Il Sommelier NR.2/08

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Anno XXVI - Numero 2 - Marzo-Aprile 2008

IN QUESTO NUMERO: • La bevanda degli dei nel simbolo della vita che si rinnova • Perù: il futuro si chiama agroalimentare ISSN 1826-6533

Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: ”Poste Italiane S.p.A. - Sped.Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po”

Rivista di enologia, gastronomia e turismo

€ 4,10

• Galàpagos: un mondo parallelo • Il vino... e la moda



ENOGASTRONOMIA, TURISMO, CURIOSITÀ

COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

In questo Numero

L’opinione del Presidente - Vittorio Cardaci Ama

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La rivista compie 25 anni - Roberto Rabachino News dal Mondo News dall’Italia

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In Famiglia

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Redazionale - Roger Sesto - Sergio Pintaudi

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La segreteria comunica

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Mondouse: un vitigno francese con accento siciliano - Gilberto Arru

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Perù: il futuro si chiama agroalimentare Roberto Rabachino e Gladys Torres

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Finchè c’è vite c’è speranza - Andrea Battistuzzi »

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Un sorso di emozioni ai Tropici - Enza Bettelli

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Vinitaly 2008: business con passione - Piera Genta »

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Galàpagos: un mondo parallelo - Carlo Ravanello »

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Il Vino del Ghiaccio - Cinzia Tosetti

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Il vino... e la moda - Piera Genta

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L’ultima vendemmia verrà così ricordata Lorenzo Tablino

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Loazzolo: La più piccola DOC Italiana Luca Iacopini e Massimo Bracci

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La bevanda degli dei nel simbolo della vita che si rinnova - Gianni Staccotti

CULTURA DEL VINO

SCIENZA, TECNICA APPROFONDIMENTI

QUALITYNEWS le notizie di enogastronomia e turismo a cura di Quality ADV

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Lettera del Presidente

E pur si muove! Si dice che Galileo l’abbia detto lavorando dentro al duomo di Pisa vedendo un lampadario, ancora oggi presente al centro della navata, dondolare sotto l’effetto del vento. di Vittorio Cardaci Ama

Cultura del del bere bere Cultura per il rispetto della vita “

Da giovedì 3 aprile saremo presenti, come di consueto, a Verona in occasione della 42a edizione del Vinitaly

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Senza volere scomodare il grande scienziato pisano, mi piace ricordare la celebre frase per quanto riguarda la nostra campagna circa “La Cultura del bere per il rispetto della vita” ebbene si, eppur si muove qualcosa: l’Organizzazione Mondiale della Sanità vuole ridurre l’uso nocivo dell’alcol entro i prossimi tre anni ed invita i Paesi aderenti ad adottare dei procedimenti di sorveglianza del consumo d’alcol e delle sue conseguenze sanitarie e sociali. In attesa che i Governi si attivino con ulteriori strumenti, la Fisar, nel suo piccolo e con le proprie forze, ha condotto uno studio “pilota” circa la determinazione del tasso alcolemico che si registra nei corsisti dopo avere degustato i campioni di vini, o birre, o superalcolici, previsti dall’argomento trattato nelle lezioni; nel prossimo numero pubblicheremo i risultati che, posso anticipare, sono confortanti e di conseguenza abbiamo organizzato a Verona un convegno, aperto al pubblico, Sabato 5 Aprile p.v. alle ore 15,00 presso la Sala Respighi, al Palaexpo del Vinitaly al fine di stimolare un dibattito per meglio sensibilizzare sia gli intervenuti che l’opinione pubblica.

La vostra presenza sarà molto importante, non mancate! A tal proposito, sempre dal prossimo numero, troverete una rubrica curata dal dottor Sergio Pintaudi sul tema “Vino & Salute” che tratterà gli aspetti peculiari in riferimento alle funzioni del corpo umano, ponendo l’attenzione sui possibili benefici derivanti dalla corretta assunzione dell’alcol senza trascurare gli aspetti patologici dell’abuso. Anche la stampa specializzata inizia a trattare il problema e se ne comincia a parlare anche sulle pagine di altre riviste: evidentemente l’appello lanciato dal numero 5 della nostra rivista è stato raccolto. Da giovedì 3 aprile saremo presenti, come di consueto, a Verona in occasione della 42a edizione del Vinitaly, vi aspetto numerosi al nostro stand dove potremo scambiare qualche chiacchiera, ricordandovi di indossare il distintivo sociale, la cravatta o il foulard d’ordinanza, perché solo così saremo riconoscibili. Un cordiale augurio di serenità.

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per comunicare con il Presidente presidente@fisar.com

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


Editoriale del direttore

Quasi con imbarazzo scrivo questo mio editoriale perché mi sento addosso tutta la responsabilità di dirigere una rivista che da 25 anni è testimone attiva dei cambiamenti di questo stupendo mondo. di Roberto Rabachino

La rivista compie

25 25anni anni La rivista è l’house organ della Fisar, questa gloriosa associazione che è parte attiva del mondo dell’enologia, della sommellerie e della cultura del gusto. Prima di me la rivista è stata diretta da un maestro, il Prof. Mario Fregoni. Il Prof. Fregoni e la figlia Costanza hanno portato cultura nelle case di tutti noi. Il mio, il nostro ringraziamento è doveroso e sincero. In questi ultimi anni la rivista ha compiuto passi avanti. Abbiamo migliorato la grafica, l’impaginazione e la distribuzione. Oggi la nostra rivista è letta da tutto il mondo dell’enologia, della sommelierie, della gastronomia, dell’agroalimentare e del comparto turistico.

La raccolta pubblicitaria, indispensabile per la vita di una rivista, ci premia. Il futuro ci vede impegnati ad essere testimoni del nostro tempo senza dimenticarci mai che l’etica, la deontologia, la ricerca e l’analisi sono e saranno sempre i nostri punti cardinali. Questo è l’impegno. Infine, il ringraziamento va al Presidente e al Consiglio Nazionale della Fisar, a tutti i nostri insostituibili collaboratori, alla redazione centrale, al comitato di redazione, alla tipografia, alla concessionaria pubblicitaria e alle delegazioni che ci forniscono costantemente notizie sulle loro attività. Ad maiora, cara rivista!

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Il Sommelier Registr. Tribunale di Pisa n° 21 del 15.11.1983

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Responsabile Comitato Scientifico: Giuseppe Sicheri Comitato di Redazione e Controllo: Mario Del Debbio, Alberto Giustarini, Nicola Masiello e-mail: redazione@ilsommelier.com Hanno collaborato a questo numero G. Staccotti, S. Marini, S. Scarpino, G. Sicheri, M. Rella, A. L. Vinci, L. Iacopini, M. Bracci, A. Battistuzzi, G. Dalla Via, E. Bettelli, P. Genta, C. Ravanello, C. Tosetti

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Cultura e Sapori

di Gianni Staccotti

La parola cioccolata è di origine incerta, secondo la tesi più accreditata deriverebbe da “cacahualt”, composta da “cacahu” (cacao) e “alt” (acqua), ossia semi di cacao macinati e sciolti in acqua a formare la bevanda degli dei: che suggerì al naturalista svedese Linneo di definire il cacao “theobroma”

La

bevanda bevandadegli degli dei dei

nel simbolo della vita che si rinnova rinnova

Sorbire cioccolata a Milano era considerata una vera ghiottoneria

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Bevanda Presso i popoli precolombiani la cioccolata era un alimento d’élite, consumato eccezionalmente dal popolo in occasioni celebrative, come i matrimoni. Diaz de Castillo, al seguito di Cortés, nel testo “La Conquista del

Messico”, segnala che l’imperatore Montezuma II durante il pasto reale beveva più di cinquanta tazze d’oro contenenti un liquido fatto con il cacao. Per i Maya la cioccolata doveva essere calda, in contrasto con la versione fredda degli aztechi, in entrambi

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Cultura e sapori

i casi berne una tazza rappresentava simbolo di ricchezza e ospitalità, oltre che uno dei piaceri della vita. Dal cacao si ricavavano diverse bevande, che variavano in base alla qualità degli ingredienti utilizzati per aromatizzare la mistura: peperoncino, vaniglia o magnolia, che la caricavano di un significato diverso quanto preciso. Altrettanto importante era che il composto risultasse schiumoso, e perciò era scosso con apposito bastoncino. All’inizio la bevanda non riscosse molto successo, poi alla corte di Spagna, affascinati dalla singolare mistura esotica, cercarono di adeguarla al proprio gusto. Così, verso l’inizio del ‘600 una versione “ingentilita” della cioccolata diventò di moda. La ricetta aveva un sapore dolce, non più amaro piccante, ed era ottenuta aggiungendo al cacao: zucchero, scorze di frutta ed aromi vari, spesso cannella e vaniglia. Attorno al 1615 Anna d’Austria, Infanta di Spagna andata in sposa a Luigi XIII, introdusse la bevanda in Francia, terra dalla quale poi raggiunse anche Olanda, Germania e Inghilterra. Sul finire del ‘600 Emanuele Filiberto di Savoia trasferì la capitale sabauda da Chambery a Torino dove porta il cioccolato nella città che detiene il primato della produzione del cioccolato di qualità. Camillo Benso Conte di Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

Cavour trovava il tempo di distogliersi dai problemi politici sostando al Bicerin, locale storico sulla piazza del santuario della Consolata, nato nel 1763 come bottega dell’acquacedrataio e confetteria Dentis, e diventato famoso per il “bicerin”: una caratteristica bevanda calda torinese ottenuta da particolari miscele di cacao, caffè e latte intero secondo una ricetta segreta. Sulla piazza del Teatro alla Scala di Milano, all’angolo con la Contrada di San Giovanni alle Case Rotte, si trovava il Caffè delle Sirene, tranquillissimo locale rifugio di anziani con cappello a tricorno; quando fu invaso dalle masse corali e orchestrali della Scala cambiò nome in “Caffè dei Virtuosi”. In questo caffè nacque la bevanda storica: la Barbajada, dal nome del suo inventore Domenico Barbaja, in gioventù garzone di caffè, poi organizzatore di spettacoli musicali. Domenico Barbaja fu un infallibile scopritore di talenti, protesse e lanciò grandi musicisti come Rossini, Donizetti, Bellini e moltissimi cantanti lirici, divenendo un personaggio leggendario per

l’olandese Van Houten brevettò il metodo per separare efficacemente dai semi del cacao la polvere e il burro

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Cultura e sapori

gli Egizi erano soliti donare, all’inizio della primavera, uova dipinte ad amici e parenti come augurio di rinascita

