Il Sommelier n 3 2016

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Periodico Trimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/03 conv. Legge n. 46 del 27/2/04 art. 1, comma 1, Aut. MBPA/CN/P/0006/2016

Rivista di enologia, gastronomia e turismo - Anno XXXIV n. 3 - 2016

Anno XXXIV - Numero 3 - 2016 - Dir. Resp. Roberto Rabachino - Reg. Trib. Pisa n. 21 del 15.11.1983 - Lg. 47/1948

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FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER

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€ 7,50


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l Congresso Nazionale FISAR 2016 sarà accompagnato da VINO È presso Stazione Leopolda Firenze che vedrà due giorni di degustazioni ed eventi con la presenza di 100 aziende selezionate da FISAR sul territorio, degustazioni guidate di grandi vini ed interessanti momenti di incontro per i Soci e per tutti gli appassionati. La Cena di Gala si svolgerà presso il prestigioso Hotel Four Seasons. Cucinerà per noi lo Chef Vito Mollica premiato con una Stella Michelin. Le opzioni per la partecipazione al Congresso Nazionale FISAR 2016 saranno acquistabili sul sito www.vinoe.it a partire dalla metà di settembre 2016. Tutti i soci saranno avvisati dell’inizio delle vendita con la FISAR News inviata per email dalla Segretaria Nazionale

Pernottamento venerdì 11 novembre 2016 in camera dus Pernottamento venerdì 11 novembre 2016 in camera doppia* Cena venerdì 11 novembre 2016 Pernottamento sabato 12 novembre 2016 in camera dus Pernottamento sabato 12 novembre 2016 in camera doppia* Pranzo sabato 12 novembre 2016 Cena di Gala Four Seasons sabato 12 novembre 2016 Pranzo domenica 13 novembre 2016 Biglietto giornaliero di ingresso Vino È Stazione Leopolda Tour centro storico e visita Museo degli Uffizi

€ 110,00 € 65,00 € 30,00 € 110,00 € 65,00 € 30,00 € 100,00 € 25,00 € 10,00 € 25,00

* Il pernottamento in camera doppia può essere venduto solo per minimo 2 persone.

Vi invitiamo a rimanere aggiornati sull’evento VINO È e sul congresso Nazionale FISAR consultando il sito www.vinoe.it e la pagina Facebook www.facebook.com/ vinoefisar


Anno XXXIV - Numero 3 - 2016

Lettera del Presidente Nazionale F.I.S.A.R. di Graziella Cescon

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Il clima cambia: opportunità o pericolo per la cultura della vite?

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a cura del Direttore Responsabile Roberto Rabachino

Un modello da tutelare e conservare di Giuseppe Martelli

parola all’esperto Quell’enfant terrible del Pinot Nero di Donato Lanati Vino e Salute, il ruolo prezioso del vino nella dieta mediterranea di Enzo Grossi Storie di vini e di cavalli di Luciana Rota Le ostriche tra cultura, piacevolezza e tipicità di Riccardo Lagorio Degustando

selezionati, richiesti e provati dalla Redazione Centrale

turismo nel mondo Islanda, ultima aspra frontiera del vecchio continente di Jimmy Pessina Il nuovo corso del vino cileno di Marco Ferrari Grands Jours de Bourgogne 2016: Patrimonio Unesco e ruolo dei produttori nell’esaltazione dei climat di Davide Amadei

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Biblioteca a cura di Gladys Torres Urday

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Eventi di successo targati FISAR in ROSA

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Domaine Dujac, ai vertici di Borgogna di Davide Amadei I profumi, i sapori e i colori della Gorgona di Lara Loreti

XXXIII Targa d’Argento del Premio Primavera in Valdichiana: Bruno Gambacorta del Tg2 RAI è il premiato per l’anno 2016 di Nicola Masiello La Segreteria Nazionale comunica di Laura Maggi, Segretario Nazionale

il piatto Non chiamiamoli solo gnocchi! di Enza Bettelli con l’abbinamento di Nicola Masiello Strade dei Vini e dei Sapori del Garda di Gualtiero Anelli Il mare in bottiglia, tra Verdicchio e Viognier di Stefania Zolotti QUALITY News Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV In FAMIGLIA - Le notizie dalle Delegazioni

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di Graziella Cescon, Presidente Nazionale F.I.S.A.R.

Una FISAR consapevole e di successo Esprimere il potenziale di FISAR ed imporci nella sommellerie italiana riportando il vino al centro della scena. Sono questi gli obiettivi con cui ho intrapreso il mio percorso di Presidente.

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i rende dunque particolarmente orgogliosa confermare che il tempo, l’impegno e la passione investiti in questi mesi hanno dato i loro frutti e i progetti che avevamo in preparazione sono finalmente pronti a diventare realtà. Una realtà nuova, in cui una Fisar più matura e consapevole, intraprende percorsi inediti per migliorare se stessa e presentare un’offerta sempre più ampia ed attuale a chi è legato al vino per piacere, per mestiere o per entrambi. Il primo decisivo appuntamento sarà “Vino è”, titolo emblema del

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il Sommelier | n. 3 - 2016

49° Congresso Nazionale Fisar, in programma a Firenze dal 12 al 13 Novembre. Fisar è in costante crescita e forti di un grande passato abbiamo il dovere di preparare un futuro ancora migliore. Ecco perché, nel ritorno alla Toscana, terra d’origine di Fisar, abbiamo voluto come location la Stazione Leopolda, uno spazio che rinnovandosi, ha saputo competere con il passare del tempo ed affermarsi a livello nazionale come luogo simbolo di modernità e laboratorio di idee. Una cornice ideale per continuare il nostro percorso interno che è mia estrema cura coltivare sulla base del confronto, dando voce alle delegazioni territoriali e raccogliendo gli input che ogni singolo socio può fornire perché l’evoluzione di Fisar passa attraverso il contributo di ciascuno di noi. E in tal senso non mancheranno naturalmente anche i momenti tradizionali in cui selezioneremo la nostra eccellenza: il Miglior Sommelier dell’anno 2016 e il vincitore della Tessera Fisar per l’anno 2017. Nessun cambiamento tuttavia, può definirsi significativo se rimane elitario, per questo, altra assoluta novità di quest’anno, con un centinaio di migliori aziende vitivinicole, selezionate su tutto il territorio italiano, abbiamo

organizzato una degustazione aperta non solo ai soci, ma anche al pubblico esterno che potrà assaggiare il meglio della produzione enologica del nostro Paese. Il modo più bello di presentarci a chi ama questo prodotto e grazie a noi può approfondire la sua passione, scoprire l’unicità del Made in Italy, entrare in contatto con le infinite storie di terre e di uomini che ogni vino racconta e che Fisar insegna a comprendere. Un mondo ricchissimo che durante “Vino è” avremo modo di presentare anche attraverso altri eventi collaterali, presentazioni e Cooking Show per offrire quel sapore, quella passione e quella cultura che hanno già sedotto noi ed ora, sono certa, conquisteranno i nostri visitatori. All’insegna della contemporaneità e finalizzato ad avvicinare anche il target più giovane è stato creato un sito dedicato – www.vinoe.it – nel quale gli interessati potranno trovare tutte le indicazioni utili e il programma dettagliato delle due giornate. Ringrazio coloro che ci hanno aiutato a rendere possibile questo evento e vi aspettiamo tutti per attraversare insieme il primo dei tanti traguardi che raggiungeremo.


a cura di Roberto Rabachino

Il clima cambia:

opportunità o pericolo per la cultura della vite? Uno scenario che nel lungo periodo potrebbe apparire apocalittico ma che, se affrontato subito e con le misure giuste, forse non lo è così tanto.

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li scienziati si dividono sulla teoria del “Global Warming” secondo la quale la Terra starebbe andando verso un innalzamento delle temperature che, nel lungo periodo, avrà un grande impatto sulla vita dell’ecosistema: alcuni dicono che esiste ed è dovuto principalmente alle attività umane, altri dicono che non è in atto questo mutamento epocale, o che perlomeno non è dovuto all’uomo. Michelle Renée Mozell e Liz Thach, due studiose del Wine Business Institute della Sonoma State University, hanno passato in rassegna praticamente tutta la letteratura prodotta nell’ultimo

decennio sulle conseguenze dei cambiamenti climatici sull’industria del vino confermando che l’aumento delle temperature avrà un effetto su tutta l’agricoltura, ma alcune colture sono più sensibili, come per esempio le varietà di uva da vino di qualità. In pratica, col riscaldamento delle zone geografiche più vicine ai poli, si potrà avere uno spostamento verso nord (o verso sud, nell’emisfero australe) delle aree più vocate alla viticoltura. Uno scenario che nel lungo periodo potrebbe apparire apocalittico, ma che, se affrontato subito e con le misure giuste, forse non lo è così tanto. Si veda l’esempio

dell’Australia e quella di importanti nazioni europee, colpite da catastrofi ambientali di ampia portata negli ultimi anni, dove secondo alcune stime nel giro di qualche decennio i 4/5 delle aree più vocate per la viticoltura potrebbero non essere più adatte a far crescere la vite... soprattutto per colpa della siccità. I sistemi ci sono per combattere questo fenomeno e già si stanno studiando e mettendo in opera soluzioni che possono trasformare una possibile catastrofe in un’opportunità. Fondamentale, a mio avviso, sarà sviluppare e utilizzare sistemi di monitoraggio costante del vigneto, con sensori e droni, per applicare metodi di irrigazione a goccia, in modo da controbilanciare la sempre più preoccupante carenza d’acqua climalterante a livello mondiale. il Sommelier | n. 3 - 2016

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Registr. Tribunale di Pisa n° 21 del 15.11.1983 ®

Rivista Ufficiale della F.I.S.A.R.

Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori Ric. di Pers. Giuridica PI. n.° 1070/01 Sett. 1 del 9.5.01 FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER

Direttore Responsabile: Roberto Rabachino

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C.so Galileo Ferraris, 138 - 10129 Torino Tel. +39 011 5096123 - Fax +39 011 5087004 direttore@ilsommelier.com Redazione Centrale: Gladys Torres Urday

C.so Galileo Ferraris, 138 - 10129 Torino Tel. +39 011 5096123 - Fax +39 011 5087004 redazione@ilsommelier.com Editore: Pacini Editore S.r.l.

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Via dei Condotti, 16 - 56017 Asciano (PI) Amministrazione: Sede Nazionale F.I.S.A.R.

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Il Comitato Tecnico Nazionale F.I.S.A.R. ctn@fisar.com Comitato di Redazione e Controllo

Graziella Cescon, Filippo Franchini, Laura Maggi, Valerio Sisti, Luigi Terzago redazione@ilsommelier.com

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Hanno collaborato a questo numero

Giuseppe Martelli, Donato Lanati, Enzo Grossi, Riccardo Lagorio, Luciana Rota, Gladys Torres Urday, Lara Loreti, Jimmy Pessina, Enza Bettelli, Luisella Rubin, Nicola Masiello, Gualtiero Anelli, Davide Amadei, Luca Canapicchi, Stefania Zolotti e le Delegazioni della FISAR Per la fotografia

Jimmy Pessina, Enosis, Davide Amadei, Lara Loreti, Riccardo Lagorio, Luisella Rubin, Roberto Rabachino, Valentina Macciotta, Enza Bettelli e immagini di Redazione Fotografia della copertina

Progetto grafico a cura Swolly Creative Studio

Finito di stampare nel mese di Settembre 2016 presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore Srl Via A. Gherardesca • 56121 Ospedaletto • Pisa Telefono 050 313011 • Telefax 050 3130300 www.pacinieditore.it

Distribuzione della rivista La rivista viene inviata in abbonamento postale a tutti i Soci (abbonati) F.I.S.A.R., a tutti gli organi di informazione, a tutti i giornalisti dei gruppi di specializzazione di settore, a tutte le Istituzioni, a tutte le Associazioni di settore e a tutti gli IPSSAR che ne facciano richiesta. La rivista è associata al USPI Unione Stampa Periodica Italiana

Abbonamento alla Rivista € 25,00 per 4 numeri Segreteria di Redazione Il Sommelier: Via dei Condotti, 16 - 56017 Asciano (PI) - Tel. +39 050 857105 - Fax +39 050 856700 - segreteria.nazionale@fisar.com


di Giuseppe Martelli, Presidente Comitato Nazionale Vini - MiPAAF

Un modello da tutelare e conservare

Per l’Italia l’uva e il vino non sono solo business ma, da duemila anni, anche territorio storia e cultura.

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l vino rappresenta uno dei prodotti primari del modello alimentare italiano. La produzione mondiale di vino è di circa 27 miliardi di litri. Il 18% di quella mondiale e il 30% di quella europea “parlano italiano”: l’Italia è il primo Paese produttore di vino al Mondo. Il nostro è uno dei pochi Paesi al Mondo, forse l’unico, dove i vigneti si estendono quasi

ininterrottamente da Nord a Sud, disegnando il territorio con 700.000 ettari di vigneti di uva da vino. Il vino italiano piace. Tanto che oltre il 50% della produzione, circa 25 milioni di ettolitri, viene esportata in 165 Paesi. Ed in effetti, da diversi anni, nonostante la crisi, le nostre vendite all’estero sono in crescita. Il 2015 si è chiuso con un incremento di valore del 5,4% rispetto al 2014 e i dati dei primi

sei mesi del 2016 sono alquanto incoraggianti. Purtroppo i consumi interni sono “al palo”. Nel 2010 ogni italiano beveva 43 litri di vino all’anno, contro i 45 del 2007. Nel 2013 siamo scesi sotto i quaranta e oggi siamo sui 35/37, a seconda delle fonti di riferimento. Una situazione solo italiana? Assolutamente no, riguarda tutti i principali Paesi produttori del il Sommelier | n. 3 - 2016

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Giuseppe Martelli, enologo e biologo, ha insegnato all’Istituto di viticoltura e di enologia di Conegliano (Treviso), lavorato presso l’Istituto sperimentale di viticol-

tura e di enologia del Ministero dell’Agricoltura ed operato presso le “Tenute Sella & Mosca” (Alghero). Dal 2003 al 2008 è stato Presidente dell’Unione Internationale des Oenologues, ovvero della Federazione, con sede a Parigi che, a livello mondiale, rappresenta le associazioni nazionali dei tecnici vitivinicoli, di cui attualmente è Presidente Onorario. Dal 2009 è Presidente del Comitato Nazionale Vini del Ministero delle politiche agricole della Repubblica Italiana, ossia del più importante organismo consultivo e propositivo del settore vitivinicolo. Dal 1978 al febbraio 2016 è stato Direttore Generale dell’Associazione Enologi Italiani (Assoenologi) ossia dell’organizzazione nazionale di categoria dei tecnici del settore vitivinicolo.

vecchio continente. In Francia nel 2007 ogni persona consumava 52,1 litri di vino all’anno, oggi ne beve 44. In Spagna si è passati da 29,4 a 19,5. Il Portogallo è l’unico a “tenere” rimanendo, dal 2007 ad oggi, stabile sui 42 litri di consumo ad abitante. Si beve meno ma meglio? Sicuramente sì. Forse pochi sanno che nel 1980 il “vino da tavola”, ossia quello comune, senza denominazione rappresentava quasi il 90% della nostra produzione, attualmente è al 30%. I vini di territorio, ossia quelli a Igt (Indicazione geografica tipica) oggi Igp (Indicazione geografica protetta) non esistevano, oggi rappresentano il 33% della produzione. Quelli a denominazione di origine erano solo il 12% oggi toccano il 37%

e costituiscono sempre di più la punta di diamante delle nostre esportazioni di qualità. E che dire del fatturato del comparto? È passato dai 13,6 miliardi di euro del 2007 ai 15 miliardi di fine 2015, con un incremento del 10,3%, nonostante i duri anni di crisi. Segno evidente del sempre maggiore apprezzamento dei nostri prodotti a livello internazionale, ovvero di consumatori orientati verso qualità, immagine e territorio. A ciò vanni aggiunti almeno altri tre miliardi di euro dovuti al settore tecnologico, ossia alle vendite all’estero di macchine, accessori ed accessori per l’enologia, di cui l’Italia è leader nel Mondo. Ma tornando al vino, va ricordato che il 2013 si è chiuso con l’incremento delle nostre vendite

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all’estero del 7,3% in valore e con un calo del 4,4% in volume rispetto al 2012. Il 20014 ha fatto registrare +1,1% in volume e +1,4% in valore, rispetto al 2013. Il 2015 ci ha regalato un altro balzo in vanti in valore: +5,4% e una diminuzione dell’1,4% nei volumi. Roba da preoccuparsi? Assolutamente no, anzi. Esportiamo di meno ma guadagniamo di più, il che vuol dire che mandiamo all’estero sempre meno vino di massa e sempre più bottiglie di medio/alta gamma. In quantità siamo il primo Paese esportatore mondiale di vino, secondo in valore, preceduti dalla Francia a cui, comunque ci stiamo sempre più avvicinando. Nel 2001 il vino italiano venduto all’estero in bottiglia ha superato quello sfuso che oggi è in “caduta libera”. Nel 2002 l’Italia ha superato la Francia in quantità e in valore negli Stati Uniti d’America, che sono diventati e rimangono il nostro primo mercato d’oltre oceano, mentre la Germania è il nostro principale acquirente in Europa. Nel 2003 il settore vino è diventato il primo dell’agro-alimentare. Su 100 euro mediamente esportati, dai salumi, ai formaggi, all’olio d’oliva, alla frutta, ecc., oltre 25 sono da imputare a prodotti derivanti dal vigneto. Ma per l’Italia l’uva e il vino non sono solo business ma, da duemila anni, anche territorio storia e cultura. I vigneti disegnano le nostre regioni all’insegna della naturalità e della sostenibilità. In cantina si è saputo coniugare la tradizione con l’innovazione. All’estero ci presentiamo sempre più uniti e sicuri. E la storia continua.


di Donato Lanati. Collaborazione ai testi di Dora Marchi / Fotografie Enosis: enosis@enosis.it

Quell’enfant terrible del Pinot Nero Nel mondo dei vini il Pinot Nero è conosciuto come l’enfant terrible. La sua uva è piuttosto bizzarra ed è certamente fra le più difficili da coltivare e da vinificare: non solo richiede condizioni climatiche idonee per esprimere il meglio di sé nel vigneto, richiede anche un’elevata dose di bravura sia da parte dell’agronomo sia da parte dell’enologo.

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i comporta in modo capriccioso con frequenti mutazioni. Basta spostarlo dalla regione francese dove dà i risultati più alti, che è la Borgogna, e reagisce assumendo caratteristiche completamente diverse, dando un vino che non assomiglia in nessun modo al modello borgognone. Del resto, nella stessa Borgogna, quando negli anni ’60 e ’70 furono piantati cloni ad alta fertilità, si ottennero vini senza concentrazione e senza tipicità. La Borgogna è molto probabilmente la sua terra di origine. Il Pinot Nero è fra le uve più antiche di cui si hanno notizie storiche, e in questa regione si ritiene sia coltivato da oltre 2000 anni: con molta probabilità vi era già presente prima delle invasioni da parte dei Romani. La sua zona di elezione, in Borgogna, è la Côte d’Or. Fino alla rivoluzione francese, la chiesa e i monasteri avevano un ruolo molto importante, in quel territorio, per la produzione del vino. Dopo il Sommelier | n. 3 - 2016

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la rivoluzione, tutta la terra della nobiltà e della chiesa fu confiscata per essere divisa in piccoli lotti da spartire tra i contadini. In seguito, i lotti si sono ulteriormente frazionati con le divisioni ereditarie. Qui non si trovano, perciò, grandi Châteaux come nel Bordolese: i vigneti si chiamano climat (perché si pensa che ogni lotto abbia caratteristiche pedoclimatiche proprie) oppure clos (dai recinti dei monasteri). Il Pinot Nero è per molti sinonimo di vini rossi di grande classe ed è l’uva a bacca nera più usata nella produzione di spumanti, primo fra tutti lo Champagne. È un vitigno largamente diffuso in tutti gli ambienti in cui è possibile la coltivazione della vite: in Europa, dalle zone più settentrionali alle zone mediterranee, in America, dal Canada alla California al Cile, in Australia e in Sudafrica. Nel mondo, la sua coltivazione si estende su circa 60 mila ettari. Al primo posto c’è la Francia con la regione dello Champagne seguita dalla Côte d’Or, poi dalla California. 8

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L’Italia, con i suoi 3300 ettari, si colloca al quarto posto come superficie vitata. Il Pinot Nero vi è diffuso soprattutto al nord, dove viene utilizzato sia per vini spumanti che per vini rossi.

Caratteristiche È un vitigno molto esigente sia dal punto di vista ambientale che enologico: fornisce i migliori vini

in terreni calcarei e in ambienti freschi, poiché la sua uva matura precocemente. È una varietà caratterizzata nei semi da un elevato tenore di composti flavanici a basso peso molecolare e nella buccia da un basso contenuto di composti fenolici, in particolar modo di antociani. Il profilo antocianico è caratterizzato dall’assenza


di antociani acilati e dalla prevalenza della malvidina-3-G, che rappresenta il 60/70% degli antociani presenti, seguita dalla peonidina. Il problema più serio che pone la vinificazione del Pinot Nero è quindi questo: dato che il contenuto totale di antociani nelle uve è piuttosto basso, bisognerebbe riuscire a trasferirne nel vino la maggior quantità possibile, ma ciò dipende dall’estraibilità delle bucce, che è influenzata dal grado di maturità e dall’annata. Nel corso della maturazione già si osserva una tendenza alla diminuzione del tenore di polifenoli estraibili dai vinaccioli. L’analisi di questi composti evidenzia poi che i polifenoli della buccia e, fra questi, soprattutto gli antociani, sono solo parzialmente estraibili e che l’estraibilità non aumenta con la maturazione del frutto, anzi in genere diminuisce. E ciò potrebbe significare che le membrane dei vacuoli che racchiudono antociani e tannini non subiscono sostanziali

modifiche strutturali nel corso dell’ultima fase di maturazione. Un’altra caratteristica da segnalare di questa cultivar è la concentrazione di catechine, più elevata rispetto alle altre: si rileva quindi una presenza di flavani poco polimerizzati. Il contenuto di catechina è superiore a quello dell’epicatechina.

Quali conseguenze hanno l’elevato tenore in flavani monomeri e oligomeri, lo scarso contenuto in antociani e l’assenza di acilati? Queste peculiarità costituiscono probabilmente la causa dei problemi di stabilità del colore del

vino. Esso dipende, in genere, non solo dal quantitativo di antociani monomeri, ma soprattutto dai pigmenti polimeri flavani-antociani, acetaldeide-flavani-antociani e da altri composti che gli antociani formano per reazione con composti di fermentazione. La sintesi di questi composti durante la fermentazione dipende dalla temperatura di macerazione, dalla SO2 aggiunta e dal pH, mentre durante la conservazione del vino dipende dal tenore in acetaldeide e dal contatto con l’ossigeno; sono importanti inoltre le reazioni di copigmentazione al pH del vino. L’ipotesi più avvalorata della scarsa stabilità del colore del Pinot Nero è quella della competizione tra catechine e antociani nella reazione con le procianidine. Se la concentrazione di catechine è elevata, mentre modesta è la quantità di antociani, sono le catechine che per prime reagiscono preferibilmente con i flavani polimeri rendendo più lente le reazioni di polimerizzazione degli antociani e la stabilizzazione il Sommelier | n. 3 - 2016

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di questi composti. Si formano quindi pochi polimeri antocianiflavani responsabili del colore e della sua stabilità nel tempo. La reazione antociani-catechine, che potrebbe avvenire in natura, è troppo lenta e meno probabile.

Che fare, allora? Le forme di allevamento, la selezione clonale, l’apporto di azoto nel vigneto, oltre l’andamento climatico e l’ambiente, giocano un ruolo determinante nella sintesi polifenolica del succo. Le uve con una migliore esposizione alla luce mostrano un livello più elevato di flavonoidi. È importante per la sintesi dei pigmenti della bacca avere delle temperature basse di notte. Uve mantenute ad una temperatura costante di 15°C sia di giorno che di notte mostrano una sintesi più elevata di antociani rispetto alle uve sottoposte ad uno sbalzo termico di 10°C (giorno 35°C e notte 25°C). Le tecniche di vinificazione finora sperimentate hanno mirato ad incrementare l’estrazione degli antociani dalle bucce e a favorire la formazione di pigmenti polimeri fino dalle prime fasi della macerazione. La reattività di questi polimeri durante la fermentazione sembra dipendere da diversi fattori quali il pH, la temperatura, l’SO2, l’ossigeno, la concentrazione dei pigmenti stessi e l’acetaldeide. Tra queste variabili, la temperatura sembra avere un ruolo determinante nella vinificazione del Pinot nero.

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L’aroma del Pinot nero L’aroma del Pinot nero è molto complesso ed è caratterizzato da una nota inconfondibile di piccoli frutti e in particolar modo di fragola e lampone. Questa cultivar è caratterizzata da uno scarso contenuto di composti terpenici. Fra questi il più rappresentato è il p-ment1-ene-7,8-diolo,composto diidrossilato legato probabilmente alla via biosintetica dell’alfaterpineolo. L’alfa-terpineolo è quantitativamente piuttosto importante, decisamente più del linaiolo, del nerolo e del citronellolo. I due isomeri degli ossidi furanici e piranici del linaiolo e due isomeri dell’8-idrossilinalolo oltre l’alfa-terpineolo e il p-ment1-ene-7,8diolo sono i composti terpenici principali. Dal punto di vista dell’aroma dei vini si può prevedere uno scarso contributo delle suddette forme terpeniche, in quanto si tratta di composti ad alta soglia olfattiva. Più importante sembra invece il contributo dei norisoprenoidi come il 3-idrossi-beta-damascone, il 3 oxo-alfa-ionolo e il 3,9 diidrossimegastigma-5-ene e il vomifoliolo. Particolarmente interessante il contributo dei benzenoidi, i valori di alcool benzilico, di vanillina, di metilvanillato, di acetovanillone, di zingerone. Quest’ultimi sono di sicuro interesse nell’interpretazione degli aromi dei vini rossi. La presenza di rilevanti tenori di alcool benzilico glicosilato rende conto degli altrettanto rilevanti tenori di benzaldeide riscontrati in

certi vini prodotti con uve di Pinot Nero. La stessa benzaldeide, insieme agli esteri e ai composti ad anello vanillico, può spiegare almeno in parte l’aroma di alcuni vini. In alcuni Pinot Nero si riscontrano prodotti particolari come gli antranilati di etile e metile, il cinnamato e il diidrocinnamato di etile. Questi composti, che taluni autori ritengono aromi primari del Pinot Nero, potrebbero essere messi in risalto da particolari sistemi di vinificazione, come la vinificazione in presenza di uve intere. I contenuti di antranilato di etile aumentano con l’invecchiamento. L’aroma di questo estere è simile a quello del cinnamato di etile, fruttato con sentori di fragola. Inoltre nel Pinot Nero si osserva una maggiore presenza rispetto ad altri vitigni di actinidoli che danno degli aromi tipo legno, i 3-idrossiedulani, e strutture con anello indolico, che potrebbero essere responsabili di alcune note poco caratteristiche. Altri autori hanno notato la presenza di contenuti elevati di 2feniletanolo, la cui concentrazione elevata potrebbe dipendere dal lievito utilizzato o dal sistema di vinificazione. L’aroma del Pinot Nero è senz’altro unico e complesso e non del tutto chiarita è la sua composizione chimica. Ma è proprio la complessità fenolica e aromatica a renderlo così interessante, ma allo stesso tempo complicato da vinificare e interpretare. Imprevedibile, affascinante, ribelle a ogni schema precostituito: un autentico enfant terrible.


di Enzo Grossi. Medico gastroenterologo, ricercatore scientifico, docente dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna

Vino e Salute,

il ruolo prezioso del vino nella dieta mediterranea La dieta mediterranea crea ciò che dal punto di vista tradizionale è considerato un paradosso: anche se le persone tendono a consumare quantità relativamente elevate di grassi saturi di origine animale, esse hanno tassi molto più bassi di malattie cardiovascolari rispetto ad altri paesi.

