Il Sommelier nr.6/08

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Anno XXVI - Numero 6 - Novembre-Dicembre 2008

IN QUESTO NUMERO: • Premio Casato Prime Donne • Campania: due grandi bianchi D.O.C.G. • Degustazione Vini forgiati dal fuoco • Divinando: Trionfa Treviso

ISSN 1826-6533

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L’opinione del Presidente - Vittorio Cardaci Ama Uva e bellezza - Roberto Rabachino L’opinione di Marcello Masi - Marcello Masi News dall’Italia In Famiglia La segreteria comunica - Carlo Tridenti

ENOGASTRONOMIA, TURISMO, CURIOSITÀ

COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

In questo Numero

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Misteri esoterici del simbolo d’eternità dall’acqua nel fuoco per un peccato di gola Gianni Staccotti

Premio Casato Prime Donne - Valentina Niccolai »

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Campania: due grandi bianchi D.O.C.G. Gudrun Dalla Via

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Pineau des Charentes Douce France, terra di distillati… - Silvana Delfuovo » Birra o Whiskey? Un piacevole dilemma irlandese - Enza Bettelli » Vienna: capitale del vino di qualità - Piera Genta »

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SPECIALE ASSEMBLEA

A cura di Mario Del Debbio

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Degustazione Vini forgiati dal fuoco - Piera Genta»

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Divinando: Trionfa Treviso

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Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV

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Eccellenti nell’eccellenza - Mario Del Debbio

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Nelle Marche la vite fa parte della storia del territorio - Luca Iacopini e Massimo Bracci Pag.

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SPECIALE

CULTURA DEL VINO

SCIENZA, TECNICA APPROFONDIMENTI

diVinando

Chianti Rufina: il Chianti più alto Piera Genta

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Lettera del Presidente

Dare parole ai profumi, ai sapori, alle emozioni non è certamente cosa facile! E, poichè l’argomento “guida” di questo ultimo numero de Il Sommelier è il nostro Congresso Nazionale, vogliamo cimentarci in un’ardua impresa:

Dareparole parole alle emozioni. emozioni. di Vittorio Cardaci Ama

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per comunicare con il Presidente presidente@fisar.com

Cercherò pertanto di raccontare, brevemente, le emozioni vissute dal sottoscritto dettate dal piacere provato nel dare il benvenuto a tutti i Soci al loro arrivo a Ragusa, stupendo ricamo della Sicilia, dove la parola Ospitalità continua ad avere un significato primordiale, come la forza del Vulcano che ha accolto i Fisariani al loro passaggio, con la sua maestosità per chi lo ammirava dal basso giungendo con auto o treno, mentre coloro che hanno goduto della vista aerea, sono rimasti ammaliati dalla sommità sempre viva e pulsante, minacciosa ed insieme magica. La Sicilia orientale è una terra ricca, prodotto mirabile di una commistione di culture antiche come quelle greca, romana, medievale, araba, normanna e bizantina. Taormina, Catania, Siracusa, Ragusa sono gioielli incastonati in un territorio a cavallo fra due mondi contrastanti: il mare e il fuoco, la mondanità e la tradizione più vera, aspra. Passione, arte e turismo s’intrecciano con le atmosfere arcaiche e semplici che soltanto la Sicilia può offrire. In tre giorni ho avuto l’occasione di stare insieme a tanti Soci provenienti da tutta Italia, potendo scambiare con loro opinioni, confronti, commenti ma anche il piacere della convivialità. Abbiamo potuto apprezzare il racconto del territorio etneo dalla voce di Salvo Foti, stimato enologo e profondo conoscitore della “Muntagna”, così è chiamato l’Etna dai miei conterranei, che, oltre a guidarci, tra tradizione e innovazione, nella degustazione di alcuni vini prodotti sulle pendici dell’Etna, ci ha presentato il suo ultimo libro La Montagna di Fuoco. Ancora emozione nel nominare Socio Onorario la dottores-

Il Sommelier Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo Registr. Tribunale di Pisa n° 21 del 15.11.1983

sa Maria Grazia Giampiccolo, Direttrice della Casa Circondariale di Volterra, per la collaborazione con la nostra Federazione nella lodevole iniziativa delle “Cene Galeotte”; e sommelier Onorari il Maestro cioccolatiere Franco Ruta dell’Antica Dolceria Bonajuto di Modica, a cui si deve il rilancio della cioccolata modicana e lo Chef Pino Cuttaia del ristorante la Madia di Licata; secondo la classifica di una autorevole guida dei ristoranti Pino Cuttaia è annoverato, come new entry, nel Club del 90, cioè il gruppo di ristoratori (sei) che hanno ottenuto il punteggio di 90/100, di poco distanti dal drappello dei venticinque ristoranti che occupano le vette della ristorazione italiana il cui vertice ha ottenuto il punteggio di 95/100. Bella soddisfazione e, se posso aggiungere. . ., buona intuizione da parte nostra. Emozione nello stringere la mano a Lorenzo Giannone, nuovo sommelier dell’anno, il quale usufruirà del premio della Crociera dei Sapori a bordo di una nave della Costa Crociere. Voglio ringraziare pubblicamente le Aziende Al-Cantara, Barone di Villagrande, Cottanera, Edomè, e Murgo che hanno gentilmente offerto alcuni loro vini per la degustazione dei “Vini Forgiati dal Fuoco”, oltre ovviamente, tutte le altre Aziende che hanno collaborato alla riuscita del nostro Congresso. Troverete i servizi dedicati sfogliando il giornale. Mi congedo augurando la solita serenità e che il vostro calice sia sempre colmo. Vittorio Cardaci Ama

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Responsabile Comitato Scientifico: Giuseppe Sicheri

Organo Ufficiale della F.I.S.A.R. Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori Ric. di Pers. Giuridica PI. n° 1070/01 Sett. I del 9.5.01

Editore FISAR Direttore Responsabile: Roberto Rabachino C.so Galileo Ferraris, 138 - 10129 Torino Tel. +39 011 5096123 Fax +39 011 19706172 e-mail: direttore@ilsommelier.com Segreteria di Redazione: Gladys Torres e-mail: redazione@ilsommelier.com

Comitato di Redazione e Controllo: Mario Del Debbio, Alberto Giustarini, Nicola Masiello e-mail: redazione@ilsommelier.com Hanno collaborato a questo numero G. Staccotti, S. Marini, S. Scarpino, G. Sicheri, S. Marini, A. L. Vinci, L. Iacopini, M. Bracci, A. Battistuzzi, G. Dalla Via, E. Bettelli, P. Genta, C. Ravanello, C. Tosetti, S. Delfuoco, G. Roversi e M. Masi Per la fotografia Oliviero Toscani, Saverio Scarpino, Enza Bettelli, Alberto Doria, immagini di Redazione e

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Editoriale del direttore

Un grappolo d’uva è da sempre rappresentazione di abbondanza e benessere: il suo nettare inebriante, dicono gli antichi testi, rallegrava la vita sull’Olimpo.

Uva Uva e bellezza bellezza Ma la vite per gli uomini è molto di più. Questo ci dice in un bellissimo articolo la collega Rebecca Rosso. “Le persone morigerate bevevano soltanto tre coppe annacquate: una per il brindisi, una per l’amore, una per il sonno. A questo punto il saggio doveva terminare la serata ed andare a casa. Se fosse restato, infatti, e avesse continuato a bere avrebbe fatalmente scoperto che la quarta coppa apparteneva alla violenza, la quinta al chiasso, la sesta all’allegria dell’ubriachezza, la settima alla rissa, l’ottava all’usciere, la nona all’attacco di fegato e la decima alla follia ed alla distruzione del mobilio» (Ateneo, I, 36, b-c). Ecco un’altra citazione (tratta da “L’alimentazione del mondo antico”) che denota come fin dall’antichità la vite ed il suo frutto, l’uva, siano stati decantati ed apprezzati per le loro virtù. I grappoli dell’uva hanno adornato i templi degli dèi, simboleggiando fecondità e abbondanza; il nettare dei suoi acini ha inebriato gli abitanti dell’Olimpo ed ha sostituito il latte nell’alimentazione degli anziani. Secondo alcuni testi la vite si coltivava già nell’antica Babilonia e con i suoi frutti gli Egizi adornavano le tombe. Che dire, poi, del significato della vite nella simbologia cristiana come, ad esempio, l’acqua trasformata in vino da Gesù durante le nozze di Cana o la presenza del vino durante la celebrazione della messa cristiana e il suo frequente uso metaforico nelle parabole? La vite, dunque, da sempre raffigurazione del ciclo della vita, non solo costituisce nell’immaginario collettivo il simbolo dell’allegria e del benessere, ma attualmente è anche entrata nel mondo della cosmesi con trattamenti assolutamente innovativi i quali hanno rivisitato in chiave moderna questo frutto. Tra i numerosi trattamenti oggi in commercio si fa strada l’innovativa proposta di alcuni cen-

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tri di bellezza indirizzata a curare le rughe e i segni dell’età con la Vinoterapia, l’utilizzo, cioè, degli antiossidanti enoici per i trattamenti di bellezza e contro i processi di invecchiamento della pelle. I massaggi al “vino” e i bagni agli estratti di uva e sali biologici hanno conquistato uomini e donne; le terapie non lasciano chiazze o macchie di colore sulla pelle né, tanto meno, profumo di vino sul corpo… ma solo una sensazione splendida: la pelle è liscia e dolcemente profumata. Il segreto della Vinoterapia è racchiuso nell’uso di uva, mosto e olio di vinacciolo che contengono sostanze capaci di aumentare la resistenza dei vasi sanguigni, rinforzano la microcircolazione, hanno azioni rimineralizzanti, schiarenti, nutrienti, idratanti ed elasticizzanti. Insomma quanto basta per prevenire l’invecchiamento cutaneo, ma non solo. La Vinoterapia prevede infatti anche trattamenti di peeling del corpo, massaggi e idromassaggio: cure, naturalmente, da eseguire presso centri specializzati e sotto stretto controllo medico. L’uva ed il vino, salute e bellezza.

di Roberto Rabachino

I grappoli dell’uva hanno adornato i templi degli dèi, simboleggiando fecondità e abbondanza

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Colgo l’occasione per augurare personalmente e a nome di tutta la redazione gli auguri più sinceri a tutti i nostri lettori di buone festività. Che il vino vi sia propizio.

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per comunicare con il Direttore: direttore@ilsommelier.com

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L’Opinione di Marcello Masi

Vorrei essere un poeta per descrivere quello che provo sapendo che le api stanno morendo.

di Marcello Masi Vice Direttore TG2 RAI e responsabile rubrica Eat Parade

risparmiamo acqua ed energia, riduciamo il consumo di prodotti chimici, nessuno escluso. Facciamo la raccolta differenziata dei rifiuti

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Il canto canto dell’ape ape Un misto di malinconia e paura. Le api sono uno dei simboli più evocativi della natura. Rappresentano dalla notte dei tempi, il buono. Tutti abbiamo scritto la parola ape in prima elementare associata ad un disegno semplice. Il miele, la cera, l’alveare hanno segnato la nostra educazione. Un segno indelebile che ha posto da sempre queste amiche dell’uomo al vertice del nostro rispetto. Anche il loro pungiglione ha sempre rappresentato una metafora semplicemente meravigliosa. Il sacrificio assoluto per permettere agli altri di vivere. Esseri così piccoli e così immensi. Esempio vivente di un mondo possibile e giusto, pulito e semplice. Ma ora stanno morendo. Il primo allarme è arrivato una ventina di anni fa. Nessuno ci fece caso. In Sud America una varietà di api più grandi ed aggressive aveva colonizzato alcune regioni del Nord di quel continente. Qualche scienziato a dir la verità si allarmò, ma noi ci preoccupammo soprattutto delle conseguenze delle punture, dolorosissime ed in qualche caso fatali. Era un campanello d’allarme. Uno squillo di tromba nell’indifferenza generale sulle sorti della nostra terra. Gli anni sono passati velocemente e abbiamo dimenticato. Ora le notizie si fanno drammatiche e volgere lo sguardo dall’altra parte non è più possibile. Le prime segnalazioni di morie anomale di milioni di api anche questa volta sono arrivate dall’America. Negli Stati Uniti moltissimi apicultori hanno denunciato la decimazione degli alveari. Stragi improvvise senza un’apparente causa scatenante. Semplicemente gli alveari si svuotavano. Le api si dissolvevano nei paesaggi sconfinati di

quelle terre lontane. Ancora una volta abbiamo fatto finta di non capire, ancora una volta abbiamo sperato in un’anomalia passeggera e senza particolari conseguenze. Ancora una volta ci siamo sbagliati. Oggi è un tragico bollettino di guerra mondiale. Solo in Italia abbiamo perso il 40/50 per cento delle nostre api. Un numero impressionante, spaventoso. Siamo di fronte a qualcosa mai successa prima. Un fenomeno globale che non risparmia nessun angolo della terra. Siamo di fronte ad un’emergenza. È allarme rosso. Di chi è la colpa? Sicuramente dell’uomo. È colpa nostra. Tutti noi siamo responsabili. Direttamente o indirettamente. E noi dobbiamo rimediare, adesso, subito, prima che sia troppo tardi. La comunità scientifica internazionale è al lavoro per identificare le cause di queste stragi. Probabilmente si tratta di un insieme di fattori che agiscono insieme generando una sorte di moltiplicatore di effetti mortali. Sicuramente la chimica. Pesticidi sempre più potenti garantiscono raccolti ricchi, ma inquinano la terra e le acque in modo sempre più pericoloso. Sicuramente i parassiti. Microorganismi particolarmente aggressivi sono stati rilevati in molte api malate. Sicuramente i cambiamenti climatici che disorientano le nostre amiche. Le stagioni anomale ed imprevedibili causano confusione nei perfetti meccanismi percettivi delle api. Così come l’aumento dell’inquinamento atmosferico ed elettromagnetico. Insomma i killer delle api sono tanti e tutti micidiali. Le conseguenze ora sono sotto gli occhi di tutti. Strapparci le vesti Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


L’Opinione di Marcello Masi

serve a poco. Bisogna agire per salvare le sentinelle della salute delle nostre pianure, colline e montagne. Senza api rischieremmo grosso. Questi meravigliosi esseri viventi sono tra i principali impollinatori agricoli. “Operai” iperspecializzati ed insostituibili. Il loro lavoro infaticabile permette non solo di raccogliere i frutti della terra, ma anche di garantire la catena alimentare delle proteine animali. Cosa daremmo da mangiare ai nostri animali se le culture agricole stentassero? Qualche scienziato già parla di pericolo di carestia mondiale. Io personalmente sono contrario a scatenare campagne ecoterroristiche. Per esperienza troppi allarmi scatenano una sorta di indifferenza autoassolvitrice. Del resto cosa può fare un uomo, una famiglia che ogni giorno sente parlare di continue catastrofi naturali in tv e sui giornali? La cosa più semplice è quella di sperare che non sia vero, che si esageri, che in fondo la terra è capace di autorigenerarsi in ogni caso. Non è così purtroppo. Eppure possiamo fare molto, anzi moltissimo. Nel nostro piccolo ognuno di noi rappresenta un universo. Cominciamo ad agire sui piccoli gesti

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quotidiani. Risparmiamo acqua ed energia, riduciamo il consumo di prodotti chimici, nessuno escluso. Facciamo la raccolta differenziata dei rifiuti. Cominciamo a leggere attentamente le etichette di tutti i prodotti che acquistiamo e cominciamo a premiare le aziende che si impegnano a rispettare l’ambiente. Chi ha un’azienda agricola piccola o grande che sia si faccia consigliare per ridurre l’uso dei prodotti nocivi. Comportiamoci in modo responsabile. Non aspettiamo i divieti della legge scritta, agiamo subito. Sul fronte istituzionale pretendiamo da chi ci governa ad ogni livello maggiore attenzione per la nostra salute e per la salute dell’ambiente che ci circonda. Dimostriamo nei fatti, con i nostri comportamenti piccoli o grandi che siano di credere in un futuro migliore. Le api sono nostre amiche da sempre, il loro miele nutre l’umanità millenni. Vederle estinguerle senza fare niente è imperdonabile. Noi abbiamo fatto il danno. Spetta all’umanità rimediare. Cominciamo da qui.

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Anche il loro pungiglione ha sempre rappresentato una metafora semplicemente meravigliosa. Il sacrificio assoluto per permettere agli altri di vivere. Esseri così piccoli e così immensi

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per comunicare con il Direttore: m.masi@rai.it

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Cultura e sapori

Camilla, l’anguilla: misteriosa e sconosciuta l’anguilla percorre distanze immense passando dall’acqua salata a quella dolce nei diversi periodi della sua vita. di Gianni Staccotti

Misteri esoterici del simbolo d’eternità dall’acqua acqua nel fuoco fuoco per un peccato peccato

di gola gola

latet anguis in herba’: si cela fra l’erba il serpe in atteggiamento che ricorda l’anguilla nelle erbe lacustri, per questo i lombardi la chiamano bissetta e nelle lagune venete è chiamata bisato per l’aspetto che ricorda la serpe: la bissa in dialetto. Nelle valli di Comacchio, i romagnoli ,con il loro spirito arguto la chiamano Camilla: l’anguilla di Comacchio.

Le anguille a cui viene impedito il viaggio di accoppiamento non sviluppano adeguatamente gli organi sessuali e si trasformano in capitoni, particolari per dimensioni e sapore

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Pesce serpentiforme che nasce nel mare dei Sargassi, enorme bacino dell’oceano Atlantico fra le Antille e le Azzorre, dove le larve, simili a foglioline trasparenti, si lasciano trasportare dalla corrente del Golfo fino a raggiungere le coste europee assumendo nomi diversi: angulas in Spagna; civelles in Bretagna e cee in Toscana e più genericamente ragani quando risalgono i fiumi e si installano nelle acque dolci per un lungo periodo che varia dai 9 ai 15 anni fino raggiungere la maturità sessuale; quando, spinte da un irrefrenabile impulso amoroso, lasciano le acque abituali per scendere al mare dove si riproducono nella loro splendida livrea dal dorso bruno–verdastro ed il ventre argenteo e la loro polpa è migliore. Allora vengono catturate con i lavoreri: sbarramenti posizionati in prossimità delle aperture a mare delle Valli e nei canali interni, studiati in modo da catturare i pesci adulti nel momento delle loro migrazioni, consentendo al tempo stesso l’entrata in valle di nuovi esemplari. Anguilla è, in latino, diminutivo di anguis: ‘serpè

La Regina delle Valli L’anguilla è protagonista indiscussa nella storia sociale delle Valli di Comacchio, dell’economia, della popolazione e della sua cultura. Sulle isolette al centro della laguna, mancava tutto, persino l’acqua dolce che veniva raccolta nella terraferma e trasportata nell’antico villaggio di pescatori in un isolamento millenario alleviato solo intorno alla metà dell’Ottocento, quando fu costruita la strada carrozzabile che collegava Comacchio a Ostellato. La storia delle Valli racconta di leggi vessatorie che impedivano la pesca dando adito al furto e al contrabbando. I fiocinini avevano fatto del furto di pesce un mestiere lecito e necessario, braccati dalle guardie,lavoravano la notte, scivolando sull’acqua a bordo delle caratteristiche barche lagunari, nascosti dalle nebbie in preda i venti, alla pioggia scrosciante e al gelo. Un ambiente tanto ostile da non consentire l’allevamento del bestiame, tanto meno il maiale, che saziava le mense dei contadini della grassa terra romagnola ed emiliana, regno del maiale che nelle Valli aveva trovato un surrogato nell’anguilla della quale, come per il maiale, non si butta via niente. La trippe in umido, erano considerate una prelibatezza per chi non poteva permettersi altro, e le lische croccanti come antichi pop corn, fritte

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Cultura e sapori nel grasso che colava durante la cottura delle anguille sugli spiedi dei forni che ancora si possono vedere nella sala del fuoco ricostruita nella Manifattura dei marinati. Grasso che serviva anche per le lucerne in un uso non alimentare come per la pelle che, essiccata e tagliata a strisce, era utilizzata per i lacci da scarpa. Come per il maiale, molte parti non venivano consumate subito ma sottoposte ad una preparazione di conservazione. Un ciclo di produzione scandiva tutti i passaggi: dalla cottura allo spiedo, alla preparazione della concia ottenuta con aceto, acqua, sale e foglie di alloro, fino alla disposizione del pesce negli “zangolini”: tipici contenitori in legno. La marinatura, eseguita prima artigianalmente e poi a livello semi-industriale, consentiva e consente di conservare la prelibata e preziosa Regina delle Valli per tutto l’anno e di distribuirla in tutto il mondo, simbolo del dono più prezioso che un comacchiese possa fare ad un amico vicino o lontano. Mario Soldati ha ambientato una della più belle scene del suo film “la donna del fiume“ nel suggestivo palcoscenico della “sala del fuoco“ dove una giovanissima Sofia Loren stagliava la sua figura sudata fra le altre donne intente all’operazione più delicata del processo di marinatura. Le anguille appena pescate erano tagliate a pezzi: i morelli, infilzati su lunghi spiedi su girarrosti multipli davanti al fuoco di enormi camini in un ambiente infernale per un peccato di gola. L’anguilla è ora allevata in specchi d’acqua detti “valli”, dove la pesca è regolata dall’andamento del mercato ed è particolarmente intensa dalla Madonna del Rosario, in ottobre, fino a Natale quando è protagonista dei cenoni di magro della Vigilia. Capitone Le anguille a cui viene impedito il viaggio di accoppiamento non sviluppano adeguatamente gli organi sessuali e si trasformano in capitoni, particolari per dimensioni e sapore. I latini definivano un testone: Capito – capitonis: che ha una grossa testa ed il termine è passato, specie nelle regioni meridionali ad indicare l’anguilla dalla testa grossa e di dimensioni maggiori, alcuni esemplari, lunghi fino a un metro e mezzo, sono molto apprezzati in cucina. Storicamente oltre ad essere piatto per gente nobile lo era anche per il popolo povero, o almeno così alcune leggende narrano. È un piatto tipicamente natalizio, apprezzato anche da alcuni papi, celeberrime sono le anguille che costarono il Purgatorio dantesco a papa Martino IV «ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia dal Torso fu, e purga per digiuno le anguille di Bolsena e la vernaccia» (Dante, Purgatorio, Canto XXIV). La cena della vigilia si basa sulla ritualità della preparazione di alcune pietanze che si ricollegano ad antichissime tradizioni propiziatorie pagane, concomitanti con il solstizio d’inverno del 21

