. Ed ora sono il polo europeo più importante per la componentistica dei computer. E non è poco, vi assicuro. I nordici, invece, con una lungimiranza davvero encomiabile hanno investito sulla ricerca ambientale. Oggi sono leader nella produzione di pannelli solari, materiali eco compatibili, riciclaggio etc. Giro di affari incredibile ed in continua crescita. Che cosa accomuna esperienze così lontane anche geograficamente? La qualità. È proprio in questa piccola parola che c’è l’unica risposta credibile alla concorrenza spietata dei prodotti dei paesi emergenti. La nostra tradizionale capacità di trasformazione ci mette in una posizione di vantaggio rispetto a quelle economie che si sono sempre appoggiate alla ricchezza del sottosuolo. Noi per decenni siamo stati costretti a inventarci la ricchezza dai prodotti che siamo riusciti a creare. Abbiamo sfruttato la nostra inventiva, la nostra fantasia, il nostro buon gusto e il buon senso. E siamo diventati una potenza mondiale indiscussa. Ora dobbiamo tornare a credere in noi stessi e meno nella favola che il mondo va da una parte e bisogna inseguirlo per non rimanere indietro. Di qualità ci sarà sempre richiesta. Anche la Cina e l’India saranno enormi mercati per le eccellenze. Oggi a Pechino girano più Ferrari che a Bologna. Domani se riusciremo a tornare un popolo solare che crede nelle proprie possibilità potremo tornare a sperare. Il vino, il vino buono, il vino di qualità, è uno dei prodotti su cui puntare. Bisogna farlo con intelligenza, pazienza e gioco di squadra. Copiamo senza vergogna, se sistemi di commercializzazione diversi dai nostri si rivelano più efficaci. A noi “rubano” continuamente tante idee e non solo quelle. Ma soprattutto non smettiamo di investire in capacità e risorse per migliorare i nostri prodotti. Investiamo, magari, meno in cantine lussuose, e di più nella ricerca. Innoviamoci nella tradizione, facciamoci inseguire e imponiamo la nostra qualità. Non ci manca nulla, dobbiamo solo crederci tutti insieme: Governo, Consorzi, Produttori. Laddove ci siamo impegnati arriviamo primi o, male che vada, guadagniamo il podio. Alle Olimpiadi del Gusto non dobbiamo davvero temere nessuno.

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Tra le conseguenze più drammatiche di questa illusoria corsa all’oro dei nostri giorni la crisi dei mutui che sta mettendo in ginocchio milioni di famiglie

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Cultura e sapori

Le consumatrici scelgono i vini in base all’occasione, ma devono essere di carattere e di delineata struttura

di Cinzia Tosetti

Le donne protagoniste protagoniste della 42a settimana dei vini di Siena Siena vini di Con un calendario fitto di impegni e di incontri, la 42a settimana dei vini di Siena ha chiuso i battenti affrontando problemi relativi alla salute, all’enoturismo urbano, proponendo premi, mostre e degustazioni. L’Ente

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Mostra Vini Enoteca Italiana con il Contributo del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha dato il via ad un susseguirsi di appuntamenti, e tra questi ricordiamo il Premio al miglior vino tra i più venduti in Italia, il Premio alla memoria per il giornalista Paolo Maccherini, la mostra Vestire il Vino e la presentazione della Guida Spumanti d’Italia della Veronelli Editore, i riconoscimenti “Dioniso d’Oro”, “Vite d’Oro Giovanni Dalmasso” e “Torchio d’Oro – Immagine Doc Paolo Desana”. Inoltre da quest’anno è stato inserito un importante appuntamento per le donne che vivono e lavorano nel mondo enologico: il Forum delle Donne del Vino. Tutta una giornata dedicata alle donne: “Una giornata speciale – dice Claudio Galletti, presidente dell’Enoteca Italiana – le donne sono sempre più presenti e sempre più importanti. È un’ulteriore occasione per conoscere aspetti inediti e interessanti del pianeta vino al femminile”. E alle donne è anche dedicata la bella mostra, dal titolo “Venere e Vino” - che ha ravvivato i corridoi dell’Enoteca Italiana per tutto il periodo della Settimana dei Vini -, dell’artista napoletano Giuseppe Olivieri dedicata alla prorompente bellezza femminile e al vino. Al convegno “il Vino al femminile”, sono state proprio le donne ad animare il convegno dal titolo “Vino di Genere” tenutosi sabato 24 maggio all’interno dei bastioni dell’Enoteca, donne che hanno analizzato il profilo delle consumatrici italiane che sempre più amano il vino: chi sono, come si Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


Cultura e sapori

caratterizzano e cosa scelgono. Dopo i saluti del dott. Galletti, e del moderatore Nicola Dante Basile, la parola è passata ad una delle donne del vino più conosciute e stimate, una famosa produttrice nonché assessore al turismo al Comune di Siena: Donatella Cinelli Colombini. Donna illuminata che ha lavorato per anni per la crescita della qualità e dell’immagine del mondo enologico italiano. “Le donne scelgono il vino quasi come scelgono il loro abbigliamento: in base all’occasione”. Questo è il primo volto delle consumatrici italiane, 13 milioni di donne che, secondo la dott. Cinelli Colombini, acquistano il vino non per la riserva di cantina, ma per l’imminente e speciale occasione di consumo. “Viviamo una società dai consumi ‘meticciati’, voliamo low-cost e dormiamo in hotel cinque stelle, alterniamo veloci e frugali pranzi con conviviali cene dove il locale, il piatto e il vino si intersecano in ricercate armonie e dove, sempre più spesso, è la donna che sceglie”. Tra le prime donne a riconoscere la capacità femminile nel mondo del lavoro fu Marisa Belisario che aveva capito come una azienda

moderna per crescere necessiti di validi collaboratori senza distinzione di sesso. L’Onorevole Lella Golfo ha portato il pensiero della scomparsa Belisario, racchiuso nella Fondazione e espresso nel premio a lei dedicati. “Quale Presidente della fondazione – dice l’onorevole Golfo – sono impegnata a promuovere il talento delle donne. C’è una grossa difficoltà per le donne ad emergere, ed i numeri lo dimostrano: il 5% sono dirigenti d’aziende mentre solo l’1% è presente all’interno del CdA di grandi aziende quotate in borsa. Eppure le donne hanno grandi capacità imprenditoriali e riescono a primeggiare senza alcun bisogno di protezione. Inoltre, se guardiamo l’imprenditoria agricola, le donne sono la vera risorsa del nostro paese”. Il prof. Andrea Rea, Resp. Osservatorio Marketing SDA Bocconi, ha presentato i risultati della ricerca, commissionata dall’Associazione Nazionale Donne del Vino, su un campione di circa 300 intervistate, che ha messo in evidenzia come le donne abbiano una più ampia visione del futuro. Rea ha racchiuso il loro pensiero in sostanziali tre parole: passione, innovazione e tradizione. A

La donna si è scoperta con un olfatto e un palato evoluto capace di raccogliere sfumature che l’uomo spesso non percepisce

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Nasce il Ruchè Montalbera per la ristorazione d’èlite. Un cru di sole ottomila bottiglie: L’accento, un rosso di classe firmato Montalbera – Terra del Ruchè –

Settantacinque ettari e una missionie, il Ruchè. Un piccolo impero che avrebbe fatto invidia al Paleologo, Marchese del Monferrato, territorio di ondulate e panoramiche colline che sono la culla di questo rosso autoctono piemontese. Antichi vitigni del Monferrato che la Montalbera ha curato in modo maniacale per far nascere questa selezione di

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8000 bottiglie annue, solo nelle migliori annate, parola di Franco Morando. Lui descrive il suo vino così: ”… una sintonia di fragranze, un incanto di sapori, un miracolo di armonia frutto di un lavoro caparbio e minuzioso che esige in ogni sua fase talento e grande professionalità”. Prodotto da uve in leggera sovramaturazione del vigneto più florido e meglio esposto, una premacerazione a freddo per esaltarne le componenti aromatiche, già terminata l’annata 2006, tutto contingentato per l’annata 2007 che a

sentir del produttore sarà “delizia da Re” … prosit!!! Montalbera Terra del Ruchè Via Montalbera, 1 Castagnole Monferrato (AT) www.montalbera.it

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Cultura e sapori

la 42a settimana dei vini di Siena ha chiuso i battenti affrontando problemi relativi alla salute, all’enoturismo urbano, proponendo premi, mostre e degustazioni

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seguire il prof. Fabio Taiti, Presidente del Censis Servizi, ha sottolineato come le donne abbiano più sottili capacità nel comprendere il prodotto, ma di contro sono più legate a gruppi schematici da lui definiti ‘tribù di tendenza’. È nuovamente una donna a presentare il volto più internazionale delle consumatrici, Brigitte Leloup, Vice Presidente A.S.E. (Association Des Sommeliers d’Europe) che ha raccontato l’evoluzione della cultura del consumo enologico partendo da quando era il compagno a fare l’acquisto dei vini in casa e al ristorante. La donna si è scoperta con un olfatto e un palato evoluto capace di raccogliere sfumature che l’uomo spesso non percepisce. Il paradossale, per la Leloup, è che alle donne piacciono di più vini di carattere,

La Giunonica Venere vista dall’artista napoletano Giuseppe Olivieri Giuseppe Olivieri, è un artista napoletano ed è stimato e conosciuto in tutta Europa grazie alle sue presentazioni e ai suoi soggiorni all’estero. Perfezionata nei banchi dell’Istituto di Napoli, la sua arte si è espansa a Francoforte, Zurigo, Parigi, Vienna e sono solo alcune delle città che lo hanno ospitato apprezzandone il suo lavoro artistico. L’impronta classica è il segno che distingue l’artista, una classicità greca che vede la donna, nelle sue forme, nei suoi nudi, come

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strutturati con volume, mentre gli uomini preferiscono vini più rotondi, sfumati setosi. Le scelte riflettono quelle della natura: la donna vuole un uomo virile e forte, mentre l’uomo cerca nell’altro sesso dolcezza, bellezza e un lato materno rassicurante. Il convegno è giunto al termine con le parole della carismatica ed elegante Pia Donata Berlucchi, Amministratore delegato dell’azienda Fratelli Berlucchi e Presidente dell’Associazione Nazionale delle Donne del Vino. Una produttrice e una donna che da anni ben rappresenta l’Associazione e che sottolinea comunque come la presenza femminile abbia portato un cambiamento nei consumi aprendo il mondo del vino a più diverse, profonde e affascinanti sfaccettature

massima espressione simbolica della bellezza umana. Anche Dioniso il mitico figlio di Zeus, o Bacco come abitualmente amiamo chiamarlo, si anima nelle tele dell’artista, costruendo quel legame indissolubile che l’autore ha raccolto in una collezione dal titolo “Venere & Vino”. I suoi quadri esaltano le sinuose figure di Venere, rappresentate con caldi e vivi colori e con loro, i vigneti, l’uva e il vino a completamento delle colorate immagini. La mostra ha arricchito, se mai ne avessero bisogno, le pareti dei bastioni dell’Ente Vini Enoteca Italiana durante tutti gli appuntamenti della 42a set-

timana dei vini, creando un’atmosfera aulica con un chiaro omaggio al corpo femminile. Una delle sue tele inoltre, dal titolo “Le Pigianti” (quadro che ritrae due donne dal diverso colore di pelle, un tino e tanti grappoli d’uva protagonisti in una visione dove l’immaginario soggettivo spazia senza limiti in un crescendo vorticoso di emozioni) è divenuta l’etichetta dell’importante vino dedicato all’artista dal titolo “Olivieri” Piemonte Rosso Doc e imbottigliato da una emergente azienda del Monferrato, la Tenuta “La Tenaglia” che ha alla dirigenza una giovane e capace manager: Sabine Ehrmann.

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Cultura e sapori

Educazione, Tutela e promozione. Sono i tre concetti su cui si basa la settima edizione di una manifestazione che proprio non conosce la criticità del settimo anno. di Piera Genta

Salone Internazionale del Gusto del Gusto

Carlin Petrini

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Questo viaggio alle radici del cibo – come recita il claim del Salone del Gusto 2008 – è partito in sordina nel lontano 1996 quando corrette abitudini alimentari, anche in relazione allo stile di vita, consumo consapevole, conoscenza dei prodotti tipici regionali, forme di agricoltura rispettose dell’ambiente, presidi e percorsi di educazione al gusto erano appannaggio di pochi e, successo dopo successo, si stanno affinando i concetti ed allargando gli interessi grazie anche a Terra Madre, l’incontro mondiale delle comunità del cibo, giunta alla terza edizione. E quel seme per la lungimiranza di Carlin Petrini e l’instancabile attività di Slow Food sta crescendo in un albero rigoglioso con frutti sempre più gustosi che segnano la partenza di questo nuovo cammino. Si tratta di un viaggio virtuoso, un impegno per ridurre anche l’impatto ambientale; infatti nella sua presentazione alla stampa, Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia ha dichiarato che l’edizione 2008 è il primo grande evento fieristico internazionale ad applicare l’approccio sistemico con l’obiettivo di ridurre progressivamente il proprio impatto ambientale. In estrema sintesi si lavorerà per ridurre l’impatto ambientale appunto (energia, emissioni, rifiuti) dei due eventi e promuovere scenari sostenibili di consumo. Naturalmente verranno compensate le emissioni di CO2, ma solo dopo aver lavorato per ridurle e non limitandoci banalmente a compensare quanto emesso senza impegnarci prima a contenere le emissioni. Da questa esperienza, siamo certi che nascerà un modello esportabile piemontese di manifestazione fieristica a basso impatto ambientale. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


Le tappe importanti dell’intinerario sono: Il Mercato suddiviso in via degli orti e delle spezie, via dei formaggi, via dei salumi, via dell’olio e conservati, via del grano, via della carne, via del pesce, via dei dolci e degli spiriti, via della birra. Tante bancarelle, tanti prodotti, non solo italiani, da scoprire, gustare e perché no, acquistare. Le Isole del gusto e le cucine sono luoghi in cui é possibile scegliere menu completi per conoscere i prodotti delle varie aree geografiche presenti. Gli spazi sono spesso animati da spettacoli o racconti che avvicinano il viaggiatore al territorio ed alla sua tradizione agroalimentare. L’Enoteca i cui veri protagonisti sono le etichette dei produttori segnalati da Vini d’Italia e da Guida al Vino Quotidiano, sarà altresì presente una selezione dei migliori vini provenienti da tutto il mondo. Il Caffè di Slow food, un delizioso angolo dove poter godere di un assaggio di buone letture. I Mercati della terra é la strada che collega fisicamente ed idealmente il Salone del Gusto a Terra Madre. Ci saranno i Mercati della Terra di Mali, Libano ed Italia. Protagonista la Cucina di strada per gustare passeggiando cibi come la focaccia di Recco, la farinata di Nizza Monferrato, le panelle o le specialità curde piuttosto che quelle messicane. I Presidi oltre 300 comunità del cibo provenienti da 50 paesi del mondo. Questa edizione ci sarà la Svizzera con ben 10 presidi; il Brasile con otto presidi e due novità, riso rosso e pinoli della Serra Catarinense; l’Uzbekistan, l’Afghanistan e l’Etiopia. I prodotti dei Presidi, che quest’anno compiono dieci anni, saranno contrassegnati da un bollino apposto sulle confezioni per facilitarne la riconoscibilità. Uno spazio importante é dedicato ai Presidi del caffè con piccole produzioni di qualità provenienti dalle zone più vocate. I Laboratori del gusto le consolidate ed apprezzate degustazioni guidate alla presenza di produttori ed esperti per fare confronti, domande, valutazioni, commenti. Gli appuntamenti in programma sono veramente molti e diversificati, ma molto richiesti. Ecco perché occorre la prenotazione. Per questa edizione ci saranno dei Laboratori ideati e realizzati dai primi laureati dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e di Colorno ed altri curati dalla banca del vino di Pollenzo. I Laboratori dei Vignerons d’Europa sono destinati unicamente alla degustazione dei vini di vignaioli che coltivano le uve nel rispetto dell’ambiente e dell’uomo. Il Teatro del gusto, un anfiteatro dotato di cucina a vista ed un grande schermo. Una vera aula didattica Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


Cultura e sapori

in un sala dedicata, per tutta la durata del Salone, é protagonista una selezione di corti e documentari che hanno partecipato alle varie edizioni del festival

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dove si avvicendano chef italiani ed internazionali. Alcuni nomi: Igles Corelli, Aimo e Nadia Moroni, Lidia Bastianich e molti altri. Per assistere alla dimostrazione é necessaria la prenotazione. L’area dei Master of food con appuntamenti della durata di una o due lezioni per scoprire od approfondire alcuni aspetti sul tè, ortofrutta, caffè, distillati. Interessante il nuovo corso sul cibo quotidiano con una lezione sulla spesa consapevole: consigli per leggere le etichette e per scegliere prodotti locali e soprattutto stagionali. Alcuni incontri tematici sono organizzati appositamente per gli studenti delle scuole

superiori ed altri, con un taglio diverso, per chi si occupa di educazione alimentare. Per le classi delle scuole dell’infanzia, elementari e medie é stato concepito un percorso propedeutico alla scoperta della filiera del cibo, chiamato Orto in condotta. Gli Incontri con l’autore per conoscere personaggi del mondo del vino e della gastronomia ed ascoltare la loro storia. Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta con il suo Sassicaia, Josko Gravner e le sue anfore in terracotta prodotte nel Caucaso per farvi riposare i suoi vini, prima di imbottigliarli, Piero Palmucci ed il Brunello e molti altri.

I numeri del Salone del Gusto 2008 Espositori 335 bancarelle Italia 97 bancarelle estero Totale: 432 bancarelle (346 nel 2006, +25%) 171 stand Italia 17 stand estero Totale: 188 stand (163 nel 2006, +15%) Aree ristorazione (Cucine e Isole del gusto) 16 Italia 6 estero Totale: 22 aree ristorazione (16 nel 2006, +35%) Spazi 16.984 mq superficie commerciale (13.288 mq nel 2006, +28%) 13.983 mq superficie per attività didattiche, educative e di degustazione (9.586 mq nel 2006, +45%) In totale il Salone del Gusto occupa 60.747 mq (52.457 mq nel 2006, +15%)

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Gli eventi 133 Laboratori del Gusto 17 Teatri del Gusto 20 Appuntamenti a Tavola 17 Incontri con l’Autore 30 Assaggi di Master 5 Laboratori Ripensa la mensa 62 Orti in condotta, attività per le scolaresche 11 Conferenze Terra Madre 28 Seminari di Terra Madre 32 incontri regionali di Terra Madre 10 Incontri e presentazioni nel Caffè di Slow Food a cura di Slow Food Editore 5 Giorni di proiezioni da Slow Food on Film Presìdi Oltre 160 Presìdi italiani e 115 internazionali, provenienti da 45 Paesi

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Cultura e sapori

Terra Madre 2008 Realizzato da Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Cooperazione Italiana allo sviluppo – Ministero Affari Esteri, Regione Piemonte, Città di Torino e Slow Food in collaborazione con Coldiretti Piemonte e Fondazione CRT. Si tratta della terza edizione del meeting internazionale delle comunità del cibo, una rete mondiale di contadini, pescatori e allevatori che popolano il mondo, nata con l’obiettivo di dare voce e visibilità a questa comunità, di favorire lo scambio di esperienze tra i membri della comunità stessa e far crescere nell’opinione pubblica la consapevolezza di quanto é prezioso il loro lavoro. Quest’anno la rete si rafforza gra-

zie al movimento dei giovani impegnati nella difesa del cibo e della cultura alimentare, lo Youth Food Movement, lanciato in occasione del V Congresso Internazionale di Slow Food in Messico. Lo Youth Food Movement è nato da un’idea degli studenti dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche e da Slow Food Usa ed è formato da un gruppo di studenti dei campus americani, giovani produttori, cuochi e attivisti. L’obiettivo è arrivare a coinvolgere, entro la fine di ottobre, oltre 1000 giovani da tutto il mondo, che si uniranno alle comunità del cibo provenienti dai cinque continenti, a 5000 contadini, allevatori, pescatori, artigiani e trasformatori, 1000 cuochi e 400 rappresentanti

I Laboratori della memoria per seguire alcuni protagonisti della nostra cultura alimentare attraverso il loro percorso di vita: Giuseppe Bellei e le bollicine; Enzo Gavioli, 97 anni maestro battitore di parmigiano e le storie di cucina di Aimo Moroni. Gli Appuntamenti a tavola su prenotazione. In programma 20 appuntamenti in luoghi diversi: nobili dimore d’epoca e castelli come il Real Castello di Verduno, la Reggia di Venaria, la Locanda Gancia che ospitano chef italiani e stranieri. Di grande interesse le conferenze, ad ingresso gratuito, che sono un occasione di incontro tra il pubblico e gli argomenti di attualità: dalla sicurezza alimentare ai cambiamenti climatici, dalla biopirateria all’economia locale. Ancora Slow Food on film: in una sala dedicata, per tutta la durata del Salone, é protagonista una selezione di corti e documentari che hanno partecipato alle varie edizioni del festival. Slow Food on Film vuole contribuire a costruire una nuova consapevolezza critica della cultura alimentare incentivando e distribuendo brevi opere dedicate al cibo e alla memoria gastronomica come patrimonio da salvare. Il Salone Internazionale del Gusto é Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

del mondo accademico per rinsaldare gli anelli di una catena che, negli ultimi anni, è diventata sempre più forte autorevole.

organizzato da Slow Food, Regione Piemonte e città di Torino. Si svolge a Torino Lingotto Fiere dal 23 al 27 Ottobre 2007, con orario da giovedì a domenica dalle 11 alle 23, lunedì dalle 11 alle 20.

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Degustandibus

di Piera Genta

Il mio prossimo obiettivo? Voglio imparare il vino. Penso di saperlo bere, ma quando mi trovo con i grandi comunicatori del vino mi accorgo che non so berlo. Umilmente voglio entrare nel mondo del vino, conoscerlo, distinguerlo e voglio imparare a fare il vino più buono del mondo e naturalmente voglio occuparmi di agricoltura. Capire la biodinamica, applicarla alla viticoltura, trovare una giusta via di mezzo.

