Il Sommelier n.1/2012 - Gennaio/Febbraio

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Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po”

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5,30 Anno XXX - Numero 1 - Gennaio-Febbraio 2012

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Creato nel 1994, il Concours Mondial de Bruxelles si é eretto, in qualche modo, a campionato del mondo del settore vino e alcolici, con piu’ di 6000 vini e alcolici messi in competizione, provenienti da tutto il mondo. Insieme, questi campioni rappresentano piu’ di 500 milioni di bottiglie messe in commercio. Composta unicamente da professionisti, la giuria del Concours Mondial, riunisce ogni anno i piu’ grandi professionisti internazionali del settore. Le circa 40 nazionalità rappresentate dalla giuria rappresentano una diversità che contribuisce alla unicità dell’evento. A chiusura dell’evento, solo quei vini che hanno ottenuto i migliori punteggi possono sperare di ottenere i prestigiosi riconoscimenti identificati nelle medaglie del concorso.

Il prossimo Concours Mondial de Bruxelles si svolgerà dal 4 al 6 maggio 2012 a Guimarães in Portogallo. Ogni azienda vitivinicola può partecipare con i propri vini al Concorso

per info: Karin Meriot +33 6 67 16 61 82 , per l’Italia http://www.concoursmondial.com email: italia@vinopress.com

Concours Mondial de Bruxelles Rue de Mérode 60 1060 Bruxelles - Belgio T.: +32 2 533 27 60 F.: +32 2 533 27 61


Lettera del Presidente - Nicola Masiello

Pag.

La nostra Europa - Roberto Rabachino

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In Famiglia

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News dal Mondo

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La segreteria comunica - Mario Del Debbio

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Alla Delegazione Valdichiana il Trofeo Divinando 2011 - Mario Del Debbio Il CTN comunica - Giorgio Pennazzato

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ENOGASTRONOMIA • TURISMO • CURIOSITà

Enoteca Italiana

Vini e uomini di Val Venosta - Davide Amadei

Il gran gusto del bollito misto - Enza Bettelli

Tendenze ben temperate - Meritxell Falgueras Febrer 190 Concorso Internazionale dei vini di montagna Virgilio Pronzati

Rifessioni sul tortellino - Giancarlo Roversi L'evoluzione dell'autoctono del piave: il Raboso - Karen Casagrande

Una birra di lusso - Luigi Terzago

Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV

Argentina: una realtà consolidata - Marco Ferrari

SCIENZA • TECNICA • APPROFONDIMENTI

Notizie dal mondo dell'enologia - Giuseppe Martelli

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Abbinamento cibo-vino - Alberto Giustarini

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Fisar in Rosa - Mariateresa Lanza

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sommario

Comunicazione Istituzionale

La Calabria e il Cirò Luca Iacopini e Massimo Bracci

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L’anno che verrà Il Presidente Nicola Masiello

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Non possiamo nascondere che iniziamo questo 2012 con tante incertezze

ncertezze legate all’economia e all’inadeguatezza di dare risposte politiche alle domande che giungono da tutte le componenti del nostro Paese. Fiducioso ed ottimista come sempre sono sicuro che supereremo brillantemente anche queste difficoltà. Almeno questo è il mio augurio sincero. Cambiando argomento, una certezza sicura questo 2012 ce lo porterà: la possibilità di festeggiare I NOSTRI PRIMI QUARANT’ANNI. Nel 2012 ricorre il 40° anniversario della nascita della FISAR, un quarantennale caratterizzato da tante fasi alterne, con qualche momento difficile arricchito da tanti momenti di gioia. Vorrei brevemente ripercorrere questo cammino portando la personale positiva esperienza di chi ha passato 38 anni della propria vita in FISAR. In questi anni ho visto crescere e consolidare la nostra associazione sino ad arrivare alle attuali 70 delegazioni sparse sul territorio nazionale con prospettive importanti anche a livello internazionale. Ho visto la crescita ponderale degli associati che da poche centinaia nel 1972 sono diventati le attuali migliaia e migliaia. Ho vissuto l’evoluzione qualitativa dei nostri percorsi formativi e della nostra didattica. Ho vissuto il riconoscimento giuridico della nostra federazione e l’asseverazione della nostra strategica importanza per il comparto enologico nazionale ed internazionale. Ho vissuto l’evoluzione della nostra rivista che da dignitoso house- organ di poche pagine è diventata una rivista di settore seguita ed influente. Ho registrato l’apprezzamento di tutte le componenti, produttive ed istituzionali, che ruotano a vario titolo nel complesso e fantastico mondo che ci appartiene. Ho, infine, percepito l’orgoglio dell’appartenenza di ogni nostro associato. E mi fermo qui anche se ci sarebbero ancora tantissimi piacevoli momenti che ho inserito nel mio album dei

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ricordi. Tanti momenti che mai ho vissuto da solo ma sempre condiviso con tutti le persone che a vario titolo hanno contribuito alla crescita della nostra associazione. La macchina delle celebrazioni come avete ben capito è già partita. Inizieremo dalla prossima Assemblea, ad aprile, a Livorno con una giornata dedicata a Volterra e le sue peculiarità. Volterra, città a cui la FISAR deve riconoscenza perché in quella città tutto ebbe inizio. Sarà il primo momento importante di quest’anno celebrativo. Sarà occasione per affermare con forza il nostro ruolo e la nostra presenza nel mondo del vino. Presenza fatta di tanta professionalità, serietà e giornaliera attenzione ai mutamenti in corso. Sarà il momento dell’orgoglio di appartenere ad una organizzazione che da 40 anni sventola la bandiera del rispetto nei confronti di tutti, senza mai urlare, senza mai assumere atteggiamenti arroganti, al costante servizio di tutti quelli che vogliono approfondire una loro passione o certificare la loro professionalità, dei produttori, dei distributori, dei somministratori e soprattutto dei consumatori finali. Quarant’anni possono sembrare pochi se li paragoniamo alla millenaria storia della vite. Permettetemi però una valutazione di carattere generale. Nel 1972 eravamo pochi ma con grandi progetti in mente e sogni da realizzare nel cassetto. Ora siamo in tanti e possiamo tranquillamente affermare di essere soddisfatti di quello che abbiamo fatto in questi anni, umilmente consapevoli di avere ancora molte cosa da fare e di avere ancora ampi margini di miglioramento. Concludo, care amiche e cari amici, nell’invito a ritrovarci a Livorno e a Volterra. A presto, dunque, per celebrare insieme i nostri primi quarant’anni!

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Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo

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La nostra Europa di Roberto Rabachino per comunicare con il Direttore: direttore@ilsommelier.com

Oggi paghiamo il costo della “non Europa” e siamo costretti a rigorose politiche di austerità perché siamo politicamente fragili.

È

vero: viviamo un momento di diffusa disaffezione nei confronti dell’Unione Europea. I cittadini si indignano per il fatto di subire scelte che vedono imposte dall’alto, decise da astrusi comitati di tecnici sapienti, privi di mandato popolare. L’opinione pubblica protesta contro decisioni che percepisce come violazioni di sovranità nazionale o addirittura commissariamenti esterni, lamentando il deficit democratico e l’esclusione dalle dinamiche decisionali. Credo che, oggi, per l’Italia l’azione dell’Europa sia un’opportunità di stimolo ed incoraggiamento perché si facciano finalmente quelle riforme che reticenze e veti incrociati ci hanno impedito di fare. Noi italiani, con il terzo debito pubblico al mondo, siamo da tempo coscienti della necessità di un riequilibrio generazionale, essendo insostenibile -oltre che immorale- una situazione che addossa agli incolpevoli figli la responsabilità dei padri. E

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in cui per giunta la generazione dei figli si trova a vivere -per la prima volta da tempo- in una condizione peggiore rispetto a quella dei padri. Noi italiani siamo consapevoli della necessità urgente di riforme in senso liberale per dare più competitività all’economia e assicurare concrete prospettive di futuro ai giovani delusi. D’altra parte, quando si scarica sulle Istituzioni europee il peso morale e politico di proprie responsabilità, non ci si accorge dell’ulteriore pericolo di contribuire a una spirale nella quale rischia di avvitarsi il superiore bene collettivo dell’Unione Europea. Senza l’euro oggi saremmo tutti più fortemente in preda agli effetti drammatici degli attacchi speculativi. Dovremmo essere più cauti nel criticarlo e più convinti nel sostenerlo, non tanto perché a essere in crisi non è l’euro, ma il debito sovrano, quanto perché dietro l’euro c’è l’intero progetto europeo.

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Riciclare i tappi in sughero: è “Etico”

a cura della redazione di Quality ADV

Amorim Cork Italia, azienda leader nella vendita dei tappi in sughero per l’imbottigliamento ha avviato un ambizioso progetto di raccolta e riciclo dei tappi in sughero che mette in moto un circolo virtuoso di beneficenza ed ecosostenibilità. Tra i partner aderenti all’iniziativa anche F.i.s.a.r.

Perché buttare nella spazzatura una materia preziosa come il sughero? I tappi in sughero si raccolgono e si riciclano grazie ad “Etico”, il box che mette in circolo l’amore per la natura, un progetto ideato dall’azienda coneglianese Amorim Cork Italia, leader nazionale nella vendita di tappi in sughero, che sta appassionando numerosi partner. Il ricavato della vendita dei tappi sarà destinato ad associazioni sul territorio anch’esse impegnate nella raccolta (come ad esempio “Fondazione Oltre il labirinto”, “A braccia aperte” e “Lotta contro i tumori Renzo e Pia Fiorot”)

mentre il sughero riciclato sarà recuperato per una delle sue tante applicazioni alternative, dal design alla bioedilizia. Avviato lo scorso giugno, il progetto “Etico” ha coinvolto dapprima le cantine del Veneto e quelle aderenti al Consorzio Chianti Classico e ha poi visto l’adesione entusiastica di numerosi altri attori tra cui anche i soci F.I.S.A.R. del Nordest (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori) che hanno già distribuito oltre 50 box tra le varie delegazioni, alcuni ristoranti e le sedi dei corsi, da Verona a Pordenone. Tutti i soggetti coinvolti raccoglieranno e consegneranno periodicamente quanto raccolto ad Amorim Cork per destinare l’intero ricavato a progetti di beneficenza attivi sul territorio. Il circolo virtuoso di solidarietà ed ecosostenibilità, insomma, è già ben avviato e rappresenterà un ulteriore tassello nell’impegno di Amorim Cork Italia per la salvaguardia del pianeta.

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Intervista a Manuela Piancastelli, produttrice in Campania di Mariateresa Lanza

Manuela Piancastelli, giornalista e scrittrice, enoappassionata, diventa produttrice di vino in una straordinaria terra del Mezzogiorno d’Italia, la Campania

Un percorso davvero curioso, ce lo racconta? Le cose più belle della vita si incontrano per caso. Ero solo una giornalista appassionata di vino e curiosa di storie umane quando “sono inciampata”, nel 1999, in Peppe Mancini. Peppe all’epoca era un avvocato che aveva riscoperto tre antiche varietà autoctone casertane, il Pallagrello bianco, il Pallagrello nero e il Casavecchia. Aveva prodotto le sue prime 700 bottiglie ed io volevo intervistarlo per Il Mattino, il quotidiano dove ho lavorato per vent’anni e nel quale sono stata per cinque anni responsabile della Redazione di Caserta. Peppe non voleva incontrarmi perché ero una critica molto “severa” e temeva il mio giudizio, l’ho cercato per quasi un anno, poi alla fine ci siamo incontrati e al primo sguardo ci siamo innamorati. All’inizio aiutarlo nella sua piccola avventura (all’epoca la sua aziendina era la Vestini Campagnano, dal cognome di sua madre) è stato un gioco che ci ha unito a tal punto che nel 2003, quando Peppe ha lasciato la sua vecchia azienda, abbiamo dato vita a Terre del Principe. Il nome nasce dal fatto che in quel momento difficile, di passaggio, avevamo solo la vignarella che avevo comprato quando l’ho conosciuto e io avevo il mio Principe. Poi la passione ci ha preso la mano e così dopo qualche anno Peppe, ormai per tutti divenuto “il principe”, ha chiuso il suo studio di avvocato e io mi sono licenziata dal Mattino diventando così vignaiola e…principessa.

Come è nata l’idea di recuperare e valorizzare dei vitigni autoctoni del Casertano, poco conosciuti come il Pallagrello e il Casavecchia? Il nonno di Peppe, Giuseppe Vestini Campagnano, era un ricco proprietario terriero di Castel di Sasso. Intorno a lui c’è in famiglia una vera e propria aura di leggenda. Amava le carte, i cavalli e le belle donne e per queste tre passioni bruciò tutti i suoi beni. Ad ogni festa comandata i suoi contadini gli portavano i doni della terra, tra cui bottiglie di vino da Casavecchia e Pallagrello. Peppe adorava (ricambiato) il nonno e aveva sempre conservato la memoria dei nomi di questi vini. Così, quando alla fine degli anni ’80 comprò una casa in campagna a Caiazzo, con un po’ di terra,andò in cerca di questi vitigni per ripiantarli intorno casa. Li trovò in una vecchia vigna prefillosserica di sua zia Rosa, da lì prese alcune marze e da quelle nacque quindi il primo impianto di Casavecchia e Pallagrello. L’unico progetto che c’era, all’epoca, era salvaguardare la memoria familiare e fare qualche bottiglia per casa, poi è nata la consapevolezza di avere tra le mani qualcosa di prezioso che andava salvato e recuperato non solo per sé ma per tutti. Ed è cominciata la vera avventura, a lieto fine anche perché c’è stato l’incontro con Luigi Moio, docente di Enologia all’università Federico II e nostro consulente (e compare di nozze!!!). Moio era alla fine degli anni ’90 responsabile degli studi sui vitigni autoctoni della

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Manuela Piancastelli in vigna

Regione Campania: con lui è partito il lungo percorso di ricerca, le microvinificazioni, gli studi ampelografici e genetici su queste varietà che hanno poi consentito l’ingresso dei tre vitigni nel Catalogo nazionale delle uve da vino. Senza Luigi Moio non avremmo fatto tanta strada. Nell’azienda “Terre del Principe” vengono prodotti vini solo da vitigni autoctoni, con l’esclusione di quelli internazionali. Perchè? Pur non avendo direttamente partecipato alla riscoperta di Casavecchia e Pallagrello, si può dire che io li abbia adottati in fasce….Quindi Peppe ed io ci sentiamo un po’ il papà e la mamma di questi vitigni, non potremmo mai tradirli per altre uve, neanche per altri autoctoni campani. Posso dire con orgoglio di “madre” che finché vivremo non entrerà mai in cantina un chicco d’uva di altre varietà. È un impegno d’amore: il Pallagrello e il Casavecchia hanno cambiato le nostre vite almeno quanto noi abbiamo cambiato il loro destino.

Ci vuole parlare dei vini che produce e delle loro caratteristiche organolettiche? C’è da dire innanzitutto che si tratta di vini formente identitari. Una volta conosciuti il Pallagrello e Casavecchia, è difficile confonderli con vini da altre varietà. Quindi sono vini che si amano o si odiano, proprio come le persone con spiccata personalità. Produciamo due bianchi da Pallagrello bianco, il Fontanavigna che fermenta in acciaio e Le Sèrole, che fermenta in barrique. Il Pallagrello bianco è un vino molto piacevole, con un giusto equilibrio fra freschezza e morbidezza ed un intrigante corredo aromatico di frutta esotica. Dalle due varietà rosse in blend produciamo poi il Roseto del Volturno, un rosato dai profumi delicati, secco e di ottima struttura e il Castello delle Femmine, un blend paritario che per me è una sorta di ingresso didattico nel mondo del Pallagrello nero e del Casavecchia. Il primo è infatti un vino elegante, con speziature e tannini setosi mentre il Casavecchia è un vino potente, più rustico, con meravigliosi profumi di sottobosco. Dal Pallagrello nero in purezza nasce poi l’Ambruco e dal Casavecchia il Centomoggia. A quest’ultimo vino partecipano le uve provenienti dalla vigna centenaria di zia Rosa. Infine, il vino del mio cuore, il Vigna Piancastelli,

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70% Pallagrello nero e 30% Casavecchia, cru dalla mia vignarella, un vino morbido ma fresco, elegante ma sontuoso. L’ultimo nato (in tutti na casa in campag sensi) è però il Sasso di Riccardo, passito di Casavecchia da abbinare al Conciato romano de Le Campestre, che nasce dall’unica vignarella di Castel di Sasso ereditata da Peppe da suo nonno e donata al nipotino Riccardo nato nel dicembre 2010. Quali iniziative propone per sviluppare le visite nella sua cantina e nel suo territorio? Noi facciamo un grande lavoro di enoturismo, tra l’altro sono stata per tre anni presidente del Movimento Turismo del Vino della Campania (oggi sono vicepresidente) e sono convinta assertrice dell’importanza di questo comparto. Abbiamo un piccolo bed&wine molto amato dai turisti stranieri, siamo aperti la domenica a pranzo con menu basati sulle eccellenze del territorio in armonia con i nostri vini e siamo sempre disponibili alle visite e alle degustazioni. Da sei mesi poi la nostra bottaia storica del cuore di Castel Campagnano, una vera e propria cattedrale a 15 metri di profondità nel ventre della terra dove affinano i vini rossi, è diventata meta di “pellegrinaggio” di centinaia di appassionati. Durante l’anno facciamo una serie di eventi, mostre d’arte, concerti di musica classica, presentazione di libri, serate a tema per far conoscere i nostri vini ma soprattutto la nostra terra, un meraviglioso angolo di Campania che pochi conoscono. Naturalmente si potrebbe fare di più se si potesse contare su una vera “rete” territoriale. Quale è il contributo che le donne della sua terra offrono al mondo del vino? Io non amo gli stereotipi, quindi dico senza problema che tra le donne – esattamente come tra gli uomini ce ne sono tante di valore e tante che valgono poco. Ho una grande esperienza nel mondo del lavoro, sono entrata nel giornalismo quando era un mondo esclusivamente di uomini e lo stesso mi è accaduto, tutto sommato, nel mondo del vino. Quindi mi scuserà se non tesso lodi sessiste “a prescindere”. Quando le donne valgono, però, sono spesso più ricche interiormente degli uomini, più creative e portate alla comunicazione e all’organizzazione. Tuttavia mi sembra che molti produttori oggi usino le loro donne (mogli, sorelle, figlie) come specchietto per le allodole. Mi ca-

pita talvolta di sentire parlare dei loro vini “produttrici” che non sanno neanche che uve hanno in vigna e mi chiedo: perché diavolo si mandano in giro queste poverine? E soprattutto perché loro accettano di fare solo tappezzeria? Ma questa è una cosa sulle donne che mi chiedo da quando sono nata. Cosa significa comunicare il vino? Per un produttore significa raccontare la verità, non avere paura di dire che un’annata non è stata buona, non inventarsi storielle per correre dietro alle mode. Significa avere come interlocutore innanzitutto la propria coscienza e lo so che qui andiamo sul difficile, ma senza coscienza non si può amare veramente la natura, né la terra né la fatica e quindi che vignaiolo si può mai essere? Per un giornalista comunicare il vino è raccontare senza pregiudizi, con il coraggio di non cedere né al gusto della polemica né alla piaggeria, avendo l’umiltà di essere critico senza ferire l’interlocutore. Esercitare il diritto di critica, insomma, senza per questo dimenticare il rispetto. E studiare un’intera vita per tentare di essere all’altezza di chi si critica e di chi ti legge. Per un sommelier significa parlare di un vino mettendoci l’anima, cercando di entrare dentro la testa e il cuore di chi quel vino lo ha prodotto. Il sommelier è spesso il trait de union più importante fra produttore e appassionato e il suo è un compito assai difficile perché può far amare o odiare un vino, deve capire di psicologia e di passioni. Perciò è importante che i sommelier visitino le cantine, conoscano i produttori, le loro storie e ne comprendano, quando c’è, l’autenticità. Perché alla fine è quella che devono saper poi raccontare.

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Pellegrino

Atmosfere di Sicilia

Dal 1880 il nostro marchio è sinonimo di Sicilia. Grazie alla storica produzione di Vini Marsala, liquorosi dolci e di Pantelleria. Oggi siamo in grado di vantare una consolidata esperienza anche nel campo dei vini da tavola, con un’ ampia gamma di bianchi e rossi ideali per ogni occasione di consumo.

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Enoteca Italiana di Siena Una storia importante. di Valentina Niccolai

Intervista a Claudio Galletti, Presidente Enoteca Italiana di Siena

www.enoteca-italiana.it L’Ente nazionale vini - Enoteca Italiana, istituzione pubblica unica nel suo genere nel nostro Paese, nasce (cinquanta anni fa) dall’Ente Mostra Mercato Nazionale dei Vini a DOC e di Pregio, istituito nel 1933 e riconosciuto con Decreto del Presidente della Repubblica nel 1950. È il più antico ente nazionale per la promozione del vino e più in generale dei prodotti tipici del nostro made in Italy. A Siena, nella suggestiva sede, i bastioni di nordest della Fortezza Medicea - imponente e insieme armoniosa testimonianza dell’architettura militare cinquecentesca, costruita dall’urbinate Baldassarre Lanci per Cosimo I de’ Medici - sono esposti, in mostra permanente, oltre 1.600 vini, rigorosamente ammessi da una Commissione Giudicatrice, prodotti da oltre 600 aziende, che ora, grazie ad un sistema di informatizzazione avanzato e unico nel suo genere, “dialogano” con il visitatore attraverso un sistema multimediale fornendo un significativo spaccato del mondo vinicolo italiano. L’Enoteca Italiana ha lo scopo di far conoscere, valorizzare e promuovere i grandi vini e la realtà vitivinicola nazionale. Proprio la “Mostra

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nazionale di vini tipici” che si teneva negli anni Trenta a Siena, curata dall’Ente, è l’antesignana dell’odierno Vinitaly di Verona (e al quale Enoteca Italiana continua a collaborare). Si tratta, ancora oggi, di una delle esperienze più curiose e ardite nel mondo del vino italiano.