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dicembre quando la terra è alla massima distanza dal sole e l’angoscia della fine del ciclo delle stagioni è sentita come simbolo di morte da superare con una rinascita della natura, con la preparazione di cibi magici riferibili al sopranaturale. Bandite quindi le carni rosse, contenenti sangue, attributo infernale e quindi pesce ed in particolare la grossa anguilla femmina chiamata capitone: un animale dai costumi insoliti, caratterizzato da un affascinante e complesso ciclo vitale sommariamente descritto in queste poche righe. La preparazione del capitone prevede il suo taglio in trance che, appena tagliate continuano a muoversi vive, operazione cruenta che presuppone l’azione simbolica di recidere il tempo nel tentativo di poter fermare il presente e controllare il futuro…un orrendo rituale che prelude all’assaggio di un suo pezzo: ne và del proprio futuro! Non è vero ma ci credo. Un po’ d’esoterismo Nelle tradizioni del Natale gioca un ruolo importante la tombola che riunisce le famiglie e dove non manca mai l’esperto della smorfia che commenta ogni numero estratto. La smorfia napoletana attribuisce ad ogni sogno (persona, oggetto o animale) uno dei novanta numeri del lotto. La smorfia napoletana è una serie di credenze e detti popolari che sono stati uniti da alcuni studiosi. Al capitone è stato assegnato il 32. L’anguilla e il capitone sono cibi natalizi di antichissima tradizione. Venivano consumati durante gli antichi Saturnali, feste romane in onore al dio Saturno dal 17 fino al 25 Dicembre, giorno che era dedicato alla dea del silenzio: Angerona o Angitia, ritenuta responsabile del mal di gola e del soffocamento. L’anguilla che scivolava senza sforzo nella gola, allontanava le malattie relative, ma non solo: propiziava anche una vita lunga, perché alludendo al serpente che si morde la coda, era simbolo dell’anno e dell’eternità. Un altro rito propiziatorio consisteva nel cibarsi ritualmente dell’anguilla, animale primordiale che emerge dalle acque cosmiche come messaggero del sole, astro che doveva essere a passare nella strettoia del solstizio.

La bastonatura è il modo con il quale l’anguilla viene finita e serve a favorirne la cottura

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Cultura e sapori

L’anguilla è protagonista indiscussa nella storia sociale delle Valli di Comacchio, dell’economia, della popolazione e della sua cultura

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La commedia Saturno era ritenuto talvolta un dio infernale: i giorni a lui consacrati erano i Saturnalia che ponevano fine al mese di dicembre e all’anno ed erano occupati da feste più o meno licenziose, durante le quali le classi sociali erano capovolte: gli schiavi comandavano ai loro padroni e questi ultimi li servivano a tavola. Un’inversione di ruoli che si ritrova spesso nelle commedie zeppe di personaggi simpaticamente scaltri anche se un po’ imbroglioni, che desiderano impudentemente soddisfare i bisogni primari rischiando di essere pizzicati da quanti posseggono l’oggetto del desiderio che li colgono con una salva di sonore legnate. Anguillas: elabitur è un’anguilla: scivola via: in questo passo dello Pseudolus plautino si indica un furfante tanto abile da riuscire a sfuggire anche se colto in flagrante. Il paragone con l’anguilla a proposito della scivolosità era già topico in greco: in Aristofane e in Eupoli che indicava una persona tutta oliata e impomatata, che non fornisce una sicura «manopola con cui prenderla», ma scappa sempre via... Un paragone con l’interlocutore che evita di fornire risposte puntuali ed impegnative come nel divertente detto bolognese sulla scarsa affidabilità delle donne A ciapèr una dóna in paróla, l’é cm’é ciapèr un’anguella par la co... Figure scaltre come l’anguilla che tenta di sfuggire in ogni modo, più o meno onesto, ma vengono colte sul fatto e bastonate come l’anguilla bastonata di Ferrara, o meglio di Lagosanto dove la sanno bastonare bene prima di ammannirla. La bastonatura è il modo con il quale l’anguilla viene finita e serve a favorirne la cottura. Infatti se non fosse bastonata (in sostanza se non le fosse spezzata in più punti la sua spina dorsale) sul fuoco non resterebbe diritta, rattrappirebbe e non potrebbe essere cotta in modo corretto. L’anguilla bastonata è cotta sulla cenere e talvolta nella brace, a fuoco lentissimo in modo che la pelle si sgrassi e faccia una sorta di involucro che, una volta tolto, lasci la polpa cotta e saporita, servita con polenta bianca.

gno oggi noto come Fortana del Bosco Eliceo. Dalle foci del Po, a nord, fino a Goro, e nella parte meridionale a sud della foce del fiume Reno fino a lambire le zone costiere dei comuni di Ravenna e Cervia, si sviluppa l’area dei vini del Bosco, lungo la statale Romea, denominata appunto “strada dei vini del Bosco”. Un ambiente simile si trova alla foce del Rodano, l’altro grande fiume del Mediterraneo, dove si produce il Vin de Sable du Golfe du Lion. Il triangolo di storie accennate Un triangolo geografico ideale che conta come vertici la mitica Venezia, la magnificente Ferrara, la scintillante Ravenna. Attraversato dalla Strada Romea che i “romei“ che, sanrocchino sulle spalle, cappello a larga tesa legato sotto il mento, bordone e bisaccia, percorrevano per raggiungere in pellegrinaggio verso Roma. In una vibrazione di colori impensabile fuori dal paesaggio svetta il campanile dell’anno Mille che segna il sito, solitario nell’ampia pianura, dell’Abbazia di Pomposa. Un’area fra terra e mare in continua evoluzione e porta sul mare della Pianura Padana. Risultato dell’interazione millenaria tra le forze della natura e l’intervento dell’uomo, che ha reso possibile l’esistenza all’interno di un unico territorio di una grande varietà di ambienti e di attrattive culturali che continuano tutt’oggi ad interagire in un contesto sempre mutabile. Dove l’acqua, nei diversi gradi di salinità, è il denominatore comune degli splendidi ambienti naturali ed il vino del Bosco chiede aiuto ai forti vini romagnoli per sostenere la cucina del delta ricca di prodotti poveri.

Il vino delle sabbie Abbinamento d’obbligo con il vino locale, molto particolare prodotto tipico è passato indenne dal flagello della fillossera che aveva rischiato di far scomparire l’intero patrimonio viticolo europeo del XIX secolo, grazie alla crescita nei terreni sabbiosi, per almeno l’ 85% da sabbia ma da meno del 7% di argilla, e perciò chiamato “vino delle sabbie“ . Un’autentica rarità per il nostro continente, questo vitigno sopravvissuto alla filossera e che oggi cresce sul piede franco originario anziché sul portinnesto americano, Un vitigno rimasto intatto per cinque secoli da quando la Duchessa Renata di Francia, andata sposa al Duca Ercole II d’Este, nel 1528 fece coltivare nelle vicinanze del Bosco della Mesola ,riserva di caccia degli Estensi un particolare vitipagina 8

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Italia Vini 2009

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Un’idea che soddisfa le esigenze di molti professionisti del settore vinicolo e dei consumatori più evoluti. Una pubblicazione completa e super partes per trovare sia le chicche pluripremiate ma di difficile reperibilità sia i grandi classici che la buona ristorazione deve includere nelle proprie carte. Il modo più rapido per ottenere informazioni pratiche sulle principali aziende vinicole e sui loro vini, con tabelle sinottiche descrittive, telegrafiche e facilmente comparabili. Una “summa” del settore vinicolo, sul modello di opere analoghe utilizzate in tutto il mondo in molti settori (i cosiddetti Who’s Who, cioè Guide alle persone e ai prodotti delle aziende più influenti).

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L’opera sarà distribuita a DICEMBRE quale supplemento di CIVILTA’ DEL BERE Per informazioni: 쾷 italiavini@civiltadelbere.com - 콯 02.76.11.03.03


Cultura e sapori

“Casato Prime Donne”: un famoso Brunello ma anche un Premio internazionale con Donatella Cinelli Colombini.

di Valentina Niccolai

Premio Casato CasatoPrime PrimeDonne Donne

Nell’anno olimpico Montalcino propone alle donne un profilo femminile forte, generoso e fuori dagli schemi. Josefa Idem 44 anni e 7 Olimpiadi, è la donna che ha vinto di più nella storia dello sport italiano. Sabato 20 settembre, a Montalcino il Premio “Casato Prime Donne” 2008 è stato assegnato a Josefa Idem, che arriva nella capitale del Brunello dopo la sua settima Olimpiade.

La prima realizzazione fu un Brunello per consumatori in gonnella

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Cos’è il Premio Casato Prime Donne? L’iniziativa è giunta alla nona edizione e premia chi divulga, fotografa o studia il territorio di Montalcino e i suoi vini. Il principale riconoscimento viene assegnato a donne che hanno valorizzato la presenza femminile nella società e nel lavoro. Fra le vincitrici Kerry Kennedy, paladina dei diritti umani, Le suore Cabriniane, primo ordine missionario femminile e nel 2006 le volontarie del Telefono Rosa che aiutano le donne oggetto di violenza. Nella prestigiosa giuria presieduta da Francesca Colombini Cinelli, ci sono Ilda Bartolini, il Ministro Rosy Bindi, Anselma dell’Olio, Marina Marcucci, Melania

Mazzucco e Anna Pesenti. «Non abituarsi ai soprusi, combattere ed essere sereni» questo il motto di Josefa Idem. Nonostante il prestigio della posizione che occupa nella storia olimpica, la Idem è apparsa una donna profondamente calata nella realtà sociale: «Sacrificio lo sport? Sacrificio è non avere il pane ogni giorno, non avere un tetto sopra il capo» dice Josefa spiegando il suo impegno in difsa dei più deboli come i malati di sclerosi multipla per i quali è testimonial. A questi impegni si aggiungono la famiglia, essendo moglie di Guglielmo Guerrini e mamma di Janek e Jonas. Josefa ha dettato una frase che rimarrà per sempre nei vigneti di Brunello del Casato Prime Donne sulle pendici di Montalcino. «Motivazione è riuscire ad abbattere le barriere mentali, superare i propri limiti, raggiungere la capacità di esprimersi al meglio; solo mettendosi in gioco si può capire cosa si è in grado di fare, a costo di fallire, vale la pena provarci. Anche per questo atteggiamento ho il coraggio di dire che nulla è impossibile. Arrivederci a Londra 2012». Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


Cultura e sapori

Ma cosa narra la storia del Premio Casato Prime Donne? Dietro questo premio tutto al femminile, si nasconde il progetto “Prime Donne” nato nel 1997 quando Donatella divise la sua produzione di Brunello da quella della sua famiglia Cinelli Colombini. Ci voleva un cantiniere ma alla scuola di enologia di Siena le risposero che occorreva una prenotazione con anni di anticipo, mentre per avere una donna era molto più semplice: non le voleva nessuno come cantiniere. Da questo episodio nacque l’idea del progetto “Prime Donne” per aumentare le opportunità delle donne nel mondo del vino. La prima realizzazione fu un Brunello per consumatori in gonnella. Una novità rivoluzionaria come la creazione di cravatte per donne o di rossetti per uomo. I vini importanti, in Italia, sono infatti scelti e comprati dagli uomini. Per selezionare il Brunello Prime Donne fu creato un panel di sole donne: la Master of wine inglese Maureen Ashley, l’enotecaria tedesca Astrid Schwarz, la sommelier italiana Daniela Scrobogna e la PR italo americana Marina Thompson. Durante le loro

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riunioni, che avvengono due volte l’anno, esse scelgono le tipologie dei vini, la durata dell’affinamento e le botti da usare. Nel 1999 “Prime Donne” è diventato un premio dedicato a Montalcino ed ai suoi vini. La parte principale del progetto “Prime Donne” riguarda la cantina del Brunello di Donatella Cinelli Colombini, che è sorta nel 2001 presso il podere Casato dove gli antenati di Donatella trascorrevano la luna di miele e andavano a caccia. Il Brunello Casato Prime Donne oggi è un vino molto famoso che ha collezionato riconoscimenti prestigiosi e ha incontrato il favore del consumatore finale, in tutto il modo. In occasione di questa bella festa Donatella Cinelli Colombini degusta insieme ai suoi ospiti questo splendido vino in abbinamento ai piatti preparati dallo chef del suo nuovo ristorante, l’Osteria di Donatella a Trequanda, Fattoria Il Colle. Dimenticavo, una cantina con sole donne a dimostrazione che produrre grandi vini non è una questione di sesso o di forza fisica, ma di intelligenza, e le donne ne hanno più che a sufficienza.

Motivazione è riuscire ad abbattere le barriere mentali, superare i propri limiti, raggiungere la capacità di esprimersi al meglio

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Degustandibus

La Campania è un territorio vocato a grandi vini, in dall’antichità. Probabilmente questo è uno dei motivi per cui fu chiamata “Campania Felix”.

di Gudrun Dallavia

Campania: Campania due grandi bianchi D.O.C.G. La natura vulcanica dei terreni, i microclimi molto diversi tra loro anche su spazi relativamente ristretti, la passione e la grande esperienza di viticoltori ed enologi fanno ancora oggi di questa regione la patria di vini inimitabili. Il merito dei viticoltori è tra l’altro quello di aver saputo resistere, attraverso i decenni, alla tentazione di seguire la moda di impiantare vitigni internazionali. Prevalgono a tutt’oggi i vitigni più tipici della zona, in gran parte antichi, e con recuperi interessanti di vitigni cosiddetti “minori”.

Un grande numero di vini D.O.C. e poi tre D.O.C.G., di cui due bianchi: il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo.

La natura vulcanica dei terreni, i microclimi molto diversi tra loro anche su spazi relativamente ristretti

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Greco di Tufo Un vino che si distingue per la sua eleganza, aromaticità e grandissima tipicità e che è apprezzato in tutto il mondo. I suoi profumi ricordano subito la pesca e la mandorla amara, ma nella complessità emergono anche profumi di fiori, di frutti maturi e fermentati, soprattutto di mele e fragole, poi di noci e nocciole. Il Veronelli lo definiva così: “Color giallo paglierino, lucido; bouquet folto, continuo, soave; sapore secco Greco di Tufo senza asperità, nutrito e

tuttavia nervoso, stoffa delicata ed elegante; con la spigola in bianco ci ha fatto l’amore”. Il vitigno Greco, o Aminea Gemina, era già noto nell’antichità. Fu importato dalla Tessaglia dai Pelasgi, e ne parlano i Georgici Latini, Catone, Varrone, Virgilio e Columella. Nel Greco di Tufo, il Greco deve essere presente per almeno l’85%, la Coda di volpe bianca può esserci per un massimo del 15%. Si ottiene da vigneti situati in solo otto comuni nella zona a Nord di Avellino (Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni); prende il nome dalla cittadina di Tufo, il cui primo nucleo pare risalga al X secolo A.C. Fiano di Avellino Il Fiano di Avellino è uno dei pochi vini bianchi italiani adatti all’invecchiamento. Questo particolare e il fatto che la produzione è limitata a 26 comuni nel cuore della provincia di Avellino e che la produzione massima consentita è di 10.000 kg per ettaro lo rende paragonabile ai grandi “crus” francesi. L’omonimo vitigno in antichità era noto come Vitis Apiana: le api infatti sono molto attratte dal profumo soave e dal sapore dolce di quest’uva. Nonostante la produzione limitata, il Fiano di Avellino è molto noto anche all’estero, anzi, è un prodotto di punta per l’export. Le sue note aromatiche sono caratteristiche ed inconfondibili, con sentori di nocciole tostate. La sua storia è di tutto rispetto: nel XIII. Fiano d’Avellino Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


Secolo l’Imperatore Federico II lo ebbe nel registro degli acquisti, e Carlo II Re di Napoli chiese 16.000 viti da impiantare nella vigna reale. Il Fiano di Avellino deve essere composto per l’85% minimo di Fiano; il resto può essere costituito da Greco, Coda di volpe bianca e/o Trebbiano Toscano. L’indicazione della denominazione di origine controllata e garantita “Fiano di Avellino” può essere accompagnata dalla menzione tradizionale di origine classica “Apianum”. Ultimamente c’è stata una tendenza di passare dall’uso esclusivo dell’acciaio (dove il Fiano sviluppa bene i suoi profumi di nocciola tostata e di miele di castagno) ad un passaggio in botte di rovere o addirittura direttamente in barrique. Inoltre alcuni viticoltori hanno iniziato a lasciare i grappoli ad appassire sulla pianta o raccoglierli surmaturi.

Ruché... nient’altro che Ruché Cultura, passione, tradizione

(Ruché Montalbera 100% in purezza)

Greco di Tufo Colore paglierino più o meno intenso Odore gradevole, intenso, fine, caratteristico Sapore fresco, secco, armonico Acidità totale minima: 5,0 g/l Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,5 % vol. Produzione massima per ha: 10.000 kg Abbinamenti: Crostacei arrosto e in salsa; pesce nobile alla griglia e piatti che li contengono; zuppa di pesce in bianco; frutti di mare; spigola in bianco; alcuni primi, per esempio pasta o risotto con funghi porcini pasta con i cavoli; formaggi non stagionati e molli. Temperatura di servizio: 8-10°C. Il vino “Greco di Tufo” può essere elaborato nella tipologia “spumante” con il metodo della rifermentazione in bottiglia (metodo classico) purché affinato per almeno 36 mesi in bottiglia a decorrere dal 1° novembre dell’anno della vendemmia. Il “Greco di Tufo Spumante” deve avere le seguenticaratteristiche: spuma fine e persistente colore giallo paglierino più o meno intenso con riflessi verdognoli o dorati odore caratteristico, gradevole, con delicato sentore di lievito sapore sapido, fine e armonico, del tipo “extrabrut” o del tipo “brut”; titolo alcolometrico volumico minimo totale: 12,00% vol; acidità totale minima: 6,0 g/l; Abbinamenti: come aperitivo o con antipasti freddi. Fiano di Avellino Colore giallo paglierino più o meno intenso Odore intenso, gradevole, caratteristico Sapore secco, armonico Gradazione alcolica minima 11,5 % Acidità totale minima: 5,0 g/l Produzione massima per ettaro 10.000 kg Abbinamenti È perfetto come aperitivo. Si abbina bene agli antipasti raffinati a base di caviale, ostriche e frutti di mare pregiati, inoltre ai carpacci di pesce fresco, zuppa di pesce in bianco, crostacei, soprattutto aragosta e… mozzarella di bufala. Il Fiano invecchiato si sposa ottimamente con i formaggi caprini a pasta semidura non stagionati. E naturalmente è ottimo gustato da solo. Temperatura di servizio: 8-10° C.