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oltre trent’anni dal 1809 al 1840. Scrisse di lui Giuseppe Rovani, esponente di spicco della scapigliatura milanese: quest’uomo che aveva cominciato la sua carriera col fare il guattero nei fondaci delle bottiglierie; poi sospinto dal suo genio, scoprì l’alto segreto di mescolare la panna col caffè e la cioccolata, onde nella imperitura memoria la parola di barbajada (non traducibile in barbagliata, come hanno osato alcuni scrittori) si fece un monumento più saldo del granito. Questa bevanda, rimasta in uso fino agli anni trenta ma oggi quasi dispersa, era fatta con cioccolata, latte e caffè in eguali dosi, zucchero a piacere, lavorata con la frusta fino a schiumare, e servita fresca in bicchiere d’estate, o calda con panna in tazza d’inverno. Sorbire cioccolata a Milano era considerata una vera ghiottoneria tanto che, nel dialetto milanese, esiste il verbo “ciccolatare” riportato da Carlo Porta in un suo sonetto Grazie, Lu aal giamò ciccolataa? Traducibile in grazie ha già cioccolatato lei? Secondo le testimonianze di Brillat-Savarin e Ippolito Cavalcanti, in Francia come a Napoli, alla fine dei pranzi ufficiali si usava servire la cioccolata. Fu in questo periodo d’oro per la dolce pozione che vennero scritti numerosi trattati come “La manovra della cioccolata e del caffè “ di Vincenzo Corrado. La moda della bevanda venne in seguito relegata in secondo piano e superata dall’affermarsi del più borghese caffè. La figura del cioccolataio Ritorna il dualismo fra Milano e Torino

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anche in questa locuzione passata a definire in tutto il resto d’Italia chi fa una brutta figura. Una citazione si deve a Carlo Porta, che ultimata la traduzione del canto primo dell’Inferno dantesco, la inviò all’amico pittore Giuseppe Bossi, che lo ricambiò con un ritratto, accompagnandola con i versi scherzosi: Deggià che t’è vegnuu per i badee de vedè coj tò oeucc el pover Dant in sta figura de cicco-

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Cultura e sapori

I Persiani 1000 anni prima consideravano l’uovo di gallina un segno augurale e simbolo della natura che si rinnova

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latee, soddisfet, che t’el mandi col primm cant: guardel, e dopo avell guardaa ben ben conclud che el par on scior ch’è vegnuu al men. Traducibile in: di già che ti è venuto per le... scatole di vedere coi tuoi occhi il povero Dante in questa figura di cioccolataio, soddìsfati, ché te lo mando col primo canto: guardalo e dopo averlo guardato ben bene concludi che pare un signore che è venuto al meno. Nella vecchia Milano si era soliti sorbire la cioccolata nelle botteghe dei cioccolatai che appoggiavano alle pareti esterne, di fianco all’ingresso, le insegne che invogliavano i passanti ad entrare. Alcune di queste insegne, realizzate da pittori naïf, rappresentavano grottescamente i garzoni che pestavano i semi del cacao nei mortai producendo una polvere che imbrattava i loro fluenti baffoni e la possente muscolatura: brutte figure di cioccolataio appunto. Un’altra versione del famoso detto piemontese “fe ‘na figura da ciocolatè” si riferisce al re Carlo Felice che era solito uscire da Palazzo Reale a bordo di una carrozza trainata da quattro cavalli di pura razza, per fare un giro attraverso piazza Castello, suscitando l’ammirazione generale dei suoi sudditi. Un fabbricante di cioccolato, di cui purtroppo la storia non ha tramandato il nome, che si era arricchito grazie alla nuova moda, Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

si permise di imitare il suo sovrano, aggirandosi per la stessa piazza con quattro cavalli attaccati alla sua vettura. Si narra che il re, notevolmente indispettito dal comportamento del cioccolataio, per non fare più una figura da cioccolataio, da quel giorno decise di maggiorare le spese di scuderia e pretese di avere un attacco a sei cavalli. Dolcezze solide Nel 1828, l’olandese Van Houten aprì una nuova frontiera nel settore del cioccolato, brevettando il metodo per separare efficacemente dai semi del cacao la polvere e il burro. Questo sistema portò alla nascita del moderno cioccolato industriale che fece esplodere il consumo di cacao sotto forma di cioccolatini, tavolette e altre dolcezze solide come le uova pasquali. Nel Carnevale del 1865 Caffarel e Prochet, amalgamando cioccolato e pasta di nocciole tonde gentili di Langa, realizzarono un cioccolatino a cui diedero la forma del cappello della maschera torinese Gianduia; due anni dopo il cioccolatino prese il nome di gianduiotto. Nelle feste popolari torinesi, non manca mai Gianduia: la più conosciuta maschera del Piemonte, accompagnato dalla sua fedele compagna Giacometta con la quale, nei giorni di carnevale, gira su una carrozza per le pagina 7


Cultura e sapori

Presso i popoli precolombiani la cioccolata era un alimento d’élite

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vie di Torino. Nel 1798 i burattinai Sales e Bellone chiamarono il burattino da loro creato: “Gironi“, che in dialetto piemontese significa Girolamo. Il comportamento del burattino, che, con immediatezza tutta popolaresca, coglieva il lato comico e ridicolo delle cose e delle persone, finì per dare noia alle autorità, le quali temevano che le facezie legate al suo nome potessero arrecare qualche pregiudizio a quello di Girolamo Bonaparte fratello di Napoleone. Per questa ragione Gironi divenne Gianduja (cioè Giôàn d’la douja), derivato dal boccale sempre colmo di buon vino che portava fedelmente con se e che nel dialetto astigiano è chiamato douja. Simbolo pasquale L’uovo è sicuramente il simbolo più rappresentativo della Pasqua, per eccellenza la festa della primavera ed il cioccolato entra prepotentemente nella tradizione cristiana della Pasqua sostituendo il dono di uova vere, decorate o dorate. Ma già i Persiani 1000 anni prima consideravano l’uovo di gallina un segno augurale e simbolo della natura che si rinnova; analogamente gli Egizi erano soliti donare, all’inizio della primavera, uova dipinte ad amici e parenti come augurio di rinascita. Risale alla tradizione orientale cinese l’idea che le origini della Terra vadano fatte risalire a un uovo gigante, idea ripresa dai Romani che erano soliti dire Omne vivum ex ovo. Secondo la tradizione cristiana le uova sono il simbolo della Resurrezione di Cristo e della vita che si rinnova, per questo venivano donate quando la Pasqua coincideva con i riti primaverili per la fecondità. La leggenda narra che Maria Maddalena, di ritorno dal Santo Sepolcro rimasto vuoto, tornando a casa per raccontare il miracolo ai discepoli, si imbatté in Pietro che non le credette schernendola: “Ti crederò solo se le uova che porti nel cestello si coloreranno di rosso”. Immediatamente le uova assunsero un colore purpureo e lo scettico Pietro fu costretto a piegarsi davanti a cotanto miracolo. Da allora, alla fine di ogni Messa pasquale, venivano donate ai fedeli uova benedette dipinte di rosso a testimonianza del sangue versato da Gesù. Nel corso del Medioevo la tradizione voleva che uova sode dipinte a mano fossero servite a pranzo e donate ai servitori, mentre nel XV secolo si diffuse l’usanza di servire per colazione una frittata preparata con le uova deposte dalla gallina il giorno del

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Bevanda storica della prima metà dell’800, che accompagnava la degustazione dei dolci a Milano era la Barbajada, dal nome del suo inventore Domenico Barbaja, Si preparava mettendo nella cioccolatiera, meglio se di rame, una parte di caffè, una di cioccolata liquida e una di panna o latte. Si portava a ebollizione frullando sempre finché si formava una bella schiuma. È ottima anche fredda d’estate, ma allora conviene farla col latte e non con la panna. Per avere un risultato perfetto, bisognerebbe usare il frullino di legno. Samarani è stato l’ultimo caffè milanese famoso per il modo di preparare questa bevanda, rimasta in uso fino agli anni trenta ma oggi quasi dispersa. Venerdì Santo. Si diffuse in seguito la tradizione di creare uova artificiali fabbricate o rivestite in materiali preziosi quali argento, platino od oro, ovviamente destinata agli aristocratici ed ai nobili: Edoardo I d’Inghilterra commissionò la creazione di circa 450 uova rivestite d’oro da donare in occasione della Pasqua. Ma la ricca tradizione dell’uovo decorato è dovuta all’orafo Peter Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette dallo zar Alessandro III il compito di preparare un dono speciale per la zarina Maria; l’orafo creò per l’occasione il primo uovo Fabergé, un uovo di platino smaltato di bianco contenente un ulteriore uovo d’oro il quale conteneva a sua volta due doni: una riproduzione della corona imperiale ed un pulcino d’oro. La fama che ebbe il primo uovo di Fabergé contribuì a diffondere la tradizione del dono interno all’uovo. Una delle numerose leggende che riguardano la nascita dell’uovo fatto interamente di cioccolato vuole che sia stato Luigi XIV il primo a farle realizzare. Il cioccolato, delizia del palato per milioni di estimatori, è oggi uno dei prodotti dolciari per eccellenza in tutte le varie forme che la sua versatilità gli consente di assumere. Da elitaria bevanda alle classiche tavolette di cioccolato fondente, al latte, bianco, al caffè e al peperoncino, fino ad una varietà pressoché infinita di cioccolatini di tutte le forme e dimensioni e le più ghiotte variazioni sul tema del cioccolato in pasticceria. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


Degustandibus

Il panorama vitivinicolo italiano è talmente variegato che diventa sempre più difficile capire la vera identità di una regione o di un determinato territorio.