Introduzione: dieta mediterranea e salute

e ultimo ma non meno importante da moderato consumo di vino durante i pasti. Nel 2013 l’UNESCO ha aggiunto la dieta mediterranea alla lista rappresentativa del patrimonio

culturale immateriale dell’Umanità di Italia, Spagna, Portogallo, Marocco, Grecia, Cipro e Croazia. Nell’accezione UNESCO dieta non significa solo alimentazione, ma riferendosi il termine ḋαɩʈα al

La dieta mediterranea è un patrimonio secolare che lega culturalmente tutti i paesi del bacino del Mediterraneo che indica uno stile di vita tradizionale e modello alimentare tipico della Grecia, Sud Italia, e Spagna. La dieta mediterranea è stata definita e descritta scientificamente per la prima volta da Ancel Keys, un fisiologo americano, e in seguito trasformata in una raccomandazione nutrizionale. I principali aspetti di questa dieta sono un consumo relativamente elevato di olio d’oliva, di legumi,di cereali non raffinati, di frutta e verdura, da moderato a elevato consumo di pesce, moderato consumo di prodotti lattiero-caseari (per lo più come formaggio e yogurt), basso consumo di carne, il Sommelier | n. 3 - 2016

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greco antico significa anche stile di vita e relazioni sociali in un certo contesto ambientale. Uno stile di vita sano, caratterizzato da attività fisica, approccio positivo ai problemi e socializzazione durante i pasti, è stato dimostrato essere di per sé vantaggioso. Questa evidenza è coerente con l›ipotesi che l›influenza della predisposizione genetica sia piuttosto marginale, mentre siano e abitudini di vita delle popolazioni del Mediterraneo, associate ad un pattern nutritivo particolare a ridurre significativamente il rischio di malattie cardiache. È importante notare che una dieta mediterranea paradigmatica e unica non esiste: pur in presenza di evidenti somiglianze tra i paesi sopra elencati ci sono anche importanti differenze nelle loro abitudini alimentari. In effetti l›olio d›oliva è parte della dieta mediterranea, anche se non di tutte le nazioni del Mediterraneo: in Egitto, Malta e Israele, il consumo di olio d›oliva è infatti trascurabile e in altri paesi non è predominante. Il consumo di vino è invece più consistente, ad eccezione delle popolazioni dedite alla religione islamica. I dati oggettivi che dimostrano che la dieta mediterranea è salutare originano dai risultati degli studi epidemiologici effettuati nell’ambito del Seven Countries Study, progetto originato dalle idee in Ancel Keys. Una conclusione importante di questo studi è che il basso contenuto di lipidi saturi nella dieta mediterranea può spiegare la bassa incidenza di malattia coronarica nei paesi del Mediterraneo, attraverso la riduzione del colesterolo nel sangue, un fattore di rischio 12

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importante riconosciuto per questa malattia. Risultati successivi però hanno dimostrato in modo inequivocabile che la tradizionale dieta mediterranea non è semplicemente una dieta per abbassare il colesterolo, ma ha una serie di effetti benefici sulla salute molto più complessi. In effetti una revisione sistematica effettuata nel corso del 2011 ha trovato che la dieta mediterranea è più efficace di una dieta a basso contenuto di grassi nel mantenere un basso livello di fattori di rischio cardiovascolare, al di là dell’abbassamento livello di colesterolo e della pressione sanguigna. Una meta-analisi pubblicata nel BMJ ha dimostrato che una stretta aderenza alla dieta mediterranea riduce il rischio di malattie cardiovascolari, così come il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. In 2011 una ulteriore meta-analisi pubblicata nel Journal of American College of Cardiology ha analizzato i risultati di 50 studi clinici riguardanti circa 535.000 persone per esaminare l’effetto della dieta mediterranea sulla sindrome metabolica . I ricercatori hanno riferito che l’aderenza alla dieta mediterranea si associa ad una riduzione della pressione arteriosa, della glicemia e dei trigliceridi. Nel 2014 altri due meta-analisi hanno rilevato che l’aderenza alla dieta mediterranea è associata ad un ridotto rischio di diabete di tipo 2 e di cancro. La dieta mediterranea crea ciò che dal punto di vista tradizionale è considerato un paradosso: anche se le persone tendono a consumare quantità relativamente elevate di grassi saturi di origine animale, esse hanno

tassi molto più bassi di malattie cardiovascolari rispetto a paesi come gli Stati Uniti o la Finlandia, dove si trovano livelli simili di consumo di grassi di questo tipo. Questo fenomeno è conosciuto come il paradosso francese. L’interesse sul vino come potenziale effettore principale della dieta mediterranea parte proprio da questa osservazione, poiché il vino è l›unico elemento mediterraneo presente nella tipica dieta francese.

Il ruolo del vino nella dieta mediterranea Le malattie cardiovascolari e il cancro sono responsabili per oltre due terzi dei decessi nel mondo occidentale. La società corre il rischio di non essere in grado di far fronte alle spese sanitarie di questa pandemia, senza considerare il prezzo in termini di qualità della vita delle persone. Finora l’approccio prevalente, è stato quello farmacologico. La ricerca ha prodotto notevoli risultati in questo settore; tuttavia, non sempre le terapie farmacologiche si sono dimostrate all’altezza delle aspettative, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione primaria. Ecco perché la scienza ha cominciato ad esplorare nuovi percorsi, trovando risposte in quello che semplicemente è sempre stato sotto il nostro naso, cioè il vino. Poiché dieta mediterranea è una combinazione complessa di componenti alimentari sane la maggior parte delle quali hanno un effetto benefico riconosciuto sulla salute umana,


e poiché per definizione tutti questi componenti sono assunti contemporaneamente, è molto difficile attribuire un effetto netto a ciascuno di essi. In altre parole, se la mia dieta è ricca di olio d’oliva, frutta, verdura, pesce e vino, qual’ è il contributo benefico netto del vino per la mia salute? Il rapporto tra il consumo di vino e la salute è stato al centro di intensa ricerca scientifica. La maggior parte degli studi fino ad oggi, ha mostrato dei limiti importanti. Nella letteratura medica esistono oltre 12000 articoli che comprendono il termine vino. 2500 di questi riguardano i rapporti tra vino e salute umana. Il numero delle pubblicazioni a questo riguardo è andato crescendo insistentemente negli ultimi 60 anni come è visibile dalla figura 1 ricavata da Pub Med. Purtroppo poche pubblicazioni si sono focalizzate specificamente sul ruolo del vino rispetto alle altre bevande alcooliche, mentre la maggior parte ha assimilato il vino ad una banale bevanda alcoolica dando così adito alla confusione esistente. Come si spiega questo fatto? Cerchiamo di spiegarlo. Dobbiamo pensare che la maggior parte degli studi epidemiologici, ovvero quegli studi estesi che raccolgono dati sulla popolazione generale osservata in un particolare momento e spesso seguita per un tempo piuttosto lungo (e quelli sul vino non fanno eccezione) sono condotti prevalentemente nel mondo anglosassone, che è stata la culla della epidemiologia ma dove il vino notoriamente non fa parte della cultura sociale ed alimentare e dove l’interesse prevalente è sull’alcool, che

Figura 1: Articoli scientifici pubblicati sul tema vino e salute dal 1948.

Tabella 1: Apporto alcoolico da stili di vita diversi

Figura 2: Mancato disaccoppiamento tra alcool e vino nella letteratura scientifica

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Tabella 2: Costituenti chimici principali presenti nel vino

rappresenta spesso un problema sociale. Dato che l’alcool ha per se azioni biologiche favorevoli e sfavorevoli a seconda della dose è difficile estrarre da questi studi epidemiologici il valore aggiunto dato dai componenti extra alcoolici del vino per il semplice fatto che in questi studi il vino entra nel calderone delle bevande alcooliche e tutto viene espresso in “grammi di alcool giornalieri o settimanali”. Nella tabella sottostante si desume facilmente come tre soggetti immaginari assumano la stessa quantità settimanale di alcool ma con contenuti completamente diversi in termini di polifenoli benefici, massimo nel primo soggetto che beve solo vino e minimo negli altri due che bevono birra e/o superalcoolici. Questo crea inevitabilmente confusione, dato che i tre immaginari soggetti hanno un consumo alcoolico totale simile ma con effetti sulla salute ben diversi. Questo mancato disaccoppiamento tra alcool e vino, schematizzato nella figura 2, ha fatto sì che la 14

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letteratura medica abbia focalizzato soprattutto gli aspetti potenzialmente negativi, legati all’eccessivo introito di alcool più che gli aspetti positivi legati ai costituenti nobili del vino. Il vino rosso infatti contiene da 1 a 2 grammi per litro di polifenoli, una classe molto eterogenea di composti a cui si attribuiscono proprietà benefiche per la salute e per la quale non esiste un concetto di soglia di pericolosità. Basti pensare che la attività antiossidante di un bicchiere di vino rosso (150 ml) è equivalente a quella che si trova in: 2 tazze di the verde, 5 mele, 5 porzioni di cipolle, 5.5 porzioni di melanzane, 500 ml di birra, 7 bicchieri di succo d’arancia, e 20 bicchieri di succo di mela! Definire quindi il contributo del vino sulla salute è metodologicamente complesso per la presenza di due tipi di costituenti, il primo (alcool) con una relazione dose risposta non lineare (effetto benefico a basse dosi e nocivo a dosi alte) il secondo (polifenoli) con una relazione dose risposta monotonica di segno positivo

(benefico). In un paese antiscientifico come il nostro, la verità scientifica, se non corre nel cosiddetto mainstream, dà fastidio, o, nella migliore delle ipotesi è vista con sospetto. Sarebbe come se, dato che la frutta contiene fruttosio, un composto che se assunto in grandi quantità è dannoso per la salute predisponendo al diabete e alla sindrome metabolica, dire che mangiare frutta è salutare non è politically correct! Per troppo tempo e purtroppo anche tuttora si è confuso il vino con l’alcool etilico, composto che peraltro alle dosi abitualmente introdotte con qualche bicchiere di vino al giorno, è notoriamente benefico per la salute. Il ruolo dell’alcool nel vino è di fatto piuttosto marginale se messo in confronto alle massiccie azioni di potenti sostanze chimiche (i famosi polifenoli) in grado di esercitare azioni complesse favorevoli su molti aspetti della salute. La tabella 2 riporta i principali costituenti polifenolici presenti nel vino.


L’importanza di bere il vino ai pasti Il primo messaggio emergente dagli studi scientifici sul vino e in particolare sul vino rosso è che il beneficio ottenibile è strettamente connesso con il consumo ai pasti. Il consumo di vino rosso durante un pasto grasso riduce significativamente lo stress ossidativo legato all’assorbimento di lipoproteine ossidate riducendo l’eccesso di potenziale lesivo prima che vengano assorbite ed entrino in circolo. Come dimostrano gli studi condotti da scienziati di fama mondiale come il Prof. Fulvio Ursini dell’Università di Padova, il consumo di vino rosso durante i pasti riduce gli effetti negativi dei grassi ossidati presenti nei cibi grassi. È interessante notare che la tradizione gastronomica italiana impone l’uso di vino rosso come accompagnatore dei piatti succulenti a base di cacciagione o di maiale, quasi come se i nostri antenati avessero scoperto questa base scientifica da tempo immemorabile. Nessuno, ad esempio, ha mai visto in Lombardia un commensale accompagnare la Cazzoeula con dell’acqua minerale..! Che bere Vino durante i pasti sia fondamentale è dimostrato da uno studio pubblicato nel 2001 da Trevisan e collaboratori nel quale oltre 15.000 soggetti adulti sono stati seguiti per sette anni. I bevitori fuori pasto hanno avuto un tasso di mortalità significativamente più alto rispetto ai bevitori durante i pasti.

Figura 3: Relazione tra consumo di superalcoolici e rischio di morte da qualunque causa

Figura 4: Relazione tra consumo di birra e rischio di morte da qualunque causa

Figura 5: Relazione tra consumo di vinoi e rischio di morte da qualunque causa

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I grandi studi epidemiologici su vino e longevità I grandi studi sui rapporti tra consumo di vino e mortalità disponibili in cui è stato possibile disaccoppiare il consumo di vino da quello di bevande alcooliche dimostrano inequivocabilmente che il vino esercita un effetto positivo sulla longevità, riducendo quasi del 50% il rischio di mortalità. Emblematico è lo studio condotto in Danimarca da Marten Grambaek e pubblicato sul British Medical Journal (una delle riviste

scientifiche più autorevoli in campo medico) ben 20 anni or sono. Lo studio ha preso in considerazione oltre 20.000 cittadini arruolati dalla popolazione generale e seguiti per oltre 10 anni. I soggetti appartenevano di fatto a 4 tipologie di consumo: astemi (N. 5910); bevitori prevalentemente di birra (N. 5767) bevitori prevalentemente di superalcoolici (3574) e bevitori prevalentemente di vino (9092). Prendendo come riferimento il rischio di mortalità del gruppo degli astemi i tassi di mortalità registrati nei tre gruppi di bevitori

presentano curve completamente diverse in rapporto alla quantità del consumo come è visibile dalle figure sottostanti. Nel gruppo superalcoolici (figura 3) un consumo moderato riduce il rischio di mortalità, mentre quando le dosi aumentano l’effetto sulla longevità è negativo. Il consumo di birra è relativamente indifferente rispetto al rischio di mortalità (figura 4). Nel gruppo vino invece la riduzione della mortalità è già presente a bassi consumi e raggiunge il massimo a 3- 5 bicchieri al giorno (figura 5). Analoghi risultati furono descritti da uno studio francese di Serge

Figura 6: Rischio di morte da tutte le cause in relazione al consumo di alcool sotto forma di vino (triangolini) birra (pallini neri) o birra più vino (pallini bianchi). La retta che parte da un quadratino bianco denota il gruppo degli astemi a cui si attribuisce un rischio pari a 1.0, di riferimento per gli altri gruppi

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Renaud in un famoso studio condotto nell’area di Nancy e dallo studio italiano già citato in precedenza che ebbe il merito di chiarire che l’effetto benefico si otteneva solo se il vino viene consumano durante i pasti. Lo studio di Renaud merita un cenno particolare per l’elevata dimensione della casistica, pari a 36.000 soggetti di sesso maschile. Non c’è niente da fare, sul vino i francesi sono sempre in anticipo rispetto a noi! La fotografia degli stessi soggetti a distanza di 5 anni dalla prima osservazione ha messo in evidenza un diverso andamento dei tassi di mortalità rispetto alle abitudini alimentari legati al consumo di bevande alcooliche. Tenendo sempre i poveri astemi come gruppo di riferimento, un consumo giornaliero di vino in quantità moderata (max 4 bicchieri al giorno) si è associato a tassi di mortalità decisamente più bassi, con un nadir del 30% di riduzione della mortalità in corrispondenza di un consumo di 2-3 bicchieri al giorno. A parità di grammi di alcool giornalieri il consumo di birra associato al vino annullava l’effetto protettivo e il consumo di sola birra in quantità moderata dava luogo ad un lieve incremento dei tassi di mortalità, peraltro non statisticamente significativi, come è visibile nella figura 6. Sulla base di queste statistiche è stato calcolato che se ogni americano bevesse due bicchieri di vino al giorno, le malattie cardiovascolari, che rappresentano quasi il 50% dei decessi in questa popolazione, potrebbe essere ridotte del 40%, e potrebbero essere risparmiati ogni anno 40 miliardi di dollari.

Vino, Alzheimer e dieta mediterranea Tutti siamo spaventati dall’idea di poter essere colpiti dalla malattia di Alzheimer, sempre più in aumento anche per la continua crescita della spettanze di vita nel mondo occidentale. Anche per questo problema il vino ci offre una concreta speranza! Studi prospettici recenti hanno dimostrato che l’incidenza della demenza senile o dell’Alzheimer in moderati bevitori di vino (3/4 bicchieri al giorno) è infatti decisamente inferiore rispetto ai non bevitori (consumo occasionale) e anche ai leggeri consumatori (1/2 bicchieri al giorno). Mi riferisco allo studio di Mehlig pubblicato nel 2008 dove grazie ad un follow-up di ben 34 anni si è dimostrato una riduzione del rischio di malattia di Alzheimer del 40%, un valore che oggi nessun farmaco è in grado di fornire! Il vino è notoriamente un elemento fondamentale della cosiddetta dieta mediterranea. Negli ulti anni la letteratura sul ruolo benefico per la salute della dieta mediterranea si è ulteriormente rafforzata con la pubblicazione di prestigiosi studi di coorte sulle massime riviste mediche mondiali. Uno di questi è lo studio spagnolo Predimed-Navarra coordinato da Ramon Estruch. Si tratta di uno studio particolare per il fatto che i soggetti inclusi nel progetto hanno accettato di far parte di un gruppo “sperimentale” o di non farne parte, con un meccanismo di assegnazione a caso ad uno dei due gruppi mediante la tecnica della randomizzazione.

Gli studi randomizzati hanno notoriamente più valore scientifico rispetto agli studi naturalistici, dove si osserva semplicemente quello che succede senza un intervento esterno. Ebbene questo studio dimostra che la dieta mediterranea in cui vino, olio extravergine di oliva e noci sono i costituenti fondamentali produce benefici superiori sul versante cognitivo rispetto ad una dieta a basso contenuto di grassi e riduce del 30% il tasso di eventi cardiovascolari. Per quanto riguarda le malattie metaboliche i risultati di recenti ricerche sembrano avvalorare l’ipotesi che i fattori di rischio della cosiddetta sindrome metabolica (quel complesso sistema di cause e fattori che portano a malattie cardiovascolari gravi) vengono ridotti con l’assunzione di moderate quantità di vino rosso, attraverso la sintesi di ossido nitrico endoteliale (eNOS). Questa ipotesi è sostenuta anche da osservazioni epidemiologiche, anche se ha bisogno di ulteriori convalide sperimentali sugli esseri umani. Nel campo delle malattie tumorali i dati sono ancora piuttosto controversi, sempre in ragione della confusione tra vino e alcool. Allarmanti alcuni studi che indicano proprio l’alcol come fattore di promozione di alcune forme di cancro (oro-faringeali, all’esofago e forse anche al seno, retto e ovaie) mentre rassicuranti altri studi epidemiologici che evidenziano come il consumo di vino si associa ad una riduzione del rischio di tumore polmonare. I dati provengono da tre studi prospettici condotti su oltre 28.000 soggetti. L’effetto protettivo è attribuito alle proprietà antiossidanti. il Sommelier | n. 3 - 2016

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Meccanismi biologici dell’effetto protettivo del vino Ma quali sono i meccanismi biologici di questo straordinario effetto protettivo? La moderata quantità di alcool presente nel vino esercita una serie di effetti biologici la cui positività o negatività dipende dalla dose assunta. L’alcool a basse dosi esercita effetti benefici sulla digestione, stimolando la secrezione pancreatica ad esempio e sulla funzione vascolare, grazie ad una azione vasodilatante. Quando la dose di alcool supera una certa soglia gli effetti negativi prevalgono su quelli positivi. Fortunatamente l’assunzione di alcool attraverso il vino in quantità moderare è relativamente lontana dalla soglia di pericolosità. Sono in realtà i componenti fenolici del vino ad essere fondamentali, perché hanno la proprietà di concorrere a reazioni di ossido-riduzione e quindi possono neutralizzare i radicali liberi dell’ossigeno, che a loro volta sono responsabili dei danni cumulativi alle cellule che portano a malattie croniche degenerative, come è ampiamente dimostrato in esperimenti condotti in laboratorio. Uno dei meccanismi attraverso i quali i polifenoli esercitano tali effetti sembra essere un’azione diretta sull’espressione genica degli enzimi del ciclo del glutatione ridotto, un costituente chiave nei sistemi di protezione cellulare dai danni da radicali liberi dell’ossigeno. Al di là dei noti effetti antiossidanti, di cui tuttavia vi è un dibattito 18

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notevole sulla reale consistenza di questo meccanismo in vivo, la presenza dei polifenoli e in particolare del resveratrolo sembra esprimere un notevole effetto protettivo sullo stato di salute attraverso l’attivazione di particolari sostanze, le sirtuine, potenti sistemi di controllo della stabilità del DNA che tra l’altro sono attivate dalla restrizione calorica. Mangiare poco influenza positivamente la longevità come è stato ampiamente dimostrato in studi sperimentali condotti sulle più svariate specie animali. Recentemente ricercatori italiani che lavorano negli USA come Luigi Fontana hanno dimostrato che questa legge vale anche per l’uomo. Il problema è che pochissimi esseri umani sono in grado di seguire volontariamente un regime alimentare che comporti l’assunzione di meno di 2000 calorie al giorno per un tempo indeterminato. La straordinaria notizia è che il consumo di vino mima dal punto di vista biochimico la restrizione calorica, per la serie: unire l’utile al dilettevole! Molti altri studi medici sono disponibili su diverse patologie che si possono avvalere di un beneficio legato al consumo di vino. Parliamo della depressione (il consumo di 2-4 bicchieri di vino al giorno riduce il rischio di depressione del 30%): dell’ansia (alcuni polifenoli si legano ai recettori cerebrali a cui si legano i comuni ansiolitici); dei calcoli alla cistifellea: delle malattie renali, e di molte altre ancora.

Considerazioni finali Dopo questa disamina delle evidenze scientifiche disponibili possiamo affermare che il corpo

delle evidenze degli effetti benefici del vino sulla salute è sostanzioso ed in continua crescita. I dati più convincenti riguardano la protezione dalle malattie cardiovascolari e neurodegenerative, che peraltro costituiscono la principale causa di morte nel mondo occidentale. Ulteriori studi sono necessari per stabilire il ruolo del vino nella protezione dalle malattie metaboliche e dai tumori, ma tutto fa ritenere che anche qui gli effetti possano essere importanti. Possiamo quindi concludere dicendo che il corpo delle evidenze degli effetti benefici del vino sulla salute è sostanzioso e in continua crescita. I dati più convincenti riguardano la protezione dalle malattie cardiovascolari e neurodegenerative, che peraltro costituisco la principale causa di morte nel mondo occidentale. Ulteriori studi sono necessari per stabilire il ruolo del vino nella protezione dalle malattie metaboliche e dai tumori, ma tutto fa ritenere che anche qui gli effetti possano essere importanti. È auspicabile che la cultura italiana del vino, che vede questo prodotto non come una semplice bevanda, bensì come un alimento costituente essenziale della dieta mediterranea, e probabilmente il maggior effettore dei suoi benefici, possa essere diffusa nei paesi che rappresentano mercati emergenti a tutto vantaggio nel nostro bilancio economico. Bibliografia: http://www.fisar.org/ wp-content/uploads/2016/06/ Bibliografia-Articolo-Prof.-Grossi. pdf


di Luciana Rota – Fotografie di Luciana Rota

Storie di vini e di cavalli Se cerchi attraverso Google certi nomi che hai nella memoria anche visiva, di cavalli e di campioni, puoi trovare etichette di vini che promettono bene. E subirne il fascino.

S

ono nomi che evocano ogni pratica equestre o ippica. Alcuni saltano, altri sono perfezionisti del dressage, altri ancora – e sono i più – trottano e galoppano. Anche nella storia. Persino in quella del vino. Al trotto, ad esempio, vanno per la maggiore “riserve a quattro gambe”, nomi come Sangiovese, Merlot, Negramaro, Gutturnio persino Sassicaia e prima ancora Bonarda Roc, Barbera Roc… Che belli i nomi dei cavalli! Al galoppo – senza dimenticare storici campioni come Bricco Uccellone – puoi trovare i tipici degli anni 2000 nelle nostre corse su pista, cavalli tedeschi di razza che fanno di nome Pinot e Pinot Noir. Assonanze vincenti. Strano il

destino. Un vino che porta il nome di un cavallo che vince. E viceversa. A volte si tratta anche di cavalli e vini non per forza campioni. Ma ugualmente da scoprire e gustare. Dietro ci sono sempre tante storie. Di vini e di cavalli. Che hanno in comune un raggio stretto, preciso, cucito sulla pelle o sul collo della bottiglia, all’attacco della criniera al vento o sul garrese: una forte passione. È un legame storico, quasi ancestrale, antico, fatto di terra da arare e poi correre via veloce, sudare. Per conquistare il premio, che arriva dopo tanta fatica. Ognuno nel proprio campo. Al galoppo fra le vigne c’è da divertirsi prima di entrare trotterellando in enoteca. Ed uscirne saltando di gioia.

Ecco qui un breve itinerario che scopre storie di vini e di cavalli. Perché se trovi il nome del cavallo sulla bottiglia non è detto che corrisponderà un’etichetta di un grande vino capace di arricchirsi di gloria e ori sul traguardo dell’Amérique o del Derby o di una finale a quattro per quattro dei Giochi Olimpici di Rio o ai punti dei World Equestrian Games di dressage e di completo. In sella che andiamo. Al trotto si sale sul sulky di Filippo Rocca. Con lui, pluri-vincitore del ranking per la categoria gentleman italiana, potrai volare curva dopo curva verso un sogno attuale. Il sogno del derby dei tre anni. Anzi, per l’esattezza della giovane trottatrice di punta della sua scuderia. Quarta il Sommelier | n. 3 - 2016

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generazione di cavalli e di vini, i Rocca fanno sempre sul serio. Lei è giovanissima, una speranza, e si chiama United Roc (occhio al suffisso), ha tre anni appunto, è baia chiara (anzi rosé, fra il rosa ramato e il rosa chiaretto) e ha il carattere della vincitrice, facendo gli scongiuri di rito che nell’ippica sono tutto. «Dovessi paragonarla ad un nostro vino – dice Filippo – senza dubbio l’etichetta sarebbe quella del nostro miglior Primitivo. È considerata la 3 anni femmina più forte del momento, la più ricca di somme vinte, totalmente made in Italy, l’abbiamo prodotta noi come un vitigno autoctono poiché sia il padre che la madre sono Roc. E ci ha già regalato un successo nel prestigioso Gran Premio Italia di Bologna e nell’Allevatori Filly di Roma. Il suo carattere forte e tenace, dolce e semplice ricorda proprio il Primitivo, quel grande vino che nel Salento ha la sua massima espressione». Sogni da Darby. Ah il magico mondo del trotter. Quell’atmosfera d’un tempo che si respira fra gente che alleva, allena, lavora. E produce. Cavalli e vini. I Rocca fanno questo duplice mestiere da più di 40 anni. Con il vino iniziò 20

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Francesco, il trisnonno di Filippo, continuò il bisnonno Angelo e negli anni ’70 suo figlio Ernesto fondò anche la Scuderia Sant’Eusebio, una casacca molto conosciuta. Comprarono terreno in Puglia, senza abbandonare gli affari al Nord, da cui provengono. Con base ad Agrate Brianza dove c’è un’impresa di costruzioni e la fabbrica di imbottigliamento. La terza generazione non ha tralasciato nulla. Anzi, in Puglia – 2 poderi 100 ettari coltivati a vigne e con uliveti secolari – ha ristrutturato la Masseria, sede estiva della famiglia e luogo per degustazioni mitiche. Lì, seduti attorno ad un tavolo (un carro) antico che evoca il lavoro dei cavalli nelle vigne e nei campi, si stappano i campioni della cantina Roccavini. La famiglia Rocca produce vino e cavalli dal 1880, anno in cui fu fondata la Vinicola Rocca. Qui c’è «passione per l’invecchiamento dei vini ritenuti meritevoli unitamente al servizio ed un ottimo rapporto qualità/prezzo...» che funziona molto all’estero: Europa, America, Asia. Spiega Filippo Rocca: «Abbiamo sempre avuto la passione per il vino e per i cavalli». Il Salento ha fatto partire una storia

che viaggia lontano e trotta decisa anche verso il futuro. Dal sud al nord. C’è una realtà vinicola di produzione e di imbottigliamento, che vale il 90% per l’export, con circa 10 milioni di bottiglie / anno che diventano comprendendo la realtà piemontese a marchio Dezzani. E ci sono i cavalli. I risultati arrivano anche con l’allevamento dei trottatori: fra quelli allenati e già in pista e quelli allevati, quindi “autoctoni”, se ne contano quasi cento. Fra i primi ad andare in pista con tanto di… etichetta, in questo doppio viaggio produttivo, c’è quel Shiraz Roc che: «che si porta in dote sul sulky la storia di un vino particolare ed oggi corre con successo in Francia nel mitico ippodromo di Vincennes – racconta Filippo – A volte, il vino e gli affari, traggono ispirazione dal mondo dei cavalli. È accaduto a Prowine, dove un cliente importante svedese ci ha chiesto una fornitura di Primitivo edizione limitata con l’etichetta che raffigura un gran calesse”. Un’edizione per modo di dire “limitata”: 80mila bottiglie! Cambiamo andatura. Al galoppo si va con Allegra Antinori. In rappresentanza di una etichetta che è storia. Gente che dal 1300, a Bolgheri, fa vino e ama i cavalli. Gente che produce e vince. Qui si corre sulle orme di una storia profonda e vincente, quella delle gesta dell’ippica e del vino del marchese Mario Incisa della Rocchetta, Razza Dormello Olgiata… Galoppando verso il Lazio, invece, non puoi evitare un purosangue che di nome fa Mario Masini, proprietario della Scuderia Colle di Papa, con la passione del vino e dei cavalli: una vocazione che gli ha premesso di vincere nel


galoppo e nella vigna, con un vino che lui chiama il Frascati del riscatto: l’unico su cui ha puntato come un cavallo di razza per farlo tornare primo sul traguardo, dopo essere stato prima il vino più famoso di Roma e dopo succube di anni difficili. Il suo Frascati è sacro, allevato nella terra intorno al nascosto Eremo dei Camaldolesi di Monte Corona a Monte Porzio Catone, si parla del XVII secolo. 8 ettari di vigneti a 500 metri sul livello del mare e a 20 km da Roma, suolo di origine vulcanica e microclima con una forte escursione termica. Bricco Uccellone è un nome di cavallo ma anche un’etichetta e insieme hanno sempre vinto. A Capannelle come in enoteca. La tenuta Braida, di Giacomo Bologna, produce da sempre il binomio cavallo e vino… Sono storie quasi magiche. Quelle di Tignanello e Ornellaia, a metà degli anni 80, correvano e vincevano, oltre che negli ippodromi anche nel bicchiere (ancora oggi). Ci sono poi le amazzoni che galoppano nel futuro, come avviene in casa Pacelli, Tenute Pacelli, con Laura e Carla, sorelle saldamente in sella, che portano avanti una giovane azienda familiare tra le lussureggianti colline a nord di Cosenza. I rossi sono la loro forza, come le due riserve, il Pauciuri da uve Barbera e Cabernet, provenienti dalla vigna più antica dell’azienda – di quasi 50 anni – e il Tèmeso, da uve Magliocco e Calavrese, l’antico Nero d’Avola autoctono. Senza rinunciare a felici sperimentazioni, come il Riesling italico in purezza che regala un bianco fermo profumato, rotondo e schietto, e la nuova produzione di bollicine metodo classico.