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Montalbera - Terra del Ruchè Via Montalbera, 1 - Castagnole Monferrato (AT) Tel. 011 9433311 www.montalbera.it


Degustandibus

Così poco conosciuto in Italia da essere praticamente introvabile. Come accade per i migliori “prodotti di nicchia”, bisogna andarselo a cercare sul posto. di Silvana Delfuoco

Pineau Pineau des Charentes Charentes Douce France, terra di distillati…

E la Charente non è affatto una meta trascurata dai turisti. Come spiegare, allora, la mancanza di attenzione verso questo suo illustre e piacevolissimo “figlio”? Attenzione, però, a non equivocare! Non stiamo certo

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parlando del Cognac, che anche da noi ha fior di consumatori e conoscitori esperti, ma del suo, per così dire, “fratello minore”: il Pineau des Charentes, il più nobile degli aperitivi francesi! Frutto di un mélange tra un 75% di mosto fresco e un 25% di Cognac, si prepara in ottobre, al momento della vendemmia. Dopo la distillazione (meglio se in alambicchi di rame), viene fatto invecchiare in botti di rovere per almeno cinque anni. Inoltre, per beneficiare dell’appellation , il mosto d’uva e l’acquavite devono venire dalla stessa proprietà. Forse sono proprio queste sue caratteristiche a farne un prodotto così particolare, al punto che non tutte le aziende di distillati, neppure le più rinomate, sono in grado di garantirne la produzione. Tra i pochi produttori con tutte le carte in regola, quello universalmente riconosciuto da tutti come il più degno di definirsi “storico” è la Maison Gaston Rivière, ad Angéac-Charente, nel cuore della Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008



Degustandibus

Dopo la distillazione (meglio se in alambicchi di rame), viene fatto invecchiare in botti di rovere per almeno cinque anni

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regione Poitou-Charente. Qui si produce il mitico Pineau Grande Réserve François 1er, invecchiato per almeno diciotto anni, dalle annate ormai quasi introvabili! La visita a questo domaine, dove le viti centenarie hanno conosciuto il lavoro di ben cinque generazioni, sembra quasi connotarsi come un viaggio nel tempo che fu. Costruita, come da tradizione, intorno ad un vasto cortile centrale, la casa padronale in severa pietra grigia è abitata dalla stessa famiglia fin dal 1804; la sua collocazione, proprio al centro della proprietà, rende più agevoli gli spostamenti per il lavoro quotidiano. Tutt’attorno

ci sono i boschi e i terreni per il foraggio, che garantiscono l’autosufficienza produttiva dell’azienda: tutto in dolce pendenza verso la valle dove scorre la Charente, il fiume che dà nome all’intera regione. Dove l’esposizione è migliore si stendono, come è ovvio, i 31 h di vigneto: a sinistra, su di un eccellente terroir argilloso-calcareo, le viti centenarie di colombard, destinate al Pineau; a destra, in filari più allargati, quelle per il Cognac. Una volta arrivati qui, non è difficile comprendere come proprio in un posto come questo, dove anche la natura controllata dall’uomo continua a conservare un aspetto un po’ selvaggio e sfuggente, sia nata la leggenda sulla nascita del Pineau. Si racconta infatti che nel 1589 un viticultore di queste parti, in un momento di distrazione, abbia versato del mosto d’uva in una botte per lasciarlo fermentare, senza accorgersi che sul fondo era rimasta una certa quantità di cognac. Aperta la botte dopo qualche mese, per procedere al lavoro di distillazione, ecco la sorpresa inaspettata: al posto del vinobase c’era una bevanda già pronta, dall’aroma e dal gusto del tutto inedito ma gradevolissimo. Per molto tempo tuttavia non si pensò che il nuovo prodotto potesse essere immesso sul mercato; il Pineau infatti rimase a lungo tra le pareti domestiche dei produttori, servito come aperitivo o come vino tonico nei pranzi famigliari. Fu solo negli anni trenta del secolo scorso che a qualcuno venne l’idea di una sua possibile commercializzazione. E fu proprio nella Maison Gaston Rivière che, nel 1923, il nonno degli attuali proprietari ebbe l’idea di costruire un macchinario per la distillazione in rame rosso, materiale già raro a quei tempi: oggi, ancora perfettamente funzionante a carbone di legno, si può davvero considerarlo un autentico gioiello! Solo con questo sistema, infatti, è possibile ottenere un Pineau che conservi, nelle sue caratteristiche uniche, la tipicità dell’azienda che l’ha prodotto. Il lavoro della distillazione a carbone – ci dicono- è molto diverso da quella a gas. Forse proprio a causa della maggior manualità di cui necessita, risente moltissimo degli stati d’animo e degli umori di chi manovra l’alambicco, che si trasmettono al liquido che ne esce… Mai come in questo caso, dunque, vale la regola che bisogna stare bene con se stessi e con gli altri per poter far bene il proprio lavoro: ne va del benessere delle future generazioni di consumatori!

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Girovagando

Una corposa stout o un aromatico distillato? Il buon bene non è un problema nella verde isola d’Irlanda e la calda atmosfera dei pub favorisce e consolida amicizie e buonumore. di Enza Bettelli

Birra o Whiskey? Whiskey? Birra o Un piacevole dilemma irlandese

Il verde del paesaggio irlandese è interrotto dall’azzurro di laghi e fiumi che, soprattutto nelle tranquille regioni del Nord, formano una suggestiva rete navigabile. Villaggi e cittadine non intaccano l’armonia della natura circostante che può vantare un territorio in gran parte ancora incontaminato che fornisce acqua pulitissima, materia prima eccezionale per birra e whiskey. La birra è la bevanda nazionale irlandese e se le rosse ale sono tipiche e la Harp è un’ottima bionda, è la birra scura l’irlandese famosa da secoli, e il detto locale “my Goodness, my Guinness” mette subito in chiaro qual è la più amata. Nata nel 1759 a Dublino, la Guinness utilizza ogni anno circa 100 mila tonnellate di orzo per produrre le milioni di pinte dall’intenso tenore di luppolo e malto tostato vendute in tutto il mondo. Le altre stout, prodotte nella zona di Cork, sono la Beamish, di gusto secco e un po’ meno forte, e la Murphy dalla spuma molto densa e gusto forte e deciso. La birra scura e la Guinness in particolare viene versata in due tempi: si riempie il bicchiere per ¾ tenendolo inclinato e con il beccuccio dello spillatore contro l’interno del bicchiere, poi si lascia riposare qualche minuto e si completa la spillatura tenendo il bicchiere distante per far sì che la spuma sia ben densa e cremosa. La birra scura accompagna tutti i piatti tradizionali dell’isola e si sposa perfettamente anche con quelli di pesce, primo fra tutti l’eccellente salmone irlandese. pagina 18

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Girovagando

Nata nel 1759 a Dublino, la Guinness utilizza ogni anno circa 100 mila tonnellate di orzo per produrre le milioni di pinte dall’intenso tenore di luppolo e malto tostato vendute in tutto il mondo

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Altro prodotto emblematico in Irlanda è il whiskey, che si distingue dagli altri nel mondo non solo per la “e” in più ma per la lavorazione. Infatti il malto viene distillato almeno tre volte, e non è raro che siano quattro o cinque contro le due di quello scozzese, in ampi alambicchi dalla forma particolare (Irish Pot Still) ottenendo il caratteristico gusto morbido e pulito. Questo anche grazie alle fornaci di rame chiuse nelle quali l’orzo viene essiccato senza entrare in contatto con il fumo. E per gustare un boccale di birra o un bicchierino di whiskey non c’è posto migliore del pub, una vera istituzione in Irlanda dove, attorno all’immancabile bancone di legno, gli avventori si fanno compagnia a volte alternando un sorso di birra con uno di whiskey, in una atmosfera che la musica e un bel fuoco nel camino contribuiscono a rendere ancora più amichevole. Un caffè per riscaldarsi Con il whiskey si prepara un’altra delle più famose specialità irlandese, l’irish coffee, inventato da un creativo barman durante la prima metà del ‘900 per offrirlo ai clienti infreddoliti del bar dell’aeroporto. Incerta però la paternità di questa corroborante bevanda che viene rivendicata dalle cittadine di Foynes e di Shannon. La preparazione è la medesima: caffè forte e bollente, zuccherato

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e allungato con un bicchierino di whiskey. Il tutto nel tipico bicchiere con il manico riscaldato, completato da un ciuffo di panna che andrebbe fatto scivolare sulla superficie del liquido con l’aiuto del dorso di un cucchiaio. L’Irish Coffee si beve a tutte le ore e conclude perfettamente il pasto irlandese, sia esso con l’eccellente carne di manzo o di agnello, sia con i freschissimi prodotti della pesca come ostriche, granchio oltre al salmone, fresco o affumicato. Ma basta anche uno spuntino con il caratteristico soda bread, lievitato con il bicarbonato, e formaggi locali di mucca o di pecora per creare la giusta base da innaffiare con stout prima e irish coffee dopo.

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Girovagando

Pensando a Vienna, sicuramente pensiamo al Prater con la sua ruota panoramica, alla Sachertorte, al Danubio e a Mozart, ma non al vino.

di Piera Genta

Vienna: Vienna: capitale del vino di qualità Vienna è invece una interessante area vitivinicola con circa 700 ettari all’interno dei confini urbani, 320 viticoltori ed una produzione di circa due milioni di litri. Dobbiamo andare molto indietro nel tempo per trovare le origini della viticoltura proprio nell’area in cui si trova la capitale. I ritrovamenti in una tomba del Burgenland, al confine con l’Ungheria, di alcuni semi di vitis vinifera hanno dimostrato che già i Celti e gli Illiri producevano nel 500 a.C. una sorta di bevanda alcoolica simile al vino; ma si deve ai Romani lo sviluppo della viticoltura e soprattutto all’imperatore Marco Aurelio Probo (che ha regnato dal 276 al 282 d.C.) l’annullamento del divieto di viticoltura per le aree a nord delle Alpi permettendo ai suoi soldati di piantare nella Pannonia (era questo il nome della Bassa Austria) vitigni e produrre vino. Per lungo tempo poi la viticoltura venne praticata nei monasteri, nel Medioevo la vite occupava una superficie 10 volte superiore a quella attuale ed i vini austriaci erano molto famosi. Nel 1106 venne fondata l’abbazia di Klosterneuburg dove nel 1860 fu aperta la prima scuola di viticoltura ed enologia, ora

In seguito allo scandalo del 1985 sono state introdotte nuove leggi molto restrittive e finalizzate alla rivalutazione della qualità e dell’immagine internazionale

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Klosterneuburg è fra le più grandi aziende vitivinicole del paese. Torniamo a Vienna che deve la costruzione della cattedrale di Santo Stefano al baratto, effettuato nel XII secolo dalla famiglia Babenberg, di un vigneto della zona di Wachau (a nordovest di Vienna, la più importante sottoregione che si estende lungo il Danubio) contro il diritto di avere una parrocchia intestata alla famiglia. C’è anche un’altra tradizione viennese che gli appassionati di vino dovrebbero conoscere: gli Heurigen. In tedesco heurige ha due significati: vino novello che esattamente il giorno di San Martino, 11 novembre, si trasforma in vino vecchio, ma anche le tradizionali taverne della città dove il viticoltore vende per alcuni mesi i vini di propria produzione accompagnandoli a pietanze molto gustose come il pollo fritto, l’arrosto di maiale, le polpette, il prosciutto con il rafano grattuggiato. Gli oltre 200 Heurigen si trovano sulle colline che costeggiano il sud-ovest della città, i più turistici sono quelli del quartiere di Grinzing. Fortunatamente devo ringraziare la straordinaria conoscenza della mia accompagnatrice se ho avuto modo di passare qualche ora piacevole in luoghi più autentici, parlare con i produttori e soprattutto degustare con loro i vini. Innanzi tutto queste taverne sono raggiungibili dal centro con la metropolitana e con gli autobus: un bel vantaggio per non avere problemi con l’etilometro. E che dire poi, anche Ludwig van Beethoven, ha vissuto in una romantica casa situata in Pfarrplatz sopra ad una tradizionale vineria Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


Le bottiglierie qualificate dove trovare i vini della Linea Veneto Orientale Aqua Alta cantina d’Italia Borgo Sant’Agnese, 13/15 Portogruaro (Ve) La Caneva Via Napoli, 22 Vigonovo (Ve) Enoteca Trevigiana Viale IV novembre, 62 Treviso (Tv) Vic Tesser La Galleria dei Vini Via Spineda, 8 Venegazzù di V. del Montello (Tv) La Bottega del Prosecco Piazza Marconi, 23 Valdobbiadene (Tv) La Bottega del Gusto Via Francesco Tasca, 47 San Pietro in Gù (Pd) La Casa del Vino Via Roma, 129 Torri di Quartesolo (Vi) Al Vigneto di Lucia Vallin Via G. Piva, 6 Rovigo (Ro) La Bottega dell’Acqua Corso del Popolo, 431 Rovigo (Ro) Fratelli Izzi Via Tertulliano, 35 Milano (Mi)

V E N E T O O R I E N TA L E

Fratelli Fassa Via Giuseppe Mazzini, 45 Torino (To) Enoteca Fabi Corso Belgio, 49 Torino (To) Enoteca Fuori Piazza Via di Vittorio Giuseppe, 19 Greve in Chianti (Fi) Enoteca Dante Piazza Dante Alighieri, 18/19 Napoli (Na)


Girovagando

Vienna è un’interessante area vitivinicola con circa 700 ettari all’interno dei confini urbani, 320 viticoltori ed una produzione di circa due milioni di litri

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e proprio qui ha iniziato a comporre la sua Nona Sinfonia. Il vino aiuta! Una caratteristica della viticoltura di questa zona è la frammentazione e la specializzazione nei vini bianchi, che rappresentano l’80% di tutte le uve coltivate, i rossi sono in crescita in particolare lo Zwigelt, un vitigno autoctono e seconda varietà più diffusa dopo il bianco Grüner Veltliner. In seguito allo scandalo del 1985 sono state introdotte nuove leggi molto restrittive e finalizzate alla rivalutazione della qualità e dell’immagine internazionale. Nel 2006 quattro tra i migliori viticoltori di Vienna hanno costituito il gruppo “Wienwein” con l’obiettivo di definire degli standard di qualità per il vino prodotto nell’area e fare riconoscere la sua unicità sui mercati internazionali. Il gruppo sostiene in modo particolare il classico “Gemischter Satz”.

Luoghi da non perdere Rathaus Wein & Design Un design hotel progettato dall’architetto Manfred Katzlinger in un palazzo del 1890 in cui il vino è il protagonista. 39 camere di cui 37 dedicate a viticoltori austriaci, i cui vini si possono degustare nella moderna Wine lounge dell’albergo guidati dall’esperienza di Martina Pöll. Una camera è intitolata al produttore di Champagne Lallier ed una alla famiglia Reisetbauer che produce distillati utilizzando frutta austriaca. I proprietari sono Petra & Klaus Fleischhaker, Klaus è originario della regione del Waldviertel, cuoco dell’anno 2001, il suo ristorante, il “Pfefferschiff“ situato vicino a Salisburgo ha ottenuto 3 cappelli della Guida Gault Millau, 1 stella Michelin e 4 corone della Guida austriaca “A la carte”. Winebar “Meinl am Graben” Interessante il wine bar situato nella cantina del leggendario tempio viennese di specialità alimentari. Urbanek sul mercato Naschmarkt Delizioso mini locale in cui si va non solo per acquistare le gustose specialità ma per incontrare incredibili personaggi e per un buon bicchiere “al volo”. Gegenbauer Sempre nel mercato Naschmarkt: se siete affascinati dal complesso mondo dell’aceto, una visita è d’obbligo. Fratelli Szigeti Si può bere un buon metodo classico prodotto con i vitigni austriaci. Interessante il loro Zweigelt, il miglior vino rosso con le bollicine. Julius Meinl Sulla passeggiata Graben con due piani di specialità gastronomiche.

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Il Gemischter Satz proviene da una vigna mista, si tratta di una tecnica antica, una sorta di miscela in vigna dove vengono piantati diversi vitigni, tutti a bacca bianca, ma con caratteristiche diverse. Ci sono uve base (come il Pinot bianco e il Grüner Veltliner), uve che danno acidità (come il Riesling renano) e uve che danno aromaticità (come il Muskateller e il Traminer). Ogni vino è diverso, ma tutti esprimono un forte legame con il territorio. Nessuno conosce esattamente l’origine di questo sistema di coltivazione. Probabilmente è legato alla necessità di preservare almeno una parte del raccolto in caso

di maltempo. Fino agli anni ’90 il vino che se ne ricavava era considerato di scarso valore, oggi la situazione è radicalmente cambiata: un gruppo di circa 20 produttori ha dimostrato che i Gemischter Satz possono essere vini di grande personalità.

“Wienwein” è composto da due produttori della dalla parte nord di Vienna Rainer Christ, un giovane astro nascente che continua i quattro secoli di tradizione famigliare nei vigneti molto vicini al Danubio. Interessante il suo Weissburgunder (pinot blanc) morbido e cremoso, le cui uve vengono raccolte davvero con la luna piena; Fritz

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Girovagando

Wieninger nel sobborgo di Stammersdorf, il pioniere della viticoltura viennese, ha trasformato la centenaria azienda di famiglia in azienda biodinamica restaurando l’antica cantina di un convento e costruendo anche una parte in stile moderno. Dal Mauer (si trova XXIII distretto) provengono Michael Edlmoser, la cui famiglia dirige l’azienda dal 1374 e Richard Zahel un’azienda orientata alla biodinamica e la farfalla del loro logo vuole proprio significare questa stretta relazione con la natura ed con la particolarità del terroir. Una volta all’anno il gruppo presenta la produzione al Palazzo della Secessione di Vienna.

M

Nel mio percorso di conoscenza del vino di Vienna ho incontrato Stefan Hajszan, solo da poco attivo nel

campo della viticoltura, ha avviato una produzione particolarmente attenta ai rigidi principi biodinamici. Interessante il suo Riesling, ottima la cucina del suo ristorante, dalle cui sale si vedono le cantine e si può anche assistere alla produzione del vino. Ed ancora Jutta Ambrositsch che fa parte di un insolito gruppo di viticoltori (Wiener Orchideen Winzer), insolito perché tutti loro provengono da tutt’altra attività, chi musicista, chi impiegato di banca, chi grafico come la nostra Jutta. Giovane, dolce ed innamorata dei suoi due ettari di vigna che cura personalmente a mano, cercando il dialogo con il vigneto, cercando di assecondare la natura e non di dominarla. E vi garantisco, un risultato stupefacente. Ho assaggiato lo stesso vino di due annate, 2006 e 2007, e si capiva perfettamente l’influenza del clima e dell’invecchiamento. Curioso poi, lei stessa disegna l’etichetta dopo aver assaggiato il vino.

nel Medioevo la vite occupava una superficie 10 volte superiore a quella attuale ed i vini austriaci erano molto famosi

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il Presidente Benedetto Grechi e lo staff della Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano 58054 Scansano · Toscana Italy · Tel. +39 0564.507288 - 507979 · Fax +39 0564.507785 · www.cantinadelmorellino.it · info@cantinadelmorellino.it


SPECIALE ASSEMBLEA

Dal 3 al 6 ottobre si è svolta a Ragusa la 38a Assemblea Nazionale dei soci FISAR. Ancora una volta la Sicilia è riuscita a conquistare il cuore di tutti rinnovando il legame che i nostri sommelier hanno con questa terra. a cura di Mario Del Debbio

“Cumpagni di Viaggiu” Viaggiu Il fragore improvviso di un tuono pone fine al mio dormire, una luce incerta e confusa disegna contorni che non riconosco. Ancora tra il sonno e la veglia i ricordi faticano ad

affrancarsi dai sogni poi, pian piano, prendono forma e donano coscienza. Non so bene spiegare il perché, ma ho sempre bisogno della notte per assimiliare il giorno di arrivo.