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Enoteca Italiana tra Futurismo e modernità espositiva. All’Enoteca Italiana durante la “Mostra nazionale di vini tipici” era stato organizzato un concorso di poesia con una giuria presieduta da Filippo Tommaso Marinetti che porta nel mondo enologico la forza dirompente del futurismo, segnando una delle prime “contaminazioni” documentate fra vino (allora assai lontano dall’immagine che ha oggi) e la cultura “alta”. I futuristi esplorarono ogni forma espressiva, dalla pittura alla scultura, dalla letteratura (poesia e teatro), senza tuttavia trascurare la musica, l’architettura, la danza, la fotografia, il nascente cinema e persino la gastronomia. Il vincitore fu Lorenzo Viani con la poesia “Sarabanda del vino”. Mario Verdone, grande storico del futurismo e testimone diretto dell’episodio, ha ricordato recentemente che “Marinetti di fronte a tutti quei vini si esaltò e disse: ‘Qui bisogna fare un concorso di poesia bacchica, amorosa e guerrierà. Ho anco-

ra il programma di quel concorso. Vennero tantissimi personaggi, da Lorenzo Viani di Viareggio al mitico Farfa da Savona. E poi Silvio Gigli, Tina Cucini che scrisse L’Aeropoema delle Torri di Siena. La sera della premiazione ero accanto a Marinetti che recitava: ‘Il Brunello è benzina..’. Vinsero ex aequo Viviani e Farfa. La poesia di Farfa diceva: Venni vidi viti”. Quel concorso ebbe vita breve, durò appena tre edizioni, poi il futurismo si eclissò, scoppiò la guerra e nessuno ebbe più la voglia di ricordare quegli anni. Ma quell’esperienza resta unica nel suo genere. Gli stessi padiglioni di quelle mostre organizzate dall’ente vini erano opere d’arte. L’architetto livornese Virgilio Marchi, figura di spicco del Futurismo italiano, curò l’allestimento delle tre edizioni della Mostra mercato dei vini tipici d’Italia negli anni trenta e i connessi studi per i lavori di ristrutturazione della Fortezza medicea. Marchi per non alterare l’aspetto naturale del luogo realizzò padiglioni di altezze variabili (dai cin-

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speciale que ai sette metri) che inserì sotto le fronde degli ippocastani per creare un movimento di pianta e un gioco di quote variabili. L’effimero villaggio espostitivo – così veniva chiamato in modo futurista - si configurava come luogo di incontro, cui da tutt’Italia afferivano artisti di diversa formazione ed estrazione chiamati a decorare i singoli padiglioni regionali. Episodio poco noto della storia vitivinicola del secolo appena trascorso e dai suoi inediti risvolti artistici e culturali, la mostra mercato dei vini tipici d’Italia degli anni Trenta fu un evento apprezzato solo da un ristretto pubblico di cultori. Un incontro fra il mondo del vino e le più moderne tenden-

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ze che in quel momento alimentavano la cultura italiana. Una perla nella lunga collana della storia del vino che oggi merita di essere riscoperta. Nel corso dell’ultimo decennio molto è stato fatto affinché l’Ente Autonomo Mostra Vini - Enoteca Italiana si trasformasse in modo da affrontare il futuro con una organizzazione sempre più aggiornata e far fronte alle funzioni che un’istituzione pubblica deve saper concretizzare. Quindi è stato condotto un lavoro di aggiornamento strutturale ma soprattutto dal punto di vista tecnologico, che ha prodotto i suoi risultati dando vita alla nuova Mostra Permanente, la prima ed unica sul territorio nazionale, ma anche a livello

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internazione, che offre la possibilità, attraverso un complesso software, studiato e sviluppato in collaborazione con l’Università di Siena, di conoscere, attraverso un palmare, tutti i dati riferiti alle 348 Denominazioni di Origine e 118 Indicazioni Geografiche riconosciute in Italia, nelle principali lingue straniere, tra cui il giapponese. La mostra “ParladiVino”, è l’unica al mondo consultabile attraverso un sistema “palmare”, audiovisivo, mediante il quale i visitatori possono scegliere le etichette, conoscere la tradizione e i territori dei vini, pianificare la degustazione e passare direttamente all’acquisto. All’ingresso il visitatore verrà dotato di un palmare, attraverso il quale, indirizzandolo sulla bottiglia in esposizione, attraverso un codice a barre, la bottiglia “inizia a parlare”, attraverso una presentazione audiovisiva, anche in lingue, che descrive le caratteristiche del prodotto. L’esposizione permanente, attraverso il nuovo sistema digitale, guida quindi il visitatore in un percorso dove riceve tutte le informazioni riguardanti le varie Denominazioni riconosciute, dati topografici con relative mappe territoriali, disciplinari di produzione, i vitigni principali, le caratteristiche qualitative ed organolettiche dei vini, i riferimenti dell’azienda produttrice, la scheda tecnica del vino in oggetto ed, infine, al termine del percorso, oltre alla possibilità di poter degustare ed acquistare i vini preferiti, viene stampata una scheda con un codice di riepilogo della visita. Appositi totem dislocati nei locali della mostra, danno informazioni più dettagliate ed approfondite, come l’abbinamento per territorio, alla fine del percorso, il visitatore avrà l’opportunità di stampare una scheda con un codice visita. I vini esposti nell’Enoteca costituiscono una selezione rappresentativa dell’intera produzione nazionale di qualità: vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG), a Denominazione di Origine Controllata (DOC), a Indicazione Geografica Tipica (IGT), vini da tavola di particolare pregio, compresi spumanti e vini

speciali, distillati e liquori tipici. L’importanza di un ente storico, internazionalmente riconosciuto e stimato per la propria capacità e serietà. In un panorama frastagliato di mille promotori del vino, quanto conta essere rappresentati da una tale Istituzione? Claudio Galletti. “Enoteca Italiana è un’istituzione, un ente di diritto pubblico, universalmente riconosciuto, ambasciatore del vino italiano nel mondo e questo per me è motivo di prestigio e orgoglio esserne il presidente. Enoteca italiana ha anticipato di decenni una cultura, quella del vino, che solo negli ultimi dieci anni si è diffusa. Portiamo nel mondo il valore del vino: il vino è un segno della nostra civiltà e della cultura italiana, un veicolo moderno della qualità di vita, che segna i nuovi stili di vita, è un valore identitario e culturale dei nostri territori rurali, un patrimonio di rilievo ambientale e passatistico caratterizzato da una forte sostenibilità dei territori di produzioni. Noi abbiamo accompagnato le aziende durante la nascita dei Consorzi (negli anni ’60-’70), abbiamo contribuito ad istituire le denominazioni di origine impendendo l’esportazione di sistemi produttivi. Le denominazione d’origine salvaguardano il prodotto nato in un determinato territorio.

Quale dialogo o collaborazione avete con Unione Italiana Vini? E con il Ministero dell’agricoltura? L’unione Italiana Vini è nostro socio, uno dei soggetti più importante dlela fliera, con loro organizzainmo eventi e promuoviamo il Made in Italy. Con Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali da anni c’è un sistema di fiducia. Loro ci chiamano per promuovere il vino italiano nel mondo. Con loro siamo stati alle Olimpiadi a Vancouver, all’Expò di Shanghai, alla Maratona Internazionale di Madrid, a Catania alle Olimpiadi di Scherma e in Giappone a Italian Week. Il ministero da otto anni finanzia il progetto Vino e Giovani.

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Uno sguardo al futuro. VINO E GIOVANI: cos’è e perché è nato? Ai ragazzi tra i tra i 18 e i 30 anni di età è dedicata Vino e Giovani, la campagna di educazione alimentare e comunicazione per le nuove generazione di Enoteca Italiana e Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in partnership con il progetto europeo WineInModeration. Art De Vivre. La mission del progetto, che considera il vino al pari di un materia di studio, è quella di trasmettere un messaggio positivo sul consumo consapevole e moderato di un bevanda dalla cultura secolare come il vino, proposto ai giovani in sedi come le università in cui la formazione delle nuove generazioni avviene secondo canoni di insegnamento autorevoli, scientifici ed efficaci: un format di comunicazione e formazione del mondo del vino, ideato e creato su misura dai giovani stessi – con il coinvolgimento di 20mila ragazzi di 13 università italiane che attraverso convegni, degustazioni libere e guidate, momenti di intrattenimento con un testimonial scelto tra il mondo dello spettacolo e della musica, propongono le loro idee e si confronto. Protagonisti i messaggi legati all’idea positiva che il consumo consapevole e moderato di una bevanda come il vino, dietro la quale si celano storia, tradizione, cultura dei luoghi, dei cibi e dei prodotti dei territori, nonché dei rapporti tra le persone, possa essere proposto ai giovani. Alle proposte degli under 30 per dare un nuovo volto alla comunicazione del vino è dedicato il concorso di idee Perbacco che quest’anno è diventato un concorso video. Vino Giovani insieme al testimonial l’attore Beppe Fiorello, IBLAFILM e il Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI), ha ideato Reason Wine: idee per bere con gusto!, un concorso video per raccontare, attraverso i linguaggi della fiction, della animazione e del mockumentary, il vino come il protagonista della realtà italiana e dello stile di vita del nostro Paese, come strumento di socializzazione e di diffusione della cultura del bere responsabile.

Il video vincitore del Premio della Giuria, presieduta dal regista Edoardo Winspeare, è stato proiettato al Festival di Venezia. Per questa nuova edizione il progetto inizialmente approda in Abruzzo, 14° regione coinvolta, esattamente a Teramo al Campus Universitario di Coste Sant’Agostino. L’appuntamento organizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Teramo, la Regione Abruzzo e l’ Amministrazione Provinciale locale porrà la sua attenzione sulla comunicazione del vino in particolare quella realizzata dai giovani per i giovani utilizzando anche canali alternativi a sostegno di un messaggio positivo sul consumo consapevole e moderato di una bevanda dalla cultura secolare quale è il vino per il nostro Paese. A confrontarsi con i giovani abruzzesi nel talk show “La comunicazione del vino: idee a confronto” (Aula Magna ore 9), moderato giornalista del Tg1 Attilio Romita, saranno importanti personalità primo fra tutti l’attore Beppe Fiorello, testimonial del progetto. Il rapporto tra le nuove generazioni e il vino, nei suoi diversi aspetti, nell’ambito del progetto “Vino e Giovani”, è inoltre oggetto ed argomento di indagini sociologiche e statistiche, affidate con borse di studio a ricercatori del Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Siena, raccolte nella collana “I Fogli di Bacco”. Ideati quindi per diffondere i risultati delle ricerche, ma anche per approfondire tematiche culturali diverse, “I Fogli di Bacco” si presentano con grafica e colori accattivanti, ed è possibile richiederli a titolo gratuito, una copia di ognuno. Anche il web è uno strumento di comunicazione decisivo per il progetto Vino e Giovani che attraverso il suo sito www.vinoegiovani.it si è arricchito di un blog per dibattere sulle problematiche legate al rapporto tra le nuove generazioni e il vino Il progetto Vino e Giovani si avvale della collaborazione delle Regioni, delle Università, del Movimento Turismo del Vino e dell’Associazione Giovani Imprenditori Vinicoli Italiani (AGIVI).

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Enoteca Italiana di Siena

Promozione e commercializzazione del vini italiano all’estero Intervista a Fabio Carlesi, Segretario Generale di Enoteca Italiana di Siena di Valentina Niccolai

www.enoteca-italiana.it Enoteca Italiana dal 1933 è un'importante Istituzione per la promozione della nostra enologia. Il Segretario Generale Fabio Carlesi fa un bilancio dei risultati conseguiti nel comparto estero. Enoteca Italiana vanta al suo interno un efficiente ufficio export che da anni ha sperimentato workshop all’estero, incoming di buyers e stampa specializzata, fiere e quanto necessario per facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta delle aziende produttrici di vino associate ad Enoteca Italiana. Un percorso collaudato con successo, iniziato con i paesi dell’Europa classica. Ma il panorama dello sviluppo del mercato del vino guarda ad altri mercati in forte crescita, in cui la domanda del vino italiano subirà forti incrementi nei prossimi anni. La Cina ad esempio, entro il 2014 diventerà il sesto mercato al mondo per consumo di vino, con un incremento previsto in 4 anni del 19,6% annuo. Si prevede un aumento del consumo dei vini rossi del 36,4% entro il 2012 e un maggior incremento dei vini bianchi che si attesterà intorno al 38%. Un paese in cui è difficilissimo entrare: non basta-

no le fiere e qualche contatto sporadico ma è necessario un intervento strutturato, di forte peso, diretto anche ad aspetti pratici quali formazione, degustazioni, apertura punti vendita. Quali i risultati raccolti fino ad ora. Novità 2012 per la Cina? Enoteca Italiana grazie ad una geniale intuizione ed a una proficua collaborazione con Regione Toscana e gli enti senesi nostri soci, (Provincia di Siena, Comune di Siena, Camera di Commercio di Siena) 4 anni fa, considerando le potenzialità future del mercato cinese decise di aprire una società di diritto cinese: Shanghai Yishang Wine Business Consulting. La società, grazie alla professionalità di un personale esclusivamente locale, ha avuto il compito di promuovere, in una prima fase il vino toscano, e poi quello italiano e di informare e formare gli operatori cinesi. Da allora sono stati fatti molti passi in avanti, abbiamo quest’anno modificato lo statuto e, aldilà ed accanto a quelle che sono state le sue iniziali competenze istituzionali, ora svolge anche un’im-

portante funzione commerciale. Lei mi chiede se sono soddisfatto della realizzazione di Yishang? La risposta è sì ed è netta. La nostra società, nata nel cuore di Shanghai è ormai un punto di riferimento importante. Diverse aziende grazie ad Yishang sono presenti e vendono nel mercato cinese. Mass media, importatori, mondo della ristorazione e dell’hotellerie di Shanghai e di altre città asiatiche sono i principali interlocutori che attraverso noi, si informano e conoscono le aziende del vino che si stanno affacciando nel mercato dell’ex Impero Celeste. Quest’anno poi sono stati con-

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clusi importanti accordi commerciali in Cina, sempre grazie al nostro braccio operativo di Shanghai. Vorrei anche sottolineare lo sforzo e il successo di progetti che sono nati in un paese in cui la cultura, per tradizione, è sicuramente diversa dalla nostra; le loro bevande sono infatti l’alcol di riso, il tè e la birra. Ma ritornando agli accordi conclusi a Pechino lo scorso 22 Ottobre abbiamo siglato, a Pechino, un protocollo di collaborazione strategica con il presidente della Beijing Zhengyuan Youshi (società leader per la distribuzione del vino italiano), Mr. Sen Liu, noto industriale e finanziere cinese. L’accordo prevede la fornitura di servizi da parte di Enoteca Italiana (formazione del perso-

nale, promozione, progettazione della wine-list e gestione del rapporto con le aziende italiane) per la costituzione di un network di 100 enoteche, 20 delle quali operative entro il 2011. Altro accordo importante è “Vinopolis”. La Shanghai Alcool Circulation Trade Association Wine Committee Wine Union ha intenzione di costituire una grande piattaforma per l’importazione e la distribuzione dei vini italiani in Cina, avvalendosi del knowhow di Enoteca Italiana, e una piattaforma permanente di comunicazione fra i consumatori cinesi e produttori italiani, costituendo diversi canali di vendita, una sorta di Vinopolis, con lo sviluppo di propri distributori.

Inoltre a luglio 2011 si è dato vita al progetto ‘Contaminazione tra cibo cinese e vino italiano’. In questo contesto Yishang, sta realizzando corsi di formazione e informazione rivolti a direttori, sommelier e chef dei ristoranti più upscale che avranno a disposizione per i clienti una special wine list, con le eccellenze conosciute, inizialmente toscane e dopo tutte rigorosamente “Made in Italy”. La nostra sede di Shanghai è inoltre costantemente attiva sul fronte della promozione. Basti pensare che solo nelle ultime due settimane si sono svolti eventi promozionali e workshop per i consorzi del Vino Nobile di Montepulciano, del Brunello di Montalcino (foto 1

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Dopo la Cina apertura al Brasile e Giappone: esistono altri progetti 2012 per il comparto export? La scelta che ha fatto l’ente di investire in Brasile e in Giappone è stata anche una scelta strategica, una scelta di opportunità come d’altronde è stata quella della Cina. Le aziende, in Europa o anche negli Stati Uniti, sono più autonome, più indipendenti ed il mercato europeo è considerato ormai un mercato “domestico” e quello americano è senz’altro un mercato conosciuto. Abbiamo così deciso di rivolgerci al Brasile e al Giappone perché sono mercati lontani,ma emergenti con grandi possibilità di sviluppo e soprattutto hanno recepito bene le nostre attività promozionali. In questo contesto vorrei dare merito alla delegazione delle Donne del Vino, capitanate dal nostro vice presidente Donatella Cinelli Colombini, che ha svolto in Brasile un ottimo lavoro, con un ruolo da ‘apripistà in un momento in cui il Brasile non era ancora di moda. C’è stato un grande interesse per le nostre Doc, insomma un successo per il vino italiano e per le tante etichette che sono state pro-

tagoniste di importanti incontri con operatori del settore, giornalisti e con i responsabili food and beverage dei maggiori ristoranti. Inoltre gli workshop hanno permesso sostanziose relazioni tra aziende e importatori e operatori provenienti da diverse province del Brasile. Un vero e proprio “B2B”, un incontro diretto tra importatore e produttore in un mercato, quello brasiliano, che è diventato una nuova e grande opportunità per i vini italiani. Il Giappone non è un mercato, ora come ora, in forte espansione ma ha grandi potenzialità. L’anno scorso ci eravamo impegnati per la realizzazione di una carta dei vini da presentare a Tokyo ma purtroppo gli eventi catastrofici che hanno colpito quel Paese ci hanno costretto a rinviare il progetto. Siamo comunque stati chiamati dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali per promuovere il vino italiano all’interno di Italian Week. I principali marchi concentreranno nella settimana che va dal 21 al 27 novembre le loro proposte promozionali per presentare l’eccellenza della produzione vinicola italiana in Giappone. La manifestazione è stata chiamata “3000 anni di vino italiano” - in onore degli anni di storia che il vino ha nel nostro paese e fa parte del calendario degli eventi di “Italia in Giappone 2011”. L’iniziativa si prefigge l’obiettivo di illustrare agli operatori del settore la varietà e qualità dei nostri vini, di stimolarne l’interesse, introducendo ed educando il consumatore giapponese alla ricca varietà qualitativa della produzione italiana. Alla promozione prenderanno parte 12 organizzazioni, tra Consorzi ed enti, che

porteranno in Giappone 150 aziende italiane e organizzeranno circa 18 eventi presso le più prestigiose location di Tokyo, inclusa la Residenza dell’Ambasciata. Secondo le stime si prevedono oltre 1000 invitati, una massiccia presenza della stampa di settore, oltre a importatori, distributori e sommelier. E noi saremo lì per dare la nostra consueta collaborazione organizzando alcuni seminari. A proposito di Giappone vorrei comunicare una mia sensazione positiva: il turismo giapponese in Italia si sta lentamente riprendendo, tanti sono i visitatori che ci vengono a trovare a Siena nella nostra splendida sede storica e, conclusa la visita, è difficile che escano dalla Fortezza senza aver acquistato vino che noi provvediamo a recapitare nel loro Paese, confermando ancora una volta quanto è importante il legame tra territorio di produzione e prodotti e quanto all’estero questo venga apprezzato.

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e 2), del consorzio Puglia Best Wine, per la Regione Sicilia oltre che per singoli produttori. Le aziende interessate a ricevere maggiori dettagli possono contattare il nostro Export Manager Giovanni Pugliese (giovanni.pugliese@enotecaitaliana.it) che è a diposizione per qualsiasi tipo di informazione sulle nostre attività e saprà dare le giuste risposte alle aziende che vogliono investire in quel mercato.

È soddisfatto di Enoteca Italiana? Certamente sì sono soddisfatto, ma soprattutto orgoglioso di essere Segretario Generale dell’Ente che dal 1933 contribuisce a valorizzare il vino italiano nel mondo. Ribadisco con orgoglio la mia appartenenza ad Enoteca Italiana, specialmente ora che stiamo assistendo nella promozione ad una confusione tipicamente italiana: tutti fanno tutto, mettendo in evidenza spesso approssimazione, inesperienza e scarsa professionalità. Ecco, di questo stato confusionale il nostro settore e soprattutto il nostro Paese non ne hanno bisogno se vogliamo salvaguardare l’inestimabile valore del “made in Italy”.

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Enoteca Italiana

La ricca offerta di eventi e la ristorazione di qualità speciale

Intervista al Direttore Salvatore De Lio

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di Valentina Niccolai

www.enoteca-italiana.it Enoteca Italiana, nella città del Palio, all’interno dell’imponente Bstione San Francesco, Fortezza Medicea del ‘500, rappresenta il cuore pulsante dell’enologia italiana, fucina di eventi, struttura accogliente grazie anche al proprio wine bar e al ristorante interno di cui si stanno accorgendo gourmand di rilievo. Il programma fitto di appuntamenti è curato dal Direttore Salvatore De Lio Come è possibile gestire in modo moderno e creativo un’esposizione di 1600 etichette? La gestione della mostra è molto semplice, perché tutte le aziende che ne fanno richiesta possono aderire al nostro Ente. Tutti i vini per essere ammessi, devono superare un test d’ingresso, vengono degustati in forma anonima da un’apposita commissione, formata da 7/11 commissari, che li degusta alla ceca, tutti i prodotti che superano gli 80/100, si possono associare. Difficile orientarsi per un enoapassioanto? Direi che è molto semplice, grazie all’aiuto del nostro sistema interattivo “Parladivino” la prima ed unica mostra a livello internazionale, che permette questo tipo di visita. Il nuovo sistema digitale, attraverso l’ausilio di un palmare, offre l’opportunità di fare un giro virtuale attraverso l’Italia del Vino, per conoscere le produzioni e i prodotti di eccellenza del bel paese, il visitatore verrà guidato in un percorso e riceverà tutte le informazioni riguardanti le varie Denominazioni riconosciute, dati topografici con relative mappe territoriali, disciplinari di produzione, i vitigni utilizzati, le caratteristiche qualitative ed organolettiche dei vini, i riferimenti dell’azienda produttrice, la scheda tecnica del vino in oggetto, le disponibilità e il prezzo di vendita, nonché gli abbinamenti con i piatti tipici del territorio ed in fine, al termine del percorso, avrà la possibilità

di poter degustare ed acquistare i vini preferiti. Quante persone all’anno accoglie tale mostra? Mediamente le presenze si aggirano tra le 4000/5000 persone al mese, che vengono nella fortezza medicea, per scoprire nuove etichette, oppure trovare le aziende più blasonate. Non di secondaria importanza, sono le visite che vengono fatte sul nostro sito istituzionale e quello www. parladivino.it, dove si possono trovare tutte le informazioni che si trovano nella mostra, abbiamo mediamente 20/25.000 utenti unici al mese, di cui circa il 30/35 % stranieri. Quali i vantaggi ad essere presenti per un produttore? La nostra struttura con la Mostra sicuramente è la vetrina del Vigneto Italia, visto la presenza di più di 700 aziende di tutte le regioni italiane. Un primo motivo, anche in considerazione dei numeri di cui parlavo prima, è quello della promo-

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zione, ma poi Le ricordo che, tutti i vini associati all’Enoteca Italiana, vengono inseriti, nella carta dei vini del Wine Bar, del Ristorante e coinvolte in tutte le attività che Enoteca organizza direttamente, o con i partner istituzionali, come il Ministero delle Politiche Agricole e Alimentare, le associazioni nazionali. Solo per esempio, le ultime partecipazioni sono quelle all’Expo universale di Shangai 2010, alle Olimpiadi di Vancouver, ai mondiali di calcio in Sud Africa, al Vinitaly, e quella di pochi giorni fa a Tokio in occasione dell’Italian Wine Week. A febbraio 2012 Enoteca Italiana celebra “Le stagioni dell’Olio”: esiste quindi una carta degli oli oltre che dei vini e si tratta di un evento puramente istituzionale o anche promo commerciale? Quando si parla di enogastronomia non si può non parlare di Olio, il prodotto base della dieta mediterranea, iniziato nel 1996, ha lo scopo di promuovere gli oli exstravergini di oliva italiani, che vede si una parte istituzionale ma soprattutto di promozione e commerciale, attraverso

mini corsi di degustazione, cene degustazioni, i carrelli degli Oli nella ristorazione, perché come per il vino, ad ogni piatto si può abbinare un olio, che meglio esalta le qualità olfo/gustative. A chi è rivolto? Come fanno a partecipare le aziende olearie? È rivolta sia alla ristorazione con il, Cooking for Olive Oil, presentato dal giornalista gastronomo Luigi Cremona. Otto Celebrity Chef nel corso dell’intera giornata si alternano per dare vita, come in un vero e proprio spettacolo teatrale, con divertenti tecniche evolute, ai tanti modi di utilizzare l’extravergine in cucina. Gli chef mostrano come si può usare l’Olio da 0° a 200°, attraverso le diverse tecniche, ma con eventi per il consumatore che possono assaggiare più 150 tipologie di extravergine. Le aziende possono aderire inviando dei campioni che verranno utilizzati in tutte le attività programmate. La Settimana dei Vini: come si svolge e quali novità per il 2012? Come sempre è un momento d’incontro, dove

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ci saranno momenti convegnistici, spazi di approfondimenti sulle varie tematiche che più interessano i produttori, ma anche l’occasione per degustare i grandi vini, considerate che mediamente mettiamo in degustazione circa 1000 etichette delle nostre aziende associate. Sulle novità del prossimo anno non posso dare anticipazioni, ma vi assicuro che sarà un programma molto intenso. “Conosciamo il vino con Fisar”: programma di degustazioni in 6 lezioni di 3,5 h ciascuna a cura dei Sommelier Fisar che presenteranno i vini interni a Enoteca Italiana. Sicuramente saranno presenti, anche perché sono occasioni importanti per far conoscere e valorizzare tante nostre aziende associate. Ma soprattutto attraverso le grandi professionalità che gli ambasciatori del vino, i Sommelier, hanno sempre dato al vino italiano. Non solo vino: quanto arricchisce l’offerta di enoteca Italiana la presenza di un ristorante interno, penso al Millevini di Alberto Degortes. Piatti toscani locali con oltre millevini in degustazione: può spiegare me-

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glio il contributo della ristorazione come Enoteca Italiana? La scelta della ristorazione è stata fondamentale, dare ancora più valore ai vini delle nostre aziende associate. Con lo Chef Alberto Degortes, ci confrontiamo quotidianamente intraprendendo una strada, quella di valorizzare tutti le eccellenze del territorio. Abbiamo ritenuto interessante predisporre un menù a chilometri zero, dove offrire piatti di qualità con i prodotti e le specialità di Siena e delle campagne circostanti. Prodotti di primissima scelta, carni pregiate a cui aggiungere il pesce fresco della costa toscana, massima attenzione alle sensazioni gusto-olfattive, ma anche visive. A tutto questo non poteva mancare una carta dei vini molto ampia, con vini di tutto lo Stivale, anche biologici, è un grosso stimolo per la creazione di piatti in abbinamento». Un menù che viene cambiato spesso, secondo i prodotti stagionali che meglio esaltano i vini e che ci spinge a trovare il miglior abbinamento cibo-vino, facendo quotidianamente nuove scoperte. Questo lavoro ci ha dato già prodotto un riconoscimento per il ristorante Millevini, il Premio come migliore Enotavola dell’anno, uno dei sedici premi speciali assegnati dai critici della Guida dell’Espresso.