Le sorelle le trovi spesso nelle vigne, a cavallo, soprattutto Laura che chiarisce: «La passione per i cavalli c’è da sempre in famiglia: non solo zio Gaetano La Costa possedeva cavalli da corsa ma li ha voluti anche in campagna dove oggi produciamo vino. A 50 metri dal casino di caccia del 700 circondato dalla vigna, ci sono ancora le vecchie scuderie. La targa recita 1932». Lezioni di dressage. La nobile arte, disciplina olimpica, si muove a La Palazza Drei Donà di Massa di Vecchiazzano. La tenuta sorge, con la sua cantina di famiglia, in mezzo alle colline fra Forlì e Predappio nel sud dell’Emilia Romagna. Produce 100% Sangiovese e piccole quantità di vitigni francesi. Dagli anni 60 con Giovanna Vittoria (salto ostacoli) poi i suoi figli Enrico (completo) e Ida Vittoria (dressage) qui si respira non solo agonismo ma piacere di vivere accanto agli animali sensibili e raffinati… da qui i nomi dei vini della tenuta: uno su tutti Pruno (il cavallo più amato di Enrico) e poi Tornese, nome altisonante si sa, il cavallo con cui Ida Vittoria ha partecipato al Campionato Europeo di dressage.

“Tutti i vini Drei Donà portano i nomi dei cavalli di casa. A Pruno abbiamo dedicato il Sangiovese Riserva per la forza, il carattere e per l’anima che sa sorprendere. A Tornese, lo Chardonnay che qui a Palazza esprime un’anima speciale, rispecchia solarità. Un cavallo come un vitigno qualunque che l’amore e la passione di poche persone hanno fatto diventare grande”, spiega Ida Vittoria, che oggi è istruttrice Fise, 3 volte campionessa italiana di dressage. È lei che gestisce nella tenuta allevamento e circolo ippico, Le Rosenere. Qui è facile vedere i cavalli dopo l’allenamento passeggiare nelle vigne per defaticare… Dicono i Drei Donà «Mentre il vino è l’essenza della Natura in un bicchiere, i cavalli da sempre sono un sogno, la realtà che diventa leggenda…». Per restare in tema di vino: il loro Sangiovese Pruno, Annata 2008, è valso la selezione di Wine Spectator per OperaWine, fra i Top 100 Produttori Italiani. Pruno è stato più volte definito dagli esperti un Sangiovese di razza, un vino che ha corpo e struttura per invecchiare. il Sommelier | n. 3 - 2016

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di Riccardo Lagorio – Fotografie di Riccardo Lagorio

Le ostriche

tra cultura, piacevolezza e tipicità Non tutte le ostriche sono uguali ma soprattutto è improbabile poter essere in grado di stabilire aprioristicamente caratteristiche le sensoriali di un’ostrica, malgrado esistano dei parametri generali sui quali possiamo contare.

L’

ostrica ha rappresentato cibo ricco, talvolta proibitivo, per buona parte della popolazione dell’opulento Occidente sino a quando – recentemente – non si è affacciata nei supermercati. Lo dimostra anche la vivacità dello straordinario dipinto di Jean-François de Troy, Le Déjeuner d’Huîtres, datato 1734, dove i nobili dell’epoca pasteggiano con ostriche e Champagne ritenuti entrambi simbolo del lusso e del bien vivre. Ma anche i Romani erano ghiotti di ostriche. Tuttavia le loro, cresciute in fosse e gore, avevano una forma rara da incontrare oggi: rotondeggiante e piatta (Ostrea edulis). Infatti tra il Settecento e 22

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l’Ottocento il combinato effetto di rigidi inverni e dell’eccessivo sfruttamento dei mitili provocò il collasso dell’ostricoltura europea. Nel secolo scorso l’Ostrea edulis fu poi colpita da epidemie esiziali: la prima negli anni Venti e più recentemente negli anni Settanta. Da allora l’allevamento di ostrica piatta in Europa rappresenta non più dello 0,2% del totale, quasi totalmente sostituita dalla Crassostrea gigas, d’origine asiatica e dalla forma allungata e concava che spesso incontriamo nelle pescherie. In Europa l’Ostrea edulis è ancora allevata in Francia, in Gran Bretagna e in Croazia nelle acque della baia di Stagno. La rarità ha come conseguenza

commerciale un prezzo più elevato dell’ostrica piatta (che cresce anche più lentamente dell’ostrica concava) mentre una frontiera ancora pressoché inesplorata riguarda le caratteristiche organolettiche delle ostriche. Innanzitutto la dimensione. È comune classificare le ostriche in base alla dimensione. Commercialmente si va dalla più piccola, contraddistinta dal numero 4 alla più grande, un triplo 0. Solitamente ciò implica anche un tempo maggiore trascorso in acqua e di conseguenza risorse impiegate dall’allevatore che si traducono in un prezzo maggiore sul mercato. Altri fattori determinanti per dare


giudizi gustativi a un’ostrica riguardano il luogo e le modalità di allevamento o finissaggio. Infatti, a prescindere dall’appartenenza a una o all’altra specie (che pure è fattore distintivo nel raggiungimento di un gusto finale), è significativo se il mollusco completa la crescita in mare aperto, in bacini chiusi un tempo utilizzati per l’estrazione di sale o caolino (claire), o in insenature che godono dell’apporto di acque dolci e altrettanto aree pelagiche allo sbocco di estuari. Nelle claires viene condotta l’acqua salmastra ricca di plancton, che serve allo sviluppo dell’ostrica. Qualora l’ultimo periodo di allevamento delle ostriche avvenga nelle claire, sarà importante conoscerne anche la durata e la densità di animali presenti (più il singolo individuo ha spazio, più il mercato riconoscerà un bonus finale di prezzo).

Altro fattore importante è il marchio di fabbrica. Come avviene nel mondo del vino, un certo marchio può avere raggiunto particolare rinomanza grazie alle capacità imprenditoriali del detentore. Di conseguenza il prodotto avrà una propria riconoscibilità commerciale. Pertanto non tutte le ostriche sono uguali ma soprattutto è improbabile poter essere in grado di stabilire aprioristicamente le caratteristiche sensoriali di un’ostrica, malgrado esistano dei parametri generali sui quali possiamo contare. Le ostriche piatte sono in generale più delicate delle ostriche concave, ovvero le loro caratteristiche organolettiche appaiono più… smussate. Il mollusco all’interno delle valve possiede colore avorio che vira al grigio-nocciola, il sapore ricorda la frutta secca come la mandorla o in certi casi i pinoli; il gusto di iodio è ben

presente e la carnosità molto accentuata, conferendo una sensazione quasi scricchiolante al morso. Se l’allevamento avviene in mare aperto il senso di iodato e la fragranza in bocca si amplificano. L’astringenza è pressoché assente. In generale la polpa dell’ostrica concava è meno croccante, presenta un gusto più amaro e un finale astringente maggiore. Tuttavia esistono numerose varianti che derivano dai parametri sopra riportati. Le varianti di allevamento configurano qualità commerciali che definiscono differenti aggettivazioni. Le ostriche fines sono allevate in mare aperto: il profilo gustativo è connotato da intensa e prolungata sapidità e iodicità, risulta poco percepibile la frutta secca e la polpa risulta moderatamente croccante. Le ostriche spéciales godono di un piacevole ammandorlato finale il Sommelier | n. 3 - 2016

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rispetto alla categoria precedente. Le ostriche fines de claires subiscono un affinamento di almeno un mese nei bacini di acqua salmastra e in numero non superiore a 20 per metro quadrato. L’aspetto del mollusco può presentare una cornice verdognola. Il loro sapore è ben equilibrato, con la presenza di note iodate ma privo di picchi gustativi e un finale di frutta secca con moderata astringenza. La polpa è soda. Le ostriche spéciales de claires vivono per almeno due mesi nelle claires a una densità massima di 10 individui per metro quadrato. Godono di una polpa più croccante rispetto alle precedenti, un gusto che vira sul minerale grazie all’apporto di fitoplancton che è generato dall’entrata nelle insenature delle correnti atlantiche ricche di sostanze organiche. L’ostrica è di colore avorio e il bilanciamento tra gusto salato e dolce risulta gradevole, spiccato il retrogusto iodico e minerale, assai prolungato. Le ostriche Pousse en claire vengono affinate in numero variabile tra 3 e 5 per metro quadrato e rappresentano il vertice della piramide della 24

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categoria en claire. In questo caso l’affinamento dura almeno quattro mesi, ma spesso si arriva a otto, e le conchiglie hanno un aspetto rugoso con linee bianche e nere orizzontali. L’ostrica che se ne trae ha una polpa molto croccante, il sapore di iodio è deciso, il retrogusto dolce di nocciola e frutta secca, prolungato sotto un’ombra di piacevole astringenza. La scelta di un’ostrica è quindi operazione assai complessa, come lo è l’abbinamento con il vino. Posto che l’ostrica va consumata cruda per esaltarne le caratteristiche migliori (e segnalare eventuali imperfezioni), a seguito di numerose prove empiriche, possiamo affermare di avere trovato gradevoli i seguenti abbinamenti. Del resto, come scriveva il medico bresciano Bartolomeo Boldo nel 1576 “se alcuni ne mangiano, questo fanno per dar dilettatione alla gola e non per nutrimento”. L’ostrica piatta ha trovato il suo miglior compimento con del Pagadebit di Romagna o del Coste della Sesia in cui gusto erbaceo e delicato, la giovialità e i sentori di biancospino accompagnano le fini note iodate del mollusco. Le fines de claire possono

convivere con un Bardolino Chiaretto (dagli aromi vagamente terragni che nobilitano le note iodate) o un Verbicaro Bianco (per l’intenso gusto varietale che in taluni casi vira al salmastro). Con delle Spéciales de claire abbiamo provato più volte del Verdicchio di Matelica e ne siamo sempre stati sorpresi positivamente: il bouquet incisivo, il gusto tenace e la sapidità ospitano perfettamente le caratteristiche dell’ostrica. Molte bottiglie di Collio Goriziano di Ribolla gialla opportunamente invecchiate si sono rivelate di accostamento indicato per le ostriche Pousse en claire per la vaga speziatura, l’intensità olfattiva, il vigore e la struttura.


Società Agricola Taverna Nova Siri (MT) - www.aataverna.com è situata a Nova Siri, in provincia di Matera, e sorge sull’assolata costa jonica della regione Basilicata a circa 200 metri sul livello del mare. Dei 280 ettari di superficie aziendale, 19 sono coltivati a vigneto per uva da vino, nel rispetto degli indirizzi della moderna viticoltura e della vocazione territoriale in cui essi si trovano. L’azienda commercializza vino fin dai primi anni ’80, lavorando con l’Istituto di enologia di Conegliano Veneto. Da sempre ha creduto nei vitigni autoctoni che rappresentano ancora oggi la principale produzione. Si tratta, infatti, di Aglianico, Greco, Primitivo.

Lagarino di Dionisio 2010 - Basilicata IGP

Vino ottenuto dalla vinificazione contemporanea di uve Merlot e Cabernet Sauvignon delle migliori annate, al fine di migliorare le caratteristiche organolettiche di ciascuna e successivamente unite, prima della degradazione dell’acido malico, con il nobile Aglianico. Vino dal colore rosso rubino intenso, di gran corpo, etereo che ricorda la frutta matura e le spezie. Dal sapore netto e persistente con un certo equilibrio tra il dolce e la mandorla, presenta un’acidità regolare ed una buona armoniosità. Vino invecchiato in botte di rovere francese per 14 mesi e successivamente affinato in bottiglia, a temperatura costante, per i rimanenti quattro.

Bottiglie prodotte: 4.000

Prezzo consigliato in enoteca: 18 euro

Azienda Vigne Mastrodomenico Barile (PZ) - www.vignemastrodomenico.com I vigneti si estendono per circa otto ettari lungo una piccola collina che sovrasta un magnifico panorama sulle pendici del Vùlture, l’antico vulcano spento di epoca quaternaria della Basilicata. Essi godono di una esposizione soleggiata ottimale e di una ventilazione costante, tanto da garantire grazie alla cura e alla dedizione nella coltivazione, alta qualità ad ogni annata. La zona è di particolare pregio sia naturalistico che storico, ci troviamo infatti lungo il tratto Venosa-Brindisi della storica Via Appia Antica (Regina Viarum) e a valle dell’agglomerato eneolitico di Toppo Daguzzo. In questa piccola oasi dove l’urbanizzazione non è presente, il tempo pare si sia fermato e la storia antica rivive nei nostri passi che sembrano seguire quelli degli antichi popoli romani e greci che abitarono questa zona e che per primi hanno coltivato la vite.

Likos 2011 - Aglianico del Vulture DOC

Aglianico del Vulture 100%. Affinamento 8-10 mesi in barriques francesi con una tostatura personalizzata ed in bottiglia per almeno 6 mesi. Rosso rubino intenso con riflessi granata che si accentuano con l’invecchiamento Caratteristiche Profumo fruttato maturo di ribes, mora e ciliegia con leggera nota di vaniglia. Al palato il vino si presenta inizialmente secco e caldo,di corpo deciso ma elegante. In bocca si presenta intenso ed avvolgente, di notevole persistenza aromatica. Il finale è lungo, con una delicata nota di liquirizia.

Bottiglie prodotte: 18.000

Prezzo consigliato in enoteca: 18 euro

Società Agricola Nugnes Carinola (CE) - www.aziendagricolanugnes.it L’azienda vinicola Nugnes nasce nel 2002 da un’antica tradizione di viticoltori, iniziando da Orlando Nugnes, per poi divenire una vera e propria realtà vitivinicola con il figlio Antonio, il nipote Orlando. L’eccellenza dei prodotti, la manifesta professionalità nella gestione aziendale, hanno saputo trasformare un semplice vigneto, in un puro esempio di maestria, innovazione e raffinata pregevolezza. Clima mite e temperato, terreno fertile e ricco di elementi vulcanici, ed il piacevole sole campano, contribuiscono ad arricchire i vini di profumi intensi e delicati. Ed è qui che il Falerno del Massico, assume tutte quelle caratteristiche che gli hanno conferito, nel 1986, la denominazione di origine controllata. Un meraviglioso connubio tra una terra nobile ed un’Azienda che opera, oramai da anni, nella piena consapevolezza della preziosità delle sue uve.

Caleno Riserva 2010 - Falerno del Massico DOC

Vino prodotto con 80% Aglianico 20% Piedirosso. Affinamento di circa 12 mesi in Barriques di Rovere Francese e successivi 12 mesi bottiglia. Il colore è ancora rubino tendente al granato, i profumi sono complessi e vari e vanno dal fruttato allo speziato, dal selvatico alle erbe aromatiche, dalle more alla più generica frutta rossa matura. Mirabile equilibrio che si ripercuote nell’assaggio dove potenza e finezza trovano un giusto amalgama. Tannini rotondi e acidità equilibrata.

Bottiglie prodotte: 15.000

Prezzo consigliato in enoteca: 24 euro il Sommelier | n. 3 - 2016

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Mamete Prevostini Mese (SO) - www.mameteprevostini.com La storia di Mamete Prevostini, vini di Valtellina è quella di una cantina italiana che ha cominciato ad amare il vino più di 70 anni fa, con uno stretto legame con il territorio: la Valtellina, una delle aree viticole terrazzate più importanti d’Italia. Dal 1988 l’azienda è gestita da Mamete che, forte della tradizione di famiglia, ha portato numerose innovazioni sia nella coltivazione dei vigneti che nella vinificazione. Con sede a Postalesio, in provincia di Sondrio, la nuova Cantina Mamete Prevostini si inserisce nel territorio valtellinese portando innovazione nel pieno rispetto per l’ambiente ottenendo la certificazione CasaClima Wine. La cantina si sviluppa su 3.000 mq ed è disposta su tre piani che consentono una lavorazione del vino a caduta naturale.

Grumello 2013 - Valtellina Superiore DOCG

è un Nebbiolo 100%. Dopo la torchiatura il vino ha svolto la fermentazione malolattica in fusti di rovere in cui l’affinamento è proseguito per circa 12 mesi. è successivamente affinato in bottiglia per altri 8 mesi prima della commercializzazione. Colore rosso rubino scarico tendente al granato. Profumo sottile e persistente di nocciola, more e ribes. Sapore vellutato, armonico e fresco, giustamente tannico con finale denso, concentrato che apporta una notevole struttura.

Bottiglie prodotte: 11.500

Prezzo consigliato in enoteca: 18 euro

Cantina di Soave Soave (VR) - www.cantinasoave.it Cantina di Soave, fondata nel 1898, è oggi una delle realtà vitivinicole più interessanti del panorama enologico. Con i suoi 6.000 ettari di vigneto, è un’azienda che vanta un passato importante e si muove in direzione di un presente denso di attività e di nuove sfide. Filare dopo filare l’azienda è riuscita a creare nel tempo un mosaico selezionatissimo di cantine e vigneti che sono andati ben oltre il territorio di Soave, terra dell’omonimo vino, fino a toccare le terre del Garda e le colline della Valpolicella, regno dell’Amarone. Seguendo questa tradizione di crescita ed attenzione verso le peculiarità del territorio, si è creato nel corso degli anni un panorama di vigneti dedicati nella maggior parte alla coltivazione e valorizzazione delle qualità autoctone veronesi.

Rocca Sveva Riserva 2011 - Amarone della Valpolicella DOCG

I vigneti sono situati nella zona Valpolicella Doc su terreni di origine calcarea. La vendemmia viene effettuata i primi 10 giorni di ottobre. Le uve raccolte a mano restano ad appassire in locali a temperatura controllata almeno 3 mesi. Maturazione in botti di rovere che durerà almeno 24 mesi a cui segue un affinamento di 12 mesi in bottiglia. Rosso rubino intenso con riflessi granati. Fruttato intenso con sentori di ciliegia, amarena, frutti di bosco, frutta esotica. Il sapore si presenta ampio, caldo, setoso, morbido, con una tannicità armonica e vellutata, di lunga e piacevole persistenza.

Bottiglie prodotte: 18.500

Prezzo consigliato in enoteca: 39 euro

Giulio Cocchi

Cocconato (AT) - www.cocchi.com Stando alla leggenda, Giulio Cocchi si innamorò della figlia del proprietario di uno dei bar situati sulla piazza principale della città di Asti, piazza Alfieri. Sembra che il suo amore fosse ricambiato, visto che ancora oggi quel bar è conosciuto come “Il Cocchi”, un punto di riferimento per la città. Nel 1891 vi stabilì la sua attività, specializzandosi nella creazione di vini aromatizzati e spumanti come l’Asti docg. In particolare, creò ricette originali per il Barolo Chinato, l’Aperitivo Americano e diversi tipi vermouth, ottenendo successo e fama in breve tempo. Da non dimenticare l’attenzione per il mondo degli spumanti brut di qualità da monovitigno.

Pas Dosé 2008 - Alta Langa DOCG

è un 100% Pinot Nero. Nel rispetto dello stile di Cocchi le uve hanno fermentato per tre settimane in piccoli tini di acciaio. La cuvée è stata creata a fine inverno; la presa di spuma e l’affinamento sur lattes sono durati 80 mesi. Il remuage è interamente manuale su pupitre di legno con degorgement à la glace nel dicembre 2016. Zero zuccheri aggiunti al momento della sboccatura. Di colore giallo pallido con delicati riflessi verdognoli. I profumi sono nitidamente riconducibile alla crosta di pane, alla frutta tropicale e al miele d’acacia. Il lungo affinamento offre un ottimo perlage. Il sapore ben definito e di notevole freschezza. Il gusto decisamente secco scrocchia al palato con le note della nocciola cruda e frutti bianchi canditi, vigoroso ma coinvolgente per il buon bilanciamento acido.

Bottiglie prodotte: 5.000 26

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Prezzo consigliato in enoteca: 35 euro


Podere Provinciale Cantina di Laimburg Ora/Vadena (BZ) - www.laimburg.bz.it Uno dei concetti fondamentali su cui si è incentrata l’attività degli ultimi 15 anni è stato quello di offrire a ciascun vitigno la propria area microclimatica. Attualmente il Podere Provinciale coltiva circa 50 ettari di superficie vitata distribuiti su tutte le aree vinicole dell’Alto Adige. Poste su terreni di natura diversa, dalla pianura alla collina fino al ripido pendio, le zone di coltivazione si distinguono anche per la conformazione del suolo: ghiaia d’origine morenica e suoli alluvionali si alternano a roccia primitiva e pietrisco calcareo argilloso. Le uve crescono ad altitudini comprese tra 200 e 750 m s.l.m. ed il tipo d’allevamento, a pergola o a spalliera, è determinato dalla posizione e dal tipo di vitigno. Persuasi che uve di grande qualità e vini importanti si possano ottenere esclusivamente da una viticoltura attenta e rigorosa.

Col de Rèy 2011 - Vigneti delle Dolomiti IGT

è un vino rosso composta da Lagrein (50 %), Petit Verdot (30 %), Tannat (20 %). Viene coltivato a Bolzano/Gries a 250 m s.l.m. Ölleiten nei pressi di Caldaro, pendio sud/sud-occidentale a 330-350 m s.l.m. Affinato in botte per 22 mesi e successivamente altri 30 mesi in bottiglia. Di colore osso rubino con riflessi rosso granata. Il vino si presenta fruttato con un leggero e delicato sentore di fumo. Corposo, gradualmente astringente, elegante e molto persistente, assai complesso. Secco, rotondo e di buona acidità.

Bottiglie prodotte: 3.900

Prezzo consigliato in enoteca: 35 euro

Soc. Agricola Ermacora Premariacco (UD) - www.ermacora.it

Quattro ettari nel 1922, questa è la sua origine. Con costante impegno, vite dopo vite, vendemmia dopo vendemmia, hanno raggiungendo il secolo di vita. Ne è trascorso di tempo da quel lontano 1922, quando la famiglia acquistò la casa di Ipplis assieme al terreno circostante, avviando l’attività di fattoria a produzione mista. Alla conduzione iniziale del nonno Antonio segue, subito dopo la seconda guerra mondiale, quella del figlio Marino fino a quando, verso la fine degli anni ’70, tutta la famiglia decide di dedicarsi esclusivamente alla produzione del vino. Oggi l’azienda, che comprende 47 ettari a vigneto, è nelle salde mani dei due nipoti, Luciano e Dario, che con tenacia assicurano continuità alla tradizione di famiglia.

Friulano 2015 - Friuli Colli Orientali DOC

Le vigne di questo Friulano, 100% Tocai Friulano, sono ospitate nei tre ampi appezzamenti di proprietà: i terreni ricchi della “ponca” collinare, la piana più sassosa ed il Ronco della Bressana. Tutte le superfici vitate sono inerbite naturalmente e convivono ciascuna felicemente con le vicine aree mantenute a bosco. Fermentazione in recipienti di acciaio inox con controllo della temperatura, sosta sui lieviti con batonnage. Imbottigliamento, stoccaggio delle bottiglie coricate in locali condizionati. Colore giallo paglierino con riflessi verdi luminosi. Profumo caratteristico aroma di mandorla, crosta di pane, frutta bianca e fiori di campo. Il sapore è asciutto e rotondo della mela Golden, della pera e della pesca bianca.

Bottiglie prodotte: 35.000

Prezzo consigliato in enoteca: 13 euro

Soc. Agricola Colvendrà Refrontolo (TV) - www.colvendra.it Ha origine ancora nei primi del ’900, trovando radici nelle secolari tradizioni enoiche della nostra terra Veneta. Dal 1924 infatti Leonardo Della Colletta, valorizzando un’antica tradizione famigliare, inizia un percorso vitivinicolo nel cuore del Veneto al centro della zona di Conegliano Valdobbiadene dove vigneti lussureggianti incontrano assolate colline e dove l’opera dell’uomo rende feconda una tradizione divenuta stile. La passione per il lavoro in cantina, con il rispetto dell’ambiente e del contesto paesaggistico, rimane una preziosa eredità che l’azienda vuole gelosamente conservare: ancora oggi le vigne sono armoniosamente alternate da siepi e piccoli boschi che disegnano un contesto naturale unico di rara bellezza e i vini sono infinitamente apprezzati per la loro importante struttura e personalità.

Bepi Millesimato Dry 2014 - Conegliano Valdobbiadene Prosecco Sup. DOCG

è uno charmat ottenuto vinificando Glera 100% coltivato nella zona di Refrontolo. Pressatura soffice delle uve, separazione delle bucce e fermentazione dei mosti a temperatura controllata, con inoculo di lieviti selezionati. Di colore giallo pallido si esprime con un delicato ed ampio bouquet di frutta matura, mela golden, pesca, agrumi, floreale di fiori d’acacia e di glicine. Al gusto è fragrante, abboccato, fresco, di grande morbidezza e buona persistenza.

Bottiglie prodotte: 6.500

Prezzo consigliato in enoteca: 18 euro il Sommelier | n. 3 - 2016

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Fontanafredda

Serralunga d’Alba (CN) - www.fontanafredda.it Nel cuore del Piemonte del vino – sulle colline delle Langhe – nasce Fontanafredda: dalla originaria proprietà di “Roggeri Giacomo fu Giovanni Battista in Serralunga d’Alba”, “per ingiunzione del 17 giugno 1858”, la tenuta, una superficie di “giornate piemontesi” 138,82” (pari a circa 54 ettari), venne iscritta nel patrimonio privato di Vittorio Emanuele II, Re di Sardegna. Il sovrano, innamoratosi perdutamente di Rosa Vercellana, detta “la Bela Rusin”, popolana e figlia di un tamburo maggiore di sua maestà, gliene fece dono e la insignì l’anno successivo del titolo di Contessa di Mirafiore e Fontanafredda. La storia di Fontanafredda inizia allora, ma l’attività commerciale comincia solo vent’anni dopo, nel 1878, grazie alla passione e alla lungimiranza di Emanuele Guerrieri Conte di Mirafiore, figlio del re e della Bela Rusin, nobile figura di imprenditore che si dedica al vino con un approccio assolutamente moderno.

La Vigna la Rosa Barolo 2011 - Barolo DOCG

Il Barolo Vigna La Rosa 2010 di Fontanafredda nasce dalle uve Nebbiolo che maturano a Serralunga d’Alba nella vigna La Rosa, la più importante per Fontanafredda, che da sempre dà origine a vini emozionanti, eleganti, di grande personalità. Affina 12 mesi in barrique di Rovere Allier da 225 lt e 12 mesi in botti di Rovere di Slavonia da 140 ettolitri. Dodici sono i mesi in bottiglia. Caratterizzato da un vivace colore rosso rubino, con riflessi granati, questo vino si presenta al naso con un profumo gentile ma intenso, in cui è possibile riconoscere note di rosa appassita, viola, tabacco, sottobosco, spezie e vaniglia. All’assaggio si riconoscono tannini fitti e densi, accompagnati da un sapore vellutato dalle decise sensazioni di frutta.

Bottiglie prodotte: 20.000

Prezzo consigliato in enoteca: 50 euro

Barone Ricasoli

Gaiole di Chianti (SI) - www.ricasoli.it Oggi è la più grande del Chianti Classico: intorno al Castello di Brolio, dove nel 1872 il Barone Bettino Ricasoli inventò la formula del Chianti, 1.200 ettari tra i comuni di Gaiole e di Castelnuovo Berardenga. Valli, colline, boschi di querce e castagni, 235 ettari a vigneto e 26 ettari coltivati a olivi, che godono della bellezza e della grande varietà della terra e del clima di questa area centrale del Chianti. Nei pressi del castello, nelle cantine all’avanguardia, si persegue oggi la stessa missione di eccellenza che nel 1872 portò Bettino Ricasoli ad inventare la formula del Chianti. Dal 1993 alla guida dell’azienda di famiglia, Francesco Ricasoli rinnova le qualità e la personalità dei grandi vini di Brolio, sperimentando e valorizzando le caratteristiche uniche del territorio e della sua storia. La ricerca di Barone Ricasoli è costante e dà nuovi significati alla cultura vitivinicola e all’arte del bere.

Brolio Bettino 2013 - Chianti Classico DOCG

è un 90% Sangiovese, 10% Abrusco (colorino). Vinificazione tradizionale in tini di acciaio di piccole dimensioni con 1216 giorni di macerazione a una temperatura di 24°C-27°C. Maturazione di 18 mesi in botte grande. Segue decantazione statica ed un affinamento in bottiglia di almeno tre mesi. Rubino vivo e intenso, fresche note di frutta rossa matura ed evidenti sentori speziati di erbe aromatiche. Al gusto appare ampio nel volume, grintoso con note calde mature e minerali. Di buona beva e ricchezza gustativa.

Bottiglie prodotte: non dichiarato

Prezzo consigliato in enoteca: 26 euro

Caruso & Minini

Marsala (TP) - www.carusoeminini.it L’azienda agricola che oggi porta il nome di Terre di Giumara, nasce alla fine del XIX secolo su iniziativa di Antonino Caruso, negli anni in cui il flagello della fillossera era stato appena sconfitto e la viticoltura marsalese stava faticosamente rinascendo. Le terre scelte da Antonino e da suo figlio Francesco risultarono naturalmente elette alla produzione di uve di alta qualità. Il contributo che la tipologia del terreno, l’altitudine delle colline e la distanza dal mare riuscivano a dare alla qualità delle uve prodotte fu considerato determinante dal figlio di Francesco, Nino Caruso, che già nella seconda metà del 900, giovanissimo, guidava l’azienda di famiglia. Oggi, Terre di Giumara è condotta da Stefano Caruso coadiuvato dai fratelli Francesco e Roberto.