Mondouse: Mondouse:

di Gilberto Arru

un vitigno francese con accento siciliano Originario dell’Alta Savoia e ben acclimatato nelle falde dell’Etna Si fa di tutto e di più. C’è chi ha impostato la propria filosofia produttiva puntando sugli autoctoni, chi sugli alloctoni, chi su entrambi. Sono scelte aziendali che, in ogni modo, devono essere rispettate. Sarà il mercato a decretarne il successo o meno. Il nostro compito, di cronisti del vino, è quello di informare, magari con qualche considerazione personale, e tale deve rimanere. Nel mondo enologico, mantenere la propria identità è un modo per ricollegare un determinato vino al territorio, identificandolo e valorizzandolo. È anche vero che molti vitigni internazionali, dopo un certo periodo di acclimatazione, possono considerarsi autoctoni. E, seppure con affinità genetiche, danno sempre risultati diversi. Se poi si aggiungono tecniche di lavorazione differenti, nella vigna e in cantina, la diversità è ancora più accentuata. Sarà compito dell’azienda, non sempre facile, informare i consumatori attraverso una comunicazione chiara e convincente i motivi che hanno creato la differenza. Ormai non c’è regione dove non siano presenti cabernet, chardonnay, merlot, pinot, sauvignon, syrah e tanti altri. Se talvolta può sembrare strano trovare un Cabernet Sauvignon o un Muller Thurgau prodotto in Sicilia, lo è ancora di più per un Nero d’Avola o un Inzolia prodotto in Piemonte o in Alto Adige. Probabilmente, pur di vendere, si arriverà anche a questo. Se per alcune cose l’Italia, nei confronti di altri Paesi europei, è restrittiva, in altre è eccessivamente permissiva. Probabilmente non si è fatto tanto per salvaguardare nomi e tradizioni. Ormai si può Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

produrre una infinità di vini diversi, grazie al gran numero di vitigni e alle specificità derivanti dal territorio, per composizione e microclima. Su queste basi la Sicilia, come altre regioni meridionali, ha qualche vantaggio in più. Nascono vini potenti, di grande spessore olfattivo e gustativo, ma anche eleganti. Tra i tanti vini “nuovi” e “moderni” e sono veramente tanti - c’è una chicca che nasce nelle terre laviche alle pendici dell’Etna: L’Ardenza. Un gran bel vino ottenuto da un vitigno a bacca rossa poco diffuso in Italia, originario dell’Alta Savoia. Esiste anche una varietà bianca che, secondo alcuni ricercatori, incrociato con il Durezza dà origine al noto syrah. Lo produce l’azienda Cottanera nelle sue vigne che sono situate a oltre 700 metri sul livello del mare, su terreni non facili, nel versante nord-est dell’Etna. “Solo una grande passione ci ha spinto a produrre questo vino. È quasi una scommessa per noi”. Lo dice, con un pizzico di orgoglio, Francesco Cambria, titolare dell’azienda che si avvale della preziosa collaborazione dei giovani figli. Sono oltre cento ettari,

Gli assaggi delle ultime quattro annate in commercio, sono abbastanza significativi e danno l’idea delle potenzialità di questo vitigno

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Degustandibus

tra vigneti ed uliveti, ma solo una piccola parte riguarda la coltivazione di questo raro vitigno. Al momento sono circa 15mila le bottiglie prodotte e la prima annata risale al 1999. Molta importanza è data alla tracciabilità. Parola usata e spesso abusata in questi ultimi anni. Però, con la direzione tecnica di Lorenzo Landi, riacquista il vero significato. Gli sforzi dell’azienda sono rivolti principalmente a seguire l’evoluzione del frutto nella vigna. E possiamo affermare che l’altitudine e la composizione dei suoli, contribuiscono a caratterizzare questo vino e le possibili differenziazioni possono derivare dall’andamento climatico. Gli assaggi delle ultime quattro annate in commercio, sono abbastanza significativi e danno l’idea delle potenzialità di questo vitigno, sia per quanto

riguarda il colore, sia i profumi e lo spessore gustativo. L’annata 2001 è risultata complessivamente quella più armonica. Ha ancora qualche riflesso violaceo. Impressiona soprattutto all’esame olfattivo dove il bouquet sprigiona note minerali, di mora e di cioccolato; notevole l’ampiezza e l’armonia gusto-olfattiva, con un buon patrimonio acido-tannico bene equilibrato che dovrà ancora ammorbidirsi. Caratteristiche gustative ancora più evidenti nell’annata 2002; è in fase evolutiva dove prevalgono sentori vegetali e vanigliati di legno giovane. L’annata 2003 è risultata un po’ meno interessante per i profumi ancora chiusi e qualche nota eccessiva di legno; al palato predomina la componente acido-tannica che lo rende un po’ diverso dagli altri. L’annata 2004, si presenta già bene con marcati riflessi violacei e gradevoli sentori di prugna secca e note di pasticceria. Ha una bella sapidità, caldo ed avvolgente; la presenza tannica è avvertibile ma non predominante e si integra bene con l’acidità. È un vino che potrà invecchiare, migliorando, ancora diversi anni. Tutti, comunque, non sono vini da bere giovani. Una nuova perla si aggiunge alla nostra vitivinicoltura, grazie alle potenzialità dei nostri territori e particolari micro-climi, per troppi anni ignorati dagli enologi delle vecchie generazioni, accecati dai numeri e dalla “loro” tecnologia, spesso rivelatasi inutile e sconveniente. Gli stessi che hanno abbandonato molti vitigni antichi perché difficili o poco produttivi.

Tra i tanti vini “nuovi” e “moderni” c’è una chicca che nasce nelle terre laviche alle pendici dell’Etna: L’Ardenza

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Degustandibus

Dalla magia dei suoi prodotti autoctoni nasce la cultura del gusto di questa stupenda nazione del Sud America.

di Roberto Rabachino e Gladys Torres

Perù: Perù:

il futuro si chiama

agroalimentare agroalimentare

Il Perù è situato nella parte centro-occidentale dell’America del Sud e confina con Ecuador, Colombia, Brasile, Bolivia e Cile. È il quarto Paese più grande dell’America Latina e la grande varietà economica e climatica che lo caratterizza rende possibile la coltivazione di diversi prodotti agricoli.

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È una nazione composta da tre regioni geografiche principali: il deserto che si estende lungo la costa occidentale affacciata sull’Oceano Pacifico, la regione montuosa che occupa la parte centro-orientale della nazione, la pianura tropicale nel bacino del Rio delle Amazzoni.

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Aristos


Degustandibus

Il pisco... deve essere ottenuto e prodotto esclusivamente nei dipartimenti di Lima, Ica, Arequipa e Moquegua, oppure a Locumba, Sama e Caplina

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Tradizionalmente le attività agricole, l’allevamento e la pesca sono svolte dalla fascia più povera della popolazione, sebbene l’industria ittica e della lavorazione dei prodotti del pesce ponga il Paese tra i maggiori produttori al mondo, collocato al secondo posto dopo la Cina già a partire dal 1994. Agricoltura, allevamento e la pesca contribuiscono al PIL per circa l’8-9%. La bilancia commerciale dei prodotti agricoli peruviani è positiva con un incremento nel 2007 del 5% rispetto al 2006, confermando il Perù leader mondiale per l’esportazione dell’asparago e della paprika e il quinto esportatore mondiale del carciofo. Il 2007, poi, è stato anche l’anno record per l’esportazione dell’uva e della patata. La cultura gastronomica peruviana si sta diffondendo in tutto il mondo per la sua varietà di sapori. È una cucina ricca, piena di sentimento e di tradizione. Grazie alla sua diversificazione geologica il Perù offre una grande varietà di cucine. Le diverse culture che popolano questo stupendo paese (andina, criollos, asiatica, africana ed amazzonica) si combinano in maniera armoniosa per offrire una sorprendente cucina ricca sia nella forma che nella sostanza. La cucina peruviana è considerata dai critici la più gustosa di tutto il Sud America e negli ultimi anni ha varcato i confini nazionali ponendosi con assoluta dignità alla pari con la cucina etnica di qualità di tutto il mondo. Anche in Italia la cucina peruviana si sta diffondendo. Roma, Milano, Torino, Firenze vedono i ristoranti peruviani offrire ottimi piatti e servizio eccellente.

La cucina di Lima Lima è la capitale del pollo in tutte le sue declinazioni e dell’Antichuchos de Corazòn, invitanti spiedini di cuore di vitello. Ottima la Causa una specie di polpettone di patata con ripieno di carne e verdura e il Lomo Saltado, piatto dallo stile orientale che coniuga perfettamente il filetto di mucca tagliato a spezzatino, la cipolla, un peperone tipico piccante (Aji), pomodoro, aceto e le immancabili patate in versione fritta e il riso bianco. Il mare di Lima offre tutti i giorni pescato fresco. Il piatto a cui non si può dire di no è il Cebiche, unione magica di pesce crudo fresco cotto nel limone, cipolla rossa accompagnato nuovamente da l’Ajì. Da non dimenticare la ricca proposta di dolci: la Mazamorras morada fatto con farina di mais nero, il Suspiros de Limeña fatto con tuorlo d’uovo, latte condensato, liquore e zucchero, il Picarones un dolce di farina fritto nell’olio e poi passato nel miele ed il Turrones di Donna Pepa conosciuto in tutto il mondo.

Chiclayo, potenza gastronomica È considerata la capitale del riso con anatra, dello stufato di capra e della Humitas, un dolce a base di mais avvolto nella sua foglia. Alcuni piatti sono veramente unici come El Chiripingo fatto con le interiora degli animali e l’ottimo Seco di Chabelo, uno stufato di capra giovane. A Chiclayo si possono apprezzare ottimi stuzzichini piccanti (Piqueos) che si accompagnano con la Chicca de Jora, una bevanda a base di mais fermentato oppure vengono serviti con LLonque, un aguardiente a base di canna da zucchero. Anche qui viene privilegiato il pollame. Da provare il Pepián de Gallina, una gallina arrostita e tagliata a pezzi regolari e cotta con farina di mais. pagina 14

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il pisco costituisce un ottimo aperitivo che stimola l’appetito e favorisce la digestione e predispone l’umore per una piacevole conversazione dopo cena

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L’Oceano Pacifico offre nuovamente un ottimo Cebiche (principalmente nella zona di Santa Rosa e sulla spiaggia di Pimentel) e la famosa zuppa di pesce chiamata Chilcanos. Importanti i dolci che oltre al già citato Humitas vedono primeggiare il King Kong fatto con gallette di latte, burro e tuorlo d’uovo dove viene intercalata a strati una crema di latte chiamata manjar blanco, crema di ananas e arachidi. Arequipa la piccante Arequipa detta la Ciudad Blanca è conosciuta in tutto il mondo per il Camaron, un crostaceo di fiume che può essere servito sotto forma di zuppa, come cebiche o anche in appetitosi spiedini cotti alla brace accompagnato da salsa piccante. La cucina arequipeña è proverbialmente pic-

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cante. Il suo simbolo è il Rocoto Rellieno, un peperone piccante che viene servito con un ripieno a base di carne di mucca, olive, carote, l’immancabile cipolla di Arequipa, piselli, aglio e un pizzico di arachidi macinate. Il tutto viene cotto al forno con latte ed impreziosito da saporito formaggio locale. La tradizione culinaria ci presenta una versione di cottura del maiale particolare, il Chichiarron che è un arrosto di maiale cotto nel suo stesso grasso accompagnato con una patata bollita e uno squisito mais tostato, la cipolla rossa locale e la salsa piccante. Tutte le domeniche mattina ad Arequipa si fa colazione con l’ Adobo arrocotado, uno stufato di carne di maiale molto condito con delle erbe locali, cipolla rossa, il peperone piccante rocoto cotto intero e l’Aji mirasol rosso macinato che conferisce un piacevole ed interessante gusto. L’adobo viene servito con abbondante brodo nel quale viene bagnato lo straordinario pane di Arequipa, un pane a tre punte molto leggero senza mollica e cotto rigorosamente a legna. Questo piatto della tradizione arequipeña finisce immancabilmente con il te piteau, un tè a cui si aggiunge un piccolo bicchiere di liquore a base di anice. Ogni fine pasto viene servito al posto del dolce un gelato a base di latte e ghiaccio che si chiama queso helato.