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Enoteca Italiana di Siena

La parola a Donatella Cinelli Colombini, Vice Presidente Fondatrice del Movimento turismo del Vino, ideatrice di due format quali Cantine aperte e il Trekking Urbano. di Valentina Niccolai Proseguiamo il nostro tour virtuale alla scoperta di Enoteca Italiana, sottolineando l’innovazione che si sta apportando al comparto Turismo del vino. Infatti, all’interno dei bastioni medicei, è stato studiato e sperimentato con successo un modello di Wine Tour cittadino, “Food and Wine Siena Walks” che porta la firma di Donatella Cinelli Colombini, attualmente Vice Presidente di Enoteca Italiana. Fondatrice del Movimento turismo del Vino, ideatrice di due format quali Cantine aperte e il Trekking Urbano, Cinelli Colombini propone, non solo ai turisti ma anche a tutte le amministrazioni italiane, un nuovo modello di turismo enogastronomico cittadino. Di cosa si tratta praticamente? Il trekking urbano è una nuova forma di turismo sportivo in città. Il turista esplora a piedi, come in un’avventura culturale, il centro storico, esce dai percorsi più conosciuti e

senesi.

fa delle piccole scoperte artistiche, enogastronomiche e sportive. È un modo nuovo, partecipato e emozionante di vivere l’esperienza di viaggio. Ovviamente l’enogastronomia fa parte integrante di questa offerta, viene percepita come un aspetto della cultura locale. A Siena, proprio grazie alle sollecitazioni del Comune e dell’Enoteca Italiana, il trekking urbano è entrato nell’offerta turistica e l’Associazione Guide Turistiche ne propongono varie versioni associandolo all’assaggio di vini e cibi

Quali vantaggi da il trekking urbano alle cantine in termini di incremento di fatturato e di export ? È un modello di turismo enogastronomico che fa vendere? Quando il trekking urbano si sviluppa nelle città d’arte circondate da un importante territorio viticolo, le bottiglie vengono ad essere letteralmente “incorniciate” dalla civiltà che le ha originate. Palazzi, chiese, musei, eventi … le emozioni forti di un percorso di trekking ricco di sorprese, suscitano nel turista un legame più profondo e più durevole con ciò che vede, ciò che assaggia e le persone che incontra. Il turista poi, senza accorgersene, diventa un portabandiera delle produzioni locali nella propria città di origine, continuando a riconoscere e preferirle per mesi e, in certi casi, per anni. Tutto ciò agevola le esportazioni dei vini e il loro consumo anche all’estero.

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Come fanno ad aderire le amministrazioni italiane interessate, a chi si devono rivolgere? Esiste un piano formativo attuato all’interno di Enoteca Italiana per guidare al successo questo format in tutta Italia? I comuni che intendono aderire al Trekking urbano devono rivolgersi al Comune di Siena che è capofila in questo progetto, dall’amministrazione senese riceveranno istruzioni sulla redazione dei percorsi. L’Enoteca Italiana ha invece tenuto moltissimi corsi di formazione diretti alle guide turistiche e, in collaborazione con le associazioni di categoria, agli addetti del settore turismo nelle imprese ricettive e di ristorazione. L’Enoteca collabora da anni e con grande successo, alla giornata nazionale del Trekking urbano che si svolge in oltre 30 comuni alla fine di ottobre di ogni anno.

a cura della redazione di Quality ADV

CRUDOO, LO SPUMANTE METODO…GIORGI All’Azienda Giorgi, storica azienda di Canneto Pavese, teplici vini dell’azienda è stata creata l’Enoteca “Solo va il merito di aver presentato il primo spumante “ve- Giorgi” – “…uno spazio aperto e vocato felicemenlato”, un brevetto internazionale, ossia con i suoi lieviti te a eventi “culturali” legati intelligentemente ai temi naturali mantenuti all’interno della bottiglia per prolun- dell’ambiente, dei saperi e delle tradizioni locali, delle gare la cessione degli aromi. Da uve pinot nero 80% e tecniche adottate per coltivare sapientemente vignechardonnay 20% riposa 12 mesi in autoclave e viene ti e dell’arte di produrre vini di qualità”. imbottigliato naturalmente. Di colore giallo paglierino torbido e dal perlage fine e persistente ha un bouquet GIORGI F.LLI & C. s.a.s ampio, elegante e persistente, con spiccate note di Fr.ne Camponoce 39/A Il Sommelier Gennaio-Febbraio 2012 • n. 1 22frutta fresca, crosta di pane, mandarino, albicocca, e 27044 Canneto Pavese (PV) vaniglia. Con i suoi 12 gradi è ottimo da aperitivo ed Tel. 0385 262151 eccellente a tutto pasto. Inoltre, per degustare i mol- www.giorgi-wines.it info@giorgi-wines.it


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di Davide Amadei

Vini e uomini di Val Venosta

Negli ultimi venti anni è stata irrefrenabile l’ascesa della notorietà dei vini della Val Venosta, grazie soprattutto alla omogeneità del suo territorio e delle caratteristiche che lo rendono capace di realizzare vini irriproducibili altrove.

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isitando le vigne e le aziende della Valle si comprende facilmente come vi siano le condizioni perfette per la produzione di qualità di grandi vini bianchi o da Pinot Nero: 325 giorni di sole su 365, scarsa piovosità, soprattutto nel periodo di maturazione delle uve, con molte ore di luce, vento che evita marciumi ed altre malattie, rilevanti escursioni termiche tra giorno e notte, vigne in pendenza con esposizione a Sud per il massimo irraggiamento solare, tutto condito dalla passione e dalla serietà del lavoro dei vignaioli. Le aziende oggi più note sono la Tenuta Unterortl di Castel Juval e Falkenstein di Franz Pratzner, a Naturno. La prima è di proprietà del famoso alpinista Reinhold Messner, ma è da sempre gestita da Martin e Gisela Aurich, ai quali l’azienda è stata affidata nei primi anni 1990, iniziando con l’impianto del Pinot Nero, nel 1992-1993, e, subito dopo, del Riesling nel 1997. Martin è docente di enologia al Centro di Sperimentazione di

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Laimburg, è estremamente cordiale e disponibile a comunicare la passione per il proprio lavoro di vignaiolo ed enologo. I vigneti sono tutti dislocati sui pendii della collina che alla sommità ospita il Castello; l’altitudine varia dai 600 metri, dove è coltivato il Pinot Nero, ai 700 metri, con il maso e i vigneti di riesling in particolare, fino agli 800 metri delle vigne di Pinot Bianco e Müller-Thurgau; l’esposizione è per la maggior parte a Sud, pur non mancando zone a Sud-Est. I terreni sono costituiti da sabbia e gneiss, con molta roccia di varia natura di formazione glaciale; a volte si trova roccia dura ed impenetrabile a 2 o 3 metri dal suolo, ciò che rende difficile l’impianto del vigneto, e spesso si rinvengono, nello scasso per la predisposizione dell’impianto o nei saggi di studio geologico, muri a secco dell’età del bronzo (1800-1900 a.C.) a testimonianza dell’utilizzo antichissimo della collina per la coltivazione; in questi casi, riferisce Martin Aurich, è stato necessario creare terrazzamenti su cui mettere a dimora i filari. Quel che

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La collina di Castel Juval

colpisce di più sono però le pendenze, per lo più del 35/40%, ma che arrivano in alcuni casi addirittura al 50%, come nel caso del vigneto dedicato al Riesling. I trattamenti in vigna avvengono con l’ausilio di piccoli automezzi, una tagliaerba ed un piccolo trattore di soli 70 cm. di larghezza. Quando si fa cenno all’abusata definizione di “viticoltura eroica” Martin fa una risata, consapevole della serietà, professionalità e sistematicità del suo lavoro di vignaiolo e di enotecnico, e precisa che qui

non c’è bisogno, come in Mosella, di ricorrere a strumenti “estremi” quali sollevatori a cremagliera o a fune. A proposito dei trattamenti, la scelta degli Aurich è quella della conduzione convenzionale: il biologico imporrebbe di trattare almeno il doppio, con impegno economico, fisico e temporale insostenibile; in ogni caso, il clima della Val Venosta consente sempre un elevato livello di sanità delle piante e delle uve, dovendosi per lo più fronteggiare soltanto l’oidio.

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La perla aziendale è il vigneto Windbichel, “collina del vento”, da cui si ricavano le uve per il vino di punta: si tratta dei grappoli di Riesling selezionati nel vigneto, quelli più bassi sulla pianta, raccolti a metà ottobre (normalmente) qualche giorno dopo un primo passaggio in cui sono vendemmiati i grappoli alti a maturazione più precoce; la permanenza in pianta consente di elevare il contenuto zuccherino, la struttura ed i profumi, con l’ausilio anche di un leggero appassimento dovuto allo spirare del vento caldo della valle particolarmente insistente sul vigneto che proprio al vento deve il suo nome. Il Windbichel può ritenersi il modello del terroir della Val Venosta: esposizione meridionale in ripido pendio, vento caldo che consente uve sane e pulite in vendemmia; altitudine rilevante e forti escursioni termiche; sottosuolo sabbioso con rilevante presenza di rocce e gneiss, dove ha trovato perfetta dimora il vitigno Riesling. È quest’ultimo il vero “re” dei vini della Valle, grazie alle intuizioni soprattutto di Martin Pohl della Tenuta Köfelgut di Castelbello, che fin dagli anni 1980 ebbe a piantare l’uva renana prevedendone le potenzialità.

Altre uve coltivate in Val Venosta sono il MüllerThurgau – che dimostra qui come possa produrre, se coltivato con scrupolo, vini di alto livello, contrariamente alla sua fama offuscata dalle innumerevoli versioni commerciali - il Sauvignon e soprattutto il Pinot Bianco, capace di dare prodotti di elevatissima qualità, ricchi di aromi, di grande struttura e acidità che ne garantiscono una lunga tenuta nel tempo. Da segnalare anche la valorizzazione di vitigni autoctoni e tradizionali, sconosciuti ai più, per vini “della tavola”, come il Blatterle ed il Fraueler. A questo proposito, in Valle esiste un produttore che imbottiglia un vino derivante da Fraueler in purezza: si tratta dello Jera, della piccola azienda (1,20 ha di vigneti su terrazze, per 8000 bottiglie, 1000 per tipologia, 600 di Riesling) Befelhof di Oswald Schuster, nella frazione Vezzano di Silandro, a 800 m s.l.m., con elevatissima acidità che il vitigno è capace di fornire anche quando è utilizzato in assemblaggio. Raramente si coltiva il Gewurztraminer, prodotto in una intrigante versione da vendemmia tardiva da Franz Pratzner. Quest’ultimo è il titolare della tenuta Falkenstein, Le vigne di Falkenstein

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Note di degustazione TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL – VdT Juval Glimmer 2010 (Fraueler, Blatterle, Müller-Thurgau) – È il vino della tradizione, l’assemblaggio di vitigni utilizzato da secoli nei masi della Valle; decisamente interessante il vitigno autoctono Fraueler, che conferisce un elevato grado di acidità al vino e dunque ne consente la freschezza e la piacevolezza di beva. All’assaggio risulta un vino di grande bevibilità, con molto frutto al naso e notevoli acidità e sapidità in bocca. TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL – A.A. Val Venosta Pinot Bianco 2010 – Dalle vigne esposte a Sud a 750/800 metri s.l.m.; la vinificazione è in acciaio, ma una piccola parte del vino è affinata in botte grande d’acacia. Al naso presenta note intense di frutta bianca e sentori minerali; colpisce soprattutto in bocca, con una struttura potente, ingresso morbido, nessun cedimento, acido e molto sapido, con finale lunghissimo e rinfrescante.

TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL – A.A. Val Venosta Riesling «Windbichel» 2009 – L’affinamento prolungato in bottiglia consente di apprezzare un olfatto che inizia ad esprimersi su note fruttate e minerali, quasi marine, distinte ed intriganti; ma la sua grande qualità di svela in bocca, dove è potente e freschissimo, sapido e continuo, profondo, interminabile, invitante. FALKENSTEIN – A.A. Val Venosta Sauvignon 2009 Al naso è estremante tipico, varietale, con note vegetali eleganti, sambuco, sentori netti di frutti tropicali, non senza mineralità; in bocca è ricco, con attacco rotondo ed elevata struttura, buona acidità, forse solo leggermente alcolico nel finale, non sufficientemente contrastato.

FALKENSTEIN – A.A. Val Venosta Pinot Nero 2008 – Naso con frutti rossi e sentori di resine, non complesso ma piacevole e tipico; in bocca ha struttura, attacco rotondo, buona acidità, bell’equilibrio, con chiusura pulita abbastanza persistente sul frutto, con leggero alcol ad asciugare appena. BEFELHOF - VdT Jera 2010 (Fraueler 100%) – Olfatto con accenni minerali, netta frutta bianca, semplice ma molto piacevole; la bocca è freschissima, con elevatissima acidità e piacevole bevibilità (acidità 7 gr/l contro i 5 del Müller-Thurgau). Un assaggio davvero interessante. BEFELHOF - Riesling 2010 – Semplice ed inespresso al naso, in bocca è citrino, con netti sentori agrumati freschi; non lungo. Con il 12,5% di alcol, è un Riesling diverso da quelli delle aziende della zona di Naturno e Castelbello, più carichi in alcol e struttura.

altri vini degustati TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL - MüllerThurgau 2010 – Dal vigneto più alto della collina di Juval, a 820 metri s.l.m. All’olfatto è aperto e complesso, con susina bianca, agrumi, mineralità, sentori affumicati; in bocca è rimarchevole l’acidità, che crea grande freschezza gustativa in un contesto di buona struttura. TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL - Riesling 2010 – Al naso è ancora poco

espresso, ma in bocca è tagliente, ha una tensione acida e sapida veramente palpabile, con una notevole persistenza. TENUTA UNTERORTL CASTEL JUVAL - Pinot Nero 2009 – Affinato per il 100% in legno, sia in botte grande sia in barriques, solo in minima parte nuove; ha naso fresco, elegante, molto fruttato e floreale, qualche nota verde; in bocca ha una bella acidità, c’è struttura, ma nel finale cede presto.

BEFELHOF - Muller Thurgau 2010 – Buon prodotto, frutta bianca e tropicale al naso, bell’equilibrio gustativo e freschezza in bocca. BEFELHOF - Blauburgunder (Pinot Nero) 2009 – Solo legno grande; leggero vegetale al naso, ma anche intensi fiori e note di piccoli frutti; in bocca è decisamente acido, con tannino presente non finissimo, ma il finale, pur corto, è piacevole.

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subito sopra l’abitato di Naturno. Le vigne, tutte attorno al Maso quasi a costituire un autentico cru, sono ad un’altitudine tra i 600 e 900 metri s.l.m. e, a seconda del vitigno, hanno 9000 / 11.000 ceppi per ettaro, su terreni leggeri, sciolti, con un misto di sabbia ed argilla; gli impianti risalgono agli anni 1991/1992, ed il primo imbottigliamento di Riesling è quello dell’annata 1995; proprio il Riesling costituisce il 50% della produzione aziendale e Franz Pratzner ne è senz’altro uno dei pionieri dell’Alto Adige. In Val Venosta i rossi, oltre a vini facili ma piacevolissimi da Zweigelt ed altre uve della tradizione locale, sono prodotti essenzialmente da Pinot Nero, che nel clima fresco dei pendii della Valle dà vini di grandissima eleganza, con intensi profumi floreali e di piccoli frutti di bosco, pur senza raggiungere le strutture di altre aree dell’Alto Adige (Mazzon, sopra Egna, in particolare).

Da segnalare, a proposito di Pinot Nero, il progetto Ötzi, dal nome dato all’uomo del 3300 circa a.C. ritrovato nel ghiacciaio del Similaun in cima alla Val Senales. Aurich e Pratzner hanno creato un assemblaggio paritario dei propri pinot nero dell’annata 2006 e lo hanno posto in tre diverse barriques: una di queste è stata collocata nella cantina del Castel Juval a 900 m. s.l.m.; un’altra in quella del ristorante Oberraindlhof di Elisabeth ed Helmuth Raffeiner in Val Senales a 1450 m. s.l.m.; la terza è stata posta nell’hotel Grawand, alla stazione a monte della funivia di Maso Corto, in Val Senales, a 3212 m. s.l.m. In bottiglia la sorpresa maggiore è venuta dai vini di quest’ultimo contenitore: la rarefazione dell’aria, con minor presenza di ossigeno, ha indotto un affinamento molto più lento, così che il vino si è dimostrato meno pronto ma senz’altro più complesso.

Le bottiglie della Tenuta Unterortl

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di Enza Bettelli

Il gran gusto del gran bollito misto

Un sontuoso secondo piatto, tra i più diffusi nel mondo, ma che solo in Piemonte è anche un rito gastronomico, che però esige commensali numerosi e di buon appetito.

I

l tradizionale gran bollito piemontese, il büii, era sempre presente sulla tavola dei nobili e su quella dei Savoia, una versione più pregiata di quella che si consumava nelle case del popolo per la quale si utilizzavano gli animali non più in grado di lavorare o di dare latte. Oggi i tagli vengono ricavati da bovini di razza Piemontese o Fassone, tutelate dal Consorzio degli Allevatori di Vitelli di Razza Piemontese COALVI, dal tipico mantello rasato bianco e amorevolmente allevati all’aperto con una alimentazione ad hoc. La carne che se ne ricava ha un caratteristico colore rosso dovuto alla notevole presenza di ferro e di antiossidanti, come per esempio la vitamina E, ed è particolarmente pregiata perché morbida, saporita e povera di grassi.

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Per un bollito che si rispetti i tagli di bovino debbono essere almeno 7: tenerone, scaramello, biancostato, punta, muscolo, fiocco e spalla. A questi si aggiungono lingua fresca e/o salmistrata, testina, coda e zampetto più, per una versione davvero straordinaria, la tasca ripiena e la rollata. Ma non è finita, perché sono previsti anche il cotechino e la gallina o il cappone. Tanta abbondanza richiede una tavolata numerosa, ed ecco perché il gran bollito è sempre più un piatto da ristorante. Tutto va cotto a puntino, cioè non troppo a lungo perché non diventi asciutto e duro, ma abbastanza perché sia morbido al punto giusto. Ovvio, quindi, che vanno previste cotture separate. Sicuramente cotechino e testina da soli e

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a parte anche coda e zampetto. Le altre carni si possono cuocere insieme cominciando con il mettere in acqua fredda i tagli più duri e aggiungendo man mano quelli più morbidi. Ma attenzione a non sbagliare la cottura. L’acqua deve coprire appena la carne perché non se ne disperda il gusto; se evaporasse eccessivamente se ne può aggiungere altra, bollente, per ripristinare il livello. Il sale va aggiunto dopo la metà cottura e il tutto deve sobbollire lievemente, cioè solo “fremere” o la carne rischia di indurire. Nelle varie pentole si aggiungono anche gli abituali aromi per il brodo, come sedano, carota e cipolla steccata con un chiodo di garofano, senza tuttavia eccedere nelle quantità altrimenti bollito e brodo possono prendere un gusto un po’ troppo dolciastro. I contorni sono a base di verdure lessate e di solito si preferisce cuocerle a parte perché mantengano la loro forma. Tra i più classici le patatine bianche, cotte intere con la buccia e poi pelate, e le cipolline cotte in una miscela di acqua, vino e aceto, insaporita con zucchero e spezie.

Tra la cottura della carne e quella dei contorni è richiesto molto lavoro e sarebbe un peccato vanificarlo servendo il bollito in modo sbagliato. Deve innanzitutto essere bollente e uno o più scaldini aiuteranno a mantenere la giusta temperatura delle carni, soprattutto di quelle più grasse come testina e cotechino. In mancanza degli scaldini, dopo il primo giro conviene trasferire ciascun taglio nella propria pentola di cottura e lasciarveli in attesa fino al secondo giro in modo che il brodo bollente li mantenga caldi. I vari pezzi vanno sempre sgocciolati con cura prima di allinearli sul piatto di portata e tagliati poi controfibra perché le fette siano tenere.

Un tripudio di salse La tradizione vorrebbe una salsa per ogni taglio di carne servito, ma possono anche essere qualcuna in meno purché non manchino le più classiche. Prima fra tutte la cognà, una mostarda d’uva che i più previdenti preparano in autunno quando si può disporre di uva bianca e cotogne che ne sono gli ingredienti principali. Oltre alla cognà, i due bagnèt, quello verde con erbe aromatiche e acciughe e quello rosso di pomodoro reso piccante dal peperoncino. La salsa di peperoni rossi è ugualmente indispensabile, come quella di miele e senape (sàussa d’avije). Qualche frutto di mostarda piccante, infine, aggiungerà colore e ravviverà il sapore delle carni. Assieme alle salse è d’obbligo anche una ciotolina di sale grosso pestato, che ciascun commensale spargerà a piacere sulla carne prima di gustarla. E da bere? Niente acqua, ma vino rosso e generoso, preferibilmente la Barbera, che nasce nella stessa regione in cui vengono allevati i bovini di razza Piemontese.

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di Meritxell Falgueras Febrer

Le “tendenze” ben vendemmiate

Bianchi con corpo, rosati di nuova generazione, rossi dal profilo classico con meno peso in legno e spumosi con lunga riserva. La vendemmia del 2011 in Spagna è piena di tendenze.

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i preferiscono i vini rosati soprattutto per questo autunno che si stava prolungando in un’estate senza data di scadenza. Il 12 ottobre, giorno della “Hispanidad”, eravamo ancora in spiaggia. Poi, senza alcun preavviso, il freddo, la pioggia e la malinconia del cambio di stagione. Nessuno si aspettava che questa sarebbe stata l’annata dell’uva passa dopo un’estate relativamente fresca. La cosa positiva è che ciò ha reso possibile una seria, efficace e considerevole selezione di uva. Come in ogni caso, si può vedere la bottiglia mezzo piena o mezzo vuota (benché una bottiglia non sia mai del tutto vuota, dato che ogni volta che attingiamo da essa, la riempiamo di sentimenti). È una buona annata: c’è una minore quantità di uva, ma quella che ha superato i filtri della vendemmia e della tavola di selezione è la migliore. Nella D.O. Penedès giugno e luglio hanno annaffiato la vite così da resistere al resto di un’estate piuttosto secca. Qui le varietà sono state raccolte in questo ordine: Chardonnay, Pinot noir a fine agosto, seguite da Macabeu, Xarel·lo i Ull de llebre. Per ultimo, il Merlot, la Parellada (tipica uva delicata ed elegante del cava) e Cabernet Sauvignon. Inoltre

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la vendemmia è stata anticipata di più di cinque giorni in oltre 27 regioni spagnole, facendo sì che la polpa maturasse più velocemente e raggiungesse elevate concentrazioni di zucchero, basse concentrazioni di acidi e un PH alto. Lo sfasamento tra la maturità della polpa e la pelle dei semi darà dei vini più duri, e la maturazione rapida interessa la qualità aromatica del vino. Questo caldo ci costa caro perché i vini di gradazione alta si pagano di più. Soprattutto per il consumatore che parte dal presupposto che i vini spagnoli superano il 15% di gradazione. Perché sebbene non sia così ovunque, e ci siano regioni atlantiche che continuano a combattere il cambio climatico, si ritiene tuttavia che i vini spagnoli siano molti ricchi d’alcol, potenti e troppo strutturati. Ci sono zone come Priorato o Rioja che stanno cambiando e facendo vini piú freschi, personali e leggeri. Abbiamo tanti buoni punteggi Parker, anche se a volte l’abbinamento risulta difficile con vini troppo proteici e che non sanno ascoltare il cibo a cui si accompagnano. Nasce così tra gli esperti la nuova moda di esaltare i vini di medio corpo, più delicati e provenienti dalle zone più atlantiche della penisola. Siccome i nostri vini hanno già un’abbondante ricchezza

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tannica, vengono favoriti i vini giovani con poco legno per la loro versatilità nel mariage. I bianchi affinati con lieviti hanno spodestato quelli che passano in botte. La moda inglese del chardonnay con odore di legno ha lasciato il posto alle uve autoctone come il Xarel·lo in Penedès o la Godello in Monterrei per produrre vini più personali e originali. “Mi rifiuto di raccogliere l’uva in settembre”, diceva Juan Carlos Lacalle della cantina Artadi. Il suo “Viña el Pison”, uno dei 100 punti Parker più acclamati di Spagna, non sappiamo se rimarrà attorno ai 90 in un anno in cui per i vini si ascolterà gridare la frutta più che sussurrare il “terroir”. E i più vecchi della Rioja già lo dicevano: “l’uva ha bisogno dei giorni di ottobre”.

