Anno XXVII - Numero 3 - Maggio-Giugno 2009
IN QUESTO NUMERO • La Fisar esempio di solidarietà e professionalità
Speciale: il Pesto di Virgilio Pronzati
• Verona 2009, la degustazione di Gaja evento clou • Una Fisar protagonista al Vinitaly 2009 • Birra danese, leggera ma di gusto • La magia del vetro
Z@voMoEtt
Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: ”Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po”
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Rivista di enologia, gastronomia e turismo
5,30
La Regione Toscana premia i Sommelier
L’Associazione Grandi Cru della Costa Toscana ha il piacere di invitarvi alla:
ANTEPRIMA
VINI DELLA COSTA TOSCANA
sabato 30 Maggio 2009 dalle 15 alle 18 domenica 31 Maggio 2009 dalle 10 alle 18
Lucca, Real Collegio
I soci Fisar, previa esibizione della propria tessera sociale, avranno diritto ad uno sconto sul biglietto d’ingresso (15 euro) e con 5 euro avranno libero accesso ai banchi di degustazione dei vini in uscita sul mercato nel 2009.
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Comunicazione Istituzionale
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Essere testimoni di un evento - Roberto Rabachino L’opinione di Marcello Masi - Marcello Masi Il Pesto - Virgilio Pronzati In libreria News dal Mondo News dall’Italia In famiglia La segreteria comunica
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Verona 2009, la degustazione di Gaja evento clou Luciano Pignataro
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Il futuro ha un cuore antico… anzi, biodinamico! Enza Bettelli
Una FISAR protagonista al Vinitaly 2009 - Roberto Rabachino
Birra danese, leggera ma di gusto - Enza Bettelli
Catania: debutto del Distretto Culturale - Attilio L. Vinci
Sai bere - Colpetrone ambasciatore dello stile di vita umbro a cura della redazione di Quality ADV
SCIENZA • TECNICA • APPROFONDIMENTI
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sommario
ENOGASTRONOMIA • TURISMO • CURIOSITà
L’opinione del Presidente
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Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV
Quelli che… la mia mensa è meglio del ristorante Francesco Oriolo
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Asti docg: dinamismo a tutti i livelli - Lorenzo Tablino
La magia del vetro - Giancarlo Roversi
Una delle regioni più verdi d'Italia: l'Umbria Luca Iacopini e Massimo Bracci
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Presidente Vittorio Cardaci Ama per comunicare con il Presidente: presidente@fisar.com
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La Fisar esempio di solidarietà e professionalità
Le luci della più grande kermesse vitivinicola si erano spente da poche ore sugli echi di un inaspettato quanto insperato ottimismo quando a svegliarci sono state le terribili immagini e ancor più tragiche le notizie delle vittime del terremoto in Abruzzo
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mentre l’Italia seguiva con sgomento l’interminabile elenco delle vittime e dei danni agli immobili, è cominciata, ancora una volta, per l’ennesima volta, la carrellata dei programmi televisivi dove tutti, nessuno escluso, si sono posti la domanda su chi fossero i responsabili di crolli, specie degli edifici costruiti con cemento armato e quindi a ritroso a sfogliare il macabro album degli altri disastri del passato: abbiamo visto come esistono le baracche, ancora abitate da generazioni, del terremoto del 1908 a Messina; lo stato delle ricostruzioni dal 1968 nella Valle del Belice sempre in Sicilia; in Friuli nel 1976 e in Irpinia, nel 1980, solo per citare i più disastrosi. Una sequenza di immagini, l’elenco abnorme di fondi stanziati per le ricostruzioni, moltiplicati per 10 rispetto ai preventivi stimati. La domanda che mi pongo allora è questa: perché aspettare una catastrofe per parlare di un problema che affligge tutta la penisola? Perché non effettuare i controlli agli edifici in tempi normali, e qualora si riscontrassero delle anomalie strutturali o sulla qualità dei materiali di costruzione intervenire con severità sui responsabili? Non è possibile dover sentire “l’esperto” di turno affermare “l’avevo detto io che prima o poi sarebbe successo”! Superati i primi momenti, scanditi dal numero
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sempre crescente delle vittime, anche la comunità fisariana si è attivata con una raccolta di fondi da destinare alle sfortunate popolazioni; confidiamo molto nella generosità e sensibilità dei nostri soci (c/c Intestazione F.I.S.A.R. IBAN: :IT82 I069 1514 0000 0000 0012 480 - Banca del Monte di Lucca succursale di Pisa- causale: Raccolta fondi pro terremotati Abruzzo). Non è facile continuare con altri argomenti, ma non posso tralasciare di menzionare gli avvenimenti, certamente secondari, che hanno visto impegnati i nostri sommelier delle delegazioni di Catania e Ragusa nel progetto Vino e Giovani, promosso dall’Enoteca Italiana di Siena in collaborazione con la facoltà di Agraria dell’Università di Catania e la Regione Siciliana; così come a Siracusa si sono distinti i sommelier di Ragusa per la manifestazione Sicilia en Primeur, promossa da Assovini Sicilia. Un grazie speciale ai nostri associati della Delegazione di Firenze che si sono impegnati nell’organizzazione dell’Assemblea annuale dei soci, in seno alla quale sono stati rinnovati i componenti il Collegio dei Probiviri e dei Revisori dei Conti; ai neo eletti vanno le mie più vive congratulazioni, unitamente ai Colleghi Consiglieri. Mentre il giornale sarà in distribuzione una nutrita squadra di sommelier presterà la
Il Sommelier Marzo-Aprile 2009 • n. 2
propria opera professionale a bordo della nuova motonave COSTA LUMINOSA, della Costa Crociere, in occasione della dodicesima edizione del gala “LES ETOILES DE LA GASTRONOMIE “, una cena con oltre seicento ospiti, tra i quali tutti gli
chef stellati dalla Guida Michelin: quando la Qualità esige la Professionalità! Desidero congedarmi, anche a nome di tutti i Soci Fisar, augurando a tutti gli abitanti delle zone terremotate che possano trovare presto la serenità e il sorriso.
RACCOLTA FONDI POPOLAZIONE COLPITA DA TERREMOTO IN ABRUZZO La F.I.S.A.R. nell'esprimere il proprio cordoglio e solidarietà a tutta la popolazione abruzzese colpita dal terremoto ha deciso di avviare immediatamente una raccolta fondi a sostegno e aiuto delle popolazioni interessate dalla calamità. Tutte le nostre Delegazioni sul territorio nazionale sono invitate a farsi promotrici presso gli associati di questa iniziativa, i fondi raccolti andranno versati sul c/c dell'Associazione di cui comunichiamo i dati:
Intestazione F.I.S.A.R. IBAN: IT82 I069 1514 0000 0000 0012 480 Banca del Monte di Lucca succursale di Pisa Causale: Raccolta fondi pro terremotati Abruzzo. Al termine della raccolta la Segreteria Nazionale provvederà a pubblicare un elenco di coloro che hanno contribuito indicandone solo il nome e cognome. Sono certo che in questa triste occasione sapremo dimostrare ancora una volta la nostra generosità, sensibilità e solidarietà tipiche della nostra Associazione.
Il Sommelier Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo Registr. Tribunale di Pisa n° 21 del 15.11.1983
Vittorio Cardaci Ama Presidente Nazionale
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Hanno collaborato a questo numero Marcello Masi, Giancarlo Roversi, Enza Bettelli, Gudrun Dalla Via, Virgilio Pronzati, Luca Iacopini, Massimo Bracci, Silvana Delfuoco, Cinzia Tosetti, Attilio L. Vinci
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Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
25,00 per 6 numeri
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di Roberto Rabachino per comunicare con il Direttore: direttore@ilsommelier.com
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Essere testimoni di un evento
Erano le quattro del pomeriggio, era il primo giorno di primavera
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i suona il mio personale cellulare e leggo distrattamente solo il prefisso di chi chiama 0173. Rispondo. Dall’altra parte la voce inconfondibile di un grandissimo del vino, un grande mio personale amico, che mi dice “ciao Roberto, sono Angelo Gaja. Disturbo?”. Quando mai “le Roi” il “portabandiera del Rinascimento vitivinicolo Italiano” disturba! “Certo che no, Angelo. In che cosa posso esserti utile?” - rispondo io. “Forse avrai sentito che la mai azienda proprio quest’anno compie 150 anni ed è mia intenzione festeggiare questa ricorrenza al Vinitaly con una degustazione unica di sei grandi mie annate. Ho tenuto per me qualche biglietto - continua Angelo. Per essere più preciso ho comprato io qualche biglietto per non far mancare nemmeno un euro alla Fondazione Nuovo Oapedale AlbaBra onlus a cui ho voluto devolvere l’incasso di questa degustazione. Sarei onorato di averti mio gradito ospite, sempre se i tuoi numerosi impegni al Vinitaly non ti vedano in altri eventi”.
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Io avevo già ben compreso la portata della degustazione celebrativa perché avevo seguito nella mia veste di giornalista i lanci d’agenzia (che sono quelle cose tipo comunicati stampa che annunciano qualcosa di bello - raramente - o qualcosa di brutto) nazionali ed internazionali che indicavano “i 150 anni di Gaja al Vinitaly… con una grande degustazione” l’indiscusso evento dell’anno. La risposta logica, impulsiva, caratterizzata da una forte emozione a seguito di una domanda inattesa e inconsciamente desiderata è stata, come ben avrete immaginato, affermativa. Tutti noi conosciamo Angelo Gaja come grandissimo produttore di vini. I riconoscimenti a Lui consegnati sono così tanti che nemmeno mi ci metto ad elencarli. Forse però non tutti conoscono Angelo Gaja “pensiero”. In una mia intervista esclusiva del Luglio 2004
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La famiglia di Angelo Gaja
pubblicata proprio sulle pagine de Il Sommelier
so qualcosa di problemi sindacali ma non sono
ho chiesto ad Angelo Gaja perché continuiva a
un esperto, di design ma non sono un esperto,
definirsi un artigiano invece che un imprenditore
di marketing ma non sono un esperto. Allora il
puro o un “guru” del comparto enoico. Questa è
compito dell’artigiano, dell’imprenditore artigiano
stata la sua risposta.
è quello di andare a pizzicare per ogni funzione un
“È vero, io ci tengo ad essere considerato un artigiano. Vedi, l’artigiano per me è un soggetto che ha consapevolezza di essere esperto in niente, ma conosce un po’ di tutto. Io conosco un po’ di viticoltura perché l’ho studiata a scuola; conosco un po’ di processi di vinificazione perché mi sono diplomato alla scuola enologica di Alba;
esperto, cercare di metterli assieme, fare in modo che non si ostacolino e non si facciano guerra l’uno con l’altro, creare un’armonia e dare degli entusiasmi, individuare una rotta, che poi può anche essere leggermente modificata, ma che non può essere capovolta”.
conosco un po’ di economia perché mi sono laureato in Economia e Commercio all’Università
Questo è “l’altro” Angelo Gaja. Il grande Angelo
di Torino; conosco un po’ di finanza, ma non sono
Gaja. Intelligenza, umiltà ed autorevolezza quando
un esperto. Non sono un esperto in viticoltura,
serve.
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L’erba del vicino?
Fotografia di Nathalie Biet
di Marcello Masi Vice Direttore TG2 RAI e responsabile rubrica Eat Parade
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Miracolo la nostra erba sta diventando più verde di quella del vicino
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errebbe da dire così registrando il moltiplicarsi degli investimenti fatti nei nostri vigneti da uomini di spettacolo famosi e famosissimi di ogni nazione europea. Depardieu, Sting, Carol Bouquet, solo per citarne qualcuno producono vino in Italia e ne vanno giustamente fieri. La nostra terra sta diventando nell’immaginario dei più creativi una fonte di impegno e di guadagno. Non solo gli stranieri, naturalmente, anche molti personaggi italiani di successo nello sport e nello spettacolo hanno scoperto il piacere di produrre proprie etichette. Il fenomeno non è nuovo, ma in questi ultimi anni conosce un vero e proprio boom. C’è da
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esserne contenti. E sicuramente per queste star comunicare con un nome scintillante alle spalle un buon vino può anche rivelarsi un’operazione commerciale intelligente e positiva. D’altra parte la crisi economica che ha colpito soprattutto i prodotti finanziari ha aperto una seria riflessione tra investitori ed economisti. Oggi si riscoprono sicurezze antiche che sono fatte di materia. E cosa c’è di più concreto della stessa terra? Ma non è di questo che voglio parlarvi. Vorrei invece dire un bravo assoluto ai tanti che in questi anni di guadagni a buon mercato e senza sudore hanno continuato a credere nella fatica e nella propria cantina. E nonostante il canto costante
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delle sirene, hanno tenuto duro investendo testardamente sul miglioramento della vigna, sulla qualità dell’uva e del vino. Vorrei dire bravo a quei produttori che nonostante le cose non andassero a gonfie vele hanno scommesso sul lavoro, hanno mandato i figli a studiare per garantire continuità e maggiori conoscenze. Sono loro il successo del Made in Italy. Solo grazie a loro reggiamo botta a livello internazionale e non solo non piangiamo, ma possiamo anche sorridere. Aumentare il valore delle esportazioni non è cosa da poco. Abbiamo a che fare con eroi moderni. Gente che si sveglia alle 4 e mezza per andare nei campi e che se non bastasse gira il mondo a promuovere
e vendere. Molte volte in perfetta solitudine contro tutto e contro tutti. Qualcuno è diventato ricco, la maggioranza riesce a vivere con dignità. Tutti però sono accomunati dall’orgoglio di fare una cosa giusta. Questa è l’Italia che amo, questi sono gli Italiani che ammiro e che stimo. E su questo non esistono distinzioni tra Nord e Sud. Il lavoro che paga è uguale dappertutto. In Piemonte come in Sicilia, Toscana, Veneto, Lazio, come in Lombardia e in tutte le altre Regioni. Tantissimi in questi anni non hanno mollato e oggi ci danno motivo di vanto mondiale. È grazie a loro che la nostra erba è sempre più verde.
Cultura, passione, tradizione
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egli ultimi anni sta sempre più emergendo l’esigenza da parte del consumatore di conoscere l’origine e l’autenticità dei prodotti vinicoli che acquista. La difficoltà principale, per chi vuole assicurare la tracciabilità, sta nell’individuare una proprietà del prodotto tale che lo identifichi in maniera inequivocabile lungo tutti gli step della filiera. Candidato ideale per questi scopi è il DNA in quanto l’informazione in esso contenuta contraddistingue univocamente ogni individuo. Obiettivo del lavoro è stato
Patente genetica del Ruché
quello di utilizzare il DNA come un invisibile barcode per un sistema innovativo di tracciabilità genetica dei vini. Un’esatta identificazione è particolarmente necessaria nel caso di vini monovarietali, cioè di vini prodotti esclusivamente a partire da una sola varietà di uva, come il Ruché di Castagnole Monferrato della cantina Montalbera, a tutela e valorizzazione della sua autenticità e tipicità. Parla Franco Morando giovin produttore di Castagnole Monferrato: Questo lavoro rappresenta una nuova frontiera per il controllo e
la tracciabilità degli alimenti in quanto è il risultato del primo innovativo controllo genetico effettuato sul vino Ruchè a garanzia del consumatore e a valorizzazione e tutela della tipicità del prodotto. Ci siamo semplicemente chiesti come tutelare questo prezioso autoctono del Monferrato, visto e considerato che ne siamo i primi produttori in assoluto, con più del 52% della produzione totale. Il consumatore si merita rispetto e conoscenza del prodotto che acquista!!!
Montalbera - Terra del Ruché Via Montalbera, 1 - Castagnole Monferrato (AT) - Tel. 011 9433311 - www.montalbera.it
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Il pesto di Virgilio Pronzati
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Da questo numero ritorna a scrivere per noi un grande esperto di gastronomia e un cultore della ricerca sul gusto e delle sue tipicità. Bentornato Virgilio. RR
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Le sue origini
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ra le salse più richieste e diffuse nel mondo occidentale, il Pesto occupa il secondo posto, preceduto solo dalla salsa di pomodoro. Una posizione di rilievo acquisita da circa un ventennio, a scapito di altre, tra cui alcune delle famose e storiche “salse madri”. Chiariamo subito che il pesto non è antichissimo. Addirittura pseudo esperti lo indicano come discendente del “garum”! Lo scrittore L. A. Cervetto, autentico cronista del gusto dell’Ottocento, nella sua opera “Il Natale, il Capo d’Anno e l’Epifania nell’arte e nella storia genovese”, cita molti piatti ma non il Pesto. Lo stesso Firpo, grande poeta genovese. Il Pesto, tipica salsa fredda genovese nata nel primo trentennio dell’Ottocento, deriva dall’antica Agliata (Aggiadda), la prima delle sei salse storiche da mortaio risalente al 1200, a base d’aglio pesto, con aceto, olio d’oliva e sale. Nel lungo cammino durato sei secoli, dal 1200 al 1800, aggiungendo il basilico, i formaggi, l’olio d’oliva e il sale all’aglio, e togliendo l’aceto, è nato il Pesto. La prima ricetta scritta del Pesto è certamente curiosa. Nel
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libro “La Cuciniera genovese” edita nel 1864 in 3.000 copie dalla Tipografia Fratelli Pagano, si cita l’impiego del formaggio olandese nel pesto (fortunatamente poi sostituito), in quanto in quel periodo Genova commerciava con l’Olanda. Il nome dell’autore della Cuciniera genovese, G. B. (Giambattista) Ratto si saprà solo nel 1867, quando fu stampata la terza edizione. Nel 1871, giunta alla sua quinta edizione, la Cuciniera genovese porta anche la firma del figlio Giovanni. A distanza di alcuni anni, Emanuele Rossi, oltre a copiarne la ricetta, ne aggiunge molte altre, e da alle stampe il volume “La vera cuciniera genovese facile ed economica ossia Maniera di preparare e cuocere ogni genere di vivande”. Ma non basta: Emerico Romano Calvetti nel 1910 dando una sua versione, fa una sintesi delle due cuciniere, riportando nella sua opera, la ricetta n° 39 “ la battuta o savore d’aglio”. Infatti, come citato in precedenza, il pesto deriva dall’aggiadda (agliata), una salsa che serviva per conservare i cibi cotti e per coprire gli aromi e sapori di carni
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troppo frollate (come le frattaglie) o già con inizio di putrefazione. Il Pesto è nato a Genova! Chiariamo definitivamente la querelle su Pesto e Pistou. I provenzali, in particolare i marsigliesi, hanno sempre rivendicato la primogenitura di questa salsa. Niente di più sbagliato. Le prove scritte sono state fornite proprio da un provenzale. Infatti lo chef de Cuisine J.-B. Reboul, scrisse e pubblicò nel 1889 “La Cuisinière Provençale”, un’opera definita in Francia “la Bibbia” della gastronomia della Provenza, lodata anche dal grande Frédéric Mistral. Nella terza tiratura della venticinquesima edizione (1991) de “La Cuisinière Provençale”, a pagina 63, terza riga, si legge: 16 (numero della ricetta). Soupe au Pistou. - Cette soupe, d’origine genoise…. Che dire di più? Bastava leggere. Per chi vuole documentarsi: La Cuisiniere Provençale di J.-B. Reboul - Nouvelle Edition (Troisième tirage de la 25e Edition Octobre 1991) - P. Tacussel Editeur - Marseille - 90 F. Il Regale Basilico Chiamato in dialetto Baxaicò e Baxeicò e comunemente basilico (dal latino basilicum), il suo vero nome botanico è “Ocimum basilicum”, derivato dal greco òkimon = basilico e basileus = re: vale a dire erba regale. Anticamente in Grecia era coltivato in vasi come pianta ornamentale, lo stesso, ma anche per le virtù curative, dagli Arabi. In India era considerata una pianta sacra. Molte delle sue specie sono usate sia in medicina
che nei cosmetici. Solo in Liguria era già usato in cucina. Le varietà di basilico coltivate in Liguria e che appartengono alla varietà Typica sono prevalentemente: basilico genovese gigante, basilico genovese nano e basilico genovese comune. Gli aromi caratteristici sono derivati dagli oli essenziali contenuti nelle microscopiche vescicolette della pagina superiore della foglia: estragolo, linaiolo ed eugenolo ed altri componenti minori (tannini, saponina acida, monoterpeni, sesquiterpeni, fenilpropani, flavonoidi, acido caffeico ed esculoside). Le zone di maggiore produzione in Liguria, sono in pieno campo, nella provincia di La Spezia, in particolare nel Sarzanese, in misura minore, ad Andora, Diano Marina ed Albenga nel Savonese e, limitatamente, nell’Imperiese. In serra, le zone con maggiori superfici, oltre la provincia di Savona con l’Albenganese, seguono in misura minore, l’Imperiese e il Genovesato. La zona storica ed elettiva di produzione del basilico del Genovesato, è la delegazione di Prà, vero e proprio “cru” del Basilico Genovese, insignito della DOP nel 2005. Coltivazione del basilico Nelle poesie o novelle dialettali di poeti liguri come il Firpo e più recentemente dallo scomparso Vito Elio Petrucci, il basilico per fare il pesto si coltivava in una latta posta sul davanzale di una finestra, di fronte al mare per carpire gli umori salsi e il calore del sole. Dopo il secondo nefasto periodo bellico, oltre la coltivazione in pieno campo, il basilico fu
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coltivato razionalmente in locali protetti, vale a dire in serre. Sistema ormai ampiamente diffuso per avere l’aromatica piantina quasi ogni giorno dell’anno. Ovviamente con costi diversi, siccome d’inverno le serre sono riscaldate. Il terreno delle serre o in pieno campo dove sarà seminato il basilico dovrà avere un PH quasi neutro, lavorato profondamente, integrato di concime organico,
previo analisi del terreno, e disinfestato con prodotti chimici permessi dalle vigenti leggi. Diverse le caratteristiche del basilico secondo il metodo usato: in pieno campo (da aprile a settembre) la piantina sottoposta all’azione diretta dei raggi del sole, ha maggiore vigoria, foglie più grandi e più verdi e, un aroma più intenso e penetrante. La raccolta, estirpando la piantina, avviene circa a
La ricetta del Pesto Realizzata e registrata da Virgilio Pronzati e Luigi Barile e proposta nei Corsi per degustatori di pesto promossi dalla Provincia di Genova. Dosi e ingredienti per 1 kg 30% di Basilico Genovese DOP (di Prà o d’altre località della Liguria); 2-3% di aglio di Vessalico (comune in provincia d’Imperia); 10% di pinoli di Pisa prima scelta; 25% di Parmigiano Reggiano Dop di 36 mesi grattugiato; 5% di Pecorino Sardo Dop di 15 mesi grattugiato; 1,5-2% di sale grosso marino; 24-26% di olio extravergine Riviera Ligure Dop (dolce e maturo).
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Preparazione Togliere le foglie di basilico dalle piantine, lavarle e farle asciugare su carta assorbente o nella centrifuga, facendo attenzione a non schiacciarle. Porre l’aglio già mondato nel mortaio, pestarlo col pestello d’olivo o di frassino fin tanto da ridurlo in poltiglia, unire i pinoli e pestare, amalgamando così i due ingredienti. Unire il basilico e il sale e schiacciare - senza più pestare - a lungo roteando
non devono minimamente essere stropicciate, perché le vescicolette contenenti gli oli essenziali poste sulla pagina superiore della foglia, rompendosi, provocano un’ossidazione del colore e degli aromi, rendendo prima il pesto verde sbiadito-marrone o verde scuro, e poi con note verde-nero, dall’aroma solamente erbaceo. Il pesto fatto nel frullino elettrico, a parte che viene una salsa emulsionata simile ad una crema, scaldandosi per l’alta velocità si ossida in parte anch’esso e fa quintuplicare l’effetto piccante dell’aglio conferito dall’allicina (solfuro di zolfo). Il mortaio era e deve rimanere un attrezzo di cucina, poiché l’aglio pestato nel mortaio non si scalda; inoltre il sale messo assieme alle foglie di basilico, sotto l’azione roteante del pestello, le sminuzza finemente e, essendo il sale igroscopico, ne rallenta l’ossidazione. I pinoli, considerandoli un’aggiunta fatta verso la fine del 1800, possono essere anche facoltativi, benché aggiungono morbidezza per il contenuto di alcuni acidi grassi, che si trovano anche nell’olio extravergine di oliva.
col pestello, mentre con l’altra mano si fa girare il mortaio nel senso opposto, sino ad ottenere un composto omogeneo. Aggiungere i formaggi e, sempre, roteando, incorporare l’olio versato a filo. Se il pesto fosse troppo denso, diluirlo con un cucchiaio d’acqua calda della cottura della pasta. Avvertenze: le foglie, necessariamente asciutte,
Obbligatorio invece l’aglio, che trova perfetta armonia col basilico genovese. Chi lo toglie (Dio lo punisca) abbia l’onestà di non chiamarlo più pesto, ma semmai salsa al basilico. Infine, perché l’olio deve essere maturo e dolce? Semplice: l’olio oltre a far da solvente per le sostanze aromatiche, conferisce il perfetto amalgama, esaltando l’aroma del basilico ed attenuando il piccante dell’aglio.
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30 giorni. Per il prodotto destinato all’industria, le piantine sono cimate ad un’altezza dal suolo, dopo 60 giorni dalla semina, con intervalli successivi di circa 20 giorni. In serra, la raccolta del basilico estirpato, avviene dopo circa 25-30 giorni in estate e 70-80 giorni in inverno. Le piantine, sono più esili con foglie verde chiaro e dall’aroma fine ma persistente. Quindi il pesto che si otterrà dai due tipi di basilico sarà ovviamente diverso. Entrambi buoni, ma con maggiore equilibrio quello ottenuto da piantine allevate in serre, in quando non esposto all’aumento della temperatura solare che, spesso, avvia un processo di ossidazione enzimatica delle sostanze coloranti ed aromatiche, quest’ultime contenute nella parte superiore delle foglie.