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Il Cusco, una meraviglia del mondo anche a tavola Il Cusco è conosciuto in tutto il mondo perché proprio qui gli Incas hanno costruito Machupicchu, una delle sette meraviglie del mondo. Il Cusco viene visitato annualmente da milioni di turisti. La cucina internazionale viene quasi sempre servita in tutti i locali ma, anche qui, troviamo piatti riconducibili alla cultura locale.

Tipico il Pepian de Cuy, il porcellino d’india impanato e rosolato con farina di mais cotto poi in umido e il Olluco con carne un piatto a base di un tubero simile alla patata (olluquo) e carne di lama. Altro piatto è il Chuño Cola. Si consuma in tutto l’anno ed è composto da un brodo di carne, salciccia secca di maiale, riso, ceci, patata fresca e farina di patata disidratata. I dolci sono quelli tipici del Perù. Un grande distillato: il Pisco Parlando del Perù, un capitolo particolare deve essere dedicato al Pisco. Molti fattori sono coinvolti nell’arte della produzione del pisco. Una reale vocazione e dedizione è richiesta e tutti i sensi devono essere sintonizzati e sviluppati poiché la tecnologia, nonostante il suo stato di avanzamento, non è ancora in grado di sostituire completamente la sensibilità dell’essere umano, la sua precisione e l’esperienza per determinare il taglio esatto dove il naso e il sapore giocano il ruolo principale. In questo contesto fatto di cultura, storia e tradizione presentiamo il Pisco, prodotto tipico peruviano. Prodotto che nell’uomo vive e si tramanda.

La cultura gastronomica peruviana si sta diffondendo in tutto il mondo per la sua varietà di sapori

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Le diverse culture che popolano questo stupendo paese si combinano in maniera armoniosa per offrire una sorprendente cucina ricca sia nella forma che nella sostanza

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Il pisco, per essere ufficialmente riconosciuto come tale, non deve solo avere struttura, sapore e profumo inconfondibili, ma soprattutto deve essere ottenuto e prodotto esclusivamente nei dipartimenti di Lima, Ica, Arequipa e Moquegua, oppure a Locumba, Sama e Caplina, tra vallate di confine facenti parti del dipartimento di Tacna, tutte situate nel Perù meridionale. Questo severo standard tecnico è stato imposto dallo stato peruviano per proteggere la denominazione d’origine della bevanda e

prevede che “la denominazione PISCO è di origini peruviane e si riferisce ai prodotti ottenuti dalla distillazione di vini ottenuti dalla fermentazione esclusivamente di grappoli d’uva freschi nei territori sopra menzionati, non si includono in questa classificazione né i mosti precedentemente fermentati per diversi mesi, né vini invecchiati, né è permesso aggiungere acqua per ridurre il suo grado alcolico né sviluppare metodi di distillazione alternativi a quelli degli alambicchi o delle falcas con funzionamento discontinuo”.

Il Pisco Sour Il pisco appartiene alla classe dei liquori usati come pozioni di salute per stimolare l’appetito dei malati convalescenti o per tirare su l’umore. Orgoglioso della sua condizione, il pisco costituisce un ottimo aperitivo che stimola l’appetito e favorisce la digestione e predispone l’umore per una piacevole conversazione dopo cena. Anche se ha un elevato grado alcolico, tra i 45 e i 42 gradi, è un accompagnamento perfetto per alcuni cibi. Sia servito puro che nella versione tradizionale, il pisco sour, è un eccellente aiuto per la digestione. La sua forte personalità è in grado di accompagnare piatti forti e ben strutturati. LA RICETTA DEL PISCO SOUR 3 oz pisco 1 oz succo di limone 1 oz sciroppo di resina º oz bianco d’uovo 1 goccia di Angostura amara 5 cubetti di ghiaccio PREPARAZIONE Mettere il ghiaccio, il succo di limone, lo sciroppo il pisco e il bianco d’uovo in uno shaker. Shekerare e servire. Decorare con qualche goccia di angostura amara. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008



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Intervista esclusiva al Viceministro dell’Agricoltura del Perù Luis F. Sanchez Araujo Intervista di Roberto Rabachino e Gladys Torres

Qual è l’incidenza del settore agricolo nel Prodotto Interno Lordo (PIL)? Nell’anno 2007 il settore agricolo ha contribuito con l’8% del PIL dell’economia nazionale. Il settore costituisce come impiego diretto il 36% della popolazione attiva. Il Valore Lordo della Produzione Agricola nel 2007 è cresciuto del 3,1% rispetto al 2006, nonostante il terremoto nel sud, i problemi climatici come le nevicate del sud e la mancanza di pioggia nella regione di Piura e nel sud di Cajamarca. Questa crescita si spiega principalmente grazie all’espansione del confine agricolo, allo spostamento dei prodotti meno redditizi e una maggiore produzione di canna da zucchero, asparagi, carne di uccello (produzione record nell’anno 2007), patate, vite (produzione record), mais giallo duro, fra tutti. Il settore contribuisce inoltre, rifornendo con i prodotti di consumo principali per la popolazione: patata 99%, carne di uccello 99%, latte 99%, carne bovina 98%, riso 96% e zucchero 79%. A livello di esportazioni agricole, queste hanno totalizzato nel 2007 2.127 milioni di dollari, 5% in più dell’anno pre-

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cedente e si stima un bilancio commerciale agricolo positivo di 38 milioni di dollari. Questa crescita di esportazioni agricole è data dalla domanda di prodotti come gli asparagi, ottenendo un’esportazione record nell’anno 2007, essendo il Perù il primo esportatore mondiale di questo prodotto; la paprica, esportazione record e anche primo esportatore mondiale; il carciofo, esportazione record e quinto esportatore mondiale; la vite, esportazione record; anche gli avocado freschi e gli agrumi hanno registrato un’esportazione record nell’anno 2007. Parlando dei prezzi ricevuti dai produttori, si stima un aumento del 12% rispetto al 2006 per una media dei prezzi sui terreni delle principali coltivazioni agricole, dovuto all’incremento della domanda interna e dei prezzi internazionali; riso 34%, mais giallo duro 24%, caffè 23%, asparagi 22%, amido di mais 22%, per citarne alcuni. Uno dei problemi a cui sono sottoposti i paesi dell’America Latina è la mancanza della modernizzazione dei macchinari e delle infrastrutture necessari allo sviluppo del settore agricolo. Che tipo di progetti e di finanziamento economico ha in agenda il suo Ministero, e se è solamente di interesse degli enti pubblici o anche di quelli privati? Per poter contribuire alla diminuzione dei costi di produzione e alla capitalizzazione del settore agricolo e migliorare la competitività dei produttori, il Governo ha attuato una politica di riduzione delle imposte per le importazioni delle principali materie prime e dei beni di capitale utilizzati nel terreno, come fertilizzanti (compresa l’urea), animali riproduttori

di razza pura, semi per la coltivazione, agro-chimici, coltivatrici, seminatrici, trattori, motocoltivatori, sistemi di irrigazione, tra gli altri. Proprio in questo senso, bisogna sottolineare che nell’anno 2007 si è registrato un incremento del 68% sull’importazione dei beni di capitale rispetto al 2006. Ci sono state importazioni dell’ordine di 49 milioni di dollari (nel 2006 sono state di 33 milioni di dollari), e ciò spiega l’incremento del 51% sull’importazione dei trattori, il 31% di picconi e pale, il 68% di motocoltivatori, tra i principali. Qual è il suo rapporto nei confronti degli enti privati e pubblici, e qual è la strategia che questo Ministero pensa di sviluppare per combinare i due tipi di sinergia? Una delle principali azioni che sta prendendo il Ministero dell’Agricoltura è rendersi disponibili nei confronti dei sindacati agrari e in virtù di ciò si svolgono varie riunioni di lavoro con i diversi sindacati dei produttori come la CONVEAGRO, la JNUDRP, così come con gli impresari del settore, organizzando piani di lavoro misti per analizzare proposte su decisioni da prendere su temi di grande importanza per lo sviluppo del territorio, come l’amministrazione dell’acqua, l’accesso alle materie prime di uso agrario, il finanziamento agrario, la commercializzazione, l’inquinamento ambientale,tra i più importanti. Il Ministero dell’Agricoltura spera che si raggiungano importanti risultati per il settore, come prodotto di questo lavoro coordinato con i differenti aspetti vincolati al terreno. Un passo importante in questo senso è il progresso ottenuto nel prezzo del latte tra i produttori di questo pro-

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dotto e una delle imprese di produzione che operano nel mercato. Entro il 2011, l’obiettivo dichiarato dal suo Governo è che il Perù sarà competitivo a parità di condizioni nel mercato agricolo internazionale. Quali sono gli obiettivi a breve e a lungo termine considerando che il settore agricolo ha un’importanza strategica nell’economia peruviana? Il Perù nel tema agrario ha istituito una visione che include una sfida molto importante, diventare il paese leader nella produzione agricola della costa del Pacifico dell’America del Sud per l’anno 2015. In una prima tappa, entro la fine del 2011, si programma che le esportazioni agrarie arrivino a 4.500 milioni di dollari, questo vuol dire duplicare il totale ottenuto nell’anno 2006, consolidando i nostri principali prodotti per l’esportazione agricola come gli asparagi, la paprica, il peperone, la vite, l’avocado, gli agrumi, il carciofo, il cacao, il legno e raggiungendo un certo posizionamento per quelli considerati promettenti come il camu-camu, i pomodorini, la granadilla, il frutto della passione, la pesca, fra tutti. Per raggiungere le mete menzionate, il Perù, nonostante abbia una ristretta area agricola in proporzione alla sua estensione territoriale, poiché ha grandi deserti sulla costa, la sierra delle Ande e la foresta Amazzonica, dato che si trova tra l’Equatore e il Tropico del Capricorno riceve un costante irradiamento solare fornendo l’energia per la fotosintesi; garantisce alti rendimenti e un’eccellente qualità nei suoi prodotti. Tutto ciò dà al paese una relativa competitività che gli

