Anno XXVII - Numero 1 - Gennaio-Febbraio 2009
IN QUESTO NUMERO: • Le guide enogastronomiche ci guidano veramente? • Il gusto di scoprire • Malaga, un romantico vino d’altri tempi • Il paradiso ritrovato
ISSN 1826-6533
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Rivista di enologia, gastronomia e turismo
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Seconda edizione ArezzoWine Esposizione del Vino e Prodotti affini
28 Febbraio 1-2 Marzo 2009 Centro Affari e Convegni di Arezzo
al 28 febbraio al 2 marzo 2009 si svolgerà al Centro Affari e Convegni di Arezzo la seconda edizione di Arezzo Wine, la più importante fiera del vino del centro Italia. Dopo il successo della scorsa edizione, Arezzo Wine amplia ulteriormente gli spazi espositivi, rivolgendosi all'intera tipologia di operatori dell'universo vinicolo: produttori, buyer italiani ed esteri, importatori, distributori, ristoratori, sommelier giornalisti ed appassionati. Una delle novità più significative della prossima edizione di Arezzo Wine, è rappresentata dall'ampliamento dell'area espositiva che si svilupperà su una superficie di 7000 mq. ed ospiterà oltre 350 aziende vinicole provenienti da ogni parte d' Italia ed un rilevante numero di aziende che ruotano attorno al mondo vino. Arezzo Wine vuol continuare ad essere un esclusivo e qualificato appuntamento del settore vitivinicolo italiano, realizzando un punto di incontro fra produttore, distributore, importatore e consumatore, ma Arezzo Wine vuol anche essere una vetrina per le aziende dove promuovere in maniera efficace il proprio prodotto e i propri servizi.
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La manifestazione si completa in tre giorni, la giornata di Lunedì 28 febbraio è esclusivamente dedicata agli addetti del settore che avranno inoltre accesso gratuito, come per tutti gli associati Fisar, per tutta la durata della manifestazione, mentre nelle giornate di Sabato 1 e Domenica 2 marzo la fiera sarà aperta a tutti coloro che vorranno avvicinarsi al mondo del vino, con possibilità di degustare, acquistare direttamente dall'azienda vinicola, partecipare ad eventi e forum per conoscere quanto sia vasto e variegato il mondo del vino. Verrà anche replicata l'operazione "identificazione" da parte degli espositori: tutti gli operatori, suddivisi in macro-categorie, riceveranno all'ingresso un badge di riconoscimento per permettere alle aziende di capire chi si troveranno di fronte agli stand. Con i suoi seminari, le sessioni di degustazione, le conferenze e gli eventi, Arezzo Wine offre la possibilità di approfondire e ampliare la propria conoscenza enologica. Infine, di estremo interesse la presenza della stampa, non solo di settore, che seguirà con servizi speciali e filmati, redazionali, interviste ed articoli la "tre giorni" aretina dedicata al vino in tutte le sue declinazioni.
La FISAR sarà presente con un punto accoglienza ed interverrà in alcuni dei forum organizzati.
ingresso gratuito per i soci FISAR
CULTURA DEL VINO
SCIENZA, TECNICA APPROFONDIMENTI
ENOGASTRONOMIA, TURISMO, CURIOSITÀ
L’INTERVISTA
COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE
In questo Numero
L’opinione del Presidente - Vittorio Cardaci Ama
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Roberto Rabachino
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Nelle cucine del re, come un “non luogo” torna a vivere - Piera Genta
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La scommessa vincente di “Gher” l’inventore degli spiedini - Giancarlo Roversi
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Il gusto di scoprire - Piera Genta
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Malaga, un romatico vino d’altri tempi Enza Bettelli
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Tonnellerie d’Archiac: è nato prima il vino o la botte? - Silvana Delfuoco »
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Il paradiso ritrovato - Giancarlo Roversi
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Le notizie di enogastronomia e turismo a cura della redazione di Quality ADV
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Il vino, per un piacevole senso caldo Gudrun Dalla Via
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La Sardegna: sole, mare, vento, spiagge bianchissime e macchia Mediterranea Luca Iacopini e Massimo Bracci Pag.
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Divin Orcia - Valentina Niccolai
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Il consumo e la confusione alcolica - Roberto Rabachino L’opinione di Marcello Masi News dal Mondo News dall’Italia In Famiglia La segreteria comunica - Andrea Lamponi - Mario Del Debbio
Intervista al Ministro dell’Agricoltura Luca Zaia
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Lettera del Presidente
di Vittorio Cardaci Ama
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per comunicare con il Presidente presidente@fisar.com
Quando è stato pubblicato il numero di novembre/dicembre della nostra rivista, forse era prematuro formulare gli auguri di Natalnuovoanno, probabilmente saremmo stati i primi ad esprimere buoni auspici e forse anche i primi ad essere dimenticati; nonostante abbia smesso da tempo di credere che gli ultimi saranno i primi, mi piace esprimere adesso i vaticini per questo nuovo anno che si presenta a noi, lasciandosi alle spalle dodici mesi non certo facili e poco promette per stare sereni. Credo, tuttavia che male non faccia guardare con fiducia e speranza nel meglio questo duemilanove appena iniziato. Uno degli argomenti destinati a sconvolgere lo scenario delle nostre Denominazioni d’Origine è la nuova OCM Vino, che tanto “nuova” non è, visto che nel marzo 1999, dopo anni di discussione, è stato approvato nell’ambito di Agenda 2000, il regolamento della CE n° 1493/99; l’OCM nel settore vitivinicolo è tra le più complesse e ampie della politica agricola comune perché non riguarda solo le questioni tradizionali e tipiche di tutte le Organizzazioni Comuni, ma anche problemi più specifici del settore, quali le disposizioni relative alla produzione, circolazione e immissione al consumo dei prodotti viticoli e le relative pratiche enologiche. L’argomento è alquanto ampio e vario e pertanto merita un approfondimento a cominciare dal conoscere i dettagli della Direttiva Europea e poi, cosa più importante, interpretarla. La nuova riforma riguarda tutti i Paesi membri della Comunità Europea, e pertanto sono interessati oltre a Italia, Francia e Spagna, che sono i maggiori produttori, anche tutti gli altri Paesi che certamente non
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hanno i volumi di produzione né tanto meno la tradizione di questi tre. Considerando che l’Italia è l’unico Paese al mondo dove i vigneti si estendono quasi ininterrottamente dalle Prealpi a Capopassero, in Sicilia, punta più meridionale della nazione, si ritiene che la nuova Organizzazione Comune del Mercato debba valorizzare il vigneto, privilegiando le zone vitivinicole più vocate e tradizionali e, possibilmente, abolendo sovvenzioni e contributi, che qualche volta vanno contro l’imprenditorialità e la managerialità. Tra le tante novità, ad esempio, una che non mi trova favorevole è quella di mettere l’annata di produzione e il nome del vitigno sull’etichetta dei vini a denominazione “da tavola”, questo andrà a confondersi con le I.G.T. che sono un punto di forza delle esportazioni. C’è il rischio di una grave perdita di identità, oltre che di grande confusione nello stravolgimento delle denominazioni. Considerando che la normativa sarà in vigore dall’1 agosto prossimo, credo che il problema sin qui sia stato sottovalutato e la cosa curiosa è che né i produttori né tanto meno i Consorzi e le Associazioni di categoria abbiano chiesto i dovuti chiarimenti. L’impegno della categoria professionale dei Sommelier, almeno dei professionisti della Fisar, insostituibile anello di congiunzione tra produttore e consumatore, sarà quello di informare quest’ultimo, chiarendo eventuali dubbi e soprattutto comunicare cosa è cambiato e quali sono le differenze. Auguro che la vostra stella possa dare forma e consistenza ai sogni, anche ai più inconfessati, e che il consueto calice sia sempre colmo.
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Editoriale del direttore
L’argomento interessa, ovviamente, le persone sane e quindi non affette da patologie cliniche, verso le quali il consumo degli alcolici (compreso il vino) non è consigliato.
Il consumo e la confusione confusionealcolica alcolica Quante volte ci sentiamo ripetere che bisogna bere il vino con moderazione, che bisogna degustare e non bere e che il vino fa bene alla salute! Tutti siamo d’accordo su quelle affermazioni. Quello che forse non ci siamo mai chiesti seriamente e come possiamo contribuire all’educazione al consumo, qual è il nostro compito di professionisti, educatori, formatori e comunicatori. Cominciamo ad affermare che il nostro compito non è quello di sostituirci ai medici, ai biologi, ai nutrizionisti (anche se è ormai acclarato che il consumo costante di vino, sempre in maniera moderata, attenua il rischio d’infarto e delle patologie cardiovascolari in genere, previene l’ictus e forse alcuni tumori). Il nostro compito, a mio avviso, è quello di formare ed informare. Nessuno discute più che un uso moderato del vino fa bene alla salute. A questo punto, però, una riflessione è obbligatoria. Come mai se il vino ha tutte queste importanti proprietà se ne beve sempre meno in percentuale? Perché è diventata quasi una regola la ricerca dell’eccesso? Credo che a questa domanda ci siamo molteplici risposte: l’errata o inesistente comunicazione; il consumo della bevanda è visto più come una moda, una tendenza, un aspetto edonistico; l’eccesso è visto come una modo di emergere dall’anonimato; il vino non è considerato un alimento che può entrare in una normale e costante dieta bilanciata (anche se non in maniera indispensabile); le campagne generalizzate contro l’alcool mettono alla stessa stregua il vino e i superalcoIl Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
lici, senza sapere che le differenze tra i due prodotti sono notevolissime.
di Roberto Rabachino
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abbiamo il dovere di formare una nuova scuola di pensiero, dove il consumatore (e non il vino) è il protagonista
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Quale deve essere il nostro compito, quali sono le nostre risposte a quella riflessione? La risposta è una sola: abbiamo il dovere di formare una nuova scuola di pensiero, dove il consumatore (e non il vino) è il protagonista. Creare un consumatore preparato e consapevole produrrà di conseguenza la crescita del consumo di vino di qualità. Dopo questa mia affermazione, concedetemi, per concludere, un’altra mia personale considerazione. Io credo, sinceramente, che il consumo consapevole e moderato del vino sia solo un problema culturale e, per questo motivo, risolvibile con il tempo. Una sola cosa però mi spaventa. La “confusione alcolica” che in questo momento ci circonda, dove non si riesce più a percepire il limite tra l’interesse e la responsabilità morale e sociale dell’educare al consumo moderato del vino. E non solo tra i giovani.
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per comunicare con il Direttore: direttore@ilsommelier.com
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L’Opinione di Marcello Masi
Autunno, tempo di vendemmia, funghi e guide eno-gastronomiche. Ebbene sì, voti e pagelle ormai fanno parte del mondo dei produttori e consumatori di ogni genere di alimento. di Marcello Masi Vice Direttore TG2 RAI e responsabile rubrica Eat Parade
Le guide enogastronomiche ci
guidano guidano
veramente? veramente
Dalle classicissime guide dei vini e dei ristoranti a quelle dell’olio e delle prelibatezze per arrivare alle guide dei ristoranti e
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degli hotel dove poter portare i nostri amici a quattro zampe. Siamo guidati su tutto. Il rischio di “perdersi” ormai è praticamente inesistente. Eppure qualcosa non quadra. Per praticità dividiamo il ragionamento in due. Il primo riguarda i produttori il secondo i consumatori. Senza pudore provo a mettermi nei panni di un neo produttore di vino, solo per fare un esempio. Ho investito molti euro nella mia attività e dopo qualche anno di tentativi in vigna e in cantina voglio commercializzare le mie bottiglie nelle quali credo fermamente. Contattare i distributori di mezza Italia con il taste-vin e il prezzario è sicuramente una strada corretta, ma è lunga e tortuosa. Contare sul passaparola, è sicuramente giusto, ma dovrò aspettare anni prima di avere un riscontro accettabile. Resta la promozione. La classica pubblicità anima del commercio. Ma quanto mi costa? Tanto, molto spesso tantissimo. Allora mi ingegno a cercare modi e mezzi per portare il mio prodotto alla luce dei media. E tra le strade ci sono le guide. Una bella citazione effettivamente risolverebbe Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
L’Opinione di Marcello Masi
tante cose. Lo so è terreno scivoloso. Ma con una quindicina di guide di settore in commercio chi può giurare che non ci sia un mercato delle “indulgenze” da qualche parte. Scrivo queste cose con un senso di amarezza e spero con tutto il cuore di sbagliarmi. Resta il dubbio. Credo che sia giusto parlarne in uno dei templi della “dottrina”. Apriamo un dibattito, un confronto anche aspro, ma cominciamo a farci delle domande. Una su tutte, abbiamo davvero bisogno di avere nel nostro Paese tante Guide? E poi. Quanto costano all’editore? Quante copie vendono? Come e dove vengono distribuite? I produttori quante copie comprano? Mi fermo qua, un po’ per pudore e molto per il rispetto che ho per la stragrande maggioranza dei professionisti che operano in questo importante settore. A loro va la mia incondizionata stima per il lavoro svolto. Passiamo ai consumatori. Chi è appassionato di enogastronomia non può non consultare almeno una volta al mese una guida. C’è chi come me le consulta almeno una volta al giorno, ma sono un caso limite. Ebbene come faccio a sapere quale guida sia la migliore, la più vicina ai miei gusti? Comprarle tutte, a me onestamente le regalano, costerebbe un patrimonio. Naturalmente il rischio di prendere qualche lucciola per lanterna esiste sempre. Ma mettiamo di aver letto sulla guida X che il ristorante Y prepara piatti succulenti ad un prezzo medio Z e che su tale base decido di prenotare. Può capitare anzi è capitato più volte che: a) il ristorante non esista più nonostante la guida acquistata sia l’ultima in libreria b) il cibo succulento non lo è affatto c) il prezzo medio è di gran lunga superiore allo Z annunciato. Ebbene se accade questo io personalmente mi arrabbio moltissimo. Anche in questo caso le decine di guide in commercio alla fine rischiano di complicare la vita invece di aiutare le scelte di noi consumatori. A questo punto mi viene da profetizzare che dopo un lungo periodo di vacche grasse per tutti l’attuale momento di magre aiuterà il mercato a fare giustizia. Chi ha giocato troppo con la fiducia dei consumatori rischierà di fare qualche passo indietro. Ma dopo averne parlato Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
non proprio benissimo, lasciatemi dire anche quanto siano belle da mangiare e da bere con gli occhi le nostre guide. In alcuni passaggi descrittivi sembrano poesie d’amore dedicate al vino ed al cibo. In altri provocano una salivazione eccessiva che a Roma è nota come acquolina. Letture sconsigliate vivamente durante le diete per il loro potere evocativo. Rischiano di innescare azioni incontrollabili con immediati effetti nefasti sulla bilancia. Diciamolo, nonostante qualche dubbio e qualche rara nefandezza le nostre guide sono all’altezza delle nostre eccellenze. Rappresentano le nostre cantine e i nostri cuochi con una ricchezza interpretativa unica e colta. Certo non fanno sistema, come oggi si usa dire per definire un’azione congiunta finalizzata ad un obiettivo superiore. In questo caso la promozione del Paese. In Francia abbiamo l’esempio più evidente. La guida Michelin un tempo punto di riferimento indiscusso, oggi ha raggiunto vette di spudoratezza che non fanno onore alla sua tradizione. Sarà che L’Italia rappresenta un’ alternativa credibile alla cucina internazionale d’oltre alpe, sarà che i nostri chef si stanno facendo onore in tutto il mondo, sarà che la nostra fantasia tra i fornelli non conosce rivali sarà che la varietà dei nostri prodotti di eccellenza fanno arrossire d’invidia gli dei dell’Olimpo. Saranno tutte queste cose insieme, fatto sta che la guida Michelin ha deciso di snobbarci. Grande attenzione alla cucina tedesca, belga, giapponese, e chi più ne ha più ne metta, mentre per noi una malcelata freddezza. I numeri sono al di sopra di ogni disputa ideologica. Ebbene nel 2008 le 3 stelle, il massimo del riconoscimento Michelin, è stato assegnato in Germania a 9 ristoranti, in Giappone a 8, 6 alla Spagna. Delle tre stelle in Francia inutile parlare, sono più numerose di quelle presenti in cielo. E l’Italia? Una decina scarsa? 9, 8, 7? No, da noi sono state confermate solo le 5 eccellenze dell’anno precedente. Interessi superiori dirà qualcuno, spudoratezza francese commenterà qualcun altro. Io mi limito gridare forte: VIVE L’ITALIE!
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nonostante qualche dubbio e qualche rara nefandezza le nostre guide sono all’altezza delle nostre eccellenze
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Cultura e sapori
Mai come oggi si è parlato tanto di cucine: cucine a vista, telecamere che riprendono ogni movimento del cuoco per proiettare le immagini in tempo reale su schermi giganti, cucine come palcoscenico, ma non è stato sempre così.
di Piera Genta
Nelle cucine del re, come un “non non luogo” luogo torna a vivere
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Le bottiglie esposte sono 78, di cui 30 costituite da prodotti vari della Casa Martini
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Le cucine e soprattutto tutti quei locali dove si realizzava la preparazione dei banchetti per la tavola reale e dei pasti per le persone di servizio rientravano in quella parte produttiva di poco pregio che andava tenuta nascosta, Una storia quasi senza documenti, ma con molti protagonisti. Oggi grazie ad un importante lavoro di restauro le Cucine e la Cantina Reale, situate nel piano sotterraneo dell’ala di levante del Palazzo Reale di Torino, non solo sono visitabili, ma ci offrono preziose informazioni sul backstage della vita di corte. La ristrutturazione, l’allestimento dell’esposizione e la riapertura degli spazi al pubblico sono dovuti alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte in collaborazione con la Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino.
Scaffale cantina Reale pagina 6
Sono rinate all’antico splendore dopo anni di abbandono 15 sale composte dalle cucine vere e proprie con stufa centrale in ghisa, forni e piano cottura dotata di spiedi e ceppi per il taglio delle carni, le ghiacciaie a gavone, le dispense, il locale della grande caldaia a legna, oltre 1500 pezzi in rame, utensili vari ed una grande cantina. I locali sono stati riportati alla condizione in cui si trovavano negli anni venti del novecento suddivisi tra cucine del re (Vittorio Emanuele III e la regina Elena) e le cucine del principe (Umberto principe di Piemonte e Maria Josè del Belgio). La cantina del vino della Regia Famiglia è integra nella sua struttura composta da semplici e funzionali scaffalature in legno a più ripiani dove oggi sono allineate bottiglie provenienti dall’archivio storico della Martini & Rossi di Pessione, Completano l’arredo un grande lavandino a parete in pietra. Le bottiglie esposte sono 78, di cui 30 costituite da prodotti vari della Casa Martini, che risalgono alla storia produttiva dell’azienda tra la fine dell‘800 e i primi decenni del ‘900 e 48 bottiglie di vino senza etichetta con datazione riferibile al secolo XIX. Alcuni dei prodotti non sono più in produzione ma appartengono al passato aziendale e testimoniano la brillante inventiva delle generazioni di enologi e botanici che, in linea diretta dal fondatore Luigi Rossi, hanno ereditato e portato avanti la sua conoscenza e la sua genialità creativa nel campo enologico e liquoristico. Tra le bottiglie Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Cultura e sapori
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Cantina Reale
una antica di Martini Semi-Secco, una rara di Spumante Montechiaro, una di China Martini, il Mart-anice, la fantasiosa Grappa Alpina Martini & Rossi, l’American Martini Cocktail, e il vino-aperitivo Rossi. Da ricordare che nel 1868 sull’etichetta del Martini allo stemma della città di Torino subentra lo scudo sabaudo concesso da Vittorio Emanuele II alla Martini Sola e C.ia quali Provveditori di S.M. il re d’Italia. I vini piemontesi e la famiglia Savoia hanno una lunga storia. Nei documenti si trova annotato che per il pranzo di Natale del 1274 gli addetti alla cucina di casa Savoia hanno acquistato gli ingredienti per produrre il “Chiaretto” , un vino speziato, dolcificato con zucchero e miele, servito soprattutto a fine pasto. Talvolta era anche utilizzato nella preparazione di alcune ricette e nelle salse che accompagnavano piatti più ricercati. Il consumo di vino alla corte dei Savoia era stabilito dalla “someglieria” una complessa istituzione gerarchica che comprendeva due someglieri, due aiutanti someglieri, due provveditori di vino, alcuni garzoni ed un portabarrale. La someglieria aveva il compito di provvedere due qualità di vino: il vino “di bocca” destinato al sovrano ed ai suoi ospiti e il vino “del comune” destinato al personale di corte. Il vino “di bocca” era selezionato molto attentamente. Si importavano vini rossi dalla Spagna, dalla Corsica, dal regno di Napoli, particolarmente apprezzato il Malvasia di Candia originario dell’isola di Creta. I vini piemontesi arrivavano dalle terre astigiane e dal Monferrato. Il vino veniva mantenuto in botte fino al momento del consumo, nel momento di utilizzo spillato e travasato in bottiglie di vetro trasparente. Si deve a Giovanni Vialardi, biellese, capocuoco di re Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, l’dea di presentare con la lista dei cibi una “carta dei vini” convinto di quanto fosse fondamentale per la buona riuscita di un pranzo il giusto abbinamento delle vivande con i vini. Inoltre impose i vini piemontesi e primo fra tutti il Barolo. Ed è anche in questo periodo che in Piemonte si abbandona l’indicazione del paese Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
La cantina del vino della Regia Famiglia è integra nella sua struttura composta da semplici e funzionali scaffalature in legno
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d’origine e si iniziano ad identificare i vini con il nome del vitigno: Nebbiolo, Barbera, Grignolino, Dolcetto. La riserva dei vini nei tre Palazzi Reali, Roma, Firenze e Torino, arrivava a superare le 900 bottiglie di Champagne, 700 di Bordeaux, 500 di Keres oltre ad altro vino francese e italiano proveniente dal Piemonte o dalle zone del Chianti. Il percorso delle Cucine reali continua nell’appartamento di Madama Felicita dove si è accolti da una tavola da ricevimento allestita secondo i gusti di fine Ottocento, nel salotto della cioccolata con tazze della manifattura di Vienna, una cioccolatiera ed alcuni piatti d’argento e un servizio per la prima colazione.