Cutaja Riserva 2013 - Delia Nivoletti DOC

Nero d’Avola in purezza. Selezione attenta delle uve raccolte a mano. Macerazione e fermentazione del diraspato per 15-20 giorni in vinificatori di acciaio inox alla temperatura di 25°C. Fermentazione malolattica in acciaio. Affinamento di 24 mesi di cui 18 in tonneaux di rovere francese ed americano da 500 litri per poi sostare ancora 6 mesi in bottiglia. Di colore rubino intenso con note di frutta rossa matura come ribes e prugna, erbe aromatiche e sentori di cacao. Il gusto esprime una struttura calda, una trama setosa e fitta, e una persistente piacevole arricchita da una buona acidità. Tannini che hanno completato la loro polimerizzazione

Bottiglie prodotte: non dichiarato 28

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Prezzo consigliato in enoteca: 15 euro


Società Agricola Vallone Lecce - www.agricolevallone.it Il cuore batte nel Salento, dove la viticoltura è antica quasi come l’uomo. Dove il clima sembra nato dall’amore per l’uva e la terra dedicata al suo crescerla diversa. Le Tenute sono lo scrigno delle preziose differenze che fanno dei nostri vitigni un patrimonio inestimabile, difeso dai muretti a secco e dalla nostra passione. I vini sono lo specchio di questa parte di mondo: nei loro riflessi puoi vederne il carattere unico e scoprire la promessa mantenuta di un gusto che non somiglia a nessun altro. Il nome del vino deriva proprio dalla “Graticciaia”, il fruttaio ove sono sistemate le leggere stuoie fatte con canne intrecciate e vimini.

Graticciaia 2011 - Rosso IGP Salento

è uno stupendo Negroamaro in purezza. Selezione attenta dei grappoli di vecchia vigna allevata ad alberello. Le uve vengono portate prima a maturazione, poi lasciate appassire su graticci. A termine dell’appassimento, le uve passano alla vinificazione. Il colore è osso rubino scuro, con nuance granata, brillante. Al naso si manifesta complesso e franco. Attraente, etereo, con sentori di frutti appassiti e liquirizia, piacevolmente speziato. Ben strutturato, caldo, elegante con avviso di tabacco e note di frutta secca e vaniglia. In bocca si percepisce una buona evoluzione elegante e equilibrata.

Bottiglie prodotte: 12.000

Prezzo consigliato in enoteca: 52 euro

Tenuta Olianas Gergei (CA) - www.olianas.it L’azienda è situata nel cuore del Sarcidano, 60 chilometri a nord di Cagliari, 65 a est di Oristano, al confine meridionale della provincia di Nuoro. Siamo tra Campidano, Marmilla e Barbagia. È il cuore dell’Isola più autentica, a vocazione agricola e pastorale, dai paesaggi che si rincorrono in quinte colorate: verdi di querceti e vitigni, gialli di grano. È la Sardegna delle immense pianure e dei curiosi altopiani che si ergono all’orizzonte come la Giara di Gesturi visibile dalla Tenuta. La proprietà si estende su 20 ettari, di cui 16 vitati.

Vermentino 2015 - Vermentino di Sardegna DOC

Prodotto con 85% di Vermentino 85% e Nasco per la differenza. All’arrivo in cantina le uve vengono diraspate e, dopo una soffice pigiatura. Una parte delle uve viene diraspata e passata direttamente in anfora dove fermenta e macera in presenza delle bucce per 3/4 settimane. La fermentazione è attivata in modo naturale con lieviti indigeni. Affinamento è per il 70% in serbatoi d’acciaio inox da 50 hl. Il 10% circa in anfora ed il 20% in tonneaux. Di colore giallo paglierino, ha spiccati aromi floreali e note di fiori di arancio. In bocca è fresco, sapido ed elegante. Ottima acidità e persistenza.

Bottiglie prodotte: 35.000

Prezzo consigliato in enoteca: 11 euro

Azienda Statti Lamezia Terme (CZ) - www.statti.com L’antico nome della Calabria, “Enotria Tellus”, cioè Terra del vino, è il biglietto da visita di questo affascinante territorio da sempre vocato alla produzione enologica. Da oltre duemila anni la storia agricola della Calabria s’intreccia con quella del vino, e dal 1700 la Famiglia dei Baroni Statti vive sugli stessi cinquecento ettari. La grande varietà dei vitigni autoctoni rappresenta per Statti un grande patrimonio da riscoprire e valorizzare. La famiglia Statti ha svolto un ruolo determinante nell’economia calabrese e da oggi Alberto e Antonio Statti hanno scelto di capitalizzare il legame profondo con la storia e la tradizione del territorio con lo sguardo sempre proiettato verso il futuro e l’innovazione.

Batasarro 2012 - Calabria IGT

è un Gaglioppo 100% con vinificazione tradizionale a temperatura controllata con macerazione sulle bucce per 15 giorni. Affinamento in botti di rovere da 30 hl e barriques nuove da 225 lt per 18 mesi, e successivi 12 mesi in bottiglia. Colore rosso rubino intenso con profumo ampio, sentori di frutti di bosco accompagnati da eleganti note speziate. Buona struttura ed eleganza. Tannini morbidi con un’ottima acidità.

Bottiglie prodotte: 10.000

Prezzo consigliato in enoteca: 15 euro il Sommelier | n. 3 - 2016

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di Jimmy Pessina – Fotografie di Jimmy Pessina

Islanda, ultima aspra frontiera del vecchio continente

Fuoco, ghiaccio, notti con un cielo incredibile. Un vero e proprio “far west” bianco. 30

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ituata a meta strada tra l’Europa e l’America, l’“isola dei ghiacci” alterna verdi vallate a scenari da Apocalisse, dove la natura conserva ancora il suo aspetto di forza primordiale assoluta, con le molteplici fasce colorate che si formano dal tramonto all’alba. Ghiacciai, sorgenti dall’acqua bollente, distese di lava, laghi di cristallina limpidezza. A poco più di tre ore di volo dall’Europa, l’Islanda offre alle anime pure formidabili spazi incontaminati dove ancor oggi si scontrano quelle forze primordiali da cui ha avuto origine il nostro mondo. Nel

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Medioevo i fantastici resoconti della titanica furia con cui gli elementi si scatenavano nelle sue viscere valsero alla settentrionale e lontana Islanda la qualifica – data da quelle menti illuminate che già allora si occupavano di geografia – di sede del diavolo e degli Inferi. Oggi, con le sue eruzioni vulcaniche a una distanza media di cinque anni l’una dall’altra, l’Islanda continua a esalare i suoi sulfurei effluvi, gorgogliando come un grande pentolone ormai prossimo all’ebollizione. Non temete, voi che in cerca d’avventura partite alla scoperta di questo mondo primordiale. A poche ore di

volo incontrerete davvero una terra ancora vergine, un Paese giovane in perpetua evoluzione, dove enormi spazi ancora inviolati attendono la prima visita dell’uomo. In questi luoghi c’è poco da atteggiarsi a signore delle leggi e della natura, perché quest’ultima non esita a richiamare i temerari dell’ordine, infliggendo loro, se necessario, anche una magistrale lezione di umiltà. Così a Krafla, nel nord est del Paese, una faglia di alcuni chilometri di lunghezza ha rimesso in questione l’avvenire di quella avrebbe dovuto essere la più grande centrale geotermica del mondo. Ma ci vuole ben altro


per scoraggiare l’ostinazione degli islandesi, i quali, padroni del proprio destino dal 1944, si barcamenano da più di un millennio fra dominazioni straniere, pestilenze e terremoti. A dispetto dell’etimologia del suo nome e dello sviluppo dei suoi ghiacciai (ricoprono quasi il 15% del territorio nazionale), l’Islanda non è poi quel Paese di ghiaccio che troppo spesso ci si immagina; certo, temperature superiori ai 20° C non sono rare nel mese di luglio, ma l’inverno è addirittura più mite a Reykjavík che a Vienna o New York. Nella capitale, grazie alle sorgenti di acqua calda che fra l’altro

provvedono al riscaldamento di due terzi delle abitazioni (facendo così della città una delle meno inquinate del mondo), è possibile fare il bagno all’aperto anche nel cuore dell’inverno, quando la neve imbianca il mosaico dei tetti multicolori. Con i suoi più di 120.000 abitanti, Reykjavík e periferia raggruppano da sole la meta della popolazione, che conta di 250.000 abitanti, concentrati per lo più lungo le coste: il che equivale a dire che il resto del Paese è un vero deserto in cui l’uomo appare sovente cancellato da uno scenario concepito per giganti, grandioso, sublime e ostile, ma capace di

cedere a volte il passo a inattese dolcezze. Il sordo borbottio delle cascate di Gullfoss e di Dettifoss, il vaporoso muggito delle solfatare e le nauseabonde eruzioni fangose della regione di Myvatn, il furioso ribollire di geyser chiamato Geysir: tutto concorre alla conferma delle referenze in nostro possesso. Sembra di essere stati proiettati su un altr’altro pianeta e non è stato un caso che gli astronauti americani prima del primo lancio siano venuti qui, nei pressi del vulcano Hekla, per familiarizzarsi con il paesaggio lunare. Un’escursione in questa regione, fino alle sorgenti calde di Landmann Laugar, vi convincerà

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presto di non essere più sulla Terra- La strada n° 3, una pista sconnessa che a volte va cercata a tentoni, taglia per campi di lava polverosi dalle forme frastagliate. Non un albero, non un rumore; si avanza faticosamente in un paesaggio cinereo, una scenario da 34

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Apocalisse, delimitato all’orizzonte da un “cappello” di vulcani e di altopiani logorati dal vento: un senso d’angoscia e di smarrimento sale e prende alla gola il visitatore. Unico conforto, la consapevolezza di non essere i primi a avventurarsi fin qui.

Intanto il sole tramonta dolcemente, e sembra svanire sempre di più la possibilità di giungere alla fine del cammino, quando all’improvviso una svolta del percorso strappa al viaggiatore un’esclamazione di stupore: in un batter d’occhio la triste distesa color grigio sporco si è trasformata in una straordinaria tavolozza di colori, che sfumano delicatamente dal bianco al verde sulle pendici dei vulcani e decorano di arabeschi purpurei le gole aperte dei crateri, vicinissimi. Lontano alcune tende blu si stagliano su un nastro di ghiaia bionda percorsa da rivoli argentei. È la fine di un sogno strano, quasi un incubo. Fra due deserti di sabbia nera incoronati di nevi eterne, l’Islanda sa tuttavia presentare anche un volto più tenero e sorridente, nella fascia più meridionale essa si concede perfino il lusso di pascoli verdeggianti, punteggiati di villaggi di bambola dai tetti rossi, dove è bello darsi a rilassanti cavalcate sui pony dagli occhi dolci, come in un Far West dei giorni nostri. Anche


sotto un sole radioso, l’arcobaleno vi attenderà senza tema d’errore ai piedi della cascata di Skogofoss, uno stupefacente fascio di colate nevose che si sciolgono riversando verso il basso grandi masse d’acqua da un’altezza di 60 metri. E proprio sul fianco della cascata che vive il famoso Thordur Tomasson, cui il visitatore farà bene a chiedere di essere accompagnato nel meraviglioso museo nelle vicine casette gemelle dal tetto “peloso”. Molto lontano dalla cascate, risalente di circa 200Km a est, il Vatnajòkull, uno dei più grandi ghiacciai del mondo, vi mostrerà poi la sua grande lingua di neve, prima di andare a tuffarsi, oramai privo di forze, in una laguna di ghiaccio, il Jòkulsarlton: un caos scintillante di blocchi bianchi venati di nero, come scolpiti da uno scalpello fantasma e posati sull’acqua. Un impercettibile scricchiolio, un “pluff”, qualche screpolatura iridata sul fondo indaco: si fa appena in tempo a voltarsi, e l’iceberg fotografato un attimo prima si è trasformato

in un Don Chisciotte stremato. Imprevedibile Islanda, imprevedibili islandesi. Ritornati a Reykjavík, non si sa resistere alla tentazione di un pellegrinaggio in un “Disko”, uno dei santuari della vita sociale islandese, dove ci si incontra, si balla e si beve. In mezzo alla pista e alla gioventù “à la page”, nell’indifferenza più totale,

due vecchi si baciano teneramente, al suono di una musica infernale; sulla scena, una Nina Hagen tarchiata strepita selvaggiamente, urlando il ritornello “A che servono gli uomini?”: era appunto questa la domanda che i paesaggi appena attraversati possono aver suscitato in voi. il Sommelier | n. 3 - 2016

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di Marco Ferrari

Il nuovo corso del vino cileno

Il Cile si ritrova con il prezzo medio vino sul mercato internazionale a livelli piuttosto bassi. Secondo dati OIV di quest’anno il Cile è al quarto posto tra i paesi esportatori di vino nel mondo.

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in dagli anni ottanta il Cile è sempre stato sinonimo di vini affidabili, con una eccellente relazione qualità prezzo. Questa è sempre stata la forza del wine business cileno e, paradossalmente, anche la sua debolezza. Se da

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un lato abbiamo l’identificazione di un prodotto con un prezzo competitivo, dall’altra sarà proprio questo il primo prodotto che scarteremo quando il desiderio di consumo ci spinge verso etichette prestigiose o vini d’eccellenza in generale.

Produzione e valore Secondo dati OIV il Cile è al quarto posto tra i paesi esportatori di vino nel mondo per fatturato, subito dietro ai grandi europei, Francia in primis con l’Italia a seguire, poi Spagna a chiudere il podio. Il Cile “spunta” un prezzo medio di 1,87 euro per litro venduto, molto dietro alle altre tre che la precedono. Quali sono le cause di tutto ciò? Come migliorare il quadro della situazione? Tutto sembra girare intorno all’immagine che il mondo ha del vino cileno, prendiamo ad esempio l’Italia. Nei negozi italiani, nelle enoteche e supermercati il vino


cileno si trova sempre, ma che bottiglie sono? Generalmente si tratta di vini abbastanza semplici, prodotti da grandi cooperative che possiedono molte migliaia di ettari, spesso varietà internazionali da vigneti con produzioni elevate, oltre i cento quintali per ettaro, e con vendemmie totalmente meccanizzate. Vini prodotti rispettando tutte le regole igienicosanitarie, ben fatti ma, lasciatemelo dire, senza nessun attrattiva particolare, senza fascino. Ci si avvicina a questi vini con lo stesso spirito con cui si sceglie un detersivo o una lametta per radersi... Il Cile è consapevole di questo e per porvi rimedio si sta muovendo sul fronte della valorizzazione del territorio, del terroir. Non ci si concentra più solo sul vitigno o sull’elaborazione del vino in cantina. Ora l’attenzione è sul microclima della zona di produzione delle uve, sul diminuire la produzione per ettaro e sulla giusta maturazione delle uve.

Territorio

La Costa

Il Cile è ora diviso in zone geografiche tra Nord e Sud seguendo un accurato studio climatico e di suoli che ha permesso ai viticoltori cileni di determinare l’importanza dell’influenza marittima e montagnosa sui vigneti, terreni tutti concentrati nella lingua di terra compresa tra il Pacifico Sud, freddissimo e l’imponente Cordigliera delle Ande con i suoi settemila metri d’altezza. Questi studi hanno portato ad una divisione in senso longitudinale dei territori, creando tre fasce climatiche ben definite: la Costa, con i vigneti piú vicini al litorale; la Entre Cordillera, zona centrale tra le due catene montuose che seguono il Cile da Nord a Sud; la zona Andina che comprende quei vigneti localizzati sulle prime pendici della Cordigliera della Ande.

Si stende lungo quattromila chilometri di litorale, dal nord di Elqui e Limari fino al meridionale Itata, passando per le zone classiche di Casablanca e la zona portuaria di San Antonio e Leyda vicine a Santiago. I vigneti accompagnano la cosiddetta cordigliera della Costa, una catena di alte colline, più che propriamente montagne, che soffre l’influenza climatica del Pacifico e della corrente di Humboldt, di origini polari. Un’escursione termica elevata con notti molto fresche e pomeriggi miti, crea l’habitat perfetto per vitigni a bacca bianca e per il Pinot Noir, la preferenza va alle varietà internazionali, soprattutto Chardonnay e Sauvignon Blanc. Con un’attenzione particolare all’equilibrio fenolico/ zuccherino si estraggono vini dal forte accento minerale, il sottosuolo il Sommelier | n. 3 - 2016

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stratificato, tipico dei terreni di origine alluvionale e glaciale, con macchie calcaree, dà un tocco austero che si arricchisce con le presenze fruttate e agrumate, i vini sono piacevolmente freschi e sapidi, di buona struttura; il Pinot Noir della Costa fugge dallo stile fruttato e stucchevole con il quale il Cile ci ha tormentato negli anni, si presenta ben piú consistente e complesso, splendidamente gastronomico.

Entre Cordillera È dove si produce circa il 60% del vino cileno, area geograficamente estesa tra il pianeggiante ed i pochi rilievi; vi si piantano principalmente vitigni a bacca rossa, soprattutto internazionali e comprende tutto il territorio centrale del Cile. La produzione è eterogenea e permette molte interpretazioni, ci sono vigneti irrigati piantati al bordo della strada, a base di Cabernet 38

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Sauvignon, Merlot e Carmenere, ad elevata produttività per spingere le statistiche dell’export e cementare la fama cilena di vino affidabile ed a buon prezzo; da queste vigne si estrae un vino che troppo spesso soccombe ai tannini vegetali, non sempre attutiti dall’uso generoso di chips e similari; si producono alcune autentiche bombe ultra potenti ricche di frutta e alcool, supportate da legno nuovissimo e tostato, nelle quali la sfida è percepire quei tratti eleganti che il vino deve, o dovrebbe, presentare. Fanno parte della zona classificata come Entre Cordillera alcune realtà molto interessanti, uniche e emblematiche di un Cile che si sta riscoprendo per mano di giovani enologi stregati dal sogno del vino di terroir e dal mito molto europeo della tipicità. Per conoscere questi vigneti bisogna spingersi piuttosto a Sud, a circa cinquecento kilometri da Santiago, lungo la bellissima e comoda autostrada Ruta 5, fino al profondo Maule. Maule è una valle molto grande,

con oltre trentamila ettari vitati, la maggior parte occupati da viticolture di produzione massiccia ma che, nella parte più a Sud, compresa nelle sottozone di Loncomilla e Cauquenes, nasconde bellissime realtà. Innanzitutto il riscatto di una viticultura tradizionale detta “del secano” che, a differenza della classica viticultura irrigata del Cile commerciale, conta con l’unica collaborazione della pioggia; vigneti antichi di varie decine d’anni, con le radici profondamente fissate nella terra, assorbono l’acqua là custodita, filtrata dal suolo stratificato e ricco di minerali di queste zone, la conduzione solitamente si fa ad alberello, le produzioni limitatissime e si valorizzano vitigni meno commerciali ma molto meglio adattati a questo singolare terroir. Carignan, oggetto di culto e di regolamentazione specifica da parte di un gruppo di produttori amanti di questo vitigno mediterraneo. In questa zona “del


secano” si ottengono con questa casta vini robusti e complessi, grazie all’età media delle viti, superiore ai trent’anni, ed al ricchissimo suolo del Maule; vini che per la loro struttura potente ed i tannini vigorosi devono affinare minimo due anni, in barrique, o addirittura botti, rigorosamente usate, per non cedere il minimo sentore di legno al vino e non contaminarne la purezza originale. Cinsault, casta tipicamente mediterranea, raramente protagonista, guadagna un’importanza speciale nel meridionale valle di Itata, attuale meta cult di questo Cile alternativo. Ci si fa un vino molto versatile, piacevole, elegante e talvolta delicato, simile per certi aspetti al Pinot Noir, però infinitamente più maschile e meno “noioso”, anche qui la vite si conduce ad alberello e tempi di maturazione ed affinamento dettati dalla natura e non dalle necessità di mercato; una strategia per fissare l’uomo nei campi, valorizzando i vigneti vecchi e andando oltre l’agricoltura di sussistenza, vini golosi da bere con gusto. País, primo vitigno di vinifera arrivato in Cile per mano di Francisco Pizarro, oggi poco comune nella Spagna nativa, è diventato oggetto di culto nel sud del Cile, spesso in taglio con il potente Carignan. Il vitigno País offre un vino delicato, fruttato, di acidità non eccessiva, trae beneficio dalla combinazione con Carignan e altri vitigni piú conosciuti come Syrah, Carmenere, Cabernet Franc e Malbec, solitamente originari di Itata, Malleco e Maule, sempre rigorosamente vigneti antichi e a bassa produzione per ettaro.

Andina Per concludere ci spostiamo nella zona Andina, dove risiede l’origine culturale del popolo cileno, per certi aspetti, anche gastronomici, vicino al Perù. Le Ande, tanto per restare nell’ambito del vino, sono responsabili per l’isolamento naturale nel quale la viticoltura cilena ha prosperato mentre nel resto del mondo impazzava la Fillossera, non per altro la stragrande maggioranza del vigneto cileno è a piede franco, con le propaggini in vigna normalmente utilizzate per la propagazione del materiale genetico della vite. Con l’influenza del clima d’altitudine aumenta la fotosintesi clorofilliana e l’escursione termica, fatto che gioca a favore della potenza, o dell’eleganza, del vino, dipendendo il Sommelier | n. 3 - 2016

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dall’altitudine, dall’orientamento e dal tipo di suolo, nonché dalla varietà piantata. Se nella Costa dominano i bianchi e nell’Entre Cordillera i rossi, sulle Ande abbiamo prevalenza di rossi, però con interessanti percentuali di vitigni a bacca bianca, in crescita sopratutto alle altitudini più elevate che qui oltrepassano agevolmente i mille metri. Chardonnay e Sauvignon Blanc stanno mostrando interessanti risultati, soprattutto per la concentrazione e gli aromi; la forte presenza di pietre nei suoli contribuisce ad arricchire i vini di sentori minerali e ad aumentarne il carattere gastronomico.

Considerazioni finali Termino ritornando all’argomento iniziale: il miglioramento del prezzo medio del vino del Cile, paese vocato all’export, deve passare necessariamente per una riqualificazione, anche solo parziale, dei suoi vigneti, approfittare della ricchezza del terroir, delle condizioni climatiche estremamente propizie e favorire una viticoltura a basso impatto ambientale, producendo vini che di questo paese ne esprimano la tipicità, freschi, singolari ed appassionanti, fedeli al concetto di terroir e non più offuscati da pesanti sentori di legno; questa è la strada intrapresa negli ultimi tempi da alcuni coraggiosi produttori, questa è la tendenza e sono certo che a breve il mondo del vino si renderà conto che il Cile può esprimere molto ma molto di più del concetto qualità prezzo. 40

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di Davide Amadei con le degustazioni di Luca Canapicchi - Fotografie di Davide Amadei

Grands Jours de Bourgogne 2016:

Patrimonio Unesco e ruolo dei produttori nell’esaltazione dei climat

Si è celebrata la 13a edizione dei Grands Jours de Bourgogne: la grande vetrina biennale dei vini di Chablis, Côte d’Or, Côte Chalonnaise, Mâconnais, presentati in alcuni ambienti suggestivi e vicini alle vigne.

L’

evento ha visto la partecipazione di 2.322 operatori, più o meno la stessa cifra del 2014, con un ricambio del 35%, di persone che non avevano mai, in passato, frequentato i Grands Jours; ciascuno ha partecipato in media a 4,6 degustazioni (su un totale di 11). Per la maggior parte i soggetti presenti sono stati importatori (27,99%), poi enotecari e negozi specializzati (19,64%), sommelier (13,26%), agenti commerciali (8,53%), giornalisti (7,92%), ristoratori (7,58%). I partecipanti

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sono arrivati da 56 paesi del mondo (con l’Italia al 7%, secondo posto dopo la Francia al 39%, e poi Belgio, Stati Uniti, Germania, Cina, Giappone) a conferma della vocazione internazionale dei vini di Borgogna, esportati in 180 paesi. È stata presentata in particolare l’annata 2014, che si segnala innanzitutto per il ritorno, dopo anni “magri”, a volumi quantitativi nella norma (1.577 milioni di ettolitri, corrispondenti a 210 milioni di bottiglie). In punto di qualità e caratteristiche del millesimo, questo è il parere

di Luca Canapicchi, Sommelier dell’Anno 2011 e Relatore FISAR, che ha partecipato a varie degustazioni dei Grands Jours. «L’annata 2014 certamente non è la più entusiasmante tra le ultime, almeno sulla carta: fredda, molto piovosa, con diversi problemi di maturazione; gli assaggi hanno confermato l’impossibilità di dare una valutazione unitaria dell’annata, al pari di quanto accade da questa parte delle Alpi. Tra l’altro la formula che impone di assaggiare annate appena messe in bottiglia non agevola un’annata così difficile:


l’assaggio appare più bilanciato dai campioni di botte non ancora imbottigliati, piuttosto che con i vini ancora segnati dall’anidride solforosa. È comunque un’annata molto diversificata da azienda a azienda: più che i valori dei singoli cru o le diversità tra singole zone, a fare la differenza è la scelta sul momento della vendemmia, perché a settembre ha fatto bel tempo e chi ha avuto pazienza ha raggiunto una discreta maturazione delle uve. Così, accanto a molti 2014 succosi, magari non molto complessi, ma di sicura affidabilità, con tannini puliti, c’è una certa prevalenza di assaggi che rappresentano un’annata minore, con tannini verdi e finali corti. Ne sono stati avvantaggiati comunque i cru più caldi e corposi, ma, per esempio, a Pommard ci sono stati eccessi di tannino verde; è uscita meglio la Côte de Nuits, specie VosneRomanée e zone limitrofe». Un’esperienza significativa che Luca Canapicchi racconta è stata l’assaggio dei vini di Cecile Tremblay, giovane e talentuosa vigneronne di Vosne-Romanée: «a fronte dei deludenti 2014, in cantina in visita da lei si è assaggiata la quasi totalità della gamma dei 2015 dalle pièces, con vini che hanno decisamente un altro passo». In ogni caso, è bene ricordare che in Borgogna non si “saltano” le annate: ogni millesimo è quello che la natura ha dato, i vini ne rispecchieranno le peculiarità in bottiglia. Da sempre la scelta borgognona è quella di fare vini di terroir e d’annata, qualunque siano le caratteristiche proprie di quest’ultima. Ed in questo è sempre decisivo l’intervento dell’uomo, del vignaiolo, che con

il suo lavoro e la sue decisioni è elemento fondamentale per comporre ed esaltare un terroir, insieme alla geologia di suolo e sottosuolo, al clima e microclima, al vitigno. A proposito dei Grands Jours come evento di promozione, Luca Canapicchi osserva che «la formula, con degustazioni varie sparse sul territorio, è molto intelligente ma impedisce un assaggio metodico e scientifico perché costringe, nella stessa giornata a muoversi su più postazioni con conseguenti tempi di trasferimento e necessità di selezionare gli assaggi. Rispetto agli anni precedenti c’era meno folla, più fruibilità, ma i vini migliori tendevano a esaurirsi molto presto, oltre a scaldarsi troppo. Ho poi notato una predominanza di Orientali (Giapponesi e di Hong-Kong), pochi Francesi, molti Italiani e Belgi». Ma i Grands Jours 2016 sono stati anche l’occasione per festeggiare il recente riconoscimento dei climats di Borgogna come Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO. Il Comitato, presieduto da Aubert de Villaine, co-proprietario e amministratore del Domaine de La Romanée-Conti, ha ottenuto il

4 luglio 2015 l’approvazione del proprio dossier sull’inserimento dei grandi vigneti dei pendii borgognoni tra i siti consacrati e tutelati dall’UNESCO: un mosaico di parcelle, diverse, individuate, caratterizzate, che producono vini che sanno esprimere le peculiarità che la natura conferisce. Di questo mosaico i Grands Jours de Bourgogne ogni due anni sono vetrina e presentazione, grazie ai vignaioli che, nel tempo, con il loro lavoro, le loro scelte, la loro passione, hanno saputo trarne prodotti ricercati in tutto il mondo ed ambiti da ogni appassionato. Un’osservazione finale: andando in Borgogna periodicamente negli ultimi anni si registra un progressivo e netto aumento dei prezzi delle bottiglie, a tutti i livelli della gerarchia delle denominazioni, complici le annate con scarsi rendimenti, certo, ma anche la tendenza del mercato mondiale a privilegiare vini che fanno dell’eleganza e della territorialità le loro caratteristiche; senza trascurare, poi, una certa speculazione da parte dei consumatori dell’Est asiatico, Cinesi in primis, trasferitasi da Bordeaux alla Borgogna con inevitabili ricadute sui ricarichi. È un tema molto sentito anche in il Sommelier | n. 3 - 2016

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Francia, dove spesso se ne scrive, non senza preoccupazione, sulle più importanti riviste di settore. L’appassionato di vini di Borgogna non può che sperare che questa corsa al rialzo cessi prima possibile, per tornare a poter fruire di vini che emozionano per la loro finezza, complessità e rispondenza al terroir.