Che cosa succederà in Spagna con il cambio climatico? In teoria, e sono parole di Pancho Campo, Master of Wine, “l’emisfero Nord sarà di gran lunga più colpito di quello Sud dall’aumento delle temperature”. La cantina Torres, nel caso in cui ciò si verificasse, ha già acquistato terre a Tremp, nei Pirenei catalani a 900 metri di altezza. L’apertura della Galizia dai bianchi ai rossi è una saggia decisione in relazione al cambio climatico, grazie al suo clima freddo e alla sua aria atlantica. La Galizia risveglia la sua diversità e la sua autenticità. L’albariño affinato con lieviti, che si conserva delizioso anche dopo il suo passaggio annuale, rappresenta il futuro, e questo riempie d’entusiasmo la denominazione d’origine Rias Baixas. Anche la D.O. Ribeiro cresce e cessa di

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Quella del 2011 è stata una vendemmia precoce nella maggior parte delle denominazioni d’origine spagnole, così come per i nostri vicini di Portogallo, Francia e Italia. Non tanto in Utiel-Requena in cui si avvertono gli effetti del “mildiu” e l’“appassimento fisiologico” che nelle primavere fredde di solito colpiscono la loro uva più importante, la bobal. I vicini portoghesi del Duero hanno guadagnato ricchezza polifenolica e hanno perso volume. Il loro successo è la prova di come sofisticare il passato. Senza abusare della sovramaturazione, dell’estrazione e dil tostato: i vini portoghesi si ergono sensibili, delicati e singolari. Non bisogna dubitare della loro capacità di invecchiare se si è capaci di dare un’interpretazione classica alla loro viticoltura. Ma ciò che ci preoccupa non è tanto l’annata, quanto le vendite. Ormai non ci preoccupa più solo vendere, ma anche guadagnarci. Anche così si consolida la tendenza di vini con un buon rapporto qualità-prezzo-piacere, persino per i vini che si sono sempre mossi nei segmenti più alti della gamma e molte cantine fanno addirittura il loro “terzo vino”. Fortunatamente, una cosa a cui la crisi non ha messo freno è la volontà dei lavoratori del settore di esplorare le possibilità di terreni molto concreti. Denominazioni di origine come Rueda, che è l’unica che continui ad aumentare il suo consumo grazie al suo imbattibile “verdejo”. Cigales sta tornando a mostrare tracce di grandezza, appoggiandosi sulla sua intensa garnacha. Sebbene il Principato di Asturie non possieda nessuna denominazione d’origine vitivinicola, resta comunque la sidra che vive un momento di rinnovamento a cui s’accompagna lo sviluppo dell’alta gastronomia con sidra d’autore. Contro l’uniformazione del gusto, la ricerca della personalità e la singolarità. Questa è la filosofia che ha permesso l’espandersi del txacolí, un vino unico per le sue varietà, il suolo e il suo clima, e altro ancora che non si riduca al solo esotismo locale per principianti. Una vendemmia piena di tendenze che presto arriverà sulle nostre tavole.

essere la sua sorella minore. I Godellos saranno il riferimento dei bianchi galiziani di alta gamma, mentre Valdeorras punta sui vini delle tenute. I bianchi con freschezza, volume e complessità arrivano fino alla Ribera Sacra. Questa D.O. si serve per i suoi rossi della magica uva “mencía” (chiamata anche “loureiro negro”) per i sui vini di memoria marina. Nella Ribera del Duero i vini vengono divisi in classici e moderni. Questi ultimi senza alcun abuso del legno nuovo. Cigales è la culla dei rosati di León. Questa D.O. di incompresa tradizione attacca con la sua garnacha intensa e traccia i primi segni di grandezza. Toro continua con la

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sua viticoltura primaria di vigneti senza innesti che danno vini selvaggi. I vini carnosi e agili sono la tendenza. Non tanto vini da invecchiamento, quanto piuttosto vini da consumare giovani. Per questo la tinta di toro si mescola con alcune varietà sperimentali o con l’ammessa garnacha. L’indicazione “Vini della Terra di Castilla e León” sperimenta le migliori raccolte di enologi famosi come Mariano García (ex enologo del Vega Sicilia). Le uve che riempiranno le carte dei vini dell’altipiano di Castilla e León saranno quelle di Pietro Picudo (con il suo feudo in Valdevimbre los Oteros) e Juan García, per quel che riguarda i rossi e per i bianchi l’Albarín.

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Dolce, profumato, leggero. Come la vita che vuoi. Prodotto esclusivamente con uva Moscato bianco delle colline di Monferrato, Langhe e Roero, l'Asti D.O.C.G. è uno dei simboli dell'eccellenza italiana. Dolce, profumato, leggero, è perfetto sempre ma, in particolare, con i dessert e la pasticceria. Un ventaglio di fiori e frutti, tra i quali glicine, acacia, sambuco, agrumi, che sfocia in un netto sentore di miele. PerchÊ la vita e le feste possono essere come le vogliamo.

dolcezza naturale


190 Concorso Internazionale dei Vini di Montagna

di Virgilio Pronzati

I risultati ottenuti sono la conseguenza della passione, dell’impegno e del grande lavoro che quotidianamente i produttori della viticoltura eroica svolgono.

Il Concorso Il Concorso Internazionale dei Vini di Montagna si avvia al quarto di secolo. Per le molteplici e meritorie finalità, non solo è l’unico Concorso al mondo nel suo genere, ma è sicuramente tra i migliori per serietà e prestigio. Ad organizzarlo, il Cervim (Centro di Ricerche, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana), organismo istituito dalla Regione Valle d’Aosta nel 1987 e presieduto da quest’anno dal dr Roberto Gaudio, per sostenere la viticoltura eroica di montagna e di forte pendenza dei Paesi aderenti, in collaborazione dell’Assessorato dell’Agricoltura e Risorse Naturali della Regione Autonoma della Valle d’Aosta, dell’Associazione Vinea (Sierre-Svizzera) e col patrocinio dell’OIV (Office International de le Vigne et du Vin). Dieci Paesi in lizza con 530 vini La selezione dei vini di quest’edizione che si è tenuta a Courmayeur dal 7 al 9 luglio, ha presentato 530 vini provenienti da Austria, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svizzera. Centosessantadue i vini premiati, di cui tre hanno ricevuto la Gran medaglia d’oro con un punteggio superiore ai 94 punti, 64 le medaglie d’oro di cui 24 con punteggi superiori

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ai 90,01 punti e 40 tra 89,01 e 90 punti, ed infine, 95 le medaglie d’argento. L’elevata eccellenza dei vini presentati ha portato il limite per l’assegnazione delle medaglie, nel rispetto del limite del 30% dei vini selezionati, da 84 punti come previsto dal regolamento a 87,00 punti. Con L’Italia, oltre ad attestarsi al primo posto per numero di campioni presentati, lo è anche per i 318 vini premiati, vincendo ben 86 medaglie di cui 1 Gran medaglia d’oro, 26 d’oro e 59 d’argento. Ma la parte del leone l’ha fatta la Valle d’Aosta: su 100 vini premiati, ha vinto 8 medaglie d’oro e 14 d’argento. Rimanendo a casa nostra, ecco le regioni più premiate dopo la Valle d’Aosta: Sicilia con 1 Gran medaglia d’oro, 6 d’oro e 10 d’argento, Lombardia con 6 medaglie d’oro e 11 d’argento, Trentino con 3 medaglie d’oro e 9 d’argento, Veneto con 2 medaglie d’oro e 7 d’argento, Liguria 1 medaglia d’oro, Alto Adige 3 medaglie d’argento, Campania 2 medaglie d’argento, Piemonte, Toscana ed Abruzzo con 1 medaglia d’argento, Friuli e Calabria nessuna medaglia. Folta la partecipazione a livello estero con il 42% dei vini presentati, con il gradito ritorno d’Austria e Lussemburgo e, con la novità assoluta della Slovenia. La più numerosa è stata la rappresen-

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tativa spagnola con ben 63 campioni in degustazione, seguita dalla Germania con 55, dalla Svizzera 51 e, poi nell’ordine, da Francia, Grecia, Austria, Portogallo, Slovenia e Lussemburgo. Al vertice la Germania con 2 Gran medaglie d’oro, 19 d’oro e 5 d’argento, di seguito, la Svizzera con 5 ori e 15 argenti, la Francia con 4 ori e 2 argenti, la Spagna con 4 ori e 7 argenti, la Grecia con 2 ori e 3 argenti, il Lussemburgo con 1 oro, il Portogallo con 1 oro e 2 argenti e la Slovenia con 1 oro. Tornando alla Germania, l’en plein l’ha fatto la Mosella che presentando 50 vini, ha vinto ben 22 medaglie: 1 Gran medaglia d’oro, 16 medaglie d’oro e 5 d’argento. Altissimo il livello dei vini Altissima la qualità dei vini degustati nel Salone dell’Hotel Pavillon. Il giudizio è stato dato dai 30 degustatori internazionali, selezionati dall’organizzazione per degustare i vini presentati. A differenza degli altri anni, c’è stato solo alcuni cambi di bottiglia. Delle centosessantadue medaglie totali assegnate, ben tre i vini che hanno ottenuto un punteggio superiore ai 94 punti. Sentiamo al riguardo il parere del Presidente del CERVIM Roberto Gaudio: “Ciò evidenzia l’esclusività di questo concorso ma soprattutto l’ottimo livello dei vini presenti. I risultati ottenuti sono la conseguenza della passione, dell’impe-

gno e del grande lavoro che quotidianamente i produttori della viticoltura eroica svolgono. Le tante medaglie d’oro assegnate e gli alti voti ottenuti ne sono una reale testimonianza, un motivo di orgoglio e un’ottima presentazione ai mercati”. Categorie di vini in concorsoIn base a quanto prescritto dal regolamento i vini sono stati suddivisi in 10 categorie. Quest’anno in vini bianchi tranquilli prodotti nelle vendemmie 2009-2010; vini bianchi tranquilli semidolci (con residuo zuccherino da 12 a 45 g/l); vini rossi tranquilli prodotti nella vendemmia 20092010; vini rossi tranquilli prodotti nelle vendemmie 2008 e precedenti; vini spumanti; vini dolci (con residuo zuccherino superiore a 45 g/l); vini liquorosi. L’edizione 2011 ha confermato l’utile novità dello scorso anno. Con la collaborazione di VINEA, già organizzatrice di grandi Concorsi Mondiali, è stato messo a disposizione dei Commissari un sistema di valutazione informatico. Ognuno dei cinque degustatori ufficiali di cui un presidente, era dotato di un computer sul cui video si alternavano le schede di valutazione relative ai vini serviti. Oltre a conoscere immediatamente la valutazione finale del vino, questo metodo innovativo, permette, rispetto al passato, di avere molto più tempo per l’esame sensoriale. Per leggere l’elenco dei vini premiati visitare il sito www.cervim.it

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di Giancarlo Roversi

Riflessioni sul tortellino

Per quanto riguarda il brodo sono tutti d’accordo: ci vuole quello di cappone o, al limite, di gallina vecchia semmai con l’aggiunta di qualche buon pezzo di carne di manzo.

C’

era una volta il tortellino...e per fortuna c’è ancora. Per la delizia del nostro palato e di quanti da approdano sotto le Due Torri e sotto la Ghirlandina. Perchè Bologna e Modena sono le uniche città (coi loro territori) dove questa gustosa pasta farcita in brodo ha il diritto di chiamarsi tortellino. Nelle altre città dell’Emilia-Romagna si mangia il cappelletto (o, come a Parma, l’anolino) che, oltre ad avere un ripieno diverso (in Romagna addirittura a base di formaggio), ha una forma differente che, però, normalmente non viene notata se non dai più smaliziati. Il tortellino, infatti, ha lo sbuffo superiore dell’involtino ripiegato mentre il cappelletto lo mantiene appuntito. Parma come sempre fa razza per conto proprio e dà alle placchette di pasta farcite la forma di un piccolo anello ripieno di sugo di stracotto e altri ingredienti. Anche se, col cambiamento dei gusti, degli stili di vita e dei dettami dietetici, i piatti tradizionali sono oggi sottoposti a una lenta usura o a un completo tralignamento, il tortellino continua a mantenere una accettabile fedeltà alle sue lontane radici,

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fin da quando nel Medio Evo fece la sua comparsa in tavola, racchiudendo un semplice ripieno di lonza di maiale, formaggio parmigiano-reggiano, uova ed erbe aromatiche (enula). Insomma in provincia di Bologna e di Modena si possono ancora gustare nei ristoranti degli ottimi tortellini, ma anche, per chi li acquista sfusi, nei negozi di pasta fresca, dai fornai e nelle salumerie. Per non parlare delle famiglie dove si preparano delle autentiche leccornie sulla base di ricette tramandate di generazione in generazione che contengono diverse varianti rispetto a quella canonica codificata dalla Dotta Confraternita del Tortellino e dalla delegazione di Bologna dell’Accademia Italiana della cucina, depositata nel 1974 presso la Camera di Commercio. Senza considerare che le scuole di pensiero sul tortellino sono diverse e riguardano sia la sua forma (meglio piccolo o grande ?) sia la preparazione del ripieno, che può essere macinato a crudo oppure dopo avere dato una leggera scottata alla lonza. Ad ogni modo tutte le soluzioni vanno bene, è solo questione di preferenze e di abitu-

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dini. Ma purchè si usino ingredienti di prima qualità e soprattutto un parmigiano-reggiano di giusta stagionatura (nè troppo giovane nè troppo vecchio, di sapore pieno, ma non piccante). Per quanto riguarda il brodo sono tutti d’accordo: ci vuole quello di cappone o, al limite, di gallina vecchia semmai con l’aggiunta di qualche buon pezzo di carne di manzo. Sì, perchè i tortellini in brodo sono il modo più gustoso e tradizionale di gustare questo piatto simbolo. Anche se è vero che in genere i giovani preferiscono mangiarli al burro o con la panna. Ma è una trasgressione che si può concedere tranquillamente. Completamente da “mettere all’indice” sono invece i tortellini al ragù perchè, essendo già imbottiti di carne, il ripieno entra in contrasto col ragù del condimento e rischia di rimanere surclassato. Così pure sono risibili quelli che li propongono cotti nel brodo di fagioli (i cosiddetti “ricchi e poveri”) o addirittura con le fragole. Anche se l’anima della cucina è la continua rielaborazione dei cibi, queste sono soltanto mode passeggere destinate a non lasciare traccia. Per fortuna. Ma chi ha inventato i tortellini ? È una disputa sterile che non ha ragion d’essere. Il tortellino è nato in Emilia dove c’è sempre stata abbondante disponibilità di carne bovina (per il brodo) come pure di maiale e di ottimo parmigiano-reggiano per il ripieno. Poi ogni città ha interpretato il ripieno a modo proprio, dando luogo a diverse varianti. A Bologna e a Modena si sono sempre mangiati. La notorietà di quelli bolognesi risale a tempi lontani. Il Tassoni nella “Secchia rapita” fa gioire le milizie modenesi quando passano il Panaro perchè, entrando nel territorio bolognese, avrebbero potuto gustare buoni tortellini. E Castelfranco sta proprio di là dal fiume... Allora la cittadina era

ancora saldamente sotto Bologna mentre da poco più di 80 anni è stata trasferita armi e bagagli in provincia di Modena pur rimanendo ancora incorporata nell’Arcidiocesi di S. Petronio. Quindi è una terra con due anime: una felsinea di antica data e una recente modenese. Per questo è bello che, per mettere d’accordo tutti, sia stato scelto, per un tacito accordo, di fissare la culla della celebre pasta farcita proprio nella cittadina del Forte Urbano. A fornire lo spunto è stato l’ing. Giuseppe Ceri che, alla fine dell’800, inventò una divertente storiella in versi sull’origine del tortellino dall’ombelico di Venere, ponendone la nascita proprio a Castelfranco. Per questo i castelfranchesi dovrebbero dedicare una memoria al salace ingegnere toscano che ha messo pace alla querelle tra bolognesi e modenesi. Del resto Castelfranco ha meritato sul campo, anche se non attraverso la documentazione storica, di essere letta patria del tortellino. Ma per favore non si continui a ripetere che l’appetitosa minestra si mangiava in questa o quella locanda castelfranchese dei secoli passati. Bisogna smetterla di pensare al passato con la testa di oggi. Una volta a Castelfranco esisteva tutt’al più una locanda di posta dove, come accadeva anche altrove e come testimoniano alcuni calmieri dei prezzi del vitto, si mangiavano pochi cibi molto semplici: un pezzo di carne lessa o arrosto, un po’ di formaggio, una zuppa in genere di legumi, due uova e poc’altro, ma non certamente i tortellini ! Questi si consumavano nelle case dei ricchi bolognesi e modenesi durante la stagione invernale e anche in quelle dei meno benestanti ma solo per Natale. Per fortuna, a partire dal secolo XIX, le cose sono cambiate e la regina delle minestre ha fatto la sua comparsa anche sulle tavole dei ristoranti, ma non sempre con la stessa fragranza di quella che si mangiava e si continua a mangiare nella cucina di casa.

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NOTIZIE DAL MONDO

DELL'ENOLOGIA

Sono stati 782 i pareri espressi dal Comitato nazionale vini di Giuseppe Martelli in tre anni di attività

Hanno permesso agli uffici ministeriali di giungere in tempo all’appuntamento del 31 dicembre 2011 con l’Europa e ai produttori di usufruire di tutti i disciplinari già nella vendemmia 2011

I

l Comitato nazionale vini con la fine del 2011 chiude il suo mandato triennale. Ma cosa è il “Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini”, più noto appunto come “Comitato nazionale vini”. Riprendendo la definizione originale esso è “Organo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e ha competenza consultiva, propositiva e deliberativa su tutti i vini designati con nome geografico”. È stato istituito il 24 aprile 1964 sulla base di quanto sancito dal Dpr n. 930 del 1963, ossia del primo importante provvedimento sulle denominazioni di origine dei vini italiani, che ha visto la luce dopo una lunga gestazione normativa.

61/2010.

Dal 1964 a oggi si sono alternati 10 Comitati. L’attuale è stato insediato il 12 novembre 2008 e, come si diceva prima, terminerà il suo mandato il 31 dicembre 2011.

Un’attività che ha portato alla valutazione e all’espressione del relativo parere di 782 questioni, alcune delle quali piuttosto complesse e controverse. Per rendersi conto della mole di lavoro svolto basta ricordare che il precedente Comitato ha evaso 84 pratiche di riconoscimento e di modifica di vini a denominazione di origine e a indicazione geografica.

Fino al 2011 era composto da 40 membri, nominati dal capo Ministro, che rappresentano le più importanti entità nazionali del settore vitivinicolo, con il 2012 sarà invece composto da soli 19 componenti, sempre nominati dal Ministro dell’Agricoltura che opereranno secondo quanto stabilito dall’articolo 16 del decreto legislativo

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Ma torniamo all’attività svolta dal Comitato nel triennio chiuso il 31 dicembre scorso e che ha avuto come scopo principale quello di dare risposte concrete e veloci alle aspettative del settore: in primis di valutare le 320 pratiche, di cui 224 di modifica e 76 di riconoscimento, pervenute al Dicastero dell’agricoltura entro i termini stabiliti dalla nuova Ocm vino, ovvero entro il 1° agosto 2009. Quanto sopra senza comunque tralasciare gli altri aspetti operativi di competenza, soddisfatti secondo quanto elencato in altra parte di questo articolo.

Quanto sopra è stato possibile grazie alla impostazione data all’inizio del mandato con lo scopo di limitare le lungaggini, agendo sì nel rispetto

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NOTIZIE DAL MONDO

della continuità, ma facendo crescere la struttura in efficienza, organizzazione e decisionalità. Il tutto non sminuendo, ma esaltando la più ampia discussione, dibattendo le diverse posizioni, mirando però sempre e comunque alla formulazione di un parere non sempre espresso all’unanimità. Tra le principali innovazioni messe in atto ricordiamo: la diminuzione delle Commissioni centrali da 3 a 2, portando i componenti da 10 a 6, l’accorpamento delle Commissioni regionali riducendole da 20 a 11, l’obbligatorietà di seguire precise procedure operative. Dette misure prese inizialmente con diffidenza sono state successivamente pienamente condivise dai membri del Comitato e dalla Sezione amministrativa del medesimo, anche perché hanno decisamente limitato le contestazioni. Va infatti notato che, nonostante l’elevato numero di pareri pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il numero delle istanze avverse sono state assai contenute. 56 sono state le riunioni convocate e nessuna è stata annullata o sospesa per mancanza del numero legale. Fatto questo mai verificatosi nei precedenti 9 Comitati e che mette ulteriormente in luce la serietà e la determinazione del Comitato tutto. Va inoltre rimarcato che, fin dall’inizio del mandato tutti i membri del Comitato, Presidente compreso, hanno rinunciato al gettone di presenza delle riunioni, anticipando quanto sancito dal decreto dell’agosto 2011, dimostrando grande senso di responsabilità, forte spirito di servizio ed indubbia abnegazione.

DELL'ENOLOGIA

e le modifiche apportate agli esistenti nella vendemmia 2011. Nello specifico i pareri espressi dal Comitato nazionale vini hanno riguardato: 33 riconoscimenti di nuovi vini a Docg, 41 riconoscimenti di nuovi vini a Doc, 6 riconoscimenti di vini a Igt, 24 modifiche di disciplinari di vini a Docg, 182 modifiche di disciplinari di vini a Doc, 46 modifiche di disciplinari di vini a Igt. A ciò vanno aggiunti altri 15 pareri emanati dal Comitato e relativi a questioni diverse. Come si diceva prima, al di là della mole di lavoro sopra sintetizzata, il Comitato nazionale vini, in base a quanto sancito dal Dgls 61/2010, ha espresso anche 435 pareri riguardanti: 79 domande di organizzazione di Concorsi enologici abilitati dal Ministero al rilascio di distinzioni, 88 istanze e contro deduzioni avverso il pareri espressi dallo stesso Comitato, 268 autorizzazioni in deroga, concesse dal Ministero, a vinificare, elaborare ed imbottigliare fuori dalla zona di produzione. Il Comitato inoltre, attraverso principalmente l’opera del suo presidente e vicepresidente, ha contribuito in modo concreto alla stesura del Dlgs 61/2010 e dei suoi decreti applicativi. Normative emanate sulla base della nuova Ocm vino che hanno sensibilmente mutato il quadro legislativo di settore, dando i necessari supporti al fine di salvaguardare gli interessi di produttori, denominazioni e territori.

Grazie ai piani operativi ed organizzativi basati sulla semplificazione, razionalizzazione e sburocratizzazione, con la riunione del 15 e 16 settembre, il Comitato nazionale vini ha dato il parere a tutte le 320 pratiche giacenti riferite ad approvazione o modifica di disciplinari di vini a denominazione di origine o ad indicazione geografica, centrando l’obbiettivo a suo tempo stabilito. Ciò ha permesso, non solo agli uffici ministeriali di giungere all’appuntamento con l’Europa entro il 31/12/2011, così come previsto dal Reg. Ce n.1234/2007 ma anche di dare la possibilità ai produttori, qualora in possesso dei requisiti di legge, di mettere in essere tutti i nuovi disciplinari

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di Karen Casagrande

L’evoluzione dell’autoctono del Piave: il Raboso

Un vino che lascia adito ad interpretazioni diverse, esprime il territorio ma nella sua versatilità ha dimostrato di prestarsi anche a diverse tecniche enologiche.