Il vino: nuovo nuovo orizzonte orizzonte per il fondatore di Eataly Così racconta Oscar Farinetti proprio all’indomani della firma dell’operazione di acquisto della quota di maggioranza dei Tenimenti di Fontanafredda, storica azienda fondata all’inizio del secolo scorso da Casa Savoia,

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acquistata nel 1932 dalla Banca Monte dei Paschi di Siena e, finalmente, di nuovo piemontese. Infatti Oscar Farinetti e Luca Baffigo Filangieri hanno acquistato rispettivamente il 32% mentre il restante 36% è

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Degustandibus

Dal 1 settembre lascio il posto di amministratore delegato di Eataly a mio figlio Francesco e a Luca. Io faccio il presidente e, come già detto, nella terza parte della mia vita mi voglio occupare di vino

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passato alla Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Presidente del CDA è stato eletto Carlo Ceccarelli mentre Oscar Farinetti e Luca Baffigo Filangieri sono stati nominati Amministratori delegati. L’acquisizione dei Tenimenti di Fontanafredda di Serralunga d’Alba non è l’unica operazione legata al vino portata a termine da Oscar Farinetti. È del maggio di quest’anno la notizia che l’azienda Giacomo Borgogno & Figli di Barolo, dopo 250 anni di proprietà della stessa famiglia, è stata venduta alla famiglia Farinetti. Le acquisizioni portano dei cambiamenti, quale sarà il suo piano industriale per Borgogno? Borgogno è un’azienda piccola ma di straordinario livello che possiede 3 cru fantastici che sono Cannubi, Liste e Fossati. 22 ettari di vigne in Barolo, di cui 15 vitati e 10 tutti dedicati a Nebbiolo da Barolo. Una cantina immensa, antica in pieno centro storico di Barolo, vicino al castello. Una facciata orribile, frutto di una ristrutturazione degli anni sessanta, ecco questo sarà il mio piano industriale per Borgogno: cambiare la facciata. L’unica cosa che faccio di certo è non toccare i vini e la vinificazione, tradizionale con un lungo riposo in botti di rovere di Slavonia e poi in bottiglia prima di essere commercializzati. Vino superbo, dobbiamo solo fare sapere che questo Barolo è buono dopo 50 anni. E poi il patrimonio incredibile di oltre 50 mila bottiglie di Barolo classico delle annate dal 1961 al 1990 che metteremo in vendita poco a poco ed intanto ci prepariamo con un nuovo accantonamento. Abbiamo deciso di uscire solo dopo 10 anni, quest’anno con l’annata 1998, il prossimo con quella del 1999 ed avanti così. Ho un rapporto bellissimo con la famiglia, i fratelli Boschis Cesare e Giorgio, mi onoro di esserne diventato amico, resteranno a lavorare con me, dirigono l’azienda come allora. Nulla è cambiato. L’azienda è diventata della famiglia Farinetti, perché ho voluto questo gioiello per i miei figli, pensi che non ho le chiavi di Borgogno, suono anch’io il campanello! E Fontanafredda? Fontanaredda è una situazione più complessa. Il mio compito è dare a Fontanafredda l’immagine che merita. È lo château più impor-

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tante d’Italia, non esiste una altra cosa simile: 140 mila mq. tra cantine, il borgo con alloggi per le 40 famiglie dei dipendenti, la chiesa, la scuola, la villa Reale, il villaggio rurale. Mi sembra di entrare ne «L’albero degli zoccoli» di Ermanno Olmi, noi manterremo, anzi, amplieremo questo concetto del villaggio rurale. Abbiamo la stragrande fortuna dei 15 ettari di bosco, e daremo un senso a quel bosco. Sarà il bosco dei pensieri, voglio fare diventare Fontanafredda una sorta di villaggio dei pensieri, oggi la gente pensa poco, e noi lanceremo questo concetto. Lanceremo una campagna da settembre a dicembre in occasione dei 130 anni, con un grande titolo «Prima Voi». Prima Voi vuol dire prima voi piemontesi venite a visitare Fontanafredda perché ho scoperto che Fontanafredda è molto più conosciuta a Siena e a New York che non ad Alba e a Torino. Ed ancora il 15 settembre ci sarà un grande incontro conviviale con un grande cuoco basco e saranno invitati tutti i grandi chef del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta perché voglio presentare loro i vini di Fontanafredda, perché questi vini devono essere presenti nelle Carte dei vini dei ristoranti di queste regioni. Anche in questo caso, il mio piano industriale è non cambiare niente. È stato confermato totalmente il management attuale, saranno solo più rapide e facili la comunicazione e le decisioni. È un’azienda sana: nel 2007 ha registrato un fatturato pari a 34 milioni di euro, 80 ettari di vigne, una produzione commercializzata al 60% in Italia. Chi è Oscar Farinetti? Intanto sono un mercante, ovvero colui che compra un qualcosa già fatto, lo mette sullo scaffale e lo rivende e solo per questo gode di un valore aggiunto. Valore aggiunto che cerco di meritare, acquistando prodotti giusti, sistemandoli sullo scaffale in un certo modo, spiegandoli e comunicandoli. All’inizio di ottobre uscirà un libro di Sperling & Kupfer dal titolo Il Mercante di utopie, una biografia scritta da Anna Sartorio in cui si racconta la storia di Unieuro, la nascita di Eataly ed il mio modo di lavorare, cioè il tempo che dedico a fare l’analisi prima di fare un progetto perché considero l’analisi più importante del progetto stesso. Occorre prima capire lo scenario. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008



Degustandibus

L’unica cosa che faccio di certo è non toccare i vini e la vinificazione, tradizionale con un lungo riposo in botti di rovere di Slavonia e poi in bottiglia prima di essere commercializzati

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Del fenomemo Eataly ne hanno parlato e ne stanno parlando tutti, dal giornalino di quartiere al New York Times, ma come è nato il suo nome? In realtà volevamo chiamarlo Eat Italy e così è stato registrato. Poi un giorno, in occasione di una riunione presso lo studio dei ns. architetti, una collaboratrice suggerisce di comprimere le due parole in una sola, Eataly per l’appunto. Folgorati dall’idea ed entusiasti abbiamo iniziato il nuovo iter di registrazione, non semplice perché questo nome era già di proprietà sia di una società di Roma che del grande fotografo Fabrizio Ferri. Superate le difficoltà abbiamo acquisito e registrato il marchio in tutto il mondo. Eataly, questo nuovo format dove convivono distribuzione, ristorazione e didattica ha anche altri attori, Slow Food e Coop, quale è il loro ruolo? Slow Food ha il doppio ruolo di consulente sul piano tattico e strategico e di garante nella scelta dei prodotti. Quando mi è venuto in mente questo progetto, la prima persona con cui ne ho parlato è stato Carlo Petrini. L’idea gli è piaciuta molto e gli ho

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chiesto di darmi una mano. Slow Food è una associazione no profit che ha bisogno di soldi per vivere perché ci lavorano centinaia di persone e quindi produce consulenze. Naturale è stato chiedere a loro. A livello strategico, mi confronto su come muovermi. Sul piano tattico, per quattro anni hanno collaborato alcune persone a tempo pieno per creare la griglia, dalla ricerca dei fornitori alla costruzione del luogo di vendita ed ancora adesso una persona di Slow Food lavora con noi a tempo pieno ed ha il ruolo di garante e di filtro per l’introduzione di nuovi prodotti. Dobbiamo fare molta attenzione alla qualità. Mentre all’inizio abbiamo fatto un po’ di fatica a trovare i fornitori, adesso abbiamo la coda. Non dobbiamo dimenticare che tutti i nostri prodotti devono sottoscrivere certi valori importanti: prima di tutto devono essere buonissimi, non devono essere troppo cari, per noi è fondamentale la qualità del prodotto e non il packaging e il fornitore deve anche essere simpatico! Abbiamo bisogno di armonia tra noi ed i nostri fornitori che sono importanti quanto i nostri clienti. Il ruolo della Coop, che possiede anche il 40% di Eataly distribuzione, la società che si

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Primi,unici inimitabili


Degustandibus

All’inizio di ottobre sarà disponibile il libreria la biografia di Oscar Farinetti edita da Sperling & Kupfer dal titolo Il mercante di utopie

occupa del retail, è quello di risolvere i problemi tecnici legati alla logistica: movimento merci, gestione della catena del freddo. La Coop, grande azienda italiana, è rispettosa degli aspetti etici, con spirito cooperativo, attento all’educazione alimentare è il partner giusto. A quasi due anni dall’apertura di Eataly a Torino, alcuni numeri di cui andare orgogliosi?

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2 mio e mezzo di persone che sono venute a visitarci, 1 mio e mezzo di persone che hanno comprato, 240 persone che lavorano, sono i nostri eroi, che sorridono ogni giorno, 32 mio euro di vendite suddivisi in 70% di vendite di prodotti e 30% in ristorazione, 1264 bambini che hanno partecipato ai corsi gratuiti di educazione alimentare, 600 pensionati che hanno frequentato i corsi gratuiti di Renato Dominici, il nostro consulente gastronomo. 1 stella Michelin per il ristorante GuidoperEataly - Casa Vicina. Siamo l’unico supermarket al mondo con la stella Michelin. Quali saranno le prossime aperture? Tokio 26 settembre 2008, nel 2009 è prevista New York e con queste due aperture si è completato il programma delle grandi capitali del mondo.

Renato Dominici

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Degustandibus

Eataly: l’unico supermarket del cibo ad avere il consulente gastronomo E che consulente! Si tratta di Renato Dominici anima de La Carmagnole, il ristorante-laboratorio chiuso nel 2004 dopo 22 anni di attività, definito da Carlin Petrini il più atipico, entusiasmante, coinvolgente e colto dei ristoranti. È un servizio intelligente, per il consumatore – ci dice Dominici. A tempo pieno sono a disposizione per dare consigli sull’acquisto dei vari prodotti, per impostare un menù adatto ad una particolare situazione avendo sempre come punto di riferimento la ricerca di quanto più giusto e prezioso abbiamo. E vorrei anche sottolineare l’altra iniziativa, i corsi ai pensionati, è stata una brillante intuizione perché un messaggio lanciato a loro va a incidere anche sui loro figli e nipoti. E cosa le chiedono? Piatti semplici, dal bagnet vert a tutti quei piatti che fanno della nostra cucina popolarmente aristocratica la nostra memoria storica. Il racconto di Renato, così ricco di passione e conoscenza autentica, è come vedere uno dei suoi tanti piatti: rigorosi, equilibrati, raffinati. E qui concordo con Oscar Farinetti: dovremo proprio clonarlo!

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Il mercante di utopie di Anna Sartorio All’inizio di ottobre sarà disponibile il libreria la biografia di Oscar Farinetti edita da Sperling & Kupfer dal titolo Il mercante di utopie. Autrice del libro è Anna Sartorio, torinese, giornalista professionista collabora con diverse testate, quali Repubblica, il Giornale, La Stampa, Il Mondo, Libero. Insegna al Master di giornalismo dell’Università di Torino. Come è stato l’incontro con Farinetti e l’idea di scrivere un libro? Con l’anima del cronista sono andata a vedere Eataly questa grande novità che contribuisce a rivitalizzare la nostra città. Conosciuto Farinetti, mi sono resa conto che è un personaggio da romanzo e gli ho proposto di raccontare la sua avventura in una biografia. Il senso del libro? È una storia scritta come un romanzo, basata però su centinaia di ore di interviste, non solo a lui ma a tutte le persone che gli stanno intorno. Ho raccolto documenti riguardanti la sua famiglia, ho raccontato anche particolari intimi, cose che gli imprenditori preferiscono non far sapere perché vogliono dare di loro un’immagine più patinata. Ho scoperto un imprenditore virtuoso, un uomo vero legatissimo alle tradizioni, alla terra, alla famiglia. Un uomo con straordinarie doti di leader che veramente ama il suo lavoro. Ho pensato che questo esempio poteva servire da modello per i giovani.

La sua strategia di marketing, quello della gallina che fa le uova e dice Coccodè, diventerà un libro? A gennaio 2009 in occasione del secondo anniversario di Eataly uscirà il mio libro, edito da Giunti, dal titolo Coccodè. Parto dal presupposto che è stata la gallina ad inventare il marketing e non Kotler, il marketing consiste nel fare l’uovo e poi dire coccodè per annunciarlo. Coccodè sarà la storia di Eataly attraverso la sua comunicazione, perché la comunicazione è la parte più importante. Si parlerà di comunicazione interna, abbiamo un gruppo di lavoro composto da 5 ragazzi di età media 27 anni, ma soprattutto il mio racconto delle 150 pagine pubblicitarie considerate tra le più originali dei primi due anni. In questo momento ci sono più di 80 tesi universitarie che studiano il modo innovativo di comunicare di Eataly. Ed allora, quale sarà il suo prossimo Coccodè? Dal 1 settembre lascio il posto di amministratore delegato di Eataly a mio figlio Francesco e a Luca. Io faccio il presidente e, come già detto, nella terza parte della mia vita mi voglio occupare di vino. Ho ancora 20 vendemmie! E poi voglio disegnare tre luoghi di vendita che adesso sono troppo tristi: l’autogrill più bello del mondo, la gente deve prendere l’autostrada per recarsi in questo luogo bellissimo; il parcheggio più bello del mondo, adesso luogo deprimente e la libreria più bella del mondo dove la gente viene invogliata ad entrare, acquistare un libro e poi leggerlo. L’ottimismo è il profumo della vita – recitava Tonino Guerra in un famoso spot per la Unieuro e di ottimismo, autorevolezza, autoironia, orgoglio e passione Oscar Farinetti ne ha veramente da vendere!

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SERRALUNGA D’ALBA. IL BAROLO FONTANAFREDDA

un terrITORIO unico che dà origine ad un Barolo particolarmente pregiato, di grande struttura, di forte personalità: il Barolo di Serralunga d’Alba. www.fontanafredda.it


Degustandibus

Lo spumante si sta attrezzando per far concorrenza allo champagne.

di Silvana Delfuoco

Charmat: Charmat le bollicine del futuro

è chiara la volontà di dare finalmente un riconoscimento ufficiale alla qualità della spumantizzazione italiana

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Le bollicine a tutto pasto ormai non sono più una novità, soprattutto sulle tavole oltre Oceano. Dai dati relativi ai primi sei mesi del 2008 si nota infatti un crescente consumo di spumante all’estero, mentre per ora sono in calo sia il mercato nazionale che quello europeo (ma noi “tradizionalisti”, si sa, aspettiamo Capodanno per “fare il botto”…).

È un fatto assodato, quindi, che lo spumante sta cominciando a perdere la sua tradizionale nomea di “vino speciale”, da aprire solo nelle feste comandate. Il consumatore di oggi, sempre più informato ed esperto, può permettersi di sceglierlo, cosa che fino a poco tempo fa poteva sembrare snobistica o almeno inconsueta, anche per il suo consumo quotidiano. Il problema è riuscire a coniugare la qualità del prodotto con un prezzo accessibile ad una clientela dalle esigenze diverse: lo champagne d’annata per brindare nei momenti irripetibili, l’ottimo spumante, magari rosé (o anche rosso, perché no?) per tutte le altre occasioni. Questa è la direzione in cui si sta muovendo il “Forum Spumanti d’Italia”, un tavolo di lavoro, di cultura e di conoscenza con sede a Valdobbiadene, nel cuore del Prosecco, che da alcuni anni si adopera con varie iniziative per valorizzare e promuovere lo spumante italiano. Uno degli eventi più significativi organizzati dal Forum è sicuramente il Concorso Enologico Nazionale d’Italia, curato da Assoenologi, giunto quest’anno alla sua settima edizione. I lavori delle Commissioni si sono tenuti a Conegliano, nei giorni 14 e 15 luglio, nella sede dell’Associazione “Dama Castellana”. La premiazione dei vincitori sarà in realtà l’occasione per dare il via ad una lunga serie di eventi speciali, pensati per stupire ed emozionare tutti gli amanti delle bollicine: si comincia venerdì 5 settembre in Villa dei Cedri a Valdobbiadene, proseguendo il 26 e 27 settembre a Fabriano con la premiazione dei Due Nastri d’Oro, per finire all’Hotel Hilton di Roma il 7 ottobre con la cerimonia conclusiva. La novità più interessante e significativa che ha caratterizzato il Concorso 2008 sta sicuramente nella sua impostazione: le due Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


V E N E TO O R I E N TA L E


Degustandibus

Uno degli eventi più significativi organizzati dal Forum è sicuramente il Concorso Enologico Nazionale d’Italia, curato da Assoenologi, giunto quest’anno alla sua settima edizione

categorie di metodo produttivo (classico e charmat) sono state tenute rigorosamente distinte sia in fase di degustazione che al momento della premiazione. Due sono infatti i primi premi assoluti (oltre, ovviamente, ad altri importanti riconoscimenti), assegnati ai due spumanti che si sono meglio classificati separatamente nelle due sezioni: è chiara la volontà di dare finalmente un riconoscimento ufficiale alla qualità della spumantizzazione italiana, che vuole essere anche un deciso incoraggiamento nella sfida ormai aperta ai più prestigiosi fratelli d’ol-

tralpe. La speranza, che in questo momento certo accomuna noi tutti, è che i concorrenti siano all’altezza della fiducia che viene loro accordata. In attesa di conoscere i risultati, possiamo per ora sentirci confortati da premesse decisamente favorevoli, come testimoniano i dati di partecipazione al Concorso: 312 campioni presentati (contro i 286 del 2007), provenienti da ben 12 regioni d’Italia. Anche nel mondo delle bollicine italiane qualcosa si sta muovendo, anzi sta …spumeggiando!

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L’intervista Abbiamo chiesto al Direttore del Forum Spumanti d’Italia, Giampietro Comolli, con quali strategie operative il Forum stesso intende muoversi nell’immediato futuro. “Percorrendo tutte le strade utili per far Giampietro Comolli crescere il settore!” è stata la sua immediata risposta. “Come dimostrano i dati economici degli ultimi anni, spiegare i vini serve per incrementare i consumi. Occorre far conoscere al consumatore la straordinaria varietà produttiva dell’Italia per quanto concerne vitigni, territori, tipologie, etichette. Poi bisogna creare la cultura dello spumante a tutto pasto e delle variegate possibilità di abbinamento che proprio la ricchezza produttiva degli spumanti italiani permette. E come difendersi dalla concorrenza, soprattutto da quella francese? “Intanto io non ho dubbi: ad inventare lo spumante non sono stati i francesi, sono stati i Romani: di vino “spumeggiante” parla già il poeta Virgilio nell’Eneide! E prima di Don Perignon, impegnato più a ricercare come bloccare le bollicine che a nobilitarle, c’erano in Italia studiosi illustri che si occupavano con competenza di vini rifermentati prima in botti e poi in bottiglia: Francesco Redi, Girolamo Conforto, Francesco Sacchi, Don Rodolfo Acquaviva… Ma questi sono riferimenti culturali che appartengono comunque al passato… Invece è proprio partendo dalla cultura e dall’arte che noi vogliamo che i vini spumeggianti escano dai soliti canoni di consumo e di abbinamento per iniziare un linguaggio universale. Il Forum intende realizzare pezzo dopo pezzo, con l’aiuto di tutti, un vero Museo degli Spumanti in cui trovino posto attrezzature, opere d’arte, sculture, quadri, volumi, manifesti, etichette, cartoline, scudi… Simbolo di passione e sentimento proprio come un dipinto o una scultura, i vini spumeggianti sono, oggi più che mai, emblema di gusto, emozione, talento, ingegno”.

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Anselme Selosse: lo abbiamo incontrato in occasione di una presentazione di uno spumante italiano alla cui creazione il maestro ha collaborato. di Piera Genta

Re delle bollicine, poeta poeta dello Champagne Champagne o filosofo filosofo del vino vino ? Uomo carismatico, certamente un rivoluzionario, un mito per gli amanti dello Champagne. Subito, quasi d’istinto, mi è venuto in mente Chandler Burr nel libro L’imperatore del profumo quando parla della teoria del profumo che non dipende dalla forma delle molecole ma dalla loro vibrazione. E questa vibrazione aleggia intorno a Selosse così contadino nel suo intimo, legato all’ambiente, interessato a conservare l’identità del territorio e il gusto del frutto che coltiva con tanta passione, al suo essere coerente insomma, coerente con la sua filosofia produttiva e con l’ambiente. Anche Selosse venendo in Italia ha seguito l’affermazione di Marcel Proust secondo cui «un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove

terre ma avere nuovi occhi» e con questi nuovi occhi si è impadronito dello spirito dei vigneti d’Irpinia e sta cercando di insegnare la strada per fare un vino rispettoso del frutto. È un peccato che la traduzione non renda appieno la bellezza del suo linguaggio e l’armonia che si è creata tra l’uomo, il contadino e il terroir. È la prima volta che lavora fuori dal suo territorio e come è nata questa avventura in Italia? La storia è lunga, ma cercherò di riassumere. Innanzi tutto voglio dirle che lavoro per passione, mi devo innamorare! Verso la fine degli anni Ottanta sono stato colpito da Priorat in

Se mi chiedessero di mettere le bollicine ad un Trebbiano non accetterei. Mi piacerebbe invece lavorare in Andalusia e provare a mettere le bollicine al Palomino

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Anselme Selosse Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008



Degustandibus

un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi

Spagna, in quel periodo, grazie all’ambizione e alla capacità di alcuni produttori, la regione stava godendo di uno sviluppo dinamico. Per l’Irpinia ho sentito la stessa passione. Ho conosciuto questa regione in occasione del terribile terremoto del 1980 e subito ho pensato quale pericolo stavano correndo la cultura, le tradizioni di una regione così tanto colpita. Era necessario fermare questi grandi valori nei giovani, in caso contrario correvano il rischio di essere inghiottiti dalla globabilizzazione, dalle multinazionali, dalla voglia di trasferirsi altrove e l’espressione vera del territorio veniva cancellata per sempre. Quando ha iniziato a lavorare in Irpinia? Ho iniziato nel 2003. L’Irpinia è un luogo incredibile, una terra di contrasti, niente a che vedere con il clima dolce di zone come la Costiera amalfitana. È una terra reale, vera e la gente è fortemente legata ad essa. Gente che si crede in qualche modo sottosviluppata, invece no, sono in anticipo sulle nuove proposte di una diversità culturale a livello planetario. Mi è venuta voglia di aggiungere una pietra a questo edificio, rischiando anche di essere criticato. Le regioni del sud Italia non sono proprio quelle più vocate a produrre uno spumante, quali sono le difficoltà che ha incontrato? La difficoltà più grande è stata quella di convincere i viticoltori a fare maturare di più l’uva. Hanno paura della mancanza di acidità nel vino e non tengono conto della mineralità. Sono sempre sorpreso come i vini che proven-

gono da regioni con clima caldo diano l’impressione di non aver acidità, invece… Io non ho ricette magiche. Se qualcuno mi chiede di rifare un vino e garantire un gusto standard non sono in grado. Neppure i miei vini hanno queste caratteristiche. Ha trasferito la sua metodologia di produzione in Italia, oppure vuole utilizzare questa sua esperienza per meglio capire la Champagne? Non voglio riprodurre un modello. Con questo progetto io sono un servitore del territorio. Amo contemplare, porto il mio spirito, ma voglio rimanere al servizio per non perdere il territorio e conservare il paesaggio. Amo contemplare, interrogarmi e sperimentare. Preferisco accompagnare senza imporre niente. Come una spugna assorbo tutte le esperienze ed i percorsi, si tratta di un accrescimento personale. Solo in questo modo si arriva a fare cose interessanti. Quale emozione ha provato nell’assaggiare il risultato del suo lavoro? Parlare di emozione è difficile. È uno stato d’animo complesso tra chi ha partecipato a dare la vita, l’ostetrico insomma, e chi contempla soddisfatto il risultato. Con il Greco di Tufo ho avuto una grande sorpresa, perché è coerente nella sua personalità. Da quale regione potrebbe sentirsi attratto? Se mi chiedessero di mettere le bollicine ad un Trebbiano non accetterei. Mi piacerebbe invece lavorare in Andalusia e provare a mettere le bollicine al Palomino. E cosa ne dice del Piemonte? Non conosco bene i vini bianchi di quella regione e non ho feeling con i rossi. E come per il territorio più vicino a me, quello della Borgogna, non sono all’altezza di giudicare i vini rossi. Dovrei essere più giovane. Datemi i miei trent’anni e ci potrei provare.