I migliori assaggi di Luca Canapicchi, Miglior Sommelier FISAR 2011 DOMAINE DE COURCEL (Pommard) In gran forma, il Domaine presenta i Pommard 2014 non ancora in bottiglia, tra i 44

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quali un Epenots dal tannino esuberante ma naso e bocca succosi e balsamicissimi, con maggiorana, timo, menta, ribes; il campione di botte del Grand Clos des Epenots 2015 ancora deve assestarsi ma mostra un frutto netto e pulito, con tannini potenti ma delicati. Dello stesso vino sono state presentate varie annate, in una vera e propria verticale: il 2009 è mentolato al naso, ha corbezzolo, è caldo e mediterraneo, ed in bocca è molto polposo, con tannino potente e allungo da protagonista; il 2007 è profondo, tartufato, naso amplissimo e un sorso fresco e sorprendente. DOMAINE DE LA POUSSE D’OR (Volnay) Di questa storica azienda, punto di riferimento di Volnay, il Volnay 1er Cru Santenots 2014 ha mirtillo, sottobosco, sangue, ferro, un tannino potentissimo, non tipico della denominazione,

ma rinfrescante, preciso, tutt’altro che verde, e finale estremamente lungo. FAIVELEY Il Bienvenues-Bâtard-Montrachet Grand Cru 2014 è un bianco fuori-categoria, che svetta tra molti assaggi di bianchi un po’ segnati dal rovere: naso delicato di lavanda, pompelmo, e tantissimi fiori bianchi e gialli, nessun sentore tostato; bocca piena ma verticalissima e succosa, non lungo come da aspettative, ma è un’ottima espressione dell’annata, davvero ben fatto. GROS FRÉRE ET SOEUR (Vosne-Romanée) Una gamma strepitosa. Potente e lunghissimo, polposo il Vosne Romanée 1er Cru 2014 (un Echezeaux declassato). L’Echezeaux Grand Cru 2014 è stato uno dei migliori assaggi: mora, lavanda, maggiorana, violetta, ferroso, succoso e potente con finale minerale


e ritorno di frutto. Il Grands Echezeaux Grand Cru 2014 è polposissimo e iodato, quasi salmastro: rispetto all’Echezeaux è più delicato e sfuggente ma ritorna di prepotenza nel finale succoso e fresco. Il Richebourg Grand Cru 2014 è caldo, sanguigno, ribes, cassis, “campari”, erbe di montagna; molto lungo il finale, sul frutto, di grande freschezza. MICHEL NOËLLAT (Vosne-Romanée) Una vera sorpresa. In evidenza Echezeaux Grand Cru 2014, con iodio, lampone, sale aromatizzato quasi affumicato; succosissimo in bocca, con tannino assestato e lungo, ed il Clos Vougeot Grand Cru 2014, con naso complesso e tipico ma non entusiasmante, mentre la bocca è un ventaglio di frutti rossi e fiori, che ad un certo punto esplode e

allunga con freschezza di frutto persistentissima. JEAN MARC MILLOT (Vosne-Romanée) Un’altra bella sorpresa. Il Vosne-Romanée 1er Cru Les Suchots 2014 è lento ad aprirsi, iodio, bergamotto, timo alloro, cassis, molto profondo, terroso, caldo e sapidissimo, sorprende per lunghezza; lento ad aprirsi

anche l’Echezeaux 2014, più centrato sul frutto ma alta mineralità; bocca ben assestata, sanguigna, potente, di grande freschezza; simile ma più lungo e con una nota agrumata più evidente, quasi sfacciata, il Grands Echezeaux 2014. ROSSIGNOL-TRAPET (Gevrey-Chambertin) Presentati dei grandi 2014, tra i

Araldica Castelvero Barbera d’Asti Superiore Docg 2014 “Crocera” – Il Cascinone L’Araldica Castelvero, cooperativa piemontese nata nel 1954, da sempre si è contraddistinta per la sua lungimiranza e nel 1999 ha investito nell’acquisto e nel restauro de IL CASCINONE. Qui, dove le dolci colline lasciano spazio a ripidi pendii di naturale fascino, dove il Silenzio accompagna i vignaioli nella fatica del lavoro, prosperano fogliosi filari di Barbera, accarezzati dal vento della sera e baciati dai caldi raggi del sole. In questa cornice bucolica nasce, da un singolo vigneto, il nostro Barbera d’Asti Docg Superiore “Crocera”, che si presenta dal colore rosso rubino intenso, profumo che ricorda Araldica Distribuzione SCA Viale P. Laudano,2 14040 Castel Boglione (AT) Tel.: +39-0141 76 31 Fax: +39-0141 762 433

le prugne e ciliege selvatiche, note sapide e tostate, in bocca si percepisce la caratteristica freschezza del vitigno ma ben bilanciata dalla sosta in legno, che agisce sull’equilibrio senza risultare invadente, ottimo corpo, di buona persistenza. Ottimo con i piatti saporiti e gustosi, bollito e formaggi stagionati. Premio Douja D’Or 2016

informazioni@araldicavini.com www.araldicavini.com facebook.com/araldicavini Twitter: @araldicavini il Sommelier | n. 3 - 2016

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quali si distinguono uno ChapelleChambertin Grand Cru iodato, succosissimo, essenza di cassis pura, molto tannico in bocca, allunga sulla china; ed uno Chambertin tipico, espressivo, maggiorana, addirittura menta, scorza di arancia candita, ribes nero, molto molto tannico; si allarga

in bocca con una lunghezza impressionante su visciole e tamarindo (alla grazia dell’annata “minore”…). AMIOT-SERVELLE (Chambolle-Musigny) Lo Chambolle-Musigny 1er Cru Les Amoureuses 2014 è una

bomba al naso: rosmarino, alloro, cassis, mirto, note affumicate; sapidissimo in bocca, con tannino potente, non lunghissimo ma è l’annata. CHANTAL REMY (Morey-Saint-Denis) Madame Remy presenta il suo Clos de la Roche Grand Cru in varie annate. Il 2014 ha mora, rabarbaro, è mineralissimo, in bocca letteralmente esplode, quasi caramellato, ma regge bene col tannino succoso e la forte acidità. Il 2011 ha salvia, inchiostro, china, bergamotto, la bocca è matura e puntata sui fiori appassiti; finale molto lungo e freschissimo. Il 2006, dal colore scuro, al naso appare un po’ evoluto (ma potrebbe essere la bottiglia), la bocca è invece fresca, tipica, ribes e arancia sanguinella molto balsamico e lunghissimo.

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di Davide Amadei – Fotografie di Davide Amadei

Domaine Dujac, ai vertici di Borgogna Il Domaine Dujac è relativamente giovane: nasce nel 1967 quando Jacques Seysses, figlio di un grande produttore di biscotti di Parigi, rileva il Domaine Graillet di Morey-Saint-Denis, con 4,5 ettari di vigne.

C

ome sempre, in Borgogna la priorità è della vigna: neanche il tempo di presentarsi ed Alec Seysses fa vedere le piante davanti all’ingresso del Domaine, a MoreySaint-Denis. E subito spiega che il 90% del lavoro si fa nel vigneto: se si portano in cuverie uve mature, ricche e sane poi il vino vien bene da sé o quasi. Questa priorità emerge anche da alcune precisazioni che proprio guardando i ceppi di Pinot Noir Alec fa, per manifestare l’attenzione per l’interazione tra vite, terreno e uomo: il vigneto di fronte alla cantina è una porzione del climat La Bussière, qualificato

1er Cru di Morey-Saint-Denis, ma la terra è scura e generosa, per cui da sempre Jacques, fondatore del Domaine, ha scelto di non produrre un 1er Cru, destinando le uve al Morey-Saint-Denis Village, non abbastanza ricche per un 1er Cru, eccellenti per un Village. E per limitare e controllare il vigore delle piante si è scelto di utilizzare, qui ma anche in altri vigneti, il sistema di allevamento cosiddetto “cordon royat”, un cordone speronato corto e doppio, piuttosto che il guyot, generalmente utilizzato e diffuso in Côte d’Or. Il Domaine Dujac è relativamente giovane: nasce nel 1967 quando

Jacques Seysses, figlio di un grande produttore di biscotti di Parigi, rileva il Domaine Graillet di Morey-Saint-Denis, con 4,5 ettari di vigne. Si porta dietro un’esperienza intensa fatta nei due anni precedenti in vigna ed in cantina al Domaine de la Pousse d’Or di Volnay, con Gérard Potel, ma anche i contatti continui con illustri maestri come Charles Rousseau, Bernard Clair-Daü, Henri Gouges, Aubert de Villaine. Per il suo Domaine, mancando una tradizione familiare, sceglie di inventare un nome, invece che utilizzare semplicemente il cognome, e, con grande efficacia, sceglie Dujac, cioè il Sommelier | n. 3 - 2016

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Du – Jacques (di Jacques): un nome semplice ed immediato da ricordare, spendibile facilmente sul mercato per farsi conoscere e riconoscere. Successivamente, nei primi anni Settanta inizia a reimpiantare le vigne di proprietà e ad acquisire progressivamente parcelle in vari climat, anche Grand Cru. In particolare, nel 2005 dal Domaine Thomas-Moillard acquisisce parcelle addirittura nel RomanéeSaint-Vivant Grand Cru e nel 1er Cru Aux Malconsorts (accanto a La Tâche) a Vosne-Romanée, nonché nel “Re” Chambertin, fino ai quasi 16 ettari attuali, con ben sette Grand Cru. Dalla metà degli anni 2000 l’azienda è seguita soprattutto dai figli Jeremy ed Alec Seysses, insieme alla moglie del primo, la californiana Diana (così come californiana è la madre, Rosalind Boswell, che Jacques aveva sposato nel 1973), enologa; 48

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Jacques è ora a mezzo servizio, ma gli è riconosciuto, dopo quasi 50 anni, un ruolo di esempio e di maestro, per il livello al quale ha portato la produzione del Domaine, con precisione e rigore nel vigneto ed in vinificazione. Partito da zero, senza tradizione familiare né vitivinicola né tantomeno borgognona, è oggi proprietario, con i figli, di un Domaine tra i più famosi ed importanti. Tant’è che, nel salotto di attesa, è in bella mostra il taste-vin d’oro conferitogli dalla Confraternita dei Cavalieri del Taste-Vin, con sede allo Chateau du Clos de Vougeot, nel 2016, per il contributo dato alla rinomanza dei vini di Borgogna. Quanto alle caratteristiche del lavoro del Domaine, Alec precisa che dal 2003 l’azienda è biologica, e dal 2007/2008 utilizza su tutte le vigne la biodinamica. Difficile precisare l’età delle vigne, ma si può dire che la

media è di 35 / 40 anni: Jacques Seysses ha iniziato nel 1968 e solo dopo qualche anno ha iniziato a reimpiantare nei vari appezzamenti. In cantina, per i bianchi si fermenta in legno, solo per il 20% nuovo; per i rossi, tendenzialmente si vinifica a grappolo intero (vendange entiére), macerando con i raspi, e i Seysses sono tra i più convinti sostenitori di questo metodo, per ottenere complessità olfattiva e longevità; ma a seconda delle caratteristiche dell’annata e del vigneto si può scegliere di farlo solo in percentuale, per le uve che abbiano raggiunto la giusta maturità ed il corretto equilibrio delle parti “legnose”. Poi per l’affinamento si utilizzano piéces di diverse caratteristiche, dosando il legno nuovo, usato tra il 90% ed il 100% sui Grand Cru, e quello di secondo e terzo passaggio; in ogni caso la


tostatura è sempre la più leggera possibile. Tutto è volto a produrre vini scarsamente colorati, strutturati, con tannini ben estratti e fini, ma soprattutto dotati di purezza e complessità olfattive e grande potenziale di invecchiamento, come del resto è emerso dall’assaggio del Clos de la Roche 2014 e 2006. Si sono assaggiati in cantina (a metà maggio 2016) i vini dell’annata 2014, imbottigliati da un paio di settimane. Si è trattato di un millesimo precoce, dichiara Alec, “salvato” e reso grande, per i vignaioli che hanno saputo gestirlo ed aspettare, da una prima metà di settembre eccezionale, con tempo soleggiato ed escursioni termiche favorevoli, per vini di buona struttura. Al contrario il 2013 era stato tardivo, con poca uva, per vini delicati, precisi, di bella acidità. Dai vini è uscita confermata la fama del Domaine, considerato tra i “fari” della Côte de Nuits, per cui calza perfettamente la definizione della Revue du Vin de France come “incarnazione della Borgogna eterna”.

Gli assaggi. Morey-Saint-Denis 1er Cru Les Monts Luisants 2014 (bianco) - È il climat subito al di sopra del Clos de la Roche, del quale la parte più bassa fa parte, in alto sul pendio di Morey-Saint-Denis; il 1er Cru si trova tra i 300 e i 340 m s.l.m.; ha suolo con tantissimo calcare, per cui alcuni produttori hanno impiantato da sempre (pare fin dal Medioevo) vitigni bianchi, in particolare chardonnay, rarità per la Côte de Nuits. Il vino è poco espresso al naso (imbottigliato da due settimane), ma in bocca è un’esplosione di freschezza acida e di sapidità, una lama che percorre tutto il sorso, vibrante, con finale roccioso e floreale. Morey-Saint-Denis 2014 (rosso) - Utilizza anche parcelle che potrebbero produrre 1er Cru, come ad esempio la vigna subito davanti al Domaine, parte del climat La Bussière. Per un village colpisce la complessità aromatica: al naso, fine ed elegante, ha frutti di bosco ed erbette, fiori rossi; in bocca è agile, fresco, con finale nettamente floreale, succoso ed invitante.

Gevrey-Chambertin 1er Cru Aux Combottes 2014 - È il vigneto incastonato tra i due Grand Cru Clos de la Roche (Morey) e Latriciéres-Chambertin (Gevrey). Al naso ha un preciso sentore di ribes nero (cassis), pieno, con radici aromatiche e note medicinali fresche, spezie; la bocca è rotonda, molto fresca, piena di frutto a centro bocca, netto tannino, giovane e fine, di presa e presenza; finale molto lungo su note anche terrose e di sottobosco, molto tipiche della denominazione; vino mascolino, decisamente Gevrey, caratteriale.

Ligabue Class Reggiano Lambrusco Dop 2015 Cantina Sociale di Gualteri Buon sangue non mente! è proprio il caso di dirlo per il Lambrusco Reggiano Doc Ligabue Class 2014 della Cantina Sociale di Gualtieri. Il vino di punta dedicato al grande pittore di casa Antonio Ligabue, di cui proprio lo scorso anno si è festeggiato il 50° anniversario dalla morte con una serie di eventi che hanno coinvolto anche la Cantina, si riconferma un’etichetta di gran classe: un’ottima interpretazione del territorio, in grado di coniugare intensità e raffinatezza con Cantina Sociale di Gualtieri Via San Giovanni, 25 - 42044 Gualtieri (RE) Tel. 0522.828161/828579

una sorprendente ricercatezza di profumi e sapori fruttati. Spuma ricca e delicata, grande bevibilità, grande equilibrio e un finale fresco e piacevole sono i tratti più convincenti di questo lambrusco, destinato a primeggiare nella sua categoria dopo gli importanti riconoscimenti ottenuti nei concorsi e sulle guide di settore. Ideale da gustare con paste ripiene, stupisce anche con preparazioni più complesse come anatra all’arancio e arrosti. www.cantinasocialegualtieri.it info@cantinasocialegualtieri.it

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Vosne-Romanée 1er Cru Aux Malconsorts 2014 - Vino di un’eleganza fuori categoria, che impressiona per la profonda suadenza, per la setosità dei tannini, per la finezza aromatica. Si tratta del climat subito accanto al La Tâche Grand Cru a metà pendio di Vosne-Romanée, dove si concentrano e si esaltano tutte le stratificazioni e le complessità del sottosuolo giurassico borgognone; i Seysses hanno una porzione di più di 1,50 ha, acquistata nel 2005 dal Domaine Thomas, con età dei ceppi di circa 50 anni. Al naso è un tripudio di fiori rossi, rosa soprattutto, ma anche netta mineralità e piccoli frutti come lampone e ribes rosso; in bocca è velluto, avvolgente e freschissimo, con tannino di inarrivabile levigatezza; la scia sapida finale succosa e lunghissima è piena di sensazioni minerali, di rosa rossa e di piccoli frutti di bosco, lampone e ribes. Uno dei migliori assaggi di sempre, senz’altro tra i più emozionanti. Colpisce anche la netta diversità dei due vini: il tannino 50

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netto, arrembante, del 1er Cru di Gevrey, contro il tannino setoso del 1er Cru di Vosne; è solo il terroir che segna, distingue, caratterizza. Clos Saint Denis Grand Cru 2014 - Un climat che dà vini di grande finezza, del lato più sensuale di Morey, verso Clos des Lambrays e Clos de Tart. Al naso è tutto giocato su vari piccoli frutti rossi di bosco e cenni minerali; in bocca è morbido, più largo degli altri, ma comunque decisamente sapido, con tannino netto, appena sgranato nel finale, che ha una succosità disarmante. Clos de la Roche Grand Cru 2014 - Del grande vigneto del versante di Morey, i Seysses hanno quasi 2 ettari. È una sintesi territoriale: all’olfatto abbina alla mineralità terrosa (lato Gevrey-Chambertin) i fiori e frutti rossi eleganti tipici del pendio di Chambolle-Musigny. In bocca ha tannino ben presente, più netto ma anche più fine del “fratello” Clos Saint Denis; un mix di potenza ed eleganza, in un crescendo ritmato di sensazioni;

finale lunghissimo su mineralità scura, terra e sottobosco, successivamente frutto nero, cassis; è vino giovanissimo, che lascia presagire un enorme potenziale di longevità. Clos de la Roche Grand Cru 2006 - Alec apre questo 2006 per mostrare l’evoluzione di cui i grandi rossi di Borgogna sono capaci. Ed 8 anni di più, rispetto al precedente assaggio, si sentono: al naso colpisce la complessità aromatica, è sfaccettato e ricco, con frutto ancora ben presente cui si accompagnano tanti sentori intriganti da evoluzione, note di sottobosco, muschio, terra bagnata, spezie e balsamicità; in bocca è perfetto l’equilibrio delle componenti, i tannini sono precisamente affinati, vellutati, tutto è fuso e bilanciato; polposo a centro bocca, ha finale che pare non cedere mai, puro e rinfrescante, con un trionfo di frutto nero, mineralità, ritorni di spezie e sottobosco. Un’altra grande emozione nel bicchiere.


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di Lara Loreti – Fotografie di Lara Loreti

I profumi, i sapori e i colori della Gorgona Vino che riflette l’anima delle persone che lo producono: i detenuti dell’isolacarcere che da 4 anni aderiscono al progetto che l’amministrazione penitenziaria porta avanti con l’azienda fiorentina Frescobaldi.

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ai mai provato a bere un’isola? Assaggia un “Gorgona” e rifletti su cosa provi. La degustazione sensoriale si arricchisce di un sesto senso. Al colore giallo intenso di Ansonica mescolata a Vermentino, alla consistenza del vino mentre lo rotei nel bicchiere, ai profumi di ostrica e rosmarino e al calore in bocca, si aggiunge un fascino irresistibile, difficile da definire. C’è chi giura di averlo colto chiudendo gli occhi, e mettendosi 52

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in ascolto del mare su una delle terrazze dell’isola più piccola dell’Arcipelago toscano. È un po’ come analizzare i quattro elementi della Terra e poi soffermarsi, con Aristolete, sulla quinta essenza, l’etere. Nel Gorgona c’è l’anima delle persone che lo producono: i detenuti dell’isola-carcere che da 4 anni aderiscono al progetto che l’amministrazione penitenziaria porta avanti con l’azienda fiorentina Frescobaldi. Il Gorgona 2015 è già pronto e

si prepara a fare bella mostra di sé, inorgoglito nella sua etichetta d’autore e nella bottiglia dal tappo giallo in ceralacca, nei ristoranti più esclusivi del pianeta. Da Babbo a Del Posto negli Stati Uniti del Gruppo Bastianich a Pinchiorri a Firenze passando per Lorenzo a Forte dei Marmi e l’enoteca Trimani a Roma, senza dimenticare i locali più chic di Hong Kong. E pensare che tutto succede in quel piccolo anfiteatro di due ettari, in un angolo riparato


La vita, la vite e le emozioni Salvo accarezza le foglie lobate del Vermentino come fossero sue creature. È un tipo timido, 35 anni, anche se ne dimostra qualcuno in più; è originario della Campania ma ormai da anni vive nel carcere di Gorgona, dove sta scontando la fine della sua pena. La speranza trasuda dalle sue parole quando dice che queste lavoro per lui è tutto. “Da ragazzo, nella mia terra, lavoravo già in campagna, ma non mi ero mai dedicato a una vigna – racconta – Qui, nel giro di pochi mesi, ho imparato tantissimo e il mio obiettivo è trovare lavoro in questo settore, una volta che sarò fuori”. Poco più in là c’è Luigi, giovane napoletano purosangue, molto amante della sua città, di cui rivendita di essere cittadino del centro storico. La sua peculiarità è essere astemio, ma in Gorgona è facile cambiare idea... “Questo vino lo faccio io, lo sento mio, e quindi, nonostante io non beva,

mi piacerebbe assaggiarlo. Il valore aggiunto di questo lavoro è che lo puoi svolgere all’aria aperta. Nel passato sono stato in altri carceri, ma qui è tutta un’altra cosa, l’isola ti fa stare bene e in pace con te stesso”. E che dire di Chargui. Lui di anni ne ha 46, è originario della Tunisia ma da una vita si è stabilito vicino Napoli, dove ha moglie e tre figli. «Questo lavoro è il mio orgoglio e i miei ragazzi sono fieri di me – dice sorridendo – Quando torno a casa racconto loro le meravigliose sensazioni che mi dà la vigna. E loro stessi, parlando di me, non dicono

«mio padre è in carcere», ma «lavora in una vigna e fa un vino buonissimo, conosciuto in tutto il mondo». Questo mi riempie di gioia e mi fa sperare in un futuro migliore. Sono consapevole di aver sbagliato nel passato, ma ora, per me, si apre un nuovo capitolo e di questo voglio ringraziare Frescobaldi». Le parole di Chargui regalano serenità e fanno ben sperare per il futuro: è la riflessione di Lamberto Frescobaldi, che aggiunge: «La nostra non è un›esperienza buonista, noi siamo qui per insegnare a queste persone un mestiere e per dare loro un’altra possibilità».

dei due chilometri quadri di territorio che compongono la Gorgona. L’isola, che si trova a 37 chilometri da Livorno, con i suoi 17 residenti di cui solo una fissa tutto l’anno, ha attirato l’attenzione dei media al livello mondiale grazie a questo progetto sociale voluto dal carcere, che ha trovato – è il caso di dirlo – terreno fertile nell’azienda Frescobaldi, molto sensibile alle iniziative di integrazione dei detenuti nel mondo del lavoro. Questo bianco unico per la tipicità del territorio ma soprattutto per il modo in cui viene prodotto, viene realizzato con mille difficoltà. Non è facile infatti gestire le fasi delle il Sommelier | n. 3 - 2016

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Le risposte dell’enologo della Frescobaldi, Nicolò D’Afflitto Sull’isola di Gorgona il tempo è un concetto filosofico. Le ore scorrono lente, nei silenzi interminabili. E le viti sembrano assorbire questi ritmi “slow”, per poi regalare un vino naturale e biologico. Non è teoria, è realtà. Un dato di fatto da approfondire con l’enologo della Frescobaldi, Nicolò D’Afflitto.

Come si svolge la vendemmia sull’isola?

“La media dei tempi di lavoro nelle vigne Frescobaldi è di 300 ore a ettaro. In Gorgona è oltre tre volte tanto, mille ore. Questo perché il lavoro è interamente manuale. Usiamo le macchine solo per smuovere il terreno e per fare i pochissimi trattamenti previsti nel regime biologico. La vendemmia dura sui quattro giorni per il Vermentino e un po’ meno per l’Ansonica, in tempi diversi in base alle peculiarità dei vitigni. L’idea è portare l’uva a una buona maturazione, ma senza strafare: il problema dei vini delle isole è che spesso su somigliano tutti perché le uve sono sovramature, e i vibu

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diventano e degli “orange wine”. In Gorgona non abbiamo bisogno di questo. Una volta raccolta e messa nelle cassette, l’uva viene sottoposta a una leggera pressatura e poi il mosto viene posto in acciaio. Il tutto senza alcuna sostanza aggiunta”.

Il Gorgona viene affinato in legno?

“No. Dopo la pressatura, la decantazione e la fermentazione naturale, c’è il travaso, e tutto avviene nel rispetto del vino: basta assecondare la naturalezza del luogo. L’uso di barrique piccole serve per rispettare le varietà e i giorni di vendemmia. Il legno quindi non è uno strumento di vinificazione. E solo dopo avviene l’assemblaggio dei due vitigni”.

Sull’isola c’è anche una cantina?

“Sì. C’è sempre stata, noi l’abbiamo ri-

strutturata. All’interno c’è un frigorifero: ogni anno ci domandiamo se rimetterlo in funzione o non, e puntualmente lasciamo stare perché il bello è che la cantina ha una temperatura naturale sua perfetta, che noi riusciamo a sfruttare”.

Qual è la caratteristica principale di un Gorgona nella degustazione?

“Sicuramente la sapidità, è un vino minerale, non fruttato. Ma ridurre tutto solo a questo sarebbe limitante. Ha un cachet che va ben oltre le caratteristiche organolettiche. La sua storia e il territorio lo rendono unico”. E ora non resta che provarlo.


vendemmia in un’isola selvaggia e totalmente incontaminata come la Gorgona, nei saliscendi e nelle sue piccole mancanze quotidiane. Ma i tanti ostacoli

che si incontrano sull’isola rendono questo bianco ancora più speciale. E basta guardare negli occhi i detenuti che ci lavorano per capire la gioia e

la soddisfazione che le uve sprigionano prima e dopo essere state imbottigliate. Nel corso di questi 4 anni una trentina di detenuti si sono dati

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il cambio, in tutto, tra i filari della piccola vigna vista mare. Un posto magico, soleggiato e accarezzato dalla brezza marina, coltivato prevalentemente a Vermentino, con tratti di Ansonica e con un nuovo esperimento in corso di Sangiovese. Un luogo dove spesso le libecciate ci mettono lo zampino, creando qualche problema in tempo di vendemmia, ma nel contempo le folate saline conferiscono al vino anche quella sapidità inimitabile che rende unica questa bottiglia. L’altro valore aggiunto sono 56

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i detenuti: in tutto sono una sessantina coloro che popolano l’isola e sono tutti nella fase finale della loro pena. Si parla di pene lunghe per reati di una certa rilevanza. Proprio per questo negli ospiti del carcere gorgonese c’è una maggiore consapevolezza di sé, degli errori commessi nel passato, e anche soprattutto della voglia di ricominciare e dell’importanza del reinserimento sociale. È anche per questo che i detenuti si dedicano con estrema passione al progetto: imparano presto e mettono in pratica con

facilità gli insegnamenti degli enologi che li seguono con attenzione in ogni fase dell’anno. Di solito le persone assunte – e pagate con gli stipendi previsti dal contratto nazionale – sono tre alla volta, ma durante la vendemmia si può arrivare anche a otto. “In ognuna di queste bottiglie c’è una parte di voi – dice il patron Lamberto Frescobaldi, rivolgendosi direttamente ai detenuti – E voi dovete fare tesoro di questa esperienza perché una volta terminata la permanenza in carcere, avete in mano un


venuto la prima volta qui sull’isola. Era una giornata dal cielo un po’ offuscato. Ma il fascino della natura mi conquistò fino nel profondo. Ebbi subito i primi incontri con i detenuti, persone vere su cui poter puntare. Allora capii che non mi sarei più liberato di quella sensazione così intensa di vicinanza. E intuii subito le potenzialità dell’isola”. Per farsi un’idea basta sorseggiare un calice di Gorgona. Facciamolo con l’enologo della Frescobaldi, Nicolò D’Afflitto, che segue tutti i progetti dell’azienda. “Questo non è un vino qualsiasi – dice l’esperto – e chi si aspetta il tipico bianco toscano delle isole, si sbaglia. Non è il classico vino fresco estivo né quello super strutturato che fa tanto legno. È qualcosa di unico che viene fuori da tre elementi peculiari: il carcere, questa isola splendida e Frescobaldi. La forza del progetto è nel fatto che questi tre attori hanno trovato una sintesi e un incastro perfetto. Se avessimo fatto un vino nella Capraia o in

un’altra isoletta, non sarebbe stata la stessa cosa, se a portare avanti le cose fosse stata un’azienda, magari più piccola, avrebbe trovato più difficoltà. Ma soprattutto se nel Gorgona non ci fosse il cuore dei detenuti non staremmo qui a parlare”. Elementi speciali che rendono questo vino molto costoso: il prezzo commerciale va dai 70 ai 150 euro. “Un costo elevato, è vero, ma li vale tutti”, sentenzia D’Afflitto. Tanto che Gorgona ha conquistato anche l’estremo Oriente. “L’altro giorno ero con un giornalista giapponese esperto di vini. Aveva un pregiudizio: credeva che Gorgona fosse la tipica operazione commerciale costruita a tavolino: vino, detenuti, Toscana. Poi l’ha messo in bocca. E ha cambiato espressione: è riuscito in un sorso a cogliere l’essenza di un territorio, dell’uomo, del coraggio, della speranza. Si è ricreduto”. È la Gorgona, bellezza. Un miracolo che si rinnova ogni anno, a fine agosto.

mestiere che vi può permettere di trovare lavoro e iniziare una nuova fase della vostra vita”. Una prospettiva e un incoraggiamento che rallegrano i detenuti, che si sentono responsabili in prima persona della riuscita della bottiglia. E il risultato si sente al naso, in bocca, tra le dita e nell’intimo. “Come si fa a non innamorarsi di questa isola? - si domanda Lamberto Frescobaldi – I profumi, i sapori e i colori della Gorgona ti riempiono il cuore. Ricordo perfettamente quando sono il Sommelier | n. 3 - 2016

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di Gladys Torres Urday – gladys@torresurday.com

50 vini della Romania incontrano 50 piatti italiani dell’eccellenza Terra Ferma Editore – di Marinela Vasilica Ardelean

Per la prima volta i vini di un Paese che vanta una delle produzioni vinicole più importanti del mondo, la Romania, vengono abbinati a una delle cucine più apprezzate e rinomate del mondo, quella italiana. Il libro di Marinela Vasilica Ardelean è il risultato di un’accurata ricerca della giovane e rinomata sommelier, che ha saputo scegliere dall’ampia varietà di vini della Romania quelli che meglio ne illustrano la ricchezza della geografia enologica. Un libro ricco, brioso, pieno di curiosità, in cui non poteva mancare il cibo: 50 vini romeni si ritrovano accanto a 50 piatti tradizionali italiani realizzati da chef stellati, molto spesso in esclusiva per questo volume. Un connubio di essenze e sapori raccolti dai due Paesi che allarga la dimensione di questo libro ben al di là dei contenuti stessi dell’opera, consentendo al lettore un’intima conoscenza dei nessi storici e culturali di due Paesi profondamente legati. Nata in Transilvania e cittadina italiana, Marinela Vasilica Ardelean è la miglior sommelier di Romania, semi-finalista al concorso mondiale di sommelier e Dame Chevalier de l’Ordre des Coteaux de Champagne. Con due lauree, un master MBA, molte specializzazioni in Francia, Italia e Cina, 5 lingue parlate e oltre 50 paesi visitati, Marinela è brand manager e degustatrice e Capo Panel per diverse guide di settore nonché in concorsi nazionali ed internazionali sul vino.