Alcune (av)versioni Dal tipico pesto descritto, ne sono nate altre versioni perlopiù casalinghe. Sia in qualche famiglia di Genova che nelle delegazioni del ponente cittadino e dell’entroterra, è ancora abbastanza diffusa l’aggiunta finale del burro, unito insieme al pesto e sciolto nella pasta appena scolata. Uno dei motivi, è quello di supplire alla carenza di pesto, e conferire una marcata morbidezza e saporosità. Mentre in diverse località sia del Levante che del Ponente ligure, c’era e c’è (oggi molto meno) l’uso di aggiungere anche le noci e, in minor misura, addirittura il prezzemolo e le bietole. Nel primo caso, le noci potevano colmare l’assenza dei pinoli, ma non certo sostituirli degnamente. I gherigli di noci, notoriamente tannici ed amari, nonché astringenti, uniti all’imperiosità dell’aglio rendono il pesto disarmonico. Lo stesso, ma per altri motivi il prezzemolo e la bietola. L’aggiunta del prezzemolo, negativa, può essere solo dovuta alla scarsa quantità di basilico, in quanto l’aroma penetrante e deciso che esprime penalizza, soffocandolo,
il grato afrore del basilico. Anche per l’uso delle bietole, vale il precedente motivo, ma al contrario: anonima ed acquosa, la bietola diluirebbe troppo l’aroma del basilico, spersonalizzandolo. Circa novanta anni fa, un noto ristoratore della riviera di levante, allungando il poco pesto con della salsa di pomodoro, lo chiamò pesto corto !! Una variante, o meglio con un ingrediente aggiunto, ci viene dal levante della provincia di Genova, in particolare dai Golfi Paradiso e del Tigullio con epicentro in Val Fontanabuona. Al Pesto aggiungono la Prescinseua (cagliata). Oltre che un’abitudine del passato, quest’aggiunta veniva ed è usata per condire le tipiche troffiette (piccole ed irregolari spirali di semola, la cui forma è ideale per trattenere il pesto ed accarezzare il palato), nate a Sori e valorizzate da Recco. Un uso che per i genovesi è deprecabile, trova invece congeniale unione per condire le troffiette e le piccagge (fettuccine) di castagne. La piacevole percezione leggermente acidula riequilibra il sapore dolce della castagna.
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Le paste per il Pesto
poi di seguito, le lasagnette, i corzetti stampati (a
Dando un dispiacere a molti genovesi, si può
forma di una grossa moneta con rilievi da ambo le
sicuramente affermare che le trenette (bavette)
parti) e le troffiette. Per le trofie, ossia gli gnocchi,
non sono il meglio da sposare col pesto, perché
scherzando (ma non troppo), si può affermare che
essendo una pasta secca, non assorbe come dovrebbe il condimento. E, sebbene facciano ormai parte dell’immaginario comune, trenetta deriva dal siculo tria, che a sua volta proviene dall’arabo itriyya. Il meglio sono i mandilli de saea
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il pesto è come la legge: purtroppo non è uguale per tutti. Essendo composti per almeno l’80% di patate e il 18-20% di farina (quindi ricchi d’amido), anche facendoli cuocere in acqua salata, sono
(lasagne - dal latino laganum - quadrate di circa
sensibilmente “dolci”. Per riequilibrarne il sapore,
10 cm di lato, cui nome deriva dai fazzolettini di
ci vuole un pesto con lievi aumenti nel sale, aglio
seta delle nobildonne genovese dell’Ottocento),
e Pecorino Sardo.
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Il Mortaio Il mortaio di marmo è da considerare un vero e proprio utensile di cucina. Due secoli fa, entrava di diritto nei regali di nozze delle coppie genovesi. Spesso e volentieri, lo troviamo nelle case come sopramobile, ferma carta, porta fiori e chincaglierie varie e, non ultimo, per fermare la porta del terrazzo o del giardino. All’esterno è ancora peggio. Ci troviamo chiodi arrugginiti, chiavi, vasi e vasetti e, spesso, è utilizzato nel pollaio come abbeveratoio per polli e galline. È ovvio che il mortaio non lo abbiano inventato i Liguri. Era già conosciuto ed utilizzato da Fenici, Etruschi e Romani per vari usi. La sua forma variava in altezza e grandezza ma era sempre tonda. Gli speziali già dal Trecento, come per quelli di bronzo, lo usavano per estrarre i principi attivi da bacche, fiori, semi, frutti e cortecce di varie piante. L’originale forma tonda del mortaio, fu modificata dai Liguri addirittura nel 1200, perché erano gli unici ad usarlo per farne salse e schiacciare e mescolare ingredienti per realizzarne farce e dolci. I Liguri inventarono quelle quattro protuberanze a forma di piccoli capitelli, in dialetto oegge, cioè orecchie, per sollevarlo e farlo girare. Operazione quest’ultima, necessaria per fare il pesto nel mortaio. Con gli ingredienti posti nel mortaio, facendo roteare il pestello di legno contro la parete conica del mortaio e, con l’altra mano, girarlo in senso opposto, gli ingredienti si amalgamano perfettamente. Curioso l’uso del marmo per farne un mortaio. I Romani oltre venti secoli fa, acquistavano in un piccolo centro del Carrarese, il marmo, non quello bianco e già costoso (con quello s’immolavano in busti e bassorilievi) ma quello meno poroso e con inclusioni di alcuni metalli, per farne fare le colonne esterne delle loro ricche dimore. Una consuetudine, che contribuì all’origine di Colonnata. Dodici secoli dopo, i Liguri, certamente non secondi a nessuno per
parsimonia e risparmio, acquistavano lo stesso tipo di marmo per farne mortai. Quindi nasce da un progetto, il cui disegno, dava le indicazioni per la forma del mortaio. Quelli più comuni, avevano il diametro di un palmo genovese, poco più di 23-25 cm. Gli artigiani di Carrara, dal disegno di quel progetto lo realizzavano partendo da un cubo di marmo che, tagliandone a sbieco gli angoli, formava una specie di piramide. Da qui, tagliandone la punta e capovolgendolo, ne scavavano l’incavo e, all’esterno, ne scolpivano le orecchie e lo rifinivano. Il Pestello Il Pestello di che materiale è fatto? Solo di legno. Nel Carrarese usano il pestello di marmo, in quanto nel mortaio raffinano il sale grosso. Ma non tutti i tipi di legno vanno bene per far pestelli. Il più frequente è di legno d’olivo stagionato. Certamente un legno duro, carente in tannino, dalla fibra e dal colore particolari. Essendo anche un legno lievemente “grasso”, dopo l’uso, il pestello deve essere lavato con sapone ed acqua calda, per evitare sentori di rancido. Ideali i legni di pero, melo, albicocco e frassino, stagionati almeno 2-3 anni. Negativi il castagno e il rovere, per l’alto contenuto di tannino, in particolare nel castagno. Il tannino accelera l’ossidazione degli oli essenziali contenuti nel basilico. L’altezza e spessore del pestello, deve essere rapportata all’incavo del mortaio. Un mortaio dall’incavo di 15 cm di diametro ed alto 9-10 cm (dal centro del fondo a quello del diametro), richiede un pestello dalla testa leggermente conica e lunga 8-9 cm, il diametro di circa 7 cm. (poco meno della metà del diametro dell’incavo) e, col manico, dalla fine della testa, lungo almeno 12-13 cm. Le ragioni sono le seguenti: la forma, la grandezza e la lunghezza della testa del pestello, permettono di lavorare gli ingredienti su quasi tutta la parete dell’incavo, accelerando i tempi di realizzo ed evitando così
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l’ossidazione. Mentre la distanza che intercorre tra la testa del pestello ed il manico, evita il contatto del polso col bordo del mortaio. Altri modi per (non) fare il Pesto Oltre il pratico ma discutibile frullatore (meglio alcuni cutter) in uso da non molti decenni, per fare il pesto ci sono altri due modi. Il primo, e purtroppo ancor oggi in uso, è con la mezzaluna. La lama dell’attrezzo e il non breve tempo di realizzazione, fa ossidare completamente il basilico, conferendo poi al pesto sentori solamente vegetali. Lo stesso facendolo col coltello. Meglio decisamente il tritacarne, ma con spirale in moplen e una griglia con piccoli fori. Inserendo nella tramoggia del tritacarne tutti gli ingredienti assieme, tranne l’olio che sarà aggiunto alla fine, si avrà un pesto più granuloso, ma di maggiore persistenza aromatica ed armonia. L’abbinamento col vino I primi piatti col pesto esigono, essendo una salsa fredda e quasi totalmente vegetale, vini bianchi giovani, profumati, secchi ma morbidi e freschi, delicatamente caldi, pieni e continui come il Riviera Ligure di Ponente Pigato e il Collio Sauvignon (se francese, un Sancerre) serviti a 10-11°c in calici medi con stelo alto. Un vero e proprio matrimonio d’amore: l’ampio profumo e la morbidezza del vino, esaltano e contengono rispettivamente, l’aromaticità del basilico e l’imperiosità dell’aglio. Se a qualcuno viene in mente di abbinarci un vino rosso, lasci perdere. L’allicina contenuta nell’aglio (solfuro di zolfo che conferisce all’aglio l’aromaticità e il piccante) e gli oli essenziali del basilico a contatto dei polifenoli del vino, conferiscono un sapore amaro e nette percezioni sgradevoli di metallico e rancido. Pesto & Salute Le allarmistiche campagne di stampa o da tv sulla presunta tossicità del basilico che, addirittura provochi il cancro, risalgono addirittura a 5-6
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anni fa. Periodicamente sono diffuse, lasciando impauriti o sgomenti i consumatori generici di pesto, ma assolutamente tranquilli genovesi e liguri. Anzi, il bailamme suscitato nella prima settimana di novembre, lascia perplessità e sospetti. Ora che la Regione Liguria, attraverso il suo Assessorato per le politiche all’agricoltura, attualmente diretto da Giancarlo Cassini, è riuscita finalmente ad ottenere la DOP per il Basilico genovese, scoppiano come bombe, notizie nefaste sul basilico. Perché se tali ricerche hanno concreto valore scientifico, non sono state inoltrate tempestivamente al Ministero della Sanità? È vero che il basilico nella prima settimana di vita contiene tracce di metil-eugenolo (lo difendono da vari parassiti), la sostanza accusata di provocare il cancro, ma è altrettanto vero che al momento della raccolta del basilico non ce n’è più, siccome le piantine di basilico sono estirpate dopo circa due settimane di vita d’estate e quattro-cinque settimane d’inverno, e dell’altezza nettamente superiore ai 10 centimetri. Lo stesso prof. Veronesi, ex ministro della Sanità, ha chiaramente detto che il pesto non solo gli piace, ma fa anche bene. Il Pesto nell’economia ligure A nostro parere, al di fuori delle polemiche sterili, la questione che ha sollevato il polverone, potrebbe essere di natura commerciale. Il miglior pesto si sa, è prodotto con le foglie di giovani piantine coltivate in Liguria, poiché gli oli essenziali che caratterizzano l’afrore del basilico (in primis estragolo, linalolo ed eugenolo) sono nella giusta proporzione e quantità, per le particolari condizioni pedoclimatiche e le particolari tecniche colturali. Se raccolte più tardi, dopo 60 giorni o più (quindi con foglie grandi), la qualità degli aromi scema, divenendo penetrante, pungente con note vegetali all’olfatto, e amare e coriacee all’assaggio. Risultato: oltre a costare sensibilmente meno di
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quelle di giovani piantine, daranno sicuramente un pesto ossidato e disarmonico. Altre considerazioni sono ancor più importanti: in Liguria la coltivazione del basilico coltivato in pieno campo e in serra, è di circa 30 ettari con una produzione annua dal valore di circa 9 milioni di euro. Attualmente un kg di foglie giovani di Basilico Genovese di Prà va dai 15 euro d’estate ai 20-22 euro d’inverno. Mentre il Pesto, quello buono, fresco (dura un mese conservato a +2-4°c in frigo e col 30-35% di basilico) ha un costo di base di almeno 18 euro il chilo. Ma il fatto più grave, ci viene da questi preoccupanti dati: degli oltre 500.000 milioni di vasetti di pesto venduti nel mondo, l'83% (sic!) è prodotto in Giappone, Danimarca e Olanda; il 17% in Italia, e solo il 5% in Liguria! Per questo, la quasi totalità del basilico utilizzato da grandi aziende, proviene dall’Argentina, Cina, Tunisia, Israele, Cile ecc. Purtroppo secondo i regolamenti dell’Unione Europea, il pesto non può essere insignito DOP o IGP in quanto è una salsa, genere non contemplato nella lista dei prodotti da insignire con le denominazioni citate. L’unica denominazione comunitaria che può essere ottenuta per il Pesto è l’STG: Specialità Tradizionale Garantita. Come per la pizza. Ma il miglior modo per tutelare il più possibile il futuro Pesto Genovese STG, è quello di fissare obbligatoriamente, tra i sette ingredienti che lo compongono, le due Dop liguri, il Basilico Genovese e l’Olio extravergine di oliva Riviera Ligure. Ovvero l’obbligo di acquistare in Liguria i due prodotti Dop regionali. Un mezzo per aumentare le risorse del comparto agroalimentare regionale e far da traino ad altri prodotti tipici. In un prossimo futuro, la terza Dop ligure potrebbe venire dall’aglio di Vessalico. Un aglio dalle particolari caratteristiche che aumenterebbe il livello qualitativo del Pesto, in quanto è una vera e propria biodiversità. E ne guadagnerebbe anche l’immagine del prodotto, avendo l’aglio di
Vessalico un bagaglio storico che risale al 1760, anno in cui è nata la sua prima mostra mercato che, superando l’usura dei tempi e delle mode, è arrivata ai nostri giorni. Il danno economico conferito dai vari pesto che si trovano in commercio in Italia e nel mondo – ben lontani da quello definito tradizionale o tipico – all’economia ligure è di enorme rilevanza. Sfruttando il nome Pesto (alla genovese o Genovese) molte aziende nazionali ed estero, oltre a crearsi un mercato fiorente e, conseguentemente notevoli guadagni, annullano e penalizzano il grande bagaglio storico e culturale legato al territorio d’origine. La maggior parte dei pesto in commercio contengono ingredienti che non hanno niente a che fare con quelli tradizionali. Come per tutti i generi alimentari posti in commercio, prima dell’acquisto di questi prodotti, leggerne attentamente i componenti scritti sia sulle etichette che nelle contro etichette. Per tutelare la qualità e l’immagine del Pesto Genovese dei propri associati, il Consorzio del Pesto Genovese ha creato un marchio registrato che è stampato in etichetta o apposto sulla confezione. Ma non basta. Anche tra i vari pesto dei produttori aderenti al consorzio è necessaria, maggiore chiarezza. Il consumatore va educato e rispettato. Se il Pesto è prodotto con dei semilavorati di basilico Dop e non (pasta di basilico refrigerato, surgelato ecc.) o con foglie di basilico fresco, sarebbe importante citarlo sull’etichetta della sua confezione. Non solo per le ovvie e differenti caratteristiche organolettiche a vantaggio del pesto con basilico fresco, ma anche per il prezzoli vendita: un kg di pasta di basilico ha un costo che può aggirarsi sui 3-4 euro (secondo la provenienza), mentre un kg di foglie di basilico fresco va dai 15 ai 20 euro (secondo qualità e stagione). L’esempio potrebbe essere preso dal latte: il prodotto fresco e quello a lunga conservazione.
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WineBlog
di Luciano Pignataro www.lucianopignataro.it
“
Verona 2009, la degustazione di Gaja evento clou
Sole, mare, avventura e cucina fragrante nel nord est del Brasile
”
È
stato l’evento più importante di un Vinitaly apre la celebrazione dei 150 anni dell’azienda ben organizzato ma in cui sembra siano giunta alla quinta generazione è una granitica mancate soprattutto le idee nuove, quasi certezza, come entrare in una basilica romana: l’impossibilità di costruire qualcosa di comunicativo quante cantine italiane potrebbero organizzare una che non siano i percorsi trionfalistici e un po’ falsi degustazione per 300 persone con un vino del degli anni ‘90 o, di converso, il rifiuto globale della 1964? Penso nessuna. E in Francia? Non molte. manifestazione. C’è da parte Questo segno di forza è stato per dei produttori ma soprattutto me impressionante, soprattutto degli uffici stampa, una quando penso che il 99% delle difficoltà a reggere il passo con aziende meridionali che hanno i cambiamenti e l’impressione iniziato la propria attività all’inizio generale è avvolta da una degli anni ‘90 non hanno avuto sensazione di smarrimento, la dabbenaggine di conservare di mancanza di stimoli mentali una sola bottiglia della loro prima davvero significativi, almeno dal annata! Così, tanto per farla punto di vista giornalistico. Il vino vedere ai nipotini un giorno. italiano è buono, gli investimenti Voglio spendere una parola per la continuano, c’è tanta voglia di conduzione di Jancis Robinson: fare, ma il navigatore collettivo idealtipo anglosassone che Angelo Gaja non ha individuato ancora il sembra uscita da un romanzo di nuovo percorso, è in attesa della ricerca dei satelliti. Agatha Christie. Semplicemente perfetta, nessuna In questo quadro la degustazione di Gaja, che esibizione tecnica, con interventi di supporto
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quando il tono musicale della degustazione scendeva, ha avuto un ruolo etereo e maieutico, capace cioé con cinque o sei domande poste al momento giusto di far venir fuori completamente la filosofia aziendale e il carattere dei protagonisti di questa straordinaria manifestazione senza occupare mai la scena. Il carattere forte e determinato di Angelo, il ruolo chiave della moglie Lucia, l’affiancamento al padre della figlia Gaia, l’ingresso, avvenuto appena a febbraio, dell’altra figlia Rossana che ha studiato enologia, la presentazione del giovane Giovanni, appena 16 anni, che porta il nome del papà di Angelo (a lungo sindaco di Barbaresco).
La giornalista inglese J. Robinson
Per me un vero proprio stage formativo a cui cercherò di uniformarmi da subito. Robinson: “I vini italiani non sono segnati dalla
quando si fa artigianato vero non si può inseguire
dolcezza e dalla morbidezza, hanno un approccio
l’industria. Noi pensiamo sia bello rimanere artigiani,
più acido e devono essere spesso accompagnati
siamo da sempre sullo stesso numero di bottiglie,
al cibo. E’ un punto di forza o di debolezza?”
circa 150.000. Abbiamo le risorse per accettare
Angelo: “Non è un punto di debolezza. A me non interessano i vini perfetti, ma quelli che sanno esprimere un grande identità. Certo è stato più facile farli capire in Germania, ma poi sono stati apprezzati in tutto il mondo. La nostra tradizione esprime sicuramente l’acidità come uno degli elementi di fondo e crea vini originali. Ma bisogna anche pensare che se l’originalità non piace a nessuno impone qualche cambiamento. Al tempo stesso se un prodotto la perde del tutto diventa uguale agli altri. Bisogna dunque cercare un punto di equilibrio. La nostra modernità è
anche di non vendere fino a quando il peggio sarà passato. Ma io sono ottimista e credo che la gente vorrà sempre bere bene e che la ripresa verrà presto”. Robinson: “In tutti questi anni, com’è cambiato il vino italiano?”. Angelo: “Beh, sul mercato internazionale eravamo un po’ folcloristici, ricordate le bottiglie di anfora del Verdicchio o i fiaschi con la paglia? L’immagine è stata completamente rovesciata, adesso l’Italia esprime una base produttiva molto ampia: quando
costituita dall’introduzione delle barrique e dalla
ho iniziato nel 1961 in azienda c’erano 3000
fermentazione a temperatura controllata, questi
produttori, adesso sono 35.000. Questo è buono
sono i due elementi che ci differenziano dal passato”.
perché rende possibile una grande e articolata diversificazione dell’offerta. C’è poi l’arrivo in
Robinson: “La crisi cambierà la vostra politica dei
campagna di tanti imprenditori di altri settori, anche
prezzi?”
questo è un dato molto positivo perché aiuta ad
Angelo: “So bene che sono considerato uno dei
avere una percezione diversa, più qualificata della
responsabili dei prezzi alti del vino italiano. Ma
viticoltura”.
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Il momento clou della degustazione è stato il Sorì
con una gerarchia pre-definita dei ruoli, ma
San Lorenzo 1988 e il Barbaresco 1964, ossia i
assolutamente moderna nella distribuzione delle
vini del giardino di casa.
funzioni in una degustazione dove tutti hanno
Ero di fianco al palato piemontese e allenato dai
parlato esclusivamente in inglese. In prima fila gli
vini di Francia di Enzo Vizzari, il suo commento
amici di sempre: Edward Steinberg con la moglie
è stato: “Ecco cosa è un Barbaresco”. Integrità,
e Guido Rivella con il quale il sodalizio dura da
finezza, eleganza. Nel Sorì torna la dolcezza dell’uva
39 anni. E se Gaia ha ricordato le più importanti
regalata dal tempo e non da pratiche di cantina,
donne del vino, Angelo ha mostrato le foto degli
un po’ come gli anziani tornano bambini, il 1964,
autori della rinascita del vino italiano, a cominciare
fatto ancora dal padre Giovanni perché Angelo i
da Domenico Clerico presente in sala a cui è stata
primi sette anni è stato in vigna e non in cantina, ha
tributata una standing ovation, ai langaioli più famosi
ancora gioventù da esprimere, l’acidità in perfetto
(Altare, Bologna), dai toscani ai franciacortini,
equilibrio con le altre componenti del bicchiere,
da Gravner sino a Piero Mastroberardino. Una
al naso indimenticabili note tartufate e di funghi.
conclusione politica se volete: queste sono le
Persino la Robinson entra nel merito per una sola
persone che hanno cambiato la vigna in Italia.
volta durante la degustazione con un semplice ma
Lo Chardonnay Gaia&Rey 1994 mi ha conquistato
sentito aggettivo: “Excellent”.
per la freschezza e il tono giovanile, la risposta del
Sul palco la famiglia, l’immagine della vera forza
Nord ad un altro grande Chardonnay, il siciliano
dell’Italia. Una famiglia dai vincoli tradizionali
Tasca d’Almerita, la risposta del Sud allo Chablis.
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Integro, colore oro brilante, intenso e persistente, ricco, strutturato, sontuoso, l’ho usato per chiudere la degustazione rinfrancato dalla vibrante freschezza. La sua prima edizione è nel 1979. Un po’ chiuso e monocorde invece il Darmagi 1997, prima annata veramente calda, la vigna piantata nel 1978, da uve cabernet sauvignon capace sicuramente di esprimere aria tartufata di Langa, fresco, ma anche il meno esaltante di questa straordinaria batteria. Conteisa 1996 e Sperss 1989, rispettivamente La Morra e Serralunga, esprimono un momento particolare dell’azienda, quando Gaja riprese a fare Barolo, che già aveva
fatto il padre Giovanni, ma stavolta con uve proprie. Conteisa vede la luce nel 1995, dunque è recente, Sperss nel 1988. Entrambi in perfetta forma, inutile dirlo, il primo con un tono più moderno (cioccolato, note balsamiche, concentrato) il secondo più vocato ai toni fini dell’eleganza. I vini erano buoni, gli ultimi due straordinari, a me è piaciuta l’esecuzione della presentazione dalla musicalità perfetta, poco italiana se volete, in cui nessuno ha debordato dal ruolo e tutto si è svolto in perfetto stile piemontese, denso e preciso. Entrati alle 10,30, alle 12 era già tutto finito. Anche il Vinitaly.
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di Silvana Delfuoco
“
Il futuro ha un cuore antico… anzi, biodinamico!
Nicolas Joly ha fatto scuola: sempre più in aumento il numero dei vigneti coltivati in biodinamica: ma non facevano già così i nostri nonni?
E
”
ccola qui, finalmente, davanti ai nostri occhi, la mitica Coulée de Serrant, dove nascono i suggestivi bianchi di Nicolas Joly, il guru della viticoltura biodinamica: un ripido avallamento che scende verso la Loira, perfetto per garantire con la sua posizione geografica le migliori condizioni di impianto per un vigneto. Intuendo che la storica tenuta di famiglia era il luogo ideale per applicarvi le teorie elaborate all’inizio del secolo scorso da Rudolf Steiner, Joly decise, al suo ritorno in Francia dagli Stati Uniti negli anni ‘80, di introdurle progressivamente nei sette ettari dello storico vigneto di famiglia, il cui impianto risale niente meno che al XII secolo. Il vitigno è le chenin blanc, - “un artiste sensible” per usare le parole dello stesso Joly, di cui bisogna
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saper riconoscere “la finesse” per esaltarlo al meglio. Ma tutto questo succedeva più di vent’anni fa. Oggi nel mondo della biodinamica non solo non si registrano sensibili cambiamenti di rotta, ma anzi un più che discreto aumento di adesioni. Il gruppo di vignaioli che ha sottoscritto la “Charte de qualité”, il documentobase redatto dal “comité de Direction”, è infatti ormai arrivato a più di centocinquanta aderenti, sparsi in tutto il mondo. E sono soprattutto i produttori medio-piccoli quelli che sottoscrivono con più entusiasmo, perché in loro è più forte l’esigenza di sottrarre il prodotto ad una massificazione del gusto ormai tipica del dilagante villaggio globale. Mentre in passato non era necessario, sono parole dello stesso
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Joly, “dans un vignoble de parler d’agriculture”, perché dappertutto si lavorava la terra allo stesso modo, oggi il problema della coltivazione ha assunto un’importanza ben diversa. I numerosi cambiamenti apportati dai metodi moderni possono infatti influire a tal punto sul prodotto finale, in questo caso il vino, da rischiare di trasformarlo in uno straniero in patria, “étranger a son origine”. Ben venga quindi la biodinamica, se essa è perfettamente in grado di valorizzare al massimo lo spirito di terroir anche molto diversi tra loro, lasciando che la vigna vi possa esprimere il proprio carattere nell’infinita sfumatura delle differenze.
Certo i problemi da risolvere per chi vuole convertirsi non sono sempre facili, neanche per i più volonterosi. Va bene scegliere di essere biologici (o biodinamici), ma che succede se così non fa anche il tuo vicino? Esemplare il caso di Clemens e Rita Busch, giovane coppia di vignaioli tedeschi che lavorano sui pendii della Mosella. Qui non solo si fatica a combattere, con l’utilizzo unicamente di preparati organici, i ristagni di umidità nelle vigne in pendenza, ma ci si deve anche difendere dai vigneti contigui, dove, proprio per ovviare agli inconvenienti di una difficile coltivazione manuale, si effettuano trattamenti chimici “tradizionali” dall’elicottero!