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Roberto Rabachino e Luis F. Sanchez Araujo

permette di rivaleggiare con altri paesi dell’emisfero sud, aggiungendo inoltre una migliore posizione geografica, che si traduce in un opportuno ingresso nei mercati fuori stagione ottenendo i prezzi migliori. Ciò implica l’ampliamento delle aree per la coltivazione nella costa, nella sierra e nella selva, incorporando piccoli agricoltori organizzati in cooperative di servizio ai quali mediante un Programma di Appoggio per l’Innovazione, facendo affidamento su un finanziamento esterno, li si supporterà in forma integrale con la preparazione, i crediti, lo smercio dei propri prodotti, l’acquisizione delle attrezzature, ecc.. È prevista anche l’introduzione di nuove colture come un metodo di rinnovamento del terreno poco produttivo, in modo che a breve termine si riesca a incorporarlo per l’esportazione. Allo stesso modo, al Ministero si è creata un’Unità di Agroaziende e Accesso ai Mercati che si incaricherà della formazione di offerta

esportabile, della negoziazione internazionale per l’apertura dei mercati attraverso trattati di libero commercio e la commercializzazione di prodotti nei mercati esteri tramite la partecipazione in fiere nazionali. Il settore agroalimentare mondiale è particolarmente sensibile ai prodotti ecologici e a quelli che sono di sicura identificazione del prodotto. Che tipo di politica di controllo prefigura di sviluppare il Ministero in carica? Quali sono gli incentivi fiscali per la produzione eco sostenibile? Il Ministero grazie al Servizio Nazionale di Sanità Agraria, ha sviluppato dal 2007 un sistema di fiscalizzazione della produzione organica nazionale e realizza la prosecuzione di quella produzione organica attraverso conferenze per gli organismi di certificazione secondo norme di livello internazionale e esegue inoltre supervisioni sui produttori, trasformatori e commercianti di prodotti biologici. Con queste misure si cerca di

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garantire una produzione organica di maggiore qualità, dando fiducia ai consumatori del paese e dell’estero. Attualmente si stanno realizzando gestioni di equivalenza della norma nazionale con quella dell’Unione Europea e del Giappone per promuovere un maggior accesso dei prodotti organici verso questi mercati. Per quanto riguarda la promozione della produzione organica ci si occupa con il Congresso della Legge sulla Promozione della Produzione Organica. Inoltre, si fa affidamento sulla Commissione Nazionale dei Prodotti Organici (CONAPO) grazie al quale si amministra il Piano Nazionale di Produzione Organica come strumento di sviluppo del settore. Il sistema agricolo internazionale all’avanguardia si orienta verso la diversificazione della produzione agricola, cercando in tutte le aree di produzione di rendere semplici i sistemi di produzione di maggiore varietà agricola (anche non di tipo nazionale) nella stessa area di produzione. Il Ministero dell’Agricoltura pensa di sviluppare una politica di diffusione della cultura di diversificazione, dopo che gli indicatori sembravano mostrare che sono insufficienti per coprire le necessità interne? Attualmente, i mercati richiedono una maggiore diversità di prodotti, possibili da produrre nel nostro paese data la varietà dell’agro-sistema. Nel paese è preponderante la piccola proprietà la quale cerca di minimizzare i rischi, principalmente climatici attraverso la diversificazione delle colture e di approfittare nel miglior modo possibile le

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risorse terra e acqua. Di fronte a ciò, il Ministero dell’Agricoltura considera vitale che il piccolo e medio agricoltore si organizzi come un’impresa al fine di migliorare le sue capacità di negoziazione e poter in questo modo inserirsi competitivamente nelle catene agro-produttive. Questa associatività permetterà di ottenere prezzi migliori, accesso alle tecnologie e assistenza tecnica, così come il miglioramento nella qualità della produzione concordemente con le necessità del mercato, la realizzazione di accordi con altri venditori della catena, la vendita della produzione in comune rapporto, e consolidare un’organizzazione redditizia. Per questo il Ministero spingerà per la diffusione di modelli di successo sotto la cura delle differenti forme di impresa che contribuiscano a migliorare le capacità delle organizzazioni già esistenti e anche facilitare gli agricoltori, che al momento non sono organizzati, a selezionare la miglior alternativa di modello più idoneo alle sue necessità. In aggiunta a queste azioni, si è creato il Consiglio Nazionale di Sicurezza dell’Approvvigionamento Agroalimentare con l’obiettivo di monitorare il processo dell’offerta, della domanda, dei prezzi e della disponibilità dei principali prodotti nei mercati e orientare nelle decisioni relative alla promozione di un’adeguata offerta agroalimentare nazionale e il vincolo alla fornitura interna di alimenti. Parliamo della tutela delle tradizioni agricole e del valore aggiunto nazionale. Che tipo di azione sta sviluppando il Perù per preservare le tradizioni del suo paese, soprat-

Gladys Torres e Luis F. Sanchez Araujo

tutto nel campo delle denominazioni di origine, come il caso del pisco peruviano di fronte alle rivendicazioni del Cile? Il Ministero dell’Agricoltura con il supporto del Promperú, organizzazione che fa parte del Ministero del Commercio Internazionale e del Turismo, si incaricano della protezione dei prodotti peruviani. In questo senso si sta lavorando nel definire le Indicazioni Geografiche, le Denominazioni di Origine, i Marchi Collettivi e altri strumenti di protezione per i prodotti nazionali che ne hanno bisogno. Nel caso del pisco non c’è in realtà competizione con il “pisco cileno”, visto che è un prodotto differente in materie prime e processo di distillazione e di un livello di prezzo superiore. Il mercato è quello che definisce le preferenze dei consumatori e noi affrontiamo il mercato in assoluta serenità. Intervista di Roberto Rabachino e Gladys Torres

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un territorio che traspare

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Quel lago dorato e quei declivi intorno. Quella terra ULFFD GL SRUÀGR H VDEELD ( TXHL VDSRUL 4XHO VROH SXUR H TXHO IUHGGR SXOLWR 4XHOOH PDQL HVSHUWH H TXHO ULJRUH 4XHL YLWLJQL FKH VROR TXL SRWHYDQR WURYDU GLPRUD H TXHVWL YLQL FKH JHORVDPHQWH YRJOLDPR IDU FRQRVFHUH .HWWPHLU ,O JXVWR GHOOD WHUUD

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Viaggio nel “triangolo della morte” dei rifiuti campani dove un gruppo di monaci combatte il degrado a colpi di Falanghina

di Andrea Battistuzzi

Finchè c’è vite vite

c’è speranza speranza A guardare dal belvedere del convento il panorama su cui domina il Vesuvio, i minuscoli comuni attorno a Nola si riconoscono dai sottili comignoli di fumo che ancora salgono dalle discariche improvvisate lungo le strade. Alle spalle le campane richiamano dalla vigna i frati che di roghi di rifiuti ne vedono oramai da anni prima di arrampicarsi ogni giorno su quest’eremo nascosto sulle colline di Visciano: le prime di fronte al mare, appena alle spalle dei poggi che portano ad Avellino ed al regno del Fiano e del Taurasi. “Gli incendi qui si vedono da quindici anni, sono dappertutto, ma la Campania non è solo degrado e questo dovete dirlo”, racconta Don Giuseppe, che ha imparato a fare la vigna fin da piccolo, mentre offre fiero la sua Falanghina a dimostrare cosa sa produrre la sua terra. I Missionari della Divina Redenzione sono arrivati qui quattordici anni fa, nello stesso anno in cui è iniziata l’emergenza rifiuti in Campania, hanno restaurato l’eremo che i camaldolesi gli hanno lasciato in eredità e difeso ostinatamente quest’isola di normalità all’interno di quello che le riviste straniere hanno chiamato il “triangolo della morte”, per via delle discariche abusive che da anni inquinano il territorio tra Nola, Acerra e Marigliano. Una realtà che oggi l’Europa guarda incredula, che ha fatto saltare le statistiche mediche della popolazione e che, con l’attenzione dei media puntata da mesi sull’pagina 24

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Gli incendi qui si vedono da quindici anni, sono dappertutto, ma la Campania non è solo degrado e questo dovete dirlo

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hinterland napoletano, ha fatto già precipitare le richieste dei prodotti DOC campani. Cinque anni fa il giovane parroco dell’eremo ha salvato questi quattro ettari di vigna che da altrettanti secoli guardano in faccia il Vesuvio, esposti al sole del meridione tutto il giorno. Gli altri monaci a tavola scherzano ancora sulla fatica di piantare quelle settemila piantine che oggi affondano in un terreno misto di argilla e sangue del vulcano. Nel terzo millennio il monastero ha ripreso così a difendere la produzione di qualità come hanno fatto per secoli benedettini e cluniacensi dopo il declino dell’impero d’occidente, quando le vigne venivano abbandonate per gli eccessivi costi di produzione ed i monasteri davano il primo impulso per la bonifica del territorio. A camminare in silenzio tra le vigne sdraiate sulla pomice di fronte al vulcano viene da pensare che il segreto di questi grappoli sia nel panorama mistico che guardano da secoli. Da qui passano oggi i giovani missionari di quest’Opera, fondata durante la guerra da padre Arturo D’Onofrio, prima di partire per il sud del mondo che, a dire il vero, si trova già a pochi chilometri di distanza in direzione del mare. Da pochi mesi infatti la Falanghina del convento, assieme ai suoi missionari, è arrivata alle porte di Napoli, tra Melito e Scampia, dove i sacerdoti sudamericani aprono in queste settimane la prima mensa del quartiere.

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Arrivando in macchina viene da sorridere a pensare alla parabola della vera vite; qui le corsie delle strade sono disegnate dai sacchi di plastica il cui odore si interrompe all’improvviso sotto le zaffate di caffè che arrivano dagli stabilimenti della torrefazione che hanno reso famosa questa terra nel mondo e che, come l’odore dei limoni di Montale, concedono all’improvviso il lusso di una fuga ad occhi chiusi. “In Colombia i sacerdoti dormono con la pistola sotto il materasso, quella che c’è qui è brava gente”, spiega Don Josè che ha riempito di ragazzi la nuova parrocchia di Scampia, a poche centinaia di metri da quelle storiche dei gesuiti e di Don Guanella. “In Colombia spesso i diritti primari non sono rispettati ma le montagne di rifiuti per strada non ci sono”, aggiunge, “la guerra non possiamo farla ma offriamo un’alternativa”. Così, già dalla prossima estate i ragazzi della periferia di Napoli si arrampicheranno all’eremo ad aiutare per la vendemmia. La restaurazione delle cantine prosegue infatti in questi giorni con l’arrivo di una botte di rovere con cui Don Giuseppe promette un Rosso pompeiano a prova di enologi. “Finchè c’è vite c’è speranza”, scherza

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mentre trasporta la botte che aspettava da mesi, “ti piace come titolo per l’articolo?”. Poi saluta, riaccende il trattore e torna alla sua cantina. Fuori tutto sembra uguale da sempre, il vino di qui però l’anno prossimo sarà migliore.