I Sommelier di Ragusa a servizio della degustazione pagina 26

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SPECIALE ASSEMBLEA

Sala degustazione

Il viaggio aereo, l’attesa sul pullman dei soliti ritardatari, la registrazione, i saluti, la sistemazione in hotel, mi distraggono dalla realtà che solo nei ricordi riesco poi a godermi. Il pullman percorre lento il viaggio tra Catania e Ragusa, il sole quasi ci ha lasciato quando arriviamo. Il Poggio del Sole Resort, hotel scelto per l’Assemblea, si staglia sull’Altopiano Ibleo tra muri a secco che disegnano nel terreno infinite trame geometriche spezzate soltanto dagli alberi di carrube dal profumo intenso e inconfondibile. Gli occhi mediterranei di Guendalina accolgono sorridenti tutti i fisariani che ora affollano gli spazi dell’hotel ravvivandolo di calorosi saluti. Il consorzio del Cerasuolo ha preparato un gustoso benvenuto dandoci la possibilità di assaggiare i vini locali. Ci fa da guida il padrone di casa Enzo Scrofani che, assieme alla Delegazione di Ragusa guidata da Giorgio Antoci, ha organizzato l’evento. Ricordo perfettamente tutto ora: il primo calice di Cerasuolo, la dolce compagnia della cena, il profumo del sigaro perennemente spento dell’amico Biagio, il sapore del cibo. Il Sapore, in questa parola sta tutto il fascino della Sicilia. Qui tutto ha sapore, in un

mondo che ci vuole abituare all’insipidezza e all’appiattimento è una gioia scoprire ancora i sapori decisi. Il vento, u ventu, ha spazzato via le nubi e il cielo, u celu, si è aperto. Saliamo sul pullman che ci porta alla cantina Gulfi, una bellissima costruzione, ancora in fase di ultimazione, che domina la collina. Qui incontriamo Salvo Foti, enologo e scrittore impegnato nella valorizzazione dei vitigni siciliani che ci illustra il lavoro che da anni porta avanti, raccontandoci di come è stato difficile all’inizio, di quando quasi si vergognava a presentarsi come enologo a molti che non capivano perché per fare un vino ci fosse bisogno di un “dottore”. Dopo la degustazione in cantina ci spostiamo nel paese di Chiaramonte Gulfi piccola cittadina in stile tardo-barocco nota come “balcone di Sicilia” per la posizione che le permette una vista unica sulla valle sottostante. Il pranzo ci vede tutti riuniti al Ristorante Majore dove “si magnifica il porco” come recita un epigrafe tra gli affreschi della sala. Una scritta che si rivela assolutamente veritiera. Nel pomeriggio ancora una interessante degustazione con Salvo Foti sui vini dell’Etna per scoprire le potenzialità del Nerello Mascalese

La cena di Gala si svolge nell’ampio salone del Poggio del Sole Resort al cospetto di ospiti illustri

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su www.fisar.com tutte le foto dell’evento Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

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SPECIALE ASSEMBLEA

Ancora una volta la Sicilia è riuscita a conquistare il cuore di tutti rinnovando il legame che i nostri sommelier hanno con questa terra

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(vedi articolo ndr). Veramente grandi i ragazzi della delegazione di Ragusa che si adoperano nel servizio dei vini, nei giorni dell’assemblea hanno lasciato le loro attività per seguirci e coccolarci in tutte le nostre esigenze. Una prelibata cena a base di pesce azzurro con coreografia di balli e canzoni in costume tipico organizzata presso il ristorante Il Baglio conclude una lunga e bella giornata. Ancora un fragore mi sveglia. Non più

Maria Grazia Giampiccolo con Flavio Nuti (del. Volterra)

un temporale ma una leggera scossa di terremoto! Niente di preoccupante per fortuna, anche se qui è stato proprio il grande terremoto del 1693 a disegnare la storia. Ibla fu distrutta e Ragusa fu costruita più in alto dalla nuova borghesia. I nobili ricostruirono la città vecchia abbellendola di splendidi palazzi in stile barocco e solo dopo molti anni le due città furono riunite sotto un’unica gestione. La domenica dei fisariani è un giorno di lavoro. L’annuale riunione dei delegati impegnerà tutta la mattinata. Non sono molte, purtroppo, le delegazioni presenti ma il dibattito è finalmente costruttivo e le poche polemiche sono giustamente propositive. Il punto in questione è fondamentalmente uno: per crescere occorre decidere cosa vogliamo veramente fare. Tornare a fare i sommelier amiconi e festanti delle sagre o fare un ulteriore balzo in avanti e presentarsi come riconosciuti e stimati professionisti. Il segreto sta nel far coesistere le due cose, perché non dobbiamo comunque dimenticare che la nostra molla è unicamente la passione e la voglia di divertirsi. La riunione si chiude con un rinnovato impegno che i presenti sottoscrivono all’unanimità. Ho bisogno di scaricare la tensione e chiedo aiuto a due amici: Mariella e Roberto Pulvino che mi offrono un giro turistico. Roberto ferma l’auto su uno dei tre ponti che uniscono la Ragusa settecentesca a quella del novecento. Il Ponte dei Cappuccini è il più antico costruito nel 1835 grazie all’interessamento dei frati per un ponte che superasse la Valle del Gonfalone. Non ci facciamo mancare una sosta gastronomica alla rinomata Pasticceria Di Pasquale. Il banco dei dolci rapisce i nostri occhi e non solo ma giuriamo che tanto domani staremo a dieta. Alcuni scorci di Ibla mi sembrano stranamente familiari ma quando Roberto mi illustra i vari set della serie “il Commissario Montalbano” capisco il perché. Il duomo di San Giorgio domina una piazza affollata di persone ma i miei pensieri vengono rapiti quando Mariella mi mostra il “Circolo di Conversazione” salotto buono riservato alla nobiltà. Penso ai nobili “SanGiorgiari” ed ai massari e borghesi “SanGiovannari” che invece si riunivano nella piazza del duomo di San Giovanni nella Ragusa post-terremoto. Quante battaglie, quante lotte, si saranno consumate su queste colline. Per le strade del centro incon-

Vittorio Cardaci Ama con Franco Ruta pagina 28

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SPECIALE ASSEMBLEA

Una prelibata cena a base di pesce azzurro con coreografia di balli e canzoni in costume tipico

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L’Enologo Dott. Salvo Foti

Nicola Masiello con Pino Cuttaia

triamo tanti amici fisariani in cerca di un ricordo da comprare. Rientriamo in Hotel, il concorso del sommelier dell’anno si è concluso ma il nome del vincitore verrà svelato solo a fine serata. La cena di Gala si svolge nell’ampio salone del Poggio del Sole Resort al cospetto di ospiti illustri. La Fisar consegna l’attestato di socio onorario alla Dottoressa Maria Grazia Giampiccolo, direttrice della Casa Circondariale di Volterra, per la collaborazione con la FISAR nell’interessante iniziativa delle “Cene Galeotte”, dove i detenuti del Carcere di Volterra diventano chef, maitre e sommelier. Hanno poi ricevuto l’importante riconoscimento di Sommelier Onorario lo chef Pino Cuttaia del Ristorante La Madia di Licata e il Maestro pasticcere Franco Ruta titolare dell’Antica Dolceria Bonajuto di Modica per l’impegno quotidiano nella ricerca finalizzata nella valorizzazione delle tipicità gastronomiche della Sicilia. Prima di svelare il nome del Sommelier dell’anno un premio importante è andato alla Delegazione di Genova che è risultata la delegazione che nel 2008 ha fatto registrare il maggior incremento dei soci e che ha battuto sul filo di lana la Delegazione della Versilia. Donatella Favalli accompagnata da Rosita Guiso ha ritirato con soddisfazione una 5 litri di Rosso del Conte gentilmente offerta dall’azienda Tasca d’Almerita. Lorenzo Giannone, enotecario di Scicli, che solleva sorridente il Trofeo RCR Cristalleria Italiana in palio per il miglior Sommelier FISAR 2008 è l’ultima immagine che mi porto dentro di un’assemblea intensa e piacevole condivisa con tanti compagni di viaggio anzi: cumpagni di viaggiu! Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

un ringraziamento a chi ci è stato vicino nell’organizzazione dell’assemblea: Ajello Azienda Agricola • Al-Cantàra • Alcesti Antica Azienda Agraria Curto • Assess. Reg Agricoltura e Foreste Assessorato Reg Cooperazione, Commercio, Artigianato, Pesca ATO Ragusa Ambiente • Avide Vitivinicola Azienda Agricola Emanuele Scammacca Del Murgo Azienda Agricola Cottanera • Azienda Agricola Gulfi Azienda Agricola Manenti • Azienda Agricola Paolo Calì Barone di Villagrande • Calp Camera di Commercio di Ragusa • Carlo Pellegrino Casa Vinicola Lanzara • Casa Vinicola Paternò Comune di Chiaramonte Gulfi • Comune di Comiso Comune di Santa Croce Camerina Consorzio di tutela del Cerasuolo di Vittoria Consorzio Sicilia Barocca Export • CoRFiLaC Duca di Castelmonte • Guccione • Maggio Vini • Mandrarossa Monti Iblei - Consorzio di tutela dell’olio extra vergine di oliva Pescato di Sicilia • Principe di Corleone • Provincia di Ragusa Ragusa Latte • Regione Sicilia • Rio Favara • Sergio Tumino Tasca d’Almerita • Tenuta Bonincontro Tenuta Chiuse del Signore • Tenuta di Donnafugata Tenuta Rapitalà • Terre di Giurfo • Valle dell’Acate

Mario Del Debbio premia la Delegazione di Genova pagina 29


SPECIALE ASSEMBLEA

A LORENZO GIANNONE IL TROFEO RCR - CRISTALLERIE ITALIANE E LA CROCIERA DEI SAPORI - COSTA PER IL MIGLIOR SOMMELIER FISAR 2008 Come consuetudine durante l’assemblea dei Soci della FISAR si è svolto il Concorso del Sommelier dell’anno FISAR 2008. La competizione si è svolta nella giornata di domenica 5 ottobre 2008 nella splendida cornice dell’Hotel Poggio del Sole Resort di Ragusa. Quattro i finalisti in gara: Piera Genta, Claudio Mazza, Emanuele Cappuzzello e Lorenzo Giannone. Durante la serata di Gala, il responsabile del CTN Alberto Giustarini - Presidente della Giuria del Concorso - proclamava vincitore per l’anno 2008 il siciliano Lorenzo Giannone, 29 anni, sommelier professionista delle Delegazione di Ragusa e proprietario di una famosa enoteca. I quattro finalisti e la commissione del concorso Al vincitore - oltre a ricevere il prestigioso Trofeo della RCR Cristalleria Italiana - anche la Crociera dei Sapori a bordo della nave Costa Serena, ammiraglia della Costa Crociere. Alla consegna del trofeo erano presenti l’On. Carmelo Incardona - Assessore al Lavoro della Regione Sicilia e il Dr. Giovanni Cosentini Vice Sindaco di Ragusa. Il responsabile del CTN Alberto Giustarini proclama il vincitore

Una prova del concorso

Il vincitore L.Giannone con il Presidente Fisar Cardaci pagina 30

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SPECIALE ASSEMBLEA

In occasione della 38a assemblea Nazionale dei soci tenutasi a Ragusa dal 3 al 6 ottobre 2008, uno degli appuntamenti piu’ intriganti per tutti noi è stata la degustazione dei vini dell’Etna guidata dall’enologo Salvo Foti. di Piera Genta

Degustazione

Vini fuoco Viniforgiati forgiatidal dal fuoco Per parlare dei vini di questa area geografica non si può non partire da una leggenda, quella di Ulisse che aiutato da Dionisio ubriacò il ciclope Polifemo con il vino ottenuto dall’uva che cresceva spontanea sulle pendici dell’Etna. Questo per dire che la vite sulla “Muntagna” (come viene familiarmente chiamato il volcano) è sempre esistita, infatti proprio sull’Etna sono state rinvenute delle viti selvatiche. Ed ancora i Siculi nel XI secolo a.C. introdussero il sistema di allevamento della vite ad alberello. Il territorio etneo gode di una situazione pedoclimatica originale in cui interagiscono la natura del terreno, l’altitudine elevata che in certi casi supera i 1000 metri con pendenze del 40% e l’esposizione dei vigneti. Proprio la natura vulcanica del terreno riveste una importanza determinante sul profilo organolettico dei vini prodotti. Solo tre dei quattro versanti del vulcano sono vitati. In quello meridionale si trovano i vigneti più impervi dove si coltivano Nerello mascalese, Carricante e altri vitigni autoctoni ormai a rischio d’estinzione. Salendo sul versante a est, le zone più vocate sono collocate nei comuni di Viagrande, Zafferana, Santa Venerina e Milo per il Nerello mascalese e, sempre a Milo, in contrada Caselle, per il Carricante. Infine il versante nord del vulcano, dove si concentra il 45% della produzione e dove vengono prodotti i migliori rossi della zona etnea, perlopiù a base di Nerello mascalese. Nel comune di Randazzo si trovano ancora, in agro Gurrida, decine di vigneti di Grenache noir, ossia l’Alicante di origine spagnola. Vitigni autoctoni a bacca rossa quali il Nerello mascalese, il Nerello cappuccino, la Minnella, il Carricante ed il Catarrato a bacca bianca che danno origine alla Etna doc nelle declinazioni Etna Rosso e Rosato, Etna Bianco ed Etna Bianco superiore. I rossi presentano un colore rosso rubino che Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

la natura vulcanica del terreno riveste una importanza determinante sul profilo organolettico dei vini prodotti

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Alcuni produttori presenti alla degustazione

con l’invecchiamento assume riflessi granato; odore vinoso con un profumo caratteristico, sapore secco, caldo con una evidente mineralità. I bianchi sono leggeri, fragranti di colore giallo paglierino, profumo delicato e sapore armonico. Nel 1994 è stato costituito il Consorzio Tutela vini Etna doc con sede presso la Camera di Commercio di Catania che si propone di tutelare la viticoltura nella zona di produzione facilitando ed incoraggiando la diffusione dei vitigni adatti. Ed è stata realizzata una Strada del vino dell’Etna che si snoda per ben 215 chilometri di circonferenza con suggestivi percorsi per far conoscere le caratteristiche e le biodiversità di questo territorio. In occasione della degustazione è stato presentato il romanzo del dott. Salvo Foti “La montagna di fuoco” edito dalla Food editore. Un viaggio nato dall’esigenza di conoscere la propria terra attraverso nuovi occhi accompagnato da un amico.

nel prossimo numero un reportage tecnico della degustazione, completo di schede organolettiche pagina 31


SPECIALE

diVinando Finale emozionante a Conegliano nella taverna di

Carpené Malvolti del trofeo a squadre riservato alle Delegazioni FISAR. Una splendida giornata che ha decretato il successo di una gara accolta con entusiasmo dai nostri sommelier

l’esperienza di DIVINANDO è assolutamente un’esperienza da ripetere ed accrescere, per l’alto valore che si porta dentro e la capacità di diffondere in tutta l’associazione il giusto spirito di squadra

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diVinando

Trionfa Trionfa Treviso Treviso

Treviso sale sul gradino più alto del podio della prima edizione di Divinando, il concorso a squadre riservato alle delegazioni provenienti da tutta Italia e organizzato dalla Fisar con la preziosa collaborazione di

Carpené Malvolti e svoltosi domenica 19 ottobre nella sede della storica casa spumantistica. La delegazione guidata dal capitano e delegato Luciano Cescon, ha avuto la meglio sull’agguerita delegazione di Montecarlo

il Delegato Luciano Cescon riceve il trofeo DIVINANDO 2008 dal Presidente Cardaci e da Rosanna Carpenè. pagina 32

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SPECIALE

diVinando “ Treviso sale sul gradino più alto del podio della prima edizione di Divinando

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Delegazione Fisar Montecarlo

Delegazione Fisar Brescia

capitanata da Stefania Sforzi che ha ceduto il passo ai trevigiani solo nell’ultima prova. Al terzo posto la delegazione di Livorno guidata da Emilio Bellatalla. Manca per un soffio il podio la delegazione di Brescia che assieme alla prime tre si era guadagnata l’accesso alla prova finale del pomeriggio eliminando nelle prove di sbarramento le pur brave squadre delle delegazioni di Firenze e

di Jesi. Le squadre si sono affrontate rispondendo ad una lunga seria di quesiti sulle tipologie di vino, sui territori di produzione e il riconoscimento “bendato” di più vini. Domande studiate dal nostro CTN per rispondere alle quali non bastava una semplice conoscenza della materia ma necessitavano di doti intuitive, apertura mentale e cultura generale. Ad allietare la pausa pran-

zo, un risotto con scampi e zucchine cucinato da uno chef d’eccezione: Andrea Zanin, il cuoco e maestro pasticcere di Mestre appena rientrato da Tokio, dove ha rappresentato la cucina italiana - veneta in particolare - a Italian Fair, l’evento dedicato alle specialità alimentari italiane organizzato dalla catena di centri commerciali Isetan. La consegna del Trofeo e delle medaglie è avvenuta alla presenza del Presidente Fisar, Vittorio Cardaci Ama, e di Rosanna Carpenè, quinta generazione della casa veneta che proprio quest’anno festeggia 140 anni dedicati al Prosecco DOC di Conegliano e Valdobbiadene e all’Arte Spumantistica. Assieme a Luciano Cescon hanno ricevuto la medaglia d’oro DIVINANDO 2008 gli altri componenti della squadra: Laura Minato, Michela Taffarel, Davide Zanette e Niccolò Milanesi che hanno ricevuto un caloroso applauso dai componenti delle delegazioni sconfitte. In questo, si misura il vero successo della manifestazione. Nello spirito che si è creato tra i vari partecipanti che la sera antecedente la finalissima si sono ritrovati tutti insieme per una cena conviviale organizzata dai ragazzi trevigiani e proprio per questo l’esperienza di DIVINANDO è assolutamente un’esperienza da ripetere ed accrescere, per l’alto valore che si porta dentro e la capacità di diffondere in tutta l’associazione il giusto spirito di squadra.

Delegazione Fisar Jesi

Delegazione Fisar Livorno

Delegazione Fisar Firenze

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Viticoltori Associati di Vinchio-Vaglio Serra: i premi arrivano dall’estero Negli ultimi 5 anni la Viticoltori Associati di Vinchio - Vaglio Serra ha vissuto e sta attualmente vivendo un processo di internazionalizzazione, con un esportazione in piena crescita in 19 paesi (pari al 30% dell’intera produzione circa 1.200.000 bottiglie annue) sugli storici mercati Europei e oltreoceano come Germania, Inghilterra, Scandinavia, Stati Uniti, Canada e Centro America, Singapore oltre ad essersi affacciata sui nuovi mercati dell’Est-Centro Europa come Polonia, Slovakia e paesi baltici. Un successo determinato dalla indiscussa qualità dei vini e dall’importante collaborazione aziendale; nell’ultimo anno tali fattori hanno portato al raggiungimento dei più ambiti premi internazionali. Il grande successo 2008: Decanter World Wine Awards 2008 5 premiazioni - unica azienda in Piemonte GOLD MEDAL: Barbera d’Asti Doc Superiore Sei Vigne Insynthesis 2006 BRONZE MEDAL: Barbaresco Docg 2003 COMMENDED: Barbera d’Asti Doc Superiore LAUDANA 2005 COMMENDED: Barbera d’Asti Doc Superiore VIGNE VECCHIE 2005 COMMENDED: Barbera d’Asti Doc Superiore I TRE VESCOVI 2006 Viticoltori Associati di Vinchio & Vaglio Serra - www.vinchio.com

Il “Ripasso” Tommasi in volo con British Airways La compagnia di bandiera inglese BRITISH AIRWAYS ha scelto per la sua Business Class – Club World il “RIPASSO” Valpolicella Classico Superiore doc di TOMMASI VITICOLTORI. Il “RIPASSO” sarà servito nella più esclusiva classe di viaggio British Airways, che assicura a chi sceglie “Club World” l’esperienza di volo più rilassante e tranquilla e che annovera la migliore selezione di vini di alta qualità. Non solo un bel risultato, ma anche un’importante soddisfazione per la riconferma di questo vino unico selezionato dalla compagnia inglese per la seconda volta, a testimonianza dell’impegno della famiglia Tommasi nel produrre vini di alta qualità, a partire dall’estrema dedizione e cura della vite e del lavoro nei vigneti di proprietà posti sulle migliori col-

line della Valpolicella classica, come La Groletta, la Conca d’Oro, Ca’ Florian, per finire poi in cantina dove le uve sono seguite passo dopo passo nei procedimenti di vinificazione ed affinamento nelle botti di rovere. Il “Ripasso” è prodotto solo nelle grandi annate di Amarone. Questo Valpolicella Classico Superiore viene “rifermentato” sulle vinacce utilizzate per la produzione dell’Amarone, ancora calde e ricche di zuccheri. Il risultato è il “Ripasso” TOMMASI che ha personalità da grande vino, rosso rubino intenso, dal profumo ricco e speziato, pieno, intenso e morbido: un’ esperienza indimenticabile per il palato. TOMMASI VITICOLTORI è una azienda familiare, fondata nel 1902. È situata a Pedemonte, nel cuore della storica Valpolicella Classica. Si è consolidata nel corso degli anni e oggi si estende su 135 ettari di vigneti di proprietà nelle zone DOC della provincia di Verona, situati sulle migliori e più rinomate colline del territorio. Dal 1997 la famiglia Tommasi possiede, inoltre, la splendida tenuta POGGIO AL TUFO, che si estende su 66 ettari nella Maremma Toscana. TOMMASI VITICOLTORI è attualmente diretta dalla quarta generazione della famiglia, sempre spinta dalla medesima passione per il vino e per il territorio e che ha fatto della qualità un dovere morale. TOMMASI Viticoltori - www.tommasiwine.it

L’Aquila Reale di Cesarini Sforza Presentata a Trento, lo scorso venerdì 26 settembre, la nuova cuvée “Aquila Reale” della Cesarini Sforza, alla presenza delle istituzioni locali, della stampa e dei rappresentanti della struttura commerciale dell’azienda. La giornata ha avuto inizio con la visita al Maso Sette Fontane, in Val di Cembra, dalle cui uve Chardonnay è stata ottenuta la cuvée “Aquila Reale” – Trento D.O.C. Riserva Millesimata 2001. Il Maso, conosciuto per le sue produzioni d’eccellenza fin dal secolo XVIII, si trova a 500 metri sul livello del mare, si affaccia con una spettacolare veduta sulla Valle dell’Adige e offre le condizioni ideali per ottenere grandissime uve da utilizzare come basi spumante. La visita al vigneto, di grande interesse scientifico, è stata condotta dall’agronomo Corrado Aldrighetti e ha visto la partecipazione della famiglia Moser, proprietaria del Maso Sette Fontane. A Ravina, presso gli stabilimenti della Cesarini Sforza, il programma è prose-


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guito con la degustazione tecnica della nuova cuvée “Aquila Reale”: l’amministratore delegato dell’azienda, Fausto Peratoner, e l’enologo, Giorgia Brugnara, hanno risposto alle numerose domande che hanno animato il dibattito seguito agli assaggi. In serata, l’evento è culminato con la cena di gala al Relais Gourmet Maso Franch di Giovo: qui lo chef stellato Markus Baumgartner ha accompagnato personalmente i numerosissimi ospiti in un insolito percorso degustativo, secondo la formula di sua creazione, “Festival della Cucina”, che ha visto il servizio di “Aquila Reale” Cesarini Sforza a ogni portata. Fratelli Rinaldi Importatori - info@rinaldi.biz

Il Ruchè Montalbera presentato nella terra dei Baroli Quando gusto ed atmosfera s’incontrano… un tappeto di rose sembra scintillare ai nostri piedi. Ed è il delicato effluvio della rosa canina ed il particolar sentore che sprigiona dai calici quando in tavolo viene servito il Ruchè Montalbera di Franco Morando, giovin Signore e ambasciatore dei nobili filari di viti monferrine. L’occasione è stata la serata di degustazione presso il Ristorante Carpe Noctem et Diem in Pollenzo (Cn) al centro di un fascinoso anfiteatro romano. Qui, dinnanzi a palati esigenti ed abituati ad austere degustazioni dei famosi Baroli e Barbareschi, si è presentato il Ruchè “l’accento” Montalbera con contezze da parte dei presenti strabiliati. Ci siamo dunque lasciati condurre in un gioco di sapori dove il vino ha sapientemente fatto da cornice alle prelibatezze firmate da Gian Battista Asteggiano divin proprietario del ristorante. Prosit!!! Montalbera - Terra del Ruché - www.montalbera.it

Oscar Farinetti IL MERCANTE DI UTOPIE È in libreria da meno di un mese e la prima edizione – 17 mila copie – è già andata a ruba. Si chiama “Il mercante di utopie” (Sperling & Kupfer, pp. 288, euro 17), scritto dalla giornalista torinese Anna Sartorio: la storia, a tratti lirica a tratti ironica, di Oscar Farinetti, inventore di Eataly e già patron di UniEuro, oggi amministratore delegato di Fontanafreddaha e proprietario di altre sei aziende vitivinicole sparse per l’Italia, tra cui Borgogno, la più antica cantina di Langa. In questa terra del Cuneese Oscar nasce e trascorre l’infanzia. In questa terra suo padre, il Capitano Paolo, diventa eroe della Resistenza. Ed è proprio da queste colline che Farinetti comincia la sua irresistibile ascesa, facendo prima centro con l’elet-

tronica di consumo, negli anni Novanta; poi realizzando la Grande Utopia: il più grande supermercato al mondo dedicato solo ai cibi (e ai vini) di alta qualità. “Il mercante di utopie” parte da qui: dal 27 gennaio 2007, nell’ex fabbrica torinese della Carpano, giorno dell’inaugurazione di Eataly, per dipanarsi in un flash-back lungo una vita, tra avventure, incontri, sconfitte e vittorie, in un viaggio quasi picaresco tra luoghi e personaggi (celebri e non) che, a vicenda, si cambieranno la vita.