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Non tutti i luoghi sono ugualmente favoriti dalla natura, questo purtroppo è risaputo. Questo non vale certo per Nicolas Joly, che ha potuto far circondare i suoi sette ettari di vigneto da terreno lasciato incolto o a prato, per permettere il ristabilirsi dell’equilibrio naturale grazie alla diversificazione del paesaggio. Nelle sue vigne anche il compost è auto-prodotto, grazie alle vacche Nantaises di proprietà, ovviamente nutrite à l’ancienne con grano, barbabietole e fieno; inoltre non si usano diserbanti, ma l’erba viene brucata durante il passaggio autunnale da un gregge di pecore d’Ouessant, che ricambia il dono lasciando sul campo concime! E questo sarebbe davvero un modo totalmente nuovo e rivoluzionario di lavorare la terra? O non è piuttosto un’intelligente adattamento alle sagge abitudini del buon tempo antico? E nel domaine di Nicolas Joly il rimando, continuo e un po’ studiato, all’immagine di un passato che qui non è mai davvero trascorso del tutto si respira in ogni angolo. A cominciare dall’ accueil, ospitato in un piccolo locale volutamente dimesso, dove fanno bella mostra di sé vecchi attrezzi agricoli che sembrano posati lì quasi per caso. Per continuare con il romantico vialetto-belvedere da cui si ammira un duplice spettacolo: a sinistra, lo storico vigneto illuminato dal sole del tramonto; a destra, la barriera dell’incolto, che separa dal resto del mondo il piccolo paradiso incontaminato. Solo un manager del calibro di Joly, acuto conoscitore in anticipo delle tendenze dei mercati mondiali, poteva prevedere per tempo che il business del futuro sarebbe stato quello di riscoprirne il cuore antico: salveremo così la tipicità dei nostri vini, difendendoli dalla concorrenza, sempre più vicina e inarrestabile, dei paesi emergenti? Tutto sta nelle decisioni che nei prossimi anni (ma senza tardare troppo e fatti salvi i rapporti di buon
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vicinato...) riusciranno a prendere, possibilmente tutti insieme, i vignerons della vecchia Europa.
Scheda Il vigneto produce vini con tre diverse denominazioni: A.O.C. Coulée de Serrant Superficie: sette ettari, in forte pendenza verso la Loira, orientati a sud/sud-ovest Età dei vigneti: da 30/40 anni fino a 80 anni. Vitigno: chenin blanc Resa: 20-25 hl/ha Produzione: 20000/25000 bottiglie Agricoltura biodinamica controllata dal 1981 A.O.C. Savennierères-Roche aux Moines: Clos de la Bergerie Superficie: circa tre ettari, in pendenza a est Età dei vigneti: 30 anni. Vitigno: chenin blanc Resa: 28-30 hl/ha Produzione: 80000/10000 bottiglie Agricoltura biodinamica controllata dal 1984 A.O.C. Savennières: Les Vieux Clos Superficie: circa cinque ettari, in pendenza a est Età dei vigneti: 18/20 anni. Vitigno: chenin blanc e altri Resa: 30-35 hl/ha Produzione: circa 20000 bottiglie Agricoltura biodinamica controllata dal 1984
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di Roberto Rabachino
“
Una FISAR protagonista al Vinitaly 2009
Marco De Bartoli ritorna dopo 12 anni al Vinitaly di Verona
I
l pubblico delle grandi occasioni al convegno/ incontro che si è svolto presso il primo piano del Pad. 8 del Vinitaly 2009. L’occasione ha visto protagonista il grande vigneron siciliano Marco De Bartoli che, dopo ben 12 anni, ritornava al Vinitaly. L’evento è stato fortemente voluto dal Presidente Nazionale della FISAR Vittorio Cardaci Ama con la Segreteria Nazionale partecipe nella organizzazione. Affascinante il racconto e l’esposizione di Marco De Bartoli che ha ripersorso la storia degli ultimi della produzione enologica siciliana e nel particolare quella del Marsala. Marco De Bartoli è considerato il simbolo vivente del Marsala e del vino siciliano in generale, con il suo rispetto per il passato e la fiducia nel futuro gravata di dubbi su contraddizioni perpetue. Negli anni settanta subentrò alla madre Josephine nel Baglio Samperi. Nella tenuta si era coltivata uva da Marsala per due secoli, ma Marco, con una laurea in agronomia e un ammirevole curriculum
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”
come pilota di auto da corsa, non intendeva trascinarsi con un’industria in declino. Trasformò rustici cotti dal sole in cantine, dove perseguì la sua personale visione del Marsala, decorando gli spazi disponibili con una collezione di auto d’annata. Miscelò con tale abilità nuove annate alle vecchie, nel processo perenne detto solera, che il suo Vecchio Samperi di 20 e 30 anni fu riconosciuto come il non plus ultra dei Marsala. Marco però evitò deliberatamente la denominazione, per i suoi blend speciali, mentre scorazzava in giro per l’Italia su auto sportive rimesse a nuovo, fidando sulla sua parlantina e sul suo ironico senso dell’umorismo per vendere vini che erano decisamente fuori moda. Il blend Vecchio Samperi potrebbe qualificarsi come Marsala Vergine Stravecchio DOC, che può essere fortificato con alcol di vino, viene mantenuto veramente vergine, anche se i livelli naturali di alcol sono così alti che i vini devono essere etichettati come “liquorosi”. Da 25 ettari di viti, Marco e i suoi figli, producono circa 100.000 bottiglie all’anno, comprendenti il Marsala Superiore
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da sx Marzio Berrugi, Roberto Rabachino, Vittorio Cardaci Ama, Marco De Bartoli e Andrea Zanfi
DOC Riserva e il dolce Vigna La Miccia, oltre che il dolce Inzolia di Samperi, non classificato. L’azienda produce anche il Bukkuram, un Moscato di Pantelleria Passito che ha contribuito assai alla nuova ascesa di quel vino dolce. De Bartoli fu per un certo tempo presidente dell’Istituto Regionale del Vino e della Vite, ruolo che lo costrinse al difficile compito di provare a essere convenzionale e diplomatico. Non vi riuscì sempre, il che spiega perché fu intentata contro di lui un’ambigua azione legale che bloccò parte della sua produzione per anni, sino a che, recentemente, non fu assolto da ogni accusa. Nel corso dell’incontro è stato presentato il libro di Andrea Zanfi “ Marco, nipote mio” un romanzo etereo di anime che si incontrano, si parlano e
aprono i loro cuori alle memorie e alle passioni di una Sicilia posta a confronto fra un recente passato e un presente, in un tempo che scorre, ma che sembra immutabile. Storie di uomini, di Marco che incontra Marco, di un’isola che solo all’apparenza sembra lontana, ma che invece contiene in sé quella folle anarchia che appartiene a ognuno di noi. È questo quanto Andrea Zanfi ha voluto comunicare nel suo ultimo lavoro editoriale il cui contenuto è stato stimolato da un’attenta riflessione dettata dall’esperienza di un viaggio lungo qualche anno in Sicilia dove si è trovato a contatto con storie, aneddoti e uomini unici, come unica è ogni sfera umana, fra cui, frugando e rovistando, ha scoperto quella di Marco De Bartoli che lo ha affascinato.
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A seguire una indimenticabile degustazione di Vecchio Samperi, un vino stravecchio liquoroso secco da meditazione di vent’anni con varietà 100% Grillo prodotto a C/da Samperi di Marsala. Le uve vengono manualmente selezionate e dopo una spremitura soffice vengono messe in fermentazione in botti di rovere da 50 Hl. L’evoluzione di questo grande vino avviene in botti di rovere a metodo soleras. Il prodotto viene imbottigliato con una media ventennale. Incaricato a commentare questo importante vino, versato in versioni di diverso formato di bottiglia e di diversa epoca d’imbottigliamente, il nostro Marzio Berrugi che con proprietà e trasporto ci ha fatto emozionare. Il servizio ai vini è stato professionalmente svolto dai sommelier della FISAR.
Cantine Marco De Bartoli
vino più giovane in fusti che contengono
È lì che si estende l'azienda, in un
vini più vecchi, permette di creare
Aziende di Marsala Contrada Fornaia Samperi
dammuso del ‘700, per circa cinque
un’armoniosa mescolanza di annate
ettari di vigneto a 200m sul livello del
diverse, dal gusto unico e inimitabile.
mare, con esposizione sud-ovest.
Nel 1982 è imbottigliato il “Vigna La
È stato nel 1984 che Marco De Bartoli
È in Sicilia, nella zona occidentale dell’isola, nel marsalese, che Marco De
Bartoli,
nelle
tradizioni
credendo della
fortemente
viticoltura
del
suo territorio, si avvia a riscoprire e coltivare uno stretto legame tra i metodi tradizionali e innovativi di lavorazione della terra e di produzione del vino. Ed è proprio la ricerca di un’eccellente qualità,
coniugata
al
rispetto
delle
tradizioni vinicole siciliane che fanno prediligere a Marco De Bartoli l’utilizzo di vitigni autoctoni ed in particolare il Grillo, presente in Sicilia dall’epoca fenicia e base del classico Marsala, e lo Zibibbo, da cui si ricava il celebre moscato passito di Pantelleria. Nascono così i vini di Marco De Bartoli, il primo
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Miccia”, Marsala tipo Oro, più gentile perché vinificato a freddo, dagli intensi profumi primari delle uve Grillo e Inzolia. Sulla scia del “Vecchio Samperi” nel 1983 nasce il “Marsala Superiore”, un vino invecchiato nel rispetto dei tempi ciclici della natura in botti di rovere ma
ha messo in bottiglia il suo passito che, in omaggio alle incantevoli terre in cui è prodotto, prende il nome di “Bukkuram”, un moscato passito che ha orgoglio e merito di avere risvegliato da un lungo
letargo
l’interesse
di
molte
reso amabile dalla mistella, base alcolica
aziende alla conquista di una fetta di
d’antica ricetta, ottenuta dalla miscela
mercato in cui si colloca il prodotto.
del mosto d’uve Inzolia e acqua vite.
Poi
L’appassionato lavoro di ricerca di Marco
decide
De Bartoli continua e negli ultimi anni si è
produzione
determinata la produzione di vini d’annata,
Seleziona, quindi, uve Zibibbo nelle
soprattutto monovarietali autoctoni e
zone
rossi di carattere internazionale.
dell’isola, adatte per la produzione di
Marco
De
Bortoli,
di
a
nel
intraprendere di
nord
un e
più
nuovo
1990, la vino.
ombreggiate
vino bianco perché in possesso di
dei quali è il “Vecchio Samperi”, in
Azienda di Pantelleria Contrada Bukkuram
onore alle terre che ospitano l’azienda,
Bukkuram,
della
È proprio in contrada Cufurà, azienda
un vino ottenuto con l’antico metodo
vigna”, è il nome che definisce la zona
di tre ettari, che nasce “Pietra Nera”,
Soleras che, attraverso una sequenza
di
un vino secco dall’intenso complesso
di passaggi di piccole percentuali di
per la coltivazione dell’uva Zibibbo.
dall’arabo
Pantelleria
prediletta
un’acidità più alta e zuccheri più bassi. “padre dagli
Arabi
aromatico, unico nel suo genere.
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Birra danese, leggera ma di gusto
di Enza Bettelli
“
fotografie VisitDenmark
Per gli amanti della spumeggiante bevanda la Danimarca è una meta obbligata, complice la sua invitante gamma di birre che va da quelle industriali ai prodotti artigianali di una miriade di microbirrifici
L
”
e centinaia di castelli disseminati nell’arcipelago danese, agganciato al resto dell’Europa con l’audace architettura del ponte e del tunnel ferroviario CopenaghenØresund, contribuiscono a far rivivere la suggestiva atmosfera che ricorda i tempi di Amleto e della Sirenetta. Ma non c’è solo fiaba in Danimarca, oggi un moderno Paese industriale che tra l’altro vanta due primati in Europa: maggiore produzione di latte e il più numeroso parco di microbirrifici pro capite. La birra è infatti la bevanda nazionale visto che, almeno per ora e malgrado qualche timido tentativo di coltivare la vite, di vino danese non si può parlare. La birra (øl) danese è conosciuta soprattutto grazie al colosso Carlsberg, affiancato da altri nomi famosi come Tuborg e Ceres, e infatti è a Copenaghen che è stata isolata la prima cultura unicellulare del lievito per la birra a bassa fermentazione che ha poi preso il nome di Saccharomyces carlsbergensis. La lager è leggera, con gusto prevalentemente rotondo e un buon tenore fruttato, e si producono anche
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stout e bock in aggiunta a tutte le birre della casa dei birrifici artigianali prodotte secondo le stagioni e anche aromatizzate con bacche e erbe. Da una recente indagine è emerso che su 50 migliori rivenditori di birre nel mondo nel 2009 il primo e il tredicesimo posto sono di locali danesi, ai posti
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24 e 32 due olandesi, al 42 un belga mentre tutti gli altri sono statunitensi. Su questa classifica influisce senz’altro il fatto che in Danimarca la birra viene prodotta soprattutto secondo la “legge della purezza”, vale a dire solo luppolo, malto e acqua, e che viene servita dando alla birra e alla sua schiuma tutto il tempo per esprimersi in modo perfetto, arrivando al record dei 18 minuti di un locale fuori Copenaghen. Pasqua e Natale vengono celebrati con birre speciali e il giorno della loro messa in commercio è per molti Danesi il segnale del cambiamento di stagione. Tra i vari festival organizzati in Danimarca durante il
corso dell’anno i più importanti sono a maggio, i Giorni della Birra a Copenaghen (quest’anno dal 15 al 17) con la possibilità di assaggiare diverse centinaia di differenti birre, e a novembre quello della Birra di Natale. SMØRREBRØD, POLPETTE E DOLCI Carni di allevamenti nazionali e pesci pescati nel mare del Nord sono alla base della gastronomia danese e di quelle che sono le specialità del Paese. Primo fra tutti lo smørrebrød (pane e burro), la distesa di tartine che compone i magnifici buffet danesi. Però se non tutti sanno che lo smørrebrød
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è nato qua, è quasi impossibile ignorare che la grande pasticceria abbia avuto origine in Danimarca. I dolci danesi sono infatti così famosi che in tutto il mondo l’alta pasticceria viene
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chiamata semplicemente Danish Pastry; è a base di pasta tipo sfoglia ma lievitata e lavorata a comporre un leggerissimo insieme di strati. Merito anche dell’eccellente burro danese, prodotto per centrifugazione, con un basso grado di acidità e protetto da una confezione di carta di alluminio a tre strati. Il burro, oggi però abbastanza spesso sostituito dall’olio d’oliva, viene utilizzato anche per la preparazione delle immancabili frikadeller (polpette) servite di solito con un contorno di cavolo e di composte di frutta e con l’ottimo pane, spesso scuro, e per accompagnare le aringhe, altro piatto nazionale, consumate fresche o conservate in cento modi diversi.
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Catania: debutto del Distretto Culturale
di Attilio L. Vinci
“
Con l’impegno di far conoscere le risorse del territorio e valorizzarne le espressioni produttive di più alta qualità è stato istituito a Catania il Distretto Culturale
I
”
niziativa ideata e concretizzata dal dott. Giuseppe Finocchiaro con la collaborazione di importanti enti ed istituzioni quale la Fondazione Cariplo e l’Arcidiocesi etnea. Presentato ufficialmente il 31 gennaio scorso, il Distretto ha debuttato a fine febbraio con un elegante e ben organizzato evento negli accoglienti locali del Museocafè del Museo Diocesano. Il debutto è stato concentrato sul tema “Formaggi e vini” ovviamente del comprensorio etneo. Alla manifestazione ha presenziato dall’Arcivescovo metropolita di Catania Mons. Salvatore Gristina. La relazione introduttiva è stata del Barone Mario Ursino Recupero, che ha illustrato fonti storiche, letterarie, religiose e folcloristiche della tradizione casearia siciliana. S.E. Mons. Gristina, con parole di buon pastore, molto apprezzato qual è, ha sottolineato con efficacia persuasiva la preziosa sinergia che ci deve essere tra tutte le realtà, Diocesi compresa, per valorizzare le risorse della comunità. L’evento è parte d’un progetto ideato e coordinato dalla società di consulenza Theorema, della quale il dott. Finocchiaro è la figura espressiva.
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Consistenti i punti di forza concentrati in un partenariato strategico, fortemente operativo, comprendente anche i più attivi enti locali operanti nello sviluppo del territorio: la Curia arcivescovile di Catania che è l’ente capofila; la Fondazione diocesana, che opera da supporto come una holding di servizi; l’Azienda Provinciale per l’incremento Turistico, organo operativo della Provincia Regionale; il GAL Terre dell’Etna e dell’Alcantara che si adopera anche per il controllo e la tutela dei prodotti tipici; l’Ente Parco dell’Etna che concorre all’uso sociale e pubblico dei beni ambientali; la Confcommercio/Fipe (Associazione generale per il commercio ed il turismo di Catania). “Siamo all’inizio, e considerate le adesioni ed il successo dei primi passi debbo dire di essere soddisfatto. E soprattutto gratificato dopo il duro lavoro che abbiamo dovuto fare per istituire il Distretto, ed avviarne l’attività - sottolinea il dott. Finocchiaro - Ad oggi vantiamo ben 15 aziende dei settori agroalimentare ed artigianali di qualità che hanno condiviso sin dall’inizio la proposta del progetto. Sono le aziende che riceveranno per prime un’adeguata promozione nell’ambito
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delle molteplici attività previste. Considerate le già diverse richieste di aggregazione, pensiamo che in futuro ne avremo altre, sempre in rappresentanza dell’alta espressione qualitativa. Il “Distretto Culturale di Catania” nasce infatti come una proposta culturale delle diverse risorse del territorio. Quindi, contiamo di offrire tutte le possibili proposte dirette a valorizzare le realtà più importanti ed autentiche della cultura etnea”. Il dottor Finocchiaro è egregiamente collaborato da Maria Gabriella Guzzetta, nella qualità di responsabile degli eventi del Distretto Culturale. “Contiamo di presentare un evento al mese e di coinvolgere tutte le espressioni produttive esistenti in Provincia - dichiara la splendida signora Maria Gabriella - prossimamente proporremo una manifestazione che avrà quale tema principale il pane e la sua tradizione in terra di Sicilia. Sotto Pasqua un evento con al centro i dolci tipici pasquali. A maggio porremo all’attenzione il pregiato suino nero dell’Etna…e così via fino a completare un programma di valorizzazione che interesserà tutte le nostre risorse dell’agroalimentare”. Considerata la scarsa conoscenza, e perciò il molto
limitato livello di apprezzamento da parte delle nuove generazioni, dei prodotti tipici, i promotori del progetto hanno dichiarato di voler coinvolgere, al più presto, le scolaresche del catanese allo scopo di avvicinarle alle diete mediterranee, a giusta ragione, molto ben suggerite oltre che per la loro bontà e squisitezza, anche e soprattutto per i benefici alla salute. Nel
catanese
esistono
anche
delle
buone
scuole professionali per i servizi alberghieri e di ristorazione. La riuscita serata evento al Museocafè di Catania si è conclusa con una generosa degustazione offerta dalle Fattorie Coco di Lentini, per i formaggi (primo sale, pepato e stagionato) e le ricotte; dall’azienda Di Prima di Zafferana Etnea per il miele (miele di arancio, di castagno e di eucaliptolo); dalla Biorg, pane biologico di Raddusa per il pane; dalle aziende vinicole Scilio, Don Saro e Camia di Linguaglossa per i vini Etna DOC. Gli accostamenti cibo-vino sono stati curati dalla sommelier Agata Arancio.
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Sai bere Colpetrone ambasciatore dello stile di vita umbro
a cura della redazione di Quality ADV
La più giovane delle aziende vitivinicole della Saiagricola, acquisita dal Gruppo Fondiaria SAI nel 1995 è situata sulle colline di Gualdo Cattaneo, uno dei cinque comuni nei quali si produce il Montefalco Sagrantino docg, in uno straordinario contesto ambientale.
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Colpetrone è passata dai 4,5 ettari del primo insediamento agli attuali 140, di cui 63 a vigneto ed oggi è una delle più grandi aziende del comprensorio della docg di Montefalco. Parallelamente allo sviluppo dei vigneti, nel giugno 2005 è sorto il nuovo Centro aziendale per una
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superficie totale di circa 3.200 mq nello stile dei fabbricati tipici del luogo. La moderna cantina di vinificazione ed affinamento è stata realizzata per una produzione di alto profilo qualitativo di oltre mezzo milione di bottiglie tra Montefalco rosso doc, Sagrantino docg e Sagrantino passito docg ed è dotata delle più innovative soluzioni tecnologiche e logistiche. La nuova struttura dispone di un wine bar per degustazioni guidate e vendita diretta e di una sala conferenze che può accogliere fino a 100 persone sedute. È previsto il restauro della adiacente chiesa di Santa Maria del Fico risalente al 1275, già conosciuta dai pellegrini che percorrevano la “Via Francigena”. Dei 63 ettari di vigneto di proprietà, 35 sono iscritti all’Albo del Montefalco Sagrantino, vitigno autoctono di questa area, uno dei più antichi d’Italia. Sulla sua origine non si hanno informazioni attendibili, ma l’ipotesi più accreditata resta che il Sagrantino sia stato portato a Montefalco da uno
dei tanti seguaci di San Francesco d’Assisi di ritorno dall’Asia Minore. Questa ipotesi potrebbe anche spiegare l’etimologia del nome che deriverebbe dalla radice latina sacer, vino sacro. 23 ettari sono iscritti all’albo del Rosso Montefalco e 5 all’IGT.
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Ma andiamo a conoscere le diverse tipologie di vini prodotti con la preziosa collaborazione dell’enologo Lorenzo Landi. Montefalco Sagrantino Docg Uve utilizzate: Sagrantino 100% È un grande rosso potente, concentrato e longevo. Ha colore rubino quasi impenetrabile e profumi intensi, ampi, con note di frutta rossa accanto a sentori speziati e vanigliati particolarmente fini. Il sapore è deciso, potente, con una concentrazione tannica evidente soprattutto nei primi anni di vita. Viene affinato per 12 mesi in barrique di rovere francese seguiti da 18 mesi in bottiglia dopo un breve passaggio in acciaio inox. Va servito a 18°C in ampi calici. È tipico l’abbinamento a grandi arrosti, cacciagione e formaggi stagionati a pasta semicotta. Possibilità di invecchiamento: 1015 anni.
Montefalco Sagrantino Passito Docg Uve utilizzate: Sagrantino 100% Vino da meditazione, ottenuto da una scrupolosa selezione di uve Sagrantino lasciate appassire per diversi mesi sui graticci. Poche bottiglie di un vero nettare. Ha colore rubino molto intenso con riflessi violacei. I profumi sono avvolgenti, concentrati, con note di mora e di ciliegia sotto spirito e un sottofondo finemente speziato. Al sapore risulta pieno, dolce, con una leggera componente tannica iniziale e una persistenza lunghissima. Viene affinato per 12 mesi in barrique di rovere
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francese e tonneaux seguiti da 18 mesi in bottiglia dopo un breve passaggio in acciaio inox. Va servito fresco di cantina, tra i 14 e i 16°C, in piccoli calici a tulipano, e abbinato a pasticceria secca, specialità locali come il brustengolo o dolci di marzapane. Possibilità di invecchiamento: 15 anni.
Montefalco Rosso Doc Uve utilizzate: Sangiovese 70%, Sagrantino 15%, Merlot 15% Potente ma molto bevibile e morbido. Si presenta con un colore rubino intenso con lievi riflessi porpora. I profumi sono decisamente fruttati, con sentori di lampone accanto a note più speziate e vanigliate. Il sapore è pieno, la sua rotonda avvolgenza è a tratti interrotta da sensazioni appena tanniche, che gli conferiscono carattere. Il 40% del totale viene affinato per 12 mesi in tonneaux e barrique di rovere francese; il 60% della massa rimane in acciaio inox e 4 mesi in bottiglia completano la maturazione. Va servito a 18°C in calici di media ampiezza in abbinamento con arrosti di carni bianche e rosse e grigliate miste di carne. Possibilità di invecchiamento: 5-6 anni.
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Dalle Guide 2009 Gold Montefalco Sagrantino Docg Annata 2004 L’Espresso: 18/20 vino d’eccellenza Gambero Rosso: eccellenza assoluta 3 bicchieri Luca Maroni: 96 punti Vini Buoni d’Italia: 4 stelle e menzione ad honorem Duemilavini Ais: 4 grappoli Veronelli: 96/100 Gentleman nel numero speciale di Natale incrocia i punteggi attribuiti dalle 5 più importanti Guide enologiche del 2009 e il Gold Montefalco Sagrantino docg annata 2004 si trova al Quarto posto nella Top 100 dei vini rossi.