U

n rosso della tradizione trevigiana, che affonda le sue radici nelle terre a ridosso del Piave, dal carattere deciso e inconfondibile, quasi maschile, il colore penetrante e di indubbia acidità: ecco il Raboso, protagonista ad un appuntamento svoltosi in collaborazione con Enoteca Veneta e che il 28 ottobre 2011 ha visto partecipe la delegazione FISAR di Treviso e i vini dell’azienda “Giorgio Cecchetto”, stimato produttore in Tezze di Piave la cui cantina è Socia fondatrice della “Confraternita del Raboso Piave”. Dal 1996 al 2005, un percorso di degustazione attraverso sei annate che ha permesso ai presenti di cogliere l’evoluzione organolettica del Raboso del Piave, arrivando fino alle versioni più moderne del Malanotte DOCG e del rosato spumante rifermentato in bottiglia. Un vino che, come ha dimostrato la serata, lascia adito ad interpretazioni diverse, esprime il

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territorio ma nella sua versatilità ha dimostrato di prestarsi anche a diverse tecniche enologiche, suscita interesse e si avvicina, addomesticandosi, al gusto del moderno consumatore L’incontro è stato abilmente moderato da Luciano Rappo, Wine Management & Education CAVIT, che ha saputo coinvolgere i presenti attraverso una degustazione corale, interattiva, in cui i vini sono stati descritti sia dal punto di vista tecnico che in termini più personali ed edonistici. Ed è stato proprio in questo frangente che è emersa la grande potenzialità del Raboso: saper conquistare un pubblico estremamente diversificato, con quella spigolosità giovanile che tuttavia gli garantisce una longevità ultra-decennale, ma che da sempre rimane la caratteristica più apprezzata anche le bottiglie più recenti. Particolarmente apprezzate le annate 1999 e 2001, di un rubino ancora penetrante, in cui

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l’evoluzione ha permesso di apprezzare i tipici descrittori di marasca e di prugna più intensi e maturi, accompagnati da sentori di cuoio e di tabacco, un’acidità ancora importante in bocca, e un tannino avvolgente in grado di bilanciare l’alcolicità e la struttura del vino. Ma ancora più del carattere pungente del Raboso è stata apprezzata la cornice storica in cui si sono inseriti i vini presentati: un contorno prezioso dato alla serata grazie alla partecipazione dello stesso Giorgio Cecchetto, che ha saputo inquadrare anche a livello culturale le sensazioni gustative. Una passione per le proprie radici che ha inizio nel 1996 con il desiderio di recuperare e valorizzare un vitigno autoctono del territorio trevigiano, attraverso un’attenta cura dell’intera filiera produttiva, con i concetti cardine di sostenibilità e trasparenza, dal vigneto al consumatore finale. Il vigneto sperimentale adiacente alla cantina, il particolare reparto di affinamento, e il locale di appassimento delle uve, testimoniano gli sforzi percorsi e i risultati raggiunti da questa cantina. In definitiva un’opportunità, alla vigilia della presentazione d el primo DOCG Malanotte, che ha consentito di comprendere a fondo gli sviluppi che ha avuto il Raboso negli ultimi anni, in bot-

tiglia e nel panorama della valorizzazione dei vini di territorio. Da apprezzare giovane con le carni più grasse degli arrosti o della cacciagione, da meditazione il più morbido Malanotte, con il cioccolato fondente nella versione passita… senza tralasciare l’aperitivo a base di salumi in compagnia del Rosè spumante!

a cura della redazione di Quality ADV

AZIENDA VITIVINICOLA FERRUCCIO DEIANA & C. SAS Intenso, avvolgente ed elegante: un bianco dolce che nasce dal sole, dalla luce e dal mare di Sardegna, e dall’influenza che questi elementi hanno sui vitigni autoctoni aromatici. L’”Oirad” I.G.T. Isola dei Nuraghi nasce così, tra le colline del Parteolla, nel sud Sardegna. Ottenuto con una diraspatura e successiva pigiatura soffice, fermentato con breve macerazione a temperatura controllata e affinamento in serbatoi di acciaio per 3-4 mesi, 45 giorni in caratelli di rovere e successivi 3 mesi in bottiglia. Questo vino dal colore giallo oro

brillante, profumi floreali intensi con note aromatiche di miele e mandorle, gusto dolce, morbido, armonico e piacevole è da gustare a fine pasto con formaggi erborinati e con dolci secchi. AZIENDA VITIVINICOLA FERRUCCIO DEIANA & C. s.a.s Loc. Su Leunaxi - 09040 Settimo S.Pietro (CA) Tel e Fax 070 749117 www.ferrucciodeiana.it deiana.ferruccio@tiscali.it


Una birra di lusso di Luigi Terzago

Molti si chiederanno se esistono birre costose come i grandi vini italiani o francesi; Jacobsen Carlsberg Vintage N°3, ultima nata (2010) dalla trilogia Jacobsen Vintage N°1 (2008) e Jacobsen Vintage N°2 (2009), rappresenta la birra più cara al mondo.

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rodotta in Danimarca dalla Carlsberg che iniziò l’attività di produrre birra nel lontano 1847, quando J.C. Jacobsen avviò la prima cotta nello stabilimento che chiamò Carlsberg (la collina di Carl), dedicandola al figlio Carl situato fuori dalle mura della città sulla collina di Valby. Il figlio di Jacobsen, Carl, studiò i metodi di produzione della birra in Danimarca e all’estero, portando avanti l’esperienza paterna nel settore, infatti nel 1882 apre un nuovo stabilimento con il nome di Ny (Nuova) Carlsberg. Il costante impegno di Carlsberg nella ricerca e nella qualità è testimoniato dalla scoperta, nel 1883, del lievito per birre a bassa fermentazione Saccharomyces carlsbergensis, lasciato in generosa eredità al mondo intero, che lo utilizza per la produzione della gran parte delle birre lager nel mondo. La crescente necessità della produzione su grande scala e all’intensificarsi della concorrenza

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internazionale, crearono le premesse per la fusione, avvenuta nel 1970, tra le due più grandi fabbriche di birra danesi: Carlsberg e Tuborg. Grazie alla fusione, Carlsberg e Tuborg viene a crearsi il gruppo De Forenede Bryggerier A/S (United Breweries), che dal 1987 diventa Carlsberg A/S e, dal 2001, Carlsberg Breweries A/S. Carlsberg si colloca al 4° posto nella classifica dei maggiori produttori di birra nel mondo, detenendo una posizione di assoluto rilievo nel segmento delle birre premium. Attualmente il Gruppo Carlsberg è attivo in più di 150 mercati, ha oltre 40.000 dipendenti, controlla un centinaio di filiali e società associate e si avvale di 75 impianti produttivi, situati in oltre 25 nazioni. La storia di Carlsberg Italia inizia due secoli fa, nell’ormai lontano 1876. In quell’anno infatti Angelo Poretti, imprenditore varesino emigrato prima in Austria e poi in Boemia

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NOTE DI DEGUSTAZIONE VISTA Colore dorato e aspetto spumeggiante OLFATTO Profumi di quercia e aromi di vaniglia e di nocciola, nati dall’invecchiamento in botte GUSTO Sapori dolci “fruttati” della fermentazione, calda al palato e di grande pienezza che quasi rivela stretta parentela della birra con i vini dolci da dessert ABBINAMENTO Formaggi e dolci

e Baviera dove imparò a conoscere la birra ed i suoi segreti dai migliori birrai del tempo, fondò a Induno Olona (Varese) lo stabilimento che prese il nome di Industrie Poretti. Nel 1934 la storia delle Industrie Poretti si incrociò con quella di un’altra storica famiglia di imprenditori lombardi, i Bassetti, che acquistarono lo stabilimento. Nel dopoguerra le Industrie Poretti, uno dei capisaldi della produzione di birra in Italia, attirano l’interesse del gruppo danese che nel 1975 sigla il primo accordo per la produzione e commercializzazione dei marchi Tuborg e Carlsberg. Successivamente il gruppo Carlsberg acquisirà negli anni quote dell’azienda che nel 1998 cambia il nome in Carlsberg Italia e nel 2002 diventa di proprietà totalmente danese. Carlsberg Italia è un’azienda molto attenta all’impatto ambientale tanto che nello scorso mese di settembre ha presentato un innovativo sistema di spillatura, DM MODULAR 20, a ridotto impatto ambientale. La tecnologia DM MODULAR 20 utilizza fusti da 20 litri in PET riciclabile e non prevede l’utilizzo di Co2 aggiunta in fase di spillatura (necessaria per gli impianti tradizionali con fusti in acciaio). Ma ritorniamo a Jacobsen Carlsberg Vintage N°3 degustata a fine novembre, nella splendida cornice della Reggia di Colorno (Parma) sede della prestigiosa Scuola Internazionale di Cucina Italiana ALMA, in presenza dei vertici aziendali Carlsberg e noti giornalisti di settore. Un cosiddetto Pale Barley Wine

prodotta in 600 unità, con metodo artigianale, e gradazione alcolica che si ferma a circa il 15 per cento, che unifica classe di produzione con l’arte innovativa, affinata in legno di quercia francese nella storica cantina JC Jacobsen 1847. Sei mastri birrai Carlsberg provenienti dalla Norvegia, Francia, Gran Bretagna e Danimarca si sono dedicati allo sviluppo e alla produzione sotto la guida di Morten Ibsen mastro birraio della Jacobsen Brewery è confezionata in una bottiglietta da da 37,5 centilitri, con sei etichette uniche create da tre artisti danesi, venduta a 250 euro, che promette di mantenere il gusto originale per almeno altri 50 anni. Qualità, innovazione e miglioramento continuo sono i valori essenziali della strategia di crescita che Carlsberg ha perseguito fin dai tempi della sua fondazione e gli ottimi risultati ottenuti fino ad oggi sono il frutto di più di un secolo di sforzi sul piano dell’eccellenza qualitativa. Qualità, innovazione e miglioramento continuo sono i valori essenziali della strategia di crescita che Carlsberg ha perseguito fin dai tempi della sua fondazione e gli ottimi risultati ottenuti fino ad oggi sono il frutto di più di un secolo di sforzi sul piano dell’eccellenza qualitativa.

Birrificio storico a Copenaghen

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le notizie di enogastronomia e turismo

STATI GENERALI DEL PINOT NERO IN OLTREPO’ Si sono conclusi a metà novembre gli Stati Generali del vitigno più affascinante ed ostico del globo. Organizzati dal Consorzio di Tutela Vini Oltrepò Pavese nel Centro di Ricerca, Formazione e Servizi della Vite e del Vino “Riccagioia” a Torrazza Coste (PV) e abilmente diretti dal giornalista Massimo Zanichelli, alcuni tra i principali produttori italiani si sono alternati, nei tre giorni dedicati, a degustazioni e confronti di esperienze di coltivazione ad ogni latitudine dello “Stivale”. Suggerimenti e segreti messi a disposizione dei partecipanti per la trascinante passione che il Pinot infonde, ma anche dibattiti per ampliare la conoscenza di quest’uva che, sentendo gli intervenuti, seduce e coinvolge talmente da assorbire la quasi totalità degli interessi di parecchi di essi, tanto da diventare quasi una sfida, una scommessa per la capricciosità e il delicato equilibrio di questo umorale vitigno. Oltre al Pinot con la classica vinificazione in nero, ampio spazio è stato dato al Metodo Classico spumante bianco e al marchio consortile Cruasè, il Metodo Classico DOCG rosè di Pinot nero in particolare con l’abbinamento ad un’altra “perla” dell’Oltrepò, il salame di Varzi DOP. Il prossimo appuntamento sarà nel 2013. CONS. TUTELA VINI OLTREPÒ PAVESE www.vinoltrepo.it

PRIMO HAPPENING “GLOBAL LION” Il 6 novembre scorso si è svolto in occasione del Wine Festival di Merano, il primo happening organizzato dall’azien-

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Graziello Olenik, organizzatore della serata

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da triestina Beverage & Food Group – “GLOBAL LION” di Graziello Olenik, nelle sale dello splendido Life Resort “La Maiena” di Marlengo (BZ). Con l’intento di unire l’Italia enogastronomica, si sono infatti ritrovati numerosi giornalisti di riviste specializzate e 37 tra i migliori produttori di vino italiano, tutti coinvolti nell’impegno di fare una sola grande squadra, e con la partecipazione straordinaria del Dr. Helmuth Koecher, Presidente della manifestazione meranese. Oltre ad una cena di altissimo livello con piatti tipici altoatesini, è stata una interessante occasione per degustare alcuni vini dei produttori che fanno parte di questo gruppo di alta qualità che Olenik ha selezionato dalla Val d’Aosta alla Sicilia e che offre prodotti vitivinicoli e alimentari di eccellenza. La “GLOBAL LION” è nata appunto, per la diffusione all’estero di quanto di più pregiato offre attualmente il “made in Italy”. BEVERAGE & FOOD GROUP “GLOBAL LION” bieffegi@bieffegi-italy.com

Gruppo Angelini acquisisce Bertani

Tenimenti Angelini, società vitivinicola del Gruppo farmaceutico Angelini, ha acquisito a far data dal 1° dicembre 2011, la maggioranza delle quote di Bertani Holding e della Tenuta Novare, storica azienda veronese produttrice di alcuni dei più conosciuti vini italiani tra i quali l’Amarone, di cui la famiglia Bertani è considerata uno dei padri fondatori. Emilio Pedron è stato confermato nel ruolo di presidente e amministratore delegato della Cav. G.B. Bertani per garantire la continuità di gestione delle attività di produzione e commercializzazione dei vini. L’acquisizione riguarda il marchio Bertani, la sua distribuzione commerciale e le storiche cantine di Grezzana di Verona. Comprende inoltre vigneti e casali della Tenuta Novare situata nel cuore della Valpolicella Classica. Da sempre impegnata nella valorizzazione dei prodotti del territorio veronese, con l’Amarone al vertice della propria produzione e fra le prime cantine a iniziarne la produzione, Cantine Bertani produce 2 milioni di bottiglie di vino l’anno, che esporta in oltre 40 Paesi. L’attività è in costante crescita e per il 2011 è previsto un incremento del fatturato del 15% sul 2010, per un totale di 12 milioni di euro. CAV. G.B. BERTANI SRL www.bertani.net

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DALLE LANGHE AL FRIULI, FONTANAFREDDA RADDOPPIA GiÀ

Quest’anno Fontanafredda raddoppia: propone infatti al mercato, oltre al consolidato GiÀ Rosso, ottenuto con le tradizionali e nobili uve delle Langhe (Barbera, Nebbiolo e Dolcetto) anche GiÀ Bianco, un vino IGT Venezia Giulia ideato in collaborazione con la cantina “Le Vigne di Zamò” che nasce dalle uve friulane più tipiche e apprezzate: Ribolla gialla, Malvasia istriana e Pinot grigio vendemmiate e vinificate separatamente e poi sapientemente assemblate. Vino innovativo, che ha la sua forza nel moderato tenore alcolico (soltanto 11 gradi), è soprattutto un vino buono da bere, piacevole e leggero, con componenti olfattive ampie e complesse e sapore delicato. La grande sfida lanciata da GiÀ è infatti quella di essere un vino con un moderato tenore alcolico ma senza compromettere la personalità e le caratteristiche di qualità che gli derivano dalle uve nobili con cui è prodotto. Il contenimento del grado alcolico si ottiene quindi innanzitutto in vigna, sia con la selezione dei vigneti e delle esposizioni più adatte, sia con la gestione attenta dei tempi di vendemmia e con un particolare controllo delle rese per ettaro. In cantina, per contenere il grado alcolico si punta invece all’impiego in vinificazione di lieviti a ridotta efficienza nella produzione di alcol e soprattutto – sul vino finito – sull’utilizzo di una tecnologia enologica avanzata. Dal punto di vista organolettico la minore gradazione permette di evidenziare in modo più

preciso i caratteri gusto-olfattivi del prodotto, esaltandoli. GiÀ presenta infatti un equilibrio ideale tra la freschezza legata all’acidità, il bouquet intenso e fruttato, la morbidezza e la struttura elegante. Molto versatile negli abbinamenti con il cibo, ottimo da aperitivo, riesce anche ad abbinarsi facilmente a qualsiasi tipo di piatto, in particolare i primi leggeri, le insalate, la pizza. www.fontanafredda.it

KARINA VON DETTEN NUOVO AD DI BAYER CROPSCIENCE “L’incredibile varietà di colture e la forza propulsiva del brand “made in Italy” sono valori indispensabili in un momento di crisi come l’attuale”, ha sottolineato Karina von Detten, dal 1° agosto 2011 alla guida di Bayer CropScience srl, presentandosi oggi alla stampa nazionale. Alla base delle eccellenze agroalimentari italiane c’è una forza produttiva agricola unica per numero di colture – praticamente tutte tranne alcune tropicali – che potrà rispondere alle sfide del mercato se saprà coniugare produttività, competitività e qualità superiore. “Per contribuire alla ripresa del nostro sistema agricolo Bayer CropScience in Italia ha programmi concreti per il prossimo anno - ha continuato von Detten - Per questo siamo fiduciosi per il 2012 e crediamo in una crescita, sia per noi sia per i nostri clienti”. Con una ricerca finalizzata all’innovazione richiesta dal mercato e con la più forte presenza sul territorio italiano, Bayer CropScience in Italia amplia nel 2012 la propria gamma di soluzioni innovative per mais, grano, vite, frutta e ortaggi, rafforza i servizi al cliente finale con Baydir Agricoltori, prosegue i progetti di filiera Magis per la vite da vino e da tavola, continua la comunicazione dell’innovazione in agricoltura attraverso Coltura & Cultura. “Per me e per tutto il team di Bayer CropScience la sfida più grande è la partecipazione costruttiva alla dinamica del nostro settore, sempre un passo avanti agli altri, dando una risposta alle domande dei nostri clienti.” BAYER CROPSCIENCE S.R.L. www.bayercropscience.it

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le notizie di enogastronomia e turismo

CON MAZZETTI L’INVERNO SI FA PREZIOSO Oro di Mazzetti® e Oro Nero di Mazzetti® sono due liquori che vedono incontrare la grappa con il nobile metallo dal fascino che lo ha da sempre reso oggetto di desiderio. A stuzzicare il mercato invernale con i due pregiati prodotti è Mazzetti d’Altavilla – Distillatori dal 1846, la più antica grapperia del Piemonte. Dalle vinacce del vitigno Moscato, dai sentori fruttati e floreali, ha origine il liquore Oro di Mazzetti® con microscaglie di oro alimentare (23 carati) che, agitando la bottiglia, si disperdono nel liquido restando in sospensione. La tradizione e l’innovazione vanno di pari passo con questo prodotto, fatto che ha spinto Mazzetti d’Altavilla a concedersi il bis creando anche Oro Nero di Mazzetti® che vede la Grappa congiungersi, oltre che con le microscaglie di oro alimentare (23 carati) anche con il caffè, traendo ispirazione da un’antica ricetta di infuso di grappa e caffè che risale al XVII secolo. Due liquori da consumare freddi… ma anche due “preziosi” ingredienti per tutta una varia gamma di cocktail ideati dalla stessa Mazzetti d’Altavilla.

MAZZETTI D’ALTAVILLA S.r.l.

www.mazzetti.it

IL RIPASSO CON LA FASCETTA Dal 1° dicembre 2011 le bottiglie di Valpolicella Ripasso saranno sigillate con la fascetta di Stato. Anche se è divenuta DOC solo dal 2010, la storia del Ripasso parte da molto lontano. La tecnica enologica utilizzata, infatti, è di lunga ed esclusiva tradizione in Valpolicella; si ottiene dal “ripasso” del Valpolicella sulle vinacce fermentate delle uve appassite utilizzate per la produzione di Recioto o Amarone. Il Valpolicella Ripasso risulta così più corposo e rotondo del Valpolicella, ma meno forte dell’Amarone: insomma un vino di carattere intenso e piacevole nello stesso tempo. Queste sue caratteristiche hanno

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accresciuto l’interesse nei consumatori di moltissimi Paesi del mondo, in modo particolare nel Nord Europa, nel Nord America ed in Russia, portando le cantine a triplicare la produzione dal 2007 al 2010. Nel 2011 il numero di bottiglie vendute supererà i 20 milioni. Dati questi che hanno spinto i produttori e, conseguentemente, il Consorzio di Tutela Vini Valpolicella a scegliere di apporre il contrassegno di Stato, così da tutelare il prodotto dalle imitazioni, attraverso la tracciabilità di ogni bottiglia. Tutto questo permetterà di garantire i consumatori sull’originalità del vino acquistato, oltre che consentire al Consorzio il controllo e la gestione dell’offerta, così come già avviene per il Recioto e l’Amarone della Valpolicella. Sempre nell’ottica di tutela dei vini della Valpolicella, nel corso degli ultimi quattro anni il Consorzio in collaborazione con la Camera di commercio di Verona ha intrapreso una serie di azioni nei mercati esteri fra cui la registrazione dei marchi collettivi “Amarone della Valpolicella”, “Recioto della Valpolicella” e “Valpolicella Ripasso”. CONSORZIO PER LA TUTELA DEI VINI VALPOLICELLA www.consorziovalpolicella.it

GAGLIOPPO E MERLOT PER IL FRISIO 2010

Abbiamo degustato l’annata 2010 del Frisio imbottigliato da qualche mese dalla Az. Ag. Termine Grosso giovane azienda calabrese in quel di Roccabernarda in provincia di Crotone. È stata una conferma. Anzi, rispetto alla precedente annata è migliorato ancora. Di ciò il titolare della cantina, Antonio Giglio Verga, è abbastanza soddisfatto ma non del tutto, perché nel suo essere vuole sempre di più. Il Frisio 2010 è ricavato da un blend di uve Gaglioppo (vitigno autoctono del territorio calabrese) e dall’internazionale Merlot. È un rosso rubino con riflessi granata, al naso si presenta con buoni profumi che richiamano le amarene, liquirizia oltre ad una nota balsamica di resine. In bocca è un vino caldo con una buona acidità ben bilanciata dall’alcol (14,5°). I tannini sono morbidi e il vino ha una buona persistenza. Un rosso giovane dai profu-


le notizie di enogastronomia e turismo mi vinosi piacevoli e dall’ottimo retrogusto fruttato. È un vino che si abbina bene a primi piatti a base di ragù di carne, e carni grigliate. Ottimo da degustare con formaggi soprattutto se stagionati. TERMINE GROSSO AZ. AGR.

www.terminegrosso.com

UNA VENTESIMA EDIZIONE DA INCORNICIARE Dal 4 al 7 novembre la “quattro giorni” del Merano WineFestival ha riempito la città termale di oltre 5300 visitatori, ben 700 presenze più del 2010. La giornata di apertura, dedicata a bio&dynamica, è stata coronata dalla serata di gala per la celebrazione del Ventennale, premiazioni delle 7 aziende che dalla prima edizione sono state ininterrottamente selezionate per il Festival, giochi laser e un po’ di commozione nel ricordare i momenti passati e presentare i progetti futuri. Helmuth Köcher fondatore e Presidente del Festival sottolinea come, fra i numerosissimi appuntamenti in programma, abbiano riscosso particolare interesse le presenze straniere, da sempre un “vanto” della manifestazione, i 32 château dell’Union de Grand Cru de Bordeaux che scelgono Merano per farsi conoscere dal pubblico italiano, e la novità 2011, ovvero i vini del Sudafrica. Altro punto di forza di questa edizione dell’anniversario sono i piatti shock della Gourmet Arena, ovvero la creatività assoluta degli chef più noti a portata di tutti. E infine la giornata del lunedì, con la possibilità di degustare le vecchie annate che tutti i produttori presenti sono stati invitati a portare. Una vera festa per gli appassionati, che ha visto prestigiosi vini, anche oltre i dieci anni, a portata di tutti i palati. Conclusa con soddisfazione questa importante edizione il Merano WineFestival parte per una nuova avventura, il MILANO FOOD&WINE FESTIVAL. Infatti sarà il

Festival, e in primis Helmuth Köcher, a selezionare le 100 aziende vitivinicole che saranno il degno completamento di IDENTITÀ GOLOSE, il Congresso Internazionale di Cucina d’Autore ideato da Paolo Marchi che si svolgerà dal 4 al 6 febbraio prossimo a Milano. Una partnership nel segno della qualità assoluta che darà vita ad un evento unico nel mondo del food & wine, e per la prima volta aperto al pubblico! www.meranowinefestival.com

È DOLCE LA PIÙ PICCOLA DOCG D’ITALIA 30 ettari esclusivamente nella fascia collinare del Comune di Scanzorosciate (BG), nella zona caratteristica dei “Sass de luna” pietre arrotondate che somigliano a quelle lunari, da cui il nome in bergamasco, durissime nel terreno ma estremamente fragili una volta esposte ai raggi solari - infatti si sbriciolano riducendosi in polvere - vigneti per lo più terrazzati e che richiamano la viticoltura eroica di altre zone d’Italia, 22 produttori consorziati, 60.000 bottiglie da 0,50l. Questi i numeri del Moscato di Scanzo, pregiato rosso passito di vendemmia tardiva da uve moscato nero, ottenuto in riduzione per preservarne gli aromi, uno dei vini più antichi d’Italia. Le uve vengono fatte appassire dai 20 ai 50 giorni su graticci e in ambienti condizionati con temperatura e umidità controllate. Dopo la torchiatura il vino viene conservato in vasi vinari di vetro o acciaio. Prevede un minimo di due anni di invecchiamento ma in bottiglia lo si può conservare anche per lunghi periodi. Il Moscato di Scanzo è un vino da meditazione, di colore rosso rubino intenso che può tendere al cerasuolo con riflessi granata, estremamente profumato, speziato, pepe e cannella su tutti, in bocca ha una sorprendente acidità e sapori di prugna, frutti di bosco, rosa canina, ciliegia marasca con sentori balsamici di salvia, eucalipto e, a volte, di cacao e tabacco e con un finale lungo e persistente e retrogusto ammandorlato, tipico dei moscati. La gradazione media varia tra i 14 e i 15 gradi. CONSORZIO DI TUTELA MOSCATO DI SCANZO

www.consorziomoscatodiscanzo.it

a cura della redazione di


di Marco Ferrari

Argentina, una realtà consolidata

Mendoza, grazie al clima, il viticoltore può vendemmiare quando ritiene più opportuno, lasciando l’uva fino alla completa maturazione, con alta concentrazione zuccherina e fenolica, al riparo di ogni possibile intemperia di fine estate a mettere in scacco il lavoro di un anno.