Ristoranti e Vini d’Italia de L’ESPRESSO - le Guide 2009 Mercoledì 8 ottobre alla Stazione Leopolda di Firenze in collaborazione con Pitti Immagine, scenografica presentazione delle edizioni 2009 della Guide de L’Espresso Ristoranti d’Italia e dei Vini d’Italia. Per quanto riguarda la ristorazione, 16 sono i ristoranti con “tre cappelli”. La Francescana di Modena (Massimo Bottura) sale a 19,5/20 e raggiunge al vertice Alajmo, Pierangelini e Vissani. Dietro la Lombardia, la Campania, ancora in crescita, insidia il secondo posto del Piemonte. Per i Vini d’ Italia sono invece 13 le aziende che hanno ottenuto la massima valutazione delle tre stelle su un totale di 2.300 produttori recensiti. Due i vini che hanno ottenuto i 20/20:: il Barolo Riserva Monfortino di Giacomo Conterno e il Barbaresco Crichët Pajé di Roagna. Un vero successo per i vini piemontesi, che con 66 “eccellenze” hanno raddoppiato la cifra raggiunta lo scorso anno grazie all’effetto trainante dei Barolo della grande annata 2004. Direttore Editoriale Enzo Vizzari curatore della Guida Ristoranti d’Italia. Per la Guida Vini d’Italia i curatori sono Ernesto Gentili e Fabio Rizzari. In edicola e in libreria: euro 22,00


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Creato il Club “Ambasciatori del Cabreo” Il Cabreo oggi è un simbolo di una forte connotazione territoriale, sempre più ricercata dagli appassionati enogastronomi. È per questo che è stato creato il “Club degli Ambasciatori del Cabreo” per riunire, ogni anno, un centinaio di ristoranti, enoteche o wine-bar selezionati, sotto la grande bandiera della tradizione enogastronomica italiana e della “qualità Cabreo”. È anche un modo per affrontare questi momenti di contrazione dei consumi cercando maggiori sinergie operative nella filiera tra la produzione e il consumatore. L’Ambasciatore del Cabreo è in realtà il beneficiario di una serie di attività studiate per valorizzare il proprio locale e per essere più propositivi con la clientela. Verrà data maggiore visibilità attraverso il sito: www.ambasciatoridelcabreo.com, che diventerà una guida enogastronomica in rete. Verranno poi selezionati prodotti particolari di tutto il mondo da distribuire in modo esclusivo per il gruppo di ambasciatori. Questo progetto verrà raccontato su testate specializzate di settore utilizzando le foto di tutti questi protagonisti. A disposizione del “club” tutta la preparazione tecnica dello staff per organizzare stage formativi e piccoli corsi su tematiche inerenti al servizio del vino e degli abbinamenti. Nella stessa ottica saranno organizzati nella cucina attrezzata di Villa Nozzole incontri di piccoli gruppi di lavoro su temi inerenti alla grande varietà e alla ricchezza della enogastronomia italiana. L’appassionato gourmand potrà riconoscere il locale selezionato grazie al doppio magnum del Cabreo il Borgo personalizzato e anche attraverso un adesivo, da attaccare all’ingresso, che riporta il logo del Club. Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute - www.tenutefolonari.com

Autunno di premi per Duca di Salaparuta Il Pro Carton Ecma concorso annuale rivolto alle cartotecniche europee, ha contato quest’anno 122 iscritti provenienti da ben 11 paesi europei e ha visto l’Italia distinguersi. Il concorso è organizzato dalla Pro Carton, l’Associazione europea dei produttori e trasformatori di cartone e cartoncino. Tra i vincitori il marchio Florio, la nota casa vinicola siciliana, che si è aggiudicata il premio per il design più innovativo e per il miglior uso del cartone con la confezione Morsi di Luce ideata dalla Cartografia Pusterla. Elegante e raffinata, i suoi colori richiamano la vulcanica isola di Pantelleria dove vengono coltivate le uve Zibibbo che danno vita a Morsi di Luce, a chiudere la confezione un frammento di pietra lavica. Duca di Salaparuta - www.duca.it

Chiude in positivo la Douja d’Or 2008 Il 28 settembre scorso ha chiuso i battenti la Douja d’Or 2008. I dati confermano che si tratta di una iniziativa in ulteriore crescita: complessivamente nei 17 giorni di apertura le degustazioni dei vini sono state oltre 37.000 e sono state vendute oltre 22.000 bottiglie. Particolarmente gradite anche le offerte gastronomiche: dopo il “pienone” dei piatti d’Autore, si riconferma il successo delle specialità straniere con 1.661 piatti degustati dal 22 al 26 settembre. Anche la new entry della Scuola Alberghiera di Agliano Terme, presente il 27 e 28 settembre, è stata accolta positivamente con 345 piatti serviti nell’area ristorazione di Palazzo del Collegio. “Parlando della prossima edizione – afferma in conclusione il Presidente della Camera di Commercio Dr. Mario Sacco - stiamo valutando di introdurre per il prezzo delle degustazioni una fascia unica, che vada a copertura del servizio e non della qualità, che è una priorità assoluta della nostra manifestazione”. Camera di Commercio di Asti - www.at.camcom.it

Degustivina - 9a edizione dal 21 al 22 novembre 2008 Importante banco d’assaggio dei vini siciliani (ma non solo) a Palermo nell’ex deposito locomotive di S. Erasmo. Una selezione di oltre 50 aziende tra le più prestigiose della realtà isolana per un appuntamento che, giunto alla sua nona edizione, ha ancora molto da offrire a esperti e appassionati, con lo scopo di diventare un punto di riferimento certo per la promozione e la crescita delle aree vitivinicole locali. L’associazione Enos, promotrice dell’iniziativa, ha registrato il marchio Degustiviae per valorizzare il progetto Strade del Gusto di Sicilia, di cui si parlerà giovedì 20 novembre nel corso del convegno “Marketing territoriale e vino”. Inoltre verranno presentate le nuove Doc Passito di Moscato di Noto, Rosso di Noto e Nero d’Avola di Noto, in collaborazione con il Consorzio Tutela Vini Doc Eloro e Moscato di Noto. Uno spazio sarà riservato alla terza edizione di Volio, vetrina dedicata all’olio extra vergine di oliva che negli anni scorsi ha riscosso grande interesse di pubblico e critica. www.degustivina.it


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Alla Reggia di Venaria premiati i vini di Montagna Nella splendida cornice della sala “Scudieri” del Parco la Mandria di Venaria (TO) si è svolta il 6 settembre scorso la premiazione del XVI concorso internazionale dei vini di montagna organizzato dal Cervim. I viticoltori sono stati premiati dal Presidente del Cervim François Stevenin, dall’Assessore all’Agricoltura Regione Piemonte Mino Taricco, dal consigliere regionale della Valle d’Aosta Mauro Bieler, dal Presidente dell’Uncem Piemonte Lido Riba, dalla Presidente del Parco la Mandria Emanuela Guarino e dal Direttore Generale di Assoenologi Giuseppe Martelli, che ha presentato i primi dati della previsione dell’annata vendemmiale 2008, confermando una diminuzione dell’uva in termini di quantità. Il Cervim, ha voluto dare un Riconoscimento Speciale alla Casa di Reclusione dell’Isola di Gorgona (Li) che ha presentato fuori concorso un Vermentino Passito “Gorgona”. Il premio è stato ritirato dal Vice Comandante della casa di reclusione Giovanni Martano, che ha sottolineato come questo riconoscimento sia importante per i detenuti ma anche per tutti gli operatori che hanno creduto in questo progetto. CERVIM - www.cervim.org

Cantine Pellegrino si rinnova all’insegna del gusto, della tradizione e della ricerca Nuovo logo e nuova veste grafica per i bestseller liquorosi di Cantine Pellegrino Villa del Sole, Zibibbo Liquoroso Sicilia IGT, Malvasia Sicilia IGT, Moscato Sicilia IGT, Pantelleria Moscato DOC, Pantelleria Passito DOC: i vini dolci di Sicilia affrontano le prossime stagioni con un nuovo volto a conferma di una inalterata qualità. Un look altamente attrattivo, ad alto impatto visivo e emotivo, che evoca immediatamente i colori che il sole siciliano disegna. L’etichetta infatti ribadisce la centralità del brand e la forza della straordinaria tradizione di Cantine Pellegrino, sposando uvaggi diversi per vini apprezzati in tutto il mondo. “Questo restyling vuole rendere ancora più immediato il legame tra i nostri vini e la terra generosa che li produce, così come con le nostre storiche cantine – commenta Emilio Ridolfi, Direttore Commerciale del gruppo – Valorizzando, per il consumatore che li sceglie allo scaffale, un’immagine

bella, moderna e pulita, capace di trasferire in poche chiare parole la qualità indiscussa dei nostri Vini”. Carlo Pellegrino S.p.a. www.carlopellegrino.it

La Cantina Vignaioli al 48° Salone Nautico di Genova Il 48° Salone Nautico di Genova è stato un palco d’eccezione per la Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano che ha offerto ad un folto pubblico di appassionati della nautica la degustazione del Morellino di Scansano DOCG. A pochi mesi dall’entrata sul mercato delle prime bottiglie di Morellino di Scansano D.O.C.G., avvenuta nel marzo 2008, la Cantina dei Vignaioli del Morellino di Scansano, con il suo Presidente, Benedetto Grechi e il direttore, Santino Ceccarelli, ha presentato, nell’animato panorama della Fiera di Genova, i sui vini d’eccellenza. I vini Bianco di Pitigliano Doc Rasenno e Talamo, il Vermentino Igt Toscana, il Roggiano, il Vin del Fattore e il Vignabenefizio i Morellino di Scansano nella produzione a DOCG, e il Sicomoro, il Roggiano Riserva e il San Rabano i Morellino di Scansano Riserva DOC sono stati proposti in degustazione, agli appassionati del mare e agli estimatori e del buono, con alcuni prodotti locali per far assaporare a tutti i presenti i più invitanti sapori della Maremma. Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano www.cantinadelmorellino.it

Premiata l’ASA a "Olio&Olive 2008" Con due giornate dedicate all’olivicoltura in Piemonte si è tenuta a Cumiana (To) la manifestazione “OlioeOlive 2008” conclusasi con un convegno moderato da Marcello Masi, Vicedirettore Tg2 e Direttore della rubrica Eat Parade, durante il quale l’Associazione Stampa Agroalimentare Italiana, nella persona del suo Presidente nazionale Roberto Rabachino, ha ricevuto un premio come “riconoscimento per l’impegno e la professionalità dei giornalisti della stampa agroalimentare italiana nella promozione e diffusione dell’olio di oliva e dell’eccellenza alimentare italiana”.


Girovagando

di Mario Del Debbio

Presentata a Firenze l’edizione 2009 della guida “I Vini d’Italia de l’Espresso”. Un vernissage scenografico nella suggestiva Stazione Leopolda con il professionale supporto dei sommelier della FISAR che hanno curato il servizio dei vini in degustazione.

Eccellenti nell’eccellenza nell’eccellenza

idealmente brindiamo ai nostri bravi sommelier che per il quinto anno consecutivo hanno dimostrato la loro professionalità nel servizio dei vini

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Son ben 185 i vini che hanno meritato un punteggio di almeno 18/20 e che rappresentano l’eccellenza della guida 2009. Ventisei in più dello scorso anno tra cui molti piemontesi che firmano un successo dovuto soprattutto alla bontà dell’annata 2004 del Barolo. 2.300 i produttori censiti suddivisi nelle varie regioni, per 13 di loro il massimo riconoscimento delle tre stelle: Castello di Ama, Conterno Giacomo, Dal Forno Romano, Gaja, Giacosa Bruno, Isole e Olena, Ornellaia, Pacenti Siro, Poliziano, Produttori Terlano, San Guido, Valentini, Voerzio Roberto. Nel presentare la guida il Direttore Enzo Vizzari, affiancato dai curatori Fabio Rizzari ed Ernesto Gentili, ha ricordato come il mondo del vino sia cambiato e continui a cambiare. Da una smodata ricerca di forza e robustezza basata su un utilizzo sempre più diffuso di vitigni internazionali, stiamo finalmente tornando alla finezza e all’eleganza, al rispetto delle identità storiche e territoriali giocando sulle caratteristiche dei vitigni autoctoni. Per dirla in un altro modo, come possiamo leggere nell’introduzione della guida: si leggono i sintomi di una transizione da vini che si sorseggiano a vini che, vivaddio, si bevono. In questo sta la grande scommessa dei produttori anche in vista dei profondi cambiamenti che le nuove leggi della Comunità Europea

porteranno nel campo delle DOP. Il Piemonte però, non la fa da padrone solo nel campo dei rossi, raccogliendo eccellenze anche con un vitigno che sembrava ormai passato in secondo piano come il Gavi, ed assieme al Soave Contrada Salvarenza di Gini e al friulano Sacrisassi de Le Due Terre, conquista il punteggio più alto tra i bianchi (19/20) con il Langhe Bianco Hérzu di Ettore Germano. La Toscana rimane quest’anno leggermente in ombra e raggiunge “solo” i 18,5/20 con i Chianti Classico Il Borghetto 2005 e la Riserva 2004 di Castell’ in Villa oltre all’IGT d’Alceo 2005 del Castello dei Rampolla. Grande assente dai vertici della guida il Brunello di Montalcino, se si escludono le presenze di Biondi Santi, Il Colle e Poggio di Sotto. Annata poco felice a parte, sotto giudizio l’assolato 2003, il grande rosso toscano paga sicuramente lo scotto di una situazione non ancora del tutto chiarita che ha lasciato profonde ferite nel mercato. 18,5/20 anche per il Pas Operé Gran Cuvée 2002 di Bellavista giudicata miglior bollicina dell’anno. La stessa con la quale idealmente brindiamo ai nostri bravi sommelier che per il quinto anno consecutivo hanno dimostrato la loro professionalità nel servizio dei vini meritandosi pure loro un grande punteggio: eccellenti nell’eccellenza. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


Girovagando

I nostri assaggi a cura di Marzio Berrugi Marzio Berrugi

Roagna Barbaresco 1999 Crichet Pajè È uno dei 20/20 difeso strenuamente dai selezionatori per certa sua rustica ed antica tipicità. Dopo tempi di ossigenazione biblici se ne apprezza il Barbaresco di una volta: cannella, piacevolissimo mentolato, legni profumati e frutta. Decisamente maturo con tannini decisi ed abbondanti che ci sembra intacchino eleganza ed equilibrio, pur supportando bene la struttura. Gran vino, ma un “punt e mes” sotto, ci sono almeno una diecina di bottiglie un pò sacrificate. Giacomo Conterno Barolo Monfortino Ris. 2001 La bottiglia vale tutti i 20/20 assegnatile. Colore non apoplettico, ma sicuramente rosso barolo con unghia che avverte affinamento in corso. Naso che si riempie di rosa, frutta, legno profumato e spezie con china, cannella e liquirizia:insieme molto fine ed elegante. Corpo pieno ed equilibrato con tannini eleganti e maturi in grande equilibrio con alcol ed acidità. Da meditazione e nella sua collocazione naturale sul brasato, su selvaggina da pelo e, a partire da novembre, sul cinghiale. Bruno Giacosa Barbaresco Asili Ris. 2004 Emozionante riserva, tra i nostri primi assaggi. Colore d’antan, senza inutili profondità. Frutta, essenze e legni odorosi con elegante spruzzata di cannella. Inizio di maturazione sull’unghia, poi in bocca ci si accorge che insieme alla sapidità ci sono ampi margini di evoluzione. Grande equilibrio con acidità ben espressa, tannini soffusi ed eleganti ed alcol piacevolmente avvolto dalla sapidità. Lunga la persistenza. Si pensa subito a selvaggina di penna dalla starna al fagiano, si sognano abbondanti crostini di beccaccia.

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Girovagando

Romano Dal Forno Amarone Vigneto Monte Lodoletta 2003 A dolcezza frenata, questa la prima che cosa che passa per la testa accostando il bicchiere al naso ormai ottuso dagli effluvi zuccherini sui quali gli amaroni sembrano essersi adagiati. Prima del naso il colore profondo, elegante, vivo che preannuncia lunga evoluzione. Molto ampio in bocca con frutto rosso contenuto ma ricco e non zuccheroso, fieno profumato e legni resinosi asciutti, morbidezza ed alcol avvolti e contenuti da sapidità netta e ricca. Lunghissimo il fin di bocca, mai disarmonico. Forse è sconveniente berlo insieme al cibo. Gaja – Sorì Tildin 2005 Poter sfruttare sia il nome che questa bottiglia si è conquistato nel tempo, sia la DOC Langhe lascia al produttore mano molto più libera sui vitigni portando ad un vino intenso di colore, ancora giovane, ricchissimo di profumi intensi e fini. Subito le spezie con evidenti cannella e china, poi affioramento di percezioni balsamiche di legni che ricordano il ginepro stagionato e frutta matura in ottimo equilibrio. Morbido ed armonioso in bocca e potente con tannini lunghi di ottima qualità, fa pensare ad abbinamenti con formaggi stagionati come caprini, tome d’alpeggio ricche e profumate, montasio, ma non alla fine del pasto col palato affaticato bensì a merenda quando sensi e bocca sono liberi e vigili. Barbaresco 2005: un po’ arcigno con legno e tannini ancora in cerca di armonia, ma asciutto di buona struttura con tipicità chiaramente avvertita in bocca. Tenuta San Guido Sassicaia 2005 Maturità già piena come il colore suggerisce. Al naso sentori coloniali evidenti, boisè preciso, piacevole e ben integrato così come il profumo di paglia odorosa. Snello ed elegante in bocca, ben strutturato, ben fusi gli elementi portanti specialmente i tannini. Cacciagione di pelo anche in prosciutto ed altri salumi è la prima proposta cui segue formaggio stagionato non troppo saporito. Valentini Trebbiano di Abruzzo 2005 Vino restio a concedersi ed a dispiegare tutta la sua stoffa. Abbisogna di paziente ossigenazione, non sempre possibile. Ma è trebbiano, a differenza di altri famosi abruzzesi. Naso in progressione, apparentemente deludente all’inizio, ma con frutta e vegetali fini ed armoniosi. Buon corpo equilibrato e piacevole con persistenza sufficiente. Esempio di quanta strada abbia fatto il trebbiano d’Abruzzo negli ultimi due decenni. pagina 40