Cucina Reale
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Cultura e sapori
di Giancarlo Roversi
Storia esemplare di una famiglia di ristoratori romagnoli di mare. Resistono dopo quasi 60 anni con immutata fragranza i mitici stecchini infilzati di gamberetti, seppioline, calamaretti e sarde rosolati alla maniera dei vecchi pescatori che hanno reso celebre il ristorante sopra il molo di Riccione
La scommessa vincente di “Gher” Gher l’inventore degli spiedini
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accanto alla sua baracca inventò i «foconi», grandi fornelli rialzati pieni di sabbia con in mezzo un pugno di braci
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Il vecchio Gher pagina 8
Sul porto canale di Riccione c’è un fantasma, giocoso, sornione, incline alla burla e al sorriso come quando viveva ancora su questa terra, anzi su questo lembo dell’Adriatico. È lo spirito di un vecchio pescatore che ogni giorno che Dio manda in terra se ne sta compiaciuto sul molo ad osservare amorevolmente il la sua creatura, il ristorante che ha tirato su poco alla volta assieme alla moglie e ai figli con tanta tenacia e sacrifici fino a
farne uno dei santuari della buona tavola marinara. Il “fantasma” ammiccante è “Gher” e il ristorante è quello che porta il suo nome e che, da oltre mezzo secolo, è meta di un pellegrinaggio incessante di buongustai provenienti da ogni parte d’Italia e dall’estero. Da quando, nel 1988 Gher si è trasferito a cucinare il pesce in cielo, seguito da alcuni anni dalla moglie Caterina, a tenere alta la sua bandiera, sono rimasti i figli Carlo e Sergio assieme ai nipoti e pronipoti, segno evidente di una storia di impegno e passione che non guarda alla fatica e attraversa le generazioni. Una storia che oggi prosegue con due anime: quella originaria di Gher sul molo riccionese e una nuova costola, “Il Grottino di Gher”, aperto dall’altro fratello Antonio dalle parti dell’Abissinia, la zona a sud della Perla Verde. Entrambi i ristoranti mantengono viva la memoria e la tradizione di “Gher”, che ha come simbolo i mitici spiedini di gamberetti, calamaretti, sardoncini, seppioline che il sagace marinaio inventò quasi sessant’anni fa e che restano oggi gli unici sulla costa a esser cucinati sul focone di sabbia e carbonella secondo l’antica pratica marinara. Ritrovarli e poterli ancora gustare rappresenIl Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Cultura e sapori
ta per tanti turisti, specie per quelli che erano giovani pimpanti tra gli anni ‘50 e ‘80, una piccola emozione che fa gioiosamente balzare indietro l’orologio della vita. È come rincontrare un vecchio e caro amico e si ha quasi l’impressione che il tempo si sia fermato. Quella di “Gher”, di sua moglie e dei suoi figli e nipoti è la storia esemplare di una famiglia romagnola di mare, una di quelle che, passo dopo passo, un mattone dietro l’altro, hanno costruito la fortuna della costa. Ma quanto sudore è costata! La storia ha inizio all’inizio degli anni 50. Lasciamola raccontare a Carlo Serafini, fratello gemello di Antonio, i primogeniti di Gher (il terzo figlio è Sergio), nati il 1° aprile del 1938, un giorno “a rischio” di burle. Quando dissero al padre che la moglie aveva partorito due maschietti non volle crederci, pensando a uno scherzo, il classico pesce d’aprile (e lui i pesci li conosceva bene!). Così aspettò il giorno dopo per andare all’ospedale a vedere Caterina e i due pargoli. “Siamo una famiglia all’antica, che ha sempre lavorato onestamente per poter vivere abbastanza bene – è sempre Carlo a raccontare - ma quanti sacrifici! Nostro padre Elviro Serafini, classe 1910, e la mamma Caterina, nata nel 1916, si conobbero negli anni ‘30. Fin da bambino il babbo andava
per mare, al largo di Riccione. A 15 anni e mezzo aveva già una barca tutta sua. Durante la pesca, fra una calata e l’altra delle reti, si appollaiava sottocoperta a fare un pisolino. Da tale abitudine venne chiamato “e gher” (il ghiro). Questo soprannome ha contrassegnato la nostra famiglia e anche la nostra attività. Babbo e mamma si sposarono giovanissimi, non senza difficoltà poiché lei, per i suoi genitori, era troppo bambina (aveva appena 16 anni). E il padre pretendeva due damigiane di vino per dare via libera al nulla osta dalla Curia”. Dopo il matrimonio continuarono ad andare a pesca per guadagnare qualche soldo. Caterina, donna forte e coraggiosa, rimasta orfana della mamma quando aveva tre anni, faceva il mozzo a bordo. “Gher” le voleva un gran bene ed era un po’ geloso, così spesso la portava in mare con lui. Nel pomeriggio girava scalza con la bicicletta a mano per le vie di Riccione a smerciare il pescato casa per casa. Una tribolazione. Chi non aveva soldi barattava il pesce con un pollo o alcune uova. Con la nascita di Carlo e Antonio la vita diventò dura, perché tirare avanti con due bambini piccoli e tanta miseria non era facile. La madre dovette continuare a vendere il pesce con un carretto di legno mentre i figli stavano seduti fra le nasse e le reti (Gher
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Abbiamo sempre tirato avanti con passione, con fatica ma anche con divertimento
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Carlo e Sergio Serafini Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
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Cultura e sapori
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I nostri gamberi parlano sicuramente l’italiano, gli altri non so
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era abilissimo nel fare e riparare le reti a tutti pescatori). Poi, nel 1946, arrivò anche il terzo figlio, Sergio, il quale ricorda che una volta, da bambino, vide arrivare a casa il padre, esausto e sporco dopo un giorno e una notte di pesca, che portava un po’ di zanchetti e sardoncini per la famiglia. “Mi disse con voce stremata: Sergio prepara la piastra e metti un po’ di legna nella stufa, poi cadde svenuto a terra per la spossatezza e io pensai che fosse morto. Ho sempre quell’immagine davanti agli occhi, una specie di incubo. Ma da allora ho capito che la vita è fatta di lavoro, di opere buone e di una famiglia unita”. Finalmente la svolta. Lasciamo ancora la parola a Carlo. “Negli anni ‘50, in un giorno di mare in burrasca, andammo con nostra madre in cima al molo di Riccione ad attendere il rientro del babbo e a pregare. Il mare a volte faceva soffrire chi aspettava a terra, non esistevano mica le tecnologie di oggi! La mamma, che aveva l’occhio avanti, osservò il piccolo molo e riandò con la mente alle sobrie festicciole
che si facevano al sabato sulle sue sponde quando sulle barche si cuocevano gli spiedini che attiravano l’attenzione e l’entusiasmo dei primi turisti per la loro fragranza. Pensò tra se e se che sarebbe stato bello creare, proprio lì, un chioschetto dove potere cuocere il pesce ancora sapido di mare per offrirlo ai villeggianti. Così il 7 luglio del 1951, 56 anni fa, iniziammo la nostra piccola attività di ristorazione in una baracca al lume di candela. Il pesce era quello ancora vivo pescato da noi. E proprio allora sono nati i primi spiedini di gamberetti, che poi sono diventati famosi e copiati da tutti”. “Gher” ebbe infatti un’intuizione felice, mutuata dall’esperienza dei vecchi pescatori che sulla spiaggia arrostivano il pesce appena uscito dalle reti, infilzandolo su bastoncini di legno conficcati nella sabbia accanto a un mucchietto di braci. Per “trasferire la spiaggia” accanto alla sua baracca inventò i “foconi”, grandi fornelli rialzati pieni di sabbia con in mezzo un pugno di braci e attorno gli stecchini di gamberetti, calamaretti, seppioline,
Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
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Primi,unici inimitabili
Cultura e sapori
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Resistono dopo quasi 60 anni con immutata fragranza i mitici stecchini infilzati di gamberetti, seppioline, calamaretti e sarde
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sarde e alici piantati verticalmente in modo da ricevere di fianco e non dal basso il calore, mantenendo intatta la loro fragranza. E per insaporirli un po’ e non strinarli si dava, e si dà ancora, una lieve passata nel pane grattugiato impastato con olio d’oliva, sale e pepe, come hanno sempre fatto i vecchi marinai. Al resto del sapore ci ha già pensato il mare, un mare sapido e generoso come l’Adriatico che bagna la Romagna. Un sistema semplice e sano di cottura, il migliore per fare colare il grasso e soprattutto per non bruciacchiare le carni delicate e morbide dei pesci e dei crostacei. Un sistema che i figli e i nipoti di Gher non hanno mai abbandonato. E anche oggi i caratteristici foconi, trafitti di spiedini, continuano a spandere i loro profumi attorno al ristorante sul molo di Riccione e al “Grottino” all’Abissinia. Quella di Gher fu comunque una scommessa contro tutto e contro tutti. Gli altri pescatori si facevano beffe di lui. “Ti metti a fare gli spiedini? Ma vah, i signori non lo mangiano il pesce nei bacchetti”. Una frase che, sentita raccontare da Antonio in romagnolo, suona ancora più simpatica. Invece i “signori”, ossia i primi turisti italiani e stranieri che tornavano ad affluire a Riccione dopo le angosce e i digiuni della guerra, si innamorarono dei suoi incantevoli stecchi infilzati di pesce profumato, specie di gamberetti. “Abbiamo sempre tirato avanti con passione, con fatica ma anche con divertimento – dice sorridendo Carlo - il babbo ci diceva sempre di restare uniti perché solo in questo modo potevamo avere fortuna. Così il chioschetto, chiamato col soprannome del babbo, Gher, a poco a poco si è disteso sul molo ed è diventato un ristorante confortevole. Sono lontani
i ricordi di quando avevamo solo una ghiacciaia in legno, quasi una cassapanca, messa all’esterno e legata con una catena perché non la rubassero. Siccome di sera non potevamo fare troppo tardi (il giorno dopo ci si svegliava all’alba per andare a pescare), lasciavamo il locale in mano ai clienti, tutti amici fidati. Il babbo dava le chiavi a Petr Wan Wood, il noto chitarrista e cantante attivo tra gli anni ’50 e i ‘60. Quando gli chiedemmo perché proprio a lui, il babbo ci rispose: perché “è olandese”, quindi assolutamente affidabile. Fra i nostri amici avevamo comici come Carlo Dapporto, Gino Bramieri, Alighiero Noschese, grande imitatore, e Alvaro Alvisi, formidabile barzellettiere, e tanti cantanti tra cui Domenico Modugno e Adriano Celentano. Spesso si faceva l’alba da noi, sul molo, con la musica di Henghel Gualdi e Nini Rosso. Ma i nomi famosi che si sono affezionati a noi sono tanti: Vasco Rossi, Alberto Tomba, Gigi e Andrea, Paolo Villaggio, Lino Banfi, Valentino Rossi, Nino Abatantuono, Pupi Avati, Jerry Scotti, Pelè, Pavarotti, Gianni Morandi, Helmut Haller, Umberto Smaila e tanti altri. Abbiamo avuto anche tante proposte di aprire ristoranti a Cortina, a Madonna di Campiglio e altrove, ma abbiamo preferito non tradire le nostre radici, non lasciare Riccione. Forse potevamo avviarne da qualche altra parte e poi cederli, ma se un locale lo vuoi gestire bene occorre una grande famiglia che lo segua giorno per giorno come abbiamo fatto e facciamo ancora noi”. Dal ‘51 a oggi i figli di “Gher” non hanno mai ripudiato la tipica cucina romagnola di mare pur con alcune sfiziose concessioni alla creatività. I prodotti sono sempre gli stessi, ossia pesce e ingredienti di qualità, e identico è il metodo di cottura al carbone, come una volta. A dar man forte sono i figli di Carlo (un maschio e tre femmine di cui una, Silvia, abilissima pasticcera, e un’altra, Susy che sta in cucina con la mamma Tiziana) e i suoi nipoti (tre maschi e tre femmine fra cui Cecilia che lavora al bar) come pure i figli di Sergio (una femmina e un maschio e un nipote) Dove gli eredi di “Gher” non transigono è sulla freschezza della materia prima che deve profumare ancora di mare. E questo avviene sia nel ristorante sul molo che al “Grottino di Gher” all’Abissinia, che fa rivivere non solo nel nome ma anche nei suoi irresistibili sapori di mare, il ricordo del simIl Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
patico pescatore, famoso anche per le sue burle. Come quella di attaccare un pesce ragno all’amo e poi fingere di tirarlo su dall’acqua senza riuscire a staccarlo finché qualche malcapitato turista, impietosito, gli veniva in aiuto, beccandosi una bruciante puntura. Lo racconta sorridendo Antonio, il gemello di Carlo, che oggi nel “Grottino” è coadiuvato dalla moglie Ada, da Rudy, il secondo maschio di una nidiata di 5 figli (tre femmine, Sonia, Sandra e Cristina e l’altro maschio, Stefano, classe 1978, DJ famoso in Italia e all’estero), e dal nipote Giacomo, fresco laureato in ingegneria ma con la vocazione del ristoratore. Antonio prepara ogni giorno un mucchio di spiedini con tutti i pesci possibili, poveri o raffinati: gamberi, calamaretti, seppioline, saraghine, sardoncini, cannelli, cozze, cappe sante, galere, triglie, code di rospo, zanchetti, moletti e chi più ne ha più ne metta. “Cerco di fare ciò che non fanno gli altri”, dice Antonio che è un abilissimo “sfilettatore”, uno che ha un’autentica vocazione per eviscerare, diliscare e staccare i filetti dai pesci. Il ben di Dio che mette a rosolare lentamente sul caratteristico focone è un’autentica orgia del gusto, che non finisce mai di stupire e che dona uno stato di grazia a chi l’assapora. I suoi morbidi gamberetti sono quelli siciliani di Mazara del Vallo, i migliori del mondo, gli stessi procurati dal pescatore che da oltre mezzo secolo li fornisce al ristorante “Gher” sul molo e che ne hanno decretato il successo fin dai suoi primi passi. “I nostri gamberi parlano sicuramente l’italiano, gli altri non so”, osserva sempre Antonio con un pizzico d’orgoglio. Pur essendo un grande intenditore di pesci, per ironia della sorte ha un rapporto conflittuale col mare: “sono andato una volta sola a pesca con mio padre e mi sono preso una terribile paura tanto che gli ho detto: se torno a terra non mi vedi più”! Anche al “Grottino” campeggia il grande focone con la sabbia e le braci che è uno dei segreti per dare gusto al pesce e spandere un soave profumo tutt’attorno. È lo stesso focone che fa ancora bella mostra nella “casa madre”, il ristorante dei fratelli Carlo e Sergio sul molo e che una volta fece prendere al buon Gher un terribile spavento quando se lo vide esplodere sotto mandando all’aria tutti gli spiedini. A gettare il petardo fu un altro riccionese doc, Gabriele Fabbri, famoso per i suoi scherzi goliardici, oggi impeccabile collezionista di auto d’epoca e proprietario dell’Hotel Promenade sul Lungomare, noto per il suo “Pranha”, il centro di remise en forme con tanto di grotta bizantina e massaggi energetici su letti di pietre preziose diretto da Carla Aghito. Terminiamo qui, ma ci sarebbero ancora tante cose da raccontare, questa storia di una famiglia romagnola di mare. È la storia di una scommessa vincente, quella fatta da “Gher” e da Caterina agli esordi del boom turistico della riviera di Romagna. Oggi la storia continua. Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Ruché
Cultura, passione, tradizione
di Castagnole Monferrato d.o.c.
“L’accento”
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8000 bottiglie l’anno provenienti dal Vigneto maggiormente vocato all’esposizione solare, vendemmia in leggera sovra-maturazione con una pre-macerazione a freddo per esaltare le componenti aromatiche di questo affascinante autoctono del Monferrato. Misteriose ed uniche armonie…
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L’INTERVISTA
Intervista al
Ministro dell’Agricoltura di Roberto Rabachino
Luca Luca Zaia Zaia Ministro, Lei è veneto. Viene da una Regione di grande tradizione vitivinicola che riesce ad ottenere risultati notevoli tanto nel vino da tavola che in quello di qualità. Prima di essere Ministro, è stato vicepresidente ed assessore all’agricoltura della sua regione. Ci spiega questo successo? Quasi il 30% del vino italiano che raggiunge i mercati esteri è prodotto in Veneto, regione tradizionalmente produttrice di vino, come Piemonte, Toscana e Trentino. Il Veneto produce il 15% del vino italiano, ottenuto da vigne che si estendono per 71 mila ettari. E, di questa produzione, il 30%, per un totale di quasi 2 milioni e 330 mila ettolitri, è costituito da vini a Denominazione d’Origine Controllata o DOC Garantita. Un terzo della produzione italiana di vini IGT, cioè con Indicazione Geografica Tipica, è prodotto in Veneto. E soltanto poco più del 10% dei vini veneti sono definibili “da tavola”, per poco più di 800 mila ettolitri. Anche in quest’ultimo caso, si tratta spesso di vini di altissimo pregio. Qualità e quantità, ma anche varietà della scelta consentono al Veneto di primeggiare nel settore. L’enologia veneta è in grado di offrire ai più alti livelli vini di ogni genere e storia, in un sapiente
accostamento fra tradizione, innovazione e ricerca, che permettono al vino veneto di farsi degustare e amare da tutti. Il successo è dovuto al lavoro degli imprenditori agricoli, alla passione che ci mettono e anche alla consapevolezza, qui più diffusa che altrove, che il vino e il suo legame con il territorio dov’è prodotto vadano sostenuti e promossi per far crescere il nuovo turismo: quello enogastronomico. A proposito di OCM vino, cosa ne pensa Ministro? A Bruxelles, lo scorso anno, si è conclusa una difficile trattativa che non ha sgombrato il campo da molte minacce per il nostro settore vitivinicolo. Per alcune questioni sono ancora aperti tavoli di trattativa a Bruxelles e su questo fronte agiremo per difendere fino in fondo la qualità vitivinicola italiana e il suo legame con i territori. Per il resto, gli sforzi sono ora concentrati sulle norme applicative della OCM. Sono certo che troveremo il modo di cogliere e valorizzare le opportunità di sviluppo per le nostre produzioni vitivinicole. Occorre uno sforzo corale di tutti gli attori della filiera per far comprendere alla Commissione Europea l’importanza del settore vitivinicolo italiano, di lunghissima tradizione, nella nostra economia. A quando la DOC per il prosecco? Mi auguro presto. Al momento i produttori stanno definendo un accordo per redigere il disciplinare necessario a far partire la procedura e tutto l’iter dovrà completarsi entro luglio 2009, termine dopo il quale scatteranno definitivamente le nuove norme europee. Per questo, aspetto fiducioso la loro richiesta. Gli uffici del Mipaaf seguiranno poi con grande attenzione tutta la procedura. Del resto, il riconoscimento della DOC Prosecco è indispensabile per tutelare questo nome dalla concorrenza internazionale, una tutela che intendiamo garantire, con strumenti adeguati, anche al valore e alla qualità superiore delle DOC storiche, delle quali, per restare in Veneto, quella di Conegliano Valdobbiadene rappresenta una delle punte di eccellenza. Nella vendemmia di quest’anno, l’Italia ha superato la Francia. Cosa fare per crescere ancora? Puntare su investimenti e servizi, da affiancare ad una forte presenza istituzionale nella promozione internazionale dei nostri vini. Sono questi i
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L’INTERVISTA
Biografia del Ministro Luca Zaia Luca Zaia nasce 40 anni fa a Conegliano, in provincia di Treviso. È sposato dal 1998 e risiede a Bibano di Godega di Sant’Urbano, nella sinistra Piave trevigiana. Si è diplomato nel 1987 alla Scuola Enologica “G.B. Cerletti” di Conegliano e laureato nel 1993 all’università di Udine, in scienze della produzione animale. Ha frequentato inoltre il corso I.F.A. (Istituto di Formazione Assicurativa) alla C.C.I.A.A. e il corso per Manager del professor Mario Unnia.
tre assi di intervento principali sui quali dovremo muoverci per supportare efficacemente le imprese vitivinicole italiane. Che, nonostante il rafforzamento dell’euro e la difficile congiuntura economica di questi ultimi anni, hanno raggiunto e superato il traguardo dei tre miliardi di euro di export all’anno. Bisogna comunque sempre ricordare che l’Italia ha preferito la qualità alla quantità e continuerà a muoversi in questa direzione. Quest’anno è stato particolarmente delicato, nel settore vitivinicolo, anche per le inchieste della magistratura che hanno travolto Brunello e Montepulciano. Un danno di immagine recuperabile? Assolutamente. Soprattutto perché quanto accertato finora dimostra un mancato rispetto dei disciplinari di produzione. Nessun problema di sicurezza alimentare dunque. Recentemente, a margine del Vinitaly US Tour 2008 a Washington, il Ministero, insieme all’Ambasciata italiana, ha organizzato un seminario per illustrare l’efficacia del doppio sistema italiano di controlli sul vino ad un pubblico di oltre 400 operatori statunitensi del settore e alle autorità americane, in particolare ai responsabili del TTB (Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau, Department of Treasury) e del USTR (US Trade Representative), incaricati della difesa del Consumatore. Abbiamo fatto conoscere il vero fiore all’occhiello del sistema di controllo predisposto dalla Federdoc in collaborazione con l’ICQ, e denominato ‘tracciabilità informatica presso gli operatori di filiera, che consente di sapere tutto su ogni bottiglia di vino acquistata. Gli americani amano il cibo e i vini italiani. E credo continueranno ad amarli. Come del resto sembrano amarli anche i giovani italiani… Il vino è senza dubbio un concentrato di storia, attraverso il quale far conoscere i territori del nostro Paese, ma è anche un motivo per creare, con senso di responsabilità, piacevoli momenti di convivialità. È importante sensibilizzare i giovani ad un consumo moderato, consapevole di vino di qualità, come il Mipaaf, in collaborazione con Enoteca Italiana, Università e Regioni, sta facendo con la campagna “Vino e Giovani”, rivolta ai ragazzi fra i 18 e i 30 anni. Le iniziative che coinvolgono i giovani sono strategiche per insegnare a scegliere e consumare il vino e consentire così anche la crescita futura del comparto enologico. (Il mio personale ringraziamento a Paola Ancora e Menichetti Sabrina dell’Ufficio del Portavoce del Ministro. RR) Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
È eletto, nel 1993, a 25 anni, nelle file della Lega Nord Liga Veneta come Consigliere Comunale di Godega di Sant’Urbano. Nel 1995 è Consigliere Provinciale e Assessore all’Agricoltura. Nel 1998 diventa presidente della Provincia di Treviso. È il presidente di Provincia più giovane d’Italia. Nel 2002 viene riconfermato presidente di una giunta monocolore. Durante la sua presidenza ha avviato un processo di applicazione di management privato ad un ente pubblico. Ha poi voluto introdurre nei bilanci provinciali la cosiddetta “finanza creativa”: swap e rating. Prima conseguenza la quotazione della Provincia di Treviso sui mercati internazionali. Da rilevare l’acquisto dell’ex ospedale psichiatrico S. Artemio che diverrà la nuova sede della Provincia e comporterà un’importante opera di redistribuzione della logistica istituzionale e viaria, alla quale vanno aggiunti i 67 ettari di terreno in cui è immersa la struttura che si trasformeranno in Ecoparco. Il Piano Strategico della Provincia di Treviso ha coinvolto le più importanti città d’Europa (Barcellona, Francoforte, Lione, Stoccolma, Glasgow, Valencia, Siviglia). L’importante progetto di programmazione ha saputo mettere in rete tutti gli interlocutori strategici. Il progetto pilota nazionale ed Europeo di sicurezza stradale, il progetto rotatorie e la messa in sicurezza della viabilità sono stati importanti per la messa in sicurezza del traffico. La sua profonda fiducia nel grande potenziale turistico della Marca lo ha convinto a investire energie nello sviluppo di questo settore, puntando sul Piano Territoriale del Turismo con un vero e proprio progetto di marketing. L’impegno è stato ricompensato con il boom di turisti conosciuto dalla Marca negli ultimi anni e perseguito tramite la promozione di prodotti tipici della Marca e la valorizzazione degli agriturismi. Sempre in primo piano l’interesse per la salvaguardia delle tradizioni, della cultura e della lingua, l’attenzione per il futuro della propria Comunità che si concretizza anche nella realizzazione di Istituti scolastici e nell’istituzione e promozione di corsi di formazione. È anche ideatore dello Sportello Agricolo Informativo Provinciale; promotore della costituzione del Consorzio di Tutela del Radicchio di Treviso e Castelfranco Veneto; sostenitore di iniziative a favore dell’olivicoltura e della castanicoltura. Ha attivato iniziative per il lancio della Scuola Enologica di Conegliano ed è fautore del Corso di laurea in Enologia, la prima in Italia. In questi anni ha rivestito anche l’incarico di Presidente dell’URPV (Unione Regionale delle Province del Veneto). È stato vicepresidente della Giunta Regionale del Veneto dal giugno 2005 fino al maggio del 2008, con deleghe alle politiche del turismo, alle politiche dell’agricoltura e zootecnia, al piano di sviluppo rurale, al programma comunitario LEADER, all’economia e sviluppo montano, alle attività promozionali e commercio estero, all’identità veneta e alla promozione integrata. Il Ministro Luca Zaia è socio onorario della Delegazione Fisar di Treviso
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Degustandibus
di Piera Genta
fotografie di Alberto Doria
Tante sono le sollecitazioni che ci ha offerto l’edizione appena conclusa del Salone del Gusto e Terra Madre. Sicuramente tante quante i quasi 300 presidi, tra quelli italiani e quelli stranieri, ben 45 i paesi presenti che testimoniamo il grande valore dell’umanità agricola, valore ben più importante del prodotto stesso.
Il gusto di scoprire scoprire Senza un percorso definito, ma spinta solo dal gusto di scoprire e conoscere condivido con voi le mie esperienze. Inizio dal primo presidio del Portogallo, il chouriço di Mirandesa prodotto con carne di vacca Mirandesa (un bovino dal mantello marrone, dal vistoso ciuffo sulla fronte e larghe corna, che si alleva nel Nordest del paese, nei dintorni di Mirando do Douro) e con pancetta di maiale Bísaro (altra razza autoctona, pezzato nero con grandi orecchie cascanti allevato allo stato semi-brado).
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Fare il vino è semplice, si fa da solo; il vino è qualcosa di vivo, si evolve, respira
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Il bovino è tutelato da una Dop e, sebbene gli animali siano in crescita numerica, la salsiccia è sempre più rara, perché la sua preparazione è lunga e complicata: le carni bovine in proporzione variabile, a seconda delle abitudini, dal 50 al 70% del totale, sono tagliate al coltello e amalgamate alla pancetta, anch’essa sminuzzata grossolanamente.