O

ltre a deliziarci con la degustazione dei vini, un altro esercizio interessante è cercare di capire lo sviluppo, le tendenze e le diverse strade che i vari produttori scelgono di intraprendere, regione per regione. Spinti da necessità e stimoli di tipo diverso, a seconda delle zone e delle varie realtà alle quali devono sottostare, i produttori si muovono così nelle direzioni più diverse; ma è proprio questo che fa del mondo del vino un’affascinante arlecchino di stili e proposte.

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Con le differenze di carattere climatico, di suolo e culturali, che prospettano la più ampia gamma di possibilità, le persone coinvolte nel processo produttivo e poi nell’indotto commerciale, sono quelle maggiormente interessate all’affermazione di una propria vocazione enologica che faccia del prodotto del singolo qualcosa di tipico e inimitabile. Nel panorama dell’Argentina, Mendoza può esser considerata una terra privilegiata per la prati-

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ca della viticultura, un famoso enologo europeo affermò che “L’Argentina possiede un terroir superiore a Cile, California e Australia”; in effetti, oltre ad essere una terra molto vasta, l’Argentina occupa la 5ª posizione, con più di 12 milioni di ettolitri, tra i grandi produttori di vino del mondo. Uno dei grandi vantaggi dell’Argentina è senz’altro il basso indice pluviometrico che, a seconda della regione, oscilla tra 100 a poco più di 300 millimetri/anno; la vite necessita di qualcosa come 500 mm/anno, il resto deve essere completato con l’irrigazione, questo fatto di per sé è sufficiente a suscitare i brontolii di invidia dei cugini brasiliani i quali, al contrario, soffrono con le bizze climatiche caratteristiche della Serra Gaucha, principale regione vinicola verde–oro. Bene, per avere un’idea di quanto sia favorevole la situazione, basta pensare che in Mendoza, grazie al clima, il viticoltore può vendemmiare quando ritiene più opportuno, lasciando l’uva fino alla completa maturazione, con alta concentrazione

zuccherina e fenolica, al riparo di ogni possibile intemperia di fine estate a mettere in scacco il lavoro di un anno. Alcuni problemi Nonostante questo quadro bucolico non sono tutte rose, anche a Mendoza ci sono alcuni problemi; per esempio, quando il vigneto è mal supportato dall’irrigazione, in quegli anni di siccità eccessiva, può farsi necessario l’uso di pompe in pozzi profondi, con costi elevati ad aggravare sul produttore. Altra situazione–problema in potenziale è rappresentata dalle gelate notturne, di incidenza periodica che, quando si presentano, recano seri danni alle viti; si calcola che 1/3 della raccolta ad ogni dieci vendemmie, vada perduta per colpa delle gelate. Un altro inconveniente eventuale risponde al nome di Zonda, come è conosciuto il forte vento che soffia sull’altipiano di Mendoza.

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Ma la situazione più pittoresca è senza dubbio la grandine, che cade occasionalmente, con pietre di quasi ½ kg, le leggende folcloriche locali parlano di chicchi di grandine cosí grandi che possono abbatere un bovino, se colto in testa. La vendemmia eccellente Però, quando il tempo si decide a cooperare, come del resto succede nella maggior parte degli anni, Mendoza, con i suoi vigneti di altitudine elevata, ad ampia escursione termica, protagonizza una vendemmia spettacolare, qualcosa di realmente importante, non è per caso che alcune tra le principali aziende argentine sono, oggi, di proprietà di gruppi stranieri o di società di investimento. Persone che aproffittarono di qualcuna fra le periodiche crisi economiche argentine, negli anni ’90 e comprarono molte Bodegas in difficoltà, investirono pesantemente in moderne tecnologie di cantina e nell’espansione della superficie vitata e oggi affrontano caparbiamente l’agguerrita concorrenza sui principali e più disputati mercati internazionali. Vediamo alcuni esempi di Bodegas argentine che oggi appartengono a gruppi o società straniere: Bodegas Terrazas (Moet & Chandon), Salentein, Septima, Monte Viejo, Alta Vista, Norton, Graffigna, Etchart, Michel Torino, Tapiz, Trivento, La Celia, O. Fournier, Doña Paula, sembra che all’infuori della leggenda viva Catena Zapata e di Familia Zuccardi (questi nomi non suonano fami-

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liari a noi italiani?), di genuinamente argentino, a Mendoza, non sia rimasto molto. Le attuali tendenze La grande scommessa di Mendoza oggi, è la ricerca e lo sviluppo della viticoltura di alta quota, vendemmiare uve al di sopra dei 1.000 metri, possibilmente da vigneti antichi, con più di 20 30 anni, è la tendenza attuale della produzione di qualità, vediamo di capire perchè. Innanzi tutto dobbiamo tenere in mente la geografia di Mendoza, un immenso altipiano, senza colline o elevazioni, che frustra di immediato qualsiasi vocazione alternativa mirata alla scoperta di micro – clima particolari per personalizzare il vino, preso atto di questa situazione è doveroso partire alla ricerca di altre soluzioni. Ecco che l’opzione per la viticoltura di altitudine diventa un’alternativa di tutto rispetto, bisogna tener conto che al di sopra dei 1.000 m., a queste latitudini, è presente una forte escursione termica tra il giorno e la notte, fattore climatico che concentra gli zuccheri maggiormente che non ad altitudini più basse; come conseguenza si ottiene una frutta molto più ricca in nutrienti ed un vino maggiormente alcolico e concentrato. Ultimo fattore di grande importanza è rappresentato dall’età delle viti, piante con più di venti o trent’anni, nonostante la bassa produttività, forniscono grappoli ricchi di nutrienti e di qualità decisamente elevata.

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Per tutti questi motivi possiamo tranquillamente affermare che la tendenza per i vini argentini di qualità, i migliori prodotti a partire dal vitigno Malbec, nella regione di Mendoza, si identifica con la produzione di alta quota, concentrandosi sui

vigneti più vecchi; se poi volessimo indicare una zona che si distingue per l’eccellenza produttiva, senz’altro dovremmo considerare la Valle di Uco, attuale indirizzo di alcuni tra i migliori vini Mendocinos.

Patagonia: una terra da sogno Spaziando tra le varie zone vitivinicole dell’Argentina, non potevamo non prendere in considerazione la Patagonia, o meglio, la Valle del Rio Negro; questa regione è situata a quasi 1.000 km al sud di Buenos Aires, a circa metà strada tra la Cordigliera delle Ande e l’Atlantico e a meno di 2.000 km a Nord della Terra del Fuoco. In altre parole, siamo nel bel mezzo del deserto. Il microclima subisce l’influenza dei fiumi della Cordigliera, il Neuquem e il Limay, i quali formano il Rio Negro, che sfocia nell’Atlantico. Nel 1928 alcuni coloni britannici, avendo osservato la grande quantità d’acqua correndo nei fiumi della zona, decidono di scavare dei canali per irrigare la valle, formando così un oasi nel deserto e trasformandolo in un paradiso per la frutticultura, ancora ai nostri giorni questa terra è riconosciuta mondialmente per l’eccellente qualità di pere e mele, oltre che dal vino, naturalmente. Le prime viti, generalmente di vitigni francesi, risalgono all’inizio del secolo XX. La Valle del Rio Negro è un vero e proprio paradiso naturale per la coltivazione della vite. Un clima arido, con soli 180 mm/anno di pioggia e un’umidità massima del 30%, fanno di questa regione, la più meridionale del continente, un’oasi assolutamente libera da parassiti, funghi e varie altre malattie

della vite. L’atmosfera rimane incontaminata, pura ed intatta, in perfetto equilibrio e sintonia con la natura che sta intorno. Questa purezza si respira nell’aria genuina che ispira l’uomo a lavorare nel più completo e pieno rispetto della natura, in maniera artigianale, rispettando i delicati equilibri di un ecosistema rarissimo al giorno d’oggi. È una regione dove è molto in voga la pratica della viticoltura organica e biodinamica. Si pensi che in epoca di maturazione, l’escursione termica spazia tra le medie diurne dei circa 28 ºC. per precipitare ai 9 ºC delle fredde notti del sud Australe. In queste condizioni estreme si stanno lavorando alcuni tra i più interessanti vini dell’emisfero Meridionale, senza dubbio è una frontiera del vino con molti tesori da scoprire.

Anche in Patagonia il vitigno principale è il Malbec, anche se dà un vino diverso dal Malbec Mendocino, per ovvi motivi climatici e di terroir il Malbec patagonico è più intenso, speziato e molto profondo, la maggior parte dei vini della Patagonia è di qualità e prezzo elevati. Per concludere la dovuta menzione ad un grande vino di questa zona, la rivista Wine Spectator ha appena concluso la sua recensione annuale dei vini e, nella sua TOP 100, al primo posto tra i vini argentini, con 96 punti, incontriamo un vino della Patagonia, o NOEMÍA, Mabec biodinamico della Bodega Noemia, che appartiene alla Contessa Noemi Marone Cinzano ed al winemaker danese Hans VindingDiers, gli stessi della Tenuta Argiano di Montalcino, per intenderci.

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di Luca Iacopini e Massimo Bracci

La Calabria e il Cirò

Gli antichi la chiamavano Enotria, la terra dove si coltiva la vite alta da terra.

N

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ella storia antica dell’Italia c’è una re-

massimo delle loro potenzialità, una terra in cui

gione le cui tradizioni enoiche erano

l’ambiente e l’uomo erano al centro della società

talmente importanti da farla identificare

e di contro parte una concezione Romana in cui

con un nome che ben richiamava tale tradizione

la conquista e la spoliazione del territorio erano

“Enotria”, questo era il nome che identificava

invece la regola assoluta. In queste due diversi-

l’attuale Calabria nell’epoca greca e i vini di que-

tà la coltura della vite resiste alternando fasi di

sta zona erano così apprezzati da essere dati in

espansione con fasi di contrazione fino ad arri-

premio ai vincitori dei Giochi Olimpici. Un nome

vare ai giorni nostri in cui la svolta netta verso la

derivante da un vocabolo per indicare il palo da

qualità ne è l’aspetto predominante.

vite. Infatti i Greci scelsero la Calabria per impian-

La Calabria, dal punto di vista orografico, è ab-

tare le loro uve più pregiate e così nei secoli a

bastanza singolare in quanto più del 90% del

venire con i Romani e poi con l’epoca medievale,

suo territorio è rappresentato da colline o rilievi

il vino ha avuto un ruolo di estrema importanza

montuosi, e al tempo stesso è circondata da tre

nella società calabrese. Un’importanza che però

mari e con le coste che distano da qualsiasi pun-

si è dovuta scontrare anche con due concezioni

to della regione non più di 50 chilometri. Un altro

abbastanza diverse tra loro: quella Greca dove la

aspetto a cui è collegata l’orografia è rappresen-

Calabria era considerata una terra le cui risorse

tato dalla densità abitativa che è ampiamente al

agricole come la vite e l’ulivo trovavano un habi-

di sotto della media nazionale. Sostanzialmente si

tat ideale e quindi dovevano essere sfruttate al

possono individuare tre zone vinicole: la zona del

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Pollino con l’omonima doc e con la coltiva-

vuol dire che i vini calabri manchino di qualità,

zione del Gaglioppo, il vitigno più coltivato in

è forse l’esiguità e l’asprezza del territorio che

regione. Segue la zona occidentale della Sila

non permette ulteriori espansioni in tal senso.

con le doc Donnici, Lamezia e Savuto e con

Due sono i vitigni presenti in tutte le doc: il

i vitigni come il Nerello Mascalese, il Greco

Gaglioppo che rappresenta l’80% della pro-

Nero e naturalmente il Gaglioppo. La terza

duzione a bacca rossa e il Greco Bianco con

zona riguarda invece i rilievi di fronte allo Ionio

il 90% della produzione del vino bianco.

con le doc Melissa, Sant’Anna Capo Rizzuto

Il

e con la più famosa doc Cirò.

Magliocco o Mantonico nero, se ne nota la

In totale abbiamo 12 doc e nessuna docg,

presenza anche in altre regioni italiane quali

e dobbiamo notare sotto questo aspetto un

l’Abruzzo, la Campania, l’Umbria e le Marche,

certa stagnazione disciplinare nel senso che

ma è in Calabria che è coltivato in modo

l’ultima doc richiesta e approvata risale al

molto capillare e in particolar modo nella

Gaglioppo

conosciuto

anche

come

lontano 1996. Ciò però non

Grappolo di Gaglioppo di Calabria

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zona di Cirò dove trova la sua zona d’elezione.

fino ad un massimo del 10%. Le uve devono

La particolarità del terreno calabrese, siccitoso

essere prodotte nelle zone di produzione che

e aspro, fornisce il microclima che più è idoneo

comprendono in tutto i territori dei comuni di Cirò

per questo vitigno, fra l’altro molto resistente e

e Cirò Marina ed in parte i territori dei comuni di

caratterizzato da una maturazione abbastanza

Melissa e Crucoli tutti in provincia di Crotone.

precoce. La sua collocazione tra il mare e le

Per le tipologie a bacca rossa sono previste le

montagne della Sila crea estreme differenze di

qualificazioni: classico riservata esclusivamen-

temperatura tra il giorno e la notte. Questo fa

te ai vini provenienti dai comuni di Cirò e Cirò

si che i grappoli maturino lentamente raggiun-

Marina, Superiore se la sua gradazione supera

gendo in tal modo il pieno sviluppo degli aromi

i 13,5° e Riserva se invecchiato per almeno due

e del gusto. Il vino presenta due caratteristiche

anni. La produzione si aggira in circa 40 mila

ben precise: una spiccata tannicità, molto esu-

ettolitri l’anno, di cui l’85% di Rosso. Oggi in

berante al punto che si fa sentire in maniera

Calabria cominciano ad esserci alcune aziende

prepotente nella degustazione; Questa carat-

interessanti per la loro qualità come Librandi,

teristica è stata preservata dai produttori senza

San Francesco, Enotria, Ippolito, Parilla, ecc.

grandi interventi di ammorbidimento, proprio

Noi abbiamo degustato un Cirò rosso classico

per salvaguardare una caratteristica così pe-

2009 di una delle aziende sopra menzionate.

culiare del vitigno che lo rende tra l’altro molto

Nel bicchiere il vino si presenta cristallino, ros-

adatto all’invecchiamento. Un’altra caratteristi-

so rubino intenso con unghia granata, di medie

ca che lo distingue da altri vitigni è il suo colore,

concentrazione con “lacrime larghe”, abba-

inteso soprattutto nel suo scarso patrimonio

stanza fitte e mediamente consistenti. Al naso

cromatico che lo rende avvicinabile a grandi vi-

è intenso, schietto, fine e sottile che spazia tra

tigni come il Pinot Nero ad esempio, dove c’è

fruttato, balsamico e eucalipto, sufficientemen-

grande tannino ma poco colore. Questo aspet-

te persistente. In bocca il vino è secco, caldo,

to nel passato è stato scambiato come un di-

la forte gradazione alcolica (supera spesso i 14

fetto, e dobbiamo dire in modo errato perché il

gradi) con un notevole corpo è una caratteristi-

colore è uno degli elementi di un vitigno e non

ca tipica del Gaglioppo, rotondo, di buona aci-

l’elemento di un vitigno.

dità e con un tannino ancora un po’ astringente

La doc nasce nel 1989. La tipologia rosso e ro-

che insieme rendono il vino quasi equilibrato.

sato deve essere ottenuta dalle uve provenien-

Al palato si esprime con una buona struttura

ti da vigneti di Gaglioppo per almeno il 95%,

generale e ricalca le sensazioni olfattive, con

possono concorrere alla produzione anche le

un finale sufficientemente equilibrato. Si abbi-

uve proveniente dai vitigni Trebbiano Toscano

na molto bene paste asciutte al sugo di carne

e Greco Bianco fino ad un massimo del 5%. Il

come la lepre, carni bianche brasate e grigliate

vino Cirò bianco utilizza invece il Greco Bianco

miste. In pratica il Cirò è divenuta la doc emble-

per almeno il 90%, possono concorrere anche

ma della Calabria, un vino che racchiude in se,

le uve provenienti dal vitigno Trebbiano Toscano

tutta la sua terra, tutta la sua storia.

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Cambio di data, nuovo salone dedicato ai vini da agricoltura biologica e biodinamica, novità per il Concorso Enologico Internazionale e Concorso Internazionale Packaging: anche per l’edizione 2012 Vinitaly - in programma a Verona dal 25 al 28 marzo 2012, www.vinitaly.com - mette in campo tutto il suo impegno innovativo a servizio della filiera vitivinicola. Decidendo di ridurre i giorni di apertura e cambiando cadenza settimanale, che passa dalla domenica al mercoledì rispetto al tradizionale giovedì-lunedì, il più grande Salone internazionale dedicato ai vini e ai distillati giunto alla 46^ edizione dimostra di aver maturato nel tempo un’idea di servizio al settore costantemente in progress, “sia per continuare a dare strumenti di

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promozione adeguati ai tempi che cambiano, sia per attrarre sempre più operatori e creare sempre maggiori opportunità di incontro e business, che per ottimizzare le spese”, dice Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere. Già con lo spostamento dell’apertura della manifestazione ai primi giorni della settimana si è voluto dare un forte segnale a una categoria di operatori, quelli del canale horeca, particolarmente importanti come veicolo per la conoscenza e il consumo dei vini. Gli operatori horeca rappresentano circa il 20% dei visitatori italiani a Vinitaly e l’11% di quelli stranieri, e la loro partecipazione verrà sicuramente favorita da questa decisione; in particolare i ristoratori, che prima avevano solo il lunedì come giorno utile, mentre ora avranno

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a disposizione più tempo per conoscere nuove aziende e nuovi vini. Proprio per capire meglio le dinamiche di consumo nella ristorazione, è stata realizzata nei mesi scorsi un’indagine dal titolo “Vinitaly incontra la ristorazione”. Sulla base dei risultati ottenuti - disponibili nella sezione “Studi e Ricerche” dell’Area Stampa del sito www.vinitaly.com - Vinitaly ha aperto un dibattito con una serie di interviste a cadenza settimanale a operatori del settore (produttori, ristoratori, distributori, comunicatori). Le interviste, pubblicate sul sito http://aspettando. vinitaly.com, sono aperte ai commenti di tutti coloro che vogliono dire la propria opinione su strategie di offerta e tendenze di consumo del vino in Italia. Obiettivo dell’iniziativa è quello di favorire un dialogo tra tutti i protagonisti della filiera, in particolare tra produttori e ristoratori, per capire e gestire sia situazioni contingenti, come la crisi economica, sia le nuove tendenze di consumo. Focus di Vinitaly 2012 è ViViT – Vigne, Vignaioli, Terroir, il nuovo salone dedicato ai vini da agricoltura biologica e biodinamica. Un centinaio le aziende italiane ed estere che hanno scelto di aderire alla nuova iniziativa di Vinitaly, che prevede uno spazio appositamente allestito al primo piano del Palaexpo. Si tratta di una produzione di nicchia, che però sta crescendo nell’interesse dei consumatori e questa nuova vetrina è stata pensata proprio per aiutare i buyer e gli altri operatori commerciali della filiera vino a cogliere i motivi di questa attenzione e per metterli in contatto con i produttori.

La risposta degli espositori allo sforzo organizzativo di Veronafiere è anche quest’anno positiva, con una riconferma quasi totale delle presenze, che nel 2011 erano state 4.164. A queste si aggiungono nuovi espositori anche dall’estero. Altra importante novità riguarda il Concorso Enologico Internazionale che viene spostato a novembre. La scelta è stata fatta per dare più spazio a una competizione cresciuta molto nei suoi 20 anni di storia e alla quale Veronafiere con Vinitaly vuole dare ancora maggiore risalto. Non si tratta più, infatti, di un semplice confronto, ma, vista la selettività dei 105 giurati (solo 70 medaglie assegnate su 3.720 bottiglie partecipanti da 30 Paesi nel 2011), di un vero e proprio investimento per le aziende; a quelle vincitrici Vinitaly vuole dare più opportunità di sfruttare il riconoscimento a fini di marketing e commerciali, oltre che offrire nuove iniziative promozionali. Con la stessa filosofia si sposta a novembre anche il Concorso Internazionale Packaging, che nell’ultima edizione ha visto 220 campioni in concorso provenienti. In contemporanea con Vinitaly ritroviamo Sol - Salone Internazionale dell’Olio d’Oliva Extravergine di qualità (http://www.sol-verona.it), Agrifood Club - Rassegna dell’Agroalimentare di qualità (www.agrifoodclu.it) ed Enolitech - Salone Internazionale delle tecniche per la Viticoltura, l’Enologia e delle tecniche Olivicole e Olearie (www.enolitech.it). A questi si aggiungono gli appuntamenti serali per i wine lover con Vinitaly for you al Palazzo della Gran Guardia in centro città.