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Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


DEZZANI E LA VITICOLTURA EROICA Il Piemonte si è sempre fatto vanto di produrre vini di collina ma la viticoltura eroica dell’alta collina del Monferrato ci porta al XIV secolo! Il comune di Albugnano proprio in quell’epoca aveva l’unica DOC di Nebbiolo esistente, quindi i dati storici ci portano a dichiarare, senza ombra di dubbio, che il vigneto Nebbiolo nasce in Monferrato! Precisiamo inoltre che in quel medesimo comune dove ora, a 531 metri sul livello del mare, viene coltivato il nostro vitigno di Nebbiolo, preziosa e selezionata uva utilizzata per questo prestigioso Dezzani spumante rosè, sorge l’Abbazia di Vezzolano. Un’importante luogo di culto retto da monaci Agostiniani, ricchissima, prima dell’occupazione napoleonica, di vigneti di questa nobile uva Nebbiolo. I monaci pigiavano le uve, utilizzando il vino così ottenuto per le funzioni liturgiche. C’è un interessante annotazione storica, risale al 1311, proprio nei pressi della famosa Abbazia di Vezzolano le vigne di Nebbiolo trionfavano, dai catasti dell’epoca risulta un dato di grande interesse circa la superficie vitata. Era così pregiato questo vitigno, da consentire deroghe agli ordinamenti che imponevano di non lasciare le case dopo il calare del sole, per cui era consentita la vigilanza notturna nelle proprie vigne, la libera contrattazione sui prezzi ma attenzione si arrivava anche all’imposizione di pene corporali: impiccagione, taglio della mano o del piede per chi avesse rubato uva, o peggio ancora, danneggiato il vigneto altrui. L’idea di Luigi Dezzani di produrre un vino, 100% da Uve Nebbiolo, rosè si allinea ancora alla storica viticoltura eroica del passato. Un giovane enologo che ha nel suo dna piemontese la volontà di recuperare qualità, tradizione ma totale innovazione presentando, per la prima volta uno spumante charmat da uve nebbiolo provenienti dal Monferrato, vigneto sito a 531 metri sul livello del mare! Produzione limitata e

commercializzato in autunno. Luigi e Cecilia Dezzani hanno scelto la strada del vino di qualità con il massimo rispetto del prodotto e del consumatore, un forte segnale di rinnovato impegno pur mantenendo una linea di continuità con il passato. Le migliori vigne in Cocconato, di proprietà, e quelle nel Monferrato e nell’Albese sono seguite dall’azienda con la massima attenzione per regalare al consumatore il prodotto di pregiata qualità: la novità assoluta espressa dal vitigno Albarossa, incrocio tra Nebbiolo di Dronero e Barbera, sono solo alcuni dei vini Dezzani riconosciuti in tutto il mondo, non ultimo il premio Decanter World Wine Awards. La passione a tuttotondo di Luigi Dezzani per i vini di qualità lo ha portato a commercializzare l’intera gamma dei vini Rudinì (www.vinirudini.it) di Pachino, la cantina più a sud d’Europa, splendida località della Sicilia! Una zona dell’isola che offre grandi vini rossi, è chiamata l’antica culla del Nero d’Avola e la Rudinì, da questo vitigno storico produce un’ottimo vino DOC denominato proprio Eloro Pachino DOC. La gamma si completa con alternanza di vitigni autoctoni siciliani e internazionali: Chardonnay, Sirah, Merlot, Inzolia, Grecanico e il prestigioso Moscato di Noto Doc, che ha ottenuto l’Oscar della Douja d’Or! Il Piemonte, patria dei Moscati, premia un grandissimo Moscato siciliano! Sul sito internet Dezzani (www.dezzani.it) è possibile visionare l’intera gamma prodotti, leggere le recensioni (italiane ed estere) oltre alle innumerevoli iniziative promosse dall’azienda per valorizzare i propri vini in tutto il mondo!

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Degustandibus

Si è svolta a Volta Mantovana la sesta edizione della Mostra nazionale dedicata esclusivamente ai vini passiti e da meditazione.

di Gudrun Dalla Via

Vini passiti passiti e da meditazione meditazione È stata allestita in collaborazione con la Proloco Voltese, la Camera di Commercio di Mantova, la Strada dei vini e sapori mantovani e il Consorzio Tutela Vini Mantovani. Bellissima la sede, la residenza estiva dei Gonzaga, che nelle giornate calde e soleggiate dava il meglio di sé, sia nelle grandi sale, sia sotto i portici, nei giardini, sulle grandiose scalinate. Il tutto allietato da musici in costume e altri personaggi che rievocavano le splendide feste degli ex-padroni. Numerosi gli espositori: 150 provenienti da tutte le regioni d’Italia, e qualche presenza

spagnola e ungherese, con piccoli stand fortunatamente ben riforniti perché presi letteralmente d’assalto. Grande l’affluenza, ben di più rispetto agli anni precedenti: oltre 15.000 tra appassionati e pubblico interessato. Ben articolato e vario il programma, tra cui: Rassegna dei vini passiti esposizione dei vini partecipant con scheda tecnica Banchi d’assaggio per la degustazione di tutti i vini in rassegna Mostra Mercato con vini e numerose specialità gastronomiche della zona, da assaggiare e da acquistare Mostre tematiche Rassegna dell’editoria di settore Spazi ludici per bambini una bella idea per far affluire anche le famiglie

Oggi abbiamo un centinaio di Docg e di Doc che contemplano nel proprio disciplinare di produzione una o più tipologie passite

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Degustazioni guidate “combinate” non solo vini passiti, ma anche cioccolato passiti; sigari - passiti; confetture, formaggi e passiti. Negli spazi espositivi erano presenti sommelier professionisti e analisti sensoriali per aiutare i visitatori nella scelta e nella degustazione dei vini. Un’idea molto gradita dai visitatori e a tutto vantaggio del territorio e della sua cultura: nei tre giorni della Mostra, i Ristoranti Convenzionati di Volta Mantovana e di numerosi agriturismi dei dintorni hanno presentato un menù tipico accompagnato da vini riserva locali e vino passito. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


Kurhaus Promenade piazza Terme / Thermen platz

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2008

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Degustandibus

Ben articolato e vario il programma, tra cui Rassegna dei vini passiti: esposizione dei vini partecipanti con scheda tecnica

I primi vini erano dolci O, per lo meno, molti dei vini dell’antichità lo erano, perché la conoscenza dei processi fermentativi si fece strada solo gradualmente. Inoltre, un vino più zuccherino e più alcolico si conserva più facilmente. Già nel VIII secolo a.C. in Grecia si conosceva la procedura dell’appassimento, con grappoli portati a casa ed esposti al sole per dieci giorni e all’ombra per altri cinque. Da tempo, e ancora oggi, una grande varietà di tecniche Secondo il territorio, i climi e i vitigni sono stati poi sviluppati diversi metodi per produrre dei vini da dessert e da meditazione. Una prima distinzione si può fare tra: - appassimento sulla pianta, in fruttaio o tramite esposizione al sole su stenditoi; in questo modo si ottengono i Passiti e i Vin Santi - uve attaccate da muffa nobile (Botrytis cinerea) per ottenere i Muffati - congelamento delle uve lasciate sulla pianta fino a quando la temperatura ambientale è arrivata a -6 o -8°C per ottenere Eiswein (p.e. in Austria e Alsazia). Il primo dei tre, cioè l’appassimento, è quello più diffuso in Italia, con un grande numero di varianti. Gli ambienti possono essere naturali, come per esempio sulla pianta, con o senza interventi che favoriscano la disidratazione e la concentrazione di zuccheri e di altre sostanze, come la torsione del peduncolo per bloccare la comunicazione fisiologica con la pianta, o l’incisione del tralcio nella zona il grappolo, togliendo un anello di corteccia, per convogliarvi tutte le sostanze nutritive; questi interventi però aumentano enormemente i costi di mano d’opera, quindi vengono ormai praticati quasi esclusivamente a livello amatoriale. Oppure le uve raccolte e destinate alla produzione del vino passito vengono distese su stuoie collocate a terra in luogo molto soleggiato e protetto (e coperti con teli durante la notte o in caso di pioggia), come per esempio il Passito di Pantelleria. O ancora, le uve possono essere posizionate su appositi graticci disposti a strati con spazio sufficiente per consentire una buona circolazione di aria. Gli appositi locali, i “fruttai”, devono essere ben asciutti e ben ventilati. O i grappoli vengono appesi su fili collocati a debita distanza, lungo una parete verticale. Il tempo di appassimento delle uve dipende da diversi fattori: dalla temperatura, dall’umidità relativa, dalla robustezza della buccia

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e dallo strato protettore di pruina (la sostanza cerosa che protegge l’epidermide della bacca) nonché ovviamente dal grado di concentrazione che si desidera ottenere. In genere, l’appassimento naturale al sole o in ambiente protetto dura da uno a tre mesi circa, con cali di circa il 20-40% del peso e con un aumento dello zucchero fino al 30%. Però in alcuni ambienti molto caldi, come per esempio a Pantelleria, si può arrivare all’ “uva passa”, talmente disidratata che non è più pigiabile o torchiabile e nemmeno è in grado, per l’elevata concentrazione di zuccheri, di generare una fermentazione alcolica spontanea; quindi, come da disciplinare, viene aggiunto del mosto in fermentazione. Con alcune tecnologie però si può arrivare anche ad un appassimento forzato. Lo si ottiene in ambienti artificiali grazie all’ausilio di sistemi elettromeccanici di ventilazione, di riscaldamento e di deumidificazione dell’aria interna con valori di umidità intorno al 5060%; questi sistemi accelerano il processo di perdita dell’acqua da parte degli acini e determinano l’appassimento delle uve. Il sistema è, per molti versi, più sicuro e più veloce. Si previene il pericolo di marciumi e il tempo si riduce a circa un sesto: un calo in peso del 35-45% con solo 10 giorni di appassimento. Tuttavia, nonostante un tenore zuccherino più elevato, l’appassimento forzato non consente di ottenere i profumi intensi e caratteristici che si hanno con un appassimento tradizionale (questo tipo di appassimento, utile in climi umidi e freddi, è però vietato in alcuni disciplinari). Per guardare il futuro La tradizione dei passiti e dei vini da meditazione è molto radicata in Italia, ma solo in tempi relativamente recenti essi sono stati valorizzati come meritano. Oggi abbiamo un centinaio di Docg e di Doc che contemplano nel proprio disciplinare di produzione una o più tipologie passite. La legge n. 82 del 20 febbraio del 2006, approvata dal Parlamento italiano, detta nel primo articolo la definizione di vino passito, coprendo un vuoto normativo comunitario che prevedeva - almeno fino all’approvazione della riforma OCM - soltanto la categoria dei “vini da uve stramature”, che però non definisce per intero la categoria dei vini passiti. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


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Nasce la società consortile “Quattremillemètres Vins d’Altitude” Lo scorso 22 luglio è stato costituito ufficialmente l’assetto societario del marchio spumantistico formato non solo dalle tre storiche cantine, Cave du Vin Blanc de Morgex et de La Salle, La Crotta de Vegneron e Coenfer presiedute da Mauro Jaccod, Elio Cornaz e Christian Alleyson ma anche da due importanti realtà valdostane: la Società delle Guide di Courmayeur guidata da Arrigo Gallizio e quella delle Guide del Cervino da Lucio Trucco. Tale scelta, assolutamente innovativa nel panorama enologico europeo, presenta la dichiarata volontà di porre in primo piano la cultura del territorio ed il legame che può intercorrere fra le produzioni viticole ed il paesaggio che le ospita, ingredienti fondamentali che generano passione ed amore per le Alpi e per quello che esse offrono. La purezza, la fragranza unita alla mineralità dei vini prodotti ai piedi dei giganti delle Alpi ben si coniugano con la forza, la costanza ed il profondo valore umano di quegli uomini e di quelle donne che nella montagna vivono e con la montagna lavorano quotidianamente. Uno degli obiettivi primari del nuovo consorzio sarà quello di veicolare l’immagine paesaggistico-viticola e di diffondere quei valori generati dalle grandi Guide Alpine che hanno fatto la storia dell’alpinismo permettendo così al mondo intero di conoscere le montagne valdostane. Un avvenimento importante che verrà festeggiato direttamente dalla vetta del Cervino il prossimo 12 agosto e durante il quale verrà presentato anche l’ultimo vino prodotto in loco, lo spumante metodo classico “4478”. Sarà invece il Monte Bianco a tenere a battesimo, nell’estate 2009, la “Cuvée des Guides”, uno spumante metodo classico realizzato nel cuore del Massiccio.

Distillati Bepi Tosolini: da oltre 60 anni una continua evoluzione al passo con la tradizione La Distilleria Bepi Tosolini vanta una grande esperienza nell’arte della distillazione riconosciuta a livello nazionale ed internazionale; sono ormai tre le generazioni impegnate nell’evoluzione della pregiata acquavite d’uva che porta il nome di Most, ottenuta ancora con i metodi tradizionali che sono stati ideati dal Mastro Distillatore Bepi Tosolini. Alla tradizione la famiglia Tosolini ha sempre saputo accostare la capacità di innovarsi e

di presentare ogni anno qualcosa di nuovo; il 2008 è stato nei primi sei mesi un anno molto impegnativo e gratificante ed ha visto il grande ritorno della Distilleria Tosolini al Vinitaly di Verona con la presentazione in anteprima di una delle grandi novità di quest’anno: il Most Uve Miste nel formato da 100cc. che ha riscosso un notevolissimo successo grazie al formato pratico ed elegante con un espositore da banco da dodici pezzi che rende il Most da 100 cc un prodotto accattivante e di sicuro successo, un piccolo scrigno che racchiude tutti gli aromi e i profumi più intensi del miglior distillato. Un’altra novità che verrà presentata nei prossimi mesi è la nuova bottiglia della Serie Storica, un’edizione limitata con bottiglie lavorate a mano firmate dai più grandi stilisti di moda. Il 2008 è all’insegna di Borsalino, la storica maison di cappelli: non un semplice accessorio ma un vero e proprio oggetto di culto che incontra l’alta qualità dei distillati Tosolini in una bottiglia raffinata e di grande impatto visivo. La classe e l’eleganza del cappello tipo Borsalino viene esaltata dalla purezza cristallina della grappa in una confezione di grande pregio. Ancora una volta nei prossimi mesi non mancheranno le novità e le grandi idee che fanno la differenza tra un semplice distillato e un prodotto di grande livello. Distillerie Bepi Tosolini - www.bepitosolini.it

Numeri d’oro per la Douja D’Or di Asti Grande riscontro anche quest’anno per il Concorso Enologico Nazionale “Premio Douja d’Or”, organizzato dalla Camera di Commercio di Asti. Un dato su tutti: le commissioni dell’O.N.A.V. hanno passato in esame 1122 vini in rappresentanza di 430 aziende produttrici appartenenti a tutte le ventuno regioni italiane. I vini premiati quest’anno sono 519 (512 nel 2007 e 373 nel 2006) e gli Oscar assegnati ben 38 (32 nel 2007 e 30 nel 2006). I vini premiati sono in degustazione e vendita nel Salone Nazionale di Vini Selezionati “Douja d’Or” (a Palazzo del Collegio dal 12 al 28 settembre) in concomitanza con le due rassegne dedicate alle eccellenze del territorio: la Douja della Barbera a Palazzo Ottolenghi e la Douja dell’Asti a Palazzo Alfieri. In programma numerosi appuntamenti dedicati alla migliore enogastronomia: dai Piatti d’Autore alle Serate di Assaggio, dalle degustazioni delle Camere di Commercio e delle associazioni di categoria ai Piatti d’autore Internazionali. È un programma ricco di


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novità che coinvolge e promuove tutto il territorio astigiano con un momento di particolare attenzione da riservare al riconoscimento della d.o.c.g. per la Barbera che sarà celebrato nell’incontro “Passaporto Barbera” il 19 settembre. Info. Camera di Commercio di Asti Ufficio Comunicazione 0141/535262 www.at.camcom.it - www.doujador.it

Dubl: la storia di un incontro Sono tre spumanti, metodo classico, millesimati che la Feudi di San Gregorio produce con l’etichetta Dubl: Falanghina, Greco e Rosato (Aglianico) Di recente si è svolta in Toscana, a Forte dei Marmi, la quarta tappa del tour che sta portando Anselme Selosse in giro per l’Italia a raccontare l’essenza del progetto Dubl. È stato proprio Anselme Selosse, noto produttore di Champagne, a illustrarne la filosofia, le caratteristiche e le peculiarità e a tracciare il percorso che ha portato Feudi di San Gregorio a produrre uno spumante metodo classico. La degustazione di Dubl Greco, Falanghina e Rosato, guidata dal noto giornalista Daniele Cernilli ha sorpreso ed ulteriormente incuriosito il pubblico presente con le sue considerazioni, una combinazione di filosofia e di grande conoscenza dei vini e dei territori: Dubl Falanghina 2005 - ”Vino morbido, colore giallo paglierino carico e questo, secondo me, è un fatto positivo in un vino in quanto indica che la viticoltura non è stata stressata. Trovo inoltre interessante la cremosità della spuma elemento caratteristico di tutti e tre i Dubl”. Dubl Rosato 2005 - ”Colore quasi rosa antico, corallo. I profumi sono di frutta rossa come la ciliegia, il frutto di riferimento dell’Aglianico. In bocca ha un impatto deciso, lungo con una sapidità quasi salina…. Particolarmente interessante”. Dubl Greco 2004 - ”Il colore è giallo dorato. I profumi sono complessi: ricordano sicuramente il Greco nella sua varietà ma presentano anche delle note affumicate. Un impatto gustativo di grande rilievo, salmastro. Trovo struttura, persistenza ed una spumantizzazione perfetta”. Dubl è la storia di un incontro: l’Irpinia e l’esperienza di Anselme Selosse per raccontare un modo nuovo di fare spumanti. Feudi di San Gregorio S.p.a. - www.feudi.it

“La Petite” di EuroCave EuroCave, unico reale inventore degli armadi climatizzati per vino ed indiscusso leader mondiale del settore, da sempre attento alle necessità della Clientela, ha ideato e realizzato “La Petite”, una geniale soluzione per chi, pur essendo appassionato di vini, non consuma completamente le bottiglie aperte ed ovviamente vuole conservarne inalterato il contenuto per alcuni giorni. Al suo interno, in due zone termicamente separate, sono stati installati due dispositivi che aspirano totalmen-

te l’ossigeno dall’interno delle bottiglie non completamente consumate, conservando inalterato il vino per circa 10 giorni alle diverse temperature di degustazione. Inoltre “La Petite”, proposta unicamente in colore nero e porta vetrata, sfruttando la tecnologia “Peltier”, può contenere al suo interno una piccola riserva di 6 bottiglie di vini rossi e 4 bottiglie di vini bianchi alle specifiche temperature di degustazione e collocate su “La main du Sommelier”, i nuovi supporti brevettati concepiti da “EuroCave” per assicurare maggiore stabilità ad ogni formato di bottiglia. Enoelite s.r.l. - www.eurocave.com

Grandi storie per grandi vini: centosettantacinque anni del marsala Florio Spesso una lunga storia e antiche tradizioni vitivinicole tramandate da generazioni sono la garanzia di un grande vino. Ed i grandi vini italiani ne sono una dimostrazione, apprezzati e conosciuti in tutto il mondo proprio per una sapienza antica che trova radici lontane. Un esempio in Italia è sicuramente Florio, simbolo del Marsala nel mondo. Florio è un grande marchio che trasmette affascinanti sensazioni, che racchiude la storia di una famiglia, dei suoi molteplici interessi, di un’azienda, del suo territorio e dei suoi vini. La dinastia dei Florio ha rappresentato una importante tappa dell’imprenditoria siciliana, testimoni di un’epoca, la Belle Epoque, dei suoi fasti e di un successo a livello internazionale sancito dalla diffusione di uno dei prodotti italiani più amati al mondo, il marsala appunto. Una produzione nata nel 1833 e che quest’anno celebra 175 anni di grande storia e lunga tradizione. 175 anni, da quando Vincenzo Florio fondò le cantine di Marsala. Con la volontà di perpetrare il mito Florio e per sancire i successi di questi anni, la storica casa vinicola ha deciso di dedicare alla famiglia Florio,, Aegusa, una rara riserva storica, un marsala superiore semisecco, annata 1941, prodotto in soli 400 esemplari. Solo una piccola preziosa partita di questa storica annata fu infatti salvata dai bombardamenti che colpirono Marsala e le cantine Florio nel 1943 in seguito allo sbarco delle armate anglosassoni. Il suo nome, Aegusa, si ispira all’isola di Favignana, tanto cara all’illustre famiglia che lì possedeva ville, tonnare e proprietà; isola così denominata dai greci per la sua forma di “farfalla”. E lo stesso nome fu dato da Vincenzo Florio ad una speciale riserva di marsala da lui creata e che amava offrire ai suoi amici più intimi a fine cena. Florio - www.cantineflorio.it