L’impasto macera in un’infusione di vino o semplicemente di acqua, con sale, aglio, peperone dolce e piccante macinato e foglie di alloro. Dopo 24-36 ore si estrae e si insacca nel budello fine del maiale, legandola con lo spago. Quindi il chouriço va in un locale dove arde un fuoco di legna e resta ad asciugare e affumicare per tre, quattro giorni. Una volta perfettamente asciutta, può essere consumata: raramente cruda, meglio arrostita alla brace o lessata. Proseguo con le uove azzurre ed anche verdoline, peccato non d’oro! Il colore del guscio è dato da un gene legato ad una razza particolare di polli, l’Araucana, il nome con cui gli Spagnoli hanno chiamato gli indios Mapuche che vivono abbastanza numerosi nell’area di Temuco nel Cile del sud. Non è ancora chiaro se si tratti di una razza autoctona o di una mutazione di polli portati in America dai conquistadores. Si tratta di animali rustici insofferenti all’allevamento intensivo. Certo è che non sono mai state individuate in altre parti del mondo uova dal colore verde-azzurro: tuorlo grande, adatto a Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Degustandibus
tutte le preparazioni, ma le sue caratteristiche sono esaltate quando viene conservato il guscio, per esempio l’uovo alla coque. Sono dodici le allevatrici riunite nell’Associazione delle Curadoras de semillas, figure fondamentali nell’economia agricola, poiché custodi della biodiversità vegetale ed animale di quelle regioni. Oltre alle galline, le curadoras preservano varietà locali di patate, quinoa, erbe aromatiche, come il merquèn, il condimento dei Mapuche, un saporita miscela di sostanze aromatiche molto profumata, il cui ingrediente principale è l’aji, un peperoncino lungo, arcuato, localmente chiamato caciocavra perché ricorda le corne ircine. Si raccoglie nel mese di febbraio, viene essiccato al sole, affumicato sopra il fuoco dentro cesti di vimini appesi al soffitto e macinato finemente. Al peperoncino, in misura del 70%, viene aggiunto il cilantro, anch’esso affumicato e macinato, e sale marino. La polvere così ottenuta serve per insaporire zuppe, carni, frittate ed insalate. Rimango ancora un poco in America Latina, in Brasile per la precisione, per uno sguardo all’albero che dà da bere, ovvero l’umbù, nel dialetto degli indios tupi-guarani. Questo particolare albero ha un apparato radicale strutturato in modo che nella stagione delle piogge riesce ad immagazzinare anche duetremila litri d’acqua, ha un ciclo produttivo che continua fino all’età di circa 200 anni e produce circa 300 kg. di frutti tondi, di colore verde o giallo con una polpa succosa ed aromatica, ricchi di vitamina C che si consumano freschi oppure trasformati in numerosi tipi di conserve: gelatine, cotognata, marmellate.
est della Spagna, considerato tra i migliori per le condizioni geo-climatiche della zona. Lo zafferano ovvero il crocus sativus è stato introdotto nella penisola iberica più di mille anni fa dagli Arabi, ma sul suo utilizzo ci sono riscontri già sui papiri, nel Cantico dei Cantici e nell’Iliade. I produttori sono riuniti in una Associazione ed oltre alla preziosa polvere era presente il liquore, il cioccolato al latte con zafferano ed un formaggio. Dopo tanto gustare è arrivato il momento di scoprire le rarità vinicole. Ho una predilezione per i passiti e non potevo non fermarmi ad assaggiare la Malvasia di Sitges, un antico borgo di pescatori a soli 20 minuti da Barcellona. Si tratta di una vera e propria varietà di malvasia, che rientra fra le quasi cento internazionalmente riconosciute, ma oggi ne esistono pochi ettari vinificati come cento anni fa, seguendo le volontà testamentarie dell’ultimo erede della casa Llopis, una delle più antiche di Sitges. Se ne producono appena 4.000 bottiglie. Dalla biodiversità internazionale a un progetto di marketing territoriale promosso dalla Provincia di Ancona e dalla Diputación de Valladolid (Spagna) in collaborazione con le rispettive Camere di Commercio, ovvero la rete europe dei vini a tonalità verde. Si tratta di una iniziativa nata nel 2004 per collegare tutta la fascia dell’area meridionale dell’Europa quando il Verdicchio ha incontrato il suo omologo spagnolo, il Verdejo, a cui presto si è aggiunto lo sloveno Zélen ed il Vinho verde portoghese. Una interessante degustazione di zelen di un produttore aderente al Consorzio dei produttori della valle del Vipava, nella Slovenia Occidentale dove la vite era presente già al tempo dei romani.
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Lo zelen era la bevanda degli aristocratici
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Mi avvicino all’Europa ed incontro lo Zafferano di Jiloca, in Aragona nel nord-
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Degustandibus
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Ogni annata è differente, occorre adattarsi alla natura ecco perché questo lavoro è interessante ed anche difficile
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Lo zelen, citato già nel 1844 in un trattato di viticoltura, è un vino prodotto dal vitigno autoctono che porta lo stesso nome. Con colorito leggermente verde, profumo intenso di frutta e fiori e un gusto armonico. Era la bevanda degli aristocratici. Il progetto si pone l’obiettivo di incrociare tutti questi territori per organizzare iniziative comuni di sviluppo, conoscenza e promozione dei relativi territori e prodotti.
Non potevo tralasciare le iniziative collaterali e grazie al suggerimento di un amico americano ho incontrato un carismatico personaggio: Serge Hochar, produttore di vini in Libano, Chateau Musar. Il mio vino è la mia anima mi racconta Mr. Hochar durante una piacevole conversazione. Persona enigmatica, decisa, filosofo e uomo d’affari, determinata a raccontare, a rispondere alle mie domande, ma attento alle risposte.
Serge Hochar
È a Torino di passaggio, arrivato da una degustazione a New York ed in procinto di andare a Dubai. Chateau Musar fondata nel 1930 si trova in un castello del XVIII secolo nel Ghazir, una localita a soli 20 chilometri a nord di Beirut nella valle della Bekaa in un territorio devastato dalla guerra ma, complici i terreni argillosi, sabbiosi e ghiaiosi a cui non mancano le precipitazioni abbondanti, è un buon ambiente per la vite. Vini unici dallo stile particolare, che devono aspettare oltre 15 anni per essere pronti, ma che possono invecchiare per più di 30 anni. I rossi un blend di Cabernet Sauvignan, Cinsault, Carignan, Grenache e Mourvedre; i bianchi da varietà autoctone come il Merwah (che ricorda il Sémillon) e l’Obaideh (antenato dello Chardonnay). Ogni annata è differente, occorre adattarsi alla natura ecco perché questo lavoro è interessante ed anche difficile. Fare il vino è semplice, si fa da solo; il vino è qualcosa di vivo, si evolve, respira. Non aggiungiamo niente, da noi tutto è biologico ed è il terreno, il clima del Libano dove la vite ha una storia di 5000 anni che fa la differenza. L’assaggio di uno straordinario Chateau Musar 1961, fatto troppo in fretta per poterlo capire, mi ha lasciato senza parole.
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Girovagando
È il sole uno degli ingredienti principali del vino di Malaga, un vino millenario che viene chiamato “sole di Spagna” e che del sole ha la calda suggestione.
di Enza Bettelli
Malaga, Malaga un romatico vino d’altri tempi Malaga è una città che conquista il visitatore con la rilassante atmosfera tra il moderno e l’antico che avvolge le sue stradine, i palazzi antichi, le bottegucce che si alternano a negozi moderni ed eleganti e il magnifico parco che si snoda parallelo al lungomare. Situata nel sud della Spagna, famosa per aver dato i natali al geniale Pablo (Picasso) e, in tempi più recenti, al bell’Antonio (Banderas) e per la canzone di Fred (Bongusto), Malaga è conosciuta ai più per l’uva passita e per il vino che viene prodotto nella regione all’incirca dal 600 A.C. I vitigni utilizzati sono il Pedro Ximénez e il Moscatel impiantati nel territorio della provincia, ma per ottenere la Denominazione di Origine il vino deve essere invecchiato a Malaga. Il vino di Malaga è prodotto in varie tipologie, cioè secco, semisecco o dolce e poi bianco, rosso, rosato e viene classificato in vini liquorosi, vini dolci naturali e vini naturalmente dolci. Per il Malaga dolce, dal caratteristico colore ambrato scuro o giallo, le uve vengono raccolte e fatte appassire al sole e in seguito la fermentazione del mosto viene bloccata mediante aggiunta di alcol di vino. Tutte le tipologie di vino vengono poi lasciate invec-
chiare in botti di rovere con il metodo Solera, tipico della confinante zona viticola di Jerez. Nelle barrique sistemate a piramide il vino nuovo viene posto in quelle più in alto e man mano nelle file sottostanti, a crescere, i vini delle altre annate per terminare con il vino Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
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Girovagando
3 anni, Málaga Añejo da 3 a 5 anni, Málaga Trasañejo più di 5 anni. Se non sono invecchiati i vini bianchi prendono il nome di Málaga Pálido.
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Il vino di Malaga è prodotto in varie tipologie, cioè secco, semisecco o dolce e poi bianco, rosso, rosato e viene classificato in vini liquorosi, vini dolci naturali e vini naturalmente dolci
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più vecchio nella fila più in basso. Quando il vino più vecchio è pronto per essere imbottigliato le barrique non vengono svuotate del tutto e vengono rabboccate con il vino delle barrique della fila immediatamente superiore, che a loro volta vengono riempite con parte del vino della fila sopra e così via. In questo modo nelle cantine più antiche ci sono barrique che hanno residui di vino che risalgono fino a 50 anni fa. L’invecchiamento è fondamentale per il vino di Malaga e ne determina anche una ulteriore classificazione: Málaga da 6 a 24 mesi, Málaga Noble da 2 a
Sensazioni che non si dimenticano Ugualmente variegate le sensazioni alla degustazione che si intensificano con l’aumentare dell’invecchiamento. Il Pálido è di colore giallo, gusto pieno e fruttato con toni amarognoli. I Malaga invecchiati dal giallo arrivano al quasi nero con sfumature intermedie che vanno dal dorato al rossiccio al rosso scuro con aroma di frutta candita, liquorosa, caramellata e secca con punte di liquirizia e caramello. Non manca quindi la scelta per accompagnare i piatti della cucina di Malaga. Il Malaga secco accompagna le tapas, che sono nate proprio qui in Andalusia, e le mandorle salate e alcuni piatti di pesce entrambi specialità di Malaga, compresi i tipici spiedini cotti sulla brace in riva al mare. Il Malaga dolce, ottimo da dessert, è servito talvolta come aperitivo e quello più invecchiato con i formaggi stagionati. La tradizione vuole che il vino nella botte venga prelevato e versato con un bicchierino di metallo fissato all’estremità di un’asta flessibile che ricorda quello usato per spegnere le candele in chiesa.
Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Girovagando
Che cosa ci vuole per fare una botte? Niente che già non si trovi in natura: il legno, figlio della terra, l’aria, il fuoco, l’acqua e… l’insostituibile lavoro delle mani dell’uomo! di Silvana Delfuoco
Tonnellerie d’Archiac Archiac: è nato prima il vino o la botte? Pluridecorata negli anni con 5 medaglie d’oro “Meilleur ouvrier de France”; una clientela di nomi illustri (uno per tutti: la distilleria Martell); più di mezzo secolo d’esperienza nella fabbricazione di tonnelet, fûts, cuve tronconique alle spalle: tutto questo è la Tonnellerie Allary di Archiac! Certo, viene subito da pensare, sarà tutto merito di una tecnologia avanzatissima, dove sofisticati macchinari, controllati da un esiguo personale super-specializzato, realizzano in tempi da record prodotti algidamente impeccabili. E l’impressionante numero di “palettes” di legno accatastato (3300 al momento della nostra visita), che fanno bella mostra di sé sul piazzale antistante l’azienda, lasciate lì a stagionare in attesa che arrivi il loro momento, non può che esserne la conferma. Quale è stata, allora, la nostra sorpresa, quando siamo entrati in quello che ci è subito apparso come un semplice laboratorio, dalle dimensioni davvero ampie ma anche dall’andamento quasi artigianale, dove il tempo sembrava essersi miracolosamente fermato. L’atmosfera all’interno dei capannoni dove avviene la costruzione delle botti richiama infatti quella delle vecchie “botteghe”, in cui è l’esperienza del lavorante più anziano a guidare il tutto, trasmettendosi con naturalezza ai più giovani in un clima disteso e collaborativo. Mentre ne osserviamo i movimenti, sicuri e precisi senza mai essere impersonali, pensiamo che in fondo il lavoro di questi uomini non fa che coniugare con intelligenza le esigenze del mercato con l’insostituibile valore Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
della tradizione, a cui certo appartiene la fabbricazione della prima botte. Per conoscere la data di questo lontano evento dobbiamo risalire davvero molto indietro, almeno alla notte dei tempi, all’epoca della nascita del vino, a cui il destino della botte è
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Alla Tonnellerie Allary arriva quindi legno da varie zone della Francia
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indissolubilmente legato: entrambi figli della terra e delle mani dell’uomo. Un piccolo distinguo è però necessario. Mentre per fare un buon vino è fondamentale mantenere il rapporto con il terroir dove cresce il vigneto, il legno che dà origine alle botti non arriva quasi mai dai dintorni delle tonnellerie. Per un giusto prodotto finale è indispensabile infatti lavorare con legname di qualità diverse, anche quando, come succede qui ad Archiac, la scelta della materia prima ha volutamente un solo nome: chêne .
SCHEDA TECNICA 225 litri 300 litri 400 litri 500 litri lunghezza 95 cm diametro bordo 55 cm diametro centro 70 cm spessore 2,7 cm n° cerchi zincati 6 diametro tappo 5 cm peso 55 kg
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98 cm 65 cm 80 cm 2,7 cm 8 5 cm 70 kg
105 cm 71 cm 86 cm 2,7 cm 8 5 cm 80 kg
110cm 78 cm 95 cm 2,7 cm 8 5 cm 90 kg
Alla Tonnellerie Allary arriva quindi legno da varie zone della Francia. Dai Vosges, dall’Allier e dalla Nièvre, per la fabbricazione delle botti da vino (la chêne di queste zone ha grana più fine); dal Limousin quello a grana più grossa, utilizzato per le botti da alcolici. Detto questo, basta poi seguire il processo di lavorazione di una botte per convincersi che, davvero, come avviene per la nascita del vino, non c’è nulla di più…“naturale”. Il legno grezzo si trasforma in prodotto finito grazie alla sua interazione con quegli elementi primordiali che, già secondo gli antichi Greci, costituivano insieme con la terra l’essenza stessa dell’universo: l’aria, l’acqua, il fuoco. Curiosamente, qui, per fare le botti, ci vogliono proprio tutti e quattro! Dopo la terra, che dà il suo contributo in quanto madre del legno, viene l’aria, lo pneuma vitale. È infatti per l’intervento dell’aria atmosferica che i merrain, le travi lasciate per almeno due anni esposte alle intemperie, si liberano da ogni traccia di amertume e si preparano ad essere trasformate in douelle, le doghe delle future botti. Poi c’è l’opera del fuoco, che con la sua forza rigeneratrice interviene nell’indispensabile processo di tostatura, momento fondamentale nella nascita di una botte. È infatti così che il legno delle doghe “prende colore”, caratterizzandosi con quelle sfumature sempre uguali e al tempo stesso sempre diverse, come uguali e diverse sono le esigenze del
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committente. Se infatti a fare la differenza intervengono le diverse tipologie del legno (chêne innanzitutto, ma in certi casi anche acacia, castagno selvatico, rovere americano…) e la diversità della “grana”, è l’abilità del maestro artigiano a determinare la gradazione del colore finale, perché sia croce o delizia dei futuri bouquet. A lavoro quasi ultimato, come per un antico bagno purificatore, viene il momento dell’acqua. Si riempiono le botti per fare il controllo finale della loro tenuta, ed è sempre con
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l’acqua, unita alla farina (altra figlia della terra!) che si fa il collante, anche lui naturale, usato per chiudere i fusti. E se una botte, come tutti sanno, era stata la casa che aveva scelto per sé il filosofo Diogene, forse non tutti conoscono l’uso che delle botti facevano i seguaci di Robespierre durante la Rivoluzione francese: dalle loro barrique, accatastate per le vie di Parigi, sono nate tutte le future… barricate! Come sempre, quando si parla del vino e dei suoi accessori, i francesi fanno scuola!
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per fare un buon vino è fondamentale mantenere il rapporto con il terroir dove cresce il vigneto
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Degustandibus
Sole, mare, avventura e cucina fragrante nel nord est del Brasile
di Giancarlo Roversi
Il paradiso ritrovato Esistono ancora gli angoli di paradiso su questa terra? Esiste davvero qualche luogo remoto ancora in grado di offrire un mix di sensazioni eccitanti e ricco di imprevisti? SĂŹ, basta andare nel nord est del Brasile, tra
Parnaiba e Camocim, negli stati di PiauĂ e del CearĂ , per provare una raffica di emozioni che lasciano un ricordo indimenticabile e uno struggente desiderio di tornare a riviverle per rigenerare le proprie radici ritrovate
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E se, dopo avere gioiosamente girovagato in dune-buggy su e giù per le dune o lungo interminabili spiagge atlantiche deserte, si ha la ventura di giungere in un villaggio costiero unico al mondo e di imbattersi in alcuni operatori turistici romagnoli che vi hanno piantato le tende il gioco è fatto. Ma facciamo un passo indietro per lasciare un briciolo di suspence al nostro racconto. Punto di approdo, dopo la traversata dell’Atlantico sugli aerei di Livingston Air o di Italy Air con scalo a Fortaleza (ma da fine anno anche nel comodissimo aeroporto di Parnaiba che evita lunghi trasferimenti in pullman) è il piccolo centro peschereccio di Camocim con la sua vita semplice marinara, le barche a vele variopinte, il profumo di pesce fresco e, soprattutto con il “Boa Vista Resort”, uno splendido complesso alberghiero che è il punto di riferimento per ogni escursione alla scoperta della costa atlantica, sia a nord che a sud (tel. 0055 88 36219888; www.boavistaresort.com.br). Creato nel 2002 dalla passione di Roberto Ferroli, dinamico imprenditore veronese, che ne ha fatto la più lussuosa e invitante struttura del Nordest brasiliano, sorge nel cuore di una delle più belle macro regioni turistiche della “Costa do Sol Poente”, proprio di fonte all’Isola dell’Amore. Un struttura con tutti i comfort secondo uno stile e una filosofia tipicamente italiani, comprendente un centro
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Sapori suadenti e delicati, leggeri e sfiziosi che si possono godere un po’ in tutte le “baracche” che di tanto in tanto spuntano sulle spiagge
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benessere, sale congressi, discoteca. Punto di forza anche la cucina, fragrante, gustosa e salutare su cui vigila con attenzione Ugo Covin, l’impeccabile direttore padovano dell’albergo, ma anche timoniere del vicino
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Degustandibus
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scivolare in barca sulle acque del Delta del Parnaiba a tu per tu con gli animali selvaggi
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ristorante tipico il “Pargo frito” a strapiombo sul mare. Una cucina che ha i suoi punti di forza nei deliziosi pesci catturati ogni mattina dai pescatori di Camocin con la loro variopinta flotta di imbarcazioni a vela (un autentico spettacolo attenderli all’approdo sulla spiaggia accompagnato da colpi di petardo quando una barca ha fatto un grosso bottino). Senza dimenticare la carne gustosa proveniente da animali allevati in zona e l’inimitabile frutta tropicale. Ben assortita anche la carta dei vini con alcune fra le migliori cantine italiane, ma anche una scelta di buone etichette di altri Paesi europei e latino americani. Non mancano naturalmente i sapidi vini brasiliani, quelli pro-
dotti, soprattutto da emigrati italiani, nel sud est del Paese, specie quelli della regione del Rio Grande do Sul a Bento Bento Golçalves. Ma non basta. A breve distanza dal Boa Vista, in faccia a una immensa spiaggia sull’Atlantico, c’è anche il Beach Club dell’hotel raggiungibile con una curiosa corriera in legno anni 20. È dotato di una bella piscina, di un piacevole ristorante che prepara piatti stuzzicanti e salutari, ma anche di alcune stanze per chi ama una full immer-
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sion nell’ambiente marino lontano da qualsiasi clamore. La sabbia bianca e fine ed il mare calmo e trasparente danno la sensazione vivere un’esperienza indimenticabile in un vero angolo di paradiso, uno degli ultimi del nostro pianeta. A renderlo tale sono l’ambiente incontaminato e la possibilità di immergersi ogni giorno in un’emozione diversa: fare lunghe scorribande in fuoristrada sulle sconfinate e deserte spiagge oceaniche, accarezzati dal sole e sferzati dal vento che consente di non soffrire mai il caldo nonostante ci si trovi proprio all’equatore. Ma anche provare l’emozione delle montagne russe e zigzagare spensieratamente sulle dune di quello che è viene chiamato con una felice definizione il Sahara brasiliano, ma con una marcia in più e non di poco conto: qui l’acqua c’è, ci sono fiumi e laghi, c’è il mare, c’è vita e c’è la gente cordiale e ospitale. E il paesaggio è tutt’altro che monocorde: è un alternarsi continuo di panorami sconvolgenti: dune, laghi costieri, piccoli villaggi, somarelli, maiali e buoi solitari che pascolano lungo l’arenile o nelle lande dell’interno. Si può godere la natura intatta e bucolica della Praia do Xavier, un pittoresco villaggio di pescatori, oppure la meravigliosa ricchezza naturale della Barra dos Remédios con il suo variegato ecosistema. Senza dimenticare di scivolare in barca sulle acque del Delta del Parnaiba a tu per tu con gli animali selvaggi o di sostare sulle rive dell’incantevole Lago Verde a Tatajuba, una delle più belle spiagge del Nord Est. O infine scoprire piccoli borghi marinari incredibilmente affascinanti come Jericoacoara, una pietra preziosa fra dune, alberi di cocco, magnifiche formazioni rocciose, laghi di acqua dolce e trasparente. Fino a 30 anni fa era uno sperduto villaggio di pescatori, ribattezzato Jeri dai primi hippy che lo scoprirono. Oggi mantiene ancora tutto il suo incanto con la sua spiaggia, una delle più belle del mondo. Oltre alla possibilità di praticare tutti gli sport nautici offre tanti negozietti con arzille signore che propongono i loro prodotti artigianali di grande raffinatezza specie quelli tessuti a mano. Ma pure con ristoranti dove è possibile gustare piatti incantevoli a base di pesce come la zuppa di gamberetti (insopada de camarao), insalate a piacere, aragoste, pargo arrostito (un pesce locale squisito). Sapori suadenti e delicati, leggeri e sfiziosi che si
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possono godere un po’ in tutte le “baracche” che di tanto in tanto spuntano sulle spiagge e dove la gentilezza e la disponibilità dei gestori è davvero inappuntabile perché i brasiliani hanno una grande e ammaliante carica umana, che piace molto agli italiani. E proprio in questo scenario una inattesa scoperta. Che gli operatori turistici romagnoli siano famosi ovunque per il loro dinamismo è notorio, ma trovarli anche qui in capo al mondo sulla gobba semideserta del Brasile fa molto effetto. Sotto le loro cure sono due deliziosi e accoglienti piccoli alberghi che ci ricordano le prime accoglienti pensioni della costa romagnola degli anni ‘60 e ’70: la pousada Isabel e la posada Surfingjeri (tel-fax: 0055-88-3669 20 69; skype: Eltano1974; www.hoteljericoacoara.com). La prima, situata ad appena a 20 metri dal mare e dalle dune, ha una clientela giovanile che pratica le attività sportive e ama intensamente la gioiosa vita notturna del villaggio. La seconda, poco distante dalla spiaggia è circondata da un giardino tropicale con Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
piante esotiche, palme e una accogliente piscina, luogo ideale per il relax. Gestore è un cesenate puro sangue, Marco Bisulli, che ormai ha trovato qui il suo paradiso terrestre e non ha intenzione di lasciarlo, pur amando appassionatamente la sua terra natale. Entusiasta di Jeri e del suo clima magico è anche il proprietario della pousada: uno dei protagonisti dell’economia romagnola e della comunicazione televisiva, un imprenditore aviario il cui nome è tanto noto che non ha neppure bisogno di essere citato. Completa la pattuglia il direttore della struttura, il bolognese Simone Lauro, che accoglie con la tipica amabilità petroniana i suoi ospiti tra cui tanti italiani e molti emilianoromagnoli che si sono passati la voce e che sentono una rassicurante aria di casa, non foss’altro per la familiare cadenza della parlata. Insomma nel campo del turismo bisogna davvero dire che… Romagna docet! Info: Jangada travel, tel. 045 6190407, fax 045 6198693; www.jangadatravel.com