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amiglia Consegnati i riconoscimenti “Il Pisano più Schietto” dai Fisariani Pisani

Serata impegnativa per la Fisar di Pisa e Litorale a Villa Poschi di Pugnano, ambiente consono alle cerimonie di rilievo della delegazione pisana ed ormai traguardo tradizionale per le premiazioni. Infatti, durante la squisita cena si è proceduto alla premiazione del concorso “Il Pisano più schietto” giunto ormai alla tredicesima edizione. Quest’anno sono state sei le tipologie premiate: IGT bianco e rosso, IGT non elaborato, Montescudaio Doc, Chianti Doc e Vin Santo. La giuria formata da Andrea Acciai (ente Provincia di Pisa), Cinzia Agostini, Pier Luigi Ara (stampa), Piero Ristori, Cipriano Barsanti (enologo), Luca Barsanti, Liana Benini, Giuseppe Ferroni (università di Pisa), Paolo Del Guerra (A.I.S.), Silvia Mellini (per i produttori), Maria Cristina Messina, Stefano Micheletti (ristoratore), Davide Mustaro (presidente) e SergioTofani (ONAV) ha degustato circa centocinquanta bottiglie, rigorosamente alla cieca, stilando le schede tecniche i cui risultati hanno definito il

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primo posto in ogni tipologia (in ordine come enunciate sopra) dei seguenti vini: 1) Fonte alle Donne, Az. Fattoria di Fibbiano 2) Casa Nocera, Az. Pagani De Marchi 3) Il Grullaio, Az. Visiglian del Vescovo 4) Piero Fosco, Az. Poggio agli Scalzi 5) La Rocca, Az. Agr. Villa Saletta 6) Vin Santo, Az. Badia di Morrona Prima di passare alla consegna delle targhe, il presidente di giuria ha sottolineato come tutti i giurati abbiano svolto con impegno e competenza il proprio ruolo evidenziando una sostanziale condivisione delle criticità e delle caratteristiche dei vini ed ha sottolineato come nell’attuale edizione si sia rimarcato un generale miglioramento qualitativo sui vini bianchi, come mai registrato negli anni passati ed un netto innalzamento qualitativo dei Montescudaio, segno inequivocabile di una crescita professionale dei produttori. Quindi il delegato Cristina Messina ha provveduto a chiamare i rappresentanti delle aziende premiate per ritirare il riconoscimento che nell’ordine delle tipologie sono: Nicola Cantoni, proprietario, Stefano Moscatelli,

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direttore tecnico, Francesco Lomi, consigliere d’amministrazione, Alberto Moscardini, proprietario, Jonathan Rodwell, enologo, Adolfo Benvenuto, enologo. I sommelier Patrizia Donati, Lorenzo Mariotti e Alessandro Marrucci hanno proposto i seguenti abbinamenti al menù della serata: antipasto di sformato di tartufo, soppressata di cinghiale all’arancio,sfoglia calda con paté e bruschetta al radicchio rosso con il Fonte delle Donne, uve Colombana al 60% e 40% di Vermentino, fatte bollire separate per più di un mese e poi miscelate in proporzione anche all’annata. Con la minestra di ceci è stato servito il Grullaio, 40% Cabernet Sauvignon, 40% merlot e resto Sangiovese. Per i Tacconi al Colombaccio naturalmente il Montescudaio; per il Fagiano alla Cacciatora con olive e polenta si è abbinato il Chianti mentre per il Pecorino del Parco di S. Rossore con noci nostrali è stato scelto il Casa Nocera. Naturalmente il Vin Santo ha bagnato la Torta con pere e cioccolato, i cavallucci ed i cantuccini. Al termine si è provveduto ad una lotteria di beneficenza con i cartoni di vino offerti dai produttori ed il cui ricavato è stato consegnato nelle mani della dott. ssa Luciana Massignan, responsabile dell’Associazione Oncologica Pisana “Piero Trivella” gruppo donne. Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa e Litorale


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amiglia

La FISAR a Napoli con il Presidente Napolitano Il Teatro San Carlo di Napoli ha inaugurato la Stagione Sinfonica 20112012 con la presenza del Presidente Giorgio Napolitano e di alte cariche dello Stato è stato presentato Terra, Oratorio commissionato per il 150° anniversario dell’Unità nazionale. Un inno alla nostra nazione nella sua meravigliosa varietà attraverso una partitura che unisce il Nord del compositore Luca Francesconi e il Sud della librettista Valeria Parrella. Il tutto diretto da Jonathan Webb. Ad accogliere il Presidente il ministro per i Beni culturali, Giancarlo Galan, ed il sottosegretario Riccardo Villari e Giuliano Amato, presidente del Comitato dei garanti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, il Presidente della Regione Stefano Caldoro e il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris. Dopo lo spettacolo nel foyer storico del Teatro San Carlo è stata servita una cena per duecento invitati, Mariateresa Lanza consigliera nazionale F.I.S.A.R. proprietaria dell’Ex Libris di Palazzo Lanza ha organizzato e diretto, coadiuvata da una squadra di sommelier, la degustazione dei vini tutti rigorosamente campani, rafforzando con l’importante serata di ieri la collaborazione con lo splendido Teatro di San Carlo, già avviata la scorsa stagione. Nel pomeriggio, prima dello spettacolo, Giancarlo Galan già Presidente della Regione Veneto, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali dal 2010 al 2011 ed attuale Ministro per i Beni e le Attività Culturali, insieme alla sua signora, ha espresso il desiderio di de-

gustare privatamente i vini campani. La degustazione è avvenuta a “porte chiuse”, con il Ministro Galan erano presenti anche il Sottosegretario ai Beni Culturali Riccardo Villari, la Dott. ssa Rosanna Purchia Sovrintendente del teatro San Carlo, la Dott.ssa Emmanuela Espedaliere Responsabile Marketing del Teatro San Carlo, il Dott. Salvatore Nastasi Commissario Straordinario del Teatro San Carlo, il Dott. Giuliano Amato Presidente del Comitato dei Garanti per i 150 anni dell’Unità D’Italia. Mariateresa Lanza accompagnata dal sommelier Domenico Natale ha fatto conoscere 5 “chicche” campane accompagnate alcuni prodotti che rappresentano l’eccellenza di Terra di Lavoro tra

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cui la classica mozzarella di bufala, le Peschiole di Vairano Patenora, la cotognata, il Conciato Romanoe la mela annurca. Successivamente nel Foyer storico i sommelier della Fisar hanno fatto degustare ai 200 ospiti le eccellenze vitivinicole campane. Oltre ai tanti Parlamentari erano presenti il Governatore della Regione Campania Stefano Caldoro, il Presidente del Consiglio Regionale della Campania On. Paolo Romano, il Sindaco della città di Napoli Luigi de Magistris, alcuni referenti del Consolato americano della città di Napoli e svariati giornalisti e televisioni di fama nazionale. Notizia Inviata da Mariateresa Lanza

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amiglia La FISAR al Teatro San Carlo di Napoli

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, il Teatro di San Carlo ha presentato sabato 17 dicembre alle ore 20.30 il concerto speciale dedicato al 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. In programma il capolavoro di Giuseppe Verdi, “La Messa da Requiem”, diretta per l’occasione da Riccardo Muti (nella fotografia) che torna al Lirico della sua città natale dopo l’esibizione del dicembre 2010, per la prima serata sancarliana della stagione 2011-12. Il concerto per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia ha visto la partecipazione di rappresentanti delle massime istituzioni nazionali e locali e di esponenti del mondo dell’imprenditoria e dello spettacolo. Alla prima hanno accolto l’invito del commissario straordinario uscente Salvatore Nastasi, il ministro della Giustizia Paola Severino, il ministro degli Interni Annamaria Cancellieri, il ministro per i Beni Culturali Lorenzo Ornaghi e il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi. Presente anche il sindaco

di Torino Piero Fassino. Prima dello spettacolo i ministri sono stati accolti nei saloni della sovrintendenza del Teatro per un brindisi d’auguri, il tutto all’insegna dell’Asprinio, vitigno casertano, servito dai sommelier FISAR guidati dal Consigliere Nazionale Mariateresa Lanza. Per il brindisi, insieme ai ministri sono intervenuti altri ospiti quali l’attore Roberto Benigni, l’attrice Nicoletta Braschi ed il ballerino Roberto Bolle. Notizia inviata dalla Segreteria Nazionale

A Catania, Vino e poesia allo “Spazio Al-Cantàra” È stato il suggestivo scenario dello “Spazio Al-Cantàra”, elegante enoteca e circolo culturale di Catania, a ospitare la presentazione, organizzata dall’Associazione “Gabriele d’Annunzio”, del nuovo libro di poesie dello scrittore catanese e sommelier Fisar Antonio Iacona, dal titolo: “Tra valli e vandee”, pubblicata da Aletti Editore (Roma). L’incontro elegante ha visto, oltre alla presenza di una quarantina di ospiti, l’intervento del titolare dell’azienda vitivinicola etnea “Al-Cantàra”, Pucci Giuffrida, anch’egli orgogliosamente socio Fisar, che tanti riconoscimenti ha già ottenuto e sta ottenendo a livello internazionale con la sua produzione di Etna Rosso doc. “Sono convinto – ha detto Giuffrida – che un evento come questo possa rientrare in quel piano di imprenditoria colta che la nostra azienda ha scelto sin dall’inizio. Far camminare insieme l’arte, la letteratura e

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il vino è una delle nostre passioni, che ci consentono di esportare in Italia e all’estero un’altra immagine bella della nostra Sicilia”. “Ho al mio attivo romanzi, articoli, saggi letterari – ha spiegato Antonio Iacona – ma ciò che mi sento sin da bambino è l’essere poeta, anche per spiegare le mie passioni. Come quella per il vino, per questa meravigliosa poesia della terra che possiamo apprezzare ogni giorno con fascino sempre diverso”. Molto applaudito l’intervento dell’attrice Chiara Bentivegna, che ha emozionato per la sua originale interpretazione dei versi di Iacona, mentre gli ospiti presenti hanno potuto apprezzare in unico contesto l’arte, la letteratura e l’Etna Rosso doc, offerto a conclusione della serata. Notizia inviata dalla Delegazione di Catania

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I sommelier Fisar della delegazione storica di Livorno hanno festeggiato tre date importanti della nostra storia: 150 anni dell’Unità d’Italia, 130 anni dell’Accademia Navale ed il compleanno di Nave Vespucci: 80 anni da Gran Signora Nel 2011 si sono festeggiate tre date importanti: 150 anni dell’Unità d’Italia, 30 anni dell’Accademia Navale di Livorno e gli 80 anni, portati egregiamente, di Nave «Vespucci». La Fisar non poteva mancare a questo importante appuntamento con l’Accademia Navale ma, soprattutto, con la «Vecchia Signora del Mare», il veliero che tutto il mondo ci invidia. L’incontro a bordo di «Vespucci» nel porto di Livorno era per una causa nobile, ormai tradizionale: una serata di beneficenza autorizzata dallo Stato Maggiore Marina per presentare il bilancio dell’Associazione Onlus «Insieme per la Vita» di Livorno, nata nel 1985 per volontà di un gruppo di genitori che avevano perduto i propri figli a causa della leucemia. Dopo la conferenza tenuta sul «Cassero» con il saluto del Comandante C.V. Paolo Giacomo Reale che ha sottolineato «il grande legame tra Insieme per la Vita, Nave Vespucci ed il mare» e la relazione del presidente dott. Ettore Simoncini è seguita la consegna dei riconoscimenti al Comandante Reale, all’ammiraglio di divisione Pierluigi Rosati Comandante dell’Accademia Navale, al presidente dell’Associazione «Linceo Terra Preziosa in Val di Cornia» di Venturina, Luca D’Onofrio (che ha curato in modo impeccabile il buffet) ed ai dirigenti e giocatori della squadra di Basket Mens Sana Siena da cinque anni campione d’Italia, ospiti graditissimi.

Se «Linceo» in etrusco significa Fiume, il Cornia, che ha dato origine a questa valle, l’associazione non poteva fare di meglio per valorizzare il proprio territorio e le proprie tradizioni: un’organizzazione perfetta, dall’apparecchiatura elegante delle tavole all’esposizione dei vassoi, con i responsabili dei ristoranti che hanno presentato gustose specialità. Ed i vini di alcune aziende, tra le più importanti di questo lembo della provincia sud di Livorno: «Tutti i Santi», «Sant’Agnese», «Rigoli», «Poggio Rosso», «Giomi-Zannoni» e «Bonti» che hanno accontentato anche i gusti più esigenti. L’eleganza e la professionalità dai sommelier Fisar della delegazione storica di Livorno (e la più numerosa): Sabrina Domenici, Lisa Marinai, Barbara Nigro e Doriana Materazzi ha dato un tocco ulteriore di eleganza alla serata. Con Luca D’Onofrio era presente il direttivo del «Linceo»: Fabrizio Caponi, Giorgio Nocciolini, Roberto Filippeschi e Paolo Gigli, oltre ai titolari dei ristoranti: Roberta Pasquali, Marco Barlettani, Francesco Ricciardi e Davide Govi. Inoltre Alessio Bocelli, Ilaria Caiazzo, Amedeo Delle Piane, Cristina Carare, Micaela Filippi e Marian Urzican. Nei vassoi anche affettati e formaggi, tutti rigorosamente prodotti del territorio. E un buon caffè. Notizia inviata da Gianfranco Grossi Delegazione storica di Livorno

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amiglia Anche il vino parla Inglese

La sera di mercoledì 26 ottobre la Wall Street Institute di Lecco, una scuola privata di inglese, si è avvalsa della collaborazione di alcuni Sommelier della FISAR delegazione di Bareggio, per l’organizzazione di una lezione di analisi sensoriale e una degustazione guidata, tenutesi esclusivamente in lingua Inglese! L’evento ricadeva nell’ambito di varie attività organizzate dalla scuola, rivolte sia ai soci del proprio club che a nuovi utenti. La lezione, cominciata con un rapido excursus storico sulle origini del vino, è proseguita dando alcune nozioni sulla fisiologia dei sensi. Maggiore attenzione è stata data alla spiegazione di come effettuare correttamente una degustazione. Al termine della lezione, si è tenuta la degustazione guidata di tre vini.

L’iniziativa, che ha ottenuto un buon successo in termini di adesioni, sarà probabilmente la prima di una serie di incontri sul mondo del vino, che verranno tenuti esclusivamente in inglese. Notizia mandata delegazione di Bareggio

Impegno costante per la promozione di Volterra e del territorio Ancora una volta la nostra delegazione storica di Volterra ha dato il suo contributo a Volterra ed al territorio della Val di Cecina partecipando fattivamente alla rassegna enogastronomica giunta alla 10a edizione “Volterra Gusto”, attraverso la organizzazione di due eventi. Il primo in accordo con l’associazione” amici del Toscano”, tenutasi il 23 ottobre all’interno della torre duecentesca detta “del Toscano”, dove si è tenuta una degustazione di passiti e distillati con abbinati il “sigaro extravecchio” in edizione speciale dei 150 dell’unità d’Italia; il secondo evento si è svolto il 30 ottobre all’interno della manifestazione del tartufo e dei banchetti dei prodotti tipici della Val di Cecina dove i nostri nuovi sommelier (Acquafredda Pasquale, Renzo Nuti, Gallo Sonia, Senesi Michele, Bruschi Simona, Apicella Anna, Pedrini Lucia e Mauro Pisani,hanno allestito 4 punti di degustazione proponendo ai visitatori il gioco di

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indovinare fra i 5 vini “bendati” quello “intruso” cioè non tipico della Costa Toscana (a base di sangiovese o di vitigni francesi) bensì da vitigni autoctoni fuori regione. Nello stesso giorno di domenica 30 settembre in contemporanea si è svolta anche la cerimonia del premio “Jarro consegnato, in assenza del suo destinatario,il presidente di Slow Food Roberto Burdese,alla direttrice della rivista Slow Food Ceriani Silvia,presente il presidente Slow Food Toscana Raffaella Grana con il responsabile organizzazione. Il delegato Flavio Nuti nel rimarcare nell’occasione l’accordo di collaborazione intervenuto a livello nazionale tra FISAR e SLOW FOOD per la gestione di tutte le manifestazioni tra cui L’importante “salone del gusto” di Torino, ha consegnato al premiato il gagliardetto della ns. delegazione storica di Volterra (vedi foto). Con la condotta Slow Food di Volterra peraltro, la nostra delegazione stà organizzando un corso di cucina

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ed abbinamento vini, a dimostrazione che è ben possibile collaborare con un’importante istituzione che come la Fisar pone attenzione alla cultura enogastronomica locale e non solo. L’impegno però della delegazione anche quest’anno sarà rivolto alla nuova edizione delle “cene Galeotte”,di cui è partner insieme al Ministero di Grazia e Giustizia e l’unicoop Firenze, al carcere di Volterra (www.cenegaleotte. it) che vede la partecipazione di importanti chef e cantine vinicole impegnate nel progetto di inserimento dei detenuti del carcere nella vita sociale il cui ricavato finanzierà opere di solidarietà nei paesi del terzo mondo. Non ultimo sarà l’impegno per accogliere l’assemblea nazionale per i 40 anni dalla fondazione della nostra Federazione, nata qui a Volterra nel 1972 per la quale verrà chiesto un sostegno al Comune ed agli operatori della città. Infine, la delegazione si è data lo scopo di coinvolgere maggiormente i ristoratori suoi soci organizzando un ciclo di cene mensili. La prima si è tenuta in ottobre presso la Cantina vinicola Marcampo dello storico Ristoratore Genuino Del Duca socio sommelier e titolare dell’omonima Enoteca,; la seconda in novembre presso l’Agriturismo Castello di Bucignano del socio sommelier Mauro Pisani,anch’esso produttore di vini nella IGT Montecastelli; infine in dicembre la cena degli Auguri si è tenuta presso il Ristorante “Il Mocajo” di Casino di Terra (PI), locale nostro associato, presenti oltre al delegato ed il direttore di corso e segretario Enrico Del Testa, una trentina di soci,nonchè il Coordinatore FISAR del centro Italia Fabio

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Baroncini di Livorno nonché, e quale ospite d’onore, il rinomato enologo Roberto Cipresso che ha intrattenuto i commensali parlando delle sue esperienze nel campo della viticoltura,anche come produttore nell’azienda La Fiorita di Montalcino. Infatti alla cena sono stati degustati il suo Brunello 2006 oltre a due tipi di vini frutto della sua personale ricerca tra cui un singolare ed intenso Cesanese del Piglio in purezza. Nell’occasione l’ospite ha presentato il suo terzo libro scritto insieme all’amico Giovanni Negri, che come gli altri narra episodi, circostanze storie sul mondo affascinate del vino. Notizia inviata da Flavio Nuti della Delegazione storica di Volterra

TESSERAMENTO 2012 Associarsi vuol dire usufruire di tutti i vantaggi riservati ai soci:

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Ricevere la rivista di enogastronomia e turismo “IL SOMMELIER” Partecipare a condizioni vantaggiose agli eventi organizzati dalle delegazioni di zona Usufruire di sconti e omaggi nelle maggiori manifestazioni enogastronomiche nazionali Usufruire di sconti in locali convenzionati in tutta italia

Associarsi è SEMPLICE:

È sufficiente compilare il bollettino allegato alla rivista con nome, cognome, indirizzo e delegazione di appartenenza.

INFO: SEDE NAZIONALE FISAR - Tel. 050 857105 - segreteria.nazionale@fisar.com


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La FISAR di Venezia organizza la nuova edizione di GAR 2012

È ormai il terzo anno e l’evento, organizzato da Fisar - Delegazione di Venezia città, non è più prova, ma sicura realtà, attesa da operatori del settore ed enoappassionati. Il 26 febbraio 2012, dalle 11.00 alle 19.00, le sontuose sale del piano nobile ed il ridotto dell’Hotel Monaco e Gran Canal, già palazzo della nobile famiglia Dandolo, accoglieranno l’ edizione di GAR 2012, acronimo di Gradito l’Abito Rosso, come la tipologia del vino, rosso appunto, ospitato. Ma attenzione, non è piana riproposta dell’evento (e successo!) del 2010, ma rivisitazione di quell’esperienza in veste allargata: vini rossi Friulani e Giuliani sì, ma con un’ampia aperture all’Est, oltre il confine Italiano che è pur solo politico, dove le zone vitivinicole continuano e conservano le caratteristiche di fondo del nostro Collio. È così che i vari Refosco dal Peduncolo Rosso, Merlot, Pignolo, Tazzelenghe, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Schioppettino, Pinot Nero e Terrano, insieme ai tagli bordolesi ci conquiste-

ranno con differenti appeal a seconda della provenienza: nostrana o oltre confine. Slovenia, dunque, ed anche Croazia, terre che, coi loro vini, ci testimonieranno l’opera dei loro viticoltori e differenti filosofie di interpretazione dei medesimi vitigni nostrani. Il tutto dalla viva voce di una nutrita rappresentanza di produttori che accogliamo con gratitudine all’evento per l’entusiasmo e la disponibilità dimostrataci. Con loro parte delle case vitivinicole friulane e giuliane già partecipi a GAR 2010 (a riprova della bontà dell’evento!), ma anche nuove presenze, alcune di nicchia e non degustabili altrimenti, a comporre il gruppo di oltre 65 produttori che porteranno le loro eccellenze al nostro assaggio, come selezionate e supervisionate dall’irrinunciabile Paolo Ianna, wine consultant e degustatore della Guida Buoni Vini di Touring Club Italiano. Con la formula già testata ed approvata nelle scorse edizioni da migliaia di visitatori (positivamente recensita nel

2010 e 2011 da stampa e siti web), la libera degustazione delle proposte dei produttori sarà gradevolmente interrotta da assaggi di piatti tipici offerti dall’organizzazione lungo tutto l’arco della giornata. A corona dell’evento le ormai famose e celebrate degustazioni a tema (e numero chiuso) proposte e coordinate da Aurora Endrici, Donna del Vino FVG e docente Fisar, che, come accaduto per ogni edizione riesce a lasciarci il bel ricordo di un’irripetibile esperienza dei sensi, scandita da più e diversi appuntamenti nel corso della giornata. Evento complesso, insomma, ma dal quale Fisar tutta, e non solo la Delegazione di Venezia che ne è l’organizzatrice, emerge per competenza organizzativa e serietà di propositi, primo tra tutti la divulgazione del buon bere come conoscenza di territori e civiltà tutte, non solo quelli nostri italiani. Info: www.fisarvenezia.com. Notizia inviata da Cristina Lucchesi – Delegazione Venezia

La FISAR di Pavia ancora una volta protagonista La Delegazione FISAR PAVIA sarà presente, unica rappresentante del settore sommellerie, al 2° FORUM SULLO “SVILUPPO SOSTENIBILE NEL TURISMO ” che si terrà a Pavia, il 16 dicembre 2011, presso l’Aula Volta dell’Università degli Studi con una relazione del Delegato Provinciale Roberto Pace sul tema: “La figura professionale del sommelier, tra tradizione e nuovi sbocchi professionali”.

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Il Convegno, organizzato da Sportello Donna - Fondazione Gaia - Business Innovation Center Pavia - Sportello di Turismo Sostenibile, con il patrocinio di Commissione Europea, Rappresentanza Europea a Milano, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero delle Pari Opportunità, Ministero del Turismo, Regione Lombardia,Prefettura di Pavia, Università degli Studi di Pavia, Ufficio

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Scolastico Provinciale, Comune di Pavia, Unione dei Comuni del Basso Pavese, Slow Food, Associazione BIC Italia net , vuole mettere in evidenza “Lo Stato dell’Arte in Ambito Turistico in Provincia di Pavia”. Una bella occasione per promuovere la professionalità dei Sommelier FISAR e favorirne l’entrata da protagonisti nel mondo del turismo. Notizia inviata dalla Fisar di Pavia


News

Un viaggio all’altro capo del mondo Distese di eucalipti accarezzati dalla brezza dell’oceano, brillanti grattacieli che riflettono il cielo estivo, una commistione perfetta di elementi naturali e artificiali immersi in un continente unico, questa è l’altra parte del mondo! La meta? Melbourne, una città situata a sud-est del territorio Australiano, e capoluogo dello Stato di Victoria. La missione economica promossa dalla Camera di Commercio di Caserta, presente a Melbourne nella persona del Dott. Pasquale Giglio, direttore di Confesercenti della Regione Campania, in collaborazione con l’Italian Chamber of Commerce in Australia, ha visto partecipi i rappresentanti del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP e di VITICA, il Consorzio dei Vini DOC della provincia di Caserta, al fine di introdurre e promuovere nella regione australiana una delle ricchezze della nostra Penisola. Dal 12 al 16 dicembre, in una cornice autorevole come il William Angliss Institute di Melbourne, si sono svolti degli incontri ad hoc con i diversi importatori e alcuni operatori del settore agroalimentare australiano; dall’approfondimento della Denominazione di Origine della Mozzarella di Bufala, grazie alla competenza di Gennaro Testa, Marketing Manager del Consorzio di Tutela, all’inquadramento dei Vini DOC Casertani nel territorio campano, degnamente rappresentati dalla Dott. ssa Paola Riccio, membro del consiglio di amministrazione del Consorzio VITICA, che ha saputo percorrere la realtà produttiva casertana attraverso l’antica e la moderna viticoltura. I Borboni, Villa Matilde, Masseria Felicia, Colle Sasso, Cantine Papa, Alepa e Galardi, le aziende protagoniste della Missione con i loro prodotti. Un contesto importante e nuovo per far emergere le nostre peculiarità, soprattutto grazie al vivo interesse dimostrato dal mondo australiano per i vitigni autoctoni. Pallagrello bianco e nero, Asprinio di Aversa, Falanghina, e l’inconfondibile carattere dell’Aglianico nell’interpretazione del Falerno del Massico DOC, hanno affascinato e incuriosito, aprendo un importante punto di contatto tra due mondi e due realtà così diverse, ma non completamente distanti nel comprendere la

versatilità e la potenzialità del vino. Un progetto davvero unico che, grazie alla preziosa collaborazione del Consigliere Nazionale FISAR Maria Teresa Lanza, ha reso partecipe anche la Federazione dei Sommelier, rappresentata in veste ufficiale da Karen Casagrande nella presentazione e degustazione dei vini, che ha saputo offrire ai presenti anche uno scorcio del nostro modo di approcciarci al vino, una passione e un forte legame con i prodotti del territorio che è tutta italiana. Non solo incontri formali quindi, come ha dimostrato il successo della “Scuola Cucina & Vino” che ha coinvolto studenti e docenti dello stesso William Angliss Institute, una vera e propria scoperta del Made in Italy grazie all’originale creatività dello Chef Antonio Lionelli, membro dell’illustre associazione Auguste Escoffier, che ha incantato gli esperti di cucina di Melbourne con la semplicità dei nostri prodotti. La stessa impronta che ha saputo conquistare anche alla ricca cena svoltasi in presenza di diverse autorità locali, un “White Christmas” fatto di Mozzarella di Bufala e Olio extra vergine d’oliva che arricchivano le pietanze, senza dimenticare i vini casertani, presentati e serviti da un team guidato da Karen Casagrande, che ha riunito la professionalità FISAR e del William Angliss Institute. In questi pochi giorni a Melbourne anche il gruppo italiano ha potuto ap-

dal MONDO

prezzare le bellezze di questo continente così moderno e selvaggio al tempo stesso, una cultura giovane e ancora in erba sotto certi aspetti, ma estremamente sensibile al nostro patrimonio enogastronomico. Proprio per suggellare questo connubio, per la cena istituzionale della missione, è stata scelta una location molto particolare, un ristorante italiano nel quartiere di South Yarra, Caffè & Cucina, in cui si respirava l’aria di casa nello stile e nella proposta dei grandi classici della tradizione. La “Royal Caserta Week” del resto si è dimostrata un prezioso scambio bilaterale, un’opportunità di scoprire oltre i grattacieli di Melbourne l’approccio della vitivinicoltura australiana, dall’accoglienza in cantina, all’interpretazione dei vitigni internazionali. Piccoli vigneti immersi in un paesaggio ancora incontaminato, incastonato tra la City e l’Oceano Pacifico, dove non mancano la solarità del personale delle aziende e i comfort di ristoranti, resorts e strutture turistiche. In conclusione questa missione non è stata solo un viaggio di presentazione, ma anche di scoperta; una conferma che la nostra cultura, con tutte le sue piccole sfumature e peculiarità, sa conquistare anche l’altra parte del mondo, una grande potenzialità che si estende ben oltre i nostri confini. Ma che nonostante tutto c’è sempre qualcosa da imparare.