In Colombia i sacerdoti dormono con la pistola sotto il materasso, quella che c’è qui è brava gente

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Nell’isola Mauritius il rum è forte e aromatico, profumato di vaniglia e arricchito con la frutta. Lo bevono soprattutto gli uomini, ma per le signore vengono creati cocktail che sono piccoli capolavori di colori e sapori. di Enza Bettelli

Un sorso di emozioni ai

Tropici Tropici

il rum viene aromatizzato con fette di ananas e altra frutta fresca locale, come frutto della passione, litchi, mango e banana

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Chi è stato alle Mauritius vi ha sicuramente lasciato un pezzetto di cuore. Colpa del mare di un incredibile cobalto, che va a frangersi sulle spiagge di sabbia bianchissima o contro la barriera corallina, e della bellezza e dei colori della lussureggiante vegetazione tropicale. L’isola è infatti molto verde e per circa il 90 per cento della sua superficie è coperta da piantagioni di canna da zucchero, ben 37 varietà delle circa 64 esistenti al mondo, che si alternano a quelle di tè. Fino ad oggi alla base dell’economia isolana è stata proprio la canna da zucchero, importata dagli Olandesi nel 1600, fornendo la materia prima per lo zucchero, ovviamente, con ben una quindicina di tipi di colori e consistenze diversi, ma anche per la produzione di melassa, etanolo, concime e perfino energia elettrica ecologica, ben il 45 per cento del fabbisogno dell’isola. E poi c’è il rum che, malgrado i divieti, viene spesso distillato “privatamente” dai Mauriziani. Sull’isola sono presenti tre grandi distillerie (Grays, Medine e St Aubin) più un’altra ventina di piccoli distillatori. Il rum prodotto può essere industriale, ottenuto cioè dalla distillazione della melassa che è un residuo della lavorazione della canna da zucIl Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

chero, o agricolo, per il quale si distilla il succo fresco della canna da zucchero (vesou). Il Green Island Rum è il prodotto industriale più conosciuto, ambrato per l’invecchiamento di 3-5 anni in botti di rovere, molto morbido, quasi cremoso, con sentori di anice, erbe, cocco e cioccolato. Tuttavia viene prodotto soprattutto rum agricolo per il quale occorrono 10 chili di canna per un litro di distillato. Normalmente questo rum è aromatizzato con la vaniglia, un’altra pianta tipica dell’isola, che dona al distillato grande equilibrio e aroma unico, perfetto per essere bevuto da solo on the rocks o in cocktail come il Vanilla Daiquiri. Oltre a quello bianco, vengono prodotti il rum agricolo invecchiato e quello aromatizzato con un mix di spezie. I turisti e i visitatori dell’isola trovano un vasto assortimento di rum nelle Rhumeries dei grandi alberghi, ambienti tipici e molto confortevoli dove è possibile gustare un sigaro la cui scelta è accortamente calibrata sull’aroma del distillato. Per le signore, cocktail più leggeri per i quali i barmen mescolano con sapienza sapori e colori, utilizzando fiori per la decorazione e spesso frutti come contenitori. I Mauriziani preferi-

i barmen mescolano con sapienza sapori e colori, utilizzando fiori per la decorazione e spesso frutti come contenitori

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scono invece i restaurant, che non sono ristoranti come intendiamo noi, ma delle taverne riservate ai soli uomini.

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Come si beve. Prima di bere il rum liscio, i Mauriziani scaldano il fondo del bicchierino strofinandolo per qualche minuto con la punta di un dito, oppure vi aggiungono un po’ di zucchero grezzo di canna per ammorbidirne il gusto e ridurre l’alcool. Il cocktail più diffuso, che poi è anche quello più apprezzato nel mondo, è con Coca Cola e ghiaccio, ma quello più tradizionale è con latte di cocco, una fettina di lime e molto ghiaccio. A casa il rum viene aromatizzato con fette di ananas e altra frutta fresca locale, come frutto della passione, litchi, mango e banana, e tenuto in bella vista in grandi vasi. E naturalmente viene utilizzato anche in cucina, per esempio nella preparazione delle banane grigliate o flambè, il dessert più classico dell’isola, o per il caffè alla creola, assieme a panna e cacao. In alternativa al rum si possono bere una leggera birra locale o degli eccellenti vini del Sud Africa: quindi Tapeta! (salute).

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V E N E TO O R I E N TA L E


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E come poteva non essere così! Vinitaly 2008 dal 3-7 aprile si presenta come un affascinante professionista quarantenne che ama le cose belle e buone della vita e con lo sguardo rivolto al business. di Piera Genta

Vinitaly Vinitaly 2008: business con passione

Il Vinitaly World Tour è veramente una opportunità speciale per le aziende per approfondire la conoscenza dei mercati di destinazione

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Siamo giunti alla 42a edizione di una manifestazione di riferimento per l’universo enologico nazionale ed internazionale, la prima al mondo per dimensioni. 38 mila operatori presenti su 145 mila totali da 101 Paesi nell’ultima edizione, complici anche le iniziative di Vinitaly World Tour realizzate sui più interessanti mercati (USA, Cina, Giappone, India e Russia); circa 4.300 aziende provenienti da 32 Paesi su una superficie che si attesta su 86 mila metri quadrati.

Il 2008 sarà un anno importante per l’enologia per l’introduzione della nuova Organizzazione comune di mercato (Ocm) del settore vitivinicolo. Vinitaly, dove alla sua prima visita ufficiale in Italia la Commissaria Europea all’agricoltura, Mariann Fischer Boel, aveva presentato le linee guida per la nuova Ocm, diventa oggi il luogo di riflessione e di elaborazione delle politiche economiche e strategiche del settore per il prossimo futuro.


L'Arte Spumantistica, finissimo perlage Carpenè Malvolti. Sparkling Wine Art, a

very fine Carpenè Malvolti perlage.

Carpenè Malvolti va alla ricerca di quei preziosi vitigni italiani ideali ad

Carpenè Malvolti looks for those precious Italian grapevines suitable

essere elaborati con i metodi più idonei dell'alta cultura enologica.

for being elaborated with the most appropriate methods of the high

“L’Arte Spumantistica“ è l’esaltazione delle ricchezze racchiuse nei

oenological culture. “Sparkling Wine Art” is the exaltation of the wealth

grandi vini, che in produzione limitata, anno dopo anno, ha dato vita al

contained in the great wines, and year after year, with a limited production,

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Il successo di Vinitaly, diventato un brand, non più solo una manifestazione non può non accompagnarsi al percorso di Veronafiere

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«Vinitaly ha guadagno la leadership mondiale sul campo – afferma Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – perchè da oltre quarant’anni è al fianco delle aziende vitivinicole, fornendo strumenti e servizi sempre più innovativi nei settori della formazione, del marketing e del business in modo da decifrare il mercato ed entrare in contatto in modo efficace con buyers, ristoratori, enotecari, chef, opinion leader, giornalisti. Questo sia per la rassegna che si svolge ogni anno in aprile a Verona, sia per il Vinitaly World Tour che, dalla prima edizione nel 1998 a Shanghai in Cina, allora unico paese coinvolto, oggi è presente con un calendario sempre più impegnativo sui mercati più promettenti e su quelli maggiormente competitivi». Ancora un traguardo importante nel 2008: i

dieci anni di attività del Vinitaly World Tour. Le prime due tappe, in gennaio, sono state in India a Mumbay e New Delhi, un mercato complesso dove non è possibile fare pubblicità diretta ai prodotti alcoolici, ma esistono prospettive interessanti per le azioni di promozione realizzate attraverso degustazioni o eventi fieristici. A seguire Vinitaly è sbarcato in USA, Miami e Palm Beach in Florida. Sul mercato americano ci sarà un secondo appuntamento dal 27 al 3 Ottobre a Chicago, New York e Washington, a dimostrazione del grande interesse che il questo mercato manifesta per il vino italiano, non solo un bene di consumo, ma una esperienza emotiva. Dal 9 al 12 giugno è la volta della Russia, con tappe a Mosca e San Pietroburgo e l’anno si chiude in novembre con Vinitaly Japan

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


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a Tokyo e Vinitaly China a Shanghai. Il Vinitaly World Tour è veramente una opportunità speciale per le aziende per approfondire la conoscenza dei mercati di destinazione. Ma torniamo a Verona. Il programma del Vinitaly 2008 è ricco di appuntamenti che sebbene tradizionali hanno sempre un lato innovativo: Tasting ex...Press, con i vini internazionali presentati dalle grandi testate di settore; Taste and Dream grandi “verticali” di vini italiani scelti col criterio dell’eccellenza; Trendy oggi, Big domani che presenta il top delle aziende italiane emergenti; Grappa & C. Tasting, alla quale è associato il Vinitaly Grappa Tasting Award e Vinitaly for you, il dopo fiera dedicato a tutti gli enoappassionati realizzato nel palazzo della Gran Guardia, nel cuore storico di Verona. Non possono mancare i grandi concorsi: il Concorso Enologico Internazionale, in programma dal 26 al 30 marzo con la 16a edizione, organizzato in collaborazione con l’Assoenologi, vede riunite 21 commissioni composte da giornalisti ed enologi che giunIl Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

gono da tutto il mondo per valutare i campioni provenienti da 31 paesi. Si tratta di una competizione molto selettiva, infatti premia con medaglia solo il 3% dei partecipanti, assegnando 88 medaglie su 3.500 vini. La proclamazione dei vincitori avverrà in occasione di un’apposita cerimonia organizzata nell’ambito dell’inaugurazione del Vinitaly. Le aziende detentrici rispettivamente della Gran Medaglia d’oro, d’argento e di bronzo hanno l’opportunità di promuovere i propri vini nell’ambito di un nuovo spazio a loro dedicato. Inoltre, grazie ad un accordo tra Veronafiere e l’esclusiva catena distributiva giapponese Isetan, i vincitori del Concorso avranno a disposizione un corner di vendita dei vini negli store Isetan di Tokyo.