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Mostra Merlot d’Italia 2008 Nona edizione nel centro storico di Aldeno, in Trentino, della Mostra dei Merlot d’Italia nei giorni 17, 18 e 19 ottobre 2008. La rassegna, punto di riferimento nazionale del mondo enoico, presenterà anche quest’anno una serie di interessanti iniziative attorno alla Mostra con l’obiettivo di caratterizzare in senso qualitativo le proposte formulate durante i giorni della manifestazione. L’edizione 2008 riproporrà, oltre al convegno di approfondimento, la collaudata ed apprezzata formula del self-tasting (con oltre cento etichette a disposizione), la conferma della presenza di dieci “Top Merlot” nazionali assieme a spazi riservati alle numerose degustazioni enogastronomiche coordinate da Trentino Spa in collaborazione con Sommelier professionisti. La settimana precedente la Mostra sarà riservata al 6° Concorso Nazionale Merlot d’Italia che vanta il riconoscimento ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole. Interessanti come sempre le iniziative collaterali che verranno organizzate per l’occasione: dalla prestigiosa degustazione sui vini vincitori del Concorso 2008 a quella sui Merlot “single o ammogliato”, dalle rassegne di ricamo e pittura alle lavorazioni artigianali del legno e del ferro, dalla riproposizione degli antichi mestieri al mercatino dei prodotti tipici. I momenti gastronomici saranno curati da Slow Food Trentino con la presenza delle migliori Osterie chioccolate. Appuntamento quindi con il Merlot ad Aldeno per i giorni 17, 18 e 19 ottobre. Comune di Aldeno 0461 842523/842711 info@merlotditalia.it - www.merlotditalia.it

Montecarlo stregata dal RUCHÉ l’accento MONTALBERA Come vendere ghiaccio agli esquimesi. Eppure il Ruchè “l’accento” Montalbera fuoreggia anche in Francia. Qui fra rombanti Ferrari e lustre Rolls Royce, ristoranti pluristellati e champagne millesimati, il giovane wine maker Franco Morando presenta al pubblico monegasco la sua selezione di Ruchè presso uno dei ristoranti più cool del momento “Il

tender too” sul Port de Monaco,1, Quai Albert 1er. Presentato ad un pubblico di èlite e particolarmente esigente, il Ruchè “l’accento” con il suo fascino suadente è riuscito ad ammaliare anche i palati più esigenti. Gran clamore di critica e ovazione per l’ottima presentazione del prodotto con abbianamenti gastronomici studiati ah hoc. L’ultima frase della serata del produttore? ”…avvicinarsi con umiltà ha favorito una crescita continua della qualità del prodotto”. Montalbera - Terra del Ruchè - www.montalbera.it

È bella e fa del bene In tempi di commercio globale, c’è una grande offerta di prodotti provenienti da ogni parte del globo ma spesso senza farne individuare l’origine e il consumatore può essere tratto in inganno da involucri dall’aspetto accattivante ma dal contenuto deludente. La bottiglia “NURAGHEISA“, invece, identifica immediatamente la provenienza del prodotto - la Sardegna - e racchiude la storia e la bontà dei prodotti in essa contenuti: vini, olio, distillati e liquori. È bella, elegante, maneggevole, di facile presa e quando è vuota non è la solita bottiglia da buttare via, inservibile, ma un pezzo di storia di Sardegna oltre che di arredamento per la tavernetta o altro. Importante: è una bottiglia che fa anche del bene in quanto gli utili saranno devoluti per sostenere la ricerca sul cancro e sull’anemia mediterranea. www.nuragheisa.it

Tre doppie medaglie d’oro per l’Irish Whiskey Connemara! In occasione della recente World Spirits Competition 2008 di San Francisco, il Peated Single Malt Irish Whiskey Connemara ha sbaragliato la concorrenza, vincendo ben tre doppie medaglie d’oro (su tre prodotti presentati: un successo, quindi, al 100%!). La World Spirits Competition di San Francisco è la prima e più importante manifestazione annuale che si svolga negli Stati Uniti. Fondata nel 2000 da Anthony Dias Blue e da Carol Seibert, l’iniziativa cresce ogni anno per il numero delle adesioni e per l’autorevolezza conquistata nel settore. Per l’edizione 2008, la prestigiosa competizione californiana ha visto ai nastri di partenza 847 distillati (715 nel 2007), provenienti da 63 Paesi. I prodotti sono stati tutti degustati e valutati dai 25 membri della giuria internazionale, convocata per l’occasione. La Distilleria Cooley, produttrice dei Peated Single Malt Irish Whiskey Connemara, è a oggi l’unica Distilleria indipendente rimasta in Irlanda. Il suo nome deriva dalla catena dei monti Cooley, ai cui piedi si trovano i suoi impianti; una delle


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più celebri regioni d’Irlanda, nella quale le coste marine frastagliate, le maestose cime montane e le torbiere piovose creano un paesaggio naturale assolutamente unico e affascinante. Connemara è la gemma più preziosa della produzione della Distilleria Cooley, ed è l’unico Whiskey irlandese a utilizzare la torba (peat) nel suo processo produttivo. Connemara è unanimemente riconosciuto come il Whiskey irlandese di più spiccata personalità e di più alta qualità, ed è disponibile anche in Italia nelle tre versioni Classic, 12 Anni e Cask Strength – le tre versioni che hanno conquistato quest’anno altrettante doppie medaglie d’oro a San Francisco. “Vincere tre doppie medaglie d’oro, e premiare così l’intera gamma Connemara, è stato per noi un risultato assolutamente sorprendente – dice il direttore marketing della Distilleria Cooley, Jack Teeling – e rappresenta la migliore testimonianza della grande professionalità profusa da tutto il personale della Distilleria”. Fratelli Rinaldi Importatori - www.rinaldi.biz

Saverio Schiralli Agencies, agente di Santa Margherita in Ontario, prevedeva la donazione di 50 centesimi di dollaro canadese per ogni bottiglia di Pinot Grigio venduta dal 19 agosto al 15 settembre 2007. Il sostegno alla National Aids Walk for Life è un impegno concreto che continua anche nel 2008. L’iniziativa sarà ulteriormente ampliata al fine di incrementare la raccolta fondi: al Pinot Grigio Valdadige DOC, Santa Margherita affiancherà nella sponsorizzazione anche il Prosecco Valdobbiadene DOC. Santa Margherita continua quindi a rafforzare la propria posizione nei mercati del Nord America, dopo un 2007 in cui il Pinot Grigio si è confermato per il tredicesimo anno consecutivo il primo vino italiano importato nella ristorazione USA di qualità ed il vino più venduto all’interno del Vintages Essential Program di LCBO. Santa Margherita S.p.a. - www.santamargherita.com

Terre Alfieri è DOC Santa Margherita premiata in Canada per il senso di responsabilità sociale in occasione dell’ELSIE Award Santa Margherita si conferma ancora una volta in prima fila nel rappresentare non solo l’eccellenza del bere italiano di qualità ma anche nel veicolare i valori che contraddistinguono la cultura italiana nel mondo. L’Azienda vinicola è stata recentemente premiata dall’LCBO (Liquor Control Board of Ontario), l’agenzia governativa che gestisce l’importazione e la distribuzione in regime di monopolio dei prodotti alcolici nella provincia dell’Ontario, come azienda con il maggiore senso di responsabilità sociale in occasione dell’annuale premiazione ELSIE Awards, il cui nome deriva dalla pronuncia fonetica delle due prime lettere di LCBO. Questo prestigioso riconoscimento è stato raggiunto grazie al sostegno e alla sponsorizzazione di Santa Margherita in qualità di Platinum Sponsor dell’edizione 2007 della National Aids Walk for Life, l’annuale marcia nazionale contro l’AIDS, che ha attraversato tutto il Canada nelle due settimane centrali di settembre ed ha visto la partecipazione di migliaia di persone. La sponsorizzazione, organizzata assieme a

Il Terre Alfieri è l’ultima doc made in Piemonte. Promuove il vitigno Arneis e Nebbiolo sul territorio di confine tra Alba ed Asti. È il primo grande passo in avanti per un proficuo dialogo tra le due grandi province del vino piemontese. Undici i comuni coinvolti: Antignano, Celle, Cisterna d’Asti, Revigliasco, San Damiano, San Martino e Tigliole in Provincia di Asti; Magliano Alfieri, Priocca, Castellinaldo e Govone in provincia di Cuneo. Le colline Alfieri sono quella porzione di terra adagiata alla confluenza di tre grandi territori: Monferrato, Roero e Langhe, che si distingue dal punto di vista morfologico e paesaggistico proprio perchè ne sintetizza per ampi tratti le caratteristiche. Queste sono poi ovviamente le romantiche colline di Alfieriana memoria. È da questa sintesi che nasceranno grandi vini con delle peculiari caratteristiche per la soddisfazione dei moderni palati. Comune di San Damiano d’Asti www.comunesandamianodasti.it


Girovagando

Il rum più famoso al mondo e unica AOC viene distillato in questa isola francese dei Caraibi e, bianco o ambrato, scandisce con il suo gusto pieno e aromatico i vari momenti della giornata. di Enza Bettelli

La Martinca Martinica nel bicchiere La chiamano il Fiore dei Caraibi questa bellissima isola situata nel gruppo delle piccole Antille movimentata da foreste e giardini di tutte le gradazioni del verde, colline, vallate e massicci vulcanici che culminano nei 1397 metri della Montagna Pelée, monumento geologico classificato. L’isola è racchiusa da magnifiche spiagge e piccole insenature, di sabbia bianca o con quella più scura di origine vulcanica, tutte bagnate da acque trasparenti e dai colo-

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ri incredibili. A rendere ancora più verde l’isola sono le enormi distese di piantagioni di banane e di canna da zucchero. Ed è proprio dalla canna da zucchero che si ricava l’oro liquido della Martinica, il rum che qui viene chiamato rhum, alla francese. Oggi sull’isola ben 2000 ettari sono coltivati a canna con una produzione di 250 mila tonnellate, ma ne occorrono 10 chilogrammi per avere un litro di rum. Alcuni zuccherifici fanno ancora il rum indu-

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


Girovagando

striale con la melassa, che è il residuo della lavorazione della canna da zucchero, e prodot-

Il rum della Martinica è aromatico come la cucina dell’isola che profuma delle molte spezie che vengono qui coltivate, come vaniglia, peperoncino, cannella, pepe giamaicano e altre ancora

,,

La linea che tutti ci invidiano.

/BARABINO&PARTNERS

B ottega V inai.

to storico dell’isola. Ma quello per cui la Martinica è famosa è il rum agricolo, ricavato dal puro succo di canna e dal novembre 1996 AOC (denominazione di origine controllata), unico rum al mondo ad avere questo riconoscimento e prima denominazione francese d’oltremare. La primitiva distillazione che dava un’acquavite aspra e dall’odore intenso, venne migliorata da Padre Labat, enologo, arrivato nel 1694 portando con sé gli alambicchi a colonna della Charente. Tre sono i tipi di rum agricolo della Martinica. Quello bianco, molto tipico, con 3 mesi minimo di invecchiamento. Quello paglia, dal colore dorato, ha un invecchiamento di almeno un anno in grandi botti di rovere, mentre quello vecchio rimane per almeno 3 anni in enormi botti di rovere da 650 litri. Poi ci sono quelli millesimati e i blend che raggiungono livelli davvero eccezionali di gusto e aroma. Molte delle distillerie sono situate nelle antiche case coloniali. Tra le più famose la Saint James a Sainte Marie, che sorge su una piantagione di 250 ettari, risale al 1765 ed è la più antica dell’isola, con museo annesso. La distilleria Clément a Le François, specializzata in rum invecchiati (e dove fa acquisti anche il presidente americano Bush), sorge su uno stupendo

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Non c’è solo l’e legante silhouette e il look inconfondibile dietro al successo di Bottega Vinai. C’è il rigore, la passione e l’impegno di una vita. C’è il desiderio di esprimere in 13 vini, ottenuti da vigneti di eccellenza,la grande vocazione enologica del Trentino. Scegliendo Bottega Vinai saprete di aver scelto il meglio.

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parco botanico di 17 ettari che ospita l’Habitation Clément, una casa coloniale museo arredata con mobili originali. In tutte le distillerie, oltre ad acquistare e degustare i prodotti, è possibile fare una visita guidata degli impianti.

A ogni ora il suo rum Il rum della Martinica è aromatico come la cucina dell’isola che profuma delle molte spezie che vengono qui coltivate, come vaniglia, peperoncino, cannella, pepe giamaicano e altre ancora. I sentori che più si percepiscono nel rum vecchio sono quelli di canditi, burro e spezie con tracce di tabacco e legno di cedro. Con i vari tipi di rum si preparano molti cocktail, ma i più diffusi sono il Ti’Punch con 4 (o 5) parti di rum bianco o vecchio, una parte di sciroppo di zucchero e scorza di lime, preferibilmente quello martinicano che ha la dimensione di una noce, quasi senza succo e con una scorza profumatissima. L’altro cocktail, più leggero, è il Planteur: rum, succo d’arancia a piacere, metà del volume totale di sciroppo di zucchero, una spruzzata di granatina o Angostura e noce moscata. Con un sorso di rum liscio o accompagnato da un bicchiere di latte di cocco, ci si sveglia alla mattina e si affronta la giornata. A mezzogiorno l’ammazzauomo si beve tutto d’un colpo e magari si fa seguire da uno scacciacaffè. Alle tre è l’ora di un bicchierino al bar e più tardi un altro bicchierino come aperitivo per concludere con il concilia-sonno del dopo cena.

La primitiva distillazione che dava un’acquavite aspra e dall’odore intenso, venne migliorata da Padre Labat, enologo, arrivato nel 1694

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Essere turista oggi, in Iran o Persia, che dir si voglia, riserva numerose sorprese, e tutte molto piacevoli.

di Gudrun Dalla Via

Persia, Persia una piacevole sorpresa Per due terzi, il territorio è deserto; il rimanente terzo invece è costituito da oasi verdi, molto ricche d’acqua, di grandi coltivazioni di frutta e verdura, semi oleosi e cereali, e di meravigliosi giardini. Sono proprio i giardini

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tra le cose che rimangono maggiormente nella memoria e nel cuore: i persiani “vivono” i loro giardini, nel senso che vi trascorrono molto tempo, a riposare, a chiacchierare, a studiare, a mangiare.

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Per due terzi, il territorio è deserto; il rimanente terzo invece è costituito da oasi verdi

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E lasciano i pubblici spazi verdi - molto abbondanti lungo i fiumi, nelle piazze, vicino ai monumenti - in perfetto ordine, assolutamente puliti. La cucina iraniana È probabilmente la migliore del Medio Oriente. In ogni caso è molto varia, a testimonianza di tutte le grandi, antiche culture che vi sono passate. È moderatamente speziata, e dal palato europeo viene percepita come più “pulita”, rispetto a quella araba, dei Paesi vicini. In effetti, i persiani non sono arabi; la loro etnia è di origine ariana e non semita. Lingua e scrittura persiana sono diversi, anche se l’arabo è la prima lingua straniera (obbligatoria) nelle scuole, seguita dall’inglese. È in inglese che le persone d’ogni età e ceto salutano gli stranieri, sempre con un cordiale, caldo sorriso: un “welcome” o “hello” o “where are you from?” Il grande senso di ospitalità viene spesso espresso con la spontanea offerta di cibo, o di un fiore; capita non solo nei bazar ma anche intorno alle moschee che un signore distinto si avvicini e offra alcuni frutti o semi della sua merenda, o che si regali un dolce “da portare agli amici, sul pullman”. I ristoranti tipici nelle grandi città (Tehran conta 20 milioni di abitanti, ma anche la “piccola” Isfahan ne ha un milione e ottocentomila!) sono in grado di accogliere sia gli stranieri con tavoli e sedie, sia gli abitanti che desiderano pranzare o cenare in modo tradizionale, seduti su tappeti, sopra una bassa pedana. Molti ristoranti sono riccamente decorati e ricordano i racconti di mille e una notte.

I pasti iniziano solitamente con una vasta scelta tra insalate e verdure, sottaceti, salsine e intingoli, spesso a base di yogurt. Questi si possono usare come condimento delle verdure, oppure seguendo l’esempio della popolazione locale, sulle sottilissime e larghe cialde, simili alla “carta da musica” sarda, e che vengono continuamente portate calde, protette da cestini e teli per non disperdere troppo rapidamente il calore. La portata principale consiste quasi sempre di riso – anzi, di diversi tipi di riso. Quasi sempre dal chicco sottile e lungo, con cottura asciutta e croccante, ma in una incredibile varietà di colori e profumi. Sono chicchi di melograno, verdure tritate, erbe aromatiche e spezie a conferire una gamma cromatica stimolante ai grandi piatti di che vengono disposti in centro al tavolo. Niente carne di maiale: ne sono vietati l’importazione e il consumo nella repubblica islamica. Abbondanza invece di pesce molto gustoso e fresco, di pollo, di agnello, di vitello e manzo. La cottura più consueta è quella alla piastra, gestita magistralmente: i piatti sono appetitosi ma “puliti” e molto digeribili. È sorprendente l’abilità con la quale le carni “permesse” vengono trasformate anche in salsicce, salumi e affettati di molti tipi: l’aspetto e il sapore potrebbero agevolmente far pensare a carne suina. Le bevande, con un po’ di abitudine Shiraz, bellissima città nel meridione dell’Iran, era chiamata “la città delle rose e del vino”. Le rose sono rimaste, nei numerosi parchi e giardini pubblici e privati, nelle piazze, e sono onnipresenti nelle mattonelle di porcellana che costituiscono la decorazione di pareti e soffitti, nelle moschee così come in luoghi pubblici e privati. I vitigni invece sono scomparsi completamente, a causa delle legge islamica diventata legge di stato; quindi il vino non si può né produrre, né vendere, né consumare, almeno in Iran. Per fortuna però, nel resto del mondo, il vitigno Shiraz o Syrah sopravvive, anzi, le sue uve sono considerate tra quelle più “internazionali”, anche se il vino che se ne produce varia molto, dalla Valle del Rodano all’Australia, dal Sud Africa alla California. Il Syrah o Shiraz è considerato una delle uve rosse più nobili, e i vini prodotti con essa lo confermano.

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Niente carne di maiale: ne sono vietati l’importazione e il consumo nella repubblica islamica

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Si può avvertire la mancanza di un buon bicchiere di vino, ad accompagnare degnamente i ricchi piatti iraniani; ma ogni bevanda alcolica è vietata, e le guide sconsigliano di rifornirsi al mercato nero, che pure esiste. Il turista che non apprezza le bevande calde e profumate che gli abitanti del posto consumano a pasto può però trovare delle birre analcoliche, i “soft drinks” e naturalmente l’acqua in bottiglia. Aromi e spezie: orientali, mediterranei, internazionali Girare per i bazar è un’esperienza entusiasmante, ricca di emozioni e di sorprese. Non ci si stanca mai di guardare, fotografare la merce esposta: i proprietari sono molto affabili e consentono di buon grado di ritrarre il tutto. Anzi, si prodigano nel voler far assaggiare il più possibile la merce esposta.

Dopo aver assaggiato un certo numero di pasti nei ristoranti iraniani viene spontaneo il desiderio di poterli riprodurre a casa, ed ecco che si fanno, con pochi soldi, abbondanti scorte di aromi e spezie, da mille e una notte. Se preferite i profumi noti e consueti, potete ugualmente rifornirvi con grande soddisfazione e pochi soldi per riportare a casa profumatissime mente e origani, o anche datteri o frutti oleosi. E dolci da sognare Gli amanti dei dolci si troveranno in paradiso: la varietà di torte e di piccola pasticceria è incredibile. Spesso è presente il miele, quasi onnipresente il pistacchio. E quasi mai biscotti o torte sono eccessivamente dolci o stucchevoli, come invece capita facilmente nelle nazioni vicine.

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di Gianni Staccotti

Nello splendido scenario di Castelsardo si è conclusa la 3a edizione della rassegna concorso “L‘ARAGOSTA, Regina della Tavola” che intende rendere riconoscibile e identificabile il territorio del nord ovest della Sardegna da Sassari ad Alghero, Bosa, Castelsardo, Porto Torres, Sennori, Sorso, Stintino, Valledoria nel binomio con l’aragosta del Nord Ovest della Sardegna: Palinurus elephas, che costituisce l’elemento di maggior pregio della gastronomia locale, e non solo.