Delta Parnaiba
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Ben assortita la carta dei vini con alcune fra le migliori cantine italiane, ma anche una scelta di buone etichette di altri Paesi europei e latino americani
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le notizie di enogastronomia e turismo
L’Amarone della Valpolicella 2005 si presenta Sarà il 2005 il prossimo millesimo dell’Amarone della Valpolicella a entrare in commercio. L’appuntamento con l’Anteprima di uno dei più grandi vini del nostro Paese sarà a Verona sabato 31 gennaio e domenica 1 febbraio presso il Palazzo Giardino Giusti. L’Anteprima Amarone, giunta alla sua sesta edizione, continua a testimoniare il successo nel mondo del vino più prestigioso della Valpolicella. Sono oltre 50 le aziende iscritte al Consorzio, 1.226 quelle che producono uva per l’Amarone e 390 i fruttai - i «preziosi» luoghi che consentono l’appassimento ideale delle uve - per 90 milioni di euro di valore totale delle uve prodotte. L’annata 2005, per certi aspetti difficile, è stata leggermente avara in quantità. Le uve hanno raggiunto una maturazione completa che ha conferito ai vini corpo e una bella dotazione in colore. In estrema sintesi il millesimo 2005 per l’Amarone della Valpolicella si può considerare buono con punte di eccellenza. Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella www.consorziovalpolicella.it
L’azienda vinicola Barollo portabandiera del Made in Italy Grande successo del Made in Italy alla “26a Feria Internacional de La Habana“, la fiera multisettore che quest’anno ha accolto aziende provenienti da ben 53 nazioni diverse. Ad onorare il Made in Italy hanno partecipato, tra gli altri, Marco e Nicola Barollo dell’omonima azienda agricola, che hanno vinto il premio “miglior packaging e studio dell’immagine” per lo Chardonnay Doc Piave 2005. È la prima volta che un’azienda italiana riceve questo prestigioso premio, che è stato consegnato da Ramiro Valdez, l’attuale capo della Rivoluzione cubana. Ricordiamo che già in due occasioni l’azienda dei fratelli padovani Barollo ha ottenuto dei riconoscimenti in questa nazione, in un mercato ricco di potenzialità e cha da poco tempo ha aperto all’Occidente: la prima volta nell’ottobre 2007, alla Fiesta del vino de Cuba, dove hanno ottenuto il premio come miglior vino, e la seconda volta nell’ottobre 2008, dove hanno bissato il successo dello scorso anno. Soc. Agr. Barollo Marco e Nicola s.s. www.barollo.com
Letti in un sorso un successo annunciato Anche quest’anno, l’originale concorso letterario dedicato al vino, promosso da Santa Margherita, in collaborazione con Librerie Feltrinelli, ha riscosso un notevole successo, con oltre 1.500 racconti pervenuti. Frutto dell’entusiasmo di altrettanti appassionati del bere bene, dei buoni libri o di entrambe le cose, che hanno risposto con entusiasmo all’iniziativa, mettendo alla prova la loro creatività in quattromila battute. Ai tre vincitori, scelti da un’importante giuria con la presidenza di Inge Feltrinelli e giornalisti del calibro di Gad Lerner, Licia Granello ed Enzo Vizzari, buoni per l’acquisto di libri, del valore rispettivamente di 1.500, 1.000 e 500 euro, assieme a prestigiose bottiglie Magnum della Casa Vinicola. Ma il premio più ambito è l’opportunità di pubblicare i racconti sulle retro-etichette delle bottiglie di Pinot Grigio, Chardonnay Trentino e Müller Thurgau Frizzante, i best sellers di Santa Margherita. Diffusi come i libri più famosi, in decine di migliaia di “copie”, per essere letti (e sorseggiati) da un vasto pubblico in casa, in enoteca, al ristorante. Un modo originale e divertente per diffondere la cultura del buon vino, la sua convivialità e stimolare fantasia e creatività, accostando tra loro due mondi ricchi di affinità. Santa Margherita Spa - www.santamargherita.com
Cummo e il Nerello Cappuccio da un vitigno misterioso… un vino grandioso Vitigno dalle origini misteriose, il Nerello Cappuccio o Mantellato deve il suo nome al singolare portamento (cappuccio, mantello) della pianta coltivata ad alberello. Autoctono d‘origine ignota è stato da sempre presente, in piccole percentuali (15-20%), insieme al Nerello Mascalese, nelle vigne etnee. Negli ultimi decenni ha registrato un continuo abbandono da parte dei viticoltori, tanto da rischiarne l’estinzione. Vinificato in purezza da Diego Cummo, giovane produttore con un forte radicamento sul territorio, nasce il “1908” vino da medio invecchiamento, che richiama un secolo di storia; infatti il 1908 fu proprio l’anno di nascita del fondatore dei “Cummo” nonno dell’omonimo Diego. Un anno importante che ben definisce la storia delle origini dell’azienda, trattandosi di un vitigno antichissimo, forse il più antico
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dell’isola. Vendemmiato a fine settembre, sprigiona quei sentori tipici della grande terra di Sicilia: note di frutta matura, carrube, foglie di pomodoro e vaniglia. Il “1908” è stato il più votato dall’Annuario 2009 di Luca Maroni e su Vini Buoni D’Italia Edizione 2009 ha ottenuto 4 stelle su 4. CUMMO - Casa Vinicola Sicania s.r.l. www.casavinicolasicania.com
Montalbera rilancia il Grignolino d’Asti d.o.c. 2007 Il Grignolino è uno dei grandi vini caratteristici del Piemonte ed il suo valore viene ancor più elevato dalla limitata quantità prodotta. La sua origine è senz’altro localizzata nei colli tra Asti e Casale, che tuttora costituiscono l’esclusiva zona di coltura. Premiato per l’annata 2007 dalle guide maggiormente rappresentative per la Sua eccezionale qualità/prezzo, Montalbera rilancia il Grignolino d’Asti a livello internazionale con vinificazioni particolari e attente lavorazioni in vigna nei suoi 22 ettari vitati a Grignolino. “Vino prodotto da uve aziendali. Grande vino caratteristico della tradizione enologica piemontese. Di colore rosa tenue dai leggiadri sentori fruttati e delicatamente speziati. Di agile beva ma di sostanza ed aristocratica persistenza, dai tannini egregiamente addomesticati. Alla degustazione si presenta secco ed asciutto, con un piacevole retrogusto amarognolo di grande raffinatezza. Vinificazione in acciaio di uve Grignolino in purezza con breve affinamento in bottiglia”. Servito giovane a temperatura ambiente, ottimo abbinato ad antipasti moderatamente grassi e servito leggermente fresco con piatti classici di pesce. MONTALBERA - Terra del Ruché - www.montalbera.it
Cantine Pellegrino e Hauner brindano insieme Due cantine dalla prestigiosa tradizione e fiore all’occhiello del made in Italy nel mondo guardano al futuro insieme. Hauner, azienda storica e leader della Malvasia delle Lipari Doc e Cantine Pellegrino, da sempre in primo piano nella produzione dei vini Marsala e Pantelleria Doc, hanno raggiunto un accordo di nuove sinergie di business. Hauner ha infatti scelto di affidare la distribuzione a Pellegrino concentrandosi così sempre più sull’aspetto produttivo. Dal canto suo Cantine Pellegrino avrà la possibilità di completare la propria gamma prodotti con i prestigiosi vini Hauner. “Ci aspettiamo molto da questo accordo”, spiega Benedetto Renda Amministratore Delegato di Carlo Pellegrino & C. SpA. “L’obiettivo è quello di presentarci compatti con una offerta di vini completa, ma soprattutto di valorizzare una filosofia enologica che da sempre ci accomuna,
per tipologie di terreni, di culture e di scelte di business”. “La nostra vera passione è fare il vino, tra l’altro in un contesto geografico complicato, stare in mezzo al mare non sempre semplifica il processo distributivo”, aggiunge Carlo Hauner, “ecco perché crediamo che la rete assicurata da Cantine Pellegrino sia la migliore via per rafforzare la nostra presenza nel mercato”. Le due cantine fanno insieme un passo coraggioso che per la prima volta supera l’individualità che caratterizza il settore vinicolo: due aziende di dimensioni diverse (1 milione di euro e 140.000 bottiglie la boutique Hauner, 20 milioni di euro e 7.200.000 bottiglie per Cantine Pellegrino) che si completano con pari immagine e dignità nella selezione di bottiglie offerte. Carlo Pellegrino S.p.a. - www.carlopellegrino.it
Puiatti adotta il tappo in vetro “Vino Lok” Da tempo la mancanza e la distruzione di sughere in Europa ha creato la necessità di ricorrere a soluzioni alternative a basso costo come i tappi sintetici, a vite, a corona. Con la vendemmia 2007 l’Azienda Agricola Giovanni Puiatti ha affidato la propria produzione più qualificata dei vini Crus “Ruttars” e collezione “Archetipi” alla chiusura “Vino Lok”, un innovativo metodo di chiusura brevettato completamente in vetro che non richiede l’uso del cavatappi e che, oltre a essere riciclabile, rende la bottiglia richiudibile. È composto di tre parti: del tappo di vetro, di una guarnizione e di una capsula in alluminio. Il piccolo anello fatto di silicone ne garantisce la tenuta, la capsula assicura una protezione meccanica e funge da sigillo. Una volta tolta questa, si può aprire e chiudere il tappo a pressione. I vantaggi sono innegabili: si elimina il rischio del “sapore di tappo”, esteticamente è molto bello da vedersi, non svilisce assolutamente il prodotto e i costi sono competitivi. Mancando lo scambio d’aria come invece avviene per il sughero, il prodotto potrà rimanere inalterato nel tempo, garantendo al consumatore qualità e longevità.
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Due Premi Internazionali per il Whisky Port Charlotte Port Charlotte, il torbatissimo Malto di Islay portato alla ribalta dal grande Master Distiller Jim McEwan, ha recentemente ottenuto due importantissimi riconoscimenti internazionali. È stato infatti proclamato Miglior whisky novità, e Miglior whisky al di sotto dei 12 anni nell’edizione 2009 della “Whisky Bible”, la guida ai whisky del mondo curata dal celebre guru Jim Murray. La “Whisky Bible”, con le sue 50.000 copie distribuite ogni anno, è la guida più venduta e più autorevole a livello mondiale nel settore del whisky. Prende nome dal piccolo villaggio omonimo, situato sull’isola scozzese di Islay e dedito nei tempi andati alla distillazione di whisky dalla produzione limitata e dal carattere molto particolare. Imbottigliato a gradazione piena e ad altissimo contenuto di torba, coniuga armoniosamente le tradizioni più antiche di Islay con un’immagine di dirompente, affascinante modernità. Fratelli Rinaldi Importatori - info@rinaldi.biz
Santa Margherita, quando la comunicazione diventa dialogo È on line la versione italiana di www.santamargherita.com. Un sito totalmente rinnovato nei contenuti e nella grafica. Progettato per dialogare e comunicare in modo ancora più diretto con i clienti, i consumatori e con tutti gli appassionati della rete che desiderano aprire una finestra sul mondo Santa Margherita. Facile e intuitivo da navigare, propone interessanti contenuti che contribuiscano alla diffusione della cultura del vino e dell’enogastronomia. Come un’accurata selezione di ricette e abbinamenti cibo/vino - con un simpatico tool per trovare con un solo click la coppia perfetta fra vino e ricetta – il glossario del vino, i brindisi famosi. E tanto altro ancora: le iniziative, gli incontri, le news, con segnalazioni, curiosità sull’enogastronomia, interviste a chef e personaggi del settore e non. Ancora protagonista il corso online, arricchito nei contenuti: 60 lezioni suddivise in 7 capitoli. Costantemente aggiornato, è aperto al web 2.0 per accontentare anche i navigatori più evoluti: con un semplice click su “condividi”, potranno infatti salvare il link della pagina in modo permanente, inviarne il contenuto via e-mail, memorizzarlo nel proprio blog, inserirlo nei
profili di Facebook, MySpace o degli altri social network. “Si tratta della naturale evoluzione del nostro sito – commenta Lorenzo Biscontin, Direttore Marketing Santa Margherita - che fin dalla sua creazione ha rappresentato un riferimento nel mondo del vino per la sua interattività. Con questo nuovo sito realizziamo l’obiettivo di aprire un canale di dialogo privilegiato con tutti gli appassionati del vino e dell’enologia che sarà il concetto centrale della nostra strategia di comunicazione”. Santa Margherita SpA - www.santamargherita.com
“Campo del Soglio 2007” di Selva Capuzza, un vino con il punto interrogativo No, non è una bocciatura per questo San Martino della Battaglia doc da uve Tocai in purezza ma è la piccola, provocatoria polemica lanciata da Luca Formentini – quarta generazione di una storica famiglia di vignaioli locali – che sul retro-etichetta dell’annata 2007 ha inserito un punto di domanda al posto del nome del vitigno e una frase: “il San Martino ha origine dalla vinificazione di un vitigno al quale, dopo centinaia di anni di storia, è stata negata la possibilità di avere un nome”. Il vitigno in questione è il tanto discusso Tocai del quale l’Unione Europea, riconoscendo all’Ungheria l’esclusiva di questa denominazione, ha obbligato i produttori italiani a variarne il nome, stabilendo per il Veneto “Tai” e per il Friuli “Friulano” ma dimenticandosi di questo pezzetto d’Italia in provincia di Brescia, vicino al lago di Garda che, come spiega lo stesso Luca, da sempre produce “un vino che, in tempi di eccessi ed arroganze, preferisce parlare a bassa voce”. Anche perché la voce la alzano gli altri, e per premiarlo: infatti, la “Guida al Vino Quotidiano ed. 2008” di Slow Food ha inserito il “Campo del Soglio 2006” tra i “migliori vini d’Italia a meno di 8 euro”, la Guida del Gambero Rosso lo ha premiato con Due Bicchieri e la Duemilavini dell’Ais con i Tre Grappoli. Affinato in vasche d’acciaio, vellutato ed elegante, presenta note di fieno, salvia, mela golden e un lieve sentore di mandorla. Perfetto per i pesci di lago. Cantine Colli a Lago s.r.l. - www.selvacapuzza.it
I vini del Concilio 150 anni di storia Tra i non molti produttori che riescono a coniugare qualità e numeri di bottiglie di un certo rilievo (e quindi a praticare prezzi accessibili), in Trentino vi è certamente Concilio. Ma perché questo riferimento, al nome di un’assise religiosa che si aprì a
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Trento nel 1545, da parte di un gruppo di viti-vinicoltori che nel 1972 diedero vita un’azienda? ad Qualcuno di loro aveva “sbirciato” quanto un abate, Michelangelo Mariani, aveva scritto: “Trento con il sacro Concilio - descrittione historica”. È questa una testimonianza di particolare validità perchè il libro è ricco di nomi, luoghi e vini, tuttora esistenti. Un intero capitolo dell’opera è dedicato infatti ai vini, in una forma succosa ed interessante, piacevole anche se forse con pignoleria e, attraverso la descrizione di una scorribanda tra i vigneti del Trentino viticolo, l’autore dimostra la sue qualità di storico unite a quelle di grande amante del vino, così come le sue indubbie qualità di assaggiatore. Si inizia con l’affermare che caratteristica dei vini trentini è quella di “farli senza studio, tali quali nascono e senza adulterarli con concie o altri ingredienti”. Segue una lunga descrizione di luoghi e di vini ad essi corrispondenti (almeno un centinaio) lungo il corso dell’Adige e nei dintorni di Trento quasi tutti riconoscibili anche oggi. È ad essi che si ispirarono quei viti-vinicoltori quando decisero di dare il nome Concilio all’azienda che nacque appunto nel 1972 anche se di essa faceva parte un’azienda nata nel 1860 (e di cui riportiamo una foto). Vi era in essi la volontà di far tesoro dei consigli del Mariani, di ottenere cioè vini nei luoghi, i “crus”, che avevano una così lunga tradizione viticola: ed è con questo spirito che opera ancora oggi Concilio. Concilio S.p.a. - www.concilio.it
Hine - “Il” Cognac Nella parte sud-occidentale della Francia, non lontano da Bordeaux, si trova la regione del Cognac, geograficamente protetta su ogni suo lato e collocata fra le colline del Périgord e la dolce costa dell’Atlantico. A pochi chilometri da Cognac, adagiata lungo le placide rive del fiume Charente, si trova la cittadina di Jarnac dove ha sede la Thomas Hine & Co., una delle Maison più antiche e più famose per la produzione del dorato distillato transalpino. Oggi, come ai tempi di Thomas, l’azienda Hine si distende coi suoi edifici lungo la riva del fiume Charente. Tutto è riunito assieme: le sede di rappresentanza, gli uffici, le cantine, dove sei genera-
zioni di Hine hanno lavorato tenacemente per produrre i migliori Cognac. Qui c’è la sala di degustazione, con campioni e appunti di assaggio vecchi di secoli. Qui c’è anche l’ufficio del maestro distillatore, proprio sopra le antiche cantine, nelle più profonde delle quali riposano sotto chiave i celebri Cognac millesimati. Le regole che disciplinano ogni goccia di Cognac da spedirsi nel mondo sono ancora quelle dettate personalmente da Thomas Hine. Il ferreo controllo di qualità della Hine viene regolarmente premiato nei grandi concorsi internazionali: l’azienda ha ottenuto più di 30 medaglie e riconoscimenti solo negli ultimi cinque anni. Inoltre, dal 1962, Hine è l’unico Cognac che può vantare il Royal Warrant, cioè il sigillo di Fornitore della Regina Elisabetta II d’Inghilterra. La Hine produce soltanto Cognac dalla tipologia VSOP in su, escludendo quindi tutti i distillati più giovani. I Cognac Hine sono invecchiati per un periodo superiore al minimo di legge, e seguono soltanto gli standard di invecchiamento Hine, molto più rigorosi. Bernard Hine, Presidente Onorario della Thomas Hine & Co. e discendente diretto del fondatore Thomas Hine, dichiara: “La marca Hine si posiziona nel mondo del lusso, dei prodotti rari, apprezzati da coloro che conoscono le cose belle. I Cognac Hine non sono prodotti per tutti i giorni, ma solo per momenti particolari, quando si vuole gratificare se stessi: attimi da cogliere, e da assaporare, di tanto in tanto. Chi apprezza la cose belle può farlo a qualsiasi età, e molti dei nostri clienti hanno una trentina d’anni, o anche meno. Hine esiste per chi vuole la perfezione: e noi produciamo una piccola quantità di Cognac, ma assolutamente la migliore. Ci concentriamo sull’essenziale per ottenere soltanto ciò che è eccezionale”. Fratelli Rinaldi Importatori S.p.A - www.rinaldi.biz
Duca di Salaparuta premiata al “MundusVini International Wine Awards 2008” Si è appena concluso un 2008 ricco di sorprese e premi per Duca di Salaparuta che si è aggiudicata la medaglia d’oro con Corvo Glicine 2007 nel corso dell’ottava edizione del MundusVini International Wine Awards. Corvo Glicine è uno dei prodotti storici del marchio Corvo, un bianco fresco dai profumi fruttati adatto dall’aperitivo ai primi piatti e caratterizzato da un ottimo rapporto qualità prezzo. Un riconoscimento importante quello attribuito dalla giuria di MundusVini, il più prestigioso concorso tedesco ed uno dei più riconosciuti in Europa, patrocinato dall’OIV (Organisation International de la Vigne et du Vin). Il concorso ha l’obiettivo di offrire a produttori, viticoltori, importatori e consumatori una piattaforma ideale che consenta di paragonare fra loro i vini partecipanti, di offrire un valido strumento di orientamento per l’acquisto in modo da raggiungere il grande pubblico. Duca di Salaparuta - www.duca.it
La parola all’esperto
di Gudrun Dalla Via
Ogni vino ha la sua stagione ideale, o meglio: scegliamo il vino secondo la stagione, il momento dell’anno, il clima specifico. Nelle giornate più corte e più fredde, alcuni vini e le loro particolari preparazioni conferiscono un piacevole senso di calore e di conforto. E non c’è solo il vin brulé…
vino, per un piacevole senso senso caldo caldo Il
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Il vin brulé significa “vino bruciato” ed è diffuso in tutta Italia con questo nome
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L’inverno ama i rossi corposi Il vino, anche se bevuto in quantità modeste, può conferire un gradevole senso di calore dovuto ad una momentanea vasodilatazione periferica: vasi sanguigni e capillari sotto la cute si allargano, affluisce una maggiore quantità di sangue, e noi ci sentiamo riscaldati. Conviene però avere qualche attenzione, perché in realtà questo calore viene in quel momento sottratto agli organi interni; quindi teniamo comunque a portata di mano un golf o una giacca, e non cerchiamo di scaldarci con il vino quando ci troviamo a lungo in un ambiente estremamente freddo. Mentre i vini bianchi e alcuni rossi leggeri vanno serviti freddi o freschi, i rossi corposi richiedono, per essere gustati al meglio, una temperatura intorno a 18-20 °C, e ciò è già un fattore in loro favore, quando fuori fa freddo e sentiamo il piacere di riunirci intorno al caminetto. I riflessi del rosso ben si sposano con la luce del fuoco, e una bevanda a temperatura ambiente farà il resto per farci sentire bene. Un accorgimento: servite in tazze o comunque in recipienti che reggano bene il caldo. E aspirate profondamente l’aroma, anch’esso benefico per le vie respiratorie. Scaldare il vino per scaldarci È una tradizione antica aggiungere resine o spezie o erbe officinali ai vini. Nei monasteri del medioevo si diffuse molto l’uso dei vini medicinali, con una scelta accurata degli
ingredienti. E a volte il vino si scaldava per esaltarne alcune caratteristiche. Questa usanza è stata ripresa un po’ ovunque nel mondo occidentale, con alcune varianti. La maggior parte degli ingredienti di questi vini scaldati – e scaldanti – contiene delle spezie che svolgono un ruolo ben preciso, non solo per conferire aroma, ma anche per proteggerci maggiormente dalle infezioni di stagione. Ecco alcuni esempi. Tutte queste spezie e erbe hanno proprietà aromatizzanti e profumanti; i termini medici si possono approssimativamente tradurre così: carminativo = contro i gonfiori, stomachico = giova allo stomaco debole, vulnerario = lenitivo, antiemetico = contro il vomito. ELENCO: • La cannella (Cinnamomum zeylanicum) ha proprietà digestive, stimolanti, carminative, antisettiche. • I chiodi di garofano (Eugenia caryophyllata) hanno proprietà digestive, carminative, antisettiche, analgesiche. • Il coriandolo (Coriandrum sativum) ha proprietà digestive, antispasmodiche, carminative, stomachiche, antisettiche, vulnerarie. • La noce moscata/il macis (Myristica fragrans) hanno proprietà carminative, stimolanti, digestive, antiossidanti. (Macis, l’arillo – parte carnosa intorno al seme - è di sapore e profumo più delicato).
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La parola all’esperto
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Il vino, anche se bevuto in quantità modeste, può conferire un gradevole senso di calore dovuto ad una momentanea vasodilatazione periferica
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• Il cardamomo (Elettaria cardamomum) ha proprietà digestive, antispasmodiche, carminative, stimolanti, antisettiche. • Lo zenzero (Zingiber officinale) ha proprietà antiemetiche, stomachiche, antinfiammatorie e antiossidanti. • La vaniglia (Vanilla planifolia) ha proprietà digestive e coleretiche. • L’alloro (Laurus nobilis) ha proprietà balsamiche, stimolanti, eupeptiche, carminative. • La salvia (Salvia officinalis) ha proprietà eupeptiche, colagoghe, emmenagoghe, antisettiche. • Il rosmarino (Rosmarinus officinalis) ha proprietà eupeptiche, antispasmodiche, carminative, coleretiche, balsamiche, diuretiche, antisettiche, tonico-stimolanti, antiossidanti. • Lo zucchero, presente in gran parte delle ricette, serve per rendere gradevole la bevanda, che le spezie possono far diventare di gusto piuttosto intenso. Alcune ricette prevedono un riscaldamento breve, senza arrivare al bollore; altre addirittura suggeriscono una bollitura prolungata. La bollitura ovviamente riduce notevolmente il tenore d’alcol; ma si può anche “fiammeggiare” il vino caldo, passandovi sopra un fiammifero o una candela accesi, per rendere la bevanda poco alcolica. (In alcuni paesi si preparano delle varianti analcoliche, per esempio per chi deve guidare o per i bambini; ovviamente l’effetto terapeutico è diverso.) Il vin brulé Significa “vino bruciato” ed è diffuso in tutta Italia con questo nome, anche se con notevoli varianti di ingredienti. Una ricetta-base per 4 persone: ½ litro di vino rosso corposo,
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100 g di zucchero, 4 chiodi di garofano, una stecca di cannella, un pezzetto di scorza di limone e/o di arancia (solo la parte esterna). Portare ad ebollizione tutti gli ingredienti e lasciar bollire per qualche minuto a fuoco dolce. Filtrare e servire prima che intiepidisca. Si può ridurre la quantità di zucchero o eliminarlo totalmente, secondo i gusti personali. E si possono aggiungere altri ingredienti come vaniglia, zenzero, alloro, salvia, rosmarino. Il vin chaud I nostri vicini francesi – sorpresa! – non usano il termine vin brulé, bensì vin chaud, tradizionalmente bevuto in inverno. Gli ingredienti: vino rosso, zucchero, rum (1/5 circa, rispetto al vino), uvetta, fichi secchi, mandorle a scaglie, buccia di arancia e di limone, cannella, chiodi di garofano, noce moscata e anice stellato. Si dovrebbe far bollire il tutto per un’ora a fuoco dolce (oppure tenere sotto il punto di ebollizione, intorno a 80 °C) e lasciar riposare per almeno 12 ore. Possibili varianti: aggiungere vaniglia, pepe, zenzero, cardamomo.