Il 2008 sarà un anno importante per l’enologia per l’introduzione della nuova Organizzazione comune di mercato (Ocm) del settore vitivinicolo

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In continua evoluzione anche il Concorso Internazionale di Packaging, giunto alla 13a edizione, che negli anni ha aperto anche ai distillati e ai liquori di frutta. L’obiettivo del premio è quello di riconoscere lo sforzo delle aziende che investono nel miglioramento pagina 35


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In continua evoluzione anche il Concorso Internazionale di Packaging, giunto alla 13a edizione, che negli anni ha aperto anche ai distillati e ai liquori di frutta

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dell’immagine del loro prodotto. Anche il Concorso Internazionale di Packaging dà ai vincitori l’opportunità di promuovere le proprie referenze nel nuovo spazio dedicato all’interno di Vinitaly. Sol ed Enolitech per completare l’offerta. Come tradizione in concomitanza con Vinitaly, si svolge la 14a edizione di Sol, Salone internazionale dell’olio d’oliva extravergine di qualità. Un evento di riferimento per il prodotto olio che richiama operatori specializzati da tutto il mondo. Per soddisfare invece le necessità di tutta la filiera del vino e di quella dell’olio, dal produttore all’imbottigliatore, all’enoteca, ma anche del consumatore finale, nei medesimi giorni è in calendario Enolitech, Salone Internazionale delle tecniche per la viticoltura, l’enologia e delle tecnologie olivicole ed olearie, giunto alla 11a edizione. In questa area è possibile trovare il meglio dell’innovazione, non solo per produrre, ma anche per servire, gustare e conservare i due prodotti importanti dell’agroalimentare italiano. Il successo di Vinitaly, diventato un brand, non più solo una manifestazione non può non accompagnarsi al percorso di Veronafiere. Dal 2008 al 2010 Veronafiere è infatti il soggetto attuatore del finanziamento Ue di 4 milioni di euro per la promozione dei vini di qualità europei di qualità in Cina, India e Russia, che vede protagonista l’Unione Italiana. Bruxelles riconosce con ciò come la qualità, l’innovazione e l’organizzazione rag-

giunte dalle iniziative dalla Fiera di Verona siano ormai un patrimonio non solo nazionale. «Il ruolo della fiera quale sostegno all’internazionalizzazione è riconosciuto dalle istituzioni – dice Luigi Castelletti, presidente di Veronafiere –, ma soprattutto è testimoniato dalle imprese. Un’indagine svolta nei mesi scorsi da Nomisma/Veronafiere per Agrifood, rassegna diretta dedicata al made in Italy alimentare, basata su interviste ad aziende export oriented, vede al primo posto la Fiera, con il 47% delle risposte, quale ente di supporto per il raggiungimento dei mercati esteri». Il ruolo di Verona come cuore dell’enologia internazionale è accreditato anche dalla scelta fatta dall’OIV, Organisation Internationale de la Vigne et du Vin, di tenere proprio in questa città dal 15 al 20 giugno 2008 il suo XXXI Congresso mondiale e la sua 6a Assemblea generale. Sicuramente nel 2008 si vedrà anche l’operatività di Genius Vini, il consorzio tra Veronafiere, Federvini e Uiv presentato nella precedente edizione 2007 di Vinitaly con l’obiettivo di individuare nuovi mercati di sbocco e promuovere l’agroalimentare italiano nel mondo. Un vero e proprio patto per lo sviluppo di servizi nell’ambito fieristico e il potenziamento della promozione sui mercati internazionali che vede coinvolti anche il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, BuonItalia Spa e l’Istituto Nazionale per il Commercio con l’Estero.

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


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Nell’immaginario fantastico di tutti noi esiste questo arcipelago - sito a circa 1.000 chilometri al largo della costa sudamericana, in pieno Ocano Pacifico – visto come imprescindibile esempio di Eden perduto. di Carlo Ravanello

Galàpagos: Galàpagos: un mondo parallelo “

Il nome galapago è di origine castigliana e fa riferimento alla curiosa forma a sella che ha il carapace delle tartarughe di alcune isole aride

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Nulla di più sbagliato: le Galapagos sono in realtà un mondo vulcanico, perennemente in evoluzione in virtù di un lento ma inesorabile movimento (7 centimetri all’anno) che crea il plurimillenario e titanico scontro sottomarino fra la Placca di Nazca e le Placche di Cocos e del Pacifico. Le Isole L’Arcipelago, 8.000 kmq di terre emerse con una riserva marina di 45.000 kmq, è formato da 13 isole maggiori (superiori a 10 kmq), 6 minori, 40 isolotti e approssimativamente 200 scogli. Tutte le isole, almeno le più grandi, hanno un doppio nome, oltre a quello indio originale ormai dimenticato, in ricordo delle 2 “dominazioni” principali che vi si

sono succedute: quella dei pirati e dei cacciatori di balene e di foche, dal XVI al XVIII secolo, e quella dei coloni ecuadorani, dal XIX in poi. Le isole si sono formate con un lento processo vulcanico in movimento da est a ovest, che ha visto la nascita di Espanola, Santa Fé e Floreana intorno a 4-5 milioni di anni fa; di Santiago, Santa Cruz e Bartolomé intorno ai 2-3 milioni, mentre Isabela e Fernandina sono al di sotto del milione di anni con attività assai recenti come quelle del novembre e del maggio 2005. Attività sismica costante, fumarole e nubi di vapore sono segnali inequivocabili dei costanti processi tettonici. Questo mondo vulcanico, quasi sempre d’aspetto lunare e quindi assolutamente inospitale, è stato ricoperto in parte dalla vegetazione e popolato da alcune specie animali, solo nell’ultimo millennio, secondo un processo del tutto casuale. Questi arrivi e i conseguenti adattamenti sono quindi avvenuti al di fuori del processo evolutivo del resto del pianeta, senza alcuna “programmazione naturale”, ma secondo una linea propria che potremmo definire, forse abusando il termine, “deriva genetica”. In poche parole, le Galàpagos con tutto ciò che vi vive e vi vegeta, rappresentano, nel grande albero della vita, un ramo collaterale destinato a svilupparsi e forse anche ad ingrandirsi ma fatalmente destinato ad evolversi secondo un piano di assoluta ed endemica autonomia. In queste stupende isole, al Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


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Nel versante che si protende verso Baltra e l’aeroporto non vi è pianta alcuna è il paesaggio assume un aspetto decisamente lunare

di là delle piante e degli animali portati dall’uomo fra il XVI e il XX secolo - che oggi si tenta disperatamente di individuare e di eliminare -, gli arrivi si sono succeduti secondo un processo di “dispersione attiva”, come nel caso dei leoni marini capaci di sopravvivere nell’oceano per molte settimane, o di “dispersione passiva”, come nel caso delle iguane travolte dalle tempeste delle Sierras e trasportate a valle dalla corrente del fiume Guayas che sbocca nel golfo di Guayaquil, proprio di fronte alle Isole, su tronchi d’albero o ammassi di cespugli strappati dai boschi. Lo stesso si può dire per la vegetazione qui giunta in forma di spore, semi o piante complete trasportate dagli uccelli, dal vento o dalle correnti marine. Per tutto questo processo, lo ripetiamo, assolutamente casuale, la scienza ha coniato un’espressione: “Flora e Fauna disarmoniche”. E così, come molte specie sono arrivate e non sono state in grado di adattarsi, altre ne arriveranno e troveranno un habitat idoneo, portando a un’ulteriore nuova situazione di cui non siamo neppure in grado di prevedere gli sviluppi. L’origine del nome Il nome galapago è di origine castigliana e fa riferimento alla curiosa forma a sella che ha il carapace delle tartarughe di alcune isole aride che si vedono costrette a brucare fra gli alti cespugli spinosi e che quindi devono avere lo spazio per poter articolare il collo e la testa in senso verticale: contemporaneamente le zampe sono piuttosto lunghe. In altre isole a clima umido, la vegetazione, composta da erba e radici affioranti, è bassa ed abbondante e di conseguenza, mancando questa neces-

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sità, il carapace assume forma a cupola scendendo molto avanti sul davanti dell’animale per garantire maggiore protezione: in questo caso le zampe sono molto più corte. Questo fenomeno naturale, insieme a quello delle varie mutazioni osservate nei fringuelli sulle varie isole durante le sue esplorazioni del settembre 1835 a bordo dell’H.M.S. Beagle, ha indotto Charles Darwin, nel 1859, a formulare la famosa “Teoria della Selezione Naturale” che rimane un pilastro nella storia dello studio dell’evoluzionismo: lo studioso aveva infatti osservato che le 14 specie insulari dei grandi rettili – di cui ne rimangono oggi solo 11 – presentavano notevoli mutazioni a seconda delle condizioni ambientali in cui si trovavano a vivere. Il viaggio Il nostro viaggio ha preso le mosse dall’Isola di Baltra, dove si trova il secondo aeroporto dell’Arcipelago (costruito all’interno di una base U.S.A. oggi abbandonata) in quanto quello più importante della capitale Baquerizo Moreno, nell’isola di San Cristobal, è attualmente in fase di manutenzione. Di qui la motonave Santa Cruz, gestita da personale del Parco Nazionale, ci ha condotto in un grandioso tour che ha toccato alcune delle più interessanti realtà isolane. Abbiamo iniziato da Espanola (Hood) dove abbiamo avuto il nostro primo incontro con le sule di Nazca, le sule dalle zampe azzurre, le iguane marine rosse e nere, le fregate, le tartarughe marine e i leoni marini (o otarie). Interessante da vedere l‘unica colonia attiva di albatros, i grandi volatori del Pacifico la cui apertura alare può superare i 3 metri. Qui abbiamo potuto verificare per la prima volta quello che è l’aspetto più affascinante di tutte le isole: leoni marini, iguane e pellicani al nostro passaggio neppure si scompongono limitandosi ad osservarci incuriositi. Il fatto è che questi animali, come tutti gli altri, abituati all’assenza di predatori, si lasciano avvicinare senza timore dall’uomo e non sono affatto pericolosi. A seguire, facciamo uno sbarco “umido” (gli approdi sono rarissimi) su Floreana (Charles), dominata da un vulcano di 640 metri ormai estinto da millenni e arricchita da una vasta laguna in cui imperano gli uccelli di palude fra cui, dominante, lo stupendo fenicottero rosa. Abitata fin dal 1832, ha conosciuto le storie più incredibili di un’umanità violenta, ubriacona e perversa. L’ultima sopravvissuta di questa generazione di coloni, la signora Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


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le Galapagos sono un mondo vulcanico, perennemente in evoluzione in virtù di un lento ma inesorabile movimento