Aragosta, Aragosta regina della tavola

Anche se non è una città di mare Milano possiede il più grande mercato distributivo di prodotti ittici

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La manifestazione, organizzata dall’Associazione Provinciale Ristoratori aderente alla F.I.P.E. Confcommercio Sassari, congiuntamente alla Provincia di Sassari, alla CCIAA, al Comune di Castelsardo, la Fondazione Banco di Sardegna e la Federalberghi Sassari-Gallura si è svolta nel’arco del mese di giugno 2008, destinata a continuare negli anni a venire, almeno fino a quando l’uomo sarà in grado di gustare quanto gli offrono la buona terra ed il mare. La manifestazione, destinata a diventare un prodotto turistico di tipo primario, si articola in tre momenti:

l’interpretazione di un prodotto di nicchia, sicuramente, data l’esclusività della materia prima, l’aragosta, e il suo prezzo; ma un prodotto che ha le potenzialità per dare lustro al territorio ed attrarre flussi turistici indipendentemente dal corso delle stagioni. Il viaggio attraverso i 5 Sensi che ha voluto trasmettere il piacere di recuperare “sensi perduti“ valorizzando i sapori, i profumi ed i colori dei prodotti tipici della Sardegna creando luoghi suggestivi all’interno del Castello dei Doria in un affascinante viaggio dove il binomio cibo

Il concorso che ha rappresentato un momento di confronto fra una trentina di ristoranti che hanno dato vita ad un sistema sinergico nel-

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un territorio che traspare

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Quel lago dorato e quei declivi intorno. Quella terra ULFFD GL SRUÀGR H VDEELD ( TXHL VDSRUL 4XHO VROH SXUR H TXHO IUHGGR SXOLWR 4XHOOH PDQL HVSHUWH H TXHO ULJRUH 4XHL YLWLJQL FKH VROR TXL SRWHYDQR WURYDU GLPRUD H TXHVWL YLQL FKH JHORVDPHQWH YRJOLDPR IDU FRQRVFHUH .HWWPHLU ,O JXVWR GHOOD WHUUD

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Nella pianura padana erano molto apprezzati i crostacei per la loro polpa sapida, delicatissima e molto apprezzata ùdei gamberi di fiume

e cultura è stato esaltato da giochi psicologici sensoriali. Sollecitare il palato ad usare le sensazioni gustative primarie di amaro, acido, dolce e salato. Stimolare il tatto e l’olfatto in un percorso al buio per riconoscere, toccando e odorando, spezie e cibi della tradizione isolana senza l’ausilio della vista con la preziosa collaborazione dell’Associazione Italiana Ciechi di Sassari. Due eleganti concerti nello splendido scenario del parco de Lu Granaddua hanno coinvolto l’udito, mentre la vista ha trovato piena soddisfazione spaziando dalle terrazze del castello Doria che domina un mare di smeraldo. Un’esperienza che ha dimostrato come i sensi siano la magia del mondo. Il convegno, organizzato con il supporto tecnico scientifico della Confraternita enogastronomica Nord Ovest della Sardegna e con il patrocinio di ASA Associazione Stampa Agroalimentare Italiana, ha affrontato alcune tematiche legate alla pesca dell’aragosta, quali l’evoluzione storica e gli aspetti prettamente scientifici con alcune riflessioni relative ai flussi turistici legati anche alla gastronomia e l’innovazione dell’aragosta nella tradizione della tavola senza sconvolgimenti. Lorenzo Chessa, docente Ecologia ed Oceanografia Biologica Università di Sassari, ha sviluppato i temi relativi alla biologia ed ecologia dell’aragosta mediterranea; Giovanni Delrio, presidente cooperative dei pescatori ha esposto una colorita immagine delle peculiarità della pesca dell’aragosta; Alessio Tola, docente di Scienze Merceologiche, Facoltà di Economia dell’Università di Sassari ha enunciato strumenti e metodi per la valorizzazione dell’aragosta del Nord Ovest della Sardegna,

Curiosità I gamberi d’acqua dolce di un tempo hanno trovato applicazioni nelle cucine tradizionali sia nella preparazione più semplice, lessati con semi di finocchio (l’erba bonna dei milanesi) sia come componente del capolavoro cucinario inventato dai frati della Certosa che hanno dato il nome al risotto alla certosina. La mia proposta è di portare l’aragosta del Nord Ovest della Sardegna, Palinurus elephas, non già su mercati dove potrebbe trovare una forte concorrenza, ma piuttosto su mercati importanti dove possa rappresentare un’innovazione nei piatti della tradizione senza sconvolgimenti traumatici. L’aragosta nel risotto alla certosina è un’innovazione molto suggestiva, che potrebbe assumere la denominazione risottocardinalizio; ma una preparazione decisamente ardita ma molto interessante potrebbe considerare la sostituzione dei nodini di vitello con i medaglioni di aragosta nel piatto più significativo della cucina milanese: i rostin negaa. Una somiglianza anche nel nome, infatti l’aragosta è detta raòsta in milanese e sarebbe facile chiamare il nuovo piatto raòstin negaa una proposta indecente, se ne potrà parlare. pagina 52

vista anche come innovazione della tradizione da Giovanni Staccotti, giornalista storico dell’alimentazione e delle tradizioni culinarie ed enoiche, socio onorario dell’Associazione della Stampa Agroalimentare Italiana. Si può ripetere l’azione condotta dalle nobili dame rinascimentali che hanno fatto conoscere la cultura del loro Paese d’origine nei reami dove sono andate spose di regnanti locali. Regine difese dai paladini con compiti analoghi alla DOP denominazione di origine protetta richiesta per tutelare l’aragosta del Nord Ovest della Sardegna. Paladini al seguito di Isabella d’Aragona accolta a Milano con grandi feste culminate in un pranzo con la regia di Leonardo da Vinci attivo nella splendida Corte sforzesca. Dal matrimonio con Gian Galeazzo Sforza nacque Bona Sforza che andò sposa nel 1517 a Sigismondo re di Polonia: la nazione più importante del momento che estendeva la sua influenza dal Mar Nero al Mar Baltico con capitale Cracovia. Una città ricca di cultura La città con l’Università dove studiò Copernico, dove la regina italiana, con il suo seguito di paladini del gusto, trovò terreno fertile per la cultura italiana. L’aragosta deve trovare il suo spazio nelle tradizioni delle contrade che la vorranno accogliere innovando le loro elaborazioni cucinarie senza inutili quanto dannosi stravolgimenti. Gusto inteso nella sua veste più ampia che non si limita semplicemente a distinguere i sapori ma anche una scelta personale motivata da inclinazioni individuali nel valutare il bello di opere artistiche; può essere gustoso un piatto come gustosa è una lettura o una scena perché provocano piacere o divertimento nell’uomo di buongusto Nella pianura padana, solcata da fiumi che indugiano nei grandi laghi, erano molto apprezzati i crostacei per la loro polpa sapida, delicatissima e molto apprezzata dei gamberi di fiume (astacus fluvialis) facilmente riconoscibile per le grosse chele. Crostacei di mare ne arrivavano ben pochi per le difficoltà di trasporto, ora brillantemente superate con i più sofisticati mezzi di conservazione del prodotto fresco che arriva ai mercati interni, primo fra tutti il Mercato Ittico all’ingrosso di Milano: il più importante mercato di distribuzione di prodotti ittici in Italia e uno dei più moderni d’Europa. Anche se non è una città di mare Milano possiede il più grande mercato distributivo di prodotti ittici dove arriva la maggior quantità del pescato fresco importato da tutto il Mondo per essere, successivamente, ridistribuito alle altre località italiane. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


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La parola all’esperto

di Lorenzo Tablino

Dopo avere approfondito varie tematiche sull’olfatto, entriamo nel merito delle sensazioni gustative. Ogni assaggiatore ben conosce l’importanza del gusto, oltretutto rappresenta l’ultima valutazione nella degustazione di un vino. Oggi, le nuove conoscenze in merito alla fisiologia dei sensi, hanno portato ad una consistente evoluzione nell’analisi sensoriale. Vediamo le principali novità in merito alla percezione del gusto.

Il senso sensodel del gusto giusto si evolve evolve

Un vino assaggiato dopo pranzo, quando la salivazione è abbondante dona una sensazione acida meno forte

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Iniziamo dalle sensazioni acide. Il compianto professor Luciano Usseglio-Tomasset, direttore dell’istituto sperimentale d’enologia d’Asti, cercò di dimostrare, anche a seguito di ricerche sperimentali francesi, che i diversi acidi in soluzione nel vino, non fanno differenza sul piano organolettico, a pari valore di PH e di potere tampone. Sinora sfogliando i sacri testi abbiamo sempre imparato che l’acido tartarico, al gusto, era il più cattivo, in gergo “dava durezza al vino”, il malico era considerato migliore, con un gusto più “fresco”, ancor meglio il lattico considerato “un acido rotondo e grasso”. Forse non è così! Gli acidi in soluzione hanno più o meno lo stesso gusto e danno all’assaggiatore la stessa sensazione organolettica. Varia ovviamente l’intensità del gusto, secondo la quantità di ioni idrogeno che detti acidi libereranno, ovvero il valore del ph, a sua volta condizionato dal potere tampone, ma la natura specifica dell’acido, ovvero tartarico o malico è abbastanza ininfluente. Inoltre la quantità di sostanze acide presenti nel vino è solo un elemento che concorre alla valutazione dell’assaggiatore, non conta insomma il ph del vino, ma il ph che si verrà a formare nella cavità orale; ma qui interagiscono ben quattro elementi: ph del vino, quantità di saliva, stato generale dell’assaggiatore, temperatura. Un vino assaggiato dopo pranzo, quando la saliva-

zione è abbondante dona una sensazione acida meno forte. Un altro luogo comune è crollato: il ben noto schema della lingua. Per decenni i sacri testi sulla degustazione, ad iniziare dalla fondamentale opera “Il gusto del vino” di Emile Peynaud, hanno evidenziato la diversa risposta delle papille gustative della lingua ai quattro sapori semplici; un famoso disegno, ripreso da tutti, evidenziava una precisa topografia, ovvero dolce sulla punta della lingua, amaro in fondo, etc. E cosi? Sembra di no! Già dieci anni fa in un orso per docenti di corsi ONAV (Ordine Nazionale Assaggiatori Vino), il prof. Castino, per molti anni direttore della sezione di tecnologia dell’Istituto Sperimentale di Enologia di Asti, espresse molti dubbi in merito. Non esisterebbe nelle papille gustative “sensibilità specifica ai quattro sapori fondamentali”, anzi nello spazio gustativo del singolo assaggiatore c’è un continuo rimescolamento di sapori, in quanto le fibre che compongono le singole papille sono reattive verso stimoli molto diversificati ed in maniera poliedrica. Altra questione dibattuta: sono solo quattro i sapori elementari? Dolce, acido, salato, amaro si è sempre detto nel passato. Oggi ne vengono proposti altri: alcalino, carnoso, metallico, oppure astringente e metallico. Ma ci sono posizioni diverse tra gli scienziati. Da anni dal Giappone è arrivato il quinto, ovvero umami. È un sapore ben presente nella cucina orientale, ricca di sapori poliedrici, ovvero dolci e piccanti, speziati e aromatici che si intrecciano con sensazioni di colori e profumi molto diversificati. Umami dona complesse sensazioni agrodolci paragonabili al glutammato di sodio dei dadi da brodo. Ma anche a molti piatti della cucina europea (crauti, mostarde, marinate, formaggi particolari), Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


ovvero con sapori dolci e acidi e salati mescolati e confusi. Entriamo in merito alle sensazioni di astringenza correlate alla presenza dei flavoni - leggi tannini - nei vini rossi. Cosa sappiamo realmente sul concetto tannicità - astringenza - amaro? Cinque anni fa, presso l’Enoteca del Barolo, il prof. Rocco Di Stefano - ex direttore della sezione di chimica dell’Istituto di Enologia di Asti - ha tenuto una lezione incentrata su questi temi. Interessantissime le argomentazioni, enorme il lavoro che resta da fare. Per astringenza definiamo il fenomeno che partendo dall’unione dei tannini del vino e delle proteine della saliva induce disagio nell’assaggiatore (secchezza nella cavità orale). È noto da anni che il fenomeno non è in relazione alla quantità di tannini presenti nel vino, bensì al loro stato di condensazione e polimerizzazione. Lunghe macromolecole in genere sono poco reattive con la saliva, ma la dinamica della loro formazione nel corso dell’evoluzione del vino è in parte sconosciuta; anche la disposizione degli atomi lungo la catena molecolare incide sulla reattività e quindi sul blocco delle proteine della saliva. All’università di Davis, in California, un gruppo di ricercatori coordinato dalla dott. Anne Noble, studia il problema amaro-astringenza, in tutte le sue componenti, in particolare il ruolo della saliva, dell’alcol, dei colloidi che interagiscono con i tannini, oppure i rapporti tra astringenza e fluidità del vino. Forse si potrà dire una parola chiara su una terminologia di cui si abusa in “una certa letteratura di divulgazione” e dei quali sinceramente è difficile capirne il significato: mi riferisco alla divisione dei tannini in “classi” ovvero “tannini dolci, oppure amari, oppure acidi”. Esistono veramente i tannini dolci? Sinceramente non ho mai capito cosa siano e dove si trovino. Emerge anche un’altra tendenza nelle pratiche di cantina: mascherare la tannicità. In futuro sostanze particolari, esempio mannoproteine o polisaccaridi, immessi nel vino, interagiranno con la saliva, rendendo la lingua meno sensibile all’azione dei tannini. Per finire: un accenno riguardo ai famosi archetti o lacrime che si formano sulla superficie del vetro roteando il vino nel bicchiere. Per decenni decantati quali simbolo di potenza, calore, corposità del vino. “Ecco un vino ricco di alcol, estratto, glicerina” dicevano tutti. Poi circa quarant’anni fa contrordine! “No, la glicerina non c’entra nulla, è solo l’effetto Marangoni, è l’alcol che evapora, basta guardare un cognac”. La glicerina non c’entra proprio nulla? Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


Piccole DOC

di Luca Iacopini

Chi di noi non è mai stato sul lago di Garda? Pensiamo siano pochi gli italiani che non hanno visitato questo splendido lago e come appassionati di vino non ci saremmo certamente scappati l’occasione di acquistare o degustare i vini del territorio.

Bardolino: Bardolino e Massimo Bracci

la freschezza e la bevibilità del Garda Il Bardolino in questo contesto è il vino che forse è più legato a questi ricordi di vacanze gardesane. Un vino rosso da bere quotidianamente perché fresco, leggero, fruttato, non impegnativo di contenuta alcolicità. Il territorio del Bardolino è situato sul lato sud-orientale del lago di Garda, e si estende con un vasto e variegato territorio ai piedi del monte Baldo, un luogo ricco di colline moreniche fatte di sabbia, limo e ghiaia, ma soprattutto ricche di humus, ovverosia quel composto che rappresenta la parte organica del terreno derivata da un processo di decomposizione e di rielaborazione dei residui vegetali o animali, un composto molto importante per la crescita della vite. A questo bisogna aggiungere il clima particolarmente mite per queste latitudini dato dall’influenza del lago e dai fiumi circostanti, sappiamo tutti come la vite non ami gli eccessi climatici. Queste caratteristiche territoriali e climatiche così favorevoli hanno portato a definire questo territorio, nel passato, come l’orto botanico d’Europa in cui ogni tipo di vegetazione cresceva rigogliosa. Era come se una parte di Mediterraneo si fosse incuneata tra questi rilievi prealpini. La storia del Bardolino, e di riflesso la storia della presenza della vite, in questo territorio risale agli albori dei tempi. Questo vino, che prende il nome dall’omonima località gardesana, fin dai secoli antichi, ha sempre avuto una maggior fama rispetto ad altri vicini, oggi più famosi, come la Valpolicella. Sicuramente perché se ne trovava in ogni luogo dove si

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Piccole DOC

Il Bardolino, un vino rosso da bere quotidianamente perché fresco, leggero, fruttato, non impegnativo di contenuta alcolicità

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faceva sosta per le sue caratteristiche di pronta bevibilità, leggero, e dai classici colori rosso chiaro tendenti al cerasuolo. Un vino che si beveva molto volentieri, che metteva allegria e non creava problemi di facili sbronze. I Bardolinesi erano soliti dire: “un bardolino te lo beve e te lo pisse”. Ecco anche spiegata la presenza di un numero considerevole di osterie, tante per una località così piccola. Ma torniamo a tempi più recenti. Nel 1968 nasce la doc, una delle prime per i vini rossi del Veneto, e lo sforzo di raggiungere nuovi traguardi qualitativi da parte dei produttori va di pari passo con la storia della doc.

Le principali varietà dei tradizionali vitigni che concorrono alla qualificata produzione del “Bardolino D.O.C.”, sono quelle delle uve Corvina (35-65%), Rondinella (10-40%), Molinara (10-20%) e Negrara (fino al 10%). Possono concorrere alla sua produzione anche uve provenienti dai vitigni Rossignola (rosetta), Barbera, Sangiovese e Garganega, da sole o congiuntamente, presenti fino ad un massimo del 15%. Ognuno dei tre principali vitigni trasmette una propria caratteristica al vino. La Corvina conferisce corpo, aroma delicato e profumi caratteristici; la Rondinella: colore, bouquet raffinato e acidità; la Molinara dona gusto secco e al tempo stesso un gusto accattivante di immediata piacevolezza. Oggi da questa doc con la delimitazione delle aree e con i vitigni prescritti possiamo avere sette tipologie: Bardolino, Bardolino Classico, Bardolino Superiore, Bardolino Chiaretto, Bardolino Chiaretto Superiore, Bardolino Spumante e Bardolino Novello. Il Chiaretto si ottiene lasciando macerare il mosto sulle bucce per circa 10-12 ore; il Rosso richiede invece un periodo di macerazione pari a circa 8 giorni. Nel 2001 è stata assegnata la denominazione di origine controllata e garantita (docg) alla tipologia Bardolino Superiore. La ricerca di ulteriore qualità continua ancora oggi con la zonazione per il Bardolino Superiore. Uno studio scientifico rigoroso su tutte le componenti che contribuiscono alla pagina 58

formazione del vino, che individua zone ben delimitate, anche con esigua estensione, ma particolarmente vocate per coltivazione di questa tipologia, in altre parole la creazione di cru sullo stile francese. La zona della doc comprende 16 comuni, con la zona più storica appartenente ai comuni di Bardolino, Garda, Peschiera del Garda e in parte Lazise, Cavaion, Costermano e Affi. Il Bardolino è un vino di facile digeribilità ed è considerato, per eccellenza, il vino da “tutto pasto”. La tipologia chiaretto si accompagna a minestre, a pesci saporiti; il rosso invece si abbina a tagliatelle o risotti con funghi, a carni bianche arrosto o in umido, o formaggi di media stagionatura. Sono tipologie di vino da stappare la bottiglia al momento. Il Bardolino rosso deve essere servito a 16-18°C, il Chiaretto a 10°C e il Novello a 14°C. Recenti sondaggi hanno evidenziato come nel periodo estivo il vino principe per gli italiani è senza dubbio il bianco con circa il 40% delle preferenze seguito dal rosso e dal rosato con una percentuale per ciascuno di circa il 20%. Prendendo spunto da questa sorprendente e crescente preferenza dei rosati abbiamo deciso, nel caso del Bardolino, di effettuare la degustazione di un Bardolino Chiaretto visto che siamo sempre in tema estivo e sinceramente in queste giornate calde il rosso non si presta molto a una piacevole degustazione. L’azienda scelta è quella di Giovanna Tantini, una giovane imprenditrice che ha preferito l’avventura vitivinicola a quella di avvocato e che in pochi anni è riuscita a guadagnarsi un posto di rilievo nel territorio gardesano. Abbiamo degustato il Chiaretto 2007. Nel bicchiere si presenta con un rosa chiaro, intenso e brillante; al naso sentiamo profumi freschi di fragole e sentori di frutti esotici, schietti e fini. All’esame gustativo percepiamo subito la freschezza di questo vino, leggero, morbido, fresco vivo e sapido dove si confermano gli aromi dell’esame olfattivo di fragole con una nota floreale. Stiamo degustando un vino leggero dove predomina una freschezza che lo rende ottimo come aperitivo, ma anche per un melone e prosciutto oppure con un pesce di lago tipico per quelle zone, e perché no con una pizza estiva. Buon prodotto da riprovare in questa estate. Altre aziende da segnalare sono i Vigneti Villabella, la Cantina Zeni, l’Azienda Agricola Costadoro e l’Azienda Agricola Guerrieri Rizzardi. Sicuramente questo elegante territorio ricco di olivi, fiori, fiumi e laghi ci concede un vino di pronta beva con tutte le sue sfumature, con tutta la sua eleganza, esportato in tutto il mondo. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


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Piccole DOC

La coltivazione della vite sul Vesuvio risale al V secolo a.c. Secondo Aristotele furono i Tèssali, antico popolo della Magna Grecia, a piantare i primi vitigni nella zona vesuviana. di Pasquale Palma

Lacryma Christi ovvero il Vino Vesuvio Vino del del Vesuvio

Gesù Cristo pensò alla cattiveria degli uomini, si rattristò e pianse. Là dove caddero le sue lacrime furono piantati tralci di vite che diedero il Lacryma Christi

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Vitigni disposti sulle pendici del monte, in terreni di natura vulcanica, ricchi di potassio e con esposizione al sole. L’inverno mite, l’estate tiepida, le piogge concentrate nel periodo autunno-inverno avrebbero assicurato un clima temperato alla loro coltivazione. E così fu. Al tempo dei Romani il Vesuvio, ricoperto quasi interamente di vigneti, era noto per i suoi vini magnificati da scrittori e poeti, quali Sallustio e Plinio, Columella, che definì “celeberrimi i colli del Vesuvio ricoperti di viti aminèe”, e Marziale che sentenziò: “Bacco ama queste colline più delle native colline di Nisa”. Le falde del monte erano tutto un susseguirsi di ville rustiche attrezzate per la coltivazione della vite e la produzione del vino: “quel vino che prima di prendere il titolo di Lacryma Christi – come ricorda l’archeologoscrittore Amedeo Maiuri nelle sue “Passeggiate campane” – si chiamava più sem-

plicemente, sulle anfore vinarie di Pompei, Vesvinum vinum, vino del Vesuvio, senza rinunce alla sua legittima paternità”. Onorandosi, anzi, di essere il prodotto d’una terra prediletta dal dio, come ci conferma la pittura del laràrio d’una casa di Pompei, la città vesuviana per eccellenza, dove “il monte è raffigurato sacro a Bacco e Bacco trasformato o metamorfizzato in un solo grande grappolo d’uva, densa e matura” (Maiuri). Tralasciamo pure le fortunose vicende dell’area vesuviana che nei secoli, periodicamente, hanno danneggiato la produzione vinicola, al punto di provocare imitazioni, contraffazioni e, quindi, cadute d’immagine dell’apprezzato vino, e riportiamoci tout court alle vicende dell’ultimo cinquantennio per rilevare con soddisfazione che, dopo la disastrosa eruzione del 1944, l’ultima, quando sembrava che ogni tentativo di risalire la cima sarebbe riuscito vano, la vitivinicoltura vesuviana è andata lentamente ma costantemente riprendendosi e si è ripresa bene, tanto da poter vantare, oggi, due eccellenti vini a Doc: “”Vesuvio” e “Lacryma Christi del Vesuvio”. E poiché il Lacryma Christi discende direttamente dal primo ed è, per legge, maggiormente qualificato del primo, tanto da rappresentare l’optimum del vino prodotto sulle pendici del vulcano, noi gli dedichiamo qui la nostra attenzione definendolo subito “vino leggendario”. La sua squisitezza, infatti, ha dato la stura a parecchie leggende, più o meno note, fiorite intorno al suo nome latino. Nome che risale chiaramente al Medioevo, quando gli ordini religiosi si adoperarono per

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Piccole DOC

Secondo Aristotele furono i Tèssali, antico popolo della Magna Grecia, a piantare i primi vitigni nella zona vesuviana

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la rinascita dell’agricoltura. Ne ricordiamo soltanto due che sono le più accreditate dalla tradizione popolare. La prima racconta che Lucifero, scacciato dal Paradiso, ne strappò un lembo e lo portò sulla terra creando il golfo di Napoli. Gesù Cristo, addolorato perché Satana gli aveva sottratto il più bel pezzo del Paradiso, versò calde lacrime che caddero sulle pendici del Vesuvio. E proprio lì, miracolosamente, germogliarono le viti del Lacryma Christi. La seconda è più semplice. Gesù Cristo, pellegrinando per il mondo, arrivò sul Vesuvio. Si guardò intorno e disse contento: “Mi sembra di stare in Paradiso”. Ma poi, davanti allo spettacolo di tanta bellezza, pensò alla cattiveria degli uomini, si rattristò e pianse. Là dove caddero le sue lacrime furono piantati tralci di vite che diedero il Lacryma Christi. Sono “storie” suggestive che ne richiamano un’altra: quella d’un viaggiatore tedesco che, sorseggiando sul Vesuvio un bicchiere del “sacro vino”, esclamò: “Mio buon Gesù, perché non avete voi pianto in Alemagna?”. Ma passiamo, ora, dalla leggenda alla realtà per dire qual’è la vera origine del nome.