Le Due Terre COF Bianco Sacrisassi 2006 È dura non poter più scrivere Tocai, ma ancor più dura è scrivere Friulano come vitigno in purezza. Magari Friulaner Weisse, chissà mai. Piccola traccia dell’antico splendore è la citazione in etichetta, in piccolo, di recenti premiazioni quando ancora si poteva scrivere Tocai. Il vitigno però ritorna prepotente quando, goduto il colore cristallino ed elegante, si avvicina il bicchiere al naso. Immediata la nocciola fresca, mandorla appena sgusciata nel finale, gialla la frutta. Nel mezzo affiorano erbe aromatiche forse rosmarino forse salvia con percezione globale di cremosità. Lungo in bocca e caldo, corposo ed armonico con gentile percezione di legno. Germano Ettore Langhe bianco Herzù 2006 Rheinriesling di elevatissima qualità che mi ha ricordato un 2004 di un piccolo produttore di Muscoline, alture del Garda. In Germania bisogna assaggiare la parte storica della Bernkastel per ritrovare queste sensazioni. Netti ed assai intriganti minerali ed idrocarburi, poi note piacevolmente tostate e frutta, il tutto di abbondante intensità. Ben fresco in bocca senza per questo perdere pienezza e struttura, molto, molto lento a sparire. Carni bianche in arrosti aromatici, pesci azzurri di grande taglia in braciole appena grigliate. Gini Soave Classico Contrada Salvarenza V.V. 2006 Come osservato in altri bianchi, giallo paglierino non spesso, con pregevoli sfumature. Naso di frutta gialla, spruzzatina balsamica ed erbe aromatiche da arrosti. Nocciola piena in bocca netta e pulita. Sapidità e morbidezza ben percettibili ed importanti la dicono lunga sulla struttura. In tavola valgono le proposte del precedente. Tenuta delle Terre Nere Si possono fare vini equilibrati ed eleganti anche a Sud sulle pendici dell’Etna. La quota (600 metri ed oltre) ed il clima apportano profumi articolati ed acidità piacevoli. Il colore vivo e lucido ricorda il Pinot Nero, poi la bocca parla siciliano con liquirizia, legni e frutta cotta. Da segnalare che Terre Nere ha portato all’eccellenza sia Etna Prephilloxera 2006, più magro e snello, sia l’Etna su piede americano, Calderara Sottana 2006 ma vuoi mettere gustarsi un piede franco di quella portata? In conclusione, questi rossi che svettano come l’Etna su una pianura di neri d’Avola ricchi solo di frutta spesso cotta, tannici ed inutilmente cupi, sono piacevolissima sorpresa. Da osservare come la banda Vizzari abbia trascurato, mortificato i vini palestrati e gonfi di estratto. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


Firenze Stazione Leopolda - 8 Ottobre 2008

L JUDQGL HYHQWL VL DIÀGDQR D JUDQGL VRPPHOLHU COORDINATORE Luigi Mastrocicco ASSISTENTE Claudia Marinelli CAPI SERVIZIO Laura Maggi Riccardo Innocenti FISAR FIRENZE Roberto Frati Alessandro Bombardelli Luca Taddeucci Andrea Seroni Matteo Pucci Mauro Severi Stefano Alessi Andrea Micheli Giovanni D’Alessandro Luca Soletti Gianni Filippini Dimitri Bini Irene Burberi Rocco Padula Francesco Benozzi Chiara Micheli Marco Tabani Pasquale Cantisani Leonardo Finetti Anna Paola Coppi Giovanni Ballerini FISAR PONTEDERA Francesca Corsi Daniela Mattiacci Manuela Puccioni Luciano Mansani Massimiliano Chelli FISAR PISA Umberto Chericoni Lorenzo Mariotti Piero Ristori Angelo Bacci Alberto Nannizzi Liana Benini Francesca Verdi Roberto Menichetti

FISAR PISTOIA Simone Bartoli Giorgio Iannuzzo Angelo Laino Stefania D’Addio Giorgio Baglieri Andrea Sibaldi Moreno Frati FISAR LIVORNO Silvia Puccini Davide Amadei Monica Bracci Marco Canapicchi Fabio Baroncini Carlo Rampone Doriana Materazzi Luca Cecchi Marco Novelli Emilio Bellatalla Mario Albano Filippo Terrasini FISAR LE DUE VALLI Adriana Pieroni Valeria Ulivieri Isetta Nannini Luca Montorzi FISAR VALDICHIANA Claudia Masiello Marilena Sensi FISAR MONTECARLO Giorgio Bimbi Fabio Bagni Gabriele Bernacchi Barbara Corrieri Michele Lazzareschi Gino Luporini Stefania Sartini Daniele Venturini FISAR VERSILIA Andrea Baglietti Ilaria Natucci Luca Lumini Massimo Nicoletti Massimo Volpi Davide Fiori

FISAR ORVIETO Natale Cadamuro Graziella Gasparri Paolo Pimpolari Alessandro Ceci Domenico Colombini Roberto Belsole Paolo Testaguzza Elisabetta Bellocchio Gianluca Pepe FISAR VALDELSA Tiziana Santonocito Ana Maria Costales Alessio Petri Franco Aiazzi Giuseppe Troilo Daniele Bernazzi Vincenzo Niccolini FISAR MASSA CARRARA Nunzia Celi Valerio Della Tommasina Tullio Scavone Alessandro Fontana Alcide Comastri Lucia Bertella FISAR VITERBO Cristina Baglioni FISAR PRATO Stefania Nanni Daniele Arnetoli Alessio Vitale FISAR FABRIANO E IESI Simone Stroppa Luciano Todisco Giovanni Elce Fabbretti Stefano Cantarini Sauro Bini FISAR ROMA Paola Mastrocicco

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La parola all’esperto

di Piera Genta

12.500 ettari compresi tra i comuni di Dicomano, Londa, Pelago, Pontassieve e Rufina, sulle alture ad est di Firenze. Una piccola zona, ma una delle più antiche e vocate, conosciuta fin dall’età etrusca con un vino che dal 1984 si può fregiare della docg ed un Consorzio di tutela creato nel 1980.

Chianti Chianti Rufina: Rufina: il Chianti più alto Siamo alla vigilia dell’anteprima ed incuriositi dallo slogan di “Chianti più alto” chiediamo al presidente del Consorzio Giovanni Busi il motivo. Perché siamo la zona di produzione più a nord dell’intera denominazione Chianti con un’altitudine media più alta delle altre zone. Per il resto saranno i nostri clienti a trovare altre interpretazioni. Come è andata la vendemmia 2008? Abbiamo avuto una primavera molto piovosa e questo ha comportato un’allegagione minore dei fiori e quindi grappoli più spargoli, che si traduce automaticamente in “qualità”. L’estate è stata ottima non molto calda, le notti direi fresche e questo in una zona come il Chianti Rufina significa avere vini molto profumati. Presidente del Consorzio

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Può spiegare la differenza tra Chianti Classico e Chianti Rufina? Innanzitutto c’è una differenza di collocazione delle due aree, una si trova a sud di Firenze e l’altra, il Chianti Rufina, a nordest. Il Chianti Classico essendo a sud gode di un clima più caldo, meno piovoso, i terreni sono più galestrosi, il che si traduce in vini più grassi, più opulenti e colori più intensi. Il Chianti Rufina più a nord-est ha un clima più fresco, più piovoso e quindi le piante non vanno in stress idrico nella fase di maturazione; i terreni sono meno galestrosi, più argillosi e ricchi di scheletro, tutto questo permette un’ottima percolazione delle acque. I vini sono molto profumati, eleganti e longevi, i tannini esprimono la loro complessità e struttura in modo da dare vini adatti ad accompagnare sia piatti semplici che complessi come gli stufati. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


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La parola all’esperto

L’estate è stata ottima non molto calda, le notti direi fresche e questo in una zona come il Chianti Rufina significa avere vini molto profumati

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Di recente si è concluso lo studio di zonazione, durato quattro anni, condotto in collaborazione con l’Università di Milano per capire i vari tipi di terreni, le loro morfologie ed ottenere sempre il massimo in termini di qualità. È di qualche mese fa l’incarico da parte del Ministero delle Politiche Agricole per svolgere azioni di tutela e di promozione dell’area. Come intendete procedere?

Da più di un anno abbiamo iniziato a farci conoscere al grande pubblico attraverso la stampa ed organizzare degustazioni in varie città italiane e straniere dimostrando, con il bicchiere, quello che andiamo a dire. Anche l’anteprima, che quest’anno si svolge il 14 e 15 Novembre, è un momento importante per presentare al grande pubblico i prodotti che a breve avranno l’opportunità di acquistare. Una opportunità per conoscere vino e terri-

torio è rappresentata dal “Museo della vite e dei vino” ospitato a Rufina presso la Villa di Poggio Reale. La struttura museale racconta la grande vocazione del territorio ed il profondo rapporto che intercorre tra il vino e la campagna; è suddivisa in quattro sale, ognuna delle quali è dedicata ad un argomento particolare: la lavorazione in vigna, la cantina, i contenitori del vino, la fama del Chianti Rufina nel mondo e nei secoli ed è completata da un’enoteca e da una notevole biblioteca storica, che raccoglie volumi, documenti, fotografie e filmati su aspetti storici della vitivinicoltura.

Bottiglie Rufina vecchie annate pagina 44

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


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i to o c on i s sc ti R . * di tut .A. r .S pe F.I

Il 23 novembre parte la prima Crociera dei Sapori a bordo di Costa Serena. 5 giorni nel Mediterraneo, con 5 grandi chef, all’insegna del divertimento e della buona cucina italiana: corsi di cucina e di degustazione, escursioni ad-hoc presso produttori locali e molto altro ancora...

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Piccole DOC

Morro D’Alba piccolo borgo delle Marche che produce un vino rosso, aromatico, da bere giovane.

di Luca Iacopini

e Massimo Bracci

Nelle Marche Marche la vite fa parte della storia storiadel del territorio territorio Nel nostro girar l’Italia delle piccole Doc ci siamo avvicinati alle Marche, una regione che produce vino, come del resto tutta l’Italia, ma scarsamente menzionata nei grandi concorsi internazionali o nelle grandi testate giornalistiche, conosciuta solo per alcuni vini storici come il Verdicchio di Jesi. In questa regione si producono 2 Docg e 15 Doc, però tutte piccole o semisconosciute difficilmente ritrovabili sui mercati nazionali. La nostra curiosità ci ha portati a conoscere e degustare il Lacrima di Morro D’Alba Doc un vino rosso giovane interessante che in questa regione è un po’ in secondo piano rispetto allo strapotere dei vini bianchi. La zona di produzione si estende a nord-

Il Lacrima di Morro va servito in calice di media grandezza ad una temperatura di 15°

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ovest di Ancona e si sovrappone, sia parzialmente, a quella del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Comprende un ristretto territorio di circa sei comuni. Il centro della produzione è intorno all’omonima località da cui prende il nome: Morro d’Alba, un piccolo borgo a 30 km da Ancona di circa 1800 anime, che conserva ancora oggi testimonianze del suo passato come la cinta muraria pentagonale con le sue torri, i bellissimi sotterranei, e altri fabbricati di interesse storico-turistico. A differenza del Verdicchio qui le colline sono più dolci e basse, posizionate a pochi chilometri dal mare dove l’insolazione e le escursioni termiche notturne non possono che essere positive sulla maturazione. È uno degli ultimi vini che ha ottenuto la denominazione doc nella regione nel 1985, questo successo ha permesso al vino di salvarsi da una quasi certa estinzione. Sono state la caparbietà e l’orgoglio di alcune cantine di Morro d’Alba nel mantenere questa tradizione facendo in modo che non si espiantassero i ceppi autoctoni a favore di altri. Pensate che nel 1985 l’area di coltivazione era 7 ettari ed è arrivata al 2006 con quasi 200 ettari. Possiamo quindi parlare di una vera e propria rinascita. Si parla della presenza di questo vino fin dal 1167 in cui Federico Barbarossa durante l’assedio a Ancona scelse come propria dimora la fortezza di Morro d’Alba e da qui conobbe il famoso omonimo succo d’uva. A questo punto viene da domandarci perché si chiama Lacrima di Morro d’Alba? Il vitigno principale della doc è la Lacrima di Morro, un vitigno autoctono della zona. Il nome deriva da un particolarissimo fenomeno di maturazione: la buccia dell’uva quando arriva al punto di massima maturazione, crea una specie di spaccatura, lasciando gocciolare il succo come se lacrimasse, ecco quindi svelata l’origine. Da questo momento avviene velocemente la raccolta perché si tratta di una varietà tardiva, che matura a metà ottobre e il rischio di piogge e muffe è alto. La buccia del Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


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Piccole DOC

A differenza del Verdicchio qui le colline sono più dolci e basse, posizionate a pochi chilometri dal mare dove l’insolazione e le escursioni termiche notturne non possono che essere positive sulla maturazione

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Lacrima di Morro ha uno spessore notevole, il che, in fase di macerazione, fa sì che abbia una notevole cessione di sostanze coloranti e di tannini. Il vino che ne consegue ha sempre un colore rosso rubino intenso con sfumature violacee nel primo periodo, è di medio corpo, sono sempre evidenti profumi di viola e rosa. Il disciplinare di produzione della Doc prevede tre tipologie: Lacrima di Morro, Lacrima di Morro Superiore e Lacrima di Morro Passito, quest’ultima versione introdotta negli ultimi anni sta dando interessanti risultati di gradimento da parte dei consumatori. La percentuale di apporto del vitigno Lacrima di Morro è almeno del 85% possono concorrere alla produzione di questo vino altri vitigni a bacca nera, non aromatizzati, autorizzati dalla regione Marche sino ad un massimo del 15%. Questo uve hanno un grande potenziale aromatico anche se vinificate con la macerazione carbonica, ossia quella per fare i vini novelli, però il vino perde la doc e diventa Igt Marche. Essendo un vino non particolarmente strutturato ma con intensi profumi primari esprime le sue migliori qualità se consumato nei primi due anni.

La delicata e piacevole struttura del vino consente abbinamenti con antipasti di pesce azzurro marinato o in carpione, ai primi piatti in salsa rossa e ragù, ai secondi piatti di carne bianca evitando lunghe cotture. Anche carni abbinate con frutta per esempio: maiale alle mele, selvaggina con mirtilli, ovvero nei piatti dove predomina la tendenza dolce. Se affinato in rovere può tranquillamente sostenere anche preparazioni più forti e complesse. Il ”Lacrima” nel tipo passito ottimo per fine pasto con dolci, come crostate alla frutta o biscotteria secca. Il Lacrima di Morro va servito in calice di media grandezza ad una temperatura di 15° se invece il vino due/tre anni di invecchiamento e carico di tannini anche a 16°/17°. A margine vogliamo segnalare anche un altro prodotto locale che ci ha piacevolmente incuriosito, si tratta di un vino aromatizzato che ha le sue radici fin dai tempi del Medioevo nell’antica tradizione enologica marchigiana, si tratta del Vino di Visciole. Si utilizza una particolare varietà di ciliegia selvatica, la visciola, dal colore rosso scuro e dal sapore acidulo. Questa viene fatta macerare con lo zucchero in parte intera e in parte schiacciata. Ne consegue mediante una fermentazione la formazione di uno sciroppo morbido e profumato che dopo essere stato opportunamente filtrato viene aggiunto al vino innescando un’ulteriore fermentazione che amalgama perfettamente i due componenti. Questa viene interrotta a circa 14° alcolici per preservare un buon residuo zuccherino. Il vino che ne risulta è molto piacevole, morbido, senza perdere in freschezza. Una volta era considerato un vino da donna, proprio per omaggiare il gentil sesso con i suoi profumi, la sua morbidezza e la sua rotondità. Oggi viene considerato più un vino da meditazione. Al palato oltre alla ciliegia sono presenti piacevoli sentori di frutti di bosco e mirtilli. Insomma una dolce e piacevole occasione per ritrovare i sapori di una volta.

Per la degustazione ci siamo affidati a una delle aziende storiche delle regione, l’Azienda Velenosi, presente fin dal 1984. Abbiamo degustato il Lacrima di Morro d’Alba Superiore 2007. Nel bicchiere si presenta con un colore rosso rubino intenso, carico, con un unghia violacea più tenue. Si vedono archetti di ampia apertura e subito capiamo del buon grado di alcolicità di questo vino. Al naso sentiamo una forte intensità di frutti rossi, come la ciliegia e la fragola, accompagnato da un ottimo bouquet di fiori nel quale predomina la rosa. In bocca si confermano i sentori sentiti precedentemente e ci accorgiamo subito di una presenza di tannini che ci asciuga il palato ma dopo pochi attimi si trasforma in una intensa dolcezza e morbidezza, il tutto accompagnato da un buona alcolicità.

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Lunga vita ai vini dell’Alto Adige Sono nove e coltivano quasi esclusivamente in proprio i loro vigneti nei dintorni di Bolzano e Merano e dal 1994 si sono riuniti per scambiarsi esperienze nelle tecniche di viticoltura e di vinificazione formando l’Associazione vignaioli sudtirolesi. Da un paio d’anni il risultato delle degustazioni dei vini sono diventate il tema di un evento speciale che vuole mettere in rilievo come i vini dell’Alto Adige possano resistere nel tempo mantenendo pressoché inalterate le loro caratteristiche. L’ultima degustazione in ordine di tempo, aperta per ovvie ragioni solo a un numero limitato di privilegiati, si è tenuta lo scorso 4 settembre nello splendido Castel Cornedo vicino a

Bolzano dove è stata offerta anche una deliziosa cena preparata dal giovane e preparato chef Hannes Pignater del ristorante Steinbock di Villandro in Valle Isarco. In degustazione 22 bottiglie tra i 10 e i 15 anni, tra cui Santa Maddalena e Lagrein di tutto rispetto, Grauvernatsch di sapore intenso e 2 Sauvignon ancora ben aromatici. Una sorpresa le 5 bottiglie più vecchie, da un Sauvignon del 1977 dal profumo poco accentuato ma piacevole e gusto leggero a un notevole Cabernet Sauvignon del 1989. Star della serata un Blauburgunder del 1943, presentato nella bottiglia originale, con colore e profumo vagamente marsalati e un gusto ancora assoluta-

mente godibile. Tra i presenti la creatrice del vino Aloisia Menz, oggi una simpatica signora novantenne, che in quegli anni di guerra dovette arrangiarsi tra vigneti e cantina per sostituire gli uomini in guerra. Una serata interessante che ha dimostrato come i vini dell’Alto Adige possano reggere bene il passare degli anni, anche se delle tipologie che tradizionalmente non sono destinate per l’invecchiamento. Il sito di viticoltori è www.tirolensisarsvini.it Notizia inviata da Enza Bettelli

mmelier o S l I a t is iv r della La Redazione i augura a tutt

Buon Natale e Felice o v o u N o n n A

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Tesseramento 2009

Associarsi vuol dire: USUFRUIRE DI TUTTI I VANTAGGI RISERVATI AI SOCI Ricevere la rivista di enogastronomia e turismo “Il Sommelier” Partecipare a condizioni vantaggiose alle cene, alle degustazioni, agli eventi organizzati dalla vostra delegazione di zona

Usufruire di sconti e omaggi nelle maggiori manifestazioni enogastronomiche nazionali (Vinitaly, Salone del Gusto, Sensofwine ecc.) Usufruire di sconti in locali convenzionati in tutta Italia (Ristoranti, Enoteche, Cantine, Agriturismo ecc.)

Associarsi alla Federazione NON È MAI STATO COSÌ FACILE!