Colpetrone Via Ponte La Mandria, 8/1 - Frazione Marcellano 06035 Gualdo Cattaneo (PG) Tel +39 0742 99827 Fax +39 0742 960262 www.colpetrone.it e-mail: colpetrone@saiagricola.it
Montefalco Sagrantino Docg Annata 2005 Ha ottenuto i 3 bicchieri della Guida del Gambero Rosso ininterrottamente dal 1996 al 2004. L’Espresso: 16/20 Gambero Rosso: 2 bicchieri Luca Maroni: 90 punti Vini Buoni d’Italia: 4 stelle Duemilavini Ais: 4 grappoli Veronelli: 94/100 Montefalco Sagrantino Passito Docg Annata 2005 L’Espresso: 16,5/20 Gambero Rosso: 2 bicchieri Luca Maroni: 91 punti Vini Buoni d’Italia: 3 stelle Duemilavini Ais: 3 grappoli Veronelli: 94/100 Montefalco Rosso Doc Annata 2006 L’Espresso: 15/20 Gambero Rosso: 2 bicchieri Luca Maroni: 83 punti Vini Buoni d’Italia: 4 stelle Duemilavini Ais: 3 grappoli Veronelli: 92/100 L.A. Int. Wine & Spirit Fair 2008: Silver Medal
Il management Amministratore delegato: Domenico Terzano Direttore generale: Guido Sodano Enologo: Lorenzo Landi Agronomo: Franco Fierli
Il Gruppo Saiagricola 5000 ettari di proprietà in 3 regioni 300 ettari di vigne Oltre 1 milione di bottiglie Certificazione ISO 14000 per tecniche ecocompatibili Certificazione ISO 9001 per la qualità
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a cura della redazione di
le notizie di enogastronomia e turismo
San Sebastiano Vino del ghiaccio e gli elixir Bernard presentati a Sestriere L’incontro, organizzato dal responsabile ufficio stampa CNA Torino Dr. Alessio Stefanoni, è stato un importante momento di valorizzazione di queste eccellenti e tipiche produzioni della montagna piemontese, frutto di condizioni estreme, e presentato direttamente agli operatori del settore fin lì convenuti. Il Sindaco di Sestriere Arch. Colarelli, ha accolto favorevolmente l’iniziativa che può rappresentare, come ha sottolineato, “un ottimo connubio tra il fascino della montagna e le attività di ospitalità e ristorazione che accolgono migliaia di turisti”. Le due produzioni proposte sono infatti “veri e propri prodotti artigianali, provenienti da territori di nicchia e da condizioni climatiche estreme e realizzati con cura manuale e costante”, come ha sottolineato il Sindaco di Chiomonte Renzo Pinard. Maria Luisa Alberico, direttore di Donna Sommelier e ideatrice della sperimentazione, giunta al terzo anno, del San Sebastiano vino del ghiaccio di Chiomonte, ha illustrato la novità del prodotto, le condizioni di vinificazione e il disciplinare di produzione che obbliga a vendemmiare quando le temperature sono inferiori agli 8 gradi sotto zero, il grado di ghiacciatura delle uve è ideale e la concentrazione zuccherina particolarmente elevata. La produzione limitata a due sole aziende, Casa Ronsil di Chiomonte e Pelissero di Meana di Susa, ne fa un prodotto altamente ricercato. Il San Sebastiano vendemmia 2007 si presenta splendido nelle tonalità ramate, pregevole all’olfatto con sensazioni di piccoli frutti rossi e bilanciato al gusto nelle componenti di acidità, indispensabile in un ottimo icewine, e dolcezza non eccessiva che lo rende ottimo accompagnamento di dessert con pasticceria secca, ma eccellente con delicati fois gras e formaggi erborinati poco stagionati. I sei elixir artigianali presentati dall’azienda Bernard di Pomaretto (To) e ottenuti dalla macerazione in alcol di erbe e fiori di montagna, rappresentano da oltre 100 anni il must della produzione di questa famiglia che ha visto il crescente successo di un prodotto inizialmente nato solo per il consumo personale. La raccolta manuale di Serpillo, Genzianella, Genepì e altri sette fiori e piante d’alta montagna e la trasformazione in profumatissimi e gradevoli digestivi naturali sono caratteristiche che rendono unici ed ineguagliabili questi rari prodotti di eccellenza condizionati anche dalla disponibilità delle erbe e dei fiori offerti da Madre Natura.
IL VINO SANTO? NASCE A PALAZZO ROCCABRUNA La Sala de Conte di Luna, al piano nobile di Palazzo Roccabruna, tra i colori vivaci degli affreschi e le complesse geometrie delle decorazioni rinascimentali, è stata cornice di una cerimonia suggestiva: la torchiatura della Nosiola appassita, un rito laico che rievoca l’ammostatura delle uve da cui nasce il Vino Santo. La tradizione vuole che la cerimonia abbia luogo nel corso della Settimana Santa e nella Valle dei laghi, la patria del passito trentino. Quest’anno, per sottolineare il ruolo dell’Enoteca provinciale del Trentino nell’ambito della vitienologia locale e per promuovere “Passito è passione” - la manifestazione che dal 16 al 19 aprile ha portato il Vino Santo a Palazzo Roccabruna – il solenne evento ha avuto luogo fra le decorazioni araldiche e le creature mitologiche che ornano la Sala del Conte di Luna. Non ci poteva essere sede più adatta: l’atmosfera cinquecentesca dell’ambiente ha trovato una sintonia perfetta con i costumi rinascimentali dei membri del Capitolo ed è stata sottolineata dagli intermezzi musicali degli allievi del Conservatorio F. A Bonporti di Trento. Ha introdotto l’evento Mauro Leveghi, vice segretario generale della CCIAA di Trento. “È un grande onore per Palazzo Roccabruna, e un riconoscimento importante del ruolo svolto dall’Enoteca, poter ospitare una cerimonia che è fortemente radicata nelle tradizioni del nostro territorio.”Il presidente della CCIAA, Adriano Dalpez, sottolineando “l’atmosfera magica in cui si svolge la cerimonia, quasi a rievocare le origini rinascimentali del Vino Santo” ha portato il saluto dell’Ente e ha sottolineato lo sforzo della CCIAA di Trento nella valorizzazione di questo vino. Del ringraziamento di tutti i produttori per l’impegno con cui Camera di Commercio e Provincia promuovono il Vino Santo trentino, si è fatto interprete Alessandro Poli, presidente dell’Associazione vignaioli del Vino Santo trentino. Infine introducendo il rito della spremitura, Enzo Merz, Gran Maestro del Capitolo della Confraternita della Vite e del Vino di Trento ha descritto le caratteristiche del passito trentino sottolineando come esso sia un frutto unico dell’alleanza fra il tempo, l’uomo e il territorio. A questo punto il Gran Maestro ha dato ufficialmente inizio alla spremitura. Un antico torchio, riempito di uva appassita prelevata direttamente dai graticci, dove è rimasta per molti mesi, e manovrato a mano dai Confratelli, ha fatto lentamente sgorgare il dolcissimo, prezioso mosto. www.palazzoroccabruna.it
a cura della redazione di
le notizie di enogastronomia e turismo
Janneau Single Distillery Armagnacs: alla Guascogna Platino, Doppio Oro, e Oro In una recente dimostrazione di grande talento Janneau, l’Armagnac più premiato al mondo, ha ricevuto una medaglia di Platino con il risultato di 96/100 (superlative) dal Chicago Beverage Testing Institute, ed una Double Gold medal alla San Francisco World Spirit Competition. Questi sono in assoluto tra i pannelli di degustazione più prestigiosi e critici dell’intero settore delle bevande a livello mondiale. I premi sono stati riconosciuti all’ultima creazione della prestigiosa Maison , di proprietà del gruppo Giovinetti: JANNEAU SINGLE DISTILLERY 18 ANNI DOUBLE DISTILLATION,che grazie a questi prestigiosi riconoscimenti entra di diritto a far parte dell’elite dei massimi distillati mondiali. Il tasting di Chicago tenutosi a Febbraio 2009 ha inoltre attribuito altre 2 medaglie d’oro a Janneau; una nella categoria VSOP (91/100 – exceptional) ed una nella categoria XO (93/100 – exceptional), mentre la competizione di San Francisco a Marzo 2009 ha sancito un ulteriore medaglia d’Oro per il Single Distillery 25 anni Double Distillation. È così che di fatto tutti gli Armagnac Janneau presentati ai tasting hanno ricevuto, come minimo, una medaglia d’oro. Questo straordinario successo riafferma ancora una volta Janneau quale produttore eccellente e punto di riferimento per la qualità dell’ Armagnac. Giovinetti Partners s.r.l. - www.janneau.net
Vinitaly 2009 - Villa Sandi presenta il Cartizze Nell’area del Prosecco DOC, la viticoltura è un’arte antica che ha modellato il paesaggio insieme allo stile di vita. La passione ha reso possibile la coltivazione anche nelle zone più impervie, come nel caso del Cartizze. (area collinare limitata a 106.8 ha nel comune di Valdobbiadene). Vigneti come giardini, lavorati a mano con tecniche e materiali senza tempo. In questa microzona, baciata da un perfetto connubio fra un dolce microclima ed una terra feconda di antichissime origini, Villa Sandi possiede un vigneto di un ettaro e mezzo, denominato “La Rivetta”. Dalla vendemmia 2008, una prima produzione di 6.000 bottiglie dalla vigna La Rivetta che diventeranno 12.000 fra tre anni, grazie ad un nuovo
vigneto di recente impianto. In considerazione delle particolari condizioni del terreno, si è deciso di produrre una versione Brut, indicata ad accompagnare l’intero pasto. Un tratto distintivo rispetto alla più classica versione dry abitualmente proposta a fine pasto. Uno specialissimo cru dalle caratteristiche uniche. Sul sommo della proprietà vi è un casale che sarà ristrutturato ed ampliato. Diventerà un piccolo relais fra le vigne composto di tre o quattro suites, destinato ad ospitare i clienti desiderosi di vivere la vita nel vigneto, scandita dall’avvicendarsi dei lavori stagionali, prendendone parte attiva. Il momento clou sarà il periodo della vendemmia. Ad ogni ospite sarà assegnato un filare e potrà così partecipare attivamente a questa pregiata e limitata produzione, di cui avrà una speciale assegnazione di bottiglie. Un’esperienza suggestiva, resa unica dall’ irripetibile magia di vigneti che si susseguono a perdita d’occhio e dove il tempo sembra essersi fermato e dove l’intervento dell’uomo è quasi impercettibile. Villa Sandi - www.villasandi.com
IL RUCHé MONTALBERA ALLA CONQUISTA DELLA GERMANIA Monaco di Baviera, 26-27 Aprile 2009 - Come vendere ghiaccio agli Esquimesi. Eppure il Ruché L’Accento, autoctono del Monferrato, riesce a furoreggiare anche in Germania. L’occasione per la presentazione ufficiale all’esigente pubblico tedesco è stata la favolosa kermesse enogastronomica di due giorni a Monaco di Baviera (organizzata dalla Gourmet’s InternationalMerano Wine Festival– selezionatori delle migliori produzioni enologiche italiane) in una location d’eccezione, il palazzo Kunstlerhau. A proporre il Ruchè, il primo produttore per estensione di vigneti il piemontese Franco Morando orgoglioso del successo riscontrato in ambito internazionale dalle sue produzioni di nicchia. Grande riscontro di successi per questo giovane ed importante autoctono piemontese dalle grandi speranze, appellato dalla critica tedesca come “il Principe rosso del Monferrato”. L’ultima impressione del produttore al nostro inviato è stata: “è tutto merito di un rigoroso lavoro in vigna ed un’enologia attenta alle esigenze dei consumatori, vini di gran frutto dall’importante e suadente struttura”. Motalbera - Terre del Ruché - www.montalbera.it
a cura della redazione di
le notizie di enogastronomia e turismo
“Nizza è Barbera” 2009 Sabato 16 e domenica 17 maggio, si terrà la manifestazione “Nizza è Barbera”. L’Enoteca Regionale in collaborazione con la Città di Nizza Monferrato (At), proporrà, sabato 16 maggio alle ore 16, nel Foro Boario di Piazza Garibaldi la manifestazione b&b – Barbera & Bicchieri con il convegno: “SOAVE E BARBERA” Incontro di realtà storiche tra passato, presente e futuro dedicato al vino bianco “ospite” e la premiazione dei produttori che hanno conseguito due o tre bicchieri per la Barbera sulla Guida ai Vini d’Italia 2009. Alle ore17 si apriranno le degustazioni. Novità per quest’anno, la collocazione dei punti degustazione nel Foro Boario della centrale Piazza Garibaldi. Sabato 16 maggio dalle ore 17 alle 20 e domenica 17 maggio dalle ore 10 alle 20, in degustazione Barbera di ogni tipologia a Doc del Piemonte; 300 le etichette, comprese le nuove Docg Barbera d’Asti e Barbera del Monferrato, vendemmia 2008. Con l’acquisto di un bicchiere in vetro serigrafato, a soli 5 euro, si potranno degustare liberamente ed illimitatamente tutti i vini proposti. Presenti le etichette dei produttori della prestigiosa Barbera d’Asti Superiore “Nizza”. Degustazione a cura dei produttori del Soave. In tutte le piazze centrali della città, pro-loco e gruppi ospiti proporranno al pubblico specialità gastronomiche piemontesi e liguri. www.comune.nizza.at.it - info@comune.nizza.at.it
Saffico - il nuovo, intrigante bianco di Diego Cummo L’azienda agricola Sicania ha la sede principale a Canicattì, nella provincia siciliana di Agrigento. È stata fondata nel 2001 da Diego Maurizio Cummo, che ha seguito le orme di suo nonno Diego e del padre Calogero. Dopo aver prodotto per anni vini per altre aziende, Diego Cummo ha deciso di iniziare a realizzare vini con una propria etichetta. Questa cantina siciliana, benché nuova, ha alle spalle una storia e una tradizione radicate nei primi anni dopo la seconda guerra mondiale. “Il vino si fa con l’amore l’impegno e il cuore” – racconta il titolare – “ecco perché per produrlo bisogna amarlo. Sono questi i sentimenti che ispirano la linea di condotta della nostra azienda, ai quali si aggiungono la tenacia, la caparbietà, la costanza anche di fronte agli ostacoli. Il vino che produciamo riflette in pieno questi sentimenti. I nomi che abbiamo dato ad ogni vino” – continua Diego Cummo – “sono
posti come a sigillo della storia che sta dietro la produzione di ognuno. Il sole e il calore della Sicilia, i suoi colori e profumi sono perfettamente espressi dalle caratteristiche e dall’immagine volutamente data alle bottiglie così sobrie e nello stesso tempo eleganti e seducenti. L’amore per la terra unitamente all’ impiego delle moderne tecnologie consentono di ottenere prodotti di alta qualità con caratteristiche tali da appagare le aspettative di ogni consumatore più attento ed esigente”. E Saffico, il nuovissimo bianco I.G.T. Sicilia presentato dalla Casa Vinicola Sicania, ha tutte le caratteristiche per ammaliare i palati più raffinati. Il nome nasce dall’unione in parti uguali di due profumatissimi vitigni, 50% Grillo e 50% Chardonnay, di colore giallo paglierino e con un bouquet intenso, con sentori di frutta matura, alternata a profumi floreali tipici del Mediterraneo. Il gusto è elegante, armonico, piacevole, caldo, inebriante e persistente dovuto all’affinamento in barriques di acacia per 6-8 mesi, il che darà al prodotto la pienezza e dolcezza tipica di questo legno. Servito tra i 12°C e i 14°C, è perfetto con primi piatti a base di crostacei, secondi di zuppa di pesce, con selvaggina o carne bianca, formaggi a pasta morbida. Sviluppa una gradazione alcolica di 13,50° Vol. Cummo - Casa vinicola Sicania s.r.l. www.casavinicolasicania.com
Medaglia d’Oro al Vinitaly per Cantine Pellegrino Le Cantine Pellegrino vincono al 17° Concorso Enologico Internazionale del Vinitaly la Medaglia d’Oro grazie al Marsala Vergine Riserva del Centenario 1980, uno dei prodotti di punta dell’azienda che si è aggiudicato l’importante riconoscimento nella categoria dei “Vini tranquilli a Denominazione di Origine – Vini liquorosi”. Vino da meditazione per eccellenza, di colore ambrato e dal sapore secco, asciutto e armonico, viene lasciato invecchiare per oltre venti anni in botti di rovere di Slavonia, ideale con formaggi erborinati eccellente in abbinamento a sigari toscani. Hanno ottenuto la Gran Menzione: il “NES” Passito di Pantelleria Naturale DOC uno dei vini fiori all’occhiello della produzione di Pantelleria pluripremiato in parecchi concorsi enologici. Ottimo con i dolci da forno ma sorprendente con i formaggi e il grana stagionato oltre 20 anni e il Tripudium Rosso Sicilia IGT 2006, un blend di Nero d’Avola, Cabernet Sauvignon e Syrah che accompagna bene qualsiasi piatto a base di carne. “Siamo molto felici di ottenere questi riconoscimenti - afferma
a cura della redazione di
le notizie di enogastronomia e turismo
Benedetto Renda Amministratore Delegato di Cantine Pellegrino - che premiano l’impegno della nostra Azienda per la qualità dei nostri vini”. Carlo Pellegrino & C. S.p.a. - www.carlopellegrino.it
DA FLORIO TRE NUOVI LIQUOROSI PER L’HO.RE.CA. Bellezza disarmante, paesaggio fascinoso e onirico dove il Mediterraneo si svela con tutta la sua intensità: la Sicilia. Isola di suggestioni liriche dove l’anima mediterranea rivive nella sua forma più autentica e ancestrale e custodisce ogni traccia del passaggio di antiche culture. La Sicilia e le sue isole, piccole perle fertili, sono terre generose dai toni forti, luoghi dove la terra pulsa e dove la vegetazione è rigogliosa e varia. Queste terre, grazie ad un habitat meraviglioso, sono capaci di generare grandi nettari dai profumi unici e inconfondibili. Nascono così, dalla grande sapienza Florio, Ambar, Oxydia e Zighidì i nuovi liquorosi dello storico brand. I prodotti saranno presenti in esclusiva nel canale HORECA da fine maggio. Ambar è prodotto da una selezione delle migliori uve Moscato coltivate nella zona di Noto. Un nettare dal profumo intenso e dal sapore pieno e morbido ricco di piacevoli note di miele di acacia, fichi secchi ed uva passa. Oxydia è figlio delle migliori uve Zibibbo maturate nell’isola al caldo vento africano. Intenso ed aromatico ha profumo e gusto complessi e decisi in cui dominano i sentori di albicocca e di uva passa. Zighidì da dolcissime uve Zibibbo dell’isola di Pantelleria, stese per giorni al rovente sole di fine estate, nasce Zighidì, passito liquoroso. Nel suo profumo ampio e concentrato e nel suo sapore pieno e morbido predominano l’uva passa, la frutta candita ed i fichi secchi. www.cantineflorio.it
IN ITALIA I MALTI PIÙ TORBATI DI ISLAY: PORT CHARLOTTE PC7 E OCTOMORE REDEMPTION
Presentati al mercato italiano i Whisky di Malto più torbati e intensi dell’isola scozzese di Islay: Port Charlotte PC7 e Octomore Redemption. Port Charlotte PC7, giunto quest’anno alla sua terza release, riprende il nome e lo stile produttivo dell’antica distilleria isolana di Port Charlotte, chiusa nel 1929 e riportata negli ultimi anni alla ribalta dal grande Master Distiller Jim McEwan. Questi, con pignoleria filologica, ha inteso tributare un omaggio personale ai Malti intensissimi che venivano distillati nel piccolo villaggio di Port Charlotte: e lo ha fatto con una serie di edizioni limitate che hanno subito incontrato il favore e l’apprezzamento degli
appassionati e dei collezionisti di tutto il mondo. Octomore Redemption è invece al suo esordio assoluto: nella sua bottiglia completamente nera, “estrema” nella concezione e nel design, racchiude il Malto più torbato del mondo. Oltre 3 volte più torbato dei Malti più torbati fra quelli conosciuti fino a oggi! La sua degustazione rappresenta un’esperienza oltre ogni limite percettivo noto, impossibile da confrontare con qualsiasi altro cimento sensoriale e, quindi, letteralmente indimenticabile. Fratelli Rinaldi Importatori - info@rinaldi.biz
Santa Margherita Importanti riconoscimenti al 14° Concorso Internazionale di Packaging - Vinitaly 2009 Nell’ambito del 14° Concorso Internazionale di Packaging, collaterale al Vinitaly 2009, Santa Margherita ottiene i primi importanti riconoscimenti: Etichetta d’Oro alla Cuvèe di Rosè – Veneto IGT – 2008 per la categoria “Confezioni di vini rosati tranquilli a denominazione di origine e a indicazione geografica” - Menzione speciale alla Cuvèe di Pinot – Veneto IGT - 2008 per la categoria “Confezioni di vini bianchi tranquilli a denominazione di origine e a indicazione geografica”. Le confezioni di vini e distillati iscritte al Concorso sono state sottoposte al vaglio di una commissione di esperti di livello internazionale, presieduta da Gilda Bojardi, direttore della rivista “Interni”. Il Panel di professionisti del design ha svolto l’impegnativo compito di esaminare un numero cospicuo di campioni, visto che sono state 224 le proposte presentate al Concorso. Le etichette premiate sono state sviluppate con la collaborazione dello Studio Idee Materia di Fossalta di Portogruaro nel quadro di un progetto di rinnovamento dell’immagine della cantina. Nel caso dell’etichetta della Cuvèe di Rosè, Santa Margherita ha utilizzato gli strumenti del web 2.0 per coinvolgere direttamente il consumatore nel processo di sviluppo creativo attraverso un sondaggio. Le preferenze espresse sono state pubblicate nel sito www.santamargherita.com e hanno visto alla pari la versione rossa e quella viola; che poi l’azienda ha scelto come la più adeguata al posizionamento del vino. Una decisione vincente alla luce del riconoscimento ottenuto. Santa Margherita s.p.a. - www.santamargherita.com
Quelli che… la mia mensa è meglio del ristorante
di Francesco Oriolo
“
Inizia con questo numero un viaggio che ci porterà alla scoperta dei vari luoghi dove si consuma il cibo. E non necessariamente sono i ristoranti
L
”
e indagini più recenti ci informano che circa 4 milioni di nostri connazionali pranzano fuori casa per studio o lavoro. E altri sono obbligati per cause diverse come i pazienti degli ospedali. In considerazione di ciò come cambiano i luoghi del cibo? Da questa domanda nasce un viaggio che riserva sorprese e demolisce luoghi comuni. La prima tappa la dedichiamo, come avrebbe scritto il compianto Beppe Viola, a “Quelli che… la mia mensa è meglio del ristorante”. In origine era il baracchino. Così a Torino chiamavano la classica gamella di metallo a due scomparti. Dentro si teneva il primo e la pietanza e nel refettorio della grande fabbrica si metteva a scaldare in enormi scaldavivande. Per avere un’idea dell’atmosfera leggete le pagine che vi dedica Claudio Raineri nel bel libro “Razza Baracchina”. Si perché in ossequio al detto “dimmi come mangi e ti dirò chi sei” nella città della Fiat, “Barachin” è sempre stato sinonimo di operaio. Per i colletti bianchi provvedevano le trattorie casalinghe e i bar con cucina, precursori delle
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tavole calde e dei fast food. Una nota ristoratrice mi raccontava dei suoi inizi nel bar paterno davanti ai cancelli di Mirafiori quando negli anni ’50 e ’60 il lavoro, dopo le colazioni, proseguiva per le signorine in grembiule nero che uscivano dagli uffici nella pausa pranzo. Poi vennero le mense che, passato il tempo dei famigerati precotti, hanno scoperto il fresco diventando protagoniste di una vera rivoluzione. Così oggi le aziende offrono ai dipendenti ristoranti self service in cui l’attenzione alla varietà delle proposte si sposa con la qualità degli ingredienti, la cura nelle preparazioni, la gentilezza del servizio e perfino una migliore logistica per evitare code. C’è una riscoperta della dieta mediterranea nelle varie declinazioni della pasta e delle minestre. I secondi e i contorni sono gustosi e semplici e una piastra è sempre in funzione per le carni. L’isola dedicata alle verdure permette di creare a piacere quelle insalate che tanto vanno di moda tra le signore a dieta. Gestite da imprese specializzate nella ristorazioni collettiva, i moderni ristoranti aziendali
Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
Autore di vini siciliani Solo Pellegrino ti garantisce la più completa gamma di vini siciliani di qualità. Bianchi, rossi, raffinati blend e autentici monovitigni. Vini Marsala DOC, vini dolci di Sicilia, Vini di Pantelleria DOC e Malvasia delle Lipari DOC. Per ogni pagina di Sicilia da scrivere, c’è un vino Duca di Castelmonte, Cantine Pellegrino o Hauner da poter abbinare. Per i tuoi clienti, per la tua cantina, per te.
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hanno puntato sulla qualità. E non soltanto qualità
blasonato, poi, una volta abbiamo chiesto alla
del cibo. Anche gli ambienti sono gradevoli e
mensa interna e da allora non abbiamo più
personalizzati. Spesso dedicano aeree riservate
cambiato”, mi racconta un’amica che dirige il
agli ospiti che permettono di trattare affari con clienti e fornitori senza perdite di tempo in spostamenti e parcheggi. Inoltre questi “Ristoranti Visitatori” che condividono con le mense le cucine, sono in grado di fornire servizi mini di catering, tramezzini,
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Marketing Strategico di un’azienda. Lo stesso accade in Spagna e in Francia, dove ho potuto assaggiare nei ristoranti aziendali ottimo serrano e gustose assiette fromage. Nessuna speranza
tranci di pizza, panini, focaccine farcite, cesti
invece per le “canteens” delle aziende del Regno
di frutta e piccola pasticceria di ottima qualità.
Unito dove una tristezza fatta di sandwiches
“Durante i meeting ci rivolgevamo ad un catering
regna sovrana.
Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
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Asti docg: dinamismo a tutti i livelli
di Lorenzo Tablino
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“
Dinamismo: è la parola d’ordine che in questo periodo investe tutto il poliedrico mondo dell’Asti. A tutti i livelli e in tante situazioni. Di fatto ne sono coinvolti produzione, mercato, promozione
”
Asti: nuove tipologie in cantina elle cantine da alcuni anni si stanno sperimentando nuove tipologie di prodotto che pur mantenendo i caratteri originali e nel pieno rispetto delle norme del disciplinare, cercano di valorizzare al massimo le specificità organolettiche del vitigno moscato. Lo scorso anno, in manifestazioni qualificate come Vinum in Alba e Moscato Wine Festival a Torino le tipologie sopracitate sono state presentate al pubblico e agli addetti al settore ottenendo vasti consensi. Lo stesso per il convegno tecnico-scientifico sugli spumanti organizzato della Sive (Società Italiana Viticoltura Enologia) in Franciacorta. In detta occasione il dottor Guido Bezzo, responsabile del laboratorio analisi del Consorzio Tutela Asti, ha fatto il punto sulla situazione con un’interessante relazione. Vediamo in sintesi le varie sperimentazioni in atto da alcuni anni, in molte cantine Piemontesi: • Asti a vendemmia tardiva, proposto dalle cantine Terre da Vino, sfrutta la maturazione
N
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avanzata dell’uva moscato su pianta per avere una forte gradazione zuccherina, evitando di conseguenza l’aggiunta di saccarosio di barbabietola in fase di spumantizzazione, ottenendo pertanto un prodotto più concentrato sul piano degli aromi e dei sapori. • La ditta Gancia, con Asti Modonovo, cerca un maggior sviluppo in alcol durante la spumantizzazione, mentre il prodotto base precedentemente è conservato anche in fusti di legno, al fine di ottenere una diversa
Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
Asti: come di ottiene? La qualità dell’Asti inizia nel vigneto, l’uva è il moscato bianco di Canelli, darà origine in cantina, con una razionale vinificazione, ad un eccellente vino: il Moscato d’Asti. La zona di produzione comprende tre province piemontesi (Asti - Cuneo - Alessandria) e 52 comuni con oltre 9000 ettari di superficie
vitata. Da questo vino, con il processo di spumantizzazione, si ottiene l’Asti, ottimale espressione di territorio e cantina. Il processo di spumantizzazione prende il nome di Martinotti - Charmat. Un prodotto di alta classe invidiato da tutto il mondo in quanto “unico e irripetibile”. Il vino base, opportunamente, chiarificato e filtrato, è immesso in autoclave
complessità e persistenza di sapori. • Le storiche cantine di Fontanafredda e la ditta Redento Dogliotti di Castiglione Tinella, con l’Asti adatto a lunga conservazione, hanno sperimentato un prodotto con forte presenza di sostanze estratte dai lieviti del vino, polisaccaridi e mannoproteine in particolare, ottenuti grazie all’affinamento sui lieviti per due mesi. Il progetto è stato ideato dal prof. Rocco di Stefano, ex direttore della sezione chimica dell’Istituto per Enologia di Asti. • Vigne Reali di Strevi propone un Asti ottenuto in totale stato di riduzione durante l’intero processo produttivo, dal trasporto dell’uva, all’imbottigliamento finale. È caratterizzato da aromi particolari. Si utilizza neve carbonica, acido ascorbico e soprattutto si elimina quasi del tutto l’ossigeno quasi del tutto dal processo di cantina. • Ci sono poi piccoli produttori che cercano di esprimere anche nell’Asti i caratteri specifici dei
unitamente a zucchero, lieviti, sostanze nutrienti. L’autoclave, oggi è un moderno recipiente di acciaio inox, dotato di strumenti particolari: termometri manometri, doppie intercapedini, valvole, agitatori. La presa di spuma dura un genere 15-20 giorni, Seguono la refrigerazione e stabilizzazione del prodotto che sarà filtrato prima dell’imbottigliamento isobarico.
terroir ove sono situati i vigneti. Citiamo, tra gli altri, Dogliotti a Castagnole, Bera a Neviglie, Marino a Santo Stefano Belbo, Marenco a Strevi. Le diversità in fatto di composizione del terreno, unitamente a microclimi variabili evidenziano Asti con quadri aromatici diversi, tutti comunque di alto profilo. • Asti metodo classico, ovvero il “Moscato Champagne” di ottocentesca storica memoria. Scomparso negli anni ‘60 del secolo scorso, oggi è tornato di moda con alcuni produttori pronti alla sua riedizione. È un prodotto particolare: il processo produttivo rischioso, non si usano autoclavi dove si razionalizza il tutto, dove si possono inserire tecnologie che controllano il processo e bloccano la fermentazione. La fermentazione avviene, infatti, in bottiglia, pertanto gli interventi sono molto limitati e sopratutto difficoltosi; gli scoppi del vetro non sono rari. Lo producono soltanto quattro-cinque cantine.
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La magia del vetro di Giancarlo Roversi
“
Bottiglie e bicchieri in vetro e cristallo per esaltare la civiltà del bere
I
”
l vetro ha accompagnato in ogni momento il cammino dell’uomo uscito dalle nebbie della preistoria, sostenuto i suoi passi, il suo evolversi, assumendo di volta in volta forme e funzioni sempre in linea col mutare dei tempi e con le nuove esigenze della società civile. E ha sempre affascinato, irretito, l’essere umano per quel non so che di magico che è celato nella sua stessa essenza. Prodotto naturale per eccellenza, ha emanato fin dalle origini una sottile forza d’attrazione, un fascino ineffabile, in parte dovuto alla sua vaga rassomiglianza con le gemme preziose, di cui ha rappresentato, fin dalle epoche più antiche un surrogato quasi perfetto. Eppure non è un materiale prezioso (salvo le sue
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espressioni più sublimi, il cristallo, i vetri d’arte). È l’uomo che lo percepisce come tale e lo avvolge in un alone quasi d’incanto, sedotto dal suo straordinario polimorfismo, dalla sua capacità di rinascere e di assumere, come un camaleonte, vesti sempre diverse, mantenendo una sorprendente vitalità. Attraverso il vetro rivive il mito dell’eterna giovinezza, della purezza assoluta, dell’incontaminatezza. Lo dimostrano i reperti archeologici vitrei di civiltà remote che conservano, dopo millenni, una freschezza sbalorditiva, quasi fossero usciti da una fornace dei nostri giorni. Nato dal felice incontro fra la natura e la genialità dei primi esseri viventi evoluti, questo prodigioso materiale ha consentito all’uomo, ieri come oggi,
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di risolvere, senza rischi e con una formidabile duttilità, una miriade di problemi, da quelli più semplici e comuni legati alla conservazione di alimenti, di medicinali e di mille altre sostanze a quelli più avanzati nel campo della ricerca scientifica e tecnologica. Senza contare l’affascinante e quasi prodigiosa proprietà del vetro di conservare nel tempo alimenti e altre materie, preservandoli dalla decomposizione e con assolute garanzie igieniche e di affidabilità. Galeno, il grande medico dell’antichità, consiglia di serbare i farmaci solo in recipienti vitrei “perché non ricevono impressione nè comunicano alcuna cattiva qualità”. Anche Ippocrate raccomanda che tutti i medicamenti fluidi da lui prescritti vengano conservati in vasetti di vetro. Proprio per questo il vetro costituisce un
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termometro sensibile e sicuro per misurare i vari stadi del progresso civile e il livello di evoluzione di un popolo. Proviamo a immaginare, per un istante, un mondo senza vetro, cioè senza quei manufatti di uso comune che pervadono tanti aspetti e momenti della nostra esistenza, da quelli più semplici e usuali a quelli tecnologicamente più avanzati. Dovremmo rinunciare a un’immensità di comfort col risultato che gli scenari quotidiani ai quali siamo abituati e una gran parte dei nostri stili di vita muterebbero drasticamente con un brusco salto all’indietro nella qualità del vivere. Pensiamo solo all’arte di imbandire la tavola, al piacere della convivialità, alla gioia sottile di assaporare un buon vino. In assenza del vetro il panorama sarebbe desolante. Non più invitanti sfilze di bottiglie di varie fogge che custodiscono
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gelosamente inebrianti nettari e ne esaltano con riverberi smaglianti le sfumature cromatiche. Non più scintillanti e variegate batterie di bicchieri di vetro o cristallo che reclamano di essere accarezzati e portati alla bocca per concedere qualche attimo di estasi. Non più recipienti luminosi e trasparenti che polarizzano gli sguardi sulle stuzzicanti ghiottonerie che tengono in serbo... Niente più di tutto questo. Bensì contenitori di tipo comune - in terracotta, legno, pelle animale, cartone, plastica - oppure anche di pregio in ceramica, alabastro,
peltro o metalli preziosi. Materiali tutti che hanno attraversato il lungo cammino della civiltà e dell’arte del bere e di conservare i liquidi dal più remoto passato fino ai nostri giorni. Ma ve li immaginate in questo mondo senza vetro come farebbero i sommelier a svolgere con scrupolo l’esame visivo dei vini, a svelarne tutti i segreti? Anche le visite alle cantine e alle enoteche perderebbero un grossa fetta della loro suggestione, dell’atmosfera di sacralità che le ammanta. Ma soprattutto pensate a cosa diventerebbero i brindisi che danno calore e gioia a un incontro festoso, a un evento importante: non più il tintinnio gioioso dei calici che si toccano, ma un suono
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sordo, poco gradevole e tutt’altro che propiziatorio. Così l’intrigante piacere del bere perderebbe molto del suo fascino, fatto com’è di un mix di emozioni che coinvolge non solo il palato, ma anche la vista e il tatto. Scrutare il vino nella sua vivezza, nelle sue nuance di colori, centellinarlo amorevolmente nel bicchiere, sfiorarne con le labbra l’orlo invitante, accarezzarne la superficie ricurva con la mano diverrebbero sensazioni non più gustabili. Anche potendo utilizzare coppe o calici d’oro e d’argento lo scenario non cambierebbe granché. Il piacere gustativo offerto da un bel gotto di vetro o cristallo è insuperabile. Anche perchè in un contenitore di metallo prezioso non si percepisce la tonalità del vino se non guardando la superficie che per altro perde ogni sfolgorio. E poi, a detta degli intenditori, il suo sapore risulterebbe falsato, più metallico, diverso da quello autentico, mentre solo il vetro è in grado di garantirne la fedeltà all’originale in quanto assolutamente neutrale. Ma allora è il vetro o il cristallo a rendere più buono il vino che serba per l’assaggio? Certamente. Infatti anche un vino non entusiasmante viene esaltato se delibato in un calice elegante mentre, al contrario, un vino con tutti i crismi dell’eccellenza rischia di non esprimersi al meglio se bevuto in un bicchiere dozzinale, peggio che mai se non di vetro o cristallo. È un po’ quel che avviene per il caffè bevuto in una tazza di ceramica rispetto a quello sorbito da un bicchierino di plastica. Ma lo stesso discorso, al di là dei vini e delle altre bevande alcoliche o meno, vale per tutti i cibi conservati. Pensiamo alla differenza di sensazioni che si provano di fronte a luminosi vasetti di vetro che racchiudono, non so, dei filetti di tonno o dei carciofini o pomodori sottolio o una salsa tipica - che catturano subito l’attenzione con i loro invitanti colori - rispetto a una scatoletta di latta o a un barattolo di plastica che fanno del prodotto conservato una specie di oggetto misterioso. Ma oltre alla sua impareggiabile trasparenza e visibilità, condizione primaria di garanzia di
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quanto racchiude al suo interno, il vetro, grazie alla sua sorprendente polivalenza e riciclabilità, continua portare il suo contributo per migliorare la qualità della vita in tutti i settori, riuscendo a far convivere armoniosamente i valori dell’ecologia con le esigenze della tecnologia: una specie di quadratura del cerchio! Inoltre, essendo un prodotto naturale e recuperabile non deturpa l’ambiente, mentre altrettanto non si può dire dei suoi eventuali sostituti, materie plastiche in testa, che costituiscono una delle più preoccupanti fonti di inquinamento, sia sotto l’aspetto produttivo che sotto quello dello smaltimento dei rifiuti. Oltre che per l’uomo e l’ambiente, non mancano grossi vantaggi anche dal punto di vista economico data la capacità del vetro di autorigenerarsi con un minimo dispendio di risorse, sfruttando quella formidabile ricchezza che è rappresentata dal riciclaggio degli scarti vetrosi.
Assume quindi un’eccezionale rilevanza il problema di una maggiore sensibilizzazione e consapevolezza dei cittadini alle tematiche del recupero. Perchè dal vetro si crea sempre vetro. Dall’antichità ad oggi si snoda un invisibile filo conduttore che si proietta verso il futuro: nei nostri oggetti vitrei si cela certamente una infinitesima parte di quelli più antichi, così come nei manufatti di domani si troverà una piccola traccia a di quelli di oggi, della nostra storia, una storia infinita.
La risorsa vetro Rispetto alle altre materie usate per il packaging, il vetro possiede almeno tre grosse chance sotto il profilo ecologico: non è fonte di inquinamento perchè formato di materiale chimicamente inerte; è riciclabile; è riutilizzabile per successivi reimpieghi. Una bottiglia può servire per almeno un centinaio di riutilizzazioni senza generare rifiuti. Nessuna materia è in grado di gareggiare col vetro. I suoi rottami tornano in fornace per essere rifusi e produrre nuovi manufatti che, oltre a conservare inalterate
le caratteristiche fisico-chimiche originarie, possono alimentare all’infinito un processo di riciclo senza alcuno scadimento qualitativo. Col riciclaggio del vetro, accanto all’azione di salvaguardia dell’ambiente, è possibile realizzare non solo un consistente risparmio delle materie prime di base (sabbia silicea, soda, carbonato di calcio) che entrano nel processo produttivo, ma anche un forte alleggerimento dei consumi energetici. Un’aggiunta del 10% di rottame
nella fase di vetrificazione fa ottenere, in termini di energia totale, un risparmio medio di circa il 5% che può raggiungere punte del 25% se il vetro riciclato tocca l’80%. Minori consumi di materie prime e di energia significano anche protezione del territorio e aria più pulita, ma anche una cospicua diminuzione sia della massa di rifiuti solidi urbani, sia dei costi necessari per il loro smaltimento
nonché
minori
immissioni nell’atmosfera dei gas sprigionati dagli inceneritori.
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di Luca Iacopini e Massimo Bracci
“
Una delle regioni più verdi d'Italia: l'Umbria
Piccole realtà che riservano piacevoli sorprese all'appassionato di vino: la Doc Colli del Trasimeno
U
n detto di molti anni fa diceva che l’Umbria è il cuore verde d’Italia, e a pensarci bene un suo fondamento di verità c’è. La natura è la padrona incontrastata, come lo sono le dolci colline che caratterizzano tutta la regione e sappiamo che il terreno collinare per la vite è uno dei requisiti fondamentali. Per contro però è l’unica regione centro meridionale non toccata dal mare e gli influssi mitiganti di questo sul clima si fanno sentire: estati calde e inverni abbastanza rigidi. Piccola eccezione è la zona del lago Trasimeno che con i suoi 128 chilometri quadrati di estensione, il quarto lago d’Italia, bene o male riesce a recuperare questo importante elemento che contribuisce a una perfetta maturazione dell’uva. Quasi tutta la zona collinare intorno al lago rientra nella doc Trasimeno. Una doc che sta emergendo sempre con maggior vigore proprio in questi ultimi anni. Ma prima di addentrarci nei particolari vediamo un po’ di storia. L’Umbria, come del resto tutte le regioni centrali, fa riferimento alle sue origini
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”
vitivinicole agli Etruschi. In tutta la sua storia l’elemento che ha caratterizzato questa regione fino quasi ai giorni nostri, fine anni ottanta, è dato da una coltivazione promiscua, non regolamentata e non particolarmente sviluppata. Infatti i sistemi di impianto erano collocati su strette file, uno o due al massimo tra un campo e l’altro e molte volte erano sostenute da alberi (vite maritata o alberata). Non esistevano vere e proprie estensioni territoriali, la viticoltura era considerata solo un complemento alla sopravvivenza della popolazione locale. È dagli anni novanta in poi che si è creduto che oltre all’olio, altra risorsa importante, il vino poteva essere un prezioso protagonista di questa regione. Si cambia il sistema di impianto, si abbassano le rese e si valorizzano le zone più vocate. In questa ottica si inserisce la doc Colli del Trasimeno o Trasimeno; a dire il vero una doc un po’ offuscata dalle sorelle più famose, Montefalco, Torgiano, Orvieto ma con una sua identità abbastanza precisa, almeno nelle intenzioni dei loro produttori.
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Nasce nel 1972 e poi ha avuto un’importante modifica nel 1998. Attualmente comprende ben 14 tipologie di cui diverse che prevedono il monovitigno tipo: Trasimeno Grechetto, Merlot, Cabernet Sauvignon, Gamay. Alcune come il Cabernet Sauvignon e il Gamay sono previste anche nella tipologia riserva. I comuni che comprendono la doc sono: Castiglione del Lago, Paciano, Panicale, Magione, Passignano sul Trasimento, Tuoro sul Trasimeno e in parte quelli di Città della Pieve, Corciano, Perugia e Piegaro. Nonostante si sia voluto dare con questo disciplinare ampia scelta ai produttori nei vitigni e nelle tipologie, ricordiamo che esistono nei Colli del Trasimeno quasi tutte le tipologie, rosato, vin santo, spumante, novello, ecc. , solo poche tipologie hanno una produzione di rilievo. Da recenti statistiche di produzione le più scelte sono la tipologia rosso, bianco e Gamay. Il rosso prevede l’apporto del Sangiovese per il 40% a seguire il Ciliegiolo, Gamay, Merlot e Cabernet Sauvignon, soli o congiuntamente per almeno
il 30%, per la parte rimanente sono previsti altri vitigni minori autorizzati. Per il bianco abbiamo il Trebbiamo (40%) e poi congiuntamente o soli, il Grechetto, Chardonnay, Pinot bianco e Pinot grigio per la rimanente percentuale. Vogliamo evidenziare alcune identità della doc che emergono da un disciplinare così ampio, e sostanzialmente sono due: la tipologia Gamay per il rosso e la tipologia Grechetto per il bianco. Cominciando dal Gamay: le origini di questo vitigno presente sul territorio da oltre un secolo, sono un po’ confuse e il nome contribuisce non poco a questo. Anzitutto il nome corretto è Gamay del Trasimeno o Gamay Perugino e non ha nulla a che vedere con il più famoso Gamay francese coltivato nel Beaujolais, né tantomeno con il Gamay coltivato in Valle d’Aosta. Sul perché venga allora chiamato come l’omonimo francese molto probabilmente ci dobbiamo orientare sul fatto che i vigneti come descritto in precedenza erano coltivati ad alberello, lo stesso sistema di allevamento usato appunto nel sud della Francia
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Veduta del Lago Trasimeno
come il Gamay. Recenti studi hanno stabilito che questo vitigno ha moltissime somiglianze al Cannonau Sardo, al Tocai rosso Veneto e alla Grenache francese. Nonostante questa più precisa identificazione si è deciso di continuare a chiamarlo ugualmente Gamay ma con l’aggiunta del suffisso Trasimeno proprio per richiamare e identificare la realtà viticola umbra. Il vino che ne risulta una volta era utilizzato in assemblaggio con altre uve per apportare colore e corposità, ora la nuova tendenza in purezza ci dà sempre un vino di buon corpo e con una buona capacità di invecchiamento.
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Per il Grechetto invece le origini toponomastiche fanno subito pensare alla Grecia, e in parte alcuni coloni greci hanno forse contribuito all’inserimento in Umbria di questa vite, ma nel Medioevo con il termine Grechetto si intendeva anche un vino bianco assemblato con vitigni diversi tra loro. Recenti studi hanno alla fine individuato due cloni: il Grechetto di Orvieto e il Grechetto di Todi, ambedue coltivati anche nella zona del Trasimeno ma con una maggiore predominanza sul clone di Orvieto. Il vino ha una buona struttura e una varietà di profumi intensi e eleganti. Per la nostra degustazione ci siamo affidati
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del bicchiere, i profumi si trasformano in piccole bacche di sottobosco, come il ribes, e note speziate eleganti, ricordiamoci la sua gradazione. In bocca dopo una prima nota alcolica si presenta con un buon corpo, caldo, lascia le papille gustative molto asciutte; nel complesso un vino mediamente equilibrato tendente alla morbidezza, visto la sua alcolicità, ha un tannino fine e una persistenza medio-alta anche se rimane all’interno della bocca un residuo amarognolo. Va servito a 16° gradi e può accompagnare selvaggina di piume e pelo di piccola taglia, o con formaggi di media stagionatura. Abbiamo degustato anche il “Colle Trasimeno doc Grechetto Nuricante 2007” sempre della stessa azienda. Si presenta con un colore paglierino limpido molto trasparente; i profumi sono intensi, schietti e fini. Definiamo questo vino sottile, sentiamo note di frutta bianca e note floreali. In bocca è caldo e rotondo, secco, dove si confermano i profumi olfattivi. Prevale sicuramente la morbidezza visti i suoi 14° alcolici. È da servire a 12° e accompagna preparazioni di pesce al forno o leggermente saporiti, formaggi freschi o carni bianche. Sicuramente questi vini sono stati una buona sorpresa visto il rapporto qualità-prezzo. all’Azienda Duca della Corga, una delle aziende più emergenti sul lago del Trasimeno situata a Castiglione del Lago (Pg). Abbiamo voluto degustare il “Trasimeno doc Gamay Divina Villa
Un ultimo aspetto che ci permette di completare il quadro su questa doc riguarda i produttori e più precisamente la loro provenienza. Infatti abbiamo un’importante rappresentanza straniera, soprattutto dal nord Europa, e questo è
del 2007”, vino di fascia media, 100% Gamay
abbastanza curioso e interessante pensare come
perugino con una gradazione alcolica di 15°. È un
persone di altre nazioni innamorate del luogo e
vino limpido, rosso rubino e intenso. Avvicinando
forse per cercare una vita meno frenetica e più a
il bicchiere al naso si percepisce dei profumi
misura d’uomo, nello stabilirsi qui, abbiano scelto
intensi e schietti di una gradevole finezza con una
come primo passo proprio quello di piantare la
amplia gamma; in un primo momento sentiamo
vite, un gesto così antico e primordiale che ogni
subito ciliegie e amarene mature quasi sotto
civiltà nei secoli ha sempre perpetuato. È forse
spirito, ma facendo ossigenare il vino all’interno
nel nostro DNA a prescindere dalla nazionalità?
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in libreria Coccodè - Il marketing-pensiero di Oscar Farinetti Autore: Oscar farinetti Editore: Giunti
Questo libro racconta i primi due anni di storia di EATALY attraverso la sua comunicazione. A questo proposito EATALY si presenta come un’azienda anti-modello perché tutti i suoi processi, invece di sfociare nella comunicazione come sarebbe di prassi, partono proprio da questa e a ritroso vengono creati in modo da essere coerenti. Un eccezionale documento che testimonia il percorso di un originale metodologia di marketing. Piccole aziende artigianali, in larga parte della rete dei Presidi del gusto, offrono prodotti di altissimo livello, spesso introvabili, se non in alcuni negozi dove sono venduti a prezzi frequentemente inavvicinabili, quindi a disposizione solo di una cerchia di privilegiati. È il più grande super-mercato del mondo dell’enogastronomia di qualità, dove poter comprare, mangiare, bere e studiare le eccellenze della produzione alimentare italiana. EATALY è nata con l’intento di dimostrare che, in realtà, anche i prodotti di alta qualità possono essere resi disponibili per un largo numero di persone.
Il Veneto, noialtri e il vino
Autore: Andrea Zanfi. Fotografie Giò Martotana Editore: Carlo Campi Editore È un “corposo” volume di 360 pagine che si presta a due distinte letture: una con cui è possibile scoprire l’anima del territorio vitivinicolo veneto, descritto e interpretato dall’autore con metodologia inusuale e originale e con tocchi personali di grande vivacità e verità, l’altra, più “tecnica” dove l’appassionato potrà attingere informazioni complete sulla produzione, le fasi di vinificazione, le migliori annate dei vini selezionati e molto altro... Un libro da leggere, da consultare, da tenere in biblioteca, ma anche semplicemente da sfogliare e da gustare con gli occhi; un nuovo ed importante tassello che consente a tutti i lettori, siano essi semplici appassionati o professionisti del mondo del vino, di avere una fotografia dettagliata del movimento enologico veneto e dei suoi protagonisti.
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Tra le stelle della ristorazione brillano i tastevin della Fisar Les Etoiles de la Gastronomie - Costa Luminosa 4 maggio 2009 - Cena di gala in onore dei Ristoranti Stella Michelin
news dal Mondo Un successo alla Borsa dei Vini di Caserta Tutti soddisfatti al termine della prima edizione della Borsa dei vini e dei prodotti agroalimentari della provincia di Caserta. I produttori: sono state ben 21 le aziende presenti, rappresentative del comparto vitivinicolo della Provincia, che hanno visto nella Borsa l’opportunità di essere le protagoniste di un incontro tutto riservato a loro, di stare insieme per poter parlare ed esaminare la possibilità di fare sinergia per affrontare unite il mercato. Gli operatori italiani e stranieri hanno apprezzato molto il modo in cui è stato organizzato l’evento. È stato possibIle entrare in contatto, in breve tempo con una selezione interessante di prodotti, avere la completa attenzione del produttore, sottolinea l’importatore del mercato nordico che ha scoperto in questa occasione la qualità dei nostri vini, interessanti per la sua realtà. Gli organizzatori, Agrisviluppo, azienda speciale della Camera di Commercio e la delegazione provinciale della Fisar (Federazione Italiana Sommelier Ristoratori Albergatori). Sottolinea Giuseppe Falco, presidente di Agrisviluppo, adesso con questa prima esperienza è partito un messaggio forte, il vino Caserta può diventare un marchio, perché il rapporto tra qualità e prezzo è eccellente, esiste una pluralità di etichette adatte a soddisfare le esigenze del mercato. Non resta che andare avanti e crederci. Per Carlo Iacone, presidente della delegazione Fisar di Caserta, le aziende hanno colto lo spirito
della manifestazione; Vittorio Ama Cardaci, presidente nazionale Fisar, entusiasta del successo e dell’ottima qualita’ dei prodotti che ha avuto modo di degustare. Un ruolo importante è stato svolto dalla struttura che ha ospitato la Borsa, Villa Maria Cristina, elegante dimora al centro di Caserta: ha offerto la giusta atmosfera per una tranquilla degustazione, per un incontro privato e per stare insieme godendo della tranquillità degli ambienti. In questi giorni abbiamo lavorato per Voi, per farvi sentire in famiglia. - commenta il proprietario - Spero che questo sia l’inizio di un futuro di gruppo per andare lontano. Sono state 21 e aziende partecipanti e precisamente Alepa di Caiazzo, Fattoria Colle Sasso di Galluccio, Telaro di Galluccio, Castello Ducale di Castel Campagnano, Della Valle Jappelli di Caserta, Masseria Felici di Carano di Sessa Aurunca, Fattoria Selvanova di Castel Campagnano, Azienda Agricola S. Teodoro di Galluccio, Tenuta Adolfo Spada di Galluccio, Viticoltori del Casavecchia di Pontelatone, Fattoria Prattico di Rocca d’Evandro, Villa Matilde di Cellole, Regina Viarum di Falciano del Massico, Bianchini Rossetti di Caserta, Vinea Li Paldi di Raviano, Palummo di Salerno, Vestini Campagnano di Caiazzo, Trabucco di Carinola, Masseria Starnali di Galluccio, Crapareccia di Piana di Monteverna, Consiglio di Carano di Sessa.