“Lacrima” era il termine dialettale per indicare, in senso traslato, il vino del Vesuvio, che veniva chiamato così “perché nel vendemmiare, quando l’uva è ben matura, sempre geme”. E “Christi”, cioè di Cristo, si spiega col fatto che i vigneti dell’area vesuviana appartenevano alla Campagna di Gesù, ragion per cui, quando bisognò denominare il vino, si pensò di aggiungere il simbolo dei Gesuiti, Cristo. Il disciplinare di produzione del Lacryma Christi per il riconoscimento della Doc, che fu concessa nel 1983, prevede tre tipologie: bianco, rosso e rosato. Il bianco è ottenuto dalle uve dei seguenti vitigni: Coda di volpe (localmente detto Caprettone) da solo o congiuntamente al Verdeca per non meno dell’80%, Falanghina e Greco per un massimo del 20%. Ha colore giallo paglierino, odore gradevole, sapore secco, gradazione alcolica 12°. Si abbina con antipasti magri, pietanze a base di pesce o di carni bianche. Va servito a 8-10 gradi. Il rosso deriva da uve Piedirosso (localmente Palombina) da solo o unitamente allo Sciascinoso (loc. Olivella) per non meno dell’80%, Aglianico per un massimo del 20%. Ha colore rubino carico, odore gradevolmente vinoso, sapore asciutto, pieno ed armonico, gradazione alcolica 12°. Si accompagna a carni rosse, selvaggina e formaggi piccanti. Temperatura di servizio 18 gradi. È ritenuto uno dei primi rossi d’Italia. Il rosato proviene dal medesimo uvaggio del rosso, ha colore rosato più o meno intenso, odore delicato, sapore secco ed armonico, alcolicità 12 gradi. Abbinamenti con minestre, carni bianche e formaggi dolci. Da servire a 10°. A questi tre tipi fondamentali del Lacryma Christi del Vesuvio bisogna aggiungere due utilizzazioni ammesse dal decreto di riconoscimentp della Doc: il tipo “liquoroso” e il tipo “spumante”. Concludiamo dicendo che le varie aziende impegnate nella produzione del Lacryma Christi del Vesuvio, adottando ciascuna di esse uvaggi e procedimenti diversi, riescono a differenziare nel gusto i propri vini, ma tanto quanto basta a personalizzarli. Perché alla fine l’antico vino del Vesuvio conserva immutati, pur sempre, la sua “forza delicata che sfuma in soavissimi aromi”, come scrisse Curzio Malaparte nel romanzo “La pelle”, “il colore misterioso del fuoco infernale, il sapore della lava, dei lapilli, della cenere che seppellirono Ercolano e Pompei”. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


News dal Mondo

Una visita alla “Cardenal Mendoza” Se siete in viaggio nella splendida regione spagnola dell’Andalusia, e precisamente nel triangolo compreso fra le città di Jerez de la Frontera, Puerto de Santa Maria e Sanlúcar de Barrameda, in una terra felicemente baciata dalla luminosità dell’aria e dall’alitare dei venti marini, non lasciatevi sfuggire l’occasione per visitare l’azienda produttrice del Cardenal Mendoza, il più celebre e il più pregiato fra i Brandy di Spagna. L’azienda, a dir la verità, non si chiama Cardenal Mendoza, ma Sánchez Romate H.nos, e venne fondata nel 1781 come casa produttrice di Sherry. Soltanto un secolo più tardi cominciò a produrre il Brandy che le ha dato lustro internazionale, e che nel corso del tempo ha annoverato fra i suoi estimatori la Corte di Spagna, la Camera dei Lord inglese e la Città del Vaticano (con un nome come Cardenal Mendoza, potevano forse mancare gli estimatori di Oltretevere?).

La Sánchez Romate H.nos, con i suoi begli edifici storici, occupa alcuni isolati del centro cittadino di Jerez de la Frontera. I numeri che riassumono la sua attività sono di tutto rilievo: la superficie occupata dai fabbricati di produzione è di 32mila metri quadrati, le botti di Sherry sono 6.500 mentre quelle di Brandy sono 8.700, le linee di imbottigliamento sono 3. Un autentico colosso dell’enologia e della liquoristica iberica. La visita all’azienda inizia dalle cantine dello Sherry. Quella del re dei vini fortificati spagnoli è una lavorazione molto complessa e particolare, al punto che negli ampi e suggestivi locali che ospitano le file sovrapposte di botti – le celebri soleras y criaderas – Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

sono state allestite delle “lavagne” didattiche molto particolari: si tratta di normali botti da invecchiamento, sulle quali sono state tracciate, con gesso bianco, le fasi salienti della preparazione dello Sherry. Il percorso educativo si snoda nei freschi e silenziosi ambienti da invecchiamento, fra assaggi ripetuti e commenti dettagliati e approfonditi. Al termine dell’itinerario formativo, arrivati nel locale che racchiude le botti più antiche e preziose, c’è il rituale dell’apposizione della firma in gesso sulle doghe dei fusti da collezione. Dal mondo dello Sherry si passa poi a quello del Brandy, di quel Cardenal Mendoza che ha fatto conoscere l’azienda di Jerez in tutto il mondo. Creato nel 1887, il Cardenal Mendoza trae il suo nome da quel Cardinal Pedro Gonzáles de Mendoza (1423 – 1495) che tanto favorì Cristoforo Colombo nel suo primo viaggio di scoperta del Nuovo Mondo, e il cui ritratto è ancora visibile negli uffici della direzione aziendale. Il Cardenal Mendoza è un Brandy di Jerez della categoria Solera Gran Reserva, il top della produzione spagnola, ed è tuttora distillato in quantità limitate: ancora oggi ogni bottiglia viene sigillata a mano prima di essere confezionata.

Fra tutti i Brandy spagnoli, il Cardenal Mendoza è probabilmente il più conosciuto: oltre che sul mercato interno, le sue vendite si indirizzano principalmente all’Italia (secondo mercato mondiale), alla Germania e ai Paesi del Nord America e dell’America Latina. Dopo aver passato in rassegna la lavorazione dello Sherry e del Brandy, non va dimenticata una terza, importante attività della Sánchez Romate Hnos: la produzione, cioè, dell’Aceto di Sherry, che dalla sua materia prima d’origine trae un sontuoso corredo aromatico che lo fa apprezzare dagli chef e dai gourmet di tutto il mondo. Un’ultima, doverosa tappa della visita aziendale deve fare sosta nel laboratorio interno destinato alla preparazione e alla manutenzione delle botti. Essendo un ingrediente principe nell’ottenimento di tutti i prodotti aziendali, le botti della Sánchez Romate Hnos richiedono la stessa perizia, la stessa cura artigianale e la stessa passione di un grande Sherry o di un grande Brandy: per questo vengono scrupolosamente e continuamente seguite da un’équipe di preparatissimi bottai interni.

Inviato da Piero Valdiserra pagina 63


News dall’Italia

Carmignano Nella storica (e splendida) Villa Medicea “La Ferdinanda” di Artimino (provincia di Prato, in Toscana), è stato prersentato da Serena Contini, la più giovane presidente italiana di un consorzio, quello di “Tutela dei Vini di Carmignano”, il convegno: “Carmignano, dalle uve dei Medici alla riscoperta dei vitigni del germoplasma toscano: la ricerca, il recupero e la valorizzazione nel territorio di Carmignano”. Un interessante incontro al quale hanno partecipato Paolo Nanni, Piero Luigi Pisani e Roberto Bandinelli dell’Università di Firenze. Gli illustri professori si sono riferiti in modo particolare alle opere dell’artista Bartolomeo Bimbi (1648-1729), pittore alla corte di Cosimo III de’ Medici che per il Granduca aveva realizzato un “campionario” di uve, frutta e fiori che all’epoca si potessero trovare in Toscana. In due grandi quadri, conservati nella villa “Ambra” di Poggio a Caiano, sono ritratti in uno 37 e nell’altro 38 uve diverse: grappoli diligentemente numerati che cadono armoniosamente da una folta vite con una serie di cartigli. La presentazione dell’annata 2007 del Carmignano è stata fatta dall’enologo Alberto Antonini. “Una annata buona, uve sane alla vendemmia e vini, per ora, di qualità: eleganza, armonia e complessità. Stanno evolvendosi bene. Carmignano è una perla della Toscana con grandi tradizioni. È un vino che si identifica bene con il territorio”. Subito dopo è stato premiato (con un grande ballon di cristallo) il “Giornalista amico del Carmignano”: Franco Poggianti (livornese), direttore e conduttore

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della trasmissione “Agri3” trasmessa tutti i mercoledì sui Rai3. Quindi nella sala attigua l’anteprima dei Carmignano 2006 e del Pinot Nero “Villa Bagnolo” 2005 dei marchesi Pancrazi, una famiglia storica di produttori, insieme ai Contini-Bonacossi. A guidare la degustazione Realmo Cavalieri. La più piccola Docg italiana (meno di 200 ettari di vigneto) ha una produzione di inestimabile valore per una provincia piccola come Prato. Negli ultimi anni il “Carmignano” è stato protagonista di un vero e proprio exploit grazie all’impegno dei 15 produttori. In antichità questo grande vino da arrosto e da cacciagione, a lungo invecchiamento, si era fatto davvero un buon nome, tanto che nel 1716 il granduca Cosimo III de’ Medici emise prima un decreto e poi un bando con cui stabiliva precise e severe norme per la vendemmia e definiva la zona di produzione. Fu il primo esempio al mondo di denominazione di origine controllata che anticipò addi-

rittura di circa un secolo la AOC francese, dando al “Carmignano” una patente di nobiltà. Un discorso a parte lo merita il “Pinot Nero” di Villa Bagnolo. Dopo oltre 30 anni fa ancora sorridere il marchese Pancrazi quando racconta la sua storia. Nel 1970 quando si volle reimpiantare i vigneti della fattoria di Bagnolo, il vivaista al posto del tradizionale Sangiovese, consegnò del Pinot Nero. Solo dopo qualche anno in azienda ci si accorse dell’errore, ma ormai la storia di questo vino era cominciata. Ora se ne producono 10.000 bottiglie all’anno: è un vino intenso, colore violaceo, aromi di more e prugna, con leggera presenza di vaniglia dovuta all’affinamento in barriques. Alla degustazione è morbido, vellutato e lungo in bocca.

Notizia inviata da Gianfranco Grossi

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


News dall’Italia

Guida completa ai grandi vini dell’Irpinia di Luciano Pignataro Dopo il grande successo delle prime due edizioni (nel 2003 con 160 aziende e nel 2006 con 240), entrambe andate letteralmente esaurite, torna per la terza volta la Guida dei Vini della Campania delle Edizioni dell’Ippogrifo: più ricca, più completa, divisa in ben cinque volumi autonomi, uno per provincia. Il progetto editoriale sarà completato entro il 2008: una grande enciclopedia di facile e immediata consultazione, senza precedenti nella storia dell’editoria vitivinicola del Sud. Si parte con l’Irpinia e le sue tre docg, fresca di stampa che ha fatto capolino a Vitigno Italia. Una ricostruzione storica della viticoltura in Irpinia dalle origini ai giorni nostri con l’anagrafica delle cantine. Ogni azienda è presentata attraverso i dati essenziali, le vicende dei titolari, le schede dei prodotti sino alla sintesi delle 5 stelle e dei 40 vini del cuore attraverso i quali è possibile narrare la straordinaria avventura degli ultimi vent’anni. Una emozione impensabile dopo il terremoto del 1980 diventata real-

tà, un grande viaggio nell’eccellenza della viticoltura meridionale e italiana, fatta direttamente e senza mediazioni sul campo tra botti e vigneti, nei borghi avvolti dai boschi del Terminio e il lunare paesaggio della Baronia da cui si domina il Tavoliere. La fotografia della nuova realtà ricca di grandi maestri e di giovani enologi, imprenditori e contadini, giornalisti e comunicatori in uno scambio ideale di testimone fra chi ha resistito e chi è chiamato a interpretare il futuro di questa terra meravigliosa abitata da persone laboriose e libere. Con uno scritto dello storico Andrea Massaro sulle origini e le trasformazioni della gloriosa Scuola di Enologia e Viticoltura di Avellino. Un manuale indispensabile per gli appassionati, i sommelier, i ristoratori e gli operatori del settore che adesso hanno, al tempo stesso, l’atlante più completo mai pubblicato e una lettura immediata delle eccellenze per ciascuna tipologia: Greco di Tufo, Fiano di Avellino, Taurasi. E ancora Aglianico Campi

Taurasini, Sciascinoso, Coda di Volpe, Falanghina. Per la prima volta segnalate anche le aziende esterne alla provincia impegnate con le tre docg. In appendice: i disciplinari, la produzione, i wine bar e i ristoranti. La guida è sponsor free: non ha contributi pubblici e nessuna forma di pubblicità diretta o indiretta.

Milano Whisky Festival Una manifestazione giovane e in crescita, che lo scorso anno ha registrato un’affluenza complessiva di circa 1100 visitatori, e che si propone lo scopo ambizioso di diffondere in Italia la cultura del whisky di malto scozzese. L’iniziativa ha fin dall’inizio trovato un pubblico attento e interessato. E non è un caso, dal momento che nel nostro Paese si registra un consumo annuo di circa 24 milioni di bottiglie di whisky. Nel corso di questa edizione, saranno presenti oltre 60 distillerie scelte fra le più famose della Scozia, 7 imbottigliatori indipendenti, 4 collezionisti specializzati nella scoperta delle bottiglie più rare e 5 associazioni private. L’impegno degli organizzatori è, come sempre, orientato verso la ricerca dei malti più raffinati ed esclusivi, per farli conoscere al pubblico italiano, nel corso dell’unico evento in Italia dedicato al single malt. A tal fine saranno allestiti dei “tasting events”, veri e propri laboratori del gusto, durante i quali, illustri maestri della “uisce beatha”, ovvero “l’acqua della vita”, come gli Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

intenditori chiamano il whisky, guideranno barman, ristoratori e appassionati, alla conoscenza sempre più approfondita delle migliori qualità di whisky. La manifestazione gode del patrocinio della Camera di Commercio Britannica, che sarà presente all’evento con uno stand, per offrire tutte le informazioni utili a promuovere il turismo di qualità, suggerendo l’itinerario dei produttori, quello delle cantine, e il circuito dei più ospitali Bed & Breakfast. Tutto si svolgerà il18 e 19 ottobre 2008, dalle 11 alle 20, presso la sala Byron dell’hotel Marriott, in via Washington 66, a Milano. Per partecipare ai “tasting events” visitare sito www.whiskyfestival.it Notizia inviata da Settimia Ricci pagina 65


News dall’Italia

Via Vinaria, la strada che porta a Montecarlo Il profumo del vino permea Montecarlo da secoli, ancor prima che fosse eretto il piccolo paese nel lontano 1333, sul colle che segna il confine tra la piana di Lucca e la Valdinievole già si coltivava la vite per produrre il nettare di Bacco. Correva l’anno 846 d.c. quando si notificava una rendita derivata anche dal vino: “vino puro di uva pigiata tre volte secondo le regole e poi svinata”; è questo il primo documento che attesta la produzione di vino sul colle che allora era attraversato dalla Via del Vino, strada che congiungeva la Via Cassia nei pressi di Buggiano con la Via Romea nei pressi di Altopascio, e il cui nucleo abitativo principale aveva il nome latino di Vivinaia o Viavinaria. Ma questo piccolo paese, abitato da contadini dediti alla coltivazione della vite, venne distrutto dalle armate Fiorentine che, non riuscendo a conquistare la vicina Rocca del Cerruglio, lo rasero al suolo. I signori di Lucca che dominavano politicamente il territorio diedero la possibilità di costruire le abitazioni vicino alla Rocca e dopo averle circondate con una cinta muraria, chiamarono il nuovo paese Montecarlo, dedicandolo al Principe Carlo figlio del re Giovanni di Boemia, futuro imperatore con il nome di Carlo IV, liberatore di Lucca dall’occupazione Pisana. Ancora oggi il nome del piccolo borgo fortificato è sinonimo di vino, in particolar modo individua quel bianco che per molti anni ha costituito, insieme alla Vernaccia di San Gimignano, una eccezione nella Toscana dei grandi vini rossi. Ed allora il 25 e 26 maggio l’appuntamento era di quelli da non perdere: la settima edizione di Via Vinaria, manifestazione organizzata dal consorzio di tutela dei vini di Montecarlo e dall’Amministrazione Comunale per promuovere e valorizzare i prodotti tipici Lucchesi, con particolare attenzione ai vini di Montecarlo e delle Colline Lucchesi. Questi due consorzi di tutela ormai si possono pagina 66

dire “gemellati” nell’attività di promozione dei loro prodotti enoici anche se, pur essendo il luoghi di coltivazione della vite delimitati dal disciplinare limitrofi, hanno storie e tradizioni diverse. La zona di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Colline Lucchesi” è storicamente vocata per i vini rossi a base di Sangiovese tanto che la D.O.C. “Rosso” è stata assegnata nel 1968 e soltanto nel 1985 quella del “Bianco” per un vino a base di Trebbiano. Oggi il disciplinare prevede sei tipologie oltre al vinsanto: Rosso (uvaggio composto principalmente da Sangiovese con cui possono concorrere in percentuale il Canaiolo, il Ciliegiolo ed il Merlot), Sangiovese, Merlot, Bianco (uvaggio composto principalmente a Trebbiano Toscano con cui possono concorrere Greco, Grechetto, Vermentino, Malvasia del Chianti, Chardonnay e Sauvignon), Vermentino, Sauvignon. È invece diversa per vocazione la storia della D.O.C. Montecarlo, zona particolarmente vocata per la coltivazione del vino bianco tanto che il riconoscimento della Denominazione di Origine è stata assegnata nel 1969 per il “Bianco” e nel 1985 per il “Rosso”. Nella storia Montecarlese c’è un personaggio, di un passato abbastanza recente, che ha condizionato notevolmente la coltivazione

della vite sul colle. Infatti Giulio Magnani, proprietario della Fattoria Mazzini, decise, alla fine del 1800, di andare in Francia ad imparare le tecniche di coltivazione e di vinificazione del luogo e dopo alcuni anni trascorsi in terre lontane, ritornò in patria portando con se alcune barbatelle di viti francesi che riteneva essere ottimamente coltivabili anche nel suo territorio di origine. Importò così barbatelle di semillon, di roussanne, di sauvignon, di pinot blanc e gris per ingentilire i vini bianchi Montecarlesi a base di Trebbiano e barbatelle di syrah per i vini rossi a base di sangiovese anticipando così la tendenza moderna di vinificare in uvaggio con le uve locali quelle arrivate dalla Francia. La domenica, oltre alla presentazione dei prodotti tipici del “paniere Lucchese”, i consorzi “Colline Lucchesi” e “Montecarlo” hanno messo a disposizione del pubblico partecipante un banco d’assaggio con oltre 70 etichette di vini bianchi e rossi, principalmente a denominazione di origine ma anche diversi I.G.T. serviti dai sommelier F.I.S.A.R. della locale delegazione. La quantità e la varietà dei vini prodotti sulle colline della provincia di Lucca possono essere abbinati ai tanti piatti della cucina locale sia per quanto riguarda la cucina della

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Versilia, a base di pesce, dove i bianchi a Denominazione di Origine ma anche quelli a base di vermentino soddisfano le esigenze del palato, sia con la cucina della piana Lucchese, composta prevalentemente da piatti di carne, bianca o rossa, e dove i morbidi rossi a denominazione di origine di Montecarlo, le più strutturate riserve ed i vini a base di

Sangiovese delle Colline Lucchesi si sposano a meraviglia. Il giorno successivo, dopo la presentazione della variazione del percorso della strada del Vino e dell’Olio di Montecarlo e delle Colline Lucchesi, Antonio e Piera Pirozzi dell’Antico Ristorante Forassiepi di Montecarlo hanno ospitato un centinaio tra ristoratori, giornalisti, enotecari e operatori del set-

tore per permettergli di assaggiare, abbinare e conoscere i vini del territorio. Così Romano Franceschini del Ristorante “Da Romano” di Viareggio, Sauro Brunicardi del Ristorante “La Mora” di Sesto di Moriano, Fabrizio Girasoli del Ristorante “Butterfly” di Marlia ed appunto Antonio Pirozzi dell’Antico Ristorante Forassiepi di Montecarlo hanno elaborato dei piatti, per la gioia del palato, con i prodotti tipici Lucchesi in abbinamento ai vini di Montecarlo e delle Colline Lucchesi, ancora una volta serviti magistralmente dai sommelier della F.I.S.A.R. di Montecarlo. per informazioni: Ass.ne pro Montecarlo Via Roma, 3 55015 Montecarlo (LU) tel. 0583228881 – info@prolocomontecarlo.it. Notizia inviata dalla delegazione Fisar di Montecarlo

Partita a Scacchi... Spumanti d’Italia e Champagne di Francia! 26-27 settembre 2008 il FORUM SPUMANTI D’ITALIA a Fabriano Premiazione dei 2 Nastri d’Oro del 7° Concorso Enologico Nazionale 2008 Fabriano, per il secondo anno, palcoscenico della premiazione dei premi intitolati al medico fabrianese Francesco Scacchi ideati e realizzati dal Forum Spumanti d’Italia e il premio Cuoco alle Stelle 2008, voluto da GustaFabriano, occasione di incontro con le migliori case spumantistiche nazionali e regionali e di conoscenza del settore e dei più importanti vini spumeggianti con le bollicine che oggi vivono una interessante rinascita culturale e commerciale in Italia e soprattutto nel Mondo. Fabriano si pone come città che sa riscoprire le proprie tradizioni e la propria origine nobile nel settore dello spumante. Tutto questo ruota attorno alla figura del medico Francesco Scacchi e alla sua opera tecnico-letteraria De salubri Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

potu dissertatio con particolare attenzione al ruolo che Scacchi può rappresentare nella antica tradizione spumantistica italiana. L’evento si apre il 26 settembre alle ore 21 con il concerto “Un brindisi a teatro: musiche e letture alla scoperta di Francesco Scacchi e Bartolomeo Barbarino” grazie alla collaborazione della Scuola di Musica “Bartolomeo Barbarino“ di Fabriano. Il programma prevede inoltre un gemellaggio con un Istituto Musicale di Lisbona che offrirà una vetrina internazionale privilegiata per la nostra iniziativa. Il libro De salubri potu dissertatio – scritto da Scacchi nel 1622 – è stato ristampato in copie limitate ad opera della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana nel 2000. “Partita a Scacchi con gli

Champagne” punta sullo spirito di provocazione giocosa verso i cugini francesi che per primi – nell’epoca moderna – hanno saputo esaltare un vino diventato mito e fin dai romani apprezzato nettare per grandi eventi e per il quotidiano piacere del gusto a tavola. Il cuoco alle Stelle rappresenta ormai un appuntamento consolidato per Fabriano, la cui presentazione in contemporanea al premio dedicato ai grandi vini spumeggianti risulta sinergica per storia e tradizione. Fabriano vanta una tradizione antica rappresentata dal cuoco Antonio Latini. www.francescoscacchi.it In collaborazione con Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, patrocinio Comune di Fabriano, Provincia di Ancona e Regione Marche. pagina 67