Glühwein, il vino ardente A nord delle alpi, nelle zone di lingua tedesca, è diffuso il Glühwein, che viene tradizionalmente servito non solo nelle case ma anche nei mercati di Natale e in altre manifestazioni invernali all’aperto, per scaldarsi. La composizione è semplice: vino rosso, cannella, chiodi di garofano, a volte limone o cardamomo. La bevanda è talmente popola-
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La parola all’esperto
re che si può trovare pronta anche in bottiglia, oppure si possono comperare i sacchetti con le spezie già assortite. Una variante è la Feuerzangenbowle: vino rosso secco con chiodi di garofano, cannella, anice stellato, bucce di limoni e di arance, in alcuni casi con aggiunta di succo d’arancia, tè nero oppure liquore di ciliegia o di arancio. La caratteristica è un cono di zucchero adagiato sopra la pentola e bagnato di rum; si incendia il cono, il quale sciogliendosi sgocciola un liquido caramellato e aromatico nel vino – una procedura molto suggestiva. Glögg in Scandinavia Una bevanda tradizionale intorno alla festa di S. Lucia e a Natale è il glögg, con leggere varianti di lingua e di composizione. Glögg in Svezia, gløgg in Norvegia e Danimarca, glögi in Finlandia. La ricetta base prevede, per 1 bottiglia di vino rosso, 1 bicchierino di Vodka, 2-3 stecche di cannella, 10-15 chiodi di garofano, 4 semi di cardamomo, 300 g di zucchero, ½ bustina di zucchero vanigliato, 2 cucchiai cad. di mandorle a pezzetti e di uvette. Le varianti: aggiunte di zenzero, oppure altri distillati (come lo snaps). Per la preparazione: lasciare le spezie in infusione nel vino a freddo per 24 ore. Filtrare, aggiungere gli altri ingredienti e far bollire per qualche minuto (uvetta e mandorle possono anche essere disposti nei bicchieri, a crudo; poi si versa sopra il glögg caldo). In passato, il vino era poco diffuso nelle famiglie svedesi, per cui si preparava – tuttora si prepara - il glögg anche con succhi di ribes nero e l’eventuale aggiunta di altri succhi. Le spezie erano sempre d’obbligo. Si portava a bollore la miscela, si lasciava riposare una notte, poi si filtrava, per riscaldarla poi al momento del consumo. Questa versione non alcolica viene offerta un po’ ovunque e in ogni momento della giornata, nel periodo natalizio; ha il vantaggio di poter essere consumata liberamente anche dai bambini. Oggi la miscela, pronta da riscaldare, si trova anche pronta in commercio: sotto il nome di glögg e simili in Scandinavia, o con il nome di “punch svedese” o “vin brulé finlandese”, all’estero. Mulled wine per inglesi e americani I britannici, alla mistura di vino caldo (loro ritengono che si possa usarne di seconda scelta…) aggiungono, oltre a cannella e chiodi di garofano, zucchero e buccia di limone, anche qualche goccia di angostura, oppure delle miscele “all spice”, già pronte. Fiona Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Beckett, raffinata giornalista enogastronomica, nel suo sito: (www.matchingfoodandwine.com) suggerisce questa ricetta, da servire ai “carol singers”, i cantanti che si presentano alla porta con canti di Natale: vino rosso corposo più 1/3 di acqua, un’arancia steccata con chiodi di garofano, cannella, cardamomo, noce moscata, zucchero, un po’ di Cointreau o Grand Marnier, con l’accorgimento di lasciare le spezie intere o appena schiacciate. Scaldare delicatamente per mezz’ora, versare il liquore alla fine e decorare con fette di arancia. In Alaska amano rifarsi ad un’antica tradizione, servendo il mulled wine in brocche di peltro e… scaldarvelo con un attizzatoio rovente. Paese che vai, vino caldo che trovi Nell’Europa dell’Est, chiamatelo così: Grzane Wino in Polonia, Izvar in Moldavia, Forralt bor in Ungheria, Vin fiert in Romania, Kuhano in Slovenia, Varené vino in Slovacchia. E in Giappone, il saké che non è un vino Anche se spesso viene chiamato «vino di riso» , è un fermentato che nella lavorazione si avvicina di più alla birra. Il suo grado alcolico però, al momento del consumo, è di circa 15°, quindi più vicino a quello del vino, e spesso viene consumato caldo (ma mai scaldato sopra i 55°), con un piacevole effetto «scaldante» sia bevuto da solo che a pasto.
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a volte il vino si scaldava per esaltarne alcune caratteristiche. Questa usanza è stata ripresa un po’ ovunque nel mondo occidentale, con alcune varianti.
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Piccole DOC
Il Carignano Doc un ambasciatore dei vini rossi sardi
di Luca Iacopini
e Massimo Bracci
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La Sardegna è un isola legata fortemente alle sue tradizioni e con una viticoltura in forte rilancio
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La Sardegna: La Sardegna: sole, mare, vento, spiagge bianchissime e macchia Mediterranea Sappiamo tutti come la natura dei terreni ed i fattori climatici giochino un ruolo fondamentale nello sviluppo della viticoltura donandoci vini molto variegati. Per la Sardegna, oltre a questi, dobbiamo aggiungere un altro parametro che ha contribuito alla grande varietà di offerta: la Storia. La Sardegna è al centro del Mediterraneo e questa posizione l’ha resa terra di conquista da parte di numerose popolazioni: Fenici, Cartaginesi, Romani, Arabi, Spagnoli, Genovesi, Pisani, Sabaudi. Tutti, chi più chi meno, hanno contribuito a introdurre nuove tecniche colturali, nuove varietà oramai considerate a pieno titolo, come patrimonio ampelografico autoctono dell’isola. Come risultato abbiamo avuto un’offerta vinicola estremamente variegata e interessante. In questa alternanza di popolazioni, di epoche fiorenti e di epoche decadenti che hanno caratterizzato la storia vitivinicola sarda ci limitiamo solo a menzionare alcuni momenti importanti. Ma prima vogliamo cominciare da una piccola curiosità storica che oggi forse può farci sorridere data dalla Carta De Logu, una legge emessa nel 1300 a favore dell’agricoltura isolana che in particolare riguardava l’incremento e la tutela
delle vigne. Questa prevedeva pesanti conseguenze a chi non la rispettava, come ad esempio c’erano 50 scudi di multa o il taglio della mano a chi spiantava “vigna altrui furtivamente”, oppure c’era la confisca immediata del terreno a chi non piantava e lavorava le vigne. È chiaro che nel Medioevo il raggiungimento di un determinato obiettivo da parte di chi governava era conseguito con leggi non certamente democratiche ma piuttosto impositive. In epoca più recente l’arrivo della fillossera a fine 1800 azzera praticamente quasi tutto il patrimonio autoctono fin qui raggiunto, solo poche varietà si salvano e si ricostruisce sul piede americano anche grazie all’apporto di molti coloni venuti dal continente. Passando per finire ai decenni del secolo scorso abbiamo una prima metà caratterizzata da un proliferare di cantine sociali che sull’onda di una crescente richiesta di vini, soprattutto rossi, dal colore molto concentrato e dalla alta gradazione alcolica si sono buttati a produrre in quantità elevate senza starsi molto a preoccupare della qualità. Su questo fenomeno più o meno comune in tutta Italia ha contribuito anche molto la politica con strane leggi che finanziavano prima l’incremento della viticoltura; poi, per l’eccesso di produzione, il finanziamento si elargiva per spiantare. Diciamo quindi una viticoltura abbastanza sovvenzionata dovuta anche a una certa arretratezza economico-sociale in cui versava l’isola in quegli anni, ma un certo aiuto finanziario si doveva comunque dare; forse era necessaria una pianificazione diversa da quella poi attuata. E in questo panorama che arriviamo agli ultimi decenni in cui l’attenzione da parte dei produttori è maggiormente rivolta al proprio patrimonio autoctono abbandonando a buon vedere diciamo noi, quegli esperimenti non sempre felici con vitigni internazionali che hanno caratterizzato gli anni della grande produzione di massa. La superficie vitata dell’isola è 26 mila ettari, pensiamo che 20 anni fa erano 70 mila gli ettari;
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Piccole DOC
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La Sardegna è al centro del Mediterraneo e questa posizione l’ha resa terra di conquista da parte di numerose popolazioni
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Attualmente abbiamo 15 IGT, 19 DOC e una DOCG (Vermentino di Gallura). La maggioranza ricalca ed esalta questa attenzione per i vitigni autoctoni e la doc Carignano del Sulcis calza perfettamente questa tendenza. È presente sul territorio da più di 30 anni e dobbiamo dire che l’introduzione di questa doc ha praticamente salvato l’immagine della viticoltura del Sulcis in quanto era una zona dove il vino venduto sfuso era il padrone incontrastato. Questa doc ha permesso a molti produttori di credere in questo vino e in questo vitigno come un soggetto che può vivere e esprimersi di vita propria, senza essere considerato solo come un vino da taglio. Il vitigno in questione è appunto il Carignano; di origini quasi certamente spagnole che ha il suo terreno d’elezione proprio nell’estremo lembo sud-occidentale dell’isola in provincia di Cagliari, anche se lo ritroviamo in piccole porzioni del Lazio, della Toscana e delle Marche. Possiamo trovarlo anche in altre nazioni del mediterraneo come Algeria e Tunisia. È un vitigno che resiste molte bene hai venti secchi e ricchi di salsedine provenienti dal mare tipici del sud-ovest sardo e predilige i terreni asciutti e poco fertili, posti in climi caldi, proprio come quelli del Sulcis. Inoltre ha un’ottima resistenza alle malattie tipo la fillossera tanto che è abbastanza frequente trovare nei vecchi appezzamenti viti su piede franco, ci sono quindi buoni elementi per sostenere che il Carignano è stato tra i pochi vitigni che sono riusciti a resistere a que-
sto flagello. Il vino che se ne ottiene ha contenuti di colore e tannici veramente importanti, ecco perché per molto tempo era usato come vino da assemblaggio, proprio per integrare con la sua corposità altre basi più carenti. La doc Carignano del Sulcis comprende ben diciassette comuni della provincia di Cagliari tra i quali Calasetta, Santadi, Carbonia, Carloforte e Teulada. Le tipologie supportate sono rosso, rosso riserva (due anni di invecchiamento e 12,5° di gradazione minima), rosso superiore (stesso invecchiamento del riserva ma almeno 13° di gradazione minima), rosato, novello e passito. In questo ultimo caso prima di essere spremute le uve del Carignano vengono lasciate ad appassire per alcuni mesi. In tutte le tipologie il Carignano concorre per almeno l’85% e per la rimanente percentuale abbiamo vitigni come il Monica, il Pascale e l’Alicante. Sono vini pieni e strutturati con una capacità di invecchiamento mediolunga. Per la nostra degustazione abbiamo scelto il Carignano del Sulcis Doc “Rocca Rubia” riserva 2005, della Cantina Santadi, un vino di fascia media. È un vino limpido, impenetrabile, rosso granato, carico e netto. Al naso si percepisce un grande spettro di profumi primari, secondari e terziari. Si percepisce subito una predominanza della vaniglia derivata dalla barrique, infatti sono state utilizzate barrique di 1° e 2° passaggio per un periodo di 10/12 mesi; i profumi sono intensi, schietti e complessi, di frutta come la prugna e la ciliegia sotto spirito, cacao e spezie. In bocca molto caldo, morbido, con una buona rotondità e una buona acidità che ha fatto da contrasto con la sua elevata struttura, sufficientemente equilibrato perché in bocca rimane sempre un predominanza dell’alcolicità. Sentiamo un tannino leggermente duro che asciuga in modo veloce l’intera bocca, inibisce la salivazione all’istante; in un primo momento percepiamo una nota dolciastra che si trasforma nel tempo. Finale lungo con note retro-olfattive di speziatura. È un vino molto concentrato e l’elevata gradazione alcolica si fa sentire, sicuramente questo vino ha un buon corpo, persistente e se vogliamo possiamo lasciarlo riposare in bottiglia per altri anni. Il successo crescente di questo vino è dovuto anzitutto alla caparbietà e diciamo anche a un modo di pensare diverso. Generalmente i sardi tendono a non credere nelle grandi potenzialità della loro terra e invece alcuni produttori come Santadi, con una visione aziendale più moderna, e con l’apporto e l’interessamento di enologi del calibro di Giacomo Tachis, il maestro degli enologi italiani, hanno fatto sì che questo vino diventasse una peculiarità territoriale di prim’ordine. Ma non bisogna dimenticare altre realtà come Sella e Mosca, Argiolas e le cantine sociali che propongono vini con un ottimo rapporto qualità/prezzo. La Sardegna è un isola legata fortemente alle sue tradizioni e con una viticoltura in forte rilancio. Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Piccole DOC
Sabato 6 dicembre, si è svolto Divin Orcia, evento isitutzionale del Consorzio del Vino Orcia, Siena.
di Valentina Niccolai
Divin Orcia Divin Orcia La cornice è stata offerta dalla Festa dell’olio di San Quirico d’Orcia, Comune promotore della nascita della Doc, grazie all’abile amministrazione di un Sindaco lungimirante quale Marileno Franci. Giunto alla 4a edizione Divin Orcia ha visto presentare in degustazione le annate Orcia Rosso Doc 2005 e 2006. In anteprima anche il 2007, appena imbottigliato: secondo il disciplinare un vino da immettere sul mercato giovane. Un evento itinerante il Divin Orcia che si sposta, ogni anno, attraverso le numerose città d’arte abbracciate dalla denominazione: ricordiamo l’edizione Divin Orcia 2007 a San Giovanni d’Asso con il Tartufo Bianco delle Crete Senesi; il 2006 a Buonconvento in Val d’Arbia con la Chianina, e la prima edizione 2005 a Monticchiello con il “cacio” di Pienza. Ho scelto San Quirico d’Orcia -spiega la Presidente Donella Vannetti- per ritornare alla culla dell’Orcia. Siamo nel cuore della Val d’Orcia senese forse la campagna più bella al mondo. Nel 2004, l’Unesco l’ha inserita nel patrimonio dell’umanità, primo territorio rurale ad essere premiato con questo riconoscimento. Proprio grazie alla tenacia di alcuni produttori di San Quirico d’Orcia nacque la Doc Orcia, il 14 febbraio 2000 e insieme il Consorzio del Vino Orcia. Un momento importante dell’evento appena concluso lo ritroviamo nella deliziosa tavola rotonda organizzata nella Residenza Storica “Casa dell’abate Naldi” di San Quirico d’Orcia, sul tema “La Val d’Orcia: dal calvario della mezzadria alla nobilitazione dell’UNESCO”. L’enologo Andrea Mazzoni, l’Arch. Brogi, il Prof. Montori e il caro Angelo Tassoni hanno condotto gli ospiti Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
attraverso una serie di riferimenti storici e di racconti, a dire il vero molto nostalgici, sulle tracce delle origini dell’Orcia Doc. La prima menzione esplicita sul vino della Val d’Orcia, spiega Montori, la troviamo in un passo dei Commentari di Enea Silvio Piccolomini, con riferimento ad una visita che egli fece ai luoghi natali nel 1458 all’indomani della sua elezione pontificia: la Val d’Orcia, pur non essendo “troppo ricca di fama lo era invece per l’aria buona e l’ottimo vino”. Altri indizi provengono dagli affreschi del Sodoma del 1510 circa nell’Abbazia di Monteoliveto Maggiore. Ancora il Pecci storico del Settecento, ci dice che in quell’epoca il castello di Torrenieri era circondato di vigneti ed uliveti ben coltivati. Mario Ciacci nel suo bel libro su Torrenieri “La Torre Nera” ci porta importanti testimonianze su questo tema, in modo particolare e curioso riferendoci sulle tasse che le locande di Torrenieri pagavano nel medioevo alla Repubblica di Siena per la commercializzazione del vino. Il Lorenzetti nel Buon Governo offre ulteriori spunti sapientemente spiegati al pubblico da Brogi. Sentire poi parlare Angelo Tassoni, sugli usi e costumi dei contadini in valdorcia, è stato come essere immersi nel podere Tozziano: una delizia per gli auditori provenienti da tutta Italia. Su quale area insiste la Doc senese? Il Consorzio del Vino Orcia rappresenta un territorio vasto incastonato tra le prestigiose realtà del Brunello e del Vino Nobile di Montepulciano: 13 comuni con una varietà pedologica tale da esprimere un’ampia diversità di
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La Doc Orcia sta crescendo in quantità e qualità, grazie a un territorio fortemente vocato, all’impegno generoso dei produttori e anche grazie ad una donna come presidente, Donella Vannetti
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Piccole DOC
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grazie alla tenacia di alcuni produttori di San Quirico d’Orcia nacque la Doc Orcia, il 14 febbraio 2000 e insieme il Consorzio del Vino Orcia
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caratteri nella produzione delle aziende assoRicordiamo: Buonconvento, ciate. Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Giovanni d’Asso, San Quirico d’Orcia e Trequanda. Inoltre, parte dei comuni di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena. I punti di forza di questa area sono: un territorio, vasto e vario, per clima e pedologia, ma per questo capace di dare prodotti vinicoli a seconda delle richieste del consumatore. Se dai terreni costituiti prevalentemente da sabbie gialle e ubicati ad altitudini che oscillano intorno ai 500 metri s.l.m. si ottengono vini fruttati pieni con finezza ed eleganza, nei terreni costituiti invece da scisti argillosi o con prevalenza di galestro o di alberese, la potenza, la sapidità e pienezza del vino si fa sentire allor quando si gusta bevendo. Il Consorzio di “tutela” punta alla valorizzazione di vitigni autoctoni quali “Sangiovese”,”Foglia Tonda”, “Colorino”, “Canaiolo” e altri vitigni internazionali riconosciuti dalla Regione Toscana. La Doc Orcia sta crescendo in quantità e qualità, grazie a un territorio fortemente vocato, all’impegno generoso dei produttori e anche grazie ad una donna come presidente, Donella Vannetti che lavora con passione per promuovere questa giovane Doc toscana. Attualmente il Consorzio conta 33 aziende. La Doc in numeri: Nel 2007 le uve prodotte dagli associati del Consorzio sono salite a 4000 q.li rispetto ai 3200 q.li dell’anno precedente con un incremento del 25%. Lo stesso incremento non si è avuto sul numero delle bottiglie prodotte che è rimasto intorno alle 150.000 pezzi in quanto è relativo quasi esclusivamente alle annate 2005 e 2006. Pur se in un momento congiunturale poco favorevole, si prevede nei prossimi anni un ulteriore aumento della produzione di uva e di bottiglie grazie a due ragioni: la prima è l’ingresso sul mercato di nuove cantine che hanno investito in nuovi impianti negli ultimi anni prossimi ad entrare in produzione. La seconda ragione riguarda lo sviluppo di altre realtà limitrofe al territorio che fungono da centri di conferimento per le uve di quei soci che sono produttori ma non vinificatori di uve Orcia: sono molti i piccoli produttori convinti del grande potenziale dela Doc Orcia. Ad oggi le iscrizioni all’albo della Doc Orcia sono 200 per il
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rosso, 27 per il bianco e 5 per il vinsanto. Un Consorzio in crescita: quali novità? La Denominazione sta crescendo molto qualitativamente: il mercato e le guide di settore ci premiano. La produzione dei vini Orcia dovrà sempre più seguire una doppia filosofia: quella di aumentare l’invecchiamento per i vini creando una Riserva. Inoltre, stiamo pensando di aumentare la percentuale di sangiovese. Vorrei sottolineare che nell’Orcia, alcuni produttori, senza obbligo del disciplinare, hanno autonomamente deciso di affrontare la sfida di un vino Orcia sangiovese in purezza. Scelta libera ma la sfida ci premia sia in Italia che all’estero. Donella Vannetti è affiancata nel suo lavoro da un team affiatato di consiglieri, PR, Istituzioni e aziende leader. Tra queste, l’azienda Podere Forte alla vice presidenza: “È una bella sfida per la Doc Orcia – dichiara Pasquale Forte abbracciare un territorio così prestigioso incastonato tra Montalcino e Montepulciano, blasonati cugini dai rossi eccellenti. Il Consorzio ha davvero un ruolo impegnativo e noi faremo il massimo, come azienda vice presidente, per sostenerlo e per accompagnarlo nel cammino non certo semplice di organizzare, sviluppare una DOC giovane e di incoraggiare e indirizzare i suoi viticoltori, alla ricerca dell’eccellenza, obiettivo raggiungibile se sostenuto da autentica passione e orgoglio di fare”. L’Orcia Doc ha un passato nobile, afferma col vigore che lo contraddistingue Andrea Mazzoni: il presente è affidato a tanti imprenditori audaci e ambiziosi. Se però, la carta vocazionale del Sangiovese, abilmente prodotta dalla Provincia di Siena definisce molte zone dell’Orcia vocate, altrettanto gli imprenditori devono impegnarsi in un percorso continuo di sperimentazione e formazione che rafforzi il passaggio dall’esercizio del diritto di proprietà all’esercizio d’impresa. Donatella Cinelli Colombini, in qualità di Vice Presidente del’Enoteca Italiana di Siena ribadisce il sostegno alla denominazione “La Doc Orcia è una giovane denominazione in un territorio antico. La sua area di produzione ha una grande vocazione al vino e sono certa che presto emergerà come uno dei distretti vincoli più importanti d’Italia. Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
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In Borgogna: assaggi di terroir La Borgogna, per chi ama il vino come prodotto dell’uomo e della terra e crede nella cultura che rappresenta, è sicuramente l’apice, il modello di riferimento, il criterio per capire molte cose. In particolare, in Côte d’Or si comprende davvero il significato della parola terroir, purtroppo abusata da chi frequenta il mondo del vino, ma che laggiù è palpabile dappertutto, nelle strade, nei villaggi, nelle bottiglie e nelle parole dei vignerons. Nei domaine visitati, dove la degustazione si svolge, per tradizione, nella cantina sotterranea in mezzo ai vini in affinamento, l’assaggio dell’annata 2007 dalle botti - che in Borgogna chiamano piéces ed
hanno una capacità di 228 litri (a differenza delle più diffuse barriques bordolesi di 225 litri) - ha consentito di percepire l’importanza del terroir in termini di diversità dei suoli e dei microclimi. A Morey-Saint-Denis, presso il Domaine Arlaud, con il giovane Cyprien che spillava con l’apposita “pipetta” il pinot nero dai fusti di rovere, si sono apprezzate l’eleganza e complessità aromatica del Morey-Saint-Denis 1er cru “Cheseaux”, con note di frutti di bosco, di erbe aromatiche, di terra e sentori balsamici; la struttura e la persistenza del Gevrey-Chambertin 1er cru “Aux Combottes”, con eccezionale acidità e pulizia in bocca, con finale di frutta e caramella d’orzo; fino all’intensità dello Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Charmes-Chambertin Grand Cru, ricco e morbidissimo, nonostante la giovanissima età e la spillatura dalla botte. Poi, solo un muretto separa i premier crus “Clos-de-Varoilles” e “La Romanée”, entrambi Monopole del Domaine de Varoilles nella zona più elevata di Gevrey-Chambertin, ma basta questo per dare vini con caratteri diversi: sentiti nell’annata 2000, il primo è più potente e strutturato, con tannini ancora vivaci, e al naso ha molte spezie; il secondo, più equilibrato e pronto, con tannini morbidissimi, è di minor corpo e persistenza, è di maggior finezza con caratteristici sentori affumicati oltre ad eleganti fragoline di bosco e cassis. È il diverso impasto dei suoli a pochi metri di distanza che fa la differenza. A Nuits-Saint-Georges, presso il Domaine Chicotot, nella cantina situata sulla RN 74, si è potuta percepire, dalle bottiglie, la maggior tannicità dei rossi della AOC NuitsSaint-Georges rispetto a tutti gli altri della Côte de Nuits, con la distinzione tra quelli delle parcelle a Nord, più eleganti e meno aggressivi (come il Village “Les Charmottes” 2006) e quelli del Sud della denominazione, i veri Nuits, bisognosi di lungo affinamento per ammorbidire gli esuberanti tannini e potenzialmente molto longevi (come il 1er cru “Les Saints Georges” 2006, famoso vigneto che ha dato il nome al Comune, di grande complessità con profumi di resi-
na, erbe aromatiche, frutta, spezie, e grande struttura in bocca). Ma si è anche percepita nettamente la differenza dei Nuits-Saint-Georges dall’Aloxe-Corton 1er cru “La Coutiére” 2006, con amarena in sciroppo al naso e tannini già ben integrati e “dolci”. Ancora di più, passando ai bianchi da chardonnay in Côte de Beaune, la percezione delle diversità sulla base dei terroir è stata evidente a Chassagne-Montrachet da Bernard Moreau, sessantenne vigneron di grande cortesia e simpatia che ha fornito molti “insegnamenti” (ad esempio: «i vini stanno in legno dai 12 ai 15 mesi, dipende dall’annata e dalla degustazione; così, sulla
base della degustazione si decide se filtrare oppure no»). Tutti i premier crus di Chassagne-Montrachet erano in botte più o meno dallo stesso periodo (settembre 2007), avevano percorso un identico cammino di vinificazione e affinamento, in attesa dell’imbottigliamento: perciò, l’unica differenza, nel degustarli, la facevano le caratteristiche del vigneto – del suolo - in cui l’uva era cresciuta. Ecco allora la intensa mineralità ed eleganza del “La Maltroie”, la rotondità e potenza del “Morgeot” rispetto alla complessità e maggior acidità del “Chenevottes” («una via di mezzo tra gli altri due, che sono i due estremi della casa», dice Bernard Moreau), fino alla profondità e complessità del “Ruchottes”, che coniuga potenza pagina 41
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ed eleganza, ha tutto ciò che si predica di un grande vino (da vigne di 69 anni, nella parte più elevata del territorio comunale di ChassagneMontrachet). Quest’ultimo fa capire davvero la peculiarità della Borgogna: l’eccezionale finezza e complessità olfattiva abbinata ad un inarrivabile equilibrio tra struttura ed eleganza in bocca. È quello che, tornando al rosso, si è trovato nel degustare un Clos-deVougeot Grand Cru, che ha veramente consentito di iniziare a comprendere la grandezza del pinot nero, le vette che esso riesce a raggiunge in questo territorio. E forse non poteva essere altrimenti, vista la storia del più famoso Grand Cru della Côte de Nuits, analizzato, nelle sue parcelle e per l’uva lì coltivata, fin dal 1100 dai monaci cistercensi. Si trattava del vino ottenuto dalle uve di una piccola porzione del Clos, nella parte medio-alta verso Sud, denominata “Grand Maupertui”, degustato nelle annate 2006 e 2005: il primo, di grande freschezza con tannini finissimi, colpiva per la complessità olfattiva e per l’equilibrio gustativo già notevole nonostante la giovanissima età; il secondo, da una annata eccezio-
nale, aveva una interminabile persistenza gusto-olfattiva, oltre che tannini quasi “dolci”, bellissima acidità, in una struttura possente ma elegante. Il produttore era Michel Gros, vigneron di grande tradizione familiare a Vosne-Romanée, persona semplice ed accogliente come gli altri produttori incontrati, disponibile anche ad aprire bottiglie di
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annate meno recenti (come un bellissimo Vosne-Romanée 1er cru “Clos-de-Reas” Monopole 2001) per far capire al meglio le potenzialità del pinot nero di Borgogna. Di questa varietà, poi, un ulteriore profilo che è emerso dalle varie degustazioni è la sua sensibilità, non solo alle diversità di terroir, ma anche alle annate: ognuna ha qualcosa da dire, ha la sua peculiarità ed unicità. Così, ad esempio, sono piacevolissimi, ma molto poco borgognoni, a sentire i vignerons, i vini della caldissima annata 2003, speziati più che fruttati, “larghi” ed immediati piuttosto che freschi e lunghi.