Notizia inviata dalla Delegazione di Caserta
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news dall'Italia Anteprima Bardolino 2008: quando il successo supera le previsioni Oltre ogni previsione: la prima edizione dell’Anteprima del Bardolino e del Chiaretto svoltasi domenica 8 marzo alla Dogana Veneta di Lazise, sul lago di Garda, ha registrato un superafflusso per tutta la giornata. I numeri sono significativi: 64 aziende espositrici, più di 2000 bicchieri distribuiti, oltre 1500 bottiglie stappate. Di scena c’era l’annata 2008 sia del Bardolino che della sua versione rosata, il Chiaretto: “Abbiamo voluto quest’Anteprima - sottolinea il presidente del Consorzio di tutela, Giorgio Tommasi perché siamo convinti che l’annata 2008 sia davvero di grande qualità, con una serie di vini che mettono in luce la tipicità del Bardolino, un aspetto che è stato colto dai giornalisti, dagli operatori e dai consumatori che hanno partecipato al nostro primo Banco d’Assaggio a Lazise”. Una tipicità che ha tra i suoi elementi fondamentali un bouquet che ricorda il piccolo frutto (lampone e fragolina di bosco nell’area di produzione verso nord, ciliegia soprattutto a sud) e le spezie (chiodo di garofano e cannella) ed una considerevole freschezza a tratti quasi salina al palato, tutte caratteristiche che fanno del Bardolino un vino di eclettica abbinabilità sulla tavola. “E poi i giornalisti presenti - sottolinea Tommasi - hanno rilevato come il Bardolino sia tornato a proporsi con il suo colore più classico: un rosso rubino brillante, ma non particolarmente
carico”. Quanto al Chiaretto, si conferma un rosé di grande fascino, succoso di frutto di bosco e adatto ad essere servito anche come aperitivo, oltre che in accompagnamento alla cucina primaverile ed estiva. “Il Chiaretto a distanza di anni l’ho trovato molto migliorato, molto più profumato ed anche più conservabile” ha osservato a Lazise l’attore Sergio Vastano, che sulla rete televisiva 7 Gold conduce la trasmissione “Sapori d’autore”. Soddisfazione è stata espressa dal sindaco di Lazise, Renzo Franceschini: “Lazise ha detto - è nel cuore dell’area di produzione del Bardolino, e siamo lieti di aver potuto ospitare questo evento, che ha dimostrato come il Bardolino e il Chiaretto abbiano tutti i requisiti per mettere assieme tradizione e modernità”. A Lazise, in occasione dell’Anteprima del Bardolino 2008, ha fatto il proprio esordio anche il nuovo risotto veneto creato da Gabriele Ferron per riunire in un unico piatto le tipicità veronesi: il riso Vialone Nano Veronese igp, il formaggio Monte Veronese dop, l’olio extravergine d’oliva Garda dop, il Radicchio Rosso di Verona igp. E successo hanno riscosso anche le tre stagionature del Monte Veronese, pure in assaggio per i frequentatori della rassegna: in sala il nuovo presidente del Consorzio di tutela del Monte Veronese dop, Ezio Dalla Valentina.
Notizia inviata da Paola Giagulli - Ufficio stampa Consorzio Tutela Vino Bardolino doc
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news dall'Italia A Catania una grande degustazione di millesimati di Champagne Si è svolta allo Sheraton Catania Hotel, a cura della locale Delegazione di Catania, una degustazione di Champagne millesimati dal 2004 al 1986 condotta dal dottor Roberto Beneventano, già Ambasciatore dello Champagne in Italia; lo scopo dell’evento era quello di testare la “tenuta” nel tempo di questi vini. Il dottor Beneventano ha presentato preliminarmente e con dovizia di dettagli, il territorio della Champagne, un terreno unico, soffermandosi a descrivere la Montagna di Reims, la valle della Marna, la Còte des Blancs e la Còte des Bars. Quindi l’assemblage dei cru e delle annate, ovvero la pratica di unire sapientemente i vini ottenuti da diversi vitigni e di vendemmie precedenti (nella ipotesi di cuvèe, ovviamente). Iniziato l’assaggio accompagnato dal racconto di ciascuna annata e della Maison, si potevano cogliere le diversità delle sensazioni: solo osservandoli con attenzione, si riescono ad apprezzare i vari aspetti che ci parlano delle diversità dei vini di Champagne, le cui famiglie sono quattro: lo Champagne di corpo, sensuale, possente, strutturato e intenso; lo Champagne di spirito, vivace delicato e leggero; lo Champagne di cuore, generoso ed equilibrato; lo Champagne d’anima, maturo, complesso e ricco. In poche parole e per dirla con i francesi: dall’arte di vivere
all’arte di fare. Man mano che la narrazione si dipanava, assaggio dopo assaggio, millesimo dopo millesimo, la platea di attenti degustatori restava affascinata dalla incredibile freschezza che riuscivano ancora a donare questi vini, fino alle bottiglie più mature, dove il liquido cominciava a cedere il passo a lievi note di ossidazione nobile, ma godibilissima, con note accattivanti di vaniglia e pasticceria. Questi sono stati i protagonisti della degustazione: 1. Champagne Vieille France Cuvée Brut Millesimé 2004 2. Champagne Paul Louis Martin Cuvée Grand Cru Blanc de Noirs Millesimé 2004 3. Champagne Steinbrück Cuvée Brut Millesimé 2003 4. Champagne Bricout Cuvée Brut Millesimé 2001 5. Champagne Paul Louis Martin Cuvée Grand Cru Millesimé 2002, en magnum 6. Champagne Paul Louis Martin Cuvée Grand Cru Millesimé 2000, en magnum 7. Champagne Vieille France Cuvée Brut Millesimé 1998 8. Champagne Bricout Cuvée Brut Millesimé 1997 9. Champagne Steinbrück Cuvée Anniversaire Millesimé 1996, en magnum 10. Champagne Bricout Cuvée Brut Millesimé 1990 11. Champagne Vieille France Cuvée Vincent Brut Millesimé 1986 La serata si è conclusa abbinando i sopraelencati vini alle squisitezze appositamente preparate da Saverio Piazza, executive chef del ristorante Il Timo.
Notizia inviata dalla Delegazione di Catania
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news dall'Italia Arezzowine 2009 Si è conclusa in maniera positiva la Manifestazione ArezzoWine 2009, una kermesse che ha visto nei tre giorni di apertura numerosi operatori del settore enogastronomico e buyers avvicinarsi ai banchi di degustazioni delle Aziende espositrici, ma soprattutto partecipare ai numerosi forum e degustazioni messe in calendario. La Fisar attraverso la Delegazione Valdichiana, ha organizzato l’accoglienza allo stand Fisar e gli eventi all’interno del programma ufficiale: Sabato 28 Febbraio: “La cultura del bere per il rispetto della vita” tema legato all’uso moderato del bere. Il forum ha visto la partecipazione del Dott. Sergio Pintaudi responsabile reparto di rianimazione dell’ospedale Garibaldi di Catania, che ha illustrato i risultati di un indagine effettuata su un numero campione di aspiranti Sommelier durante la fase di degustazione in una lezione del corso di formazione. I risultati di questa indagine, sono tuttora motivo di approfondimento per cercare di superare il fattore “soggettivo” sotto l’aspetto del metabolismo, per meglio valutare i tempi di picco massimo e successivo smaltimento della percentuale di alcool presente nel sangue. Entro poco tempo ha annunciato Pintaudi saremo capaci di capire meglio il problema, anche aumentando il numero dei sommelier campione e confrontando la componente sesso (maschi e femmine) tra di loro. Il Dott. Claudio Galletti Presidente dell’Enoteca Italiana di Siena ed Assessore Provinciale alle Politiche Agricole di Siena, ha tracciato un profilo
del problema del “Sabato sera” legato non tanto all’abuso del vino, quanto piuttosto all’abuso di superalcolici e componenti diverse quali la stanchezza, l’uso di droghe, stress, ecc. Tutte queste componenti fanno sì che si assista impotenti a disgrazie settimanali, criminalizzando il vino e paragonandolo in senso generale allo “sballo”. Questo tema è stato ripreso dal Dott. Luca Gattavecchi produttore in Montepulciano e molto legato al territorio. Ogni bicchiere di buon vino non è solo una bevanda, ma un mix di storia, cultura e tradizione; nel bicchiere si ritrova la vita ed il piacere, quindi è impossibile che sorseggiando e degustando un vino si arrivi per assurdo alla morte. Chi comprende il vino non ne abusa mai perché l’abuso è sinonimo d’ignoranza e insicurezza. Sull’uso e abuso è intervenuto Nicola Masiello Vice Presidente Fisar, spostando l’attenzione sui corsi di formazione per sommelier Fisar, fin dalla prima lezione, dove si parla della figura e della storia del Sommelier, cercando di far comprendere ai corsisti il valore del vino ma soprattutto il modo di conoscerlo, capirlo, proporlo come valore aggiunto della tradizione. Sono queste le fasi attraverso le quali si arriva all’uso moderato ed al piacere del vino. Il termine abuso non compare nel vocabolario fisariano e quindi non ci appartiene. Il Dott. Amedeo Esposito nella doppia veste di Delegato e Presidente del Consorzio Vini Valdichiana, ha sottolineato come i produttori associati
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news dall'Italia siano sensibili al problema che è visto come un nemico e quindi va cercato il modo per sconfiggerlo, attuando una campagna conoscitiva dove i produttori hanno un ruolo importante in quanto ne va del loro lavoro e dei loro sacrifici. Già oggi molte aziende lavorano a questo progetto di conoscenza, raccogliendo timidi ma significativi segnali in positivo. Domenica 1 Marzo: L’evoluzione del Sangiovese nelle tre doc Aretine: Pietraviva, Valdichiana, Cortona. Degustazione guidata di tre Sangiovese in purezza e tre Sangiovese in uvaggio. La degustazione guidata dal Vice Presidente Masiello Nicola è stata preceduta da una piccola introduzione al sangiovese come vitigno e come vino, evidenziandone la tipicità regionale quale vitigno principale di tante ed importanti denominazioni e mettendo in evidenza le caratteristiche uniche del sangiovese ritenuto croce e delizia di molti enologi e produttori. Naturalmente il vino sangiovese oltre alle caratteristiche genetiche risente in modo particolari dei fattori legati al territorio, quali composizioni dei terreni, esposizione, clima ecc. che si riscontrano nel comprensorio delle tre denominazioni. A tale riguardo, molto interessanti sono risultate le relazioni del Dott. Amedeo Esposito quale Presidente del consorzio vini Valdichiana e del Dott.
Fernando Cattani Presidente del consorzio Vini Cortona.
Vini in degustazione Sangiovese in purezza: Valdichiana Sangiovese doc 2008 Az. Agr. Casali in val di Chio Cortona Sangiovese doc San Dardano 2006 Az. Mezzetti Pietraviva Sangiovese doc 2005 Az. Agr. Prato al sole Sangiovese in uvaggio: Valdichiana rosso doc Bricco del Gnicche 2007 Cantina vini tipici dell’Aretino Cortona Sangiovese doc 2007 Az. Agr. La Calonica. Pietraviva rosso doc 2006 Fattoria di Presciano Lunedi 2 Marzo: Presentazione dell’annata 2006 del Vino Nobile di Montepulciano. La degustazione riservata solo ad operatori è stata guidata dal responsabile del Centro tecnico Nazionale Fisar Alberto Giustarini, ha visto oltre la parte tecnica, un'appendice di carattere storicoculturale sulla produzione del Vino Nobile per far comprendere al meglio la storia di un grande vino dell’enologia Italiana anche ai numerosi buyer presenti. I vini degustati: Azienda Agr. Dei, Azienda Agr. Gavioli, Azienda Agr. La Calonica, Azienda Agr. Poggio alla Sala
Notizia inviata dal Vice Presidente Nicola Masiello
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in famiglia La FISAR Pisana consegna gli attestati di 2o livello Enogastronomia di ottimo livello a “Le Logge” di Orzignano a San Giuliano Terme. La delegazione fisariana pisana ha organizzato una eccellente serata di gala per la consegna dei diplomi di 2° livello. Il titolare, Gianfranco Agostinelli, che ha rilevato la moderna struttura da meno di un anno e rinnovato il locale adeguandolo alle richieste di una clientela sempre alla ricerca di qualità innovativa ma di sapori legati al territorio, ha delegato la cucina allo chef Alessandro Salvadori, che, dopo essersi diplomato alla Scuola Alberghiera Pisana, ha maturato una grande capacità interpretativa nei più rinomati ristoranti della tradizione culinaria pisana. Si è iniziato con una profumata insalata di finocchi sottilmente tagliati e spicchi d’arancia con code di gambero piastrate insieme a gherigli di noce abbinata ad un vivace Prosecco Valdobbiadine dell’Azienda Vinicola Serena di Conegliano, che ha accompagnato anche il successivo tortino, impiattato con somma maestria, di polenta gratinata con baccalà alle patate e crema di ceci. Delicati gnocchetti di patate in salsa di mare, con cozze, capesante, pesce di scogli, polpo, orate e mormore, aromatizzata ai porri e successivi Maccheroncini, fatti al torchio, al tonno rosso,insaporiti da una eccezionale salsa alla siciliana di melanzane, uvetta, pinoli, carote, Pachini, peperoncino e spruzzata di prezzemolo, hanno deliziato i palati in un tripudio di sapori e
profumi, esaltandone le sensazioni grazie ad un Trebbiano in purezza Umbria IGT, Terre Auree 2007 della Azienda vinicola Cantina dei Colli Amerini, un bianco di corpo che ha espresso profumi intensi e grandi sentori di mela bianca. Il successivo Filetto di rombo in crosta di patate con passata di broccoli e pomodorini Pachino spaccati a metà è stato veramente apprezzato per la perfetta cottura al forno il cui velo di patata croccante donava piacevolezza alla bocca, che veniva ripulita da un superlativo Terre di Chieti IGT, Pecorino Riseis 2008 dell’azienda Agriverde di Ortona, grazie ai suoi 13 gradi in volume. Per finire, è stata servita una delicatissima Crostatina alla crema con rondelle di banana caramellate e specchio di salsa di vaniglia, la cui sublime bontà ha coronato in degna maniera il pantagruelico menu, che ha visto servire, come bicchiere della staffa, un calice di Moscato di Gianni Doglia 2008 di Castagnole Lanza dai perfetti sommeliers Nadia Lecci e Santino Dragà. Tantissimi gli applausi e congratulazioni al momento della tradizionale consegna del gagliardetto Fisar al titolare da parte del responsabile dei Sommeliers Liana Benini, che ha ringraziato lo Chef e la Brigata di cucina, il Capo sala Gabriele Spinello ed il Rango di servizio, chiudendo la bellissima serata in un partecipato clima di gioiosa soddisfazione dei commensali.
Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa e litorale
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in famiglia A Pistoia il Vin santo della tradizione Toscana con la Fisar di Pistoia Il Vin Santo, in Toscana, è qualcosa di unico, una tradizione tramandata oralmente: «Così faceva il mio nonno», dicono i contadini più anziani. Era il vino dell’amicizia che ha risentito poco delle innovazioni. Era anche il vino che veniva offerto in un piccolo bicchierino a conclusione di un affare. Pistoia, fino a pochi anni or sono era considerata la capitale del florovivaismo. Ora è nota anche per la produzione vinicola e, per essere più precisi, del Vin Santo del Chianti Doc (Trebbiano 80%, Malvasia 20%) prodotto dalla «Azienda Agricola Marini Giuseppe». La delegazione Fisar di Pistoia ha sempre creduto in questa tipologia che ha seguito nella sua crescita. All’ultima presentazione hanno preso parte esperti e tecnici ai quali sono state proposte in degustazione le tre migliori annate: 2003, 2000 e 1997 Riserva che si sono tutte aggiudicate la «Gran Menzione Speciale» al Concorso Enologico Internazionale di Verona. Oltre all’annata 2005 (atta a divenire) ed il mosto 2008, per poterne seguire le fasi della maturazione. Dopo l’apertura dei caratelli da parte di Giuseppe Marini e dell’enologo Alberto Bramini, è seguita una degustazione professionale con la partecipazione del dott. Giuseppe Ferroni, docente dell’Università di Pisa (Facoltà di Analisi Sensoriale) e del dott. Valdo Filippi, docente esterno della stessa Università, oltre al delegato Fisar di Pistoia, Ferruccio Donati e del sommelier Angelo Laino. La produzione varia ogni anno da 1.500 a 1.800 bottiglie da 0,50. Da 45 quintali di uva si sono ottenuti 14 quintali di mosto che deve passare tre anni in caratello. Al termine si trovano 8-9 quintali di Vin Santo, quando va bene.
Il prof. Ferroni si è detto soddisfatto di questa esperienza per il fascino e l’interesse enorme per un prodotto elegante con riflessi ambrati, frutto intatto dell’appassimento. L’enologo Bramini ha sottolineato che l’appassimento è avvenuto su castelli di cannicci. «Un prodotto sano appassisce bene. Viene fatto con uva scelta, il segreto dell’appassimento è nei primi giorni, meglio se ventilati e asciutti. Ci vuole esperienza e... fortuna». Per il dott. Filippi bisognerebbe coniare un nuovo vocabolo: «Un prodotto di grande qualità». Il 2000 ha una armonica vocazione all’invecchiamento, la componente acida è la caratteristica del Vin Santo, vino da meditazione. Il 1997 lascia la bocca pulita, è «lungo» e piacevole, un trionfo del bouquet con una grandissima espressione: fruttato, speziato, balsamico. Per Giuseppe Marini ci vuole esperienza e tanta passione. La cosa più importante è il tempo di raccolta. «Queste verticali servono per migliorarsi. Il produttore deve saper cogliere le osservazioni e le critiche. La degustazione con i tecnici è molto importante per la diversità delle idee». Alla fine è stato il figlio Fabio a proporre un fuoriprogramma: la degustazione di un nuovissimo «Occhio di Pernice» 2005 (90% Sangiovese e 10% Merlot) spillato dal caratello: si sente poco l’acidità è morbido, vellutato con un buon affinamento dei tannini. Ha una struttura robusta per un più lungo invecchiamernto. Giuseppe Marini ha ringraziato la delegazione Fisar di Pistoia “che con i suoi sommelier ha sempre seguito questo prodotto di eccellenza che fa onore al nostro territorio”.
Notizia inviata da Gianfranco Grossi
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in famiglia “Vinum in Villa” a Stra, nella Riviera del Brenta La Riviera del Brenta, nastro d’acqua che si snoda da Padova a Venezia, era ai tempi della Repubblica Serenissima luogo di villeggiatura dove i nobili veneziani, che qui possedevano splendide ville, amavano trascorrere l’estate. In una di queste, Villa Foscarini-Rossi a Stra, accanto alla stupenda e ben nota Villa Pisani, si è svolta domenica 22 e lunedì 23 febbraio la prima Edizione di Vinum in Villa, manifestazione dedicata ai prodotti naturali, nella quale il vino è stato la star indiscussa. Erano presenti una settantina di prestigiosi produttori provenienti da tutta Italia e in special modo dal Triveneto, con presenza anche di produttori esteri. In entrambe le giornate la Delegazione di Venezia della FISAR era presente con una propria postazione dove si sono alternati i soci sommelier Franco Jurassich, Lorenzo De Rossi, Andrea Lamponi, Lucio Chiaranda, nonché il delegato di Venezia Giorgio Pennazzato. I soci hanno avuto modo di incontrare il numeroso pubblico presente alla manifestazione che si è soffermato alla postazione FISAR per chiedere informazioni sui corsi e sulle attività istituzionali sia locali che nazionali. Nel pomeriggio di domenica Andrea Lamponi ha intrattenuto due gruppi di visitatori con due degustazioni guidate, condotte in collaborazione con un produttore presente alla manifestazione, riscotendo i consensi dei visitatori e anche di alcuni espositori che si erano avvicinati. La giornata di domenica si è chiusa con la cena cui erano presenti i produttori ed alla quale hanno svolto servizio i sommelier Jurassich, De Rossi e Chiaranda cui si è affiancata la sommelier Emiliana Rosada. Anche nella giornata di lunedì il tavolo FISAR è stato
oggetto di numerose visite anche di espositori e altri vignaioli sia del Triveneto che nazionali, che si sono soffermati a chiedere notizie sulle attività formative, per la quali erano stati realizzati appositi depliant. Nel pomeriggio ha avuto luogo un’interessante tavola rotonda dal titolo “Natura e naturalità del Vino”, cui hanno partecipato produttori e operatori del vino attivi nelle tre Venezie, rappresentanti di varie associazioni e, per la FISAR, lo scrittore e saggista Giampiero Rorato, Consigliere Nazionale FISAR, che ha illustrato il valore simbolico e culturale del vino, già esaltato nella Bibbia, che Rorato ha definito “codice della nostra civiltà”, nonché nella storia del mondo occidentale. Alla tavola rotonda, che ha concluso la manifestazione, hanno assistito numerosi addetti ai lavori, fra i quali importanti vignaioli, ristoratori e giornalisti che poi hanno partecipato al brindisi finale, incontrando ancora i soci FISAR di Venezia, complimentandosi per la qualificata presenza della nostra Associazione in tutti i momenti della riuscita manifestazione. Ed ora la FISAR veneziana si prepara ad un’altra importante presenza: nei giorni 24, 25 e 26 aprile è infatti organizzata dall’Ente Fiere di Venezia una manifestazione agroalimentare ed enologica in uno dei luoghi storici di Mestre, il “Forte Marghera”, famoso nel 1849, nei giorni dell’insurrezione di Venezia contro l’impero austriaco. Da luogo di guerra a luogo di pace e di incontri, situato accanto al grande Parco San Giuliano, uno dei più vasti “parchi” d’Europa, presso il Forte da un paio d’anni si tiene, in occasione della festa del patrono San Marco, una frequentatissima manifestazione per valorizzare i prodotti agroalimentari veneziani, veneti e non solo.
Notizia inviata dalla Delegazione Venezia
Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
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in famiglia La Delegazione di Caserta consegna gli attestati di secondo livello. Presso la sede dell’ASIPS di Caserta Il 12 marzo sono stati consegnati gli attestati di sommelier FISAR di 2o livello, alla cerimonia hanno presenziato il presidente dell’ASIPS Maurizio Pollini, per la Fisar il presidente Vittorio Cardaci Ama, il delegato di Caserta Carlo Iacone, il direttore dei corsi Fabio Guarino, il presidente di AGRISVILUPPO Giuseppe Falco. Il presidente Pollini cui si deve l’impegno costante nei vari corsi di formazione dell’Asips, ha ribadito la ferma volontà di continuare nel percorso intrapreso nel campo enogastronomico olio, vino e formaggi, annunciando anche per il 2009 ulteriori percorsi formativi completi di sommelier nei tre livelli e corso di formaggio di secondo livello, per contribuire al rilancio dei prodotti di eccellenza di terra di lavoro. La formazione sarà di sostegno e sinergica per il rilancio del turismo culturale ed enogastronomico. Pollini ha evidenziato ancora che i corsi formativi sono anche di ausilio alle esigenze occupazionali, infatti i giovani sommelier potranno avere ottime opportunità di lavoro con la loro richiesta specializzazione. Il presidente di AGRISVILUPPO Giuseppe Falco, altra Azienda Speciale della Camera di Commercio, ha ribadito il suo impegno per lo sviluppo del comparto agroalimentare casertano, infatti con l’iniziativa del progetto “Terra di Lavoro... solo per i palati più esigenti” incontro di buyers nazionali ed internazionali con le aziende vitivinicole casertane, che si concluderà a fine marzo. Il progetto ha lo scopo di produrre un brand unico “Terra di Lavoro” per l’eccellenza del patrimonio enogastronomico, marchio che potrà essere utilizzato da tutte le aziende del settore interessate. L’iniziativa vuole
essere anche l’inizio di una serie di incontri con cadenza annuale che possono contribuire ad una crescita costante del comparto agroalimentare. Non si vuole assolutamente un evento fine a se stesso. I segnali che pervengono all’Agrisviluppo assicurano una presenza esaltante e vitale degli imprenditori casertani, segno che si è intrapresa la giusta strada.Territorio e prodotti devono crescere insieme con programmi di lavoro finalizzati che prevedono comunicazione e marketing. La Fisar con il presidente Vittorio Ama Cardaci ha espresso viva soddisfazione per il lavoro della Camera di Commercio di Caserta,con le iniziative dell’Asips ed Agrisviluppo. Ha assicurato, unitamente al delegato di Caserta Carlo Iacone, collaborazione, professionalità ed esperienze per continuare il percorso intrapreso con la convinzione che i prossimi sommelier avranno le professionalità per soddisfare le esigenze di terra di lavoro. La Fisar di Caserta ha programmato incontri, convegni e meetings da promuovere a Caserta e provincia, che si auspica possano contribuire al potenziamento dell’offerta turistica ed al rilancio globale di terra di lavoro. Da 35 anni la Fisar si impegna con professionalità a far conoscere il vino italiano, a saperlo scegliere, saperlo degustare e saperlo abbinare. Nei corsi di formazione per sommelier si impara a riconoscere la qualità di un vino, a capire quanto lavoro, storia e tradizione ci sono dentro un calice di vino, ma soprattutto si capisce la differenza tra il bere in modo indiscriminate ed il piacere e l’emozione di degustare. “La cultura del bere per il rispetto della vita” è e rimane il nostro claim per gli anni futuri.