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Il Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia è socio onorario FISAR Il dott. Luca Zaia, ministro per le Politiche Agricole, nel 2006 è stato insignito del titolo di socio onorario della FISAR dalla delegazione di Treviso. L’allora Vicepresidente della Giunta Regionale del Veneto, partecipando ad una serata di gala per la consegna degli attestati di frequenza ai corsi e dei diplomi di sommelier, ha ricevuto l’attestato dal Delegato Luciano Cescon, alla presenza del Presidente della Provincia di Treviso Leonardo Muraro. Luca Zaia nasce a Conegliano quarant’anni fa cresce e risiede tutt’oggi a Bibano di Godega di Sant’Urbano, paese agricolo della campagna trevigiana. Diplomatosi alla scuola enologica di Conegliano, si è poi laureato in Agraria (Scienze della produzione animale) all’Università degli studi di Udine. Ha lavorato come dirigente in imprese private. Ha abbracciato poi la politica rivestendo dapprima il ruolo di consigliere comunale a Godega di Sant’Urbano, poi la carica di Assessore provinciale all’Agricoltura della Provincia di Treviso di cui è diventato presidente nel 1998 ricoprendo tale incarico sino al 2005. Successivamente è stato nominato vicepresidente della Regione Veneto con Delega alle politi-

che agricole e del turismo. Nel 2008 diventa Ministro per le politiche agricole e forestali nel Governo Berlusconi. La sua attività nel settore viticolo ed enologico è stata sempre incisiva: è a tutt’oggi presidente della Fondazione Per l’Enologia di Conegliano, è socio fondatore della Confraternita del Raboso Piave, è stato uno dei promotori e fautori dell’avvio del corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia (primo in Italia) della Facoltà di Agraria della Università di Padova insediatosi presso

la scuola Enologica di Conegliano. Ha fortemente voluto la creazione dell’Enoteca Regionale presso la Scuola Enologica e sta, ancor oggi, portando avanti la “battaglia” per la Tutela del nome della varietà Prosecco storicamente presente nella terra trevigiana. Dalla delegazione di Treviso i migliori auguri al Neoministro per una feconda attività istituzionale. Notizia inviata dalla Delegazione di Treviso

Un tesoro da scoprire in Sardegna Alla scoperta di piccole realtà che stano uscendo dal silenzio e dall’anonimato con un prodotto genuino che valorizza un territorio. Nascono così incontri e conoscenze che mai si potrebbero immaginare. Incanti e magie favorite da una terra antica e difficile: la Sardegna. Terra di vini importanti, l’isola italiana per antonomasia, racchiude “tesori vitivinicoli” importanti. Ai “giacimenti” ci si arriva quasi per caso. Tutto nasce da un importante artista, pittore barbaricino con lungo pagina 68

soggiorno a Roma diviso fra Piazza Navona e Trastevere, che opera a San Teodoro (Olbia – Tempio) e che tra un’ospitata e l’altra, accompagna le sue riunioni conviviali con vini rossi sardi di primordine. In un’occasione, fa apparire sulla tavola, dalla sua cantina, un Cannonau eccellente dal nome impegnativo “Barrosu” (vanitoso). Di questo rosso se ne producono enormi quantità e buona parte della produzione regionale è deludente ed inutile. Sono vini mediocri frutto di vigne mal posizionate come

richiede questo importante vino rosso. Infatti per la buona riuscita delle vendemmie servono vigne esposte in posizioni eccellenti, con terreni caldi, climi asciutti, basse rese e stagioni lunghe. Senza queste condizioni il Cannonau non fa emergere le sue doti. Per trovare le migliori espressioni per questo vino si deve entrare nella… profonda Barbagia, dove si raggiungono livelli di eccellenza per i rossi mediterranei. Ovvero: mai troppo tannici, quasi sempre generosamente alcolici, con qualche difetto di Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


News dall’Italia

acidità, ma una buona dotazione salina. Così dalle spiagge bianche dove pullula il turismo estivo, si abbandona il mondo dorato per entrare nella vera realtà sarda: la Barbagia. Meta finale: Mamoiada (700 metri di altezza in direzione del Gennargentu, dove campeggia il Monte Spada con la Punta Vittorio Emanuele). Usciti da Nuoro, si punta verso Oliena altro centro importante per la produzione di Cannonau, la Cantina Sociale. per merito di un “testimonial” d’eccezione (l’ex-calciatore Gianfranco Zola, con trascorsi inglesi culminati con il titolo di “Sir”), esporta sul mercato anglosassone. Proseguendo attraverso strade provinciali, in un paesaggio rupestre incontaminato, si raggiunge Mamoiada, alla ricerca del padre del famoso “Barrosu”. Si arriva così su un’altura del paese dove si trova la cantina di Giovanni Montisci, un giovane viticoltore che crede nelle coltivazioni naturali ed ha fatto una scommessa con questa sua “creatu-

ra”(Cannonau al 100%, 15,5° - 16°). Un’azienda famigliare, dalle dimensioni ridotte ma con un nome da difendere. “Perché con grande convinzione mi sono lanciato in questa impresa ed ormai del “Barrosu” se ne parla con grande entusiasmo” afferma Giovanni. Piccola la vigna (un ettaro e mezzo attivo da sessantacinque anni), per una grande produzione (dal punto di vista qualitativo). Dopo la vendemmia, il vino rimane per dodici mesi in botti di rovere-castagno, prima di essere imbottigliato. La produzione? Quattromila bottiglie annue sigillate con la ceralacca, numerate e firmate da Giovanni che per questo lavoro si avvale della collaborazione di tutta la famiglia (Francesca Sale, la moglie e le figlie Alessia, 14 ani e Camilla, 7 anni). Le bottiglie si trovano nei migliori ristoranti sardi, ma le richieste arrivano da tutta Europa, anche se risulta impossibile soddisfare la

domanda del mercato. “Questo produciamo e questo produrremo in futuro con incrementi insignificanti” racconta un po’ dispiaciuto Montisci. Il prodotto della piccola cantina mamoiadina è balzato all’attenzione dei sommelier sardi nel 2005 quando il “Barrosu”, ha sbaragliato centocinquantadue concorrenti ottenendo il riconoscimento di “miglior vino delle Baronie e Province”. Timidamente Montisci, l’anno seguente si presentò alla vetrina internazionale del Vinitaly, a Verona, dove ottenne elogi e riconoscimenti dai rappresentanti sommelier di Piemonte e Veneto. “mi sono assunto una notevole responsabilità – conferma Giovanni – ma l’ho fatto convinto che oggi più che mai occorrano metodi naturali per sottolineare la genuinità di un vino che vuole essere una bandiera della Sardegna per l’alta qualità”.

Notizia inviata da Alberto Fumi

Merano International Winefestival & Culinaria 2008 La rinomata cittadina termale di Merano, adagiata nella splendida cornice alpina, ospita la diciassettesima edizione del Merano International WineFestival & Culinaria dal giorno venerdì 7 novembre 2008 a lunedì 10 novembre 2008 nella sede principale del palazzo del Kurhaus ma anche in piazza Terme, come a Castel Kallmünz, Castello Principesco, Teatro Puccini, Hotel Steigenberger, Castel Tirolo. Da sabato 8 novembre a lunedì 10 novembre 2008 il neoclassico palazzo del Kurhaus accoglie i produttori vitivinicoli selezionati del panorama italiano ed internazionale e ospiti prestigiosi. L’Italia è divisa nella sezione “Centum” con 100 produttori, nella sezione “Italia Excellentis” con 153 produttori e nella sezione “Extremis” con 20 produttori; Gli Internazionali sono 131 presenti personalmente e alcuni attraverso gli

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

importatori. Nelle giornate di sabato 8 e domenica 9 novembre 2008 il Pavillon des Fleurs accoglie 44 Châteaux dell’Union des Grands Crus de Bordeaux, mentre nella giornata di lunedì 10 novembre 2008 il Pavillon des Fleurs propone ospiti d’eccezione 20 produttori dei Grandi Cru d’Austria con le selezioni piú famose. Da sabato 8 novembre a lunedì 10 novembre 2008 la sezione Culinaria collegata direttamente al Kurhaus presenta 120 aziende selezionate del panorama gastronomico italiano con specialità, tipicità e creazioni originali. Da sabato 8 novembre a lunedì 10 novembre 2008, in piazza Terme oltre il ponte sul Passirio, la GourmetArena in collaborazione con Cooking for Wine di Luigi Cremona entusiasma con spettacolari show cooking di cuochi celebri a cominciare da Emanuele Scarello del ristorante

“Agli Amici” di Godia (UD), Gennaro Esposito del ristorante “Torre del Saracino” di Vico Equense (NA) e Gianni D’Amato del ristorante “Il Rigoletto” di Reggiolo (RE). Bio&dynamica al Castel Kallmünz il 7 e 8 Novembre e le presentazioni in anteprima delle guide Vini Buoni d’Italia 2009 e Alberghi e Ristoranti d’Italia 2009 del Touring Club Italiano l’8 novembre al Teatro Puccini. Domenica 9 novembre la consueta Asta del Tartufo il cui ricavato verrà devoluto in beneficenza. La Gourmet’s International di Merano è sempre al lavoro per offrire elitaritá e selezione, ma anche aggiornamento e innovazione al Suo raffinato pubblico grazie ad un’organizzazione impeccabile e alla vulcanica fantasia del Suo presidente, Helmuth Köcher. Per ulteriori informazioni tel. 0473.210011

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In Famiglia

A Capannori “La cultura del bere per il rispetto della vita” Nell’ambito delle sue attività, la Delegazione di Lucca e Garfagnana ha organizzato, con il Patrocinio del Comune di Capannori (Città del Vino), giovedì 22 maggio, presso la Sala Congressi del rinnovato Hotel Hambros di Lucca, una serata sul tema lanciato dalla Sede Nazionale “La cultura del bere per il rispetto della vita”. Il numeroso pubblico intervenuto ha seguito con particolare interesse gli interventi dei relatori: Giorgio Del Ghiangaro - Sindaco del comune di Capannori e sommelier FISAR, Maurizio Manfredini - Assessore alle Attività Produttive del Comune di Capannori, Luca Bacci - Comandante Polstrada, Mario Del Debbio Segretario Nazionale FISAR, Girolamo Morelli - Medico Urologo autore di approfonditi studi su vino e sessualità, Diego Casali - Giornalista de “La Nazione”. Coordinati dal Delegato PIERO GIAMPAOLI, hanno affrontato questo argomento di grande attualità, che aveva anche creato non poche incertezze, analizzandolo a fondo in ogni sua espressione, chiarendo dubbi e perplessità. Nel corso della serata una pattuglia della polstrada, munita delle apparecchiature di legge, Alcol-test e Etilometro, ha effettuato numerose prove e controlli sui

presenti, fugando, peraltro, tutti i timori dei sommelier in quanto, è stato accertato che dopo tre degustazioni il tasso di alcol nel sangue risulta assolutamente normale. La Delegazione ringrazia tutti gli intervenuti, anche per le numerose manifestazioni di assenso e i benevoli apprezzamenti che confermano il valore dell’iniziativa. Inviato dalla Delegazione di Lucca e Garfagnana

La FISAR Vercelli festeggia il decimo anniversario con i nuovi sommelier Domenica 13 Luglio la FISAR Vercelli ha festeggiato il decimo anno di fondazione. Splendida cornice alla manifestazione la partecipazione del Presidente Nazionale FISAR Vittorio Cardaci Ama, il prof. Giuseppe Sicheri fondatore della delegazione stessa, il Consigliere Nazionale Luigi Terzago, il Delegato Claudio Valenza ed altre autorità quali il prof. Bellini Eugenio in rappresentanza della Provincia ed il presidente del Circolo, che ospita la sede della FISAR Vercelli, Dario Colombo. Nell’occasione sono state consegnapagina 70

te targhe ricordo agli ospiti presenti, gli attestati inerenti ai corsi appena conclusi, e i tulipani d’oro ai sommelier Pilloni Ennio e Pasqualin Corrado; a seguire l’aperitivo con brindisi e pranzo sociale con menù del territorio. Ciliegina sulla torta la nomina di 13 nuovi Sommelier per la delegazione, a cui il presidente Vittorio Cardaci Ama ha consegnato personalmente gli attestati. Questi i nomi dei nuovi Sommelier: Borelli Emanuele, Cammarano Francesco, Torta Giovanni, Seto Patrizia, Sereno Alessandra, Guglielminotti Tiziano, Lanza

Luca, De Luca Davide, Guidetti Sabrina, Taverna Celestino, Gianello Monica, Ramella Valet Ezio, Iannibelli Italo. Notizia inviata da Corrado Pasqualin della Delegazione di Vercelli

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


In Famiglia

La FISAR di Pisa e Litorale consegna i diplomi Una serata veramente particolare è stata vissuta dagli aspiranti Sommeliers che hanno superato il corso di 1° livello, al ristorante “Cosmopolitan Golf” incastonato al limite delle 18 buche dell’omonima struttura sportiva di Tirrenia, grazie all’organizzazione della FISAR di Pisa e Litorale. Ai bordi della scenografica piscina illuminata è stata consumata una cena indimenticabile a base di pescato e ben diretta dalla brava Susanna Scarpellini, che ha accolto gli ospiti con un calice di benvenuto e stuzzichini. Una originale “entrée” di sformatino di pesce su specchio di porro e patate, accompagnata da Blanquette de Limoux Brut, Appellation Controlée, Domaine Saint Laurens Le Moulin-, ha anticipato il delicato Risotto di scampi e Champagne. Per i successivi Maccheroncini al gattuccio, maggiormente saporiti, la scelta è caduta sul Pinot Bianco Alto Adige DOC 2006 della Cantina produttori di S. Michele Appiano. Croccante, calda e di sapiente cottura, la Frittura del nostro mare e verdure in pastella è stata abbinata ad un fresco e di buon spessore

Rosato 2007 Perolla IGT Maremma toscana dell’azienda agricola San Felice. Ha chiuso le portate una apprezzata Sfogliatina calda con cioccolato bianco e kiwi, sposata ad un eccellente Grecale Moscato di Sicilia IGT delle Cantine Florio. Ottimo il servizio vini espletato dai sommeliers FISAR Cinzia Agostini, Santino Dragà e Roberto Menichetti. Al termine della conviviale, i consiglieri Cristina Messina, Barbara Poli ed Emanuela Rossi hanno provveduto a consegnare gli attestati ai seguenti aspiranti sommeliers: Adele Affini, Laura Alfarano, Serena Armetta, Simone Bartola, Ivonne Beltran, Fabio Bicchierini, Sara Cassola, Andrea Cattolica, Leandra Cerrai, Riccardo Dal Monte, Francesca De Gottardo,

Raffaele Diana,Samia El Mahavri, Marco Fagiolini, Stefano Faucci, Natale Filippino, Daniele Fiorini, Dario Fracasso, Lucia Fregoli, Fabrizio Gammarota, Arianna Giuntini, Francesco Giuntini, Giuseppe Izzo, Francesco Lombardi, Veronica Marianelli, Silvia Mellini, Matteo Menghi, Enrica Minuti, Alessandra Nucci, Nicola Orsini, Cosimo Parlangeli, Alessandro Pieracci, Davide Poli, Massimo Puccini, Davide Ricotta, Sonia Salvato, Marco Salvatore, Fabio Santerini, Elena Scalzini, Selene Scaramelli, Kinzica Sorrenti, Maria Tognini, Letizia Vannucci. Nell’occasione sono stati consegnati a Rita Taccini e Massimo Masolini gli attestati per la loro partecipazione al corso di II° livello 2007. Molti ringraziamenti da parte del Direttore del Corso Barbara Poli sono andati al Sommelier Roberto Frare che, come sempre, ha contribuito attivamente e con impegno alla ottima riuscita dei corsi.

Notizia inviata dalla Delegazione di Pisa e Litorale

La delegazione di Portogruaro su RAI1 Si è svolto nella città di Portogruaro un incontro con Gianfranco Vissani e i prodotti tipici del luogo ripreso e trasmesso nella trasmissione “Sabato, Domenica estate” in onda su Rai1. Si è parlato della storia del luogo, dalle origini,al dominio della Serenissima, fino ai giorni nostri. Ha presentato la manifestazione Luca Giavi, past-president nazionale Fisar, che ha valorizzando i salumi, i formaggi e naturalmente i vini del consorzio Doc Lison-Pramaggiore. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

Il ristorante Antico Spessotto (associato Fisar) ha presentato alcuni piatti della tradizione marinara tra cui le classiche sarde in “saor”, schie con polenta, frittata con schie e “renga”(aringa)con polenta. La manifestazione era accompagnata da sommelier Fisar e da figuranti in costumi veneziani d’epoca e sottofondo con musica di Vivaldi.

Notizia inviata da Mario Sandron delegazione di Portogruaro pagina 71


In Famiglia

La FISAR pisana riscopre il ristorante “da Ugo” Già dal 1910 i viandanti potevano ristorarsi presso “La fiaschetteria” da Ugo, a lato del ponte dell’Aurelia sul Serchio, al chilometro 342,00. Passato ai nipoti e, a loro volta, ceduto il ristorante agli attuali titolari Valeriano Silvestri e Giuliano Baldassarre, la struttura e la cucina si sono adeguate alle esigenze moderne, mantenendo comunque sapori e gusti della tradizione toscana. La delegazione pisana della FISAR ha voluto rendere omaggio all’Estate in corso, organizzando una splendida cena di gala nel fresco giardino di questo ristorante. Grande curiosità ed emozioni hanno suscitato vecchie fotografie degli anni ‘80 nelle quali si riconosce l’allora presidente FISAR Pianigiani nell’atto di premiare gli attuali titolari, allora giovanissimi, con targa meritoria. Un connubio, quindi, che è stato rinnovato con grande soddisfazione dei convenuti grazie ad un ben equilibrato menù a base di pesce rigorosamente tutto fresco a cominciare dalle varie proposte di antipasto: carpaccio di salmone alle erbette (cipollina, insalata lollo, fiocchetti di pomodoro e spruzzatina di prez-

zemolo), acciughe alla povera con cipolla di Tropea e pepe verde, crostino di moscardino alla maniera del cacciucco e gambero in salsa rosa servita calda. Il tutto bagnato dal Prosecco Sforzin Colli trevigiani IGT dell’Azienda Vigna Dogarina, le cui bollicine e la giusta acidità ben pulivano la bocca. I successivi primi piatti, Risotto con gamberetti e zucchini e Penne al granchio sono

stati bagnati dal Riesling Italico Trentino DOC 2006 di 12,5 gradi dell’Azienda Gaierhof che ha dimostrato profumi ed sentori equilibrati al risotto, ma sudditanza al sapore più intenso delle penne, dovuto all’aroma dell’aglio e del crostaceo. Piatto re della serata senz’altro il branzino scaloppato e passato al burro e vino accompagnato da funghi porcini freschi stufati sapientemente ed abbinato ottimamente

con una Vernaccia San Gimignano DOCG 2007 di 13 gradi dell’azienda Fontaleoni, un trionfo di profumi, aromi, sapori e sentori che hanno deliziato veramente i fini palati fisariani. Ha chiuso le portate una delicata Bavarese alle fragole in salsa delle stesse accoppiata ad un Moscato d’asti DOCG dell’Azienda Gianni Doglia di eccellenta levatura. Il segretario Vittorio De Santis ha condito di dotte spiegazioni il percorso enogastronomico ringraziando Liana Benini per il tracciato imposto ed i titolari, insieme alla brigata di cucina, per la sapiente esecuzione culinaria. Riconoscimenti anche al rango di servizio guidato in modo preciso e puntuale da Danilo ed al Sommelier Antonio Panettella per il perfetto espletamento del servizio vini.La cena si è conclusa in un clima di soddisfazione con lunghi applausi durante la consegna del tradizionale gagliardetto FISAR ai due titolari.

Notizia inviata da Tiziano Taccola Fisar di Pisa

La Fisar di Salerno in visita alle Cantine Montevetrano e consegna gli attestati Diciamolo subito, la prima sensazione che si ha, incamminandosi per il sentiero che porta alle cantine Montevetrano, è di entrare in un altro mondo. Un mondo lontano dalla città e dal caos di tutti i giorni. La gentilezza e l’accoglienza della proprietaria, Silvia Imparato, capovolgono lo schema ospite-proprietario. Si ha pagina 72

l’impressione di essere noi stessi i proprietari. Dopo i primi convenevoli di rito si passa alla parte interessante della giornata. Ci rechiamo subito all’area produzione dove la proprietaria ci intrattiene con la sua affascinante storia sulla nascita del progetto “Montevetrano” iniziato molti anni fa (1985).

In origine fotografa, la signora Imparato ha saputo coniugare passione ed amore per la propria terra dando così origine allo stato embrionale di un vino che negli anni è divenuto una delle pietre miliari della campania e di tutto il sud Italia. Tutto nasce quasi per gioco. Il classico “vogliamo provare a fare un vino Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


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nostro nella nostra terra?”. Detto, fatto. Si reinnestano Aglianico, Cabernet Sauvignon e Merlot su Barbera, piedirosso e uva di Troia. Per la proprietaria, la collaborazione con gli uomini “del posto” è vitale. Si inizia così la collaborazione con persone che avevano vissuto in quella terra, che la lavoravano da anni e la conoscevano palmo a palmo, da generazioni. Arrivano presto le prime botti di rovere per l’affinamento ma è in questo momento che si ha la conferma di aver lavorato con la squadra giusta. Infatti uno dei collaboratori aveva lavorato nel settore legno. Fu aperta una vecchia barrique per carpire il segreto di tanto successo. Fu così che Montevetrano cominciò a commissionare barriques su misura e con determinate specifiche ma soprattutto a distinguere le qualità tra mille prodotti diversi. Visitiamo così la sala di affinamento in acciaio con i mastodontici silos che si ergono in altezza. Una pompa a terra

richiama la mente alle attività in corso, quasi a testimonianza che qui si pensa alle cose serie e non alle apparenze da somministrare agli ospiti. La zona barriques è uno spettacolo. Un centinaio di botti disposte quasi come una decorazione in un ambiente perfetto per la conservazione (assenza di luce e temperatura giusta). Ambiente piccolo per una produzione relativamente bassa, circa 30mila bottiglie l’anno, denotano l’orientamento dell’azienda votata al rapporto ravvicinato con i clienti piuttosto che il business a tutti i costi. In fondo Montevetrano è un’azienda piccola ma solida. Conclusa la splendida escursione ci accomodiamo nell’accogliente ed elegante tenuta della proprietaria per la consumazione di un buffet accompagnato da varie annate di Montevetrano e la consegna dei diplomi del corso di 1° livello F.I.S.A.R. I formaggi ed i salumi si sposano perfettamente con il grande corpo di que-

sto vino. Iniziamo così a degustare l’annata 2005 fino ad arrivare al 2003. A sorpresa però ci viene quasi imposto (nel senso buono, chiaramente) di assaggiare il 2002 il quale ovviamente non abbiamo rifiutato. Annata che molti hanno giudicato inferiore ad altre ma a nostro avviso di altrettanta alta qualità arricchita dagli anni di maturazione ed affinamento che i vini più giovani non possono ancora avere. Insomma è stata un’esperienza esaltante e, a parte la disponibilità eccezionale a cui abbiamo già accennato, non potevamo che ringraziare con grande sincerità tutta l’azienda Montevetrano. In modo particolare la signora Imparato che ha contribuito a rendere sublime questo evento F.I.S.A.R. ed ha saputo essere all’altezza del grande nome che ha costruito negli anni.