Altri elementi “borgognoni” risultati dagli incontri e dalle degustazioni sono l’uso del legno per l’affinamento (“elevazione”, dicono i francesi) dei vini sempre discreto e non invasivo, nella ricerca dell’eleganza e della piacevolezza di beva; l’ordine e la pulizia dei vigneti, che sembrano dei giardini curatissimi, con 10.000 piante per ettaro, molto basse perché l’uva sia vicina al suolo traendone calore e luce riflessa; i trattori “scavallanti” che si infilano tra i filari rispettandone la ridotta distanza; il rispetto per la terra, con una diffusa tendenza ad
applicare i criteri dell’agricoltura biologica e biodinamica. Ad esempio, la sorella di Cyprien Arlaud ha due cavalli con i quali lavora 5 dei 15 ettari dei vigneti del domaine, per non pressare il terreno e non uccidere il suo naturale humus, con tutti i minerali ed i microrganismi che costituiscono il nutrimento e l’arricchimento delle piante e dei grappoli. Certo, esistono anche realtà più commerciali, sia pure di qualità, come lo Chateau de ChassagneMontrachet di Michel Picard, dove si usano pratiche di cantina molto moderne, come l’eventuale uso dello zuccheraggio ed il massiccio uso di bentonite per le filtrazioni, o più turistiche, anche se legate alla storia e alla tradizione, come lo Chateau de Meursault (eccellenti il Meursault 1er cru 2003, dalle parcelle “Charmes” e “Perriéres” in egual misura, nonché il giovanissimo Pommard 1er cru “Clos-desEpenots” 2005), dove la visita a pagamento conduce attraverso cantine sotterranee centenarie di raro fascino. È comunque l’incontro con le persone, con gli uomini del vino, ad affascinare: oltre ogni aspettativa, la cortesia e la voglia di trasmettere la passione per il proprio lavoro accomuna un po’ tutti, dal dipendente del negociant di Beaune (la Maison Champy), che non avrebbe mai smesso di aprir bottiglie (tra le quali un affascinante MazisChambertin Grand Cru 2001 ed un opulento Puligny-Montrachet 1er cru “Chalumaux” 2005) e parlare dei territori di provenienza, ai veri vignerons come Cyprien Arlaud, Bernard Moreau, Michel Gros, i coniugi Chicotot, il figlio di Guy Amiot. Sedotti dal fascino di questi “ambasciatori” del terroir, non resta che attendere pazientemente l’affinamento delle bottiglie portate a casa e messe a riposo in cantina, per goderne profumo, gusto e cultura. Notizia inviata da Davide Amadei della Delegazione di Livorno
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News dall’Italia
Sole, Vento e Mare: convegno a Capri Le Isole Minori sono territori circoscritti che, per le loro caratteristiche, si prestano ad essere luoghi ideali per lo sviluppo di politiche ispirate alla sostenibilità, al corretto uso delle energie, delle risorse idriche, del territorio e del paesaggio. Questa premessa è alla base del convegno organizzato da Marevivo, finalizzato a promuovere una gestione efficiente del sistema energetico insulare, favorendo l’uso razionale dell’energia e delle fonti rinnovabili nel rispetto delle bellezze paesistiche del territorio. Il convegno, che si è svolto nei giorni 11-12 ottobre, a Capri nella prestigiosa location dell’antica Certosa di San Giacomo, si è articolato in due giornate di discussione e confronto. Da tale incontro prenderà l’avvio un percorso che va nella direzione di un modello alternativo di sviluppo energetico rispettoso del patrimonio naturale e culturale che le Isole Minori racchiudono. Parte integrante di questo progetto è il lancio di un bando internazionale rivolto ad architetti, ingegneri ed esperti di design, finalizzato alla ricerca di soluzioni architettoniche in grado di conciliare l’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia con il paesaggio. Complementare al convegno è la mostra “Sole, Vento e Mare per le Isole Minori” un grande affresco delle possibilità che il pianeta Terra offre all’uomo per attingere energia dalla natura. Un’esposizione didattica sugli elementi primordiali in cui siamo immersi, ma che soprattutto costituiscono fonti di energia rinnovabile e sostenibile, il cui utilizzo non ne pregiudica la disponibilità nel futuro. Le isole minori, particolarmente dotate di queste risorse naturali, si presentano come scenario ideale per lo sviluppo di impianti destinati alla produzione di energia pulita. L’esposizione è un momento di incontro, riflessione e conoscenza: uno strumento utile per chi vuole approfondire le tematiche legate alle
fonti rinnovabili di energia. Il percorso ideato ha il compito di presentare, in maniera immediata, gli argomenti che verranno affrontate durante il meeting, sottolineando il ruolo fondamentale che le Isole Minori, il Vento, il Sole e il Mare assumono per la protezione dell’ambiente. Il progetto è realizzato in collaborazione con la Direzione Generale per la qualità e la tutela del paesaggio del Ministero dei Beni Culturali, con l’ANCIM, l’ENEA, i comuni di Capri e Anacapri e ha ricevuto il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Ambiente, del Ministero dello Sviluppo Economico, della Regione Campania e della Provincia di Napoli. Notizia inviata dalla Delegazione di Capri
Prestigiosi riconoscimenti per alcuni produttori del Consorzio vini Montello Il Consorzio di tutela vini Montello e Colli Asolani D.O.C. è stato fondato nel 1978 con 31 associati e quasi 500 ettari nel cuore della Marca Trevigiana con terreni che si estendono alla destra del fiume Piave. Si tratta di una zona collinare ricca di fascino e storia, citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia. Il vitigno con produzione più rilevante è il Prosecco (si distingue da quello coltivato sulla riva sinistra del fiume che concorre nella produzione della Doc Conegliano Valdobbiadene), Merlot, Cabernet, Chardonnay, Pinot bianco e Pinot grigio.
In occasione del Salone del Gusto è stata organizzata presso lo stand della Regione Veneto una degustazione (annate 2001,2003,2004,2005) del famoso Rosso dell’Abbazia premiato ben nove volte con i tre bicchieri sulla guida Vini d’Italia. Il presidente del Consorzio, Diamante Luling Buschetti, soddisfatta e molto orgogliosa fa notare come i produttori del Consorzio, seppure con un territorio così poco esteso riescano ad esprimere un carattere così importante ai loro prodotti da rientrare nelle guide più prestigiose. Notizia inviata da Piera Genta
Michele Zanardo è Vice Presidente della Commissione Vini Il socio e docente FISAR Michele Zanardo è stato nominato Vice Presidente del Comitato Nazionale per la Tutela e la Valorizzazione delle denominazioni d’origine e delle IGT dei Vini. Sostituisce Giuseppe Martelli eletto a sua Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
volta Presidente del Comitato stesso. Il Comitato è uno strumento del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Notizia inviata da Flavio Casagrande pagina 43
In Famiglia
2008: un’ottima annata per la Delegazione di Asti La neonata Delegazione di Asti, che ha visto la luce nel 2007, può sicuramente affermare di aver chiuso il 2008 in modo assolutamente soddisfacente. Dopo una serie di serate con degustazioni a tema, corsi di analisi sensoriale e la conclusione del percorso formativo con le lezioni di terzo livello, oggi la Delegazione può contare i suoi primi 20 sommeliers. Di certo il momento migliore dell’anno si è avuto il 12 luglio scorso alla consegna degli attestati: l’evento, svoltosi presso le Cantine Gancia nelle cattedrali sotterranee di Canelli (ad oggi le prime e uniche cantine storiche in Italia e nel mondo a essere state proposte dall’UNESCO come patrimonio culturale dell’umanità) ha potuto vantare la partecipazione del Presidente Nazionale FISAR Vittorio Cardaci Ama, nonché del
consigliere nazionale Luigi Terzago,dell’Assessore Provinciale Giovanna Quaglia e dell’Assessore Comunale Roberto Robba. Dopo il saluto di benvenuto di Mirella Morra, delegata FISAR di Asti, e le congratulazioni delle personalità intervenute, il Presidente Nazionale ha consegnato i diplomi ai neo sommelier: Appendino Patrizia, Baldi Cristiano, Binello Marco, Blaganò Stella, Bonetto Luciana, Borio Alessandra, Chiappone Michela, Corbellini Gabriella, Deideri Barbara, Gamba Mauro, Ghione Igor, Giovine Silvio, Maginzali Elena, Odarda giorgio, Pesano Sandra, Pigella Rosanna, Redoglia Alessandro, Roero Fabio, Salvatore Pasquale, Torchio Giuseppe. La giornata di festa si è poi conclusa con l’aperitivo al Gancia Club,le foto di rito e con un sontuoso pranzo presso il rinomato ristorante, stella Michelin, San Marco di Canelli, accompagnato dalla degustazione di ottimi vini delle Cantine Gancia. Durante il Settembre Astigiano la Delegazione ha poi aumentato le sue attività partecipando a diverse serate di servizio alla Douja d’Or e riprendendo, in autunno, le sarete di degustazione a tema. Per il nuovo anno sono già previste moltissime attività, primo fra tutti l’inizio di un nuovo corso con le lezioni di primo livello a partire proprio dal mese di gennaio. Un felice e proficuo 2009 a tutti. Inviata dalla Delegazione di Asti
Un momento d’incontro La città di Ragusa ha ospitato all’inizio del mese di ottobre il Congresso Nazionale dei sommelier della F.I.S.A.R. (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori). Un congresso svoltosi nella bella cornice dell’Altopiano dei Monti Iblei presso il prestigioso albergo Poggio del Sole Resort. Oltre alla riunione del direttivo nazionale della Federazione con tutti i delegati e agli incontri di degustazione, nel corso dell’evento si è svolto l’attesissimo ed emozionante concorso del Sommelier dell’anno, vinto dal sommelier professionista Lorenzo Giannone appartenente alla delegazione di Ragusa. Il vincitore ha ricevuto l’ambito premio direttamente dalle mani del Presidente Nazionale durante la serata di gala a conclusione di questo interessante congresso. Presenti quest’anno anche i rappresentanti della nuova delegazione F.I.S.A.R. Lodi, la Delegata Annarita Granata e il Segretario Fabio Gallorini. Un’esperienza che ha permesso loro la conoscenza dei rappresentanti del consiglio nazionale, capitanati
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dal presidente il sommelier professionista Vittorio Cardaci Ama e dei colleghi di altre regioni, dove è stato possibile scambiare informazioni e suggerimenti per gestire al meglio la propria delegazione, ovviamente ci sono stati momenti di convivialità e degustazione. Interessante l’incontro-degustazione dal titolo”Vini forgiati dal fuoco”, durante il quale si ha avuto l’opportunità di toccare con mano, anzi con il palato, il nuovo fenomeno vinicolo della Sicilia: i vini dell’Etna presentati direttamente dai loro produttori. Un’esperienza, questa di Ragusa, racconta la delegata Annarita Granata, dove si è rimarcato che la presenza e l’apporto dei sommelier, consente di portare valore aggiunto alle imprese e all’immagine del nostro territorio. Meno improvvisazione, più organizzazione sono fattori importanti che, sulle tavole dei buongustai fanno la differenza, infatti, durante un pranzo o una cena, il momento della scelta del vino è sicuramente quello in cui si concentra l’attenzione dei commensali. Il Sommelier svolge il
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delicato compito di assistere i clienti, assaggiando e facendo assaggiare il vino prescelto: lo charme del sommelier può render unico questo evento. È proprio per questo che nel lodigiano dalla primavera scorsa è nata la delegazione F.I.S.A.R.
Lodi, delegazione, che a oggi conta più di cinquanta iscritti e che ha iniziato un percorso per formare nuovi sommelier sul territorio. Infatti, un corso di primo livello per aspiranti sommelier è iniziato il 15 settembre scorso e sta riscuotendo successo tra i corsisti a conferma della solidità di una scelta e di una programmazione che porterà nei prossimi mesi all’organizzazione degli altri livelli del corso, fino al conferimento della massima qualifica di sommelier. Oltre ad organizzare corsi, la delegazione crea mensilmente momenti di degustazione. L’ultimo incontro si è svolto presso il ristorante “La Quinta” di Lodi, l’argomento della serata è stato “ L’arcobaleno del vino” un incontro dove, guidati dai sommelier della delegazione, i partecipanti hanno degustato vini bianchi, rosati, rossi. Una bella iniziativa spiega il sommelier Fabio Gallorini, segretario della delegazione, una serata questa, che ha permesso di conoscere colori e sfumature del vino. E ora calici in alto per l’avvio di questo nuovo percorso che la delegazione F.I.S.A.R. di Lodi propone ai suoi soci, simpatizzanti e a tutti quegli appassionati a questa bevanda chiamata, il più delle volte, il nettare degli dei. Notizia inviata dalla Delegazione di Lodi
Delegazione Fisar di Lucca e Garfagnana a Rubbia al Colle Il 12 ottobre scorso una numerosa rappresentanza della Delegazione Fisar Lucca – Garfagnana, guidata dal Presidente Piero Giampaoli, e accolta dalla cortesia e competenza della signora Gloria, ha visitato la nuova cantina dell’azienda agricola Fratelli Muratori di Tenuta Rubbia al Colle a Suvereto.La grande struttura (10000 mq, completamente interrati), recentemente inaugurata dopo tre anni di lavori, è l’ultima iniziativa degli imprenditori del tessile, appassionati di vino, ideatori del progetto Arcipelago Muratori: quattro “isole” vitivinicole per quattro tipologie di vino, Villa Crespia in Franciacorta, Oppida Amminia nel Sannio beneventano, Giardini Arimei a Ischia e, appunto, Rubbia al Colle in Val di Cornia.La Tenuta Rubbia al Colle si estende su 100 ettari di cui 80 vitati, con una previsione di produzione vini a regime di 500 mila bottiglie, per metà destinate ai mercati esteri. I vitigni sono Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Merlot e in piccola parte Syrah, coltivati su tre poderi rappresentativi della variabilità pedologica e ambientale della Val di Cornia, in pianura, pedecollina e collina. Questa variabilità ambientale motiva la scelta di utilizzare diverse varietà di vite, con uno specifico sistema di impianto e di gestione Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
agronomica. Anche il processo di vinificazione mira a proteggere le specificità delle uve e del territorio, che riserva ad ogni tipologia un percorso distinto, per assemblare le singole varietà soltanto nella fase finale. A questo si aggiunge una particolare sensibilità per la salvaguardia dell’ambiente, che colpisce fin dall’inizio chi visita l’azienda; sensibilità che si manifesta innanzitutto nella scelta di far sparire letteralmente le nuove strutture nel sottosuolo, lasciando alla vista soltanto le vigne, gli oliveti, e i pannelli fotovoltaici destinati a coprire i fabbisogni energetici aziendali. All’interno della cantina, ogni scelta progettuale è stata guidata esclusivamente dal criterio della massima funzionalità ed efficienza, lasciando che sia semplicemente la scenografia creata dalle mille barrique (saranno duemila in produzione ottimale), ordinatamente disposte nella grande barricaia di 3200 mq, ad accogliere il visitatore. Barricaia che ospita, tra l’altro, il barricoccio, barrique in terracotta, un vero e proprio esperimento per l’azienda, che in questo modo ha recuperato un materiale di antichissima tradizione per la conservazione del vino. La visita si è conclusa naturalmente con la degustazione di quattro dei sei vini prodotti da Rubbia al Colle, due IGT, Drumo (Sangiovese in purezza,) e Rabuccolo
(Cabernet Sauvignon, Merot, Cabernet Franc e Syrah), entrambi affinati soltanto in acciaio e botti grandi, e due DOC Val di Cornia Suvereto, Rumpotino (Sangiovese con una piccola percentuale di Ciliegiolo) e Olpaio (Cabernet Sauvignon e Merlot), con affinamento anche in barrique. La giornata dei sommelier Fisar è proseguita con un pranzo – degustazione presso l’azienda Gualdo del Re, altra prestigiosa realtà vinicola della Val di Cornia. Come sempre la qualità dei vini e degli abbinamenti, la piacevolezza dell’ambiente, la simpatia e professionalità di Nico Rossi e del suo staff hanno garantito il successo anche di questo momento di convivialità sotto l’insegna della cultura eno-gastronomica. Notizia inviata dalla Delegazione di Lucca e Garfagnana
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Bacco e Venere nelle Colline Lucchesi di Capannori In occasione del Festival delle Ville, nella meravigliosa cornice di Villa Mansi a Segromigno in Monte nel Comune di Capannori (Città del vino), si è svolto il 7 settembre un evento speciale, “Bacco e Venere Eros e Vino nella vita dell’uomo”, organizzato dal dottor Girolamo Morelli, medico chirurgo specialista in Urologia e Sommelier FISAR della Delegazione di Lucca e Garfagnana. Un incontro tra medici, imprenditori agricoli, viticoltori, amici, che fa seguito ad un evento tenutosi nel 2007 alle cantine Leonardo da Vinci, che il dottor Morelli ha voluto riproporre in un contesto pieno di storia tradizioni e cultura, con il Patrocinio del Comune di Capannori, la regione Toscana, la Provincia di Lucca, l’Università di Pisa, la Società Italiana di Urologia e la Società Italia di Andrologia e con il contributo della Cassa di Risparmio di Lucca, la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, la Fondazione Banca del Monte Di Lucca, la Tegea, la Farmaceutica Mev e la B.R.G. Un giorno diverso, un mix di medicina, arte, cultura, musica, danza e naturalmente buon vino, fiore all’occhiello di questa splendida parte di Toscana. La giornata è iniziata con il saluto di benvenuto del Sindaco di Capannori e Sommelier FISAR Giorgio del Ghingaro. Successivamente nomi importanti della medicina, architettura, enologia, arte sono intervenuti con novità, curiosità, anteprime, tutti argomenti di notevole interesse. Nella prima sessione presieduta dai moderatori professor Giancarlo Scalabrelli, docente di Enologia e Viticoltura della Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa, e professor Fabrizio Menchini-Fabris del
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Dipartimento di Medicina della Procreazione e dell’Età Evolutiva dell’Università di Pisa, sono intervenuti il professor Riccardo Bartoletti, primario di Urologia dell’Ospedale S. Maria Annunziata dell’Università di Firenze e organizzatore del precedente evento, l’architetto Gilberto Bedini, esperto in architettura del paesaggio e studioso delle ville lucchesi, che ha illustrato il fascino del vivere in villa tra ozi e offizi, l’enologo Saverio Petrilli che ha raccontato l’enologo ed il suo vino, il dottor Giovanni Barco, presidente della Società Scientifica Eumedica Ozono, con il
Morelli Adelaide Giovanna, l’Azienda Agricola di Nelli Angela, la Fattoria Colle di Bordocheo, la Fattoria di Fubbiano, la Fattoria Maionchi, la Fattoria Mazzarosa, la Tenuta di Forci, la Tenuta di Valgiano e il Podere Tre Cipressi. Anche nella seconda sessione nomi molto noti si sono susseguiti, invitati a parlare dai moderatori professor Paolo Vitti, direttore del Dipartimento di Endocrinologia e Rene dell’Università di Pisa e professor Riccardo Minervini della Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università di Pisa: il professor Roberto Barale, direttore
dottor Bruno Fornaro, specialista in chirurgia generale e microchirurgia, che hanno mostrato l’utilizzo delle molecole ossidative nella stabilizzazione delle qualità organolettiche del vino. A questo ha fatto seguito una degustazione di vini delle Cantine delle Colline Lucchesi serviti con maestria dai Sommelier FISAR della Delegazione Lucca e Garfagnana. Numerose le aziende che hanno messo a disposizione i loro prodotti: l’Azienda Agricola Fabbrica di San Martino, l’Azienda Agricola di
del Dipartimento di Scienze dell’Uomo e dell’Ambiente, istituto di Biologia dell’Università di Pisa, che ha parlato dell’ipersensibilità genetica e di sesso nella risposta all’alcool ed il professor Antonio Salvetti, direttore del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Pisa, che ha evidenziato i rapporti tra vino e rischio cardiovascolare. Il professor Mario Guazzelli, direttore del Centro Interdipartimentale di ricerca sull’esplorazione funzionale del cervello dell’Università di Pisa, ha poi descritto il ruolo della
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psiche sulla gola, mentre il professor Murri, preside della Facoltà di Medicina dell’Università di Pisa e direttore di Neurologia, ha esposto quali sono le relazioni tra il vino e il sonno. Il professor Andrea Genazzani, direttore del Dipartimento di Medicina della Procreazione e dell’Età Evolutiva dell’Università di Pisa, ha quindi parlato del legame tra assunzione di vino e sessualità femminile e infine il dottor Nicola Mondani, urologo dell’Ospedale S. Maria Annunziata dell’Università di Firenze ha concluso con il tema Eros e Vino nell’uomo e nella donna. Una giornata densa di argomenti affascinanti, sottolineata e conclusa da lunghi applausi di approvazione che hanno accompagnato i
numerosi presenti verso il giardino dove ha incantato uno spettacolo di danza e canto intitolato “Intrecci tra danza e canto”, egregiamente interpretato da Marina Rulli, danzatrice e coreografa, e Francesco Capodacqua, cantante e attore della Scuola Amici di Maria de Filippi e attualmente impegnato in Giulietta e Romeo di Riccardo Cocciante. Per ricordare la concomitante Festa dell’Aria di Capannori nel parco della meravigliosa villa è stata poi gonfiata ed illuminata davanti ai presenti una grande e colorata mongolfiera, che ha sorpreso e regalato emozioni, anche ai nostri Sommelier che hanno potuto salire a bordo per una breve ma piacevole esperienza di volo. Nelle sale affrescate della villa è
quindi iniziata la cena di gala che ha deliziato i palati dei presenti con eccellenti piatti accompagnati dai vini offerti dall’Azienda Agricola di Morelli Adelaide Giovanna e presentati dai Sommelier FISAR della nostra delegazione, rispettivamente L’Erta 2006, bianco DOC Colline Lucchesi da vitigni trebbiano, malvasia e sauvignon, e il Rio Leccio 2006, rosso DOC Colline Lucchesi da vitigni sangiovese, merlot e altri vitigni a bacca rossa in piccole percentuali. Un’esperienza interessante con una disponibilità eccezionale di tutti per la quale non si può che ringraziare il nostro Sommelier Girolamo Morelli aspettando l’edizione 2009. Notizia inviata dalla Delegazione di Lucca e Garfagnana
Un percorso tra Viaggi e Assaggi Anche quest’anno la Delegazione di Messina ha organizzato alla fine dei corsi di primo e secondo livello un viaggio a Menfi, nella Sicilia sud-occidentale. La prima visita ci ha portato a Sambuca di Sicilia, nello splendido scenario del lago Arancio, in cui ha sede una delle cantine Planeta che si dedica ai grandi vini bianchi dell’azienda: Alastro, Chardonnay e Cometa. Altra tappa è stata la cantina Barbera,che insieme a un pranzo tipico accompagnato da una calda accoglienza ci ha presentato un ottimo Inzolia, varietà molto diffusa nel territorio di Menfi. Naturalmente all’itinerario enogastronomico si è aggiunto anche quello culturale con la visita della città di Sciacca e del Parco Archeologico di Selinunte. La cena finale per la consegna degli attestati si è svolta presso il ristorante “Coliseum” sul lago di Ganzirri a Messina con una magnifica cena a base di pesce accompagnata dai vini Rapitalà tra cui il Bouquet che ha avuto grande successo già al suo esordio. Gli attestati di primo livello sono stati consegnati a: Accetta Nuccia, Buzzanca Cosimino, Cardella Giuseppe, Cardella Patrizia, Catalfamo Salvatore, Certo Giusy, Coppolino Salvatore, Donia Antonio, Genovese Maria, Isgrò Rita, Isgrò Simona, La Corte Gianfranco, Mastronardo Sergio, Milioti Adriana, Monforte Francesco, Motta Giuseppe, Pecoraro Nicola, Pino Francesco, Rizzo Mariangela, Russo Francesca, Scopelliti Francesca, Sofia Giuseppe. Gli attestati di secondo livello sono stati consegnati a: Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Amato Salvatore, Arrigo Stefano, Cannistrà Francesca, Cannuli Francesco, Caristi Marina, Catanese Mariano, Condrò Giuseppe, D’Angelo Francesco, Mafodda Giuseppe, Maimone Abbondanza, Paratore Lorenzo, Pensabene Alessandro, Picciolo Alessandro, Picciolo Giacomo, Picciolo Irene, Pino Salvatore, Ravidà Domenico, Ruggeri Domenico, Salvo Stefano. Il Delegato ringrazia tutti i partecipanti con l’augurio che il percorso tra Viaggi e Assaggi possa continuare sempre alla ricerca di nuove emozioni che si celano nel mondo enoico. Notizia inviata da Irene Picciolo della Delegazione di Messina
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In Famiglia
Degustazione a Milano Il 30 ottobre al prestigioso hotel Enterprise di Milano si è svolta una simpatica serata: un happy hour all’insegna di Halloween. Alla luce
soffusa di candele d’autore e una pacifica invasione di gattini neri di peluche, la Delegazione FISAR di Milano, presenti il delegato Gianni Longoni, il segretario Carlo Boggero e il sommelier Paolo Massirone, ha presieduto una degustazione di vini che, dato il tema della serata, dovevano essere rigorosamente rossi: • Campo Maseri Teroldego rotaliano e Lagrein • Cantine Calatrasi Nero d’Avola Terre di Ginestra e Shiraz Accademia del Sole
• Azienda Lelusi Aglianico del Vulture che sono stati apprezzati per l’elevata qualità. La Delegazione FISAR di Milano ringrazia: lo studio SERENA COLAVITA Relazioni Pubbliche&Ufficio Stampa e la direzione dell’hotel Enterprise per la collaborazione.