Storia Moderna del vino italiano Skira Editore – a cura di Waltre Filiputti

La storia moderna del vino italiano, che prende forma tra la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta, rappresenta la più bella pagina mai scritta dalla nostra agricoltura. Questo volume racconta una storia di lavoro e di creatività tutta italiana, nella convinzione che il vino possa diventare il modello di una possibile rinascita economica, culturale e commerciale dell’agricoltura. Dedicato a Luigi Veronelli, il “filosofo del vino italiano” e preceduto dai saggi introduttivi di Walter Filiputti, il volume è suddiviso in tre parti (Il vino italiano: non solo prodotto, ma lezione di vita; Il vino italiano: una storia d’imprenditori, tecnologia e cultura e La geografia del vino italiano) in un viaggio alla scoperta dei diversi aspetti del poliedrico mondo del vino di Enotria, dalle origini, negli anni sessanta, al suo futuro, dal paesaggio viticolo ai vari mercati internazionali, dalla rivoluzione enologica alle associazioni e movimenti, dalle cantine (sancta sanctorum dove si celebra il rito del vino) alla cucina italiana e al suo successo planetario. Il volume presenta, decennio dopo decennio dagli anni settanta a oggi, i protagonisti di questa storia, i vignaioli, a ciascuno dei quali viene dedicata un’ampia scheda illustrata completa dell’analisi e della storia dei vini più rappresentativi.

L’invenzione della gioia. Educarsi al vino. Sogno, civiltà, linguaggio Porthos Edizioni – di Sandro Sangiorgi

Il libro si compone di diverse sezioni. La prima - “Approccio al vino” - è dedicata all’assaggio, al riconoscimento e alla descrizione del vino buono ed è rivolta principalmente alle persone che hanno già scoperto una passione per il liquido odoroso. La seconda - “Le parole del vino” - nasce come risultato di un’intensa e appassionata indagine linguistica; vuole proporsi come una sorta di dizionario filosofico dei termini e degli aggettivi che si possono usare per qualificare il vino, evitando sterili tecnicismi e utilizzando appieno la ricchezza lessicale della lingua italiana. La terza parte del libro - “La dispensa” - è rivolta soprattutto ai neofiti che necessitano di informazioni basilari sugli aspetti tecnico-produttivi e degustativi, che sono stati aggiornati grazie al contributo tecnico e scientifico di autorevoli rappresentanti del mondo della ricerca e della produzione vinicola. La quarta sezione infine - “Visioni e letture” - è una raccolta di quadri del pittore Marcello Spada associata a una piccola e personale antologia di poesie o estratti di prosa.

Le vie del vino. Il gusto e la ricerca del piacere Editrice Einaudi – di Jonathan Nossiter

Un viaggio d’amore nei vitigni, le cantine e le enoteche del mondo. Un grido di ribellione contro il conformismo dei sapori. Per l’unicità e la poesia del vino e della terra. L’inizio è una bottiglia misteriosamente difettosa in un’enoteca di Parigi. Per capirne la ragione, Nossiter visita le cantine più rinomate di Borgogna e i vitigni piú rigogliosi del Brasile, incontra vecchi contadini, affascinanti sommelier e giovani enologi. E riflette, parlando di cinema, arte e letteratura, senza mai smettere di assaporare e conoscere. La scoperta finale è che anche il vino subisce ovunque, nel mondo, un potente processo di omologazione. Un rischio politico poiché nel vino c’è tutto: la mano e il sudore, il sole, l’acqua e la terra, il piacere e il lavoro dell’uomo. Ma il viaggio cardine dell’intero libro è la ricerca del terroir. Del terroir come difesa della tradizione e della memoria storica, del terroir inteso come propria radice umana. E le questioni fondamentali sono le stesse di Mondovino. Cos’è il gusto? Siamo veramente padroni almeno delle nostre scelte alimentari? O siamo piuttosto vittime di una globalizzazione perversa che sta distruggendo le nostre tradizioni, persino il nostro saper mangiare e bere? Qual è il limite tra evoluzione del gusto e imposizione di esso? Domande che riguardano il vino e il cibo in generale ma che, in realtà, allargano la discussione alla politica, alla finanza, alla cultura, alla società nella sua interezza, in un momento storico cruciale per il nostro futuro. Una lettura piacevolissima, da condividere per lunghe discussioni. 58

il Sommelier | n. 2 - 2016


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di Luisella Rubin - Coordinatrice Nazionale Fisar in Rosa

Eventi di successo targati FISAR in ROSA

Tre interessanti manifestazioni organizzate rispettivamente dalle delegazioni di Manziana, Siena Valdelsa e Catania hanno rinnovato e valorizzato la figura della donna sommelier Fisar e il ruolo che ciascuna donna ricopre nell’ambito vitivinicolo ed enogastronomico.

I

l progetto Fisar in Rosa promosso dal Consiglio Nazionale, con lo scopo di favorire il coinvolgimento del mondo femminile nel settore vitivinicolo e della ristorazione in un’ottica di pari opportunità e di valorizzare la figura della donna

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il Sommelier | n. 3 - 2016

sommelier Fisar e il ruolo che ciascuna donna ricopre nell’ambito vitivinicolo ed enogastronomico, ha preso avvio nell’anno 2011 durante la fiera internazionale di Vinitaly, con il “Wine Tasting/Tavola Rotonda”, un evento al femminile, al quale hanno partecipato alcune

produttrici vitivinicole d’Italia. Dopo il successo ottenuto con questa prima manifestazione, sono state proposte altre iniziative, convegni, degustazioni, programmi culturali, nelle varie aree territoriali, rivolti a tutti i soci, conseguendo risultati entusiasmanti, grazie anche alla fattiva collaborazione di diverse Delegazioni, che vi hanno aderito. Nei mesi di maggio e giugno 2016 si sono susseguite tre interessanti manifestazioni targate Fisar in Rosa, organizzate rispettivamente dalle delegazioni di Manziana, Siena Valdelsa e Catania. Durante il secondo weekend di maggio in un’atmosfera magica e fuori da ogni connotazione di tempo e spazio, si è svolta la Festa delle Rose nella splendida cornice di Palazzo Patrizi in Castel Giuliano-Bracciano (RM). Il giardino di Palazzo Patrizi è uno dei luoghi più importanti e


suggestivi d’Italia e lì, nell’ambito della nota esposizione florovivaistica che rende il posto ancor più affascinante, proprio accanto al giardino segreto del castello, la delegazione di Manziana ha allestito la mostra “Rose…Rosati & Rosè”, che da alcuni anni, è diventata ormai un appuntamento importante per la presentazione di vini rosati e spumanti rosè ,alla quale ha partecipato un folto pubblico. La novità di quest’anno è stato, evento nell’evento, il seminario Fisar in Rosa “Le Donne e il Vino”a cui sono state invitate le referenti nazionali e tutte le socie fisariane. Una piacevole condivisione di esperienze, legate al ruolo della componente femminile nel settore enogastronomico, un incontro incorniciato in un’atmosfera emozionale unica ed arricchito dai racconti delle diverse realtà di donne che con impegno e passione operano nel mondo del vino. Sono intervenute Antonella Pacchiarotti produttrice vitivinicola, Emma Lami Referente Territoriale Fisar in Rosa Italia Centro, Catia Minghi blogger, Lara Calisi wine promoter, Elena Rosa Carone Fabiani imprenditrice agricola dell’Associazione Semilune, che ha parlato degli usi culinari delle erbe e dei fiori, dei loro segreti e delle loro proprietà. Silvia Zannette Delegata di Manziana ha fatto gli onori di casa e ha moderato gli interventi delle relatrici. La degustazione dei vini rosati che è seguita, condotta dal degustatore ufficiale Fisar Fernando Iannozzi, è stata una parentesi al maschile molto gradita! Non è mancato neanche un tocco di classe dei numerosi ospiti più

eleganti ed una bella sfilata di moda! In Sicilia, Il 27 maggio 2016 si è svolto presso la Villa Di Bella a Viagrande, paese alle pendici dell’Etna, il 1° evento Fisar in Rosa “Dal cibo al vino: le donne si raccontano “organizzato dalle sommelier Fisar della Delegazione di Catania, in collaborazione con Slow Food Catania. È stata un’occasione importante di confronto tra le produttrici di cibo e di vino che hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa. Il dibattito sul tema proposto, guidato da Antonella Carbone,

tesoriere Fisar Catania e da Roberta Capizzi fiduciaria Slow Food Catania, ha messo in luce il percorso faticoso, ma ricco di soddisfazioni, che ha portato queste donne a rappresentare con competenza e determinazione le eccellenze enogastronomiche del territorio siciliano. Con l’intervento della Dottoressa Adriana Rapisarda Segretario Fisar Catania, volto a promuovere la prevenzione contro i tumori, si è inoltre evidenziata l’importanza del mangiare e bere “sano”. La serata si è conclusa con una cena preparata con prodotti

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tipici del luogo dalla Chef Lina Castorina del Ristorante i Quattro Archi di Milo. Ai deliziosi piatti sono stati abbinati i vini offerti dalle produttrici vitivinicole e serviti con eleganza e professionalità da una squadra di sommelier tutta al femminile, coordinata da Grazia Ruffino Consigliere Fisar Catania. Ed eccoci ora nello storico borgo di San Gimignano, situato a circa 35 km. da Siena, che ha dato vita all’ultimo incontro “FISAR in ROSA” organizzato con attenta cura dalla Delegazione di Siena Valdelsa e svoltosi nei giorni 11-12 giugno 2016 in un luogo in cui la tipicità e la storia si fondano per creare un ambiente suggestivo, che ha saputo mantenere inalterato un fascino senza tempo. Tutto è cominciato con una stimolante prolusione celebrativa del 50° della denominazione della Vernaccia, tenutasi all’interno del Museo del Vino nella Rocca di Montestaffoli, dove è intervenuta Letizia Cesani Presidentessa del Consorzio della

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Denominazione San Gimignano, che attraverso un itinerario suggestivo di video, immagini, foto, ha coinvolto i presenti in un affascinante racconto sulla nascita e sulla storia della Vernaccia, il cui inizio della sua produzione, secondo il primo documento ufficiale, risale al 1276. È uno dei migliori vini bianchi italiani, conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, prodotto in una ristretta zona della Toscana, coincidente con il territorio comunale di San Gimignano. Ha ottenuto la prima DOC d’Italia nel 1966 e poi nel 1993 la DOCG. È seguito poi un brindisi panoramico e corroborante con le due tipologie di Vernaccia, che ha dato la carica giusta per intraprendere una passeggiata alla scoperta degli angoli più segreti di San Gimignano. In un crescendo sempre più alto che ha avuto la sua apoteosi nella Tavola Rotonda “Donne e Alimentazione” del giorno

seguente, il Delegato Vincenzo Niccolini in qualità di moderatore ha introdotto le relatrici, che con i loro interventi hanno spaziato dalla medicina all’estetica, dal vino inteso come alimento salutare al cibo, sottolineando i benefici della dieta mediterranea per una sana alimentazione e illustrando le sorprendenti ed inedite doti del frutto di Bacco, capace di dare benessere fisico ed emotivo. Hanno partecipato all’incontro: Anna Maria Aloisi, docente di Fisiologia e ricercatrice dell’Università degli Studi di Siena; Rita Ceccarelli, presidente AGT (ass.ne Guide Turistiche Siena e provincia); Silvana Lilli, responsabile pubbliche relazioni e promozione Enoteca Italiana; Sabrina Lastrucci, produttrice vitivinicola; Annette Buxton dell’Associazione Valdelsa Donna; Sonia Maroni esperta in estetica; Maria Pia La Scala, consulente marketing; Luisella Rubin, Coordinatrice Nazionale Fisar in Rosa. L’atmosfera bucolica della campagna circostante dai colori caldi e soavi segnati dallo zafferano e dalla Vernaccia, gli sfondi di panorami mozzafiato, i vini del territorio e i prodotti tipici di primissima qualità degustati in gioiosa convivialità, hanno reso l’evento unico ed indimenticabile. Un sentito ringraziamento va alle Delegate e ai Delegati, alle socie e ai soci Fisar, che con la loro partecipazione, sostenuta da autentico spirito associazionistico, contribuiscono alla buona riuscita di eventi significativi, volti a dare sempre più visibilità alla nostra Federazione in un percorso di crescita e sviluppo continuo.


di Nicola Masiello

XXXIII Targa d’Argento del Premio Primavera in Valdichiana

Bruno Gambacorta del Tg2 RAI è il premiato per l’anno 2016 Una serata speciale per un ospite speciale, questo potrebbe essere il motto della serata del galà organizzata dalla Delegazione storica Fisar Valdichiana per celebrare la consegna del Premio Primavera in Valdichiana.

È

un premio che si rivolge a personaggi della cucina, del giornalismo e del mondo vitivinicolo che si siano particolarmente distinti nel proprio ambito professionale. Abbiamo detto serata speciale perché si è voluto trasferire un pezzo di Campania in Toscana nel bellissimo borgo di Montefollonico a Torrita di Siena, presso il ristorante Medioevo, per far sì che i commensali apprezzassero la cucina e la tradizionale convivialità dei Campani Napoletani; queste sono state messe in campo dall’Archichef Carlo Olivari, un architetto che per passione

e per diletto ama cimentarsi nella rivisitazione della cucina Campana dall’Azienda vitivinicola di eccellenza “Villa Matilde” con i suoi pregiatissimi vini e da Bruno Gambacorta anche lui di origini Campane ed ospite d’onore della serata. Egli è stato insignito del premio con la seguente motivazione: A Bruno Gambacorta che con la sua competenza ed esperienza ha portato nelle famiglie Italiane il piacere del cibo attraverso i prodotti tipici dei vari territori. Il tutto riferito alla trasmissione televisiva EAT PARADE da lui condotta da oltre 4 lustri.

La cucina, come abbiamo detto, ha offerto solo prodotti tipici Campani appositamente spediti nella giornata a Montefollonico, preparati da Carlo insieme allo staff del Medioevo e proposti ai commensali in un crescendo di sapori, partendo dalla classica caprese con pomodori di Sorrento e fior di latte di Agerola, il baccalà con le “spine” fritto e la Parmigiana di melanzane. La pasta di Gragnano con zucchine e Provola affumicata e l’altra con il classico Ragù Napoletano, la carne del ragù infornata con Broccoli Friarielli e Gattò Napoletano; chiudeva la tradizionale “torta il Sommelier | n. 3 - 2016

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primavera” cosi chiamata perché riprende la Primavera del Botticelli, ormai emblema della nostra manifestazione. I vini in abbinamento, presentati da Maria Ida Avallone e serviti dai Sommelier della delegazione Valdichiana, si sono succeduti da un Brut Mata Rose Vsq 2012, Falanghina Roccamonfina Igp 2015, Falerno del Massico Bianco Doc 2015, Falerno del Massico Rosso Doc 2011, Taurasi Docg 2010, chiudeva il nettare Eleusi passito Igp 2009 a base di Falanghina di Roccamonfina. Una serata apprezzata dai commensali che ha ricevuto il plauso dai numerosi ospiti tra i quali Donatella Cinelli Colombini, neo eletta Presidente dell’Associazione le Donne del vino, l’Assessore alla cultura e turismo del Comune di Torrita di 64

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Siena Dott. Paolo Tiezzi, il Dott. Enrico Ciacci in rappresentanza dell’Accademia della Cucina Italiana, il consigliere Nazionale Fisar Nicola Masiello, ai quali ha risposto a nome della delegazione il Delegato Luca Del Buono

ringraziando e congratulandosi per la riuscita della manifestazione con tutto il Consiglio di Delegazione. Nella fotografia: da sx Enrico Ciacci, Donatella Cinelli Colombini, Paolo Tiezzi, Bruno Gambacorta, Maria Ida Avallone e Nicola Masiello.


di Enza Bettelli con l’abbinamento di Nicola Masiello Presidente Emerito F.I.S.A.R.

Non chiamiamoli solo gnocchi! Grossi e rustici o piccoli e delicati, tra questi due estremi c’è tutta una gamma di formati, consistenze e sapori che rendono i Canederli un piatto versatile e perfino imprevedibile, ma mai deludente.

I

canederli sono nati come piatto povero, gustoso e nutriente, realizzato con i prodotti della campagna e gli avanzi della dispensa. I più conosciuti, quelli tipici del Trentino Alto Adige, sono a base di pane bianco raffermo tagliato a cubetti, che a Bolzano e dintorni si può acquistare già pronto dal panettiere o al supermercato, così come i canederli pronti da cuocere. Gli altri ingredienti base sono latte, ritagli di speck (una volta solo per il pranzo di festa), uova, farina e erba cipollina, amalgamati e sagomati con le mani in grosse sfere o in un grosso salsicciotto da lessare avvolto in un tovagliolo (Serviettenknödel). I canederli devono essere compatti ma morbidi, mai da tagliare con il coltello, anche per non offendere chi li ha preparati. Con il tempo la gamma dei canederli si è ampliata: colorati con gli spinaci o le rape rosse, morbidi con la ricotta, di gusto deciso con formaggio e grano saraceno, particolari e sapidi con il fegato, dolci con patate e frutta. E naturalmente ci sono le varianti

degli chef, che li presentano più piccoli e aggraziati, a volte di gusto insolito, con le salse e i contorni più disparati. I ogni caso i canederli restano sempre molto versatili e se la tradizione li vuole lessati in brodo leggero, con il quale vengono di solito serviti, sono ottimi anche scolati e conditi con burro fuso, gratinati con il formaggio, accompagnati da insalata di crauti o altre verdure, con zucchero e confettura nella versione dolce. E diventano primo, secondo, contorno e dessert senza mai perdere la loro personalità.

A ciascuno il suo nome Nella provincia di Bolzano si chiamano Knödel, così come nel Tirolo austriaco e in Germania, dove sono ugualmente diffusi, mentre nella provincia di Trento sono canederli, soprattutto quelli di pane. Gnocchi simili ai canederli sono diffusi anche nell’Alta Valtellina e nell’Alto Veneto. In Friuli Venezia Giulia si chiamano chineghi, balotes nelle valli ladine e a Trieste gnocchi di pane o di prugne. Questi ultimi sono preparati secondo la ricetta

tirolese che avvolge prugne snocciolate con un impasto simile a quello degli gnocchi di patate, ricavando delle grosse palle che vengono lessate e condite con pangrattato tostato nel burro e semi di papavero. Questi gnocchi si chiamano Zwetschgenknödel in Austria e in Germania e sono un robusto dessert o un piatto unico, così come i Marillenknödel che racchiudono invece albicocche snocciolate.

Abbinamento di Nicola Masiello Ogni volta veniamo stimolati con proposte di piatti che rivestono, all’occasione, “ruoli” nazionali e internazionali. Quello di oggi è un piatto che fra i tanti non può appellarsi della voce “riproducibile” in altri territori in quanto racchiude in sé tutta la tipicità del luogo di origine . Per la sua forma potremmo chiamarlo “Gnocco” ma in verità gnocco non è. È invece l’espressione più schietta della cucina del recupero, tipica di una civiltà contadina o, comunque, espressione di una cucina povera. Gli ingredienti, semplici ed essenziali, assumono il Sommelier | n. 3 - 2016

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sapori e profumi diversi attraverso i complementi del piatto che possono essere dati dalle erbe, dal brodo o dalla frutta che ne fa la versione dolce. Così, parlando di abbinamento, ritengo personalmente che mai, come in questo caso, l’abbinamento tipico sia da ritenersi il più valido. E allora quali potrebbero essere le qualità del vino da affiancare ai Canederli? Un vino fruttato, fresco per acidità, buona l’alcolicità, di corpo. Nella denominazione Alto Adige, con le relative sottozone, sono da preferire i vini a bacca bianca per il piatto in brodo, sia esso vegetale che di carne, con affinità olfattive ed una buona freschezza acida: A.A. Classico Bianco doc Chardonnay, A.A. Pinot Grigio doc. I vini rosati e rossi sono un buon abbinamento (da tener presente che quando si parla di rossi per questo piatto, essi sono da intendersi giovani, lucenti, 66

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poco carichi di colore), vengono abbinati nelle preparazioni con burro fuso e formaggi, magari d’Alpeggio; in questo caso possiamo abbinare A.A. sottozona Valle Venosta Schiava doc, Lago di Caldaro doc, sempre a base di vitigno Schiava, in quanto, soprattutto acidità e corpo, legano la struttura del piatto. Nelle poche preparazioni dove i canederli sono conditi con sughi leggeri a base di carne di maiale, sono da preferire vini a base Pinot Nero e ancora la Schiava, da soli, o in uvaggio con gli altri vitigni autoctoni a bacca rossa: Trentino doc Lagrein o Trentino doc Pinot nero sono sicuramente da preferire agli altri. Nella versione dolce, se così si può dire, cambiano totalmente gli ingredienti: il pane raffermo entra solo nella rifinitura del piatto, rimane il sistema di cottura a bollito e quindi si devono fare delle considerazioni su un abbinamento diciamo standard

per pietanze dolci, prendendo in considerazione gli ingredienti e poi regolarsi di conseguenza .Gli ingredienti passano dall’involucro di pasta frolla a quello di pasta di pane, con aggiunta di ricotta, zucchero, frutta essiccata o fresca, accompagnata da salse a base di frutti di bosco o cioccolato. In questi casi il vino sarà sempre nella tipologia dolce o passito, da ricercare come sopra nella denominazione della regione, facendo attenzione al frutto essiccato che in genere è giallo e quindi richiama vini che “olfattivamente e gustativamente” portano fiori e frutti giallila ricotta porta grassezza e quindi richiede buona acidità mentre i frutti di bosco cotti richiedono buona alcolicità cosi come il cioccolato. Allora vini profumati, complessi e persistenti, caldi, di corpo, dolci, freschi di acidità: Trentino doc Moscato giallo o Moscato rosa, A.A. Doc Passito, A.A. Moscato rosa Passito.


di Gualtiero Anelli per le Delegazioni FISAR della Lombardia e di Piacenza – Fotografie di Valentina Macciotta

Strade dei Vini e dei Sapori del Garda Una giornata all’insegna della degustazione e dell’amicizia. Un momento conviviale, piacevole e dedicato alla degustazione.

L

a tipica giornata primaverile: fresca, dal tempo incerto e temperatura gradevole. Per dirla in altre parole, con lo stile di noi sommelier, una giornata perfetta per degustare! Così viaggio da Milano fino a Broni, verso l’Enoteca Regionale di Lombardia, e mi trovo immerso nella giornata in cui le Delegazioni della Lombardia hanno realizzato – in collaborazione alla Strada dei Vini e dei Sapori del Garda – una grande manifestazione in cui le vere protagoniste sono state le eccellenze tipiche del territorio. Già all’ingresso della suggestiva cascina di Cassino Po a Broni, sede dell’Enoteca Regionale respiro l’importanza dell’evento: il piccolo bistrot ha studiato un menu ad hoc, gli espositori imperano ad ogni angolo, una bella fila di calici è pronta per essere consegnata agli avventori. il Sommelier | n. 3 - 2016

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Mise en place semplice, senza fronzoli, raffinata. Opto per il menù degustazione, mi servono – tra le altre pietanze – un risotto con limoni del Garda e rosmarino: chiudo gli occhi e respirando il profumo del piatto ho subito voglia di viaggiare sulle rive gardesane, su quelle strade che incantano incredibili quantità di visitatori di tutto il mondo. La spiccata mineralità del Lugana che scelgo in abbinamento, unita alla spalla acida tipica di questi vini, realizza un buon abbinamento con il piatto proposto dallo chef. Incontro Katia Vergani – componente dell’Organo di Indirizzo del CTN Italia Nord Ovest e RDZ – e Laura Sandoli – RDZ, sono loro il motore dell’iniziativa: un’occasione nata grazie alla

collaborazione di Sandro Conforti – Segretario della Strada dei Vini e dei Sapori del Garda – e del suo Presidente, Giovanna Prandini. Mi spiegano i contenuti di questa manifestazione e resto impressionato: in degustazione i frutti del lavoro di 19 produttori di vino, 5 di olio, oltre ai più significativi prodotti tipici della gardesana; 5 degustazioni guidate dai sommelier FISAR. In sala, tra i visitatori, Carlo Pietrasanta – Presidente Nazionale del Movimento Turismo Vino. Tanta partecipazione e calici levati in alto per questo evento che è il primo risultato di un’importante opera di coinvolgimento attivo delle Delegazioni di Pavia, Monza, Milano, Milano Duomo, Bareggio, Como, Brescia, Lodi, Piacenza. Mi fermo a seguire alcune

degustazioni guidate: che classe Signori! Affascinanti e di grande appeal i temi scelti per questi momenti di approfondimento: “L’Olio extravergine del Garda”; “Valtenèsi, i signori in rosso e in rosa del Garda Bresciano”; “San Martino della Battaglia, passato e presente: il Tuchi”; “Lugana: Turbiana, l’altro Trebbiano”; “Il Garda Bresciano: gli abbinamenti del territorio”. Ogni delegazione ha seguito nello specifico una sola tematica proposta e Roberto Pace – Delegato FISAR di Pavia – è stato il trait d’union in questi momenti di formazione e informazione tagliati perfettamente su misura dei partecipanti. Una giornata all’insegna della degustazione e dell’amicizia. Un momento conviviale, piacevole e dedicato alla degustazione. È soprattutto in queste occasioni che sono orgoglioso di essere sommelier FISAR, orgoglioso di far parte di un grande aggregato amicale, di un tessuto che condivide con me parole, gesti, emozioni. Per questo motivo mi sento di dire grazie, col cuore, a chi si è prodigato per rendere possibile quello di cui vi ho parlato fino ad ora.

Vinchio-Vaglio Serra non è solo Barbera La Cantina Sociale di Vinchio e Vaglio Serra da più di 50 anni custodisce il territorio in equilibrio tra tradizione e innovazione. Le colline della Barbera al centro della “core zone” Patrimonio dell’Umanità Unesco, si prestano per versatilità anche ad altri vitigni. Grazie all’intraprendenza di alcuni viticoltori, sulle dorsali di alcune colline in posizioni privilegiate, seguendo i consigli del servizio tecnico

della Cooperativa, sono stati impiantati vigneti di Pinot Nero e Chardonnay, già storicamente coltivato. Dal matrimonio tra il vitigno tradizionale, che stava andando perso, e il vitigno inedito è nato lo spumante “Castel del Mago”, un Brut dal perlage fine, molto persistente e dai profumi delicati. Una sfida vinta che negli anni ha portato a offrire al mercato un prodotto di alta qualità ad un prezzo contenuto.

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di Stefania Zolotti

Il mare in bottiglia, tra Verdicchio e Viognier Con Anna Cardin a guidare la degustazione, nessuno si è sentito fuori posto grazie non solo alla preparazione ma soprattutto allo stile.