Compilate il bollettino allegato alla rivista con nome, cognome, indirizzo, delegazione di appartenenza, (non indicando nessuna delegazione, la Segreteria Nazionale Vi attribuirà la delegazione competente per territorialità)

INFO: Sede Nazionale F.I.S.A.R. Tel. +39 050 857105 - segreteria.nazionale@fisar.com


News dall’Italia

Angelo Gaja: Brunello di Montalcino, è ora di cambiare le regole Nella decade sessanta i vigneti di Sangiovese atti a produrre Brunello di Montalcino non raggiungevano i 60 ettari, i produttori una ventina, le bottiglie prodotte non più di 150.000; nello stesso periodo gli ettari piantati a Nebbiolo nell’area del Barolo erano 500, 115 i produttori/imbottigliatori, 3.000.000 le bottiglie di Barolo prodotte annualmente. Mentre però il Barolo non aveva un leader il Brunello di Montalcino aveva già in Biondi Santi un padre fondatore, l’artigiano che nel tempo aveva tenuto altissima la bandiera della qualità e del prezzo di un Brunello aristocratico, raro, prezioso, alla portata soltanto dei pochissimi che se lo potevano permettere. E poi arrivò Banfi. Per capire come sia esploso il fenomeno del Brunello di Montalcino non si può prescindere da Biondi Santi e da Banfi. Banfi, di proprietà dei fratelli americani Mariani distributori di vini sul mercato USA, innesca nella rossa Montalcino il sogno americano: il futuro è vostro amico, crescete e moltiplicatevi. L’avventura inizia con una serie di errori clamorosi. Con il benestare delle amministrazioni locali e dei sindacati agricoli i siti da destinare a vigneto vengono letteralmente stravolti, boschi e querce secolari abbattuti, colline abbassate di decine di metri… ; con l’assistenza dei guru della viticoltura vengono introdotte tecniche colturali che stanno agli antipodi della coltivazione accurata della vite; anziché piantare Sangiovese per produrre Brunello di Montalcino vengono piantati 500 ettari di Moscadello per produrre una specie di lambrusco bianco che non avrà successo. L’impresa sembrava volgere verso un fallimento clamoroso. E invece, miracolo, dopo lo sbandamento iniziale Banfi prende atto degli errori commessi, attua con pagina 52

tempestività la riconversione dei vigneti, punta con grande decisione alla produzione del Brunello di Montalcino e diventa il motore trainante della denominazione costruendo sul mercato USA, il più importante al mondo per i vini di immagine e di pregio, una forte domanda che ben presto ricade sugli ignari produttori di Montalcino e si propaga in tutto il mondo. Nessun’altra DOCG italiana ha la fortuna di avere un leader storico ed un leader di mercato come il Brunello di Montalcino. Grazie ad essi montò l’interesse, da parte di produttori/investitori italiani ed esteri, di venire a tentare l’impresa a Montalcino contribuendo così a consolidare la straordinaria spinta di crescita e di affermazione della denominazione sui mercati internazionali. Oggi gli ettari di Nebbiolo iscritti all’albo del Barolo sono 1.800 mentre quelli di Sangiovese riconosciuti idonei alla produzione del Brunello sono diventati 2.000 - e sì che i produttori hanno cercato di frenarne la

corsa introducendo il blocco degli impianti – 250 i produttori e 7 milioni le bottiglie prodotte annualmente. È stato da più parti fatto osservare che la maggioranza dei nuovi vigneti non possiede caratteristiche pedo-climatiche tali da assicurare al Sangiovese di esprimere vini di eccellenza e si è lamentata la mancata zonazione (catalogazione scientifica dei terreni con la delimitazione di quelli vocati e di quelli no): ma la zonazione in nessuna parte del mondo – ad esclusione forse della Borgogna che riconosce però non una, ma oltre cento denominazioni d’origine diverse - è diventata il principio ispiratore dei disciplinari di produzione. Meno che mai in Italia ove si è più propensi a coltivare la solidarietà e la compiacenza. Oggi a Montalcino c’è una minoranza di produttori che gode di un doppio privilegio: di avere vigneti iscritti all’albo ed in più di possedere vigneti di Sangiovese altamente vocati capaci di esprimere vini di eccellenza. E poi esiste una maggioranza di produttori che gode a Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


News dall’Italia

pieno titolo soltanto del primo privilegio. Sia dagli uni che dagli altri i consumatori si attendono un Brunello di Montalcino di elevata qualità. Il disciplinare di produzione, redatto nella decade sessanta, quando gli ettari iscritti all’albo erano ancora una sessantina, impone il 100% di Sangiovese per la produzione del Brunello di Montalcino. Con l’esplosione della superficie vitata la maggioranza dei produttori in possesso di vigneti di dubbia vocazione avvertiva la necessità di migliorare la qualità dei loro vini e apparve ai più evidente che l’imposizione del 100% di Sangiovese risultasse penalizzante. Si ritenne che il miglioramento genetico del Sangiovese attraverso la selezione clonale e l’introduzione di nuove tecniche di vigneto e di cantina avrebbero cambiato la situazione, mentre invece la questione resta sul tavolo oggi come allora.

Se le indagini che la magistratura ha in corso accertassero l’impiego di varietà diverse dal Sangiovese per la produzione del Brunello di Montalcino, la mancanza più grave commessa dai produttori sarebbe stata a mio avviso quella di non essersi adoperati prima per modificare il disciplinare di produzione e rimuovere il vincolo del 100% di Sangiovese. Voglio ricordare che il disciplinare del Rosso di Montalcino è ancora più inadeguato, presuntuoso e fuori del tempo. I disciplinari di produzione si possono modificare ed il compito spetta esclusivamente ai produttori. Ad ostacolare la modifica del disciplinare è il conflitto di sempre tra i produttori artigiani ed i produttori di grandi volumi, ispirati come sono a filosofie di produzione e a strategie di vendita diverse. Se si guarda però allo strepitoso successo del Brunello di Montalcino, occorre riconoscere che è nato dall’azione

sinergica degli uni e degli altri, che gli uni e gli altri sono stati preziosi nel procurarlo e consolidarlo. Ho letto che si ritiene inadatto ora un intervento atto a modificare il disciplinare di produzione del Brunello di Montalcino, quando l’indagine avviata dalla Magistratura è ancora in corso. A mio avviso è invece arrivato il momento di pensare seriamente al dopo cominciando dalla modifica del disciplinare; essa richiede coraggio, tolleranza e rispetto reciproco da parte dei produttori. Occorre individuare una formula che consenta agli artigiani di esprimere nei loro vini la straordinaria dignità del Sangiovese e di poterla dichiarare in etichetta rendendo così riconoscibile la loro fedeltà al 100% della varietà, ed ai produttori di grandi volumi di poter operare con maggiore elasticità: e tutti e due i vini debbono potersi fregiare del nome Brunello di Montalcino. Notizia inviata da Angelo Gaja

È Giuseppe Martelli il nuovo Presidente della Commissione Vini È il Direttore Generale di Assoenologi Giuseppe Martelli il nuovo presidente del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, organo del Mipaaf con competenza consultiva, propositiva ed amministrativa su tutti i vini designati con nome geografico. A nominarlo è stato il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia, con apposito decreto del 13 ottobre 2008. “Sono molto onorato della fiducia accordata dal ministro Zaia - dichiara Giuseppe Martelli - lavorerò con impegno e determinazione, secondo i principi cui mi sono ispirato fino ad oggi e mettendo a frutto l’esperienza maturata in cinque anni di presidenza della Commissione affari generali e in dieci di vicepresidenza del Comitato stesso, consapevole dell’importanza delle nuove sfide che questo settore strategico per l’agroalimentare made in Italy dovrà affrontare nel prossimo futuro”. Ufficio Stampa Fisar Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

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I vini da produzione biodinamica veri ambasciatori del territorio Una tavola rotonda sulla biodinamica come filosofia di vino: “Riflessioni ed approfondimenti sul presente e sul futuro dello stile di coltivazione introdotto da Rudolf Steiner” è stata organizzata a San Miniato (provincia di Pisa) presso l’azienda “Tenuta di Poggio” di Cosimo Maria Masini, un giovane produttore di vino che si è “convertito” alla biodinamica fin dal 2003. L’iniziativa voleva mettere a confronto le varie esperienze che attuano i principi della filosofia steineriana, anche con punti di vista diversi. Oltre al padrone di casa ne hanno parlato il prof. Marco Nuti (Dipartimento di Microbiologia dell’Università di Pisa), ed altri tre produttori che operano in aziende biodinamiche: Caiarossa, Tenuta di Valgiano e Fabbrica San Martino. Moderatore Sandro Sangiorgi direttore di “Porthos”: “Questa regione è una spina nel fianco: qui è più sentita la necessità di una agricoltura naturale”, ha detto nel presentare l’iniziativa. “Personalmente – ha detto Cosimo Masini – ho iniziato questa avventura con l’intenzione di intraprendere un’agricoltura che potesse essere sostenibile. I terreni erano stanchi e molto compatti, inariditi. Con dedizione e pazienza è cominciato il lavoro in vigna rivitalizzando il terreno con l’aiuto dei preparati biodinamici. L’obiettivo primario è sempre stato quello di arrivare a conoscere fino in fondo il territorio, per acquisire la sensibilità necessaria a comprendere i naturali ritmi biologici della natura e le energie che entrano in gioco quando si lavora con le piante”. Per il prof. Nuti, invece, “lo sfruttamento indiscriminato del terreno, il boom demografico e l’aumento dei consumi energetici, costituiranno una miscela esplosiva. Le piante infatti, trovano naturalmente ciò che necessita loro per crescere e riprodursi in maniera autonoma e con i loro tempi. Spingere l’acceleratore e forzare questo equilibrio fornendo elementi chimici in sovrabbondanza obbliga le piante stesse a eliminare questi eccessi. Un esempio? Fornendo azoto alla pianta questa ‘denitrificherà’, liberando azoto nell’aria”. Dominique Genot, agronomo-enologo dell’azienda “Caiarossa, Podere Serra all’Olio” di Riparbella (Pisa): “La biodinamica è al 95 per cento sul vino e si tende a limitare il più possibile l’attività agricola. In vigna utilizziamo i preparati consentiti. La biodinamica deve tenere conto di tutta l’azienda: vigna, olivo, bosco”. pagina 54

Giuseppe Ferrua (Fabbrica di San Martino, Lucca): “Oggi mancano i racconti di cosa facevano i nostri nonni. Sono arrivato all’agricoltura dopo una vita nella ristorazione. Fare biodinamica vuol dire rispetto per la terra che ci è stata affidata perché poi dobbiamo… renderla. Prima mi ero dedicato al biologico è poi è scattata la molla per la biodinamica. Oggi la biodinamica è una produzione minima: siamo quattro gatti. La biodinamica prende importanza come ciclo intero dell’azienda. Il vino prodotto in biodinamica è espressione dell’uva coltivata nel migliore modo naturale possibile. Con una produzione di 12.000 bottiglie all’anno posso permettermi di fare certe scelte coraggiose”.

Francesco Saverio Petrilli della Tenuta Valgiano di Lucca: “La base della biodinamica è il letame maturato sotto terra perché dopo quattro anni i terreni sono più belli. La biodinamica è buonsenso. La pianta vive in funzione del sole. Una pianta concimata ‘beve’ molto di più. La pianta è il principale fruitore dell’energia che viene dal sole: la fotosintesi. Aromi e tannini fanno la qualità del vino. Con gli altri produttori lavoriamo insieme ma ognuno ha un suo percorso personale”. L’enologo di “Tenuta di Poggio”, Cipriano Barsanti: “Tutti noi ci rifacciamo alla scuola filo-australiana. Fare biodinamica oggi è una operazione di marketing. Siano stanchi dei vini costruiti. Il vino è il ministro della tavola. La nostra terra è meno rovinata di altre. Un vino veramente interessante lo faranno i nostri figli”. Un altro capitolo è la biodinamica ed il legame con la terra ed il rispetto della natura. I principi della filosofia biodinamica si basano su un concetto preciso: il complesso sistema di un’azienda agricola è fatto da terreno, piante, animali, uomo e tutto ciò che sta intorno. Questi elementi contribuiscono attivamente ad un equilibrio che assicura la salute del sistema stesso che viene concepito come

un’unica entità vivente. Questo «organismo» è influenzato nei suoi ritmi e cicli vitali da molti fattori, non ultimi quelli provenienti dalle stelle, cioè dai pianeti che ci circondano. È indispensabile dunque rispettare le leggi naturali che da sempre regolano perfettamente questo equilibrio. Le basi dell’agricoltura biodinamica traggono i loro fondamenti dalla scienza spirituale delineata dall’australiano Rudolf Steiner, l’antroposofia sviluppatasi alla fine dell’800. Dal punto di vista del lavoro in vigna bisogna partire dal fatto che in biodinamica si utilizza compost che deriva da letame compostato, inserendo nei cumuli che vengono fatti alcuni preparati specifici (preparati da cumulo). Invece, nell’azienda di Cosimo Maria Masini non vengono utilizzati compost di origine animale ma si sfruttano sovesci che vengono seminati in autunno e che, dopo averli sfalciati, vengono interrati durante il mese di maggio. Il terreno ricco di humus è un terreno che riesce a far crescere una pianta in maniera equilibrata. L’assunto fondamentale è che i pianeti, con il loro passaggio, esercitano forze che si ripercuotono sull’ambiente terrestre: la luna influisce sul contenuto idrico di tutti gli organismi, il sole contribuisce alla crescita delle piante, gli altri pianeti operano sia direttamente che indirettamente attraverso l’atmosfera. Per questo travasi e imbottigliamento sono fatti seguendo determinate fasi lunari. La biodinamica è una vera e propria filosofia di produzione che raccoglie intorno a sé sempre maggiori consensi. I dati di Renaissance de Aoc ci dicono che il gruppo di produttori raccolti intorno alla figura del vigneto francese Nicolas Joly confermano che negli ultimi cinque anni il numero delle aziende associate sia triplicato (più 750%). Con il 2003 si ha una vera e propria «esplosione» della cultura biodinamica che sta alla base di Renaissance e sempre di più i produttori ne fanno una bandiera di qualità. «La strada della biodinamica - secondo Cosimo Maria Masini - è quella giusta per raggiungere l’idea di uscire dall’omologazione, con vini di grande eleganza, ma al tempo stesso di ottima bevibilità. Sono stato spinto anche dalla ferma volontà di preservare la natura, il territorio e la biodiversità per fare un prodotto genuino. Ma anche dalla voglia di innovare nella tradizione». Contributo inviato da Gianfranco Grossi Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


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In un difficile momento per la vitivinicoltura siciliana In Sicilia, dove la vite ed il vino hanno casa da millenni, si registra un costante graduale abbandono della produzione: davvero il numero di forze lavorative e di aziende produttive quasi non si contano più nel loro declinare all’impegno in vitivinicoltura. Negli ultimi sette anni 30.000 ettari di vigneto sono stati abbandonati, e di conseguenza sono stati persi, in produzione, circa 180 milioni di Euro. Per fortuna c’è qualcuno che va in controtendenza. E penso che proprio per questo fa più notizia. Ne parliamo. Famiglie nobili siciliane iscritte nel Libro d’oro della Nobiltà italiana ce ne sono parecchie. Qualcuna ha una storia molto ben radicata e perfino un Santo, tra gli avi: San Nicasio. Al santo di casa sarà dedicato, tra il 2009 ed il 2010, un vino che sarà “presentato” ufficialmente in bottiglia molto probabilmente al Vinitaly. Il vino è un grillo vendemmia tardiva (al momento in cui si legge, in affinamento in botti di rovere), e l’antica famiglia è quella dei Conti Burgio delle Gazzère di Ma zara del Vallo, in provincia di Trapani. Salvatore, detto Totino, è il discendente vignaiolo della famiglia, con origini nel lontano 1046, comproprietario della Tenuta Poggio Allegro e dell’omonimo Baglio, che, dopo un periodo di stasi nella produzione vitivinicola, ha deciso di riprendere e soprattutto di riattivare l’attività d’imbottigliamento. I Conti Burgio hanno avuto il titolo all’inizio dell’anno 1000 quando l’emiro Ackneth, convertitosi al cristianesimo, sposando la principessa normanna Aldegonda d’Altavilla, prese il nome di Roberto I signore di Burgio. Molti, della famiglia, nel millennio, sono stati i personaggi di spicco. Fra questi il Beato Ferrandino, ucciso in battaglia, e San Nicasio, catturato nella battaglia di Etimo e martirizzato perché non ha voluto abiurare alla fede cristiana. Impegnati in agricoltura sin dalle origini, ultimo imprenditore vinicolo in attività, prima della pausa produttiva durata alcuni anni, è stato il conte Aurelio Burgio, papà di Salvatore, che ha condotto un’azienda di circa 70 ettari di vigneto collaborato dai figli Salvatore, Maria Rosaria e Giovanni. Nel 1800, i conti, vantavano anche la produzione del vino Marsala che imbottigliavano in una loro cantina vicino Palermo. Ancora oggi l’attività agricola dell’antica famiglia, si estende negli stessi spazi territoriali che trovano sito, oltre che in Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

provincia di Trapani anche nella provincia di Caltanissetta. In quest’ultima zona le coltivazioni agricole sono adibite a frutteti ed uliveti. La produzione vinicola, appena ripresa, è diretta alla produzione di un bianco ed un rosso: due IGT Sicilia, il cui bianco è un blend dei vitigni catarratto, inzolia e chardonnay; il rosso invece è, un blend di nero d’avola e pignatello. Ma, la storia della civiltà vitivinicola millenaria siciliana legata agli antichi nobili casati ben s’incrocia con la storia moderna, che registra nuovi volenterosi, piccoli e bravi vignaioli. Per la felicità e la fortuna degli adoratori dei comandamenti di Dio Bacco. Alcuni molto giovani, eredi di piccoli appezzamenti di terreni coltivati a viti, che accettano la sfida, pur in un momento tutt’altro che favorevole, d’investire il tempo e le risorse finanziarie per dedicare amore ed impegno alla vigna ed alla produzione del buon vino. Uno di questi è Nino Barraco, marsalese, come la sua splendida giovane

moglie Angela. Lei, neo laureata in giurisprudenza è proiettata anche verso la carriera forense. Nino ed Angela, appena sposati, hanno unito in perfetta sinergia alla loro esistenza, i pezzetti di terreno coltivati a vite, ricevuti in eredità dai rispettivi genitori. Nasce, praticamente così l’azienda agricola Barraco. “Penso di offrire al mercato 10-12 000 bottiglie l’anno per 4 monovarietali autoctoni. Tre vini bianchi: il grillo, il catarratto e lo zibibbo, ed uno rosso, il nero d’Avola -dice Nino- È un impegno molto importante per me, che mi dà il senso della sfida più bella e sensata. Più bella perché è in perfetta armonia con la storia contadina della mia famiglia e di tutto il territorio marsalese. Piccola storia di piccoli contadini che si inseriscono nelle radici della millenaria civil-

tà vinicola marsalese. La più sensata perché ha un preciso senso occuparmi dei terreni, dunque delle vigne e del vino, oltre che per vocazione, per rispetto dei sacrifici e del sudore dei miei avi. E sin dal primo minuto, m’impegno a farlo in maniera moderna , meticolosamente nel segno della qualità, tenendo ben presente che il vino qui è alta espressione di cultura, di storia e di civiltà”. Nino Barraco sta iniziando l’attività di giovane vignaiolo-imprenditore con la riprogrammazione del lavoro nei campi, sia nei vigneti di famiglia (di circa 7 ettari) sia in quelli che via via ha preso in gestione in zone ad alta vocazione vitivinicola dell’hinterland della provincia. Sommelier e, seppur giovane, grande studioso e ricercatore, Barraco sostiene, in maniera quasi provocatoria che “per raggiungere obiettivi che esprimano al meglio le peculiarità del territorio si possano fare ricerche e nuove sperimentazioni attraverso metodi di vinificazione alternativi. La mia idea-progetto non è quella di fare vini perfetti, ma quella di fare vini con forte personalità… ed anche con note dissonanti. Il vino lo considero –conclude- frutto della personale e territoriale cronistoria del produttore; dunque, tale intimo rapporto non permette l’interferenza, in fase di vinificazione di tecnici”. Barraco, infatti, con una conoscenza ed una professionalità invidiabile, che gli permette di curare i terreni, la vigna, la vendemmia e la vinificazione senza alcun problema, non si fa appoggiare da alcun “tecnico”. Intanto (scriviamo a metà settembre) dal fronte della vendemmia arrivano notizie incoraggianti, pur tra i timori dovuti al nuovo regolamento CEE 479/08: l’uva è di qualità eccellente e si registra un aumento di produzione. Dopo l’anno della peronospora, che ha decimato il raccolto, quest’anno in Sicilia si prevede una raccolta di circa 9.000.000 di quintali di uve (circa il 55% in più rispetto all’anno scorso). Di questi, quasi il 50% si raccoglierà nella sola provincia di Trapani. Insomma c’è il ritorno allo standard classico. Ma, aleggiano grossi timori. L’eliminazione del premio di immagazzinamento, l’aumento dei costi di produzione e la diminuzione dei consumi porta parecchie preoccupazioni ai produttori vinicoli siciliani. Per fortuna (sentiamo il bisogno della ripetizione) alcuni coraggiosi pongono nuove sfide. Notizia inviata da Attilio L. Vinci pagina 55


News dall’Italia

Quinta edizione del Pellegrino Cooking Festival: presentato il Manifesto della Cucina Nazionale Italiana Martino Ragusa lancia il suo nuovo manifesto e decalogo per la cucina nazionale in occasione dell’appuntamento annuale alle Cantine Pellegrino, il 20 e 21 settembre 2008 La provocazione è servita: non esiste una cucina nazionale italiana. E sull’analisi di questo pensiero del giornalista siciliano Martino Ragusa raccolto e sviluppato dalla storica casa vinicola Carlo Pellegrino S.p.a. che si è svolto a Marsala il quinto Pellegrino Cooking Festival, la celebre kermesse enogastronomica all’insegna delle migliori espressioni della cucina italiana. Di particolare rilievo il fatto che per la prima volta un manifesto di tutela della nostra cucina sia promosso da una casa vinicola, con un decalogo già sottoscritto da alcuni dei più grandi cuochi italiani. “La cucina italiana è affetta da 3 mali”, afferma Martino Ragusa, “Il primo è un complesso di inferiorità. I nostri prodotti di eccellenza riforniscono le ricette di chef d’avanguardia di tutto il mondo che poi noi copiamo. Il secondo è il difetto di identità fuori dai confini. Il terzo male è il provincialismo dal quale la cucina italiana cerca di emanciparsi scopiazzando quella degli altri. Il mio manifesto vuole semplicemente provare a mettere d’accordo gli italiani”, conclude Ragusa, “convincerli che tutti hanno del buono e possono unirlo al buono di altri per raggiungere un ‘ottimo’ che ci rappresenti tutti come meritiamo”. E nei due giorni del Pellegrino Cooking Festival, grandi maestri della cucina italiana e internazionale, simpaticamente supportati da alcuni giornalisti di importanti testate nazionali, hanno esaltato nel migliore dei modi la tradizione culinaria che ci rende unici nel mondo presentando piatti non partico-

larmente elaborati, con ingredienti semplici e di facile reperibilità in questa splendida terra di Sicilia quali il pesce, ovviamente freschissimo, e le profumate verdure di stagione ma anche saporite carni, morbida polentina e gustosi formaggi splendidamente armonizzati tra loro con l’olio buono di queste terre e restituendo quindi dignità e sacralità alla parola “cuoco” fino ad oggi messa in secondo piano rispetto al più inter-