Notizia inviata da Carlo Boggero della Delegazione Milano
La FISAR di Pisa e Litorale dà l’addio all’estate La delegazione di Pisa e Litorale della FISAR ha organizzato una serata di addio per l’estate appena trascorsa e nel contempo dà il benvenuto all’autunno al ristorante “Montevecchio” di Montopoli Val d’Arno, gestito dalla Signora Marzia Boddi. L’ambiente rustico ed al tempo stesso raffinato, arricchito da una meravigliosa visione della stupenda vallata dell’Arno, ha creato una giusta atmosfera di calda serenità e di buona disposizione alla tavola. Lo chef, Giulio Del Soldato, ha iniziato la conviviale con un ventaglio di sapori tipici toscani: affettati di soppressata, prosciutto, salame e finocchiona, crostini di fegatini, di funghi trifolati ed al tartufo, crostone rustico con pomodoro, mozzarella ed acciughe, pasta fritta con farina di castagne, polentina morbida condita con sugo di pomodoro e porri ed una gustosa pappa al pomodoro. Un trionfo di sapori e profumi cui il Prosecco Valdobbiadene 2007 Extra dry dell’Azienda Riva dei Ciliegi Cà Vittoria, con le ricche bollicine, ben si accompagnava per pulire, di volta in
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volta, il palato. A seguire Ravioli all’ortica con burro nocciola e sfoglie di pecorino, piatto dai ricchi sapori e bene assortiti, che sono stati abbinati al Sauvignon Colli Orientali del Friuli 2007 dell’Azienda Tunella, i cui sentori di mela e banana si fondevano al cibo in una armonica sensazione di gradevole pienezza. Le successive Penne Montevecchio con ragù, crema di tartufo nero e funghi sono state invece bagnate dal Chianti DOCG 2005 Le Costie dell’Azienda Panta Rei dal bel colore rosso rubino e dai sentori di bacche rosse e frutti di bosco. Lo stesso Chianti ha bagnato la susseguente Tagliata di manzo con funghi porcini e contorno di patate al forno e fagioli all’olio extra vergine di oliva dei colli locali. Per il Cinghiale alla maremmana con olive nere e polenta morbida è stato servito il Ligustro Montescudaio DOC 2005 del Podere La Regola, armonico al palato e dai tannini mai aggressivi, ricco di profumi e sentori. La fragrante crostata alle confetture di frutta, esaltata dal Moscato Passito di Pantelleria dell’Azienda Pellegrino,
ha brillantemente chiuso con onore la cena molto apprezzata dai convenuti. Molti i ringraziamenti per il Sommelier Umberto Chericoni che ha
collaborato ad elaborare il percorso enogastronomico e lunghi applausi per lo chef ed alla brigata di cucina, medesimo riconoscimento al rango di servizio per l’accuratezza dell’esecuzione delle relative mansioni, il tutto ben coordinato dalla responsabile di sala Veronica Bassi. Ottimo il servizio vini espletato dal Sommelier Franco Barsotti.
Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa e Litorale
Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
In Famiglia
La Fisar di Pisa alla maniferstazione “Pisa Unica Terra di Vino 2008 La delegazione di Pisa, ha consegnato il premio “Il Pisano più schietto”, giunto alla nona edizione, ai produttori di vino delle seguenti tipologie: 1) Chianti delle Colline Pisane 2) Rosso Toscano IGT 3) Bianco Toscano IGT 4) Montescudaio rosso DOC 5) Montescudaio Bianco DOC 6) Vinsanto La giuria composta da Cipriano Barsanti, Francesco Bartoletti, Liana Benini, Umberto Chericoni, Paolo Del Guerra, Giuseppe Ferroni, Valdo Filippi, Roberto Menichetti, Cristina Messina, Davide Mustaro, Barbara Poli, Massimiliano Zubboli ha degustato più di cento diversi campioni ed ogni giurato ha assegnato un punteggio per ogni degustazione rigorosamente cieca. Il servizio è stato eseguito dai Sommelier FISAR Tiziana Duè e Gerardo Lena, coadiuvati dal Segretario della delegazione Vittorio De Santis e della fisariana Gemma Picciarelli. Al termine la somma dei punteggi delle bottiglie numerate ha definito la classifica e solo allora sono state scoperte le etichette, evidenziando le prime posizioni che, in riferimento alle tipologie, sono risultate: 1) Fattoria di Fibbiano (Terricciola) con: Casalini Chianti Superiore 2007 2) Az. Agr. Pakravan-Papi (Riparbella) con: Cancellaia 2006 3) Fattoria La Regola (Riparbella) con: Lauro 2006
4) Fattoria Poggio Gagliardo (Montescudaio) con: Rovo 2003 5) Fattoria Poggio Gagliardo (Montescudaio) con: Vignalontana 2006 7) Fattoria Sorbaiano (Montecatini Val di Cecina) con: Vinsanto 2002
Per poter degustare in maniera ottimale ogni tipologia di vino, Umberto Chericoni (FISAR) ha organizzato al ristorante “L’Ippodromo”, nella tenuta di San Rossore, la serata di gala costruendo un percorso gastronomico irto di difficoltà, ma risolto in maniera superlativa. Ad ogni portata il produttore del vino che veniva servito ha avuto maniera di illustrarne qualità e caratteristiche ai convenuti, stringendo ancor di più quel legame tra terroir, produttore e consumatore che la delegazione pisana tende sempre a rinforzare ed evidenziare attraverso questo tipo di manifestazioni. Si è iniziato con un Carpaccio di suino affumicato con scaglie di parmigianoe e funghi di muschio, crostini e crostoni di funghi, salumi e pomodoro abbinato al
Lauro 2006. Poi due primi: Risotto mantecato al bianco di Montescudaio con pecorino del Parco, accompagnato dal medesimo vino e Maccheroni al sugo di caccia e melograno accompagnato invece dal Chianti Casalini Superiore. A seguire Brasato alla Chiantigiana e Cinghiale con polenta e olive nostrali bagnati rispettivamente dal Rovo 2003 e Cancellaia 2006. Per dessert una golosità: Pay Break. Il dolce, di origine contadina siciliana e a base di frutta secca, fu assaggiato dall’attuale principe Carlo d’Inghilterra che se ne innamorò e fu da lui portato in patria dove i suoi cuochi rielaborarono la ricetta: niente di più appropriato per esaltare i profumi e i sentori del Vinsanto. Ottimo il servizio vini effettuato dai Sommelier Fisar Sonja Pistelli, Monica Ruffini e Alberto Nannizzi. Il Delegato Fisar di Pisa Flavio Romboli ha quindi ringraziato tutti coloro che con il proprio contributo hanno reso possibile questa bellissima serata: dalla giuria a tutti i Sommelier e coadiuvatori; ha salutato la presenza in sala del Delegato A.I.S. Pippo Pagazzo ed ha quindi chiamato i produttori a ritirare le targhe d’oro: Giuseppe Cantoni, Leopoldo Papi, Luca Nuti, Andrea Surbone, Alessandra Surbone e Massimo Marchi.
Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delergazione di Pisa
Cena di Gala alla Delegazione di Treviso Venerdì 13 giugno 2008 si è svolta presso l’hotel Primavera di Godega di S. Urbano la cena di gala della delegazione provinciale di Treviso. Durante la serata sono stati consegnati gli attestati di partecipazione al corso di analisi sensoriale e al primo e secondo livello dei corsi svoltisi a Conegliano, Oderzo e Castelfranco. Sono inoltre stati assegnati i diplomi di sommelier agli allievi che hanno superato l’esame del terzo livello. Calorosamente accolti dal delegato Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
provinciale Luciano Cescon, una lunga e qualificata serie di graditi ospiti, tra cui il presidente della provincia di Treviso Leonardo Muraro, il vice-sindaco di Godega Giorgio Visentin, l’assessore al commercio, turismo e valorizzazione dei prodotti locali del Comune di Conegliano Loris Zava, la dott.ssa Alessandra Zorzi della Carpenè Malvolti, il leggendario maître fisariano Giancarlo Moretto ed il prof. Vanino Negro del Centro Tecnico Nazionale. Assente
per improrogabili impegni di governo il ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Luca Zaia, che ha inviato comunque un telegramma di saluto. Il novello sommelier Roberto Donadini ha infine ricevuto il Premio Carpenè grazie al miglior punteggio ottenuto all’esame finale del terzo livello. Notizia inviata dalla Delegazione di Treviso
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In Famiglia
Serata Cecchetto per la Delegazione di Treviso Mercoledì 2 luglio nella sempre accogliente cantina di Giorgio Cecchetto a Tezze di Piave si è svolto un interessante incontro cui ha partecipato una folta rappresentanza di sommelier della delegazione di Treviso. Lo spunto per la serata è stato offerto dalla prossima discussione della tesi di laurea della studentessa Lisa Montesel del corso di Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche della Facoltà di Agraria dell’Università di Padova. Argomento della tesi il confronto vegeto-produttivo tra quattro cloni di Raboso Piave, il tradizionale R11 e i più recenti VCR 19, VCR 20
e VCR 43 dei Vivai Rauscedo, l’ultimo dei quali allevato a Guyot, cordone speronato e sylvoz. Lisa Montesel ha ripreso un argomento già presentato in una tesi dell’enologo Mariano Gallonetto, sviluppandolo con approfondimenti e osservazioni su esperienze ed esperimenti svolti nel corso dell’ultimo anno nel vigneto sperimentale di Cecchetto. All’incontro hanno partecipato i professori Claudio Giulivo, Vasco Boatto, Vanino Negro e la dott.ssa Deborah Franceschi della Facoltà di Agraria e il dott. Francesco Anaclerio responsabile della cantina di micro-
vinificazione dei Vivai Rauscedo. La serata si è articolata in una visita della cantina, una degustazione dei quattro diversi tipi di raboso e delle tre versioni del VCR 43 e la compilazione di un test di preferenza e a punti, e un momento conviviale finale in cui Giorgio e sua moglie Cristina (sommelier FISAR) hanno dato prova per l’ennesima volta di conoscere il senso profondo del temine “ospitalità”, con l’usuale generosa munificenza. Notizia inviata dalla Delegazione di Trevisoeeee
Master per Sommelier in Veneto Domenica 12 Ottobre presso il ristorante hotel Primavera di Godega di Sant’Urbano in provincia di Treviso, si e’ tenuto il Master sul Servizio alla quale hanno partecipato le delegazioni di Pordenone, Portogruaro e Treviso che ne e’ stata l’organizzatrice. La giornata di approfondimento e’ stata suddivisa in due parti ben distinte nelle quali sono stati trattati diversi temi di notevole importanza per la professionalita’ del sommelier Fisar. La prima parte e’ stata condotta dalla professoressa Bortolas Giuliana, insegnante di ruolo di tecnica e pratica di sala e bar all’Istituto Alberghiero di Vittorio Veneto, la quale ha illustrato ai presenti la terminologia tecnica legata alla sala, le differenti disposizioni dei tavoli con relativi percorsi degli operatori, le possibili soluzioni di mise en place ed infine i ruoli e le gerarchie nel contesto della ristorazione. Prima di congedarsi dal gruppo, la professoressa Bortolas ha dedicato alcuni minuti alle pratiche legate al bar ed alla preparazione dei cocktail, bevanda che raccoglie sempre piu’ consensi nell’universo giovanile. Nella seconda parte della giornata, il relatore e’ stato Privitera Mario, sommelier Fisar professionista, Maître
d’Hotel con esperienza pluriennale in strutture alberghiere cinque stelle lusso. Privitera ha ben descritto l’attivita’ di gestione di una cantina legata ad un ristorante o ad un albergo per poi dedicarsi alla spiegazione dettagliata delle varie fasi di un servizio, includendo degli esempi di interazione con il cliente ed il corretto comportamento che deve tenere il sommelier. Mario infine, ha dato dimostrazione pratica della sua grazia nel servire, svelando alcuni piccoli segreti per rendere armonici ed eleganti le movenze dell’operatore. Lo scopo del Master e’ stato quello di aggiornare e migliorare le conoscenze a riguardo delle pratiche di servizio creando la consapevolezza nei partecipanti, entusiasti della giornata, che la professionalita’, l’attenzione nei particolari e la personalita’ derivata dall’esperienza, sono le doti necessarie e distintive di ogni sommelier Fisar. Un ringraziamento particolare e dovuto a Luca che ha reso possibile, grazie alla gentile ospitalita’ del ristorante hotel Primavera, questo splendido incontro. Notizia inviata da Zanette Davide della Delegazione di Treviso
ERRATA CORRIGE Nel numero 6/2008 a pag. 54 nel contributo inviato da Gianfranco Grossi si intende come esatto: “L'enologo di «Tenuta di Poggio», Cipriano Barsanti ha detto: “Tutti noi ci rifacciamo alla scuola filo-australiana. Fare biodinamica oggi non è una operazione di marketing. Siano stanchi dei vini costruiti. Il vino è il ministro della tavola. La nostra terra è meno rovinata di altre. Un vino veramente interessante lo faranno i nostri figli”. pagina 50
Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
In Famiglia
La FISAR di Torino alla Food and Hospitaly China 2008 di Shanghai La Fisar di Torino è stata chiamata dal Presidente dell’ICIF – Italian Culinary Institute for Foreigners Bruno Libralon a partecipare all’importante manifestazione mondiale di Shanghai effettuata dal 4 – 6 dicembre 2008. Nello stand organizzato dall’ICE – Istituto per il Commercio Estero per conto del Ministero dello Sviluppo Economico hanno prestato servizio i
sommelier torinesi Piera Genta ed Eugenio Cantamessa. I due sommelier erano accompagnati dal Delegato di Torino Roberto Rabachino che è stato impiegato come oratore in due seminari aperti al pubblico.
Notizia inviata dalla Delegazione di Torino.
La Delegazione di Roma consegna i diplomi È stata organizzata, il 16 novembre 2008, ancora una volta, dalla delegazione F.I.S.A.R. di Roma e Castelli Romani, la cena di consegna dei diplomi per i nuovi sommelier. Si è tornati, come dettano le vecchie e buone abitudini, nella splendida, storica e lussuosa cornice dell’Hotel de Russie, della catena “Rocco Forte Collection”. L’albergo, situato a due passi dall’incantevole Piazza del Popolo, in Via del Babuino, ex sede storica della R.A.I. con veduta mozzafiato dal Pincio, è stato ed è, da sempre, elegante e tranquillo ritrovo degli artisti che transitano a Roma: da Pablo Ricasso a Jean Cocteau, da Igor Stravinsky alla famiglia Romanoff, per arrivare ai giorni nostri, in cui è ancora prestigiosa dimora di artisti, attori, registi e cantanti. E così, Domenica 16 Novembre, i nuovi sommelier, con relativi accompagnatori, si sono ritrovati per festeggiare la fine del corso. Il gruppo era capitanato dal Delegato Filippo Terenzi, dal direttore di corso e Consigliere della Delegazione, Antonio Mazzitelli e dalla sommelier, ma anche amica e consigliera di tutti i corsisti, Elisabetta Bucci che, sempre presenti in ognuno dei 40 incontri, hanno portato questo gruppo al conseguimento del diploma da sommelier, oltre che in ogni altra occasione che ci ha visto riuniti, come le degustazioni di alto livello che si sono svolte durante l’anno presso la nostra sede. Ma anche nelle tante cene informali alla scoperta di nuovi abbinamenti, per non parlare poi di un Vinitaly
vissuto insieme e delle tante cantine che ci hanno invitato ed ospitato nell’ultimo anno. La cena,vissuta dai partecipanti in un clima di allegria è iniziata con un aperitivo in piedi per poi passare a un antipasto di “baccalà mantecato con crema di ceci” e una “lasagnetta alla marinara”, accompagnati da un ottimo Frascati Superiore DOC 2007 della cantina “Casale Marchese”. Di seguito è stato servito un “risotto alle erbe e funghi porcini” abbinato ad un “Aurente” Chardonnay IGT 2006 della cantina “Lungarotti”. Fra foto di gruppo e passeggiate nello splendido giardino dell’hotel abbiamo proseguito con una “tagliata di manzo con carciofi” abbinata ad un Nobile di Montepulciano DOCG 2004 dell’azienda “Corte alla Flora”. La cena si è conclusa con uno stupendo “Tiramisù de Russie” accompagnato da un “Anno Domini” Ramandolo DOCG 2002 della cantina “Anna Berra”. Per chiudere, quando ormai ognuno aveva ricevuto il proprio diploma e tutti i tavoli erano felicemente immersi nei racconti di un anno di corso e di gite, sono stati serviti il caffè ed i famosi “Petit Four” dell’Hotel che ci hanno accompagnato dolcemente verso la fine della serata. Un ringraziamento particolare va a tutta la delegazione della Fisar di Roma, capace di coinvolgere tutti i corsisti ed instaurare un bellissimo clima di amicizia fra tutti noi, cosa questa che vale molto più di qualsiasi diploma.