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oltanto le bottiglie migliori sanno conservare il mare. È il motivo per cui la Delegazione FISAR Castelli di Jesi ha organizzato una degustazione che esaltasse Adriatico e Tirreno nelle proprie espressioni in bottiglia, differenze comprese. Cupramontana e Riparbella – Marche e Toscana – sono le geografie su cui è stata puntata la bussola di una serata che ha saputo regalare preziosi confronti. Con Anna Cardin a guidare la degustazione, lei Miglior Sommelier FISAR 2015 Torneo Rastal, nessuno si è sentito fuori posto grazie non solo alla preparazione ma soprattutto allo stile. “Quando i miei clienti vogliono che consigli loro un vino, prima di rispondere chiedo sempre quali siano i vini che bevono solitamente, quali siano le loro passioni. Ognuno di noi ha un proprio gusto e solo da quello

deve farsi ispirare. Non cerco mai di coprire i clienti con il mio mondo”. Al Ristorante Raggiazzurro di Senigallia si sono così alternate due diverse sapidità e mineralità: Colonnara ha proposto le annate 2013, 2003 e 1999 del Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore D.O.C. Cuprese Magnum, con una perla a sorpresa

in abbinamento col dessert: il 1992; Podere La Regola ha risposto con il suo Viognier della Costa Etrusca, il Toscana Bianco I.G.T. Lauro 2012, 2009 e 2005. “Il Cuprese è il risultato di un’accurata selezione di uve Verdicchio dei vigneti del circondario di Cupramontana. Da sempre ha voluto rappresentare il Sommelier | n. 3 - 2016

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l’espressione vitivinicola tipica di questa area classica collinare della riva destra del fiume Esino. Non provenendo da un singolo vigneto, ma da più vigneti che possono variare di anno in anno, il livello di sapidità varia senza alcun dubbio in quanto fortemente influenzato dalla tipologia dei terreni da cui provengono le uve e dall’andamento stagionale. Origina da un terreno collinare di origine marina e dal medio impasto – a circa 400-500 metri sul livello del mare – intercalato da argilla e sabbia che conferiscono la giusta sapidità ed eleganza”, nelle parole di Agostino Pisani, enologo di Colonnara”. “Le verticali di Cuprese non riservano più sorprese, oramai sono solo conferme. Pur andando indietro nel tempo e superando anche il decennio, i colori si fanno certamente più dorati e il quadro aromatico non ha alcun timore di mostrarsi deciso e pieno di carattere ed equilibrio: la centratura del tempo si rivela al naso ma ancor più in bocca dove gli anni conferiscono tutto l’equilibrio tra acidità e morbidezza interpretate attraverso quelle note saline e salmastre che nobilitano il territorio di origine”. Luca Nuti, che insieme al fratello Flavio – peraltro delegato Fisar di Volterra – conduce oggi l’azienda familiare “ Podere La Regola”, sottolinea invece come

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il Bianco Lauro sia “un vino che nasce nel 2002 con l’intento di uscire dalla logica di vini bianchi di pronta beva tipici della Costa Toscana – indiscutibilmente, Vermentino – e di sperimentare con una tecnica tipica dei vini di Borgogna la produzione di un vino da invecchiamento che riesca ad esprimere la ricchezza minerale di questa terra così vicina alla Bolgheri dei grandi rossi e costituita prevalentemente da sabbie plioceniche ricche di fossili. Ad una spiccata sapidità, dovuta alla vicinanza del Mar Tirreno che dista appena 4 Kilometri, si sovrappone una importante acidità che si nutre dalla freschezza della Valle del Cecina capace di regalare rilevanti escursioni termiche notturne e un clima temperato diurno nonostante la piena esposizione solare. Come per i grandi bianchi francesi, ad una seppur breve macerazione sulle bucce dopo la spremitura, segue la malolattica in barrique di secondo e terzo passaggio e poi un affinamento in botte grande di rovere francese da dieci ettolitri per almeno sei mesi prima di essere messo in bottiglia. Le annate degustate evidenziano una presenza di Chardonnay che

decresce in favore del Viogner a partire dall’annata 2005 fino al 2012 dove il rapporto è ribaltato (70% Viogner, 30 % Chardonnay). Anche l’apporto del legno nell’affinamento si fa graduale, fino a decrescere con le annate più recenti, per fare spazio ad una acidità più persistente senza perdita di struttura”.

NOTE TECNICHE DI DEGUSTAZIONE Podere La Regola di Riparbella (PI) 1 - Vino Bianco Toscana IGT Lauro 2012 Vitigni: Viognier 70%, Chardonnay 30% Colore giallo dorato Sentori: vaniglia, legno, burro, camomilla, ghiaia bagnata, pesca sciroppata, noce moscata. Gusto avvolgente e rotondo 2 - Vino Bianco Toscana IGT Lauro 2009 Vitigni: Viognier 70%, Chardonnay 30% Colore giallo dorato carico, con la consistenza quasi di un rosso. Sentori: Evoluzione di agrume, note


floreali e balsamiche, nocciola, tostatura. 3 - Vino Bianco Toscana IGT Lauro 2005 Vitigni: Viognier 50%, Chardonnay 50% Colore giallo ambrato Sentori: fico, dattero, frutta essiccata, mandorla, burro, arancia amara, mandorla caramellata, zafferano e zenzero. Azienda Colonnara di Cupramontana 1 - Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Cuprese 2013 (Magnum) Vitigno: Verdicchio 100% Colore giallo paglierino Sentori: frutta tropicale, ananas, mandorla, fico, te verde, mela verde con lunga persistenza

2 - Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Cuprese 2003 (Magnum) Vitigno: Verdicchio 100% Colore: giallo dorato Millesimo caldissimo e siccitoso che non ha impedito a questo vino di esprimere al meglio una freschezza netta al palato dopo ben 13 anni. Sentori: idrocarburi in evoluzione, pasta di mandorle, spiccate note minerali e salmastre fino a far emergere sentori di frutta matura e ritorni floreali. 3 - Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Cuprese 1999 (Magnum) Vitigno: Verdicchio 100% Colore giallo dorato Sentori: rosa, litchi, miele, frutta tropicale, confettura, tisana alla erbe.

4 - Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Cuprese 1992 (Magnum) Colore giallo oro molto profondo. Vino complesso al naso su toni di resina, pepe bianco, confettura di frutta tropicale, miele d’acacia, naftalina, ananas disidratato, cioccolato bianco con scorze d’arancia, menta, camomilla, caramella zuccherosa, note di affumicatura. Perfetto equilibrio delle sue componenti, dove la morbidezza e l’alcool si bilanciano. Freschezza e sapidità che rendono ancora vivo e godibilissimo questo vino maturo di quasi 25 anni, da meditazione, e ancora sorprendentemente lungo in bocca.

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QUALITY News è un Syrah il secondo vino firmato Italiano Due fratelli, una forte passione per il vino ereditata dal nonno Castrenze e la volontà di racchiudere in bottiglia l’identità profonda di un angolo di Sicilia caratterizzato da una lunga tradizione enologica e, al tempo stesso, una vocazione internazionale ricca di potenzialità ancora in parte inesplorate. Da questo mix è nata qualche anno fa l’azienda agricola Italiano, che a San Giuseppe Jato e Monreale (PA) coltiva i vitigni autoctoni Catarratto e Nero d’Avola accanto agli internazionali Syrah e Viognier. La filosofia di Giuseppe ed Enrico Italiano, semplice e concreta, si riassume nel motto “Poco vino, ma fatto bene”. Così dopo l’etichetta d’esordio lanciata nel 2012, un Viognier che unisce all’eleganza d’Oltralpe la personalità siciliana, in ottobre uscirà il secondo vino, un Syrah in purezza affinato in acciaio in cui le note fruttate si fondono armoniosamente con quelle speziate per una sorprendente persistenza al palato. Entrambi i vini sono Igp Terre Siciliane e rientrano nella linea “Pargione” dedicata alle etichette selezionate della cantina. AZIENDA AGRICOLA ITALIANO www.italianovini.it

Grand Père BIO VIO, quando il legno dona eleganza e morbidezza Quando un vino bianco affina quasi un anno in tonneaux si ha sempre il timore di un carico legnoso eccessivo, ma nel caso di questo ottimo Pigato in purezza, vendemmiato tardivamente da Bio Vio, azienda biologica di assoluto riferimento per i vini di qualità del comprensorio della Piana di Albenga, il legno incide sul colore, donando una bellissima tonalità dorata intensa, e regala eccellenti equilibri aromatici e gustativi, anche se ovviamente qualche piacevole nota “burrosa” la fa risaltare. Al naso sentori non eccessivi di frutta gialla, anche esotica e ginestra, segno inequivocabile di evoluzione ma, soprattutto, grandi profumi di quelle deliziose aromatiche di cui è meravigliosamente impregnata l’aria di quella zona.

Al palato presenta una sapidità non esagerata e una interessante acidità che invita ad un secondo sorso e, grazie all’affinamento in botte, risalta una interessante morbidezza che dona una piacevole sensazione vellutata, grazie ad una giusta componente glicerica che si ritrova anche nell’importante gradazione di 14,5% in volume. Finale di buona lunghezza che lascia la curiosità di verificare se con un maggiore affinamento ne possa guadagnare in intensità e persistenza aromatica. Da servire a 13-14° per esaltarne i profumi, ottimo gustato da solo ma ben si abbina anche a formaggi di media stagionatura. AZ. AGR. VIO GIOBATTA www.biovio.it

Nuove prospettive per il Lambrusco Mantovano Valorizzare il Lambrusco mantovano esaltandone la territorialità e la grande versatilità negli abbinamenti a tavola con la cucina tradizionale e quella più innovativa: è questo l’obiettivo dell’azienda agricola Bugno Martino, di San Benedetto Po (MN), che nel 2016 ha lanciato i suoi primi due vini: Ciamballà e Rosso Matilde. In un territorio dove il Lambrusco è da sempre il vino della quotidianità, ma troppo spesso non è ritenuto all’altezza per competere con altri vini di territori più blasonati dal punto di vista enologico, la sfida controcorrente di Bugno Martino, guidata da Giuseppe Zavanella, ha suscitato grande interesse e notevoli apprezzamenti già dai primi risultati. I vitigni scelti sono stati il Lambrusco


QUALITY News Salamino e l’Ancellotta, la strada percorsa quella delle basse rese per avere uve con un’ottima concentrazione di sostanze aromatiche e una buona acidità. La prima produzione di circa 5.000 bottiglie è destinata a crescere: quest’anno infatti sono state messe a dimora 3.600 piante di Grappello Ruberti, vitigno autoctono del territorio riconosciuto ufficialmente nel 2013 dal Ministero dell’Agricoltura, insieme ad altre piante di Lambrusco Salamino per una superficie totale di 2,3 ettari.

90 punti da Decanter per il “Gropél 2011” di Comincioli

Ci sono voluti 38 anni di attesa, ma il risultato è stato entusiasmante fin dalla prima bottiglia. Presentata in anteprima all’ultima edizione di Vinitaly, la prima Albana di Romagna di Tenuta Casali continua a mietere un premio dopo l’altro, confermando la vocazione bianchista della cantina di Mercato Saraceno, nota a livello nazionale per il suo Sangiovese. L’ultimo riconoscimento conquistato dall’Albana “Valleripa” è il Premio Douja d’Or di Asti consegnato a settembre. Il vino è il frutto di un’accurata selezione delle uve appartenenti a un vigneto con oltre trent’anni di età esposto a sud-est e allevato con il metodo guyot. Vinificato a freddo e affinato “sur lies” per sei mesi in acciaio, il Valleripa unisce ai freschi profumi fruttati tipici dell’Albana di Romagna una grande mineralità e un’ottima struttura che la rendono un vino adatto a essere abbinato sia con primi piatti di pesce sia con carni bianche. “Il Valleripa – spiega Valerio Casali – è la nostra idea di Albana di Romagna, un vino che ha fatto la storia della viticoltura, essendo il primo vino bianco a ottenere la Docg) in Italia nel 1987, e può guardare con ottimismo al futuro”.

Il territorio è quello del Garda bresciano, a Puegnago nella Valtènesi, patria elettiva del Groppello, vitigno storico decantato sia da Virgilio sia da Plinio il Vecchio, che la famiglia Comincioli coltiva dal 1552, da oltre 450 anni e 14 generazioni e oggi da Gianfranco, con la moglie Elisabetta e i figli Roberto e Andrea i quali, oltre ai vini, producono degli straordinari oli extravergine di oliva denocciolati, premiati con il massimo punteggio dalla autorevole guida Flos Olei. La produzione del loro ottimo “Gropél” Riviera del Garda Bresciano D.O.C. Groppello, da uve Groppello, Sangiovese, Marzemino e Barbera, è molto accurata, i grappoli sono vendemmiati esclusivamente a mano e in cassette per evitarne lo schiacciamento e selezionati con grande cura separando gli acini dal graspo meccanicamente e in assenza totale di contatto con l’aria a protezione dall’ossidazione grazie all’utilizzo di anidride carbonica ghiacciata. L’appassimento parziale delle uve in solaio e un attento affinamento in botti di acciaio inox e tonneaux di rovere in cantina permettono di esaltarne la struttura e le complesse note aromatiche di ciliegia e carruba, valorizzandone frutto, eleganza e struttura senza conferire tannicità aggressive che ne compromettano bevibilità e piacevolezza. Con un grado alcolico moderato di 13% in vol. è ottimo a tutto pasto, dai salumi freschi alle paste al sugo, dalle carni rosse al tipico spiedo bresciano e anche con formaggi mediamente stagionati. L’annata 2011 è stata premiata al Decanter World Wine Award 2016 con la medaglia d’argento e 90 punti come “Fruttato, elegante e stratificato, con una succulenta prugna nera, ciliegia, spezie esotiche e note di bergamotto, un’acidità spinta che passa sul finale e nel retrogusto. Un vino impressionante con un palato stratificato, corposo e un frutto strutturato”.

TENUTA CASALI www.tenutacasali.it

AZ. AGR. COMINCIOLI www.comincioli.it

AZ. AGR. BUGNO MARTINO www.bugnomartino.com

Grande successo per l’Albana di Tenuta Casali


QUALITY News DANNUNZIANO, il cocktail di punta del Grand Hotel Gardone

Erbaluce: oltre 1,26 milioni di bottiglie nel 2015 e francobollo dedicato

Il Dannunziano nasce nell’ottobre 2002 per commemorare il gemellaggio tra Gardone Riviera e la città di Pescara in concomitanza di uno dei vari Raid Dannunziani (manifestazione di auto storiche che ripercorrevano le tappe salienti della vita del poeta Gabriele D’Annunzio) appunto Gardone/ Pescara/Gardone. In quell’occasione ci fu l’incontro tra le autorità dei due centri ai quali per primi fu proposto il cocktail. Visto il successo riscosso fu inserito stabilmente nella Carta dei drinks del WinniÈs Bar, American bar del Grand Hotel Gardone, lo storico e fascinoso albergo sul lago di Garda dove appunto si tenne il gemellaggio. Il drink è composto da 3/10 di mirtilli freschi centrifugati, 1/10 di Aurum (delizioso liquore al gusto di arancia, prodotto appunto a Pescara, città natale di D’Annunzio e del creatore della ricetta Massimo Mannella), 6/10 di Pol Roger, lo champagne amato da Winston Churchill, che soggiornò al Grand Hotel nel 1949. Viene servito in un tipico bicchiere tipo Bellini ed il colore, per i suoi toni un po’ cupi, ricorda i velluti e i tessuti che tappezzano l’interno del Vittoriale, ultima dimora del Vate.

Quasi la metà della produzione vinicola torinese è data dall’Erbaluce di Caluso, il prestigioso vino bianco della Provincia nord di Torino: 1.260.000 bottiglie nel 2015, in netto rialzo dalle 982.000 bottiglie prodotte nella difficile annata 2014, corrispondenti al 47,28%, questi i dati comunicati dal Consorzio di tutela durante l’Erbaluce Day, la manifestazione organizzata al Turin Palace Hotel di Torino in collaborazione con Confagricoltura Torino che, nella persona del Direttore Ercole Zuccaro, ha evidenziato come oltre l’80% della produzione sia assorbita dal mercato interno, mentre l’export sia concentrato principalmente negli USA e in Germania. Gian Luigi Orsolani, Presidente del Consorzio Caluso Carema Canavese, ha ribadito la necessità di insistere con la promozione del vino e del territorio sfruttando le opportunità messe a disposizione dai bandi comunitari, visti gli ottimi riscontri ottenuti nelle degustazioni da parte degli assaggiatori professionisti e del pubblico estero, auspicando che questa direzione venga perseguita. Un annullo filatelico, con l’immagine della Mole Antonelliana che si riflette specularmente in un calice di Erbaluce di Caluso messa gratuitamente a disposizione da Confagricoltura, ha arricchito questo tradizionale appuntamento dedicato alla DOCG torinese.

GRAND HOTEL GARDONE www.grandhotelgardone.it

COOPERATIVA PRODUTTORI ERBALUCE DI CALUSO www.produttorierbaluce.it

Dieci anni per un nuovo Prigioniero Nel settore agricolo il processo di riproduzione è particolarmente affermato: è sufficiente moltiplicare un frammento vegetale, come una radice o un ramo, per avere un prodotto dalle caratteristiche uniformi, sempre ripetibili. Per estendere la superficie del vigneto di Le


QUALITY News Prisonnier, Giorgio Anselmet deve invece dedicare ben dieci anni: selezionata la barbatella ‘genitorÈ si genera l’apparato radicale e tra selezione e clonazione sono necessari due anni di attesa affinché le barbatelle possano essere acquistate. Si procede poi con una piccola trivellazione, deponendo sul fondo del ‘foro’ uno strato spesso di torba morbida che impedisca l’impatto violento della barbatella con il terreno. Se poi tutto va secondo quanto previsto occorrerà attendere ancora tre anni per avere delle viti con un solido impianto produttivo, un paio di vendemmie per valutarne la reale qualità senza alcun risultato significativo in cantina e poi… In pratica passeranno dieci anni dall’idea al primo risultato con una sola certezza, l’assenza di certezze! La vigna di Le Prisonnier è però una vigna fortunata: impiantata secoli fa in quella posizione, non è stata espiantata e, riscoperta quasi per caso, è stata recuperata da agricoltori preparati. Bruna Cavagnet, moglie di Giorgio, commenta “La maestria che deriva dalla tradizione da sola non basta a migliorare. Il lavoro dei nostri nonni è stato importante, ma per noi è una partenza non un arrivo, deve aiutarci a farci dire: ecco come saremo e non ecco come eravamo!”. MAISON ANSELMET www.maisonanselmet.it

Arriva il primo RUCHè VEGAN Montalbera – Terra del Ruchè – è la prima azienda al mondo a certificare il Ruchè a Vegan. Anche in questo caso si pone come azienda innovatrice, pionieristica e scientificamente attiva anche nel segmento VEGAN. Non è una moda ma una scelta di produzione, intuiamo. Su una compagine aziendale di 160 h. in un unico appezzamento, 85 ettari sono dedicati alla produzione dell’autoctono Ruchè e 10 sono stati convertiti alla coltivazione VEGAN. “Siamo i primi produttori per quantità del Ruché di Castagnole Monferrato afferma Franco Morando titolare dell’omonima azienda, ed essendo i portabandiera della denominazione e interpretandolo in cinque differenti versioni, ci sembrava giusto dare spazio anche al pubblico esigente e sempre più numeroso di vegani”. Grande passione per la famiglia Morando nel lanciare e qualificare un piccolo vitigno autoctono del Monferrato, Il Ruchè. L’etichetta Ruchè DOCG VEGAN è alla prima annata di produzione 2014, e colpisce per la sua nota di rosa canina appassita, il frutto rosso, sentori di piccoli fiori di campo e una preziosa serbevolezza con una freschezza unica ed avvolgente. È il frutto di una vinificazione tradizionale con 10-12 giorni di permanenza delle vinacce a contatto con il mosto, maturazione in vasche di acciaio inox e un breve affinamento in bottiglia. AZ. AGR. MONTALBERA www.montalbera.it


QUALITY News Un “Diamant” per Villa Franciacorta Dalla storica azienda di Monticelli Brusati, zona collinare della Franciacorta dal suolo argilloso, marnoso e ricco di fossili, il Diamant - Pas Dosè Millesimato DOCG da uve Chardonnay 85% e Pinot Nero 15% - dal residuo zuccherino inferiore a 1,5 gr/lt. Si parte da una pigiatura soffice dell’uva intera con presse pneumatiche e successiva sedimentazione naturale a freddo, con la prima fermentazione alcolica svolta in serbatoi in acciaio inox a temperatura controllata di 18°. Imbottigliato nella primavera successiva all’anno della vendemmia, l’affinamento avviene parzialmente in barrique per 6 mesi e successivi 66 mesi di affinamento sui lieviti, nelle cantine interrate, ad una temperatura costante compresa tra 12° e 15°. Capace di crescente complessità e lunga e positiva evoluzione nel tempo, il prodotto ha grande serbevolezza e può essere degustato dopo anni dal dégorgement. È sicuramente un’importante espressione dell’unicità del terroir da cui proviene: grande struttura, fragranza, complessità aromatica e nerbo, un vino dalla spiccata personalità. Le nocciole e i fiori bianchi si uniscono ad una leggera nota di vaniglia e croissant per un risultato di inebriante piacere. Perfetto come aperitivo, trova in particolare nei piatti a base di pesce o molluschi la sua massima espressione, insuperabile con le ostriche. VILLA FRANCIACORTA www.villafranciacorta.it

Due CORONE Vinibuoni d’Italia per VINO LIBERO & Compagnia L’autorevole guida Vinibuoni d’Italia ha attribuito la CORONA, il massimo riconoscimento, al Barolo Riserva 2007 della Casa E. di Mirafiore di Serralunga d’Alba e all’Alta Langa DOCG Rosé 2011 di Agricola Brandini, giovane

cantina di La Morra. Un prestigioso riconoscimento che ha visto premiati due vini della distribuzione Vino Libero & Compagnia tra i 491 saliti sul gradino più alto del podio, sugli oltre 26.000 degustati dalla giuria. Grande soddisfazione tra le botti centenarie della cantina piemontese dove il Barolo Riserva viene prodotto solo nelle vendemmie migliori secondo la più rigorosa tradizione di Langa, unendo i vini provenienti da diversi vigneti di proprietà, situati nei comuni di Serralunga d’Alba e Barolo, la cui scelta può variare a seconda delle caratteristiche dell’annata. La lenta macerazione, che può durare fino a 50 giorni, ed il lungo processo di affinamento, per tre anni in botti di rovere di media e grande capacità (da 2.000 a 14.000 litri) e per ulteriori due anni, prima in tini di cemento, quindi in bottiglia, per un totale di 5 anni complessivi, consentono di anticipare lo sviluppo di aromi terziari ancor prima dell’imbottigliamento. Una punta di orgoglio anche a La Morra, dove l’Alta Langa DOCG di Agricola Brandini si è rivelato l’unico Alta Langa Rosè insignito del titolo. 2.000 le bottiglie prodotte, insieme a 100 magnum, per una tiratura limitata prestigiosa ed elegante. Un successo, quello dell’Alta Langa di Brandini, che si inserisce nella crescente ascesa degli spumanti Metodo Classico italiano che, come afferma Alessandro Scorsone, curatore nazionale della sezione, “…rappresentano il nuovo fiore all’occhiello dell’enologia italiana…” CASA E. di MIRAFIORE & FONTANAFREDDA www.mirafiore.it AGRICOLA BRANDINI www.agricolabrandini.com


di Laura Maggi - Segretario Nazionale FISAR, segretario.nazionale@fisar.com

La Segreteria Nazionale comunica ®

Sorseggiando una bollicina mi trovo a pensare come è arrivata in fretta l’estate e quanti mesi sono già passati dalla mia nomina. Tanti i mesi trascorsi, tanti i progetti ripresi o iniziati, tanto il lavoro ancora da fare.

FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER

L

ALBERGATORI

R I S T O R A Tha ORI Nazionale

a Segreteria proseguito il proprio lavoro anche nel mese di agosto, concedendosi solo la settimana di Ferragosto di ferie, per preparare le attività autunnali di FISAR. Un autunno ricco di appuntamenti istituzionali per i Soci e di eventi che vedono consolidata la presenza dei sommelier FISAR.

aspetta nei luoghi più belli della

aprirsi non solo ai Soci ma anche

città di Torino e FISAR sarà

a tutti i wine lovers con VINO È,

presente con i propri sommelier

due giorni di degustazioni ed

nei vari stand e con uno spazio

eventi nella prestigiosa Stazione

istituzionale nel cortile di Palazzo

Leopolda con la presenza di 100

Reale.

aziende selezionate da FISAR sul

Il 15 ottobre ci spostiamo

territorio, degustazioni guidate

a Montecatini Terme per la

di grandi vini ed interessanti

degustazione dei vini premiati

momenti di incontro. Il Congresso

dalla guida Slow Wine 2017 con

Nazionale sarà anche il palco per

Iniziamo il 17 e 18 settembre con il corso C&D Comunicazione e Degustazione ospitato nella stupenda cornice del Forte di Bard (Aosta) che, visto il grande numero di richieste pervenute in Segreteria Nazionale, è stato duplicato nel C&D bis che si tiene in contemporanea. Dal 22 al 26 settembre Terra Madre Salone del Gusto ci

il servizio curato dai sommelier

la proclamazione del vincitore del

FISAR. A tutti i Soci FISAR è

concorso Progetta la Tessera

riservato uno sconto di 10 Euro

FISAR 2017 e del Miglior

per l’acquisto online del biglietto di

Sommelier dell’anno FISAR 2016.

ingresso. Infine, il 12 e 13 novembre il più

Tante altre le attività alle quali sta

importante appuntamento FISAR

lavorando il Consiglio Nazionale

dell’anno: il Congresso Nazionale

con il supporto della Segreteria

ospitato, quest’anno dalla mia

che vi comunicheremo nei prossimi

Firenze. Il Congresso Nazionale

mesi con le circolari e con la FISAR

avrà una nuova veste che lo vedrà

News.

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In FAMIGLIA - Le notizie dalle Delegazioni Notizia inviata da Ferrari Giulia della Delegazione FISAR Alessandria

Benvenuta Estate!... Con i neo sommelier Fisar di Alessandria

M

etti una sera d’estate, una Delegazione di sommelier e una location come Villa Sparina, Monterotondo, Gavi. L’azienda dei fratelli Moccagatta, leader nella produzione del Gavi di Gavi DOCG, è un complesso comprendente anche il relais “L’Ostelliere” e il ristorante “La Gallina”, al centro di un anfiteatro naturale di colline baciate dal sole fino al tramonto. Abbiamo preso quasi l’abitudine a ritrovarci qui nei mesi estivi per salutarci e condividere un po’ di tempo insieme, sorseggiando un calice. con vista! Quest’anno durante l’evento abbiamo voluto anche consacrare i neo sommelier del corso di Acqui

Terme, consegnando degli attestati e i tanto agognati tastevin. La serata è poi proseguita con la visita alla suggestiva cantina sotterranea e con un ricco buffet preparato dalla cucina del resort. Ecco i neo sommelier, complimenti a: Gaia Colonna, Evelina Cerruti, Stefania Giacalone, Federico

Garrone, Silvia del Piano, Luca Corolla, Ilaria Cagno, Filippo Genzano, Giorgio Genzano, Andrea Pestarino, Marco Sattin, Luca Songia, Pietro Delorenzi. Un ringraziamento speciale a Villa Sparina per aver offerto i vini della serata e per la bella collaborazione da sempre in essere.

Notizia inviata da Catia Minghi della Delegazione FISAR Civitavecchia e Costa Etrusco Romana

Obiettivo raggiunto per i 10 neo Sommelier!

C

alici di stelle e panorama mozzafiato all’Hotel San Giorgio a Civitavecchia per festeggiare i neo sommelier a conclusione di un percorso iniziato circa un anno fa. Con l’occasione sono stati consegnati anche gli attestati di primo livello ai 23 corsisti che a partire da febbraio 2016 hanno iniziato il percorso di avvicinamento all’affascinante mondo del vino. Ad ospitare l’evento l’elegante Roof Garden e la sua splendida terrazza panoramica con vista mare dell’Hotel San Giorgio, 78

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sede in cui la nostra delegazione tiene i corsi. I vini biologici della Cantina Castello di Torre In Pietra, hanno accompagnato le pietanze del menu, realizzato dallo Chef Giovanni Del Prete, che hanno deliziato vista e palato degli ospiti e precisamente: cheese cake di Baccalà Gadus Morhua (Morro) con maionese di lamponi (Malvasia Puntinata DOC ROMA) – Risotto al profumo di lime con tartare di gamberi rossi di Mazara del Vallo (Vermentino Costa Etrusco Romana IGT) – Filetto di spigola su crema di zucchine alla scapece

(Fiano Macchia Sacra Costa Etrusco Romana IGT) – Millefoglie di pasta fillo croccante con mousse di cioccolato bianco e lamponi (Moscato d’Asti DOCG – I Vignaioli di S. Stefano). A consegnare il tastevin, il pin e gli attestati ai neo sommelier, il Consigliere Nazionale F.I.S.A.R. Giovanni Elce Fabbretti e Responsabile di Zona del CTN Franco Rossi, insieme al Delegato Antonio Vaia e al Direttore del corso Marco Braccini. Ai nuovi sommelier vanno le nostre congratulazioni!


Notizia inviata da Aldo Mussio della Delegazione FISAR Firenze

Artigiani della convivialità

L

a Delegazione Fisar di Firenze si è resa protagonista di un ciclo di incontri che si sono tenuti durante l’Ottantesima Mostra Internazionale dell’ Artigianato a Firenze presso lo stand “Le Delizie di Leonardo” dedicato alle eccellenze enogastronomiche gestito da Leonardo Romanelli. Gli incontri, tutti assolutamente gratuiti, hanno visto i nostri sommelier e relatori impegnati nel presentare le maggiori zone di eccellenza vitivinicola italiane davanti ad una platea sempre al completo. Le

serate hanno affrontato vari temi tra i quali possiamo annoverare il nostro amatissimo Sangiovese, tuttavia è stato concesso spazio anche ad altre realtà come i vini di Cortona, passando per i bianchi e i vitigni internazionali coltivati anche nella nostra regione. Fantastica l’accoglienza di un pubblico eterogeneo, incuriosito e partecipe, che non ha lesinato domande durante le presentazioni. Fisar si è dimostrata come sempre capace di svolgere al meglio il proprio lavoro sia didattico, nelle

presentazioni adatte a un pubblico composto in buona parte da neofiti, sia professionale col servizio dei vari sommelier e degli assistenti. Prova ne è la risposta presente di un ampio pubblico che si è lasciato coinvolgere piacevolmente durante le presentazioni e le degustazioni guidate anche con simpatici interventi. Diffondere la cultura del vino con professionalità, passione e convivialità si sono dimostrate ancora una volta le chiavi del successo della nostra Associazione.