Notizia inviata dalla Delegazione di Caserta
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Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
in famiglia La Fisar delegazione dei Comuni Vesuviani a “Vino d’Autore” Va ben oltre ogni attesa, sia per quanto riguarda il numero di partecipanti sia per gli sviluppi concreti dell’idea progettuale, il primo appuntamento di Vino d’Autore, la rassegna itinerante in area vesuviana sul vino campano di qualità. Sono stati innanzitutto i 24 produttori, provenienti da ogni provincia della Campania, i protagonisti di questa prima tappa di martedì 14 aprile, che in poche ore ha registrato un’affluenza di oltre quattrocento persone, tra appassionati e operatori del settore, un pubblico record per Villa Savonarola, prestigiosa sede dell’evento. Nel corso della serata, inoltre, è stata presentata alla stampa la Delegazione dei Comuni Vesuviani della FISAR, Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori, una nutrita compagine di sommelier pronti a diffondere la cultura del vino nell’areale vesuviano, terreno fertile e generoso di giacimenti vitivinicoli. Grandissimo interesse hanno destato i laboratori di degustazione, nel corso dei quali gli enologi hanno potuto svelare i segreti di vini e vitigni semisconosciuti, come il Ginestra della Costiera Amalfitana, presentato dall’enologo di fama Vincenzo Mercurio, o il Grecomuscio, proveniente dall’areale taurasino e illustrato dal ricercatore Nicola Francesca assieme all’enologo Gianluca Tommaselli. Si tratta di un vitigno raro e molto diverso dal più famoso Greco di Tufo, con il quale divide parte del nome, “Greco-muscio”, da più tempo oggetto di sperimentazioni ad opera
del Dipartimento di Microbiologia degli Alimenti Enologici della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli, perchè capace di produrre lieviti indigeni per fermentazione dalle caratteristiche organolettiche e chimico-fisiche straordinarie, superiori per tantissimi aspetti ai cosiddetti “lieviti selezionati”, cioè a quei lieviti derivanti da vitigni internazionali ed impiegati comunemente in vinificazione. Enorme curiosità hanno inoltre suscitato gli altri due laboratori, guidati dagli enologi Nicola Trabucco e Sergio Romano. Il primo enologo, uno dei massimi esperti dei vitigni di Terra di Lavoro e del glorioso Falerno, il vino più famoso dell’antichità, ha guidato gli appassionati presenti lungo un affascinante percorso storico in cui sono state ricostruite tecniche e mode della vinificazione, nonché l’utilizzo dei diversi vitigni, fino a quelli attualmente adoperati, l’ Aglianico, il Piedirosso e il Primitivo. Nell’ultimo laboratorio, condotto dall’enologo Sergio Romano, il pubblico presente si è divertito a scommettere sul “contenuto del bicchiere”, dal momento che sono stati serviti due vini bianchi alla cieca, senza cioè alcuna indicazione dei vitigni adoperati; per la sorpresa generale si è potuto scoprire che in realtà solo uno di due vini proveniva da uve bianche - per l’esattezza da uve Fiano del Cilento - mentre l’altro è risultato essere l’inaspettato effetto della vinificazione in bianco di uve Aglianico, uve esistenti in natura solo nella forma a bacca rossa.
Notizia inviata da Anna Mercogliano Delegato Fisar Comuni Vesuviani
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in famiglia La FISAR di San Donà di Piave devolve 7.000 euro in beneficenza La sera del 18 Dicembre 2008, la Delegazione di San Donà di Piave della FISAR (Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori) ha riunito i propri Soci presso il Ristorante “Trattoria Tonetto in occasione dell’annuale Cena degli Auguri Natalizi. Alla presenza di un folto numero di appassionati ed ospiti, il Delegato, Giannantonio Puppin, ha tracciato un breve profilo storico dell’Associazione, sorta nell’anno 2001 con lo scopo di organizzare dei Corsi didattici per la formazione di Sommelier competenti e preparati al fine di divulgare la cultura del vino e dell’enogastronomia rivolgendo particolare attenzione alla tutela e alla valorizzazione dei prodotti tipici locali che contribuiscono alla definizione della identità culturale e allo sviluppo sociale e produttivo dell’intero territorio Sandonatese. Nel suo discorso Giannantonio Puppin ha ringraziato tutti i Soci ed in modo particolare tutti Componenti il Consiglio di Delegazione, per il fattivo impegno e la proficua collaborazione dimostrata in questi anni ed ha annunciato ai presenti che al termine dell’attività di formazione 2007-2008, lo stesso Consiglio ha deliberato di devolvere in beneficenza la cifra di 7.000 euro a
favore di due Associazioni Sandonatesi che da anni si impegnano nel realizzare delle iniziative in favore delle categorie più deboli. Nel corso della serata il Delegato ha quindi consegnato gli assegni di 3.500 euro cadauno, alla Sig. ra Lucia Basso in rappresentanza dell’Associazione Centro Culturale Cà Tessere da molto tempo occupata in numerosi progetti umanitari soprattutto in ambito locale , e al Sig. Giorgio Fregonese, dell’Associazione V.I.S. Progetto Luce in Madagascar finalizzato alla realizzazione di una rete di energia elettrica per una comunità bisognosa in Africa, i quali commossi hanno ringraziato tutti i Sommelier della FISAR, i Consiglieri e il Delegato, per l’importante e generoso contributo loro assegnato... Una cena deliziosa accompagnata dai vini dell’Azienda “Le Colture” di Valdobbiadene (Tv) e dell’Azienda Agricola “Vigne del Bosco di Olmè” di Ceggia (Ve ) hanno fatto da cornice alla sentita manifestazione conclusasi con l’assaggio di un particolare cioccolatino ripieno di vino passito elaborato in esclusiva per l’occasione dal Mastro Pasticcere Guido Finotto di Chiarano (Tv),storico Sommelier della Delegazione di San Donà di Piave.
Notizia inviata da Giannantonio Puppin Delegato FISAR di San Donà di Piave
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in famiglia La Delegazione di Livorno incontra i vini delle Marche Il 30 Gennaio 2009 ha dato il via al nutrito calendario di manifestazioni che la Delegazione FISAR di Livorno ha in programma per il 2009. Il primo appuntamento ha idealmente attraversato l’Italia, dall’Adriatico al Tirreno: dopo numerosi contatti avvenuti con i produttori marchigiani durante piacevoli viaggi “esplorativi”, la Delegazione è riuscita ad organizzare una giornata dedicata ai vini dei territori delle Marche. Dal più rappresentativo Verdicchio, originario dei Castelli di Jesi e della Valle di Matelica, in tutte le sue tipologie, compresi lo spumante ed il passito, al Rosso Conero, alla Lacrima di Morro d’Alba, dal Bianchello del Metauro alla Vernaccia di Serrapetrona. Il vero contatto è stato con “ASSIVIP Il Vigneto delle Marche”, Consorzio che raggruppa 53 produttori, tramite il suo Direttore Giancarlo Rossi. Nel pomeriggio si è svolta una grande degustazione nella sede della Delegazione di Livorno, dove sono stati allestiti diversi banchi d’assaggio per presentare ed offrire più di 50 vini in degustazione. I sommelier della Delegazione FISAR di Livorno hanno avuto modo di “raccontare” i vini ed i territori ad un gran numero di partecipanti accorsi interessati a questo evento di cultura enologica. In particolare, si sono potuti confrontare venti Verdicchio dei Castelli di Jesi, con la loro spiccata mineralità, ed una decina di Lacrima di Morro d’Alba, vini ben caratterizzati per le note aromatiche di fragola e rosa che li rendono riconoscibili ed unici. Durante tutto il pomeriggio, gli assaggi si sono arricchiti delle spiegazioni che i produttori marchigiani Giuseppe Bonci (Vallerosa Bonci), Gianluca Mirizzi (Montecappone), Claudio Martelli e Stefano Mancinelli, sempre presenti in sala, hanno potuto dare agli appassionati, enotecari, sommelier e ristoratori. La degustazione si è protratta fino alle 19,30 per la
presenza sempre costante di pubblico. A conclusione e coronamento della giornata si è svolta la cena al Ristorante Il Calesse di Quercianella - Livorno, dove i fratelli Federico e Leonardo Cenci, soci storici della Delegazione FISAR di Livorno, hanno allestito un convivio per circa ottanta persone, con piatti a base di pesce, abbinati sapientemente ai vini marchigiani. Spiccava l’accostamento di un opulento ed elegante Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva 2006 (“Utopia” di Montecappone) con il complesso Trancio di Tonno al Calesse (fritto e cotto in pomodoro con capperi e profumi vari). Interessante poi, per la particolarità del vitigno autoctono, il Bianchello del Metauro, di grande freschezza e notevole struttura, di Claudio Morelli. Per il resto, Verdicchio in tutte le “salse”: dal Metodo Classico 2004 al Superiore “San Michele” 2007 di Vallerosa Bonci, al Passito “Resio” 2006 di Montecappone. La cena non poteva che finire con le grappe: due acquaviti di vinaccia di Lacrima, una bianca e una riserva affinata per cinque anni in barriques, entrambe dell’azienda Stefano Mancinelli. La cena è stata segnata da vari momenti di cultura del vino: per ogni portata, ciascuno dei produttori presenti ha dedicato alcuni minuti di racconto del proprio vino, della propria azienda e dell’abbinamento con il piatto. Questi brevi interventi, insieme ai profumi del cibo appena servito ed alla piacevolezza dei vini, sono stati molto apprezzati e confermati dagli applausi dei commensali. Dalle degustazioni del pomeriggio e dalle parole appassionate dei quattro viticoltori, che hanno offerto le caratteristiche diverse dei propri prodotti, alla luce del territorio, del clima e della storia che la regione può vantare, è davvero emerso quello che è ben contenuto nella espressione propria degli stessi produttori: “le Marche sono una regione al plurale”!
Notizia inviata dalla Delegazione Fisar di Livorno
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in famiglia La Delegazione Fisar Valdichiana festeggia i 35 anni di attività Si è svolto in occasione del premio “Primavera in Valdichiana”, la conviviale dedicata ai 35 anni di attività della delegazione Fisar Valdichiana, storica delegazione nata a Bettolle, dove mantiene la propria sede operativa. La conviviale svoltasi presso il Rist. “LA NAVE” di Castiglion Fiorentino -Arezzo- ha visto la partecipazione di numerosi soci della Delegazione, insieme ad autorità locali, personaggi del mondo enologico toscano e del giornalismo, che hanno potuto degustare i prodotti della regione Lazio, quest’anno invitata alla manifestazione. Il menù proposto dallo chef ALDO CATUFA del Ristorante CASAL MOLARA di Grottaferrata -Roma-, ha proposto il meglio della cucina tipica: dalla coratella di agnello con carciofi agli spaghetti cacio e pepe e rigatoni alla Amatriciana, coda alla vaccinara, abbacchio alla cacciatora e per finire biscotti e ciambelle dei Castelli Romani. Per i vini tre aziende: Gotto d’oro, Casale del Giglio e Cantina Cerquetta, hanno presentato i loro vini per l’abbinamento, che è stato curato ed effettuato dai nostri sommelier: Senserini Roberto, Mazzetti Sabrina, Brocchi Enrico e Svetti Edo. Durante la serata è stato assegnato il premio: PRIMAVERA IN VALDICHIANA 2009; questo premio voluto dalla delegazione Valdichiana e giunto alla 26a edizione, premia personaggi del mondo enologico, giornalistico e culinario, che si siano distin-
ti nel proprio settore di competenza. Quest’anno il premio e stato assegnato al dott. Marco Pallanti enologo, amministratore delegato dell’Azienda Castello di Ama, Presidente del Consorzio dei vini del Chianti Classico con la seguente motivazione: “Per aver studiato e valorizzato il vitigno principe della Toscana: il sangiovese”. Parlando di sangiovese e della toscanità del vitigno, Pallanti ha ricordato le qualità che rendono unico questo vitigno, qualità che derivano dalla difficoltà di lavorare sul vitigno, dalle zone di produzione che variano sotto l’aspetto di composizione e di altitudine, dai tanti microclimi che la Toscana presenta, tutto questo fa del sangiovese un vitigno ed un vino che ci rappresenta in tutto il mondo. A conclusione della Serata, la neo-eletta delegato di zona, Emma Lami ha voluto ringraziare tutti i presenti per la partecipazione, ed in particolare il Dott. Marco Pallanti, il Dott. Amedeo Esposito quale Presidente del Consorzio Vini Valdichiana, Il Dott. Giovanni Corti Presidente dell’Associazione Amici della Chianina, il Dott. Gianluigi Rinaldo Direttore outlet Valdichiana, il vice-presidente Nicola Masiello e tutto il Consiglio direttivo della delegazione ed infine un ringraziamento particolare all’Assessore alla politiche sociali del comune di Castiglion Fiorentino Dott.ssa Angela Lucini che ha avuto parole di riconoscimento e stima per l’operato della Fisar nel territorio della Valdichiana.
Notizia inviata dal Vice Presidente Nicola Masiello 72
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Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano di Nicola Masiello
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ssegnazione delle stelle alla vendemmia 2008: Vendemmia a quattro stelle. È stato il Presidente del Consorzio del vino nobile di Montepulciano Dott. Federico Carletti ad annunciare il responso della commissione nominata tra giornalisti, tecnici, produttori ed esperti per valutare l’annata 2008. L'andamento climatico non è stato molto favorevole, con piovosità consistente tra la metà di maggio e la metà di giugno; quindi la fase vegetativa della vite è stata molto pronunciata con apparato fogliare intenso; è seguito poi un periodo siccitoso fino alla metà di Agosto, con un elevato stress idrico per la pianta. Sono seguite piogge a carattere sparso, non consistenti e di breve intensità, con abbassamenti repentini della temperatura. Questa situazione ha portato ad incrementare i valori olfattivi del vino ed ad accentuare la componente acida e non per ultimo a dare uno stile tannico tipico del vitigno. La vendemmia leggermente ritardata rispetto agli ultimi due anni ha consentito di poter determinare in maniera abbastanza marcata le caratteristiche del sangiovese. Durante la degustazione dei campioni, si è riscontrato seppur in maniera marginale, la tipicizzazione del vitigno sangiovese (prugnolo gentile a Montepulciano) riferito ad alcune zone di produzione particolarmente ricche di argilla che hanno influenzato e favorito il formarsi del corredo polifenolico e del corredo aromatico. Presentazione annata 2006. La presentazione dell'annata 2006 e dell'annata
2005 riserva, è stata l'occasione per fare il punto della situazione sotto il profilo di marketing e commerciale. Dalla relazione del Presidente si evince che nonostante la crisi in cui si trova il mercato del vino, Montepulciano stà tenendo bene; la parola d'ordine è non abbassare la guardia e cercare di incrementare la qualità con investimenti mirati sia in vigna che in cantina. Le caratteristiche del vino nobile di Montepulciano ben si adattano a palati internazionali ed è quindi necessario consolidare l'export verso i paesi Europei già affezionati al vino nobile con Germania e Svizzera in testa ma con occhio benevolo verso i paesi ed i mercati emergenti della fascia Asiatica. Quindi la scommessa dei produttori Poliziani va nel senso della qualità e della promozione mirata perché ripete Carletti, anche l'aumento di produzione potrebbe avere una ricaduta negativa sulla economia di Montepulciano.
I nostri assaggi Rosso di Montepulciano 2007: Az. Agr. Poliziano - Colore rosso rubino carico e limpido - al naso deciso ed intenso nei profumi piacevoli di floreale e frutta a bacca rossa - in bocca rotondo quasi troppo pronto per l’annata. Buona persistenza gustativa. Az. Agr. Poggio alla Sala - Colore rubino, brillante di buona intensità - al naso complesso e persistente, piacevole - al gusto caldo di corpo, manca di equilibrio per acidità in eccesso. Di sicura evoluzione.
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Vino Nobile di Montepulciano 2006: Poderi Boscarelli - Grande concentrazione cromatica sul rubino carico - al naso molto intenso e fine, profumi decisi ed intensi - al gusto di corpo, caldo con tannicità prevalente, buono il finale per la componente acida. Az. Avignonesi - Colore rosso rubino carico, brillante - al naso è intenso con note di viola mammola pronunciate, piacevole il fruttato di sottobosco - al gusto risulta molto caldo, con acidità vestita che dona piacevolezza di beva, persistente. Az. Canneto (campione da botte) - Colore rosso rubino carico, poco trasparente - al naso leggera riduzione che al momento maschera in parte le potenzialità di fragranza e di fruttato presenti - al gusto è caldo, di corpo leggermente spigoloso per tannicità evidente, dopo l'affinamento in vetro darà il meglio di sé.
Vino Nobile di Montepulciano 2006 Selezione: Az. Fassati “Gersemi” - Colore rosso rubino carico, brillante - al naso complesso, persistente, piacevolmente speziato e netto - al gusto caldo, rotondo di buona sapidità, i tannini già evoluti danno una lunghezza di bocca piacevole, vino equilibrato.
Vino Nobile di Montepulciano 2005 Riserva: Az. Agr. Nottola “Vigna del Fattore” (campione da botte) - Colore rosso rubino carico, poco limpido - al naso presenta una complessità rilevante con richiami decisi a marasca e prugna, buona speziatura con richiami a pepe e tabacco - al gusto è caldo, di corpo abbastanza equilibrato per una leggera dominanza tannica. Vino di struttura.
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Benvenuto Brunello Assegnazione delle stelle alla vendemmia 2008: vendemmia a quattro stelle. È stato il Presidente del consorzio del Brunello di Montalcino Dott. Patrizio Cencioni, a comunicare il risultato della commissione preposta alla degustazione dei campioni da botte della vendemmia 2008. Anche per la zona di Montalcino, l’andamento climatico particolare ha favorito la formazione e lo sviluppo delle componenti olfattive e gustative, evidenziando in modo particolare le caratteristiche del vitigno sotto il profilo acido e tannico. La vendemmia ritardata rispetto agli ultimi anni, ha influenzato sicuramente il prodotto, riportandolo alle caratteristiche di tipicità che si possono riscontrare nelle grandi annate. Il Presidente ha avuto sottolineare che le quattro stelle sono un livello qualitativo alto, ma crede che questa valutazione possa evolversi in positivo durante la fase di affinamento e si augura di porlo riclassificare al momento dell’immissione in commercio con le cinque stelle. Presentazione annata 2004. Dopo l’annus horribilis del Brunello di Montalcino, si punta tutto su questa annata eccezionale per il rilancio del prodotto principe dell’enologia Toscana e non solo. Dopo tanto parlare di Brunello nei luoghi meno deputati i produttori sono pronti a ripartire da qui per parlare di Brunello in senso enoico ha detto il Presidente del consorzio Patrizio Cencioni, da questa annata eccezionale, che ha portato a Montalcino tantissimi addetti ai lavori giornalisti, sommelier, e buyers forse curiosi di capire come Montalcino ha reagito a questo anno particolare. Passando tra i banchi di degustazione si respira una nota positiva e di fiducia tra produttori e operatori. La qualità premia e l'annata 2004 ne è la riprova, i risultati che arrivano: non sono solo numeri positivi ma speranza che si sia chiusa una
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parentesi poco gratificante e che il mercato interno e l'export nonostante la flessione dei consumi e la crisi internazionale hanno retto bene. Questo grazie anche alle conclusione dell’inchiesta giudiziaria del post-vinitaly 2008 che è ormai alle battute finali. Tutto questo è confortato dai risultati delle presentazioni del Brunello già effettuate negli Stati Uniti (primo mercato per il Brunello) e Nord America, seguiti dai paesi Europei che hanno evidenziato un incremento degli ordini. Anche se i numeri ci danno ragione a concluso il Presidente, non possiamo cullarci sugli allori, perché la crisi che attanaglia l'economia mondiale potrebbe avere risvolti negativi per un prodotto di alta gamma ed eccellenza come il Brunello. Da qui la ricerca di nuovi mercati attraverso incoming verso il mercato asiatico con Cina e Corea in prima linea. Considerazioni sull’annata 2004. La vendemmia 2004 già classificata a cinque stelle, ha mantenuto le promesse. È sicuramente la vendemmia più tipica per Montalcino degli ultimi cinque anni, quella che esalta la qualità del vitigno. Considerando l'andamento climatico del 2004, i produttori si sono accorti subito delle potenzialità del prodotto, potenzialità riscontrabili adesso sottotutti i parametri degustativi: caratteristiche cromatiche elevate buona concentrazione e fissaggio del colore; al naso i profumi floreali tipici, con la complessità della frutta a bacca rossa matura,legati ad una speziatura elegante, buona persistenza. Al gusto vini caldi, di corpo con buona acidità vestita, in alcuni casi la componente tannica è più percettibile a discapito della morbidezza ed equilibrio, grande pulizia e sapidità con persistenza lunga. Per queste caratteristiche si prospetta una fase evolutiva interessante e longeva, si riscontrano i caratteri del sangiovese che si erano un po’ persi nelle ultime annate. Se vogliamo fare riferimenti, l'annata 2004 è paragonabile all'annate 2000 e 1997.
I nostri assaggi Rosso di Montalcino 2007; Az. Agr. Fornacina - Colore rosso rubino carico, limpido - al naso ricchezza di profumi, fragrante, pulito - al gusto caldo di corpo, intenso, con buona sapidità. Beva accattivante. Az. Agr. Lisini - Coloro rosso rubino, poco trasparente, carico - al naso è intenso, fruttato con piacevoli note di speziato da botte - al gusto rotondo, caldo con leggera e piacevole tannicità, persistente. Brunello di Montalcino 2004: Az. Agr. Villa i Cipressi - Rosso rubino con riflessi appena granati, limpido - al naso grande pulizia ed intensità con richiami netti alla frutta rossa matura - al gusto caldo, di corpo equilibrato di beva piacevole. Castello Banfi - Rosso rubino con riflessi aranciati, limpido - al naso è ricco di frutta matura e confettura bel legata a spezie dolci, intenso al gusto è caldo, sapido, tannini evoluti. Anche se al momento manca di equilibrio, per leggera dominanza acida, avrà il tempo per migliorarsi con l'affinamento in bottiglia. Az. La Poderina - Sai Agricola - Rosso granato, limpido, fluido - al naso è intenso, complesso con frutta matura, buona speziatura e richiami balsamici - al gusto è caldo, di corpo, rotondo e persistente; buona sapidità. Piacevole alla beva lascia la bocca pulita. Casato Prime Donne - Donatella Cinelli Colombini - Rosso rubino carico con riflessi appena granati, limpido - al naso è di grande intensità e persistenza, si ritrovano sentori di frutta cotta, spezie dolci ed un legno interessante al gusto è un vino caldo, di corpo, sapido con tannini già legati, anche se piacevole, evidenzia le caratteristiche per un lungo invecchiamento.
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Anteprima Chianti "alla stazione Leopolda la più attesa delle anteprime" di Marzio Berrugi
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onostante i tempi grigi si respirava serenità e fiducia alla Stazione Leopolda di Firenze a metà dello scorso febbraio tra i produttori del Consorzio del Chianti Classico conseguenza della solidità patrimoniale e dei risultati positivi ottenuti nei sempre più affollati e competitivi mercati esteri. La congiuntura stessa che ha costretto a selezionare gli acquisti, ha favorito la ricerca di valori solidi anche nel vino ed ha consentito ai fatturati dei produttori del Consorzio di “tenere” anche nel 2008. Con soddisfazione son messe in evidenza le cifre delle esportazioni più di metà delle quali si ripartisce tra gli USA, la Germania ed il Regno Unito,mentre i numeri piuttosto magri verso Cina, CSI ed emergenti non musulmani fanno intravedere quale sarà la strategia futura anche con tavole rotonde dedicate a questi paesi piuttosto che a mercati in via di saturazione come quello tedesco sotto i riflettori quest’anno. Elevati anche gli importi destinati alla difesa del marchio, il più imitato al mondo, perché ovunque si produce vino, si cerca di imitare il Chianti: lo sanno i lettori on line del Sommelier che hanno visto la bottiglia ricco vestita del Key Auntie -la pronuncia! - che tal Scatter Creek Winery ha messo in commercio al ragguardevole prezzo di $ 14,50. Azioni di questo tipo hanno costretto il Consorzio a registrare “Chianti Classico” come marchio collettivo in tutto il mondo. Acuta la nostalgia del tempo in cui era il fiasco,oggi in disuso, demodè e forse poco gestibile, a rimanere nella mente del turista ancor più del vino. Importanti anche le cifre che scandiscono l’evoluzione degli ultimi dieci anni
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che han visto più della metà della superficie vitata rinnovata nei ceppi e nei sistemi di allevamento con costi intorno ai 60.000 euro/ha e che trainato anche l’aggiornamento di cantine e di attrezzature. Interessanti anche le dimensioni economiche del Distretto Agroalimentare che si è costituito nelle terre del Classico con la strategia di accorpare in sistema le altre eccellenze del Distretto: olio ben più di un milione di olivi su circa 10.000 ha di terreno - agriturismo ed enoturismo che “… hanno nelle colline tra Firenze e Siena il luogo di elezione” come ha spiegato il Presidente del Consorzio Marco Pallanti. Ci sembra azzeccata anche l’idea di definire la passerella alla Stazione Leopolda come Chianti Classico Collection, perché non creare un logo con i tre C? Anteprima come fino al 2007 si definiva, era un po’ limitante, accendeva i riflettori solo su vini da poco usciti dalla malo lattica, sempre campioni di botte con davanti un lungo percorso non semplice di affinamento, di equilibrio. Cosa potevano esprimere se non abbastanza generiche promesse di eccellente sviluppo futuro? Per questo abbiamo già i nostri politici. Comunque le attese per il 2008 son decisamente buone e molto devono all’andamento climatico di agosto che, pur caldo e secco, ha fornito verso la sua metà pioggia giusta e ristoratrice inducendo a pensare che il vino ricalchi la salute e la qualità che nel 2008 ha caratterizzato l’olio del distretto. Scorrendo l’ottima e ricca guida dei vini in degustazione si tira un sospiro di sollievo perché la paventata invasione dei vitigni internazionali non si è verificata: si ha addirittura la percezione che
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questa ondata si stia gradatamente riducendo
dell’annata 07 riserve incluse anche se solide e
sia in percentuale presente nei tagli sia nel
con margini di perfezionamento, ma contenute
loro numero. Sporadico il Cabernet, un po’ più
in eleganza e finezza. La 08? Come detto prima
presente il Merlot, rari gli altri: pochi gli assaggi
promette bene con basi solide ed ampie, ma
nei quali il merlot vien ben percepito in gusto-
c’è tempo: l’uovo va fatto depositare, prima di
olfattiva, per lo più se ne intuisce la presenza dal
mangiarlo.
colore insolitamente intenso. Ed è stata questa
In chiusura confesso lo stupore per un paio di
la piacevole sorpresa: sia nei campioni da botte
Riserve 05 dal lunghissimo percorso in legno e
che nelle bottiglie in commercio si apprezza il suo
dall’insolita borgognona che li contiene.
notevole alleggerimento verso il rubino profondo, cupo degli anni passati. Splendide, pure calde tonalità di rosso non solo in alcuni ormai raffinati produttori e in tanta Conca d’oro, ma anche nei
I nostri assaggi
molti medio-piccoli presenti. Ci guadagna anche
Annata 2007
il profumo che si arricchisce di sentori molto fini, si
Villa Cafaggio - Panzano 400 slm - SG 100 -
riapprezza spesso la viola poi mentolati, macchia
300.000 bott. campione di botte.
odorosa, spezie e vegetali profumati. Eleganti.