Questo è l’elenco dei nuovi sommelier: Andreini Roberto, Baieri Andrea, Baldini Laura, Barbolla Stefano, Battisti Alessandro, Bernardi Paolo, Bertuzzi Virginia, Biroccio Annamaria,
Giaganelli Valentina, Guglielmo Manuel, Guidorzi David, Lodo Alessandro, Lugini Domenico, Mancinelli Andrea, Messina Ezio, Nicoletti Daniel, Palozzo Enrico, Pannuti Pia,
Caruso Manuela, Catalano Claudio, Clarendon Francesca Romana, Cotroneo Enrico, D’Alessandro Amedeo, Del Buono Ester, Di Lisa Giuseppe, Di Michele Luca, Franzesi Danilo, Galassi Andrea,
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Petrella Monica, Rinieri Leonardo, Sculli Mauro, Serrano Nunez Sandra Ximena, Vennettilli Fabio, Vicari Fabrizio, Vinciguerra Maria Gaia. Luca Di Michele Delegazione di Roma pagina 51
In Famiglia
Notizie dalla Delegazione Valdichiana La delegazione Valdichiana conclude l’anno 2008 in maniera schioppettante, con un Dicembre ricco di impegni importanti, qualificanti e professionali. Si comincia a San Quirico d’Orcia con DIVIN ORCIA, manifestazione di presentazione dell’ultima annata
della produzione del vino Orcia doc, la nostra delegazione ha gestito tutto l’evento dalla presentazione al servizio dei vini durante le conviviali, ma il momento cloù è stata la giornata di sabato 6 Dicembre, dove Fisar ha organizzato in sala degustazione separata, la presentazione ad operatori, giornalisti ed opinion leader della produzione di tutte le aziende consorziate. Solo due giorni di riposo ed eccoci impegnati a Montefollonico (il Borgo del Vin Santo) con la 4a edizione della manifestazione “lo gradiresti un goccio di vin santo?”, dove la Fisar ha partecipato alla selezione del miglior Vin Santo amatoriale, evento patrocinato dall’Amministrazione P r o v i n c i a l e d i S i e n a e dall’Amministrazione Comunale di Torrita di Siena e successivamente sono state organizzate due degustazioni comparative guidate tra due prodotti similari: il Picolit (vino ospite alla manifestazione) ed il Vin Santo, entrambi provenienti da zone di produzioni diverse. Per il Picolit Colli orientali del Friuli e Collio Goriziano per il Vin Santo Montepulciano ed il Chianti Classico. Tutti e quattro i prodotti sono stati abbinati ad otto tipologie di formaggi sia nazionali che internazionali, con breve discussione sull’abbinamento. La “cena in fattoria” è stato il momento di aggregazione sociale, ci siamo ritrovati appunto alla fattoria della Fratta a Sinalunga, una delle aziende storiche della Valdichiana per l’allevamento della razza chianina che
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dispone di un proprio punto di vendita della carne prodotta in azienda con il sistema a filiera corta come si usa dire oggi, o dal produttore al consumatore come abbiamo fatto noi; infatti il menù preparato dallo chef della casa, si è snodato tra i piatti tipici della Valdichiana con il tema unico della carne di chianina su tutte le portate, in abbinamento ai vini delle denominazioni che ruotano in Valdichiana. Alla fine dulcis in fundo, le donne fisariane ci hanno deliziato con la “madia dei dolci”, un assortimento di dolci eccezionali preparati per l’occasione a cui hanno risposto i soci abbinando Vin Santo di produzione propria; una sfida simpatica che sarà ripetuta a ruoli invertiti. Durante la conviviale, il Delegato Amedeo Esposito, oltre che ha tracciare il bilancio sull’operatività della Delegazione per il 2008, si è soffermato sugli impegni prossimi per la Delegazione, primi tra tutti il rinnovo del consiglio direttivo, la calendarizzazione delle manifestazioni, l’organizzazione della vita associativa. Ha ringraziato il consiglio di delegazione per il lavoro svolto, i sommelier effettivi che con il loro impegno e presenza garantiscono una grande visibilità, i soci tutti per la partecipazione, i consiglieri nazionali Masiello e Rossi per l’impegno a livello Nazionale, ed un ringraziamento particolare al Segretario Nazionale Mario Del Debbio, che ci ha onorato della presenza insieme alla signora Monica. A tutti i migliori auguri per un 2009 sereno e pieno di felicità! Notizia inviata da Nicola Masiello Delegazione Valdichiana
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La segreteria comunica
La Crociera dei Sapori, cui hanno partecipato tanti qualificati gourmet, ha visto la Fisar protagonista in una grande manifestazione ricca di seria cultura enogastronomica
La Fisar è salpata da Venezia Venezia
da Andrea Lamponi Delegazione Fisar di Venezia
con Costa Costa Crociere Crociere La Fisar e Costa Crociere hanno felicemente riallacciato i rapporti in occasione della Crociera dei Sapori che ha avuto luogo l’ultima settimana dello scorso mese di novembre ed è stata anche per i sommelier Fisar un’esperienza estremamente interessante e positiva. Chi è stato in crociera sa che a bordo le attività e le proposte sono molteplici e molte sono le motivazioni che spingono un sempre maggiore numero di persone a trascorrere in questo modo le proprie vacanze o una settimana di tranquillo riposo, momenti spesso arricchiti anche da tematiche specifiche e di approfondimento. Ed è stato proprio il caso della prima Crociera dei Sapori. svoltasi a bordo della Costa Serena, partita da Venezia il 23 novembre, con soste nei porti di Bari, Corfù, La Valletta e Napoli e con approdo finale a Savona il 28 novembre. Questa crociera davvero straordinaria, unica nel suo genere, è stata organizzata dalla TRE DI NOI, Port Shopping&Advertising e Costa Crociere in collaborazione con Unione Italiana Ristoratori e FISAR e ha ospitato grandi Chef italiani e due Sommelier FISAR e precisamente chi scrive, della Delegazione di Venezia e Lorenzo Giannone della Delegazione di Ragusa, recente vincitore del titolo di Sommelier dell’anno 2008. All’iniziale contributo che sono stato chiamato a sviluppare nei giorni di crociera (4 incontri-lezione dedicati alla Storia del Vino, Enologia e Viticoltura, Tecniche di degustazione e famiglie dei sentori, Tecniche di abbinamento cibo/vino), si sono aggiunti gli impegni pomeridiani legati alle dimostrazioni “live” di piccola cucina tenute dagli Chef, da noi affiancati nella descrizione dei vini abbinati alle loro creazioni e, nell’occasione, abbiamo illustrato storia e caratteristiche dei vini presentati. I nostri interventi sono stati apprezzati dal pubblico e dagli organizzatori e le telecamere e le interviste fatteci dai giornalisti e dalle emittenti televisive a bordo hanno dato ampio risalto alla presenza della FISAR e reso più incisiva la filosofia enogastronomia della nostra Federazione. Molto apprezzati e puntuali gli interventi di Lorenzo Giannone, il quale sorrideva dalla coperIl Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
tina della rivista Il Sommelier distribuita ai partecipanti, e col quale ci siamo resi sempre disponibili per soddisfare curiosità vitienologiche, offrire consigli e informazioni enogastronomiche anche al di fuori degli spazi organizzati nel programma (cosa che puntualmente si verificava la sera durante le cene tematiche dedicate a Veneto/Friuli, Piemonte, Sicilia, Liguria, Campania). I dopocena prevedevano delle piacevolissime e frequentate degustazioni di cioccolato e di Scotch Whisky tenute da Davide Ferrero e da Franco Gasparri ed anche in queste occasioni abbiamo espresso le nostre puntuali impressioni e valutazioni di sommelier sui prodotti presentati, sempre di alta qualità. Una bella esperienza, sia per noi personalmente che come sommelier Fisar perché ci ha permesso di far conoscere la nostra Associazione a dei professionisti dell’organizzazione turistica e a un pubblico di gourmet molto interessato, proveniente da ogni parte d’Italia. Un’esperienza che in parte può essere condivisa da chiunque attraverso il sito www.rete7.net nella cui sezione 7specials sono disponibili le puntate girate a bordo e che sono andate in onda su SKY nel periodo dal 23 dicembre al 6 gennaio sul canale 830 dei palinsesti Europeo, Americano e Canadese. Inoltre su YouTube digitando Crociera dei Sapori è possibile vedere la puntata andata in onda il 7 dicembre sull’emittente 7Gold.
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La segreteria comunica
Il 2009 è un anno particolarmente importante per la FISAR. A primavera le elezioni per il rinnovo delle cariche nei Consigli di Delegazione e poi la grande Assemblea elettiva di Ottobre per il rinnovo del Consiglio Nazionale. di Mario Del Debbio
La parola parolaai ai Soci Soci “
Ci sono veramente tante cose da fare in questo 2009 che necessitano dell’impegno di tutti
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Tutte le delegazioni, infatti, dovranno provvedere a convocare l’assemblea dei soci entro la fine del prossimo mese di Aprile. Oltre al consueto rendiconto economico questa assemblea avrà all’Ordine del giorno un altro particolare adempimento: l’elezione del Consiglio di Delegazione. Questo momento rappresenta un passaggio cruciale nella vita associativa visto che i soci eletti dovranno guidare la delegazione per i prossimi tre anni. Per questo è fondamentale che tutti apportino il loro contributo. Ricordo che ogni socio ha diritto all’elettorato sia attivo che passivo e che è sempre auspicabile avere persone nuove che si rendano disponibili per far crescere la Delegazione e di conseguenza l’Associazione. I Delegati e la Segreteria Nazionale sono a disposizione per fornire tutte le informazioni necessarie per esercitare il diritto di voto e per presentare le eventuali candidature. Sempre nel mese di Aprile si svolgerà l’Assemblea Nazionale per l’approvazione del Bilancio nel corso della quale si svolgeranno le elezioni per il rinnovo delle cariche del Collegio dei Revisori e del Collegio dei Probiviri. L’Assemblea di Aprile sarà oltremodo importante quest’anno. Sarà infatti la prima occasione per riunire i Consigli di Delegazioni neoeletti, per conoscere i nuovi delegati e consolidare i legami con i confermati. Verrà presentato il nuovo Regolamento che, unitamente alle novità informatiche attuate in queste settimane, condiviso pienamente da tutti, consentirà di partire subito con la giusta convinzione per la crescita della nostra Associazione. La convocazione è prevista per il giorno 19 aprile
2008 presso l’Hotel Together Florence Inn - Via A. De Gasperi, 6 - 50012 Bagno a Ripoli-Firenze. Nel prossimo mese di Ottobre infine, la grande Assemblea Elettiva Nazionale nella quale i soci saranno chiamati ad eleggere l’intero Consiglio Nazionale. Ricordo che potranno esercitare il diritto di voto tutti i soci in regola con la quota associativa. (fa fede il termine ultimo entro il quale deve essere inviata la convocazione dell’Assemblea: 10 giorni prima dello svoglimento nel caso di assemblea di delegazione, 30 giorni prima nel caso di Assemblea Nazionale). Coloro che per svariati motivi non potessero essere presenti all’assemblea, potranno avvalersi del diritto di voto per delega, conferendo ad altro socio, secondo le modalità stabilite, la delega a votare per loro nell’Assemblea Elettiva. Tra le ultime belle novità vorrei segnalare la rinnovata collaborazione con la Costa Crociere. Andrea Lamponi ed il sommelier dell’anno in carica Lorenzo Giannone hanno fatto onore alla FISAR intrattenendo con grande professionalità gli ospiti della Crociera dei Sapori contribuendo ad esportare la nostra cultura. Un grande ringraziamento infine, voglio farlo a tutti i sommelier che prestano servizio, molto spesso solo per passione, nelle varie manifestazioni. È da loro che dobbiamo sempre ripartire, perché loro sono l’immagine della FISAR. Ci sono veramente tante cose da fare in questo 2009 che necessitano dell’impegno di tutti, ed ognuno di noi con le proprie attitudini e qualità può dare il proprio contributo a far grande questa FISAR. Credetemi: “si può fare”! Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
La formazione professionale del sommelier non si conclude con il completamento del corso anzi, soprattutto per coloro che si rendono disponibili ad indossare la divisa di servizio, la fine del corso è solo … l’inizio!
LA BRIGATA DI SERVIZIO
Esattamente un anno fa, il Consiglio Nazionale deliberava la nuova struttura operativa per i servizi dei sommelier. Iniziare ad operare con nuove procedure dopo anni ed anni di abitudini consolidate non è mai un qualcosa di facile. Specie quando queste procedure prevedono cambiamenti da attuarsi in tutte le delegazioni e che quindi devono adattarsi alle molteplici realtà locali della nostra associazione. Credo però, che questo cambiamento fosse assolutamente necessario. La mutata realtà del panorama delle manifestazioni enologiche con una richiesta sempre crescente di operatori professionisti e professionali non poteva più restare inascoltata. Nemmeno era pensabile di continuare ad inviare gruppi, anche numerosi, di sommelier che spesso, nonostante la buona preparazione, risultavano poi poco omogenei. Da questo è nata la richiesta di individuare un Responsabile dei Sommelier, una persona di fiducia del Delegato che si occupasse esclusivamente di seguire i sommelier che prestano servizio, e successivamente codificare una struttura di carattere nazionale. La creazione di questa struttura con l’istituzione della “Brigata di Servizio” e la consegna del “libretto del sommelier” contenente tutte le regole di servizio rappresentano solo il primo passo verso quello che dovrà diventare un impegno a 360 gradi della FISAR. Un forte aiuto arriverà sicuramente dalla nuova gestione on-line dei soci. Attraverso internet sarà possibile mantenere aggiornato in tempo reale l’albo di sommelier (a cura delle delegazioni stesse) e sarà possibile contattare immediatamente tutti gli iscritti, sia per inviare loro notizie, aggiornamenti, news, sia per richiedere disponibilità in caso servizi nazionali. A tutto questo dovranno aggiungersi master e seminari di accrescimento professionale. Un costante aggiornamento per i sommelier, che li renda il nostro vero fiore all’occhiello. D’altronde i recenti impegni che ci hanno visto protagonisti, vedi presentazione guida Espresso e Sensofwine, dimostrano che siamo sulla strada giusta.
COORDINATORE UNICO Luigi Mastrocicco ASSISTENTE COORDINATORE Claudia Marinelli CAPI SERVIZIO Antonio Mazzitelli Filippo Terenzi FISAR ROMA Enrico Alessandrini Irene Ambrosini Maurizio Basso Virginia Bertuzzi Sandro Cafasso Andrea Camollacci Mirko Camollacci Gabriele Cappuccini Eugenia Castellucci Cinzia Cervi Giampaolo Cesarei Salvatore Cicciari Franco Colibazzi Paolo Condrò Cristina De Razza Raimondo Della Pietra Luca Di Michele Riccardo Esposito Daniela Fabriani Rita Favara Gianluca Fontana
Mara Gagliardi Federico Gargano Katia Gerard Giubbini Enrico Silvia Iessi Fara Mancini Giovanni Maraffa Paola Mastrocicco Marina Messina Loredana Mollo Siretta Onofri Giorgio Pagani Pia Pannuti Francesco Radiciotti Enrico Rastelli Maria Grazia Ricci Lucia Riva Giovanna Ronsisvalle Alessandro Rossi Maria Serena Spaccino Elena Toschi Tony Vitale FISAR ORVIETO Fabrizio Bellini Elisabetta Bellocchio Roberto Belsole Natale Cadamuro Alessandro Ceci Domenico Colombi Cristina Crispo Amilcare Frellicca Graziella Gasparri
La Brigata di Servizio
Coordinatore Unico Nominato dal C.N. Eventuali assistenti Nomina i Capi Servizio ed assegna i ranghi
Capo Servizio di sezione
Capo Servizio di sezione
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Sommelier di supporto
Il Coordinat ato ore è res respo ponsabile del servizio nei confr fro onti GHOO¶ OO¶$ $VVRFLD]LRQH 1RPLQD L &DSL &DSL 6 6HUYL]LR H VXSHUYLVLRQD DOOR VWHVVR Il Capo Servizio, nominat ato o dal Coordinat ato ore, non ha tavoli assegnat ati, i, ma supervisiona il servizio nella propria Sezione ( *) support rtan ando ove necessario i Sommelier di Rango.(**) affidat Il Rango più import rtan ante è affidat fidato o al Sommelier più espert rto o. I sommelier di support rto o (in grembiule) si occupano della gestione delle bottiglie (approvvigionamenti dalla cantina, recupero vuoti, ecc.)
CANTINA
(*) Sezione: è costituit ita a da un insieme di Ranghi (da 2 a 5) (**) Rango: uno o più ttav avoli (po (possibilmente non più di 20 copert rti) i)
FISAR VITERBO Cristina Baglioni Alessandro Fedeli FISAR PONTEDERA Francesca Corsi FISAR LIVORNO Carlo Rampone
Roma, 29/30 Novembre
FISAR FIRENZE Andrea Micheli Rocco Padula Matteo Pucci
ancora
FISAR CIVITAVECCHIA Dario Cirilli Tommaso Lelli Roberto Morasca Letizia Nesta Antonio Vaia
S
o m m e l i e r
Luigi Lodola Gianluca Pepe Leonardo Pimpolari Enzo Stopponi Vittorio Tarparelli Fulvio Vecchi
FISAR LATINA Marcello Cimadon Bruno De Falco Andrea Di Lorenzo Alberto Libralesso Gianluca Torri
Capo Servizio di sezione
Grazie!
La segreteria comunica
F.I.S.A.R. FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI
pagina 56
Il Sommelier - Anno XXVII - n. 1/2009
Via A. De Gasperi, 6 Bagno a Ripoli (FI) Tel. +39 055 6822000
XXXVIII Assemblea Nazionale F.I.S.A.R.
19 Aprile 2009
I soci potranno ritirare il programma completo ed il modulo prenotazione presso le rispettive delegazioni oppure scaricarlo direttamente dal sito ufficiale: www.fisar.com
“Vini forgiati dal fuoco” Schede Degustazione dei vini dell’Etna Aziende: Al-Cantàra, Barone di Villagrande, Cottanera, Edomè, Tenuta S. Michele F.I.S.A.R.
FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI
ctn 08.07
SCHEDA DI DEGUSTAZIONE DEI VINI Luogo:
Data:
Ragusa Denominazione:
VINO:
Produttore:
D.O.C.
13,5
Tipologia
Altro Bianco
I.G.T.
Mattino Alcol vol.%
Etna Rosso D.O.C. O’ Scuru O’ Scuru
Classificazione D.O.C.G.
4/10/2008
Rosato
Rosso
Annata Spumante Frizzante
Pomeriggio Temp. °C:
18
2005
Azienda Al-Cantàra - Randazzo Limpido Poco trasparente Tonalità Rosso rubino carico Colore Intensità Molto intenso Fluidità Denso Limpidezza
Azienda Al-Cantàra
Trasparenza
ESAME VISIVO
Effervescenza
Grana del Perlage Persistenza del Perlage
Intensità
Molto intenso
Qualità
Finezza
ESAME OLFATTIVO
Complessità
Schietto Fine
Franchezza
Complesso Fruttato di frutta rossa matura e sottobosco. Speziato di vaniglia, Tabacco, Minerale. Leggere note canforate e sulfuree.
Natura del profumo
Corpo
Strutturato Elementi di Morbidezza
Elementi di Durezza
Caldo Fresco vivo Sapidità Sapido Poco morbido Tannicità Tannico Zuccheri Secco Equilibrio Sufficientemente equilibrato Intensità Molto intenso SENSAZIONI Aroma di bocca Qualità RETRO Fine OLFATTIVE Fin di bocca (P.A.I.) Molto Persistente Stato evolutivo Giovane Considerazioni finali Vino di grande potensialità, sicuramente longevo, che lascia la bocca asciutta, con piacevoli retrogusti di tabacco. ESAME GUSTATIVO
Alcolicità
Morbidezza
Acidità
F.I.S.A.R.
FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI
ctn 08.07
SCHEDA DI DEGUSTAZIONE DEI VINI Luogo:
Data:
Ragusa
VINO:
Produttore:
D.O.C.
12
Tipologia
Altro Bianco
I.G.T.
Rosato
Rosso
Pomeriggio
Mattino Alcol vol.%
Etna Bianco Superiore D.O.C. (vitigno Caricante)
Classificazione D.O.C.G.
4/10/2008
Annata Spumante Frizzante
Temp. °C:
10
2007
Azienda Barone di Villagrande - Milo Limpido Trasparente
Limpidezza Trasparenza
Tonalità
Colore
ESAME VISIVO
Intensità
Giallo paglierino con riflessi giallo tenue Intenso
Poco denso
Fluidità
Grana del Perlage
Effervescenza
Persistenza del Perlage Intensità
Intenso Finezza
ESAME OLFATTIVO
Schietto Fine
Franchezza
Qualità
Complesso Floreale di zagara ed oleandro. Fruttato di frutta gialla matura, speziato di vaniglia con richiami di minerale.
Complessità
Natura del profumo
Di corpo
Corpo
Elementi di Morbidezza
ESAME GUSTATIVO
Morbidezza Zuccheri Equilibrio
SENSAZIONI RETRO OLFATTIVE
Elementi di Durezza
Caldo Rotondo Secco Equilibrato
Alcolicità
Aroma di bocca
Acidità Sapidità Tannicità
Intenso Fine Sufficientemente persistente
Intensità Qualità
Fin di bocca
Fresco vivo Sapido /
(P.A.I.)
Azienda Barone di Villagrande
Denominazione:
Pronto Considerazioni finali Vino di spessore, con grande carica olfattivo, gusto di buona piacevolezza. Leggermente corto. Lascia la bocca pulita con retrogusto di mandorla amara. Stato evolutivo
F.I.S.A.R.
FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI
ctn 08.07
SCHEDA DI DEGUSTAZIONE DEI VINI Luogo:
Data:
Ragusa Denominazione:
Etna Rosso D.O.C. l’Ardenza (vitigno Mondeuse)
Classificazione D.O.C.G.
Produttore:
D.O.C.
Bianco
Rosato
Rosso
Annata Spumante Frizzante
Pomeriggio Temp. °C:
18
2005
Azienda Agricola Cottanera - C.da Iannazzo - Castiglione di Sicilia Limpidezza Trasparenza
ESAME VISIVO
14
Tipologia
Altro
I.G.T.
Mattino Alcol vol.%
Limpido Trasparente Tonalità
Colore
Intensità
Rosso rubino carico Intenso
Denso
Fluidità
Grana del Perlage
Effervescenza
Persistenza del Perlage Intensità
Profondo Finezza
ESAME OLFATTIVO
Complessità
Schietto Molto fine
Franchezza
Qualità
Complesso Fruttato con ribes maturo. Boisé. Speziato con pepe e leggero tabacco. Balsamico con richiamo al minerale.
Natura del profumo
Corpo
Robusto Elementi di Morbidezza
Elementi di Durezza
Acidità Fresco vivo Molto caldo Sapidità Sapido Morbidezza Poco morbido Tannicità Tannico Zuccheri Secco Equilibrio Sufficientemente equilibrato Intensità Molto intenso SENSAZIONI Aroma di bocca Qualità RETRO Molto fine OLFATTIVE Fin di bocca (P.A.I.) Persistente Stato evolutivo Giovane Considerazioni finali Data la grande presenza di polifenoli ed estratto è un vino che può migliorare le sue qualità intrinseche, soprattutto a livello gustativo. Poco equilibrio acidità-tannino. Vino robusto e di classe.
ESAME GUSTATIVO
Alcolicità
Azienda Agricola Cottanera
VINO:
4/10/2008
F.I.S.A.R.
FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI
ctn 08.07
SCHEDA DI DEGUSTAZIONE DEI VINI Luogo:
Data:
Ragusa Denominazione:
VINO:
Produttore:
D.O.C.
13,5
Tipologia
Altro Bianco
I.G.T.
Rosato
Rosso
Annata Spumante Frizzante
Temp. °C:
18
2005
Cantine Edomè s.s. - Passopisciaro Limpido Trasparente
Limpidezza Trasparenza
Azienda Edomè
Alcol vol.%
Aitna Sicilia Rosso
Classificazione D.O.C.G.
Pomeriggio
Mattino
4/10/2008
Tonalità
Colore
ESAME VISIVO
Intensità
Rosso rubino tendente al granato Intenso
Poco denso
Fluidità
Grana del Perlage
Effervescenza
Persistenza del Perlage Intensità
Profondo Finezza
ESAME OLFATTIVO
Molto schietto Fine
Franchezza
Qualità
Complesso Speziato con richiami di liquirizia, vaniglia e pepe. Fruttato di frutta rossa matura e cotta, prevalenza di ciliegia e prugna.
Complessità
Natura del profumo
Strutturato
Corpo
Elementi di Morbidezza
ESAME GUSTATIVO
Morbidezza Zuccheri Equilibrio
SENSAZIONI RETRO OLFATTIVE
Elementi di Durezza
Caldo Rotondo Secco Equilibrato
Alcolicità
Acidità Sapidità Tannicità
Intenso Molto fine Molto persistente
Intensità
Aroma di bocca
Qualità Fin di bocca
Fresco Sapido Giustamente tannico
(P.A.I.)
Pronto Considerazioni finali Vino di gran classe, espressione del territorio, con un ventaglio olfattivo notevole. Grande concentrazione, ricco di estratto. Stato evolutivo
F.I.S.A.R.
FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI
ctn 08.07
SCHEDA DI DEGUSTAZIONE DEI VINI Luogo:
Data:
Ragusa Denominazione:
VINO:
Murgo Brut Millesimato (Nerello Mascarese vinificato in bianco)
Classificazione D.O.C.G.
Produttore:
D.O.C.
V.Q.S.
Bianco
Rosato
Rosso
Mattino Alcol vol.%
13
Annata Spumante Frizzante
Pomeriggio Temp. °C:
8
2005
Azienda Tenuta S. Michele - S. Venerina Trasparenza
Tenuta S. Michele
Tipologia
Altro
I.G.T.
Limpidezza
ESAME VISIVO
4/10/2008
Brillante Trasparente Tonalità
Colore
Intensità
Giallo paglierino carico Intenso
Scorrevole
Fluidità
Grana del Perlage
Effervescenza
Molto fine Molto persistente
Persistenza del Perlage Intensità
Intenso Finezza
ESAME OLFATTIVO
Complessità
Schietto Fine
Franchezza
Qualità
Complesso Fruttato di mela gialla con richiami di pesca matura. Speziato. Leggera vaniglia. Biscotto. Lievito.
Natura del profumo
Corpo
Di corpo Elementi di Morbidezza
Elementi di Durezza
Acidità Caldo Fresco vivo Sapidità Sapido Morbidezza Poco morbido Tannicità / Zuccheri Secco Equilibrio Sufficientemente equilibrato Intensità Intenso SENSAZIONI Aroma di bocca Qualità RETRO Fine OLFATTIVE Fin di bocca (P.A.I.) Persistente Stato evolutivo Pronto Considerazioni finali Vino spumante di grande spessore, leggermente disarmonico a livello gustativo per acidità in eccesso. Piacevole le sensazioni retrolfattive che esaltano le qualità olfattive iniziali. Lascia la bocca piacevolmente asciutta.
ESAME GUSTATIVO
Alcolicità
P E R U G I N A H A C R E AT O P E R T U T T I I W I N E B A R E L E E N O T E C H E U N ' O F F E R TA O R I G I N A L E E D E S C L U S I VA . Scopri con la nuova linea Collezione un'esperienza sensoriale unica: un viaggio tra i piaceri del cioccolato e le meraviglie dei vini e dei distillati. Un’occasione in più per sviluppare il tuo business principale coinvolgendo i tuoi clienti in maniera originale e esclusiva: con tutta la dolcezza del cioccolato e l’esperienza Perugina.
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