Notizia inviata da Maria Grazia de Lucia della Delegazione FISAR Manziana Monti Sabatini

FISAR MANZIANA SBARCA IN EUROPA

E

sperienze internazionali per Fisar Manziana Monti Sabatini. Nello splendido territorio del lago di Bracciano, che vi invitiamo a visitare, si muove ed opera la nostra Delegazione. In virtù del gemellaggio che lega da cinque anni il comune di Bracciano a quello di Neusäß, Monaco di Baviera, a fine maggio un folto gruppo di cittadini tedeschi, guidati dal borgomastro in persona Richard Greiner, è arrivato per il consueto scambio di ospitalità. Per l’accoglienza, in base ai loro desideri, ci siamo mobilitati volentieri anche noi. E così, con la pronta disponibilità del Consorzio del Lago, il 28 maggio tutti a bordo della motonave Sabazia II per godere di una degustazione di vini abbinati a prodotti locali con lo sfondo

di un paesaggio incantevole, degno dei racconti di Goethe. Piacevolmente colpiti i nostrl amici tedeschi, alcuni alla loro prima degustazione, coinvolti attivamente grazie alle preziose indicazioni di Paolo Peira, enologo competente e appassionato. Incessanti gli apprezzamenti, tanto che la Delegazione è stata

invitata alla Festa della città in programma a Neusäß nel 2017. Ancora grazie al gemellaggio, in marzo ci siamo recati in Francia, invitati dal comune di Chatenay-Malabry (Ile de France), per un evento musicale dedicato ai giovani di entrambi i paesi allietando la serata con una degustazione di vini italiani

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abbinati a formaggi francesi. Esperienza inedita e positiva. Accoglienza meravigliosa, entusiasmo e partecipazione

l’hanno presto trasformata in un evento nell’evento anche per i più giovani. Graditi gli apprezzamenti in terra francese per l’iniziativa.

Protagonista, ancora una volta, il vino, magico creatore di atmosfere e parte viva nello scambio culturale che fa crescere l’Europa.

Notizia inviata da Laura Grossi della Delegazione FISAR Milano

DEGUSTAZIONI E SCIABOLATE AD ALTA QUOTA

U

n itinerario enogastronomico lungo la Route des Vins alla scoperta dei vini di montagna e della viticoltura eroica in un territorio unico tra le vette più alte d’Europa. FISAR Milano, nel corso del Weekend in Val d’Aosta organizzato lo scorso 11 e 12 Giugno, ha esplorato la più piccola regione d’Italia partendo da Maison Anselmet, a Villeneuve, che

ha gettato le basi della viticoltura valdostana e che oggi spicca per Le Prisonnier, il vino di punta da Petit Rouge coltivato su terrazze “imprigionate” (da qui il nome) da pareti rocciose. Ha raggiunto poi la Cantina di Ermes Pavese in Alta Valle a Morgex che vanta i vigneti più alti d’Europa, fino a quota 1.200 mt, dove si coltiva il vitigno autoctono Prié Blanc che dà vita ai noti Blanc de Morgex et de La Salle, per concentrarsi poi sulle Cantine Cooperative. Queste ricoprono un ruolo di fondamentale importanza in Val d’Aosta poiché, grazie a loro, la tradizione vitivinicola locale è stata rilanciata: ne sono un esempio La Kiuva (ad Arnad, a sud della Dora Baltea, che ha

valorizzato il Picoutener), CoEnfer (ad Arvier, che impiega soprattutto Petit Rouge) e Cave Mont Blanc. Quest’ultima è nota per le “Bollicine dei Ghiacciai”, vini spumanti da uve Prié Blanc, frutto di un processo di lavorazione straordinaria in altura a cui FISAR Milano ha reso omaggio con una speciale degustazione a doppia quota (lungo le stazioni dell’avveniristica Funivia del Monte Bianco per scoprire le differenze organolettiche di uno stesso vino degustato ad altitudini particolarmente differenti: 2.173 mt e 3.466 mt), e con una sciabolata a un passo dal cielo a Punta Helbronner ammirando un impagabile panorama mozzafiato sul Tetto d’Europa.

Notizia inviata da Laura Grossi, foto di Gianpaolo Di Lernia della Delegazione FISAR Milano

SUA MAESTà IL RIESLING CHE VIEN DALL’AUSTRIA

O

riginario della regione della Mosella, il Riesling è considerato un vitigno internazionale apprezzato per la sua raffinatezza ed eleganza, per la sua spiccata acidità e per la sua capacità di maturazione. Guidati da Willi Klinger, AD dell’Austrian Wine

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Marketing Board, i partecipanti alla Degustazione di Riesling Austriaci, organizzata da FISAR Milano lo scorso 12 maggio, hanno scoperto le molteplici sfaccettature di questo vitigno attraverso la degustazione di 18 riesling in purezza accompagnati da varietà di pani tradizionali della Panetteria


Resch & Frisch. L’esplorazione delle eccellenze è partita dalle regioni del Niederosterreich, Bassa Austria, quali Kamptal (zona vinicola più significativa con ripidi pendii e sottosuolo formato da “loess” – sabbia di sedimenti rocciosi portata dal vento – dove si vinificano vini potenti, minerali e con potenziale di invecchiamento) e Kremstal (con vigneti su terreni granitici e

vini che sono il risultato di notevoli escursioni termiche); a seguire, una piccola incursione nella capitale Wien e nella regione di Wagram. Il viaggio è proseguito nel Sudsteiermerk, Stiria, con terreni ricchi di gesso, sabbia e ciottoli e vini che si contraddistinguono per aromi più rotondi e meno aspri, per raggiungere infine la regione di Wachau, la più spettacolare dal punto di vista

paesaggistico nonché Patrimonio UNESCO, dove un complesso sistema di fattori climatici sviluppa intense aromaticità; inoltre, con affinamenti prolungati, gli aromi fruttati lasciano il campo ad aromi più complessi che spesso virano verso richiami di idrocarburi. Gli abbinamenti suggeriti? Pesce alla griglia, trota alla mugnaia e pollo al forno croccante. Prosit!

Notizia inviata da Paola Busto della Delegazione FISAR Milano

VININVILLALITTA: L’ARTE DEL VINO CHE CONQUISTA

U

n successo riconfermato per la quinta edizione di ‘VINinVILLALITTA’. Anche quest’anno 1.800 visitatori hanno fatto tappa a Lainate (MI) nella storica dimora in occasione della due giorni (28-29 maggio 2016) dedicata alla cultura del buon vino, organizzata da Agriquality by Unimarket, con il patrocinio del Comune e la preziosa collaborazione dei Sommelier di Fisar Milano guidati da Emiliano Marelli. La rassegna, che di anno in anno si pone l’obiettivo di fare crescere interesse e sensibilità attorno a una delle eccellenze italiane (in degustazione 101 etichette), ha fatto rivivere in Villa lo spirito di ‘divertissement’ tanto caro agli antichi Conti, ricercatori di bellezza, qualità e raffinatezza. Accolte con grande interesse anche le novità dell’edizione 2016: 4 percorsi guidati di approfondimento in compagnia degli esperti sommelier Fisar Milano che hanno accompagnato i presenti in un viaggio multisensoriale. Da ‘Le declinazioni

del Nebbiolo... dal Barolo allo Sforzato’ ai Grandi Passiti Italiani, allo ‘Chardonnay dalle Alpi alla Sicilia’, per concludere con ‘I ‘rÈ della Valpolicella: gli Amaroni’. “Anche quest’anno confermate le attese – ha commenta Marco Cribiù di Agriquality – Sono stati molti i visitatori consolidati che sono tornati dopo le esperienze positive degli anni precedenti. Un

riconoscimento al nostro impegno orientato a far conoscere qualità e territori italiani attraverso il mondo del vino. Un ringraziamento particolare va ai 20 sommelier Fisar che ci hanno supportato con grande professionalità. Le novità che abbiamo introdotto sono solo il preludio di tante nuove idee che presto annunceremo!”. Info: www. agriquality.it

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Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione FISAR Pisa e Litorale

Benvenuta Estate

S

i è tenuta, sulla panoramica terrazza dell’hotel Plaza de Russie di Viareggio, la tradizionale cena d’Estate,

organizzata dalla Sommelier Liana Benini. Lo chef Luca Landi ha proposto un percorso gastronomico e culturale con grande competenza, guidando e stupendo i commensali con professionalità, attenzione e gentilezza, alla scoperta di sapori antichi con nuovi abbinamenti. Che dire delle Cozze in scapece servite col gelato di pomodoro e limone? O la tartare di tonno e citriolo col mantecato di baccalà? Per passare poi alla composizione di pesci, crostacei e molluschi, tipo cacciucco? Scenografica l’esplosione di Ravioli al branzino e maggiorana

come sublime il trancio di Ombrina di palamito arrostito in ortolana servito a millefoglie. Per dessert: gelato di Nasturzio, biscotto al pino e mousse d’avocado. I piatti sono stati tutti spiegati con puntualità e cura amorevole. Il Sommelier Massimo Marchi ha servito il prosecco Ca’ Bertaldo DOCG, Vermentino Litorale, Villa Antinori Bianco e Moscato Prunotto, Al termine il delegato Fabrizio Macchia ha consegnato allo chef Landi, stellato Michelin, il gagliardetto FISAR, tra gli applausi di tutti gli astanti.

Notizia inviata da Enrico Benzi della Delegazione FISAR Varazze

Consegna attestati di 3° livello

N

ella splendida cornice dell’Hotel El Chico di Varazze, sabato 23 aprile, si è svolta la cerimonia di consegna degli attestati e tastevin ai neo sommelier. Grazie della presenza del vice presidente Filippo Franchini, di Massimo Volpe, dei componenti della commissione d’esame Carla Moretto, Brunello De Belath, Vittorio Frabetti. Sponsor della serata il panificio Giordano, l’azienda vinicola campana Torricino per la fornitura dei vini Falanghina, Greco e Fiano e l’azienda Villa Domizia per l’Incrocio Manzoni 6.013. Orgogliosa la nostra direttrice del corso, Donatella Ribaudo,

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ha consegnato gli attestati, con il Delegato Enrico Benzi a: Azzurro Federico, Baydyuk Anna, Cora Paolo, Iurato Roberta, Maio Gabriele, Melis Ylenia,

Pallotta Alessandro, Pedersoli Massimo, Pizzi Marcello, Simonetti AnnaPaola, Siri Bruno, Vaggi Marco, Venuti Daniela. Congratulazioni!


Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione FISAR Pisa e Litorale

A Pisa si consegnano gli attestati di 3° livello

B

ella conviviale al Marine One di Marina di Pisa per la consegna degli attestati di fine corso per sommelier, alla presenza del Delegato Fabrizio Macchia e dei consiglieri Liana Benini, Antonio Malvaldi e Salvo Pulvirenti. La cena presentata dal proprietario Chef Stefano Micheletti, cucinata insieme ai figli, ha proposto come entrèe un gustoso Strudel di Scorfano su letto cacciuccato seguito dal Risotto al nero di seppia mantecato con scamorza affumicata e radicchio rosso. Pezzo forte della serata la Tagliata di Tonno rosso con ananas, pescanoce e melone su misticanza. Come dessert un caldo sformatino al cioccolato e peperoncino. Il servizio vini è stato ottimamente effettuato

dal Sommelier Piero Ristori che ha abbinato in ordine: Vermentino dei Colli di Luni, Pinot Grigio di AzzoniAvogadro, Trinus La Cura,bland di Chardonnay, Malvasia,Vermentino barricato 4 mesi, di Massa Marittima e per finire Moscato d’Asti di Castelnuovo Belbo. Il Delegato nel salutare I corsisti ha illustrato brevemente le peculiarità del sommelier e la “mission” cui sono chiamati a svolgere con passione ed amore, ricordando loro che lo studio e la conoscenza non terminano col terzo livello, ma che il mondo enoico è sempre in continua evoluzione e la FISAR lo segue con puntualità e costanza. Ecco I nomi dei corsisti: Biagini Monica, Bianchi Marco, Bimbi Elena, Bosio Andrea, Buti

Fabio, Cutelli Lorenzo, Evtyukin Ivan, Lupetti Matteo, Marcheschi Michele, Marroni Elena, Polini Marco, Puschi Matteo, Rossali Mario, Scilingo Enzo Pasquale.

Notizia inviata da Lara Pradal della Delegazione FISAR Treviso

“PROSA: PROSECCO E ROSA” CON FISAR TREVISO

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na limpida serata estiva, un panorama mozzafiato, una location elegante e magica, le colline del Conegliano Valdobbiadene DOCG, i vigneti e il rosa che tutto avvolge e poi … il Prosecco, il Rosè e FISAR Treviso! Tutto questo in un solo appuntamento, sabato 9 Luglio, presso la splendida cornice di Ca’ del Poggio Ristorante & Resort, dove oltre quaranta aziende vitivinicole di eccellenza del territorio hanno presentato i loro prodotti ad un vasto pubblico di estimatori e appassionati. A contribuire all’ottima riuscita

della serata che, giunta alla sua terza edizione ha registrato il sold out, anche l’esperienza e la professionalità dei sommelier FISAR della Delegazione di Treviso in servizio. Il Prosecco e i Rosè i veri protagonisti: vini vocati per le serate estive e adatti a dare un tocco di brio ad ogni momento di convivialità. Bollicine e non solo tuttavia … ad accompagnare la grande selezione di vini, vi era infatti, un menù attento alla valorizzazione dei presidi Slow Food quali: il mais Biancoperla, il riso di Grumolo delle Abbadesse e la Pitina friulana, solo per citarne

alcuni. Attenzione alla qualità che oramai è tradizione a Ca’ del Poggio, dove la serata non poteva che concludersi con un tripudio di fuochi d’artificio, rigorosamente P… ROSA.

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Notizia inviata da Lara Pradal della Delegazione FISAR Treviso

FISAR Treviso festeggia i suoi NEO SOMMELIER

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ongratulazioni ai nuovi Sommelier della Delegazione di Treviso che hanno brindato al raggiungimento dell’ambito traguardo e sono diventati a tutti gli effetti Sommelier FISAR. … Benvenuti nella nostra famiglia! Serata ricca di emozioni quella del 27 Maggio scorso quando, presso il ristorante “Da Gigetto””la Delegazione FISAR di Treviso ha consegnato ai suoi corsisti il tanto atteso attestato. Tra sublimi portate e ottimi vini, del panorama nazionale ed estero, la serata ha regalato molti momenti indimenticabili, primo tra tutti

la consegna del tastevin. A “incoronare” i nuovi Sommelier il Delegato Roberto Donadini e il Presidente Nazionale Graziella Cescon, gradito ospite della Delegazione. Complimenti a tutti i neo Sommelier e al direttore di corso Davide Piai che oramai

segue gli aspiranti con esperienza e professionalità, ma soprattutto con passione, da diversi anni. Il viaggio in FISAR è ora iniziato e vi assicuriamo sarà ricco di passione, cultura, spirito di aggregazione e … tante buone occasioni per divertirsi e crescere insieme!

Notizia inviata da Alessandra Maccanti della Delegazione FISAR Montecarlo

NUOVI SOMMELIER A MONTECARLO

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a “famiglia” della Delegazione di Montecarlo si arricchisce di nuovi sommelier. Questi i nomi: Arianna Angeli, Elena Barni, Luciano Cioci, Fabrizio Faraca, Marco Meucci, Iacopo Pacini e Lorenzo Sorci. Martedì 19 luglio scorso, al termine di una cena deliziosa che Chef Marco dell’Osteria del Vento

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di Montecarlo ha pensato per l’occasione, sono stati festeggiati dal Consiglio, dagli amici, parenti e dai corsisti che la sera stessa hanno ricevuto l’attestato di Secondo Livello. I neo sommelier, comprensibilmente emozionati, hanno ricevuto il prezioso tastevin dalle mani del nostro Delegato, Giorgio Bimbi che ha ricordato come essere sommelier non sia un punto di arrivo ma solo un obiettivo raggiunto che apre le porte a nuove esaltanti prospettive di crescita personale e professionale. Immancabili i ringraziamenti ai Direttori di Corso e doveroso il riconoscimento alle nostre tutors WinÈs Angels Claudia Carlini e Daniela Monari che con grande impegno hanno supportato gli

studenti lungo tutto il viaggio fino all’esame. Una frase era impressa sul menu che accompagnava la cena “È una sensazione stupenda sapere che avrai successo indipendentemente dalla situazione, indipendentemente dal punteggio. Vincerai perché hai investito tutto il tuo tempo, tutto il tuo sforzo, tutto il duro lavoro e sai che sarai ricompensato”; con questa consapevolezza ripartiamo tutti, con nuovi corsi e nuove iniziative in attesa di festeggiare a gennaio altri sommelier. Forza ragazzi: Andrea, Silvia, Gionata, Maurizio, Emiliano, Marco, Alessandro, Costantino, Michele, Gionata, Nicola, Pieregidio, Francesca, Giuliana, Paola, Gabriele, adesso tocca a voi!


Notizia inviata da Fabio Ciarla della Delegazione FISAR Roma e Castelli Romani

Attestati e Tastevin per 13 nuovi sommelier di Roma e Castelli Romani

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ono 13 i nuovi sommelier FISAR formati a Velletri dalla Delegazione di Roma e Castelli Romani, superati gli esami di fine aprile hanno quindi ottenuto l’attestato di qualifica e l’ambito tastevin: Sandro Astolfi, Claudia Biagi, Mirko Bongianni, Cristina Cedroni, Ivo De Sanctis, Matteo Di Carlo, Marco Fabiano, Alina Gherasim, Giorgia Gomez, Natalia Scarnicchia, Danilo Sciarra, Francesco Sclafani e Leonardo Sichi. La cerimonia di consegna degli attestati per il secondo corso interamente formato a Velletri si è tenuta lo scorso 27 maggio con

una splendida serata presso il ristorante Benito al Bosco, del noto chef Benito Morelli, alla presenza del Delegato Filippo Terenzi, del Segretario di Delegazione Antonio Mazzitelli e della Consigliera Angela Maglione. Felici e soddisfatti tutti i neo-sommelier, così come lo staff Fisar che ha accompagnato la crescita del gruppo, insieme ai già citati membri del consiglio va sicuramente ricordato quindi anche Paolo Pietromarchi, direttore di corso a Velletri. Serata di festa dunque, ma anche di bilanci – positivi – per l’attività Fisar ai Castelli Romani, che continua a crescere e che ha

già programmato la partenza di un nuovo corso di primo livello per il prossimo mese di ottobre. Di sicuro i 13 nuovi sommelier saranno ulteriori ambasciatori di un movimento che si sta imponendo per serietà e voglia di fare su tutto il territorio.

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Notizia inviata da Fabio Cabianca della Delegazione FISAR Venezia

CONSEGNATI GLI ATTESTATI DI PRIMO LIVELLO CORSO DI VENEZIA CITTà

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i è svolta nella serata del 6 giugno scorso nel suggestivo giardino interno dell’Hotel Ai Reali di Venezia a pochi passi dal ponte di Rialto, la consegna degli attestati di primo livello ai soci che avevano frequentato il corso organizzato nel centro storico veneziano. Erano una trentina i soci presenti accompagnati da amici e parenti, tutti invitati per un aperitivo stile veneziano per trascorrere assieme un piacevole momento

conviviale che si è concluso con la consegna dei meritati attestati. Alla serata hanno partecipato oltre al delegato di Venezia Lorenzo De Rossi e al Responsabile di Zona Lucio Chiaranda, anche Anna Cardin, la miglior sommelier FISAR 2015. Sono stati loro unitamente al DCFS a consegnare ai corsisti gli attestati ottenuti con impegno e partecipazione a tutte le lezioni del corso. Durante la serata sono stati molti gli apprezzamenti rivolti dai soci-corsisti all’insieme

dello staff docente FISAR e alla direzione del corso a cui è stata riconosciuta grande capacità professionale nell’aver coinvolto tutti i partecipanti durante i mesi in cui si sono svolte le lezioni. La serata si è conclusa con un brindisi generale e con l’auspicio che dopo l’estate molti dei corsisti vogliano continuare con FISAR Venezia questa esperienza nel mondo del vino partecipando al corso di secondo livello.

Notizia inviata da Fabio Cabianca della Delegazione FISAR Venezia

Il Prosecco dell’Azienda “Nino Franco”

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l 6 maggio 2016 è una data che rimarrà impressa per molto tempo nei ricordi di una trentina di soci della Delegazione di Venezia che nella suggestiva location messa a disposizione dall’Hotel “Ai Reali” in centro storico a Venezia, hanno partecipato ad una degustazione unica di un vino conosciuto in tutto il mondo: il Prosecco prodotto dall’Azienda Nino Franco, presenza ormai storica nelle colline di Valdobbiadene, oggi magistralmente condotta dal nipote e titolare Sig. Primo Franco. Il Signor Primo ha coinvolto i presenti raccontando la storia della propria famiglia che si intreccia necessariamente con la storia dei suoi vini e di come l’insieme di professionalità e creatività

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presenti nel lavoro dell’Azienda hanno consentito la produzione di un Prosecco dal carattere sorprendente, contribuendo a far cadere molte delle convinzioni “scontate” su questo vino. I vini dell’Azienda Franco sono la chiara dimostrazione che se non tutti i vini bianchi sono adatti all’invecchiamento esistono però delle eccezioni che rompono questa regola generalista. Protagonista della serata veneziana è stato il “Primo Franco Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG” di cinque annate differenti. Una verticale raccontata con passione dal Sig. Primo che ha ripercorso in modo entusiasmante con Anna Cardin, Miglior Sommelier FISAR d’Italia 2015, i 24 anni di storia della sua

produzione. Dal 2015 e attraverso le annate 2013-2005-2003-1997, Anna e Primo sono approdati alle bottiglie di Prosecco del 1992 attraverso un lungo percorso fatto di sensazioni dalle mille sfumature. I soci hanno degustato anche le due proposte di Prosecco tipologia brut: il Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Vigneto della Riva di San Floriano 2015 e il Grave di Stecca Brut 2012. A fine serata un caloroso applauso dei soci ha ringraziato il Sig. Primo Franco (e la figlia Silvia che lo assiste in azienda) per aver consentito che quello che inizialmente poteva sembrare un “azzardo” si trasformasse in una grande scoperta del vino Prosecco di Nino Franco.


Notizia inviata da Elisa Lucano della Delegazione FISAR Venezia

Nuovi Sommelier a Venezia

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ella cornice dello storico “Ristorante al Graspo de Ua” tra le calli di Venezia, ed ai piedi del ponte di Rialto, si è svolta martedì 31 maggio la serata conclusiva di un brillante percorso didattico, che ha permesso a 10 corsisti della nostra delegazione di ricevere l’agognato tastevin. La consegna degli attestati si è svolta in un clima festoso ed emozionante, ed è stata resa ancora più gradevole dai piatti

della cucina veneziana preparati dallo chef e dalla presenza del direttivo Fisar, del relatore Giannantonio Puppin e dei soci intervenuti. Ai nuovi sommelier Cristiana Albisinni, Francesca Balzarin, Consuelo Bidorini, Fabrizio D’Avino, Marianna De Giudici, Nicolò Frigerio Zeno, Francesco Molinari, Pier Jacopo Petris, Gabriele Scalvini e Luca Spezzamonte diamo il nostro caloroso benvenuto, augurando

loro che questo sia solo l’inizio del viaggio nel mondo del vino.

Notizia inviata da Corrado Pasqualin della Delegazione FISAR Vercelli e Novara

Consegna attestati ai nuovi sommelier

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ercoledì 20 aprile 2016 presso la Locanda “Villa Cavalleri” di Gattinara alla presenza del Sindaco della città Avv. Daniele Baglione, si è svolta la consegna degli attestati per i corsisti di Gattinara. Con grande soddisfazione il

Delegato Claudio Valenza e il direttore di corso Simone Antonietti hanno premiato tramite la consegna del simbolico tastevin i neosommelier: Aller Doris Edeldratud, Apicella Aniello, Balsarini Christian, Barbero Marco, Berteletti Valentina, Boisio Edoardo, Bruschi Samuel,

Francia Roberto, Galliano Augusto, Iulita Davide, Mascazzini Pietro, Raviciotti Alberto, Raviciotti Andrea, Torta Davide, Trapella Simone, Vitali Marco, Zilio Giancarlo. Durante la serata sono stati consegnati, inoltre, gli attestati del corso di secondo livello tenutosi a Gattinara. Doverosi ringraziamenti al Sindaco per la sua presenza, alla famiglia Salvadego titolari di Villa Cavalleri per la cortesia ed il servizio svolto, a tutti i soci ed amici presenti alla manifestazione e ad Eugenio Bigliocca che ha condotto la serata presentando una selezione di vini Francesi, abbinati al menù proposto, importati direttamente dalla propria azienda. Congratulazioni ai nuovi sommelier e complimenti a tutta la delegazione per il lavoro svolto.

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Notizia inviata da Lorella Menegolli della Delegazione FISAR Verona

La delegazione di Verona consegna gli attestati

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uest’anno la Delegazione Fisar di Verona ha scelto di festeggiare la fine dell’anno accademico nella splendida “Tenuta Preella Lamberti” di Cavaion. La cornice non poteva essere più

appropriata. La casa colonica, che ospita il ristorante, è immersa nel verde di estesi vigneti e olivi secolari che producono il rinomato vino Bardolino e il profumato olio extra vergine del Garda; l’ottima cucina offre piatti della tradizione

abbinati a vini locali. In questo splendido contesto, si è svolta la consegna degli attestati di primo e secondo livello, nonché la consegna dell’attestato di qualifica e del tastevin ai neo-sommelier. Ai nuovi colleghi, e agli aspiranti sommelier, vanno le congratulazioni di tutta la Delegazione ed in particolare di Gianni Vincenzi e Elsa Menegolli, direttori di corso, che li hanno accompagnati durante tutto il loro percorso di studio. La Delegazione di Verona è lieta di riscontrare interesse e partecipazione sempre maggiori ai corsi e invita tutti i soci a seguire la numerose attività culturali e degustazioni che si svolgeranno anche durante l’estate, perché il buon vino e la buona compagnia fanno di Fisar una grande squadra!

Notizia inviata da Emma Lami della Delegazione FISAR Valdichiana

Itinerari divini nel paese di Ezio Marchi, padre della Chianina

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a Delegazione FISAR Valdichiana è stata impegnata dal 27 maggio al 5 giugno 2016 nel progetto ITINERARI DIVINI che l’ha vista affiancare Gli Amici della Chianina all’interno della XII edizione de “La Valle del Gigante bianco”.La delegazione si è attivata, nei vari momenti della manifestazione, nella pubblicizzazione e valorizzazione del marchio FISAR attraverso l’allestimento di uno stand,la 88

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presenza attiva ai due Convegni Istituzionali in programma: LA GRANDE DISFIDA DELLA CHIANINA e PEPERONCINO AMORE,MIO… , la presenza di soci in divisa ufficiale a STALLE APERTE. All’interno dello stand i nostri sommelier hanno messo a disposizione dei visitatori la propria professionalità e competenza con guida alla degustazione dei vini dei Consorzi CHIANTI CLASSICO, CHIANTI, BRUNELLO

DI Montalcino, NOBILE di Montepulciano,ORCIA doc ,CORTONA doc , VALDICHIANA doc in abbinamento a prodotti alimentari del territorio. L’evento ha fatto registrare la presenza di personaggi illustri nel settore dell’enogastronomia, dell’Università di Firenze, del giornalismo e della politica ed ha avuto attraverso media e collaboratori del settore una proficua pubblicità.


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l Congresso Nazionale FISAR 2016 sarà accompagnato da VINO È presso Stazione Leopolda Firenze che vedrà due giorni di degustazioni ed eventi con la presenza di 100 aziende selezionate da FISAR sul territorio, degustazioni guidate di grandi vini ed interessanti momenti di incontro per i Soci e per tutti gli appassionati. La Cena di Gala si svolgerà presso il prestigioso Hotel Four Seasons. Cucinerà per noi lo Chef Vito Mollica premiato con una Stella Michelin. Le opzioni per la partecipazione al Congresso Nazionale FISAR 2016 saranno acquistabili sul sito www.vinoe.it a partire dalla metà di settembre 2016. Tutti i soci saranno avvisati dell’inizio delle vendita con la FISAR News inviata per email dalla Segretaria Nazionale

Pernottamento venerdì 11 novembre 2016 in camera dus Pernottamento venerdì 11 novembre 2016 in camera doppia* Cena venerdì 11 novembre 2016 Pernottamento sabato 12 novembre 2016 in camera dus Pernottamento sabato 12 novembre 2016 in camera doppia* Pranzo sabato 12 novembre 2016 Cena di Gala Four Seasons sabato 12 novembre 2016 Pranzo domenica 13 novembre 2016 Biglietto giornaliero di ingresso Vino È Stazione Leopolda Tour centro storico e visita Museo degli Uffizi

€ 110,00 € 65,00 € 30,00 € 110,00 € 65,00 € 30,00 € 100,00 € 25,00 € 10,00 € 25,00

* Il pernottamento in camera doppia può essere venduto solo per minimo 2 persone.

Vi invitiamo a rimanere aggiornati sull’evento VINO È e sul congresso Nazionale FISAR consultando il sito www.vinoe.it e la pagina Facebook www.facebook.com/ vinoefisar


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Periodico Trimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/03 conv. Legge n. 46 del 27/2/04 art. 1, comma 1, Aut. MBPA/CN/P/0006/2016

Rivista di enologia, gastronomia e turismo - Anno XXXIV n. 3 - 2016

Anno XXXIV - Numero 3 - 2016 - Dir. Resp. Roberto Rabachino - Reg. Trib. Pisa n. 21 del 15.11.1983 - Lg. 47/1948

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