Manca dell’eleganza dei vini della zona anche
All’assaggio vince l’annata 06 specialmente nelle
se ha naso ricco e fiorito di mammola, la fresca
riserve con un frequente ed eccellente equilibrio
acidità poi garantisce la tenuta. Rotondo e
gusto-olfattivo, che non sembra alla portata
caldo, sufficiente equilibrio non pare avere molta
Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
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evoluzione. Da imbottigliare.
Val delle Corti - Radda - 450 slm - SG 95 Mal
Isole ed Olena - Barberino 400slm - SG 80 Can
nera 2 Can 3 - 15.000 bott. campione di botte.
15 Sy 5 - 130.000 bott. campione di botte.
Bel colore giovane, naso snello ed elegante con
Colore intenso, naso senza particolari spunti.
ricordi mentolati. Buono il corpo, persistente il
Bocca ricca di frutto rosso e maturo: corposo
finale caratteristico del sangiovese.
caldo, abbastanza equilibrato e persistente. Carpineto - Greve - 350 slm. - SG 80 Can 20
Riserva 2006
- 250.000 bott.
La Porta di Vertine - Gaiole - SG 100 - 5000
Colore denso, naso perticolare con legni asciutti,
bottiglie. Color rosso rubino di media intensità
note di fumo, di tabacco. Caldo e strutturato la
piacevole, naso totalmente di sangiovese. Corpo
morbidezza in equilibrio con buona acidità.
snello gradevole che manca forse dello spessore dei chianti attuali,ma che è esempio perfetto di
Riserva 2007
sangiovese. Molto piacevole l’insieme anche se
S. Giusto a Rentennano - Riserva le Baroncole
antico.
- SG 97 Can 3 - 12.000 bott. Valgono le impressioni del 07 normale, ma
Annata 2005
con finezza di naso e di bocca ancora più alta
Isole ed Olena - Barberino - grande az. - SG 80
più profonda. Anche in questo caso legno da
Can 15 Sy 5 - 130.000 bott.
aggiustare, ma certezza di grande qualità.
Piccolo cedimento di colore,etereo fine con note di legni asciutti ed odorosi. Maturo in bocca,
Annata 2006
gentile gusto di cotto ben arginato dai tannini.
S. Donatino - Poggio ai Mori - Castellina in Ch.
Sapido con ancora spazio di vta che il colore non
- 420 slm - SG98 Can 2 - 25.000 bott.
fa supporre.
Colore del chianti di una volta come il naso ricco do frutta matura. Morbido gradevole e profumato
Riserva 2005
in bocca, tessuto in apparenza semplice
Cacchiano - Monti in Ch. - 400/450 slm.- SG
ma che esprime il sangiovese. Fin di bocca
95 Can 5 - 13.000 bott.
lungo, piacevole ed asciutto. Old style come il
Colore di piena maturazione, naso un poco
Gambelli.
etereo, schietto con tenue speziatura frutta cotta
S. Fabiano a Calcinaia - 250/450 slm - SG 90
ed elegante fodera di legni. Netto e caldo in bocca
Complementari 10 - 90.000 bott.
con tannini ed acidità integri. Lungo il tetrogusto
Bel naso ricco di frutta e legni odorosi. Assai
con vene amarognola, piacevole.
equilibrato, corposo e asciutto come si conviene,
Felsina - Castelnuovo Berardenga - Riserva
netta la percezione del sangiovese. Buona
Rancia - 380 slm - grande - SG 100 - 38.000
lunghezza.
btg.
Rocca di Montegrossi - Monti in Chianti (Gaiole)
Genuina espressione del territorio di Castelnuovo
- 370/480 slm - SG90 Can 10 - 39.500 bott.
B. Odore di non gran de intensità, gusto pieno
Olfatto articolato e complesso con belle note
spesso ricco di mora e di ciliegia, toni amarognoli.
di tabacco, paglie e frutto. Fine ed elegante la
Caldo, con tannino ancora pieno, non proprio
gustativa con fin di bocca asciutto, armonico,
armonico nell’insieme. Solido, quadrato, senza
composto ed equilibrato.
difetti senza spunti di eleganza. Un diesel. continua su www.ilsommelier.it
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Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
Speciale Assemblea
Per crescere insieme di Mario Del Debbio
“
a Firenze l'assemblea dei soci FISAR uniti per Passione, Orgoglio ed Impegno
N
on è stata la solita assemblea nella quale si cerca di adempiere, e nel modo più veloce possibile, alle pratiche burocratiche di approvazione del bilancio. Quella del 19 aprile scorso è stata un vero e proprio tavolo di lavoro sul quale ognuno ha cercato di portare il proprio contributo. Il Presidente Vittorio Cardaci Ama ha aperto i lavori salutando e ringraziando tutti gli intervenuti ed ha subito passato la parola a Graziella Cescon nella sua veste di Tesoriere Nazionale. Fin dalle prime cifre del bilancio, una serie di numeri di per sè tutt'altro che pieni di attrattiva, si è capito di quanta attenzione e voglia di partecipazione ci fosse nell'aria. Chiariti alcuni punti finanziari ed approvato il bilancio 2008 l'assemblea è entrata nel vivo del dibattito con l'illustrazione del nuovo Regolamento. I punti più importanti possono essere così raggruppati: MARCHIO e DENOMINAZIONE FISAR con l’ottenimento della Registrazione a livello di Comunità Europea il Marchio e la Denominazione FISAR vengono pienamente riconosciuti come patrimonio dell’associazione e come tali vanno quindi tutelati. L’uso del Marchio è di esclusiva proprietà dell’Associazione e viene concesso in uso ai Delegati che ne saranno quindi responsabili civilmente e legalmente nell’ambito del loro territorio di competenza e limitatamente alla durata
”
del loro incarico. Per la concessione del Marchio e della Denominazione la Sede Nazionale rilascia specifica autorizzazione riportante le condizioni d’uso e solo con la concessione dell’autorizzazione la Delegazione assume lo status di Delegazione FISAR. SOMMELIER Il Coordinatore Unico Luigi Mastrocicco ha sottolineato, nel suo intervento, l’importanza della costituzione di una vera e propria brigata di servizio per la gestione dei servizi nazionali e quanto sia fondamentale che ogni Delegato nomini un Responsabile dei Servizi nella Delegazione. Nel nuovo Regolamento viene delineata anche la figura del Sommelier Professionista. NUOVE DELEGAZIONI Nella costituzione di nuove delegazioni il Commissario nominato resterà in carica almeno un anno durante il quale gestirà la delegazione con il controllo della Segreteria Nazionale. Dopo un anno potrà iniziare la procedura per l’ottenimento della identità giuridica locale con affiliazione alla FISAR e rilascio autorizzazione all’uso del marchio. OBBLIGO DI PRESENZA Così come avviene per i consiglieri nazionali chiamati a rispondere dell’impegno che si sono assunti, anche per i Delegati scatta l’obbligo di presenziare alle riunioni nazionali per le quali
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Speciale Assemblea ricevano una convocazione ufficiale. In caso di loro a forma di scudetto. È costituito dal grappolo impossibilità dovranno nominare un consigliere di d’uva con foglia verde e dal tastevin così come Delegazione che li rappresenti ufficialmente. sono rappresentati sullo stemma FISAR. Resta in VISITE UFFICIALI vigore anche lo spillino a forma di scudetto che Assolutamente da non confondersi con le tutti i soci, anche i non sommelier, possono, anzi ispezioni, che vengono effettuate solo in presenza devono, portare. di possibili irregolarità di gestione, le Visite A tutti i Delegati presenti è stato consegnanto un Ufficiali rappresentano un forma di dialogo tra simpatico gadget: un’elegante penna con chiave SEDE NAZIONALE-DELEGAZIONI-ASSOCIATI. USB integrata precaricata con il Testo Unico Effettuate preavvisando il Delegato o il Direttore completo, le lezioni del primo livello ed il minicorso del Corso, serviranno a presentare un’immagine completo in presentazione flash ed una serie di nuova dell’associazione, consentendo ai corsisti di dati utili. Il nuovo Regolamento è scaricabile conoscere i vari aspetti direttamente dal sito della FISAR e l’impegno www.fisar.com o può dell’associazione a essere richiesto alla livello nazionale. La Segreteria Nazionale. visita ufficiale di un All’assemblea nazionale Consigliere Nazionale erano abbinate dovrà rappresentare un quest’anno le elezioni momento di incontro per il rinnovo delle importante con gli cariche nel Collegio associati nel quale si dei Revisori e dei potranno evidenziare Probiviri. la platea dei soci durante l’assemblea suggerimenti per un Le votazioni, che hanno continuo miglioramento. visto impegnato il seggio COORDINAMENTI TERRITORIALI predisposto fino al tardo pomeriggio, hanno Rappresentano la vera novità nell’assetto decretato l’elezione, per il Collegio dei Revisori organizzativo FISAR. Attraverso di essi, non solo di: si consolideranno i rapporti tra le varie delegazioni, STEFANIA SFORZI, ROBERTO FRATI ma sarà possibile arrivare ad una corretta E ROLANDO CECCOTTI, mentre per il Collegio organizzazione delle attività sul territorio, che eviti dei Probiviri sono stati eletti: il sovrapporsi di manifestazioni, eventi o corsi NINO AMADEI, GIANCARLO BINELLI E ottimizzando la presenza di tutti gli associati. Nelle VINCENZO FORTUNATO. varie riunioni di zona saranno raccolte proposte A loro va il nostro ringraziamento per l’impegno e suggerimenti che il Coordinatore-Portavoce che si sono voluti assumere e l’augurio per un Ufficiale porterà all’attenzione del Consiglio lavoro proficuo e collaborativo. I soci hanno chiuso Nazionale in modo da migliorare lo svolgimento i lavori dell’Assemblea dandosi appuntamento a dell’attività associativa. Loano dal 16 al 19 Ottobre prossimi per quello DIVISE E DISTINTIVI UFFICIALI che sarà l’evento più importante dell’anno con Inserito nell’allegato “E” l’elenco e le regole d’uso le elezioni per il rinnovo del Consiglio Nazionale. dei distintivi ufficiali.Tra questi segnaliamo il nuovo Prima dell’arrivederci i soci hanno voluto salutare distintivo riservato unicamente ai sommelier. un grande amico non più con noi: Bruno Ianet, Dovrà essere apposto unicamente sulla divisa al quale l’intera sala ha tributato un grande ed di rappresentanza in luogo dello storico spillino affettuoso applauso.
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Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
diVinando 2009
Torna la sfida tra le Delegazioni
FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI
Speciale Assemblea
di Giampiero Rorato
“
Stefano Barzagli, Sommelier Onorario della Fisar
L’alto dirigente della Regione Toscana ha ricevuto l’ambito riconoscimento in occasione dell’Assemblea nazionale Fisar di primavera tenutasi a Firenze
I
l luogo dell’incontro è incantevole e quanto mai suggestivo, nel cuore del Chianti, tra Firenze e Siena, nel comune di Greve in Chianti. È il Castello di Vicchiomaggio, eretto nel corso del ‘400 in cima a un colle da cui lo sguardo s’estende su tutta la Val di Greve, mostrando i dolcissimi panorami della terra dove nasce uno dei più famosi e apprezzati vini del mondo. Costruito inizialmente come fortezza, denominata “Vicchio”, solido baluardo a difesa di Firenze, nel Rinascimento assunse il carattere di villa signorile, scenario delle gaie feste di Calendimaggio che vedevano riunita gran parte della ricca nobiltà fiorentina, da cui poi il nome di “Vicchiomaggio”, a perpetuare la cultura e il buon gusto che caratterizzavano la vita di signori e popolani in epoche pur contrassegnate da ripetute scaramucce tra le città toscane. Il Castello ha ospitato nel corso del tempo numerose personalità e, fra i tanti, il grande Leonardo da Vinci e Francesco Redi, che era medico, archiatra mediceo, naturalista, poeta e Accademico della Crusca. Si tramanda che Leonardo vi soggiornò mentre dipingeva il suo capolavoro, quella Monna Lisa che oggi è ammirata al Louvre di Parigi, mentre Redi fu ospite nel 1685, vivendo e godendo la bellezza
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”
della vasta campagna d’attorno, disegnata a boschi, a oliveti e a pingui filari di viti, trovando l’ispirazione per il suo celebre ditirambo “Bacco in Toscana”, di cui si ripete ancor oggi il celebre verso, dove si afferma che “Montepulciano d’ogni vino è il re”. E proprio ricordando l’opera del grande cantore del vino toscano, la Fisar ha voluto trascorrere in questo stesso luogo il pomeriggio e la sera di sabato 18 aprile scorso, in occasione dell’Assemblea nazionale di primavera. Gli ospiti La sera, dopo un’attenta visita alle superbe cantine dove maturano le riserve padronali del Chianti classico, si è svolta nel salone d’onore del Castello, con la sapiente regia del fiorentino Roberto Frati, la cena di gala, presente l’intero Consiglio nazionale, alcuni ospiti illustri, numerosi delegati e soci ed amici della Fisar, arrivati da ogni parte d’Italia. Fra gli ospiti il dott. Stefano Barzagli, responsabile del settore “Produzioni Agricole Vegetali” dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Toscana con la signora Marta Gabrielli e il dott. Eugenio Giani, Assessore alla Cultura e allo Sport della città di Firenze. Mentre i piatti sono stati serviti dalle cucine e dal personale del Castello,
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i vini sono stati portati in tavola dai sommelier fiorentini, impeccabili e ammirati nel loro servizio. È stato un momento conviviale di grande eleganza, rallegrato da una sapiente colonna sonora, nel corso del quale i commensali, seduti attorno a tavole ben preparate, hanno potuto stringere ancor più i rapporti di amicizia e solidarietà che caratterizzano ormai numerose delegazioni della Fisar. Il riconoscimento Prima del dessert finale, il vicepresidente nazionale Nicola Masiello, ha presentato il dott. Stefano Barzagli, amico e sostenitore della Fisar. Ha ricordato i suoi numerosi incarichi ufficiali, oltre a quello di dirigente della Regione Toscana. Barzagli, personalità fra le più competenti e autorevoli del settore, è Accademico dei Georgofili, I Sommelier della delegazione di Firenze.
Amministratore dell’Azienda Agricola Regionale di Alberese (Grosseto), componente di diverse importanti Commissioni presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, e, per la Regione Toscana, cura anche la legislazione sui marchi di origine (Doc. Dop e Igt) e i rapporti con l’Unione Europea. Personaggio eminente del settore vitivinicolo toscano, Stefano Barzagli merita, ha affermato Masiello a nome del Consiglio Nazionale, di far parte della grande famiglia della Fisar e, assieme a Graziella Cescon, tesoriera nazionale, gli ha conferito il diploma e le insegne di Sommelier d’Onore della Fisar, tra gli applausi dei presenti. Barzagli ha ringraziato per l’onore attribuitogli, ricordando la lunga storia vitienologica della Toscana, una terra che produceva vini rinomati già all’epoca degli Etruschi e che nel corso del tempo, ancor prima dei tempi medicei, era caratterizzata da aziende che esportavano vino in ogni parte d’Europa. In questi ultimi tempi, ha aggiunto, i vini toscani stanno conoscendo una nuova felice primavera, con l’aumento del numero delle zone a Doc, ma soprattutto con il deciso
Stefano Barzagli nominato sommelier onorario aumento della qualità, come hanno riconosciuto gli esperti internazionali al recente Vinitaly. Ha infine annunciato che sta per essere approvata una normativa che definirà l’area del Chianti classico come zona privilegiata, riservata esclusivamente alla produzione di Chianti così classificato. Il Presidente nazionale Fisar Vittorio Cardaci Ama si è unito alle parole del vicepresidente Masiello, ringraziando il dott. Barzagli per l’attenzione sempre avuta nei riguardi della Fisar, auspicando che la felice collaborazione in atto possa ulteriormente rafforzarsi, a vantaggio sia di uno dei prodotti principi dell’agricoltura toscana che dei consumatori e dei ristoratori italiani che trovano nei sommelier Fisar dei preziosi consulenti e collaboratori. Un brindisi col Vin Santo ha concluso l’incontro conviviale, che ha segnata una nuova tappa importante nella storia della Fisar, che si prepara a celebrare, nel terzo fine settimana del prossimo ottobre, la sua Assemblea elettiva che avrà luogo a Loano, nella celebre Riviera di Ponente della Liguria, terra di ulivi, di fiori e di turismo internazionale.
Stefano Barzagli al tavolo con il Presidente FISAR
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LOANO
Assemblea Nazionale Elettiva
16-19 Ottobre 2009 www.loano2village.it
Riviera delle Palme • Via Degli Alpini, 6 • Loano (SV) Tel. 019 67911 r.a. • Fax 019 671765 • info@loano2village.it
Una presenza di qualità di Mario Del Debbio
“
Un salotto per accogliere gli amici Al Vinitaly la FISAR progetta il suo futuro
”
I
n un Vinitaly sempre più in “overbooking” dove trovare uno spazio adeguato appare un'impresa impossibile, la FISAR è riuscita a trasformare uno spazio decisamente troppo piccolo, in un salottino accogliente nel quale si sono succeduti amici, produttori, giornalisti e semplici appassionati. Tanti, veramente tanti sono stati i fisariani che sono venuti a trovarci ed altrettanti gli amici produttori e giornalisti con i quali abbiamo parlato di progetti e collaborazioni. Un ringraziamento particolare va al Delegato di Verona, Ugo Bonalberti e a sua figlia Francesca per la preziosa e disponibile collaborazione. Due gli appuntamenti ufficiali organizzati dalla FISAR: la Degustazione con Marco De Bartoli per la presentazione del libro di Andrea Zanfi, raccontata nell'articolo di Roberto Rabachino, e la giornata del sommelier. Ormai da 4 anni la Carpenè Malvolti festeggia i sommelier della FISAR ospitandoli nel loro stand per un brindisi che quest'anno aveva più di un valido motivo. Primo tra questi la rivincita di Divinando, gioco
La rivincita di Divinando
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La squadra vincitrice di Treviso con Rosanna Carpenè e Vittorio Cardaci Ama.
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ideato dalla FISAR la cui finale si è svolta a
comunicazione“ attribuito quest'anno a Marina
Conegliano nello scorso ottobre. Presenti le
Mancini della trasmissione Radio Due Decanter
prime tre squadre classificate delle delegazioni di
e ai conduttori Fede&Tinto e la presenza del
Livorno, Montecarlo (Lucca) e Treviso guidate dal
capitano della Squadra Nazionale della Pasticceria
Presidente Nazionale Vittorio Cardaci Ama, che si
Italiana Andrea Zanin con la sua torta da viaggio
sono sfidate nella rivincita con una degustazione
hanno suggellato un bellissimo incontro. Il
dei prodotti Carpenè. I partecipanti hanno dovuto
torneo a squadre FISAR Divinando è pronto a
individuare le differenze e riconoscere i prodotti
ripartire lasciando presagire grandi battaglie tra le
de “L'Arte Spumantistica” e il Prosecco DOC di
delegazioni che numerose sembrano raccogliere
Conegliano e Valdobbiadene. La delegazione di
la sfida dei campioni di Treviso. Lasciamo Verona
Treviso si è riconfermata aggiudicandosi anche
con il proposito di tornare con una grande
la rivincita in questo appuntamento veronese,
presenza confidando nell'assegnazione di uno
seguita da Montecarlo e Livorno. La consegna del
spazio che valorizzi al massimo la nostra voglia
“Premio Arte Spumantistica ai protagonisti della
di esserci.
Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
La Fisar premiata dalla Regione Toscana
di Gianfranco Grossi
“
La Regione Toscana ha assegnato l’edizione 2008 del “Premio Vini di Toscana” alle due federazioni di sommelier per il loro impegno nella divulgazione del vino
“P
”
remiando la Fisar e l’Ais toscana ha detto il presidente della Regione Claudio Martini - abbiamo voluto dare un riconoscimento a quella folta schiera di professionisti che da tanti anni, con grande passione, contribuiscono a far conoscere il vino e a promuoverne il corretto consumo”. A ritirare l’ambito riconoscimento il vice presidente nazionale della Fisar Nicola Masiello e il presidente dell’Ais Toscana Osvaldo Baroncelli. Il premio istituito nel 2002 per dare un riconoscimento a chi in questo settore ha un ruolo importante all’interno della cultura, dell’economia e della gestione del territorio, si distingue per capacità, impegno e amore per il vino. Il primo anno era dedicato all’informazione e alla comunicazione enologica: lo ha ritirato James Suckling, collaboratore di Wine Spectator. Nel 2003 Premio per i giovani viticoltori a: Federico Bartolomei, Elena Carmignani, Patrizia Cencioni, Aurelio Cima, Filippo Gaslini Alberti, Cinzia Merli, Marta Niccolini, Mattia Simoni e Ronald Vian. L’edizione 2004: Premio per enologi con età non superiore a 40 anni: a Barbara Tamburini, Lorenzo
Landi, Marco Cervellera e Luca D’Attoma. Il riconoscimento alla carriera era stato assegnato a Giacomo Tachis. Il 2005 era dedicato all’enogastronomia ed era andato a Mario Righi, Andrei Conti ed alla famiglia Saporito. 2006: Premio per le ricerca scientifica nel settore vitivinicolo, assegnato a Roberto Bandinelli. L’anno 2007 il Premio è stato condiviso tra il designer dei vini e delle aziende vinicole a Simonetta Doni, mentre quello per le nuove tecnologie per la diffusione del vino è andato a Riccardo Gosi Enomatic s.r.l. Il Premio assegnato alla Fisar aveva questa motivazione: “Pur essendosi diffusa su tutto il territorio nazionale, sul quale opera attraverso le sue oltrre 70 delegazioni territoriali, la Fisar è rimasta fortemente legata alla Toscana. In Toscana sono presenti ben 16 delegazioni a testimonianza della ricchezza enologica della nostra Regione. La sede nazionale è ad Asciano (Pisa) dove si trovano gli uffici di segreteria e dove si svolgono tutte le riunioni degli organi collegiali. I Sommelier, per diventare tali, seguono un percorso formativo completo con lezioni tenute da docenti esperti
Il Sommelier Maggio-Giugno 2009 • n. 3
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e tecnici di settore. Importantissima anche la far conoscere il vino italiano partendo dai vini della campagna lanciata lo scorso anno: ‘La cultura del terra di origine, la Toscana. Oggi siamo tornati al bere per il rispetto della vita’. Il Sommelier, come termine internazionale ed è sparita la parola ‘tra’ operatore di settore, non può restare insensibile visto che la Fisar annovera nelle proporie fila, alle esigenze sociali e culturali del nostro tempo accanto ai ristoratori e agli albergatori, sommelier segnate, oltre che da un’informazione di tipo di ogni estrazione sociale tra cui molti appassionati scandalistico che accomuna nelle frodi alimentari cultori del vino”. E tra questi moltissimi giovani metanolo e cabernet, con la presenza dalle problematiche predominante di sempre più incalzanti ragazze. dovute all’abuso Ha reso anche dell’alcool”. omaggio a quel Il Governatore Martini piccolo nucleo da nel suo saluto ha cui era partita l’idea: voluto sottolineare Mario Pellegrini del che il Premio è “un ristorante Romito di riconoscimento Livorno, Romano a tutte quelle Franceschini di professioni e saperi Viareggio, il comm. che attorno al vino Tullio Venturini del lavorano e ne fanno Villa Kinzica, Auro il Presidente Regione Toscana Claudio Martini l’emblema della Gasperini da Volterra nostra Regione. Ma con Nicola Masiello ed Osvaldo Baroncelli (AIS-Toscana) e pochi altri. è anche l’occasione per ringraziare quanti fanno di tutto per dare il meglio al vino. La Toscana deve molto al vino. È uno dei modi per farci conoscere nel mondo. Sette rossi toscani sono nella ‘top 100’ del vino nella classifica di Wine Spectator e questo mi fa particolarmente piacere”. Nicola Masiello nel ricevere il Premio (una targa ed un ‘mezzo litro’ di cristallo con inciso il nome sul fondo), dopo parole di ringraziamento per questo importante rioconoscimento, ha fatto un po’ la storia della Fisar. “Quando nel 1972 quel piccolo gruppo di amici risrtoratori con la passione per il vino, decise di fondare una Federazione di Sommelieri, sicuramente non immaginava che stava per creare un’associazione che tanto avrebbe significato nella promozione dell’enogastronomia negli anni a venire. A Volterra dettero vita alla Fisar, Federazione Italiana Sommelieri tra Albergatori Ristoratori. Si definivano Sommelieri utilizzando un termine francese, quasi a voler sottolineare con maggiore forza lo scopo dell’associazione:
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Avviandosi alla conclusione Nicola Masiello ha sottolineato come “il sommelier non può restare insensibile alle esigenze sociali e culturali del nostro tempo. Per questo la Fisar dallo scorso anno ha lanciato una campagna dal nome ‘la cultura per del bere per il rispetto della vita’. Dentro ad ogni bicchiere c’è un concentrato di storia, cultura e lavoro che affonda le sue radici nel territorio di produzione. E quando si parla di un territorio ricco di questi ingredienti come la Toscana il lavoro del Sommelier diventa fondamentale”. Prima di consegnare al presidente Martini il gagliardetto ed un taste-vin della Fisar, Masiello ha assicurato che la campagna dello scorso anno continuerà anche per tutto questo 2009. La cerimonia che si è svolta nella “Sala del Pegaso“ della Presidenza della Regione è terminata con un signorile buffet preparato dalla Scuola Alberghiera “Buontalenti” di Firenze. Il servizio vini è stato effettuato congiuntamente dai sommelier Fisar e Ais. E questo ci ha fatto decisamente piacere.
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