Articolo inviato dalla delegazione della provincia di Salerno

È Piera Genta la Miglior sommelier Piemontese FISAR per il 2008 Domenica 15 Giugno 2008 presso il Museo del Gusto di Frossasco ( TO) si è svolta la Giornata del Sommelier FISAR del Piemonte (Delegazioni di Torino, Vercelli, Alessandria ed Asti). Quest’anno è stata la Delegazione di Torino ad occuparsi dell’organizzazione in collaborazione con il prestigioso ed istituzionale Museo del Gusto di Frossasco e con il patrocinio della Regione Piemonte. La giornata iniziava con un dibattito sul tema “Cultura del bere per il rispetto della Vita“ per poi proseguire davanti ad un folto pubblico di enoappassionati e con la presenza del Consigliere Nazionale Fisar Luigi Terzago, dei Delegati di Torino, Vercelli, Asti ed Alessandria e del Direttore del Museo del Gusto Ezio Giaj - con la gara per il Miglior Sommelier Piemontese 2008 - gara valevole per la selezione al Concorso Nazionale Sommelier dell’Anno Fisar. La fase finale del concorso vedeva cimentarsi 8 sommelier in rappresentanza delle Delegazioni di Torino, Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

Vercelli, Alessandria ed Asti. La gara verteva su una prova scritta di cultura enoica generale, una prova di degustazione e scelta dei bicchieri e la consueta prova di tecnica di servizio. Il Presidente della Giuria era il sommelier Claudio Genova, già campione piemontese degli scorsi anni. Prima su tutti la sommelier Piera Genta della Delegazione di Torino che si imponeva davanti al vercellese Ennio Pilloni e al torinese Vincenzo Fragomeni che si classificavano rispettivamente al secondo e terzo posto. Piera Genta è una giornalista ed è Responsabile per il Piemonte, della Valle d’Aosta e della Liguria dell’Asso-

ciazione Stampa Agroalimentare Italiana. Collabora con molte testate giornalistiche di settore e con la rivista Il Sommelier. Di cittadinanza italo-americana da molti anni è impegnata nella promozione e comunicazione delle eccellenze agroalimentari nazionali. Sommelier professionista delle Delegazione di Torino svolge la sua attività per molte aziende enologiche come degustatrice e divulgatrice dei loro prodotti e cura in qualità di giornalista/sommelier una rubrica tematica all’interno del programma Rosso di Sera in onda sull’emittente televisiva piemontese Primantenna TV. La giornata si è conclusa con alcune degustazioni di formaggi e di vini del pinerolese con la presenza dei produttori. Il prossimo anno sarà la Delegazione di Vercelli ad occuparsi dell’organizzazione dell’evento. Notizia inviata dalla Fisar di Torino pagina 73


in Famiglia

La FISAR di Pisa esplora Vicarello La FISAR di Pisa e Litorale consegna i diplomi del 2° livello spingendosi fino a Vicarello, in via Dei Guinceri nell’omonima e nuovissima struttura “Ristoro Enoteca v.d.G.”, alla presenza del delegato Flavio Romboli e di tutto il consiglio. Un aperitivo di benvenuto, Prosecco Veneto IGT 2007 dell’Azienda Sopralerighe di Conegliano (con stuzzichini caldi misti di verdure pastellate e patate alla “Duchesse”), dal gusto gradevolmente acidulo e dai sentori ricchi di note floreali ha accolto e messo di buon umore i commensali con la fragranza e persistenza del perlage. Ai tavoli è stata servita una ricca Zuppetta alla viareggina con crostone, accompagnata dal Vermentino Toscana IGT 2007 dell’Az. Vignaioli del Morellino di Scansano. Dal colore paglierino con riflessi verdognoli il suo uvaggio, 100% vermentino, esprime al massimo le proprie caratteristiche aromatiche e gustative, grazie alla coltivazione vicino al mare, dove il vento soffia costantemente. Il profumo fruttato di mela matura lo rende equilibrato, con note agrumate, e sufficientemente persistente, ma debole col piatto nonostante i suoi 13 gradi. I primi piatti, delicate Crepes ripiene alle zucchine e pinoli, in salsa di carciofi e gamberi, e dei succulenti Tacconi alla triglia, sono stati bagnati da un eccellente Sauvignon Alto Adige DOC 2006 dell’Azienda E.J.N.. Nel suo profumo erbaceo si avvertono il sambuco e l’ortica, il Sauvignon Blanc 100% dimostra equilibrio tra acidità e morbidezza, cala il grado alcolico al 12,4%. Ottimo e saporito il seguente filetto di San Pietro, con verdure in gremolada, abbinato ad una robusta Vernaccia di S. Gimignano DOCG 2007 dell’Az. Fantaleoni. Anche qui 100% l’uvaggio, ottenuto con pigiatura soffice e slecciatura a mezzo refrigerante, fermenta a 20° centigradi in acciaio producendo il grado alcolico di 12,5%. Dal colore giallo paglierino scarico emana profumi penetranti. Risulta sapido al palato e il tipico retrogusto

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varietale leggermente amaro si manifesta nelle cavità nasali. Equilibrato l’abbinamento. Ha chiuso le portate la torta di mini pie alle fragole, la cui delicatezza ben si fondeva con il Moscato naturale d’Asti DOCG 2007 dell’Az. Gianni Doglia di Castagnole Lante. Le uve, Moscato Bianco, vengono cernite in campo durante la raccolta e poste in cassette per cinque giorni e dopo una soffice pressatura, il mosto fiore che si ottiene viene conservato in vasche frigorifere fino al momento dell’elaborazione in autoclave con lieviti selezionati. Ottimo il servizio vini espletato, con grande professionalità, dai sommeliers Gerardo Lena ed Alberto Nannizzi. Le consegne dei diplomi hanno contribuito a rallegrare ancor più la serata, specie quando la neo mamma ed il neo papà, Giovanna Margherita e Giuseppe Merlo, ambedue diplomati, hanno visto con grande sorpresa il consigliere Barbara Poli consegnare al loro bebè Geremia l’attestato ad honorem essendo stato presente anche al 1° corso, sebbene non ancora nato... In effetti la signora

Giovanna Margherita era già in dolce attesa durante la frequentazione del 1° corso, ha quindi messo alla luce il bellissimo Geremia in tempo per poter riprendere il 2° corso l’anno successivo portando il pargolo alle lezioni, a gran richiesta, perché tutti i corsisti se ne considerano i padrini. Ecco i nomi dei restanti diplomati: Andrea Baldoni, Tiziana Bernardini, Flavia Botti, Caterina Calabrese, Stefano Cionini, Riccardo Cosci, Guido De Nicolais, Valeria Ettorini, Roberto Falchi, Letizia Fornari, Gianluca Forni, Francesco Galli, Claudio Giangrande, Monja Guarguaglini, Marcello Martinelli, Massimo Masolini, Stefano Micheletti, Stefano Noferi, Gemma Picciarelli, Alberto Pugi, Riccardo Ristori, Roberto Romolini, Alessandro Scudeller, Rita Taccini, Alessia Tacito, Laura Tacito.

Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione Fisar Pisa e Litorale

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


Speciale Sicilia

L’idea di Marco Nicolosi Asmundo, dell’Azienda Barone di Villagrande, di proporre a esperti, amatori e comunicatori una degustazione verticale di alcune annate dei propri vini non è certo originale, ma lo diventa quando la proposta viene presentata da quella che è l’azienda più ricca di storia del territorio etneo, non certo usa a fare bella mostra di se stessa ma tradizionalmente racchiusa in quella sorta di rigoroso riserbo che contraddistingue da sempre le antiche famiglie patrizie catanesi.

di Carlo Ravanello

Storica verticale di alcuni vini dell’Etna vini dell’Etna Marco, forse perché laureato in viticoltura ed enologia a Milano, in quell’atipico crogiolo di ricercatori che fa capo al prof. Attilio

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

Scienza, Ordinario di Viticoltura presso il Dipartimento di Produzione Vegetale della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi

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Speciale Sicilia

l’Azienda Agricola Barone di Villagrande viene fondata nel 1727 a Milo (CT), ma la sua vitivinicoltura si evolve a partire dai primi del ‘900

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di Milano (diciamo atipico perché il territorio milanese non è certamente noto per la sua produzione viticola!) e quindi forse per questo fattosi più audace, si è fatto carico di un’iniziativa assolutamente nuova per la Sicilia orientale e certamente assai rara anche in quella occidentale. In questo è stato entusiasticamente sostenuto dal prof. Luigi Moio, suo mentore da sempre, il cui aiuto è stato determinante per il volonteroso Marco il quale si sarebbe quasi certamente perduto nei meandri di una grande cantina dove sono conservati vini di oltre un secolo di storia vinicola aziendale intesa in senso “moderno”. Con l’intervento del cattedratico è stato così possibile risalire agli steps più significativi dell’evoluzione operativa di cantina e, in coerenza con questa ricostruzione, prelevare dagli annosi scaffali le preziose bottiglie. La storia della Cantina Si legge sugli Annali agricoli catanesi che l’Azienda Agricola Barone di Villagrande viene fondata nel 1727 a Milo (CT), ma la sua vitivinicoltura si evolve a partire dai primi del ‘900 allorché viene introdotta la vinificazione separata delle uve bianche da quelle rosse e i relativi vini vengono conservati in botti di castagno (ricavate dai grandi alberi del famoso bosco Nicolosi, proprietà di famiglia). Non si procede alla chiarifica dei bianchi mentre si opera con brevi macerazioni in vasche aperte di cemento per i rossi. Circa mezzo secolo dopo (ancor prima della nascita della DOC Etna, che è del 1968) compaiono i fermentini in acciaio inox per una macerazione più lunga delle uve rosse e contemporaneamente si procede alle prime

Da sinistra: Saro Romeo (Presidente Circolo Enofili Etnei), Vittorio Cardaci Ama (Presidente Nazionale Fisar), Camillo Privitera (Presidente AIS Sicilia), Maria Morelli (Vice Delegata Club Papillon Catania), Gregorio Calì (Delegato ONAV Catania), Pippo Privitera (Presidente Slow Food Sicilia).

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chiarifiche, in vasche chiuse di cemento, dei mosti bianchi con gel di silice. Compaiono anche i primi condizionamenti termici dei mosti. Dal 1990 si inizia a chiarificare i bianchi in contenitori inox termocondizionati e si introducono i lieviti selezionati. A cavallo fra il XX e il XXI secolo, con l’intervento della pressatura soffice, della linea di vinificazione in acciaio completamente climatizzata e dell’utilizzo di legni nuovi anche per la fermentazione, si giunge alla completa modernizzazione degli impianti. Ultima chicca: da pochissimo sono state reintrodotte le tradizionali botti di castagno ottenute da legno ricavato dai secolari alberi della Tenuta Nicolosi. I vini presentati Straordinariamente dalla Cantine del Barone di Villagrande sono uscite alcune bottiglie rappresentanti delle annate 1987 – 1994 – 2001 – 2005 e 2007, per i bianchi dell’Etna, e delle annate 1953 (sic!) - 1968 (l’annata della DOC) – 1981 – 1996 – 2005 e 2007 per i rossi dell’Etna. Tutte sono state presentata e discusse, con la consueta facondia intellettuale, da parte di Luigi Moio. Ne è risultato – riprendiamo in breve – che tutti i bianchi non hanno presentato, sia quelli più vecchi che quelli più giovani, tracce significative di ossidazione e che tutti hanno denunciato la totale mancanza di acetato di etile: certamente che mentre le annate più recenti godevano ancora dei freschi aromi di fermentazione, quelle più vecchie denunciavano presenza di alcuni lattoni che ci hanno ricordato i Vins de paille del Jura francese, fino a giungere agli afrori del latte di mandorla e a certe espressioni dei Vin Santi toscani. Non diverso l’andamento per i vini rossi: la nota scarsità cromatica del Nerello Mascalese è andata via via diminuendo fino a giungere, con il 1953, a una colorazione pressoché inesistente. In compenso però, si è potuto constatare che, procedendo a ritroso nel tempo, con il diminuire dell’estratto e del grado alcolico, i vini si sono dimostrati più eterei con qualche discutibile presenza di bonbon anglais e di colla amara, ma l’acidità totale è stata in grado di sostenersi a livelli incredibili impartendo ancora ai vini – anche a distanza di mezzo secolo - una nota di piacevole freschezza. Alla storica degustazione ha partecipato il Presidente FISAR Vittorio Cardaci Ama.

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008


La segreteria comunica

Dal 3 al 6 ottobre la FISAR torna in congresso a Ragusa per ritrovare i profumi e i sapori della Sicilia, rivivere vecchie emozioni e farne nascere di nuove circondati da un mare di un colore unico

Il mare colore coloredel delvino vino “Che mare! E dove c’è un mare così?”. “Sembra vino” disse Nené. “Vino?” fece il professore perplesso. “Io non so questo bambino come veda i colori: come se ancora non li conoscesse. A voi sembra colore di vino, questo mare?”. “Non so: ma mi pare ci sia qualche vena rossastra” disse la ragazza. “L’ho sentito dire, o l’ho letto da qualche parte: il mare colore del vino” disse l’ingegnere. “Qualche poeta l’avrà magari scritto, ma io un mare colore del vino non l’ho mai visto” disse il professore; e a Nené spiegò “Vedi: qui sotto, vicino agli scogli, il mare è verde; più lontano è azzurro, azzurro cupo”. “A me sembra vino” disse il bambino, con sicurezza. “Il mare colore del vino” è una raccolta di racconti scritti fra 1959 e 1972 da Leonardo Sciascia, sicuramente uno dei più importanti scrittori siciliani e non solo. In uno di questi racconti un ingegnere in viaggio divide lo scompartimento del treno con una chiassosa famiglia meridionale. Tra tutti sarà il bambino Nenè ad affascinarlo grazie alla sua vivida intelligenza. Ed è proprio il bambino, mentre il treno viaggia lungo la costa, a dire che il mare ha il colore del vino. A volte gli occhi vedono ciò che la mente lascia vedere. La nostra immaginazione, la nostra voglia di guardare oltre materializzano forme e colori sorprendenti. Forse è proprio questo che ci aspettiamo di trovare tornando in Sicilia, un mare colore del vino le cui onde si infrangono sulle spiagge dei nostri sogni. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 5/2008

La Sicilia poi, un mare di vino lo è veramente con i suoi 120.000 ettari di vigneti che producono oltre 6 milioni di ettolitri di vino per un fatturato che supera 1 miliardo di euro. Sono numeri impressionanti, per dare una misura tangibile basta dire che la produzione vinicola siciliana supera quella del Cile con un potenziale equiparabile a quella dell’Australia e rappresenta da sola il 12% della produzione italiana. Eppure la Sicilia era ed è intrisa della storia del vino. Pur riconoscendo ai Fenici il merito di aver introdotto in tutto il Mediterraneo la coltura della vite, alcuni ritrovamenti sulle pendici dell’Etna fanno risalire la presenza della vite selvatica addirittura all’era terziaria. I quasi cinque secoli di presenza dei Greci poi, arrivati nel VIII sec. A.c. trasformarono la coltura della vite in cultura del vino facendo diventare i Siciliani dei maestri della viticoltura.

di Mario Del Debbio

«A me sembra vino» disse il bambino, con sicurezza

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Con il Cristianesimo molte vigne divennero proprietà della Chiesa che favorì la produzione di vino. Seguirono poi periodi di alterne fortune tra le invasioni barbariche che fermarono la coltivazione e lo spiraglio di luce del bizantino Belisario. Nell’800 arrivarono i Mori seguaci del Corano che vietarono la produzione ed il consumo del vino. Seguirono poi due secoli di rinascita sotto i Normanni fino a quando Carlo d’Angiò indusse a non impiantare vigne a cause delle eccessive tassazioni. Nuova prosperità con gli Aragonesi e gli Spagnoli che proseguirà fino a quella che forse rappresenta la vera ragione dell’esplosione della viticoltura in Sicilia: l’esportazione dei vini fortificati. Il Marsala commercializzato dall’in-

glese Woodhouse porta nuovi e grandi investimenti nella viticoltura isolana. Per il vero e proprio “miracolo siciliano” dobbiano attendere l’avvento delle grandi famiglie siciliane. Non possiamo non citare tra gli altri Duca di Salaparuta, Tasca d’Almerita, Donnafugata, Pellegrino, Planeta. Nomi oramai storici che hanno aperto la strada ad una miriade di piccoli produttori che stanno facendo conoscere il vino siciliano in tutto il mondo. Accanto ai vini di taglio internazionale a base di Cabernet Sauvignon o Chardonnay, si sono affiancati i rossi ed i bianchi autoctoni. Ecco allora il Nero d’Avola e il Catarratto, il Nerello Mascalese e l’Inzolia oltre ai già diffusi e noti Grillo e Zibibbo. Proprio il Nerello Mascalese rappresenta l’ultimo aspetto di questo miracolo siciliano. L’Etna si sta rivelando un Programma: territorio dalle potenzialità enormi. VENERDÌ 3 OTTOBRE Il vino prodotto su questi terreni Ore 16,30 Arrivo dei partecipanti e sistemazione in Hotel vulcanici ha stoffa da vendere, (Poggio del Sole Resort★★★★ - Mediterraneo Palace★★★★ Donnalucata Resort★★★★). tanto da indurre qualcuno a paragOre 19,30 Cerimonia inaugurale, saluto delle Autorità onarlo, per l’eleganza che esprime, presso Hotel Poggio del Sole Resort. ai grandi Nebbiolo del Piemonte e Ore 21,00 Cena di benvenuto presso il Ristorante Hotel Poggio del Sole Resort. Degustazione libera: “WINE AND THE SICILY”. perché no ai Pinot Neri della Rientro rispettivi Hotel e pernottamento. Borgogna. Avremo modo di scoprirSABATO 4 OTTOBRE li sabato 4 ottobre in una degusOre 9,00 Partenza per visita alla Cantina Gulfi, degustazione e pranzo. Ore 16,00 “Vini forgiati dal fuoco” Incontro Degustazione tazione che non a caso è stata chiacon i produttori di vino Etnei, presso la Sala Archi Hotel Poggio del Sole mata: “Vini forgiati dal fuoco”. Resort (per motivi organizzativi la partecipazione alla degustazione Sono sicuro che la suggestione creata guidata dovrà essere espressamente richiesta al momento della prenotazione). Ore 16,00 Escursione in terra Iblea da questo fantastico scenario renderà (per coloro che non partecipano alla degustazione). il nostro congresso indimenticabile. Ore 20,30 Cena tematica “il pesce azzurro” presso il Ristorante “Il Baglio”. Dalla Sicilia siamo sempre tornati Rientro nei rispettivi Hotel e pernottamento. DOMENICA 5 OTTOBRE con tanta voglia di fare. E di cose da Ore 9,30 Sala degli Archi Hotel Poggio del Sole Resort: fare in questa FISAR ce ne sono Riunione dei Delegati FISAR ancora molte. Il successo più imporOre 9,30 Visita nel comprensorio dell’Eloro DOC (per gli accompagnatori) Ore 13,00 Pranzo con ricette tipiche tante sarebbe quello di tornare semOre 15,30 Sala Archi Hotel Poggio del Sole Resort: pre più uniti. Solo in questo modo Concorso Sommelier dell’anno Ore 16,00 Visita guidata del Barocco di Modica. (per gli accompagnatori) potremmo finalmente concretizzare Ore 21,00 Ristorante dell’Angelo Hotel Poggio del Sole Resort: Cena di Gala. i nostri progetti e lavorare affinchè Al termine rientro rispettivi Hotel e pernottamento la FISAR assuma a livello nazionale LUNEDÌ 6 OTTOBRE quel ruolo di eccellenza che da 0re 9,00 Colazione e partenza per le rispettive destinazioni tempo ci compete. La Sicilia ci Il programma potrà subire variazioni che saranno comunicate aspetta con il suo mare colore del al momento della prenotazione. Per maggiori informazioni contattare: vino, un mare che come scrive KALOS CONVEGNI - Via Milano, 30 - 97019 Vittoria (RG) Sciascia: “non ubriaca, si impadroTel./Fax 0932 51 02 21 - Sig.ra Guendalina Maggiore email: info@kalosconvegni.it nisce dei pensieri, suscita antica Scaricare il modulo per la prenotazione dal sito: saggezza.” www.fisar.com oppure richiederlo alla Segreteria Nazionale FISAR

la produzione vinicola siciliana supera quella del Cile con un potenziale equiparabile a quella dell’Australia

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tel. 050 857105 - segreteria.nazionale@fisar.com

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diVinando 10 Torneo tra delegazioni FISAR per Sommelier e Degustatori

Parte il Torneo Divinando Divinando

Eliminatorie Settembre 2008 - Finali Ottobre 2008

FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI

Si svolgeranno Domenica 21 Settembre le eliminatorie del torneo FISAR Divinando nelle quali 12 delegazioni si sfideranno a colpi di calice, e saranno i pregiati calici della RCR Cristalleria Italiana di Colle Val d’Elsa, per contedersi l’accesso alla finale del 19 ottobre. Nella sede di Brescia, presso la Sala Canestrini del Museo Mille Miglia, sfida tra le delegazioni di Brescia, Pavia, Venezia, Treviso, Torino e Jesi, a Firenze nella Sala del Michelozzo dell’Hotel Sheraton combatteranno incece le delegazioni di Firenze, Valdichiana, Montecarlo, Livorno, Orvieto e Roma. Accederanno alla finale le prime tre delegazioni classificate di ogni sessione eliminatoria. Palcoscenico della finalissima la storica cantina della Carpenè Malvolti a Conegliano Veneto. Saranno proprio i maestri dell’Arte

Spumantistica a premiare i sommelier della delegazione vincitrice. Non poteva esserci scenario migliore per la prima grande finale di un torneo che ha tutte le carte in regola per diventare l’appuntamento più atteso dell’anno.

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