Sabato 20 settembre

nazionale e fin troppo abusato “chef”. E si badi bene che il termine “non elaborato” non vuol dire sciatto anzi, è proprio in questi piatti che abbiamo ritrovato lo spirito del “cuoco bricoleur” teorizzato da Martino Ragusa: “il cuoco bricoleur”, - dice il giornalista – “deve saper trovare i prodotti italiani giusti e saperli unire con opportune procedure preferibilmente di tradizione nostrana, filologica o rivisitata, ridestinandoli a strutture finali sprovincializzate e riconoscibili come italiane dalla sensibilità collettiva”. Ed è proprio da questo lavoro di bricolage intenso che può nascere la cucina nazionale italiana. Un capitolo a parte meritano i vini: la Pellegrino sta continuando l’importan-

I cuochi, i piatti, i vini Venerdì 19 settembre Jan Dahdji, Ristorante Ekebergrestauranten, Norvegia, con il piatto “Vitello e tonno uniti in salsa” abbinato al Tareni del Duca Inzolia Sicilia I.g.t. 2007 Maurizio Somma, Ristorante il Tasso, Sorrento (Na), con il piatto “Paccheri al Regno delle due Sicilie” abbinato al Dinari del Duca Chardonnay Sicilia I.g.t. 2007 Mario Pozzi, Trattoria del pagina 56

te percorso iniziato proprio a Marsala fin dal 1880, anno della fondazione. La scelta delle zone più vocate della Sicilia Occidentale, la rigorosa selezione delle uve ed una sapiente ed attenta vinificazione hanno condotto a risultati di eccellenza. Il rispetto e il recupero della tradizione permettono di ottenere dalle uve autoctone Grillo e Catarratto prestigiosi Marsala tra i quali spicca il Superiore Riserva Oro, sorprendente

Franco Tornese, Ristorante Il Villino, Lecce, con il piatto “Fusione di cotture dei sapori mediterranei” abbinato al Dinari del Duca Grillo Sicilia 2007 Denis Matiuzzi, Ristorante Alle Marcandole, Salgareda (TV), con il piatto “Vellutata di patate e crostacei con croccante nero” abbinato al Dinari del Duca Chardonnay Sicilia I.g.t. 2007 Karl Mainey, Ristorante The Crown Inn, Yorkshire, England, con il piatto “Celebrazione di fine estate” abbinato al Gibelè Zibibbo secco Sicilia I.g.t. 2007 Yasuhiko Shige, Ristorante Cucina Siciliana Archimede, Tokio, Japan, con il piatto “Involtino di triglia ripieno di riso in salsa di vongole” abbinato al Tripudium Bianco Sicilia I.g.t. 2007 Giovanni Guarnieri, Ristorante Don Camillo, Siracusa, con il piatto “Rosso e Giallone” abbinato al Nes passito naturale di Pantelleria 2007

Glicine, Cernobbio (Co), con il piatto “Gamberoni a spasso per l’Italia “ abbinato al Tripudium Bianco Sicilia i.g.t. 2007 Ferruccio Girelli Consolaro, Ristorante il Nido delle Cicogne, Sandrà di Castelnuovo del Garda (Vr), con il piatto “Maialino croccante in tavolozza di colori” abbinato al Tripudium Rosso Sicilia I.g.t. 2005 Beppe Giuffrè, Ristorante Giardino Eden, Trapani, con il piatto “Babà nazionale” abbinato al Marsala Superiore Riserva Oro D.o.c. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


News dall’Italia gioiello dorato dagli intensi profumi mentre da Pantelleria, vera perla vulcanica regalataci dalle profondità di un incredibile mare color cobalto, proviene lo Zibibbo che viene trasformao in un classico vino da dessert come il Moscato o da raffinata meditazione come il Passito naturale dalla commovente morbidezza ed estesa gamma aromatica. L’ammodernamento delle unità produttive e la meticolosa cura nell’affinamento dei prodotti, con l’adozione di numerose barriques sia per i vini rossi sia per alcune varietà di marsala, ha permesso ai vini a marchio Duca di Castelmonte di conquistare, per la loro qualità, posizioni di mercato sempre più ampie. Inzolia e Grillo, freschi e fruttati, l’innovativo Gibelè, Zibibbo secco agrumato e intensamente floreale e un fascinoso Chardonnay affinato in barriques ben si sposano con il principale prodotto di questo meraviglioso mare, il pesce, proposto in tutte le sue declinazioni. Il Nero d’Avola e il Syrah, caldi e di eleganti tannini, sono eccellenti con le carni e con i meravigliosi formaggi stagionati, vero vanto dell’industria casearia isolana. “Le serate di venerdì e sabato ci hanno offerto come sempre la fortunata possibilità di gustare piatti straordinari, potendo così apprezzare quella che è risultata essere l’interpretazione più brillante della nostra cucina” conclude Benedetto Renda, AD della società. “Come sempre, il Festival è stato un momento di festa e di degustazione dei vini Pellegrino e Duca di Castelmonte. Il Pellegrino Cooking Festival si chiuderà idealmente al Vinitaly, con la presentazione del libro delle ricette che ci avranno accompagnato in queste preziose giornate”. “Questo era già il presupposto sul quale era nato il nostro Pellegrino Cooking Festival: la volontà di noi, famiglia proprietaria da sempre delle nostre cantine, di farci promotori di innovazione e di sviluppo, nel rispetto religioso - delle tradizioni” ha commentato infine Pietro Alagna, Presidente del Gruppo. “Dopo avere esplorato stili e cucine diverse, abbiamo sentito forte il desiderio di raccogliere la tradizione del nostro paese, così ricca di storia e cultura e divulgarla attraverso i suoi piatti”.

Massimo Bellina, Pietro Alagna, Caterina Tumbarello, Emilio Ridolfi, Paola Alagna, Benedetto Renda

La cucina nazionale italiana deve: Avere una identità forte, riconoscibile e improntata al gusto italiano. Deve sapersi distinguere dalla cucina locale così come dalle nuove cucine di pura ricerca, dalle cucine straniere e da quelle esotiche. Individuare come sua massima ispiratrice la cucina tradizionalelocale italiana, povera o ricca, di corte o di popolo o di strada (cucina neo tradizionale). “Usare” a piene mani il territorio italiano quale massimo fornitore di materie prime (cucina glocale). Prodotti e i saperi gastronomici, procedure e metodi di cottura di tutto il territorio nazionale devono essere accostati e mescolati con sapiente criterio e corretto equilibrio all’interno del medesimo piatto-progetto. Ispirarsi al lavoro del cuoco bricoleur, come descritto nel manifesto Ispirarsi alla semplicità, puntando alla valorizzazione dei prodotti ed

evitando di nasconderne i sapori con eccessive coperture. Rispettare la centralità della pasta, dell’olio extravergine di oliva, del pane e del vino. Rispettare la grande varietà che da sempre distingue la mensa italiana. Cereali, pesci, verdure, carni e frutta devono essere presenti nelle ricette senza preclusioni, per esempio, verso le carni rosse. Essere una cucina sana. Deve essere attenta ai progressi della scienza dell’alimentazione e della dietologia e deve saperli applicare. Essere aperta al rinnovamento ma allo stesso tempo difendersi da mode falsamente innovative perché effimere, confusive e snaturanti il gusto italiano. Proporre piatti riproducibili, la cucina è sempre artigianato, a volte di livello talmente alto da somigliare all’arte, ma non è un’opera d’arte e a differenza di questa, un piatto deve poter essere sempre riproducibile da altre persone. Il “Raviolo Aperto” di

Gualtiero Marchesi è un esempio magistrale. Proporre piatti storicizzabili. Ogni nuovo piatto, deve avere la possibilità di diventare un piatto tradizionale di domani. Proporre piatti con nomi anch’essi storicizzabili e quindi ricordabili. Tenere in considerazione il pasto all’italiana e non sostituirlo con i menu - degustazione. Allo stesso modo il pasto all’italiana non dovrà essere sostituito da Finger food, snack, tapas, morphings cui va dato il valore di fuori pasto. Importare dall’estero, vicino o esotico, solamente prodotti che siano armonici con il patrimonio gastronomico nazionale, non in contraddizione con il gusto italiano, che siano assenti in Italia o apertamente superiori a prodotti italiani equivalenti. Lo stesso criterio vale per le tecniche e gli strumenti di cucina.

Martino Ragusa

Notizia inviata da Paolo Alciati Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

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In Famiglia

Il ricordo ad un grande amico Questa estate ci ha lasciati l’amico sommelier Diego Marinelli. Diego era uno dei soci fondatori della delegazione di Pavia, sommelier da una decade era stato istruttore, direttore di corso ed aveva ricoperto numerosi altri ruoli al servizio dell’associazione. Lascia la moglie Giovanna e la figlia, neo-sommelier, Camilla, cui vanno le nostre sentite condoglianze. Tramite le pagine della nostra rivista vorremmo far sapere anche a chi non ha avuto la fortuna di conoscere Diego personalmente, quanto fosse unico nel suo modo di trasmettere passione per il vino, per le cose buone, per le cose ben fatte, quelle piccole e quelle grandi… e per la sua voglia e disponibilità nello stare insieme agli altri. Vorremmo farvi sapere che ha cambiato le nostre vite per sempre, perché la sua attenzione non era mai superficiale, e anche i momenti più banali, con lui diventavano occasione di contatto vero tra persone. Quando incontrerete un associato di Pavia, non chiedetegli se conosceva Diego, ma fatevi subito raccontare chi era, perché ognuno di noi si porta dentro una storia, un aned-

doto, una frase che è rimasta lì nella mente o nel cuore come segno del suo passaggio. Ora che ci ha lasciati soffriamo per non essere stati in grado di ricambiare tutto il suo affetto burbero, per non essere sempre stati all’altezza delle sue aspettative, per non aver colto attimi che non torneranno più. Speriamo che, con il passare del tempo, il dolore ed il senso di vuoto si affievoliscano, ma siamo determinati a non dimenticare la sua lezione di rigore, di amore per le cose ben fatte, di tensione verso la scoperta del senso più vero delle cose, anche quelle, tutto sommato semplici, che si nascondono in fondo ad un calice. Già ora, mentre rileggo queste poche righe, penso a quale sarebbe stato il suo commento, e so quale genere di errori avrebbe scovato… e questo costringermi a pensare un poco come avrebbe fatto lui, me lo fa sentire meno lontano. Un brindisi per Diego. Notizia inviata dalla Delegazione di Pavia

La Fisar di Pisa festeggia e premia i suoi Sommelier Importante serata di gala organizzata dalla FISAR (Federaz. Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori) di Pisa e Litorale per l’annuale “Festa del Sommelier” al Grand Hotel Duomo di Pisa. Il convivio è iniziato nel foyer con gli aperitivi del rinomato barman Bob, salatini e stuzzichini caldi: pizzette, olive ascolane, tartine di polenta fritta, sia con lardo di cinta senese sia con porcini trifolati e crocchette di patate. Un preludio indovinato che ha contribuito a rendere l’atmosfera serena ed un clima di festa. In seguito gli invitati hanno preso posto nella sala ristorante dove lo chef Luigi Cavalieri ha proposto un originale e gradito menù: due primi piatti composti da Ravioli al burro e salvia e Farrotto ai funghi porcini abbinati allo Chardonnay 2007 della Fattoria “La Tana” di Crespina (PI), prodotto da uve selezionate, il cui profumo intenso, il carattere vivace ed armonico, unito ad una marcata acidità, meglio si accompagnava al Farrotto dal deciso sapore dei porcini. Per secondo uno squisito e croccante fritto dell’aia fatto di pollo, coniglio e tacchipagina 58

no opportunamente disossati e tagliati con verdure pastellate di anelli di cipolla, zucchini alla julienne con relativi fiori e dadolata di melanzane fritte, anche esse con giusta doratura. Il Lucestraia DOC Montescudaio 2005 della Fattoria di Sorbaiano, le cui uve Trebbiano, Chardonnay e Vermentino ne conferiscono ricchezza di profumi e sentori di frutta esotica, con i suoi 13 gradi si è rivelato di ottimo abbinamento adatto a ripulire le papille gustative. Scenografica la crostata di frutta con lo stemma della FISAR che ha fatto il giro dei tavoli, fra gli applausi degli astanti, prima di essere sporzionata e servita accompagnata al Moscato d’Asti DOCG dell’azienda Strevi. Applausi anche per tutta la brigata di cucina ed il rango di servizio alla consegna del tradizionale gagliardetto da parte del direttore dei corsi Barbara Poli allo chef Luigi. La festa è proseguita con la cerimonia della consegna del “Tulipano d’argento” (25 servizi) effettuata dalla responsabile dei Sommelier Liana Benini ad Alberto Nannizzi e con l’intervento dell’assessore al Comune di Pisa per le

manifestazioni storiche, lo sport e l’ambiente, Federico Eligi, che ha valorizzato il ruolo svolto in tutti questi anni dalla Delegazione Pisana, invitandola a dare un contributo qualificato alle manifestazioni che caratterizzeranno la ricorrenza dell’Anno Galileano venturo. Egli ha quindi consegnato una coppia di ballons da degustazione, personalizzati con placca d’argento FISAR, al Sommelier Piero Ristori, a riconoscimento della nomina di Cavaliere della Fisar. Ha chiuso la serata il Delegato Flavio Romboli, prima confermando di impegnare la Delegazione al massimo per soddisfare le richieste dell’assessore e poi con la consegna ad Angiolo Bacci del diploma di “Sommelier della Squadra Nazionale” ad honorem ed insignendolo con la relativa stellina d’argento. Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa e Litorale Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


In Famiglia

Inaugurata sulle Colline Pisane la nuova cantina della Famiglia Rivetti Lo scorso 8 e 9 settembre a Terricciola nel cuore delle Colline Pisane si è tenuta l’inaugurazione della bellissima cantina della Famiglia Rivetti, famosi produttori Piemontesi, che hanno deciso di iniziare questa sfida tutta Toscana, con il vitigno che qui fa da padrone di casa: il Sangiovese. La nuova cantina si chiama Casanova della Spinetta e sorge in una bellissima vallata con intorno i vigneti di Casanova, che sono un corpo unico di circa 45 ettari, con altri 15 ettari che sono in località Fichino, nel Comune di Cascina Terme. La costruzione della cantina segue i canoni moderni della nuova Architettura legata alla costruzione di queste, dove il tocco dell’architetto è senza dubbio visibile. L’Architetto la signora Giulietta Roz, è riuscita a trasmettere nell’edificio parte della propria personalità e l’essenza della Famiglia Rivetti stessa, e questa sensazione è evidente quando si visita la struttura. All’esterno le sensazioni primarie sono quelle di un luogo che si integra perfettamente con l’ambiente, dove l’impatto c’è ma è molto sobrio, con l’utilizzo di materiali come il travertino che hanno contribuito a raggiungere questo effetto. La parte della cantina dedicata alla vinificazione è molto funzionale ed è concepita per lavorare per gravitazione, concetto moderno per ridurre al

minimo l’uso di pompe per lo spostamento dei prodotti. Entrare poi nella “Barriccaia” è davero uno spettacolo: qui si respira veramente l’anima di chi l’ha concepita. Funzionale, essenziale, d’impatto poiché è molto grande, quindi ampia e con quel tocco di suggestività che comunque ci si aspetta da una cantina come questa; la spettacolarità della struttura tuttavia non predomina sul fatto che è un luogo dove degli uomini dovranno lavorare. I vini prodotti sono tre: il Nero di Casanova, il Sassontino, il Sezzana, tutti a base Sangiovese con solo un piccolo apporto di Colorino, altro vitigno autoctono Toscano; la differenza fra questi vini sarà sostanzialmente la zona di produzione delle uve e l’affinamento. Per i due giorni dell’inaugurazione la Famiglia Rivetti è stata impeccabile nell’accoglienza dei propri ospiti affi-

dando l’organizzazione della ricevimento a degli amici, Andrea Alciadi e il suo staff del Ristorante Guido da Costigliole (Relais San Maurizio), Fulvio Sicari del Ristorate Conti de Roero e Franco Bracaloni del Ristorante da Castero – Banca della Bistecca. Il servizio dei vini è stato affidato ai Sommelier Fisar, che hanno servito: Champagne Cuvée Spéciale Philipponnat, Barbaresco Docg 2002, Barolo Campè Docg 2003, Il Nero di Casanova IGT 2006, Sezzana IGT 2004, Sassontino IGT 2006 e per finire Moscato D’Asti “Biancospino” Docg 2007. Colgo l’occasione per ringraziare tutti i sommelier che sono venuti a fare servizio. Vorrei ringraziare nello specifico la Delegazione di Pistoia, di Pisa e quella di Livorno: senza il loro contributo la Delegazione di Pontedera - Valdera non avrebbe potuto sostenere questo impegno. Vorrei far notare che al di là del luogo di competenza o di territorialità delle delegazioni, questo è stato un servizio Fisar, dove si è vista l’unità di squadra e tutti hanno contribuito alla buona riuscita dell’evento. Un ringraziamento ulteriore va dato alla Famiglia Rivetti per la loro disponibilità e ospitalità tutta Piemontese ma che hanno creduto principalmente alle potenzialità di un territorio, quello delle Colline Pisane.

Notizia inviata a Claudia Marinelli Delegazione Pontedera - Valdera Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008

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La segreteria comunica

di Carlo Tridenti Webmaster

Internet è sempre più indispensabile nella comunicazione, nel lavoro e nella crescita. Con l’inizio del nuovo anno, tante importanti novità per il nostro portale ormai non soltanto mezzo di comunicazione ma vero e proprio strumento interattivo.

Un sito sito al servizio servizio dei Soci Lettera aperta del Webmaster: Cari Soci, abbiamo il piacere di comunicarvi che sul sito istituzionale www.fisar.com è stata attivata un’area esclusiva per Voi. Riteniamo di aver fatto oltre che cosa gradita un passo importante verso la comunicazione diretta tra il Socio e la Sede Nazionale; in quest’area attualmente avete la possibilità di interagire con le seguenti voci: Dati personali: qui potete modificare i vostri dati di residenza e i vostri contatti. Dati di accesso: qui potete personalizzare la vostra password. Rinnovo tessera: qui trovate i dati necessari per effettuare il rinnovo della tessera associativa e la possibilità di rinnovarla online tramite il servizio PayPal. Comunicazioni: è uno spazio dove saranno inserite le notizie più recenti sulle attività della Federazione e le informazioni specifiche per i Soci. Area Download: daremo la possibilità di scaricare utilità e/o documentazione di vostro interesse. pagina 60

Naturalmente non riteniamo conclusa questa operazione, ma accetteremo volentieri i vostri preziosi consigli affinché quest’ area diventi la più completa possibile e la più rispondente alle vostre richieste ed esigenze. La nostra Associazione, ormai da qualche anno sensibile e determinata a sviluppare nuovi software che migliorino le nostre esigenze di comunicazione e amministrative ha attivato sul sito istituzionale www.fisar.com nell’area Delegazioni, un nuovo software che permetterà di gestire online il tesseramento dei Soci e di amministrare il loro percorso formativo; in questi giorni a tutte le Delegazioni è stata inviata un’apposita circolare informativa. Ricordo anche che è attivo il sito ufficiale della nostra rivista www.ilsommelier.com sul quale è possibile sfogliare gratuitamente “Il Sommelier”. Ultima novità: da novembre è attivo anche lo shop online. Per qualsiasi informazione, chiarimento ed aiuto la Segreteria Nazionale, come sempre, è a Vostra disposizione. Grazie dell’attenzione, un abbraccio a tutti

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Webmaster@fisar.com Segreteria.nazionale@fisar.com Il Sommelier - Anno XXVI - n. 6/2008


PAG PUBB SOMMELIER 09:PAG PUBB SOMMELIER

26-09-2008

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P E R U G I N A H A C R E AT O P E R T U T T I I W I N E B A R E L E E N O T E C H E U N ' O F F E R TA O R I G I N A L E E D E S C L U S I VA . Scopri con la nuova linea Collezione un'esperienza sensoriale unica: un viaggio tra i piaceri del cioccolato e le meraviglie dei vini e dei distillati. Un’occasione in più per sviluppare il tuo business principale coinvolgendo i tuoi clienti in maniera originale e esclusiva: con tutta la dolcezza del cioccolato e l’esperienza Perugina.

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DALL’ARTE DI PRODURRE ALL’ARTE DI VIVERE

Il mondo di Jacquart è un mondo di savoir-faire. Gli Champagne Jacquart sono l’esaltazione di uve eccezionali, attraverso il sapiente lavoro dei vignaioli della regione. Questo lavoro comporta il rispetto per i ritmi della natura, e la pazienza nel seguire l’andamento delle stagioni. Dal grappolo al bicchiere, è necessario allearsi al tempo progetto d’eccellenza. Dai vignaioli al responsabile di cantina, a ogni fase, ciascuno dà il meglio di sé per esaltare tutte le qualità dei vini, e per riscoprire la sorpresa, sempre nuova, dell’incontro con ciò che è straordinario. Toccando i sensi e le emozioni, lo Champagne Jacquart aiuta a rendere irripetibile ogni momento di privilegio.

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