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La segreteria comunica - di Mario Del Debbio

Volterra e Livorno ospiteranno i festeggiamenti dei 40 anni FISAR

Dal 13 al 15 aprile l’annuale assemblea FISAR con il rinnovo delle cariche del Collegio dei Revisori e dei Probiviri e le celebrazioni del 40° anniversario della nostra Federazione.

Volterra 1972, il cammino della FISAR parte da qui. Strano destino quello di Volterra. Cittadina intrisa di storia, una delle 12 lucomonie (grandi città) che formavano la nazione Etrusca, municipio romano e presidio bizantino prima di diventare libero comune nel XII secolo. Sebbene nel corso degli anni qui non siano mai mancati i turisti non si può negare che oggi assistiamo ad un flusso particolare. Accanto agli intellettuali, ai ricercatori e agli appassionati di storia, un’altra schiera di appassionati, o meglio di fan scatenati, si disperde per le vie del centro. La colpa, o il merito, di questa nuova invasione è di una scrittrice americana: Stephenie Meyer, autrice di un romanzo sui vampiri diventato un vero e proprio film di culto tra gli adolescenti di oggi: Twilight.

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Nella sua fantasia fa risiedere qui una malvagia famiglia di Vampiri che chiama per l’appunto Volturi. Si racconta, tra l’altro, che la Meyer nemmeno conosceva Volterra, poi ha scoperto su internet dell’esistenza di Volterra e si è appropriata del nome, perché suonava simile. Oggi le guide turistiche, oltre alle classiche domande di storia, si sentono chiedere se ci sono discendenti viventi di quella famiglia, dov’è la piazza (peraltro il film in

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effetti è stato girato a Montepulciano) dove sono i sotterranei nei quali Edward e Bella incontrano i Volturi. Un segno dei tempi che cambiano e che un poco spaventano il giovane sindaco Marco Buselli, certamente felice per la notorietà che il film ha regalato alla sua Volterra, ma che vuole che sia conosciuta per la sua storia, quella vera. Di una cosa vogliamo rassicurarla, sig. Sindaco, il liquido rosso di cui saranno pieni i calici durante la nostra presenza, sarà soltanto il nobile nettare delle vigne toscane e l’unica cosa che luccicherà ai raggi del sole saranno i nostri tastevin. Arriveremo a Volterra la mattina del 14 aprile e nel bellissimo Teatro Persio Flacco si svolgerà la ce-

lebrazione ufficiale del 40° anniversario della fondazione della FISAR. Alla presenza delle autorità ripercorreremo il nostro cammino e tracceremo insieme i nuovi traguardi. Accanto a Volterra, in questi festeggiamenti, non

poteva non esserci Livorno. Autentica roccaforte della FISAR, la delegazione labronica ha sempre dato lustro alla Federazione con il suo operato. I suoi ristoratori, Leonardo Nardi in testa che nel suo “Calafuria” ha organizzato ed ospitato tanti nostri convivi negli anni della sua storica presidenza, sono stati e continuano ad essere un punto di riferimento per tutta la FISAR. L’arrivo dei congressisti è atteso per Venerdì 13 e a loro sarà riservata una cena assolutamente speciale servita nell’Accademia Navale dove si trova la nave scuola più famosa nel mondo, l’Amerigo Vespucci. Sempre a Livorno, il 15 aprile all’Hotel Rex di Antignano l’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio e le votazioni per l’elezione del nuovo Collegio dei Revisori e del Collegio dei Probiviri. La riunione sarà dedicata soprattutto agli interventi dei Delegati. Giova ricordare che entro il 30 di aprile di quest’anno tutte le delegazioni dovranno aver provveduto alla rielezione dei consigli di Delegazione e quindi molti delegati saranno freschi di nomina. Sarà l’occasione per conoscerci e dialogare insieme sulle tante novità operative presentate nel corso dell’ultimo congresso di Siena. Info sul programma, costi e prenotazioni: www.fisar.com

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la Delegazione FISAR di Valdichiana alza al cielo il quarto Trofeo DIVINANDO nella cantina di Carpené Malvolti

di Mario Del Debbio

Dopo il Veneto che l’aveva fatta da padrone nel 2010 è ancora la Toscana a salire sul gradino più alto del podio, dopo l’affermazione nel Trofeo RASTAL del pisano Luca Canapicchi della delegazione di Livorno, premiata anche come Delegazione più numerosa

Il 2011 sembra essere l’anno d’oro per la sommellerie Toscana. Dopo l’affermazione del pisano Luca Canapicchi della delegazione di Livorno come Miglior Sommelier d’Italia, è la delegazione di Valdichiana ad aggiudicarsi la quarta edizione del Trofeo Divinando, il concorso a squadre riservato alle delegazioni FISAR provenienti da tutta Italia e organizzato dalla Federazione Italiana Sommelier, Albergatori e Ristoratori in collaborazione con Carpené

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Malvolti. Al termine di una performance tecnicamente perfetta, a consegnare la targa premio alla squadra toscana è stato il Direttore Generale di Carpenè Malvolti Antonio Motteran insieme alla Vice Presidente nazionale Graziella Cescon e al segretario nazionale FISAR Mario del Debbio, che ha avuto al suo fianco nella valutazione delle performance delle delegazioni finaliste una giuria composta da Claudia Marinelli Presidente della delegazione di

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Unico. Dal 1868.

Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore

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FISAR VALDICHIANA: Marco Barbi, Cristian Brasini, Luca Del Buono, Roberto Paoloni, Giulia Calaniello

Pontedera, Silvio Della Torre per Treviso, Luisella Rubin e Antonio De Vitis della delegazione di San Donà. Il team composto da Marco Barbi, Luca Del Buono, Cristian Brasini, Roberto Paoloni e Giulia Galanello, ha avuto la meglio sulle compagini di Torino - che nella parte finale della gara ha fatto una rimonta straordinaria andandosi a conquistare, al suo debutto nel trofeo un

FISAR VALDICHIANA, 1° CLASSIFICATA: Antonio Motteran, Direttore Generale di Carpenè Malvolti, consegna il premio

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posto tra le delegazioni storiche di Divinando - e Varazze, rispettivamente seconda e terza classificata al termine di un serrato confronto a colpi di domande – preparate con la consueta maestria e fantasia da Alberto Giustarini, consigliere nazionale – sulle tipologie di vino, sui territori di produzione e sulle varie “interpretazioni” del vino nell’arte, nella letteratura, nella cinematografia o

FISAR TORINO, 2° CLASSIFICATA: Ercole Patrizio, Fiorenza Cambiaghi, Pasquale Colloca, Giuseppe Santo

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nella musica, oltre alla prova pratica di riconoscimento bendato di tre vini. Quarto posto per la delegazione di Livorno, seguita da Firenze e Monza Brianza, tutte meritevolmente giunte nella finale a sei dopo il lungo cammino iniziato il 9 ottobre con le semifinali svoltesi a Monza e a Foiano della Chiana, alle quali hanno preso parte dodici compagini: Bareggio, Monza Brianza, Torino, Treviso, Varazze e Venezia nell’eliminatoria di Monza, Antiche Terra di Siena/Valdelsa, Civitavecchia, Livorno, Firenze, Roma e Valdichiana nell’eliminatoria di Foiano della Chiana. Da queste, sono uscite le 6 squadre finaliste che domenica 27 novembre si sono contese l’ambito trofeo nella splendida cornice della Cantina della Carpenè Malvolti, partner storico del concorso, resa ancora più suggestiva dallo spazio riservato in Taverna alla prima sezione del Museo Carpené dedicata alla storia e all’evoluzione nel tempo de-

gli “strumenti di lavoro” e ad una serie di bottiglie di grande pregio. Un ringraziamento particolare alla Delegazione FISAR Treviso, già plurivincitrice del Trofeo, che ha organizzato con la consueta ospitalità la cena di benvenuto alle squadre e ai sommelier Roberto Donadini e Davide Piai che con professionalità hanno curato il servizio dei vini tutti rigorosamente bendati. Ogni componente della squadra vincitrice di Valdichiana è stato omaggiato di una Magnum di Prosecco Carpené Malvolti. Al di là della competizione comunque, il Trofeo Divinando, promosso dalla Federazione e realizzato grazie alla preziosa collaborazione di Carpené Malvolti che ha ospitato la finale, si conferma un’occasione unica per stare insieme divertendosi e allo stesso tempo mettere alla prova la professionalità dei nostri sommelier.

FISAR VARAZZE, 3° CLASSIFICATA: Marco Bariscone, Simona Marrapodi, Massimo Volpe, Gloria Freddini, Luigi Piaggesi

FISAR LIVORNO: Mario Del Vecchio, Arianna Setzu, Luca Canapicchi, Ilaria Agostinelli, Davide Cecio

FISAR FIRENZE: Giovanni D'Alessandro, Leonardo Finetti, Marco Nardi, Bianca Ciatti, Livio del Chiaro

FISAR MONZA: Marco Sadino, Gualtiero Anelli, Deborah Santolini, Francesco Gualtieri (Del.) Alberto Zanardo, Valerio Sisti

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il CTN comunica: di Giorgio Pennazzato

al via l’Albo dei Relatori

A Milano grande successo per il primo Corso Propedeutico C&D dedicato ai docenti che hanno presentato richiesta di iscrizione al nuovo Albo

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accia sorpresa, ma sorridente di un Socio Docente: “Com’è possibile? Ne avete parlato a Siena, al Congresso del 21 ottobre, e ora, neanche un mese dopo, realizzate già il primo corso? Miracolo in Fisar?”. Può sembrare strano, ma è successo proprio così. Sabato 19 e domenica 20 novembre si è tenuto a Milano, presso il prestigioso Palazzo delle Stelline, il primo Corso dedicato alla Degustazione FISAR e alla Comunicazione efficace, dedicato ai Docenti FISAR che aspirano al traguardo di “RELATORI”. Infatti, alla luce dello spirito di qualità che si sta affermando nella nostra associazione, è noto che i nostri Docenti, pur validi, sono invitati a migliorare ulteriormente il loro livello didattico, curando la comunicazione, strumento indispensabile per rendere le lezioni attraenti e interessanti, assieme alla degustazione da tenere in prima persona o con l’assistenza del direttore di corso, ma ben consapevoli di quanto viene da lui espresso, in modo da poter condividere e in-

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tervenire. Filippo Parmigiani, laureato in Scienze agrarie e con Master in Enologia, collaboratore con varie Università italiane ed estere, ha esplicitato ai 22 corsisti i criteri di Degustazione, utilizzando la terminologia ufficiale FISAR, presentando alcune novità, rispetto a quanto in uso, sugli aspetti lessicali della scheda analitica e descrittiva della degustazione. La teoria è stata accompagnata da tanta pratica, ragionando su vini allineati ai gusti moderni oppure a quelli di stile “georgiano” alla Gravner maniera. In tal modo i corsisti hanno sperimentato di persona, passo passo, i principi esposti dal docente, acquisendo perciò nozioni e sensazioni. Andrea Fabio, imprenditore e formatore esperto in Comunicazione (ha curato la formazione di dirigenti e impiegati in varie aziende italiane ed estere), ha trattato i principi che stanno alla base di una comunicazione efficace. Ha toccato, tra l’altro, gli aspetti di segmentazione di mercato

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per individuare il linguaggio più adeguato per le diverse tipologie di utenti. Per far toccare con mano i principi esposti dal docente si sono svolti vari role-playing, in cui i corsisti hanno simulato discorsi, presentazioni, colloqui di fronte ai colleghi, che poi sono intervenuti per mettere in luce gli aspetti positivi della prova come pure quelli da migliorare: un valido allenamento con immediato ritorno costruttivo. Piacevole il lunch di domenica 20, consumato al settimo piano dello stabile “Rinascente”, in visione diretta con le guglie del duomo di Milano e…. nel piatto, risotto allo zafferano e ossobuco! A contornare degnamente il Corso c’è stato il servizio impeccabile di assistenza e di mescita vini, curato dal team di Piero Milo delegato di Milano Duomo.

A partire dal 2012 il corso, che si chiamerà CORSO BASE C&D, verrà proposto in diverse zone d'Italia e, oltre a consentire a tutti i docenti già encomiabili esperti nella loro materia di fare un ulteriore balzo in avanti nel percorso che ha come obiettivo la “qualità Fisar”, sarà aperto a tutti i soci sommelier che potranno, una volta ottenuto l'attestato di partecipazione, sostenere l'esame per Relatori ed accedere agli altri corsi di specializzazione in programma: Master per Degustatori Ufficiali, Direttori di Corso. Il 28 gennaio il corso base sarà presentato presso la sede nazionale ai membri del Consiglio Nazionale al fine di ufficializzarne linguaggi e contenuti.

nella foto di Alberto Zanardo: i partecipanti al corso assistono alla lezione di Filippo Parmigiani

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il CTN comunica: di Alberto Giustarini

Tra le grandi novità della nuova didattica c’è la nuova scheda di abbinamento cibo-vino, vediamo insieme perché è nata, com’è strutturata e come utilizzarla

Il volume didattico dedicato all’abbinamento cibo-vino è stato presentato all’ultimo congresso di Siena ed è diventato fin da subito il nuovo testo di riferimento nei corsi per sommelier. Un libro che è motivo d’orgoglio per la nostra associazione visto che la sua stesura è stata interamente curata da una squadra di nostri autori. L’idea di base dalla quale siamo partiti è uno studio del compianto Bruno Ianett sul tema della metodologia di abbinamento tra cibi e vini. Personalmente ritenni molto buono quel punto di partenza e, assieme allo stesso Ianett e a Marzio Berrugi, cominciammo a lavorarci sopra. Tra i vari aspetti che prendemmo in esame ci fu anche quello di trovare uno schema in grado di visualizzare graficamente la bontà o meno di un abbinamento. In realtà tutti e tre sapevamo bene che le varianti che ci sono in un abbinamento tra cibi e vino sono talmente tante e tali che una cosa del genere poteva essere inattendibile, almeno dal punto di vista degli esperti sull’argomento. D’altro canto però, essendo il libro dedicato soprattutto agli aspiran-

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L’abbinamento cibo-vino

ti sommelier, c’era la necessità di proporre uno strumento che, schematizzando, rendesse più facile e comprensibile il meccanismo che sta alla base di un corretto abbinamento. Non partivamo comunque da zero. Già da una decina d’anni si usava nei nostri corsi di terzo livello uno strumento di questo tipo. Si trattava dello schema a forma di stella stilizzata che moltissimi di voi conoscono. Solo che la pratica nell’insegnamento ci aveva fatto capire che questo strumento era assolutamente inadeguato, perché spesso dava risultati assolutamente non veritieri. Era, insomma, una stella “zoppa”, che aveva il suo punto debole soprattutto nel contabilizzare la presenza o meno di zuccheri nel cibo e nel vino. Decidemmo di accantonare la stella e di seguire altre strade. Fu così che rispolverammo uno schema che la nostra associazione aveva usato per breve tempo verso la metà degli anni Novanta, firmato da Gilberto Miglietti, sommelier di grande valore, che aveva ricoperto per un certo periodo il ruolo di responsabile del nascente (allora) Centro Tecnico

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Nazionale. Anch’esso però non risultava più attuale ma ci dette comunque degli spunti importanti, grazie ai quali buttammo giù un nuovo schema, basato sui parametri di abbinamento individuati da Bruno Ianett. Purtroppo, poco dopo l’inizio del nostro lavoro, l’amico Bruno fu colpito da una gravissima malattia che ce lo avrebbe portato via in pochi mesi lasciandoci un grande vuoto. Quindi il grosso del lavoro, volente o nolente, ricadde sulle mie spalle e personalmente voglio ringraziare, una volta di più, quelle persone che più mi hanno aiutato in questa impresa: il già citato Marzio Berrugi, preziosissimo e fine conoscitore dei “misteri” dell’abbinamento cibovino; Giampiero Rorato, gastronomo e scrittore di grande valore; Davide Amadei, giovane ed entusiasta sommelier, attento ad ogni particolare; il nostro attuale presidente Nicola Masiello, che mi ha sempre sostenuto ed incoraggiato nei tanti mesi che si resero necessari per il nostro lavoro; Mario Del Debbio e Franco Rossi, che han-

no svolto con pazienza e competenza il ruolo di sperimentatori critici. Il nuovo metodo di abbinamento Fisar è composto da due schede: una per i cibi che non contengono zuccheri, l’altra invece per i cibi che lo zucchero lo contengono (i dessert in particolare). La scelta di questa doppia scheda è dovuta al fatto che, in sede di sperimentazione, ci accorgemmo che la scheda unica non funzionava a dovere per la stessa ragione per la quale la vecchia stella zoppicava: il parametro dolcezza del cibo abbinato in analogia ad una corrispondente dolcezza del vino finiva per falsare il risultato per i cibi con contenuto zuccherino nullo. Da qui la decisione di fare appunto due schede con parametri riferiti al cibo differenziati. In questa maniera moltissime incongruenze sono state superate. Ovviamente non tutte, ma niente paura: il nostro metodo è un metodo aperto, che aggiorneremo via via che ciò si renderà necessario, sulla base delle esperienze che verranno riscontrate durante la sua applicazione. Il metodo

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Fisar che abbiamo messo a punto si basa sugli abbinamenti per affinità o analogia e su quelli per contrasto. Nella scheda per i cibi senza zuccheri i parametri dl cibo presi in considerazione sono: le sensazioni aromatiche e piccanti, abbinate per affinità con l’intensità e la persistenza del vino; le sensazioni grasso-untuose e la tendenza dolce, abbinate per contrasto ad acidità, tannicità ed effervescenza; le sensazioni acide amaricanti e pungenti, abbinate per contrasto alla morbidezza; la riduzione per cottura, abbinata per affinità all’invecchiamento ed alla complessità del vino e la struttura del piatto, abbinata per affinità a corpo ed alcolicità. Nella scheda per i cibi con zuccheri vi sono le seguenti varianti: al parametro delle sensazioni aromatiche e speziate vengono aggiunte le sensazioni raramente pungenti, tutte quante abbinate per contrasto con intensitàpersistenza (un unico valore) e morbidezza; viene inserito il parametro della dolcezza del cibo, abbinato per analogia al contenuto zuccherino del vino; sparisce il parametro delle sensazioni acide,

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amaricanti e pungenti. Ogni parametro del cibo deve essere valutato in una scala da 1 a 10. Per far questo si deve avere una conoscenza perlomeno sufficiente delle caratteristiche di un determinato piatto e di come è stato confezionato. Ovviamente sta all’insegnante aiutare gli allievi a muoversi in questo territorio, che non sempre è facilissimo da interpretare ed insegnare loro ad usare correttamente le scale dei valori. Più facile per gli allievi valutare i parametri del vino, che sono del tutto identici a quello che sono abituati ad usare compilando le schede di degustazione. L’unica difficoltà (ma piuttosto relativa) è che alcuni parametri vanno valutati in coppia dando ad ognuno di essi un valore di scala da 1 a 5, che poi deve essere sommato all’altro. In pratica una cosa molto più facile a farsi che a dirsi. Una volta valutati i parametri di cibo e vino ed assegnati ad esso un punteggio, questo viene riportato sul grafico con un segno da apporre sulla linea retta corrispondente. Quindi, come in un vecchio gioco, si uniscono i vari a formare due

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poligoni contrapposti: uno per il cibo, l’altro per il vino. Quanto più speculari saranno questi due poligoni, tanto più l’abbinamento sarà azzeccato e viceversa. Proviamo adesso ad abbinare un piatto come la Cotoletta alla Bolognese ad un Lambrusco di Sorbara. La Cotoletta alla Bolognese è una fetta di fesa di vitello impanata e fritta nel burro, cui successivamente si unisce del prosciutto di Parma e delle fettine di Parmigiano Reggiano giovane per essere infine messe in forno caldissimo per un quarto d’ora circa in una pirofila bagnata da un leggero stato di brodo. Le sensazioni aromatiche e speziate di questo piatto sono profumate (valore 6); le sensazioni grasse-untuose sono prevalentemente grasse (valore 8); le sensazioni acide amaricanti e pungenti sono scar-

samente percettibili (valore 3); la riduzione per cottura è scarsamente concentrata (valore 4); la struttura del cibo è media (valore 6). Passiamo adesso ad esaminare il Lambrusco di Sorbara in abbinamento: l’intensità e la persistenza di questo vino sono quasi sufficienti (valore 5); l’acidità è fresca (valore 3, su scala 1-5), il vino è effervescente (valore 4), per un totale complessivo che da un valore 8; la morbidezza è poca (valore 2); il vino è giovane (valore 1) e semplice (valore 2), che complessivamente danno un valore 3; l’alcolicità è leggera (valore 2) ed altrettanto leggero il corpo (valore 2), per un complessivo valore 4. Bene, a questo punto non resta che riportare i valori sulla scheda e costruire i due poligoni contrapposti:

Come si può vedere l’abbinamento si rivela abbastanza azzeccato, anche se il vino appare un po’ carente di corpo e di alcolicità per affrontare con pieno successo l’apparentamento con la struttura di questo piatto.

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Adesso proviamo ad abbinare un classico dolce natalizio come il panforte Margherita con un altrettanto classico e dolcissimo Vin Santo di Montepulciano vecchio di 8 anni. Determiniamo innanzi tutto i parametri del dolce, premettendo che adesso adopereremo la scheda per i cibi contenenti zuccheri. Le sensazioni aromatiche e speziate sono piuttosto elevate, grazie alle tante e profumatissime spezie che caratterizzano il gusto di questo dolce (valore 9); le sensazioni grasse e untuose sono mediamente avvertibili (valore5); la riduzione per cottura è importante (valore 7); la struttura del dolce è decisamente forte (valore 9);

la dolcezza del piatto è alta (valore 8). Per quanto riguarda il Vin Santo di Montepulciano, esso ha un’altissima persistenza (valore 5) e ricca pastosità (valore 4) per un totale complessivo del parametro pari al valore 9; ha una acidità abbastanza fresca (valore 5); vanta un buon invecchiamento (valore 4) ed una grande complessità (valore 4) per un valore complessivo di 8 nel parametro; è alcolico (valore 5) e strutturato (valore 4) per un totale che dà un valore di 9 ed infine ha un gusto decisamente dolce (valore 8). Riportiamo i valori sulla nostra scheda:

In questo caso l’abbinamento appare decisamente indovinato: i due poligoni sono praticamente speculari. Bene, sono arrivato in fondo a questa cavalcata che ha ripercorso le tappe della nascita e della elaborazione del nostro nuovo metodo di abbinamento. Spero di essere stato sufficientemente chiaro ed esauriente nella spiegazione dei suoi meccanismi, consapevole però che esistono alcune zone d’ombra che cercheremo, come ho già detto, di superare, grazie anche al contributo di tutti coloro che questo metodo adopereranno e ci segnaleranno quello che, secondo loro, va calibrato in modo migliore. Buon abbinamento a tutti!.

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46 th edition

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