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Wittmer, è morta nel 2.000 all’età di 95 anni. La traversata da Floreana a Fernandina (Narborough), una delle isole più primitive del mondo, ci prende tutta la notte: ci accompagnano branchi di squali attirati dalle luci di posizione della nave e delle cabine dei passeggeri. All’alba, lo scenario è delirante: enormi colate di rugosa lava nera sono giunte fino al mare in epoca recente e in questo paesaggio da incubo si

aggirano imperturbabili enormi mostri preistorici che si tuffano di tanto in tanto nelle profonde acque marine: sono le iguane marine perennemente in cerca di alghe che rappresentano la maggior parte della loro dieta. In lontananza, si notano le fumarole del vulcano La Cumbre (1494 m.) che domina tutto l’ambiente circostante e lo sconvolge con continui sordi brontolii. Alcune lagune di origine vulcanica offrono sicura ospitalità ai soliti leoni di mare, alle tartarughe verdi del Pacifico, ai cormorani non volatori e ai pinguini delle Galàpagos. Da Fernandina a Isabela (Albemarle), il passo è breve (si fa per dire). Con i suoi 4.588 kmq. è la più grande di tutte le isole dell’arcipelago e nasce dalla fusione di ben 6 vulcani di cui il più alto, il Wolf, rappresenta la massima altitudine locale (1.707 m.). Considerata la pericolosità dei siti in continuo processo di formazione, preferiamo non sbarcarvi ma girarle intorno per osservare le spettacolari esibizioni delle sule che si tuffano da centinaia di metri per afferrare i pesci in profondità. Alla sera muoviamo da Isabela e girando intorno al Capo Berkeky e alla Punta Albermarle riprendiamo la rotta verso est Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


attraversando ben due volte l’Equatore: una in direzione nord e una in direzione sud. Passiamo accanto a San Salvador (James) e a Pinzon (Duncan) per giungere al mattino a Porto Ayora nella verde isola di Santa Cruz (Indefatigable). Quest’isola deve la sua prodigiosa vegetazione alla particolare conformazione orografica che con i suoi vulcani spenti Los Gemelos (864 m.) blocca le correnti cariche di umidità provenienti da sud, facendo scaricare frequenti piogge sul versante posto a mezzogiorno. Ne consegue che nei dintorni di Porto Ayora, dove si trova anche la Stazione Sperimentale Charles Darwin (e dove si trova il Solitario Jorge, unico esemplare di testuggine sopravvissuto alla strage dell’isola Pinta) il paesaggio è tropicale con tendenza all’umido e al caldo. Qui, nei grandi boschi di latifoglie di mezza collina abbiamo avuto i più emozionanti incontri con le tartarughe giganti che in qualche caso hanno un peso di 250 kg. e la ragguardevole età di ben 150 anni. Nel versante che si protende verso Baltra e l’aeroporto, al contrario, non vi è pianta alcuna è il paesaggio assume, anche grazie ai detriti lavici, un aspetto decisamente lunare. Nota finale Vogliamo ricordare che le Galàpagos fanno parte di un Parco Nazionale il cui accesso non è consentito a tutti e comunque è soggetto a restrizioni numeriche. Il costo per l’ingresso, di 100 $ - presto andrà a 200 -, è abbastanza limitato se si vuole, ma non va dimenticato che il prezzo di tutto il resto è esorbitante, specie se confrontato con i prezzi dell’Ecuador continentale. Questo atteggiamento degli operatori locali, anche quelli pubblici, può indurre nel visitatore una pericolosa sindrome che si può manifestare col sentirsi autorizzato a trasgredire le regole del Parco e a comportarsi di testa propria!

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Dal gelo dell’inverno nasce un vino delicato, raffinato, unico e ineguagliabile: il Vino del Ghiaccio, icona della produzione enologica mondiale. di Cinzia Tosetti

Il Vino del Ghiaccio Ghiaccio Un vino raro, condizionato dal clima e prodotto in particolari e circoscritte aree. Sono una rarità, una raffinatezza, eguagliabile solo ai grandi vini passiti prodotti grazie al particolare intervento del marciume nobile, la Botrytis Cinerea. Ed in entrambi i casi i produttori devono essere molto bravi e accorti: solo pochi vini, che garantiscono qualità e continuità, possono salire nell’olimpo dei migliori. Sì perché i grappoli di Eisweine come si dice in Germania e Austria, o Icewines in America e Canada, o Vins de Glace in Francia, sono prodotti in territori particolari e vendemmiati in situazioni talmente estreme da essere unici e non imitabili. Il clima è fondamentale: deve essere continentale ed asciutto, con estati calde e freddi inverni, affinché la neve possa, dopo un lungo appassimento sulla pianta al sole d’autunno, ricoprire i grappoli e congelarli. E così devono essere raccolti, ad una temperatura compresa tra -6 e -8 gradi C., per permettere la concentrazione degli zuccheri e delle sostanze aromatiche, mentre l’acqua residua e congelata verrà espulsa ghiacciata all’atto della vinificazione. Per questo la vendemmia dei grappoli protetti da reti per l’assalto degli uccelli, deve svolgersi celermente, generalmente di notte o nelle prime ore del mattino e l’uva deve essere lavo-

Le maggiori aree vitivinicole di produzione sono lungo la Mosella

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rata in cantine appositamente raffreddate prima dello scongelamento. Il mosto delle uve così raccolte è concentrato, ricco di zucchero e con una elevata acidità, perché un buon Vino del Ghiaccio non deve essere eccessivamente dolce, ma deve avere un giusto equilibrio con la freschezza, mantenendo una concentrazione degli zuccheri compresa fra 180 e 320 grammi/litro circa. Germania e Austria pionieri dell’Eiswein in Europa. Prima di parlare propriamente dei Vini del Ghiaccio dobbiamo annotare come la legislazione tedesca, a differenza di quella italiana o francese non classifica i vini in base alla località di provenienza, ma in base al grado di maturazione delle uve. Quindi, secondo il concetto tedesco, qualunque vigneto può dare un vino di qualità superiore, classificato in base il peso del mosto, cioè al contenuto di zucchero nell’uva al momento della vendemmia. Per chiarire riportiamo di seguito parte della classificazione tedesca per noi particolarmente interessante per capire il concetto di Eiswein. Il termine Trocken identifica i vini secchi dati da uve che hanno raggiunto la perfetta maturazione, ed è suddiviso in QbA, Qualitatswein mit Pradikat e Spatlese. E quindi Auslese, ossia vini da vendemmie di uve surmature: sono vini secchi, ma con una presenza zuccherina che rende il vino leggermente amabile. E per seguire il Beerenauslese e il Trockenbbeerenauslese, vini prodotti da uve selezionatissime appassite e spesso attaccate dalla muffa nobile. Infine, troviamo gli Eisweine, che si distinguono, come abbiamo visto, per la particolare vendemmia che deve avvenire con uve ghiacciate. Storicamente parlando si fa risalire la nascita dell’Eiswein al 1794 nella Franconia in Germania, e più precisamente nella città di Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


Il Rinascimento del vino astigiano Con la vendemmia 2008, la Barbera d’Asti e quella del Monferrato superiore potranno fregiarsi della Docg. Salgono così a 12 i vini piemontesi DOCG, che

si

aggiungono

a

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DOC

e

coprono

complessivamente oltre l’80% della produzione vitivinicola regionale. Più che rinascimento del vino, vogliamo parlare di una nuova consapevolezza dei produttori e dei consumatori verso il vino. I produttori, soprattutto i piccoli, hanno trovato l’energia e il desiderio di fare un prodotto di qualità legandolo al territorio ed hanno recuperato l’autenticità dei vitigni autoctoni.

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I consumatori e gli addetti ai lavori hanno una nuova cultura; è nata la figura dell’enoturista attento ed informato. I vini astigiani conservano l’immagine di un luogo particolare ed offrono tradizione ed innovazione.

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Dal gelo dell’inverno nasce un vino delicato, raffinato, unico e ineguagliabile: il Vino del Ghiaccio

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Wurzburg, nota per le sue produzioni e sede delle seicentesche cantine del principe vescovo della città e la cui storia enologica è documentata dal 1128. Si racconta che in quell’autunno anomalo le uve ghiacciarono precocemente e i contadini, disperati, decisero di pigiare ugualmente le uve. Ne ricavarono un mosto concentrato e inebriante, ma siamo ovviamente lontani dal vino che possiamo assaporare oggi, dove il perfetto equilibrio tra acidità e contenuto zuccherino sono il segreto per un sublime Eiswein. Le maggiori aree vitivinicole di produzione sono lungo la Mosella, l’articolato fiume che a Coblenza si unisce al Reno, la Franconia in Baviera, e il Reno stesso – almeno nella parte alta - dove si coltiva principalmente il Riesling. Solo l’Austria orientale produce vino, e si tratta essenzialmente di vini bianchi e le vigne sono concentrate intorno a Vienna in Carinzia, fino alla Slovenia e all’Ungheria. Le regole di produzione sono molto simili a quelle tedesche e i vini di qualità sono suddivisi in “Qualitatswein”, “Kabinett” e “Pradikatswein”. L’Austria è particolarmente rinomata per la produzione di Eisweine, questo grazie a Julius Hafner II che nel 1971 immesse sul mercato un grande Vino del Ghiaccio dato da uve di Weissburgunder (Pinot Bianco). Anche l’Italia producono poche e prelibate gocce di Vino del Ghiaccio. In Italia si annoverano poche aree di produzione e tra queste la più importante è data sicuramente dalla Valle d’Aosta, dove già da alcuni anni Gianluca Telloli della Cave du Vin Blanc de Morgex et de La Salle produce il famoso “Chaudelune” un ottimo Vin de Glace. A Castell’Arquato in val d’Arda da uve di Malvasia di Candia e Moscato, Massimiliano Croci produce un ottimo passito e in annate speciali anche il Vino del Ghiaccio. Di sicuro interesse sono i primi esperimenti che si stanno approfondendo in alta Valle Susa, dove il sindaco Renzo Pinard, e il Comune di Chiomonte,

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hanno abbracciato l’idea della giornalista Alberico Maria Luisa e sostenuti dalla Comunità Montana Alta Valle di Susa, hanno identificato in questo territorio un clima particolarmente adatto alla produzione di Vini del Ghiaccio. Mentre altrove i vini sono abitualmente prodotti da uve a bacca bianca, qui in Valle Susa, la vendemmia ghiacciata, è data da vitigni autoctoni a bacca rossa. Il nome del vino è San Sebastiano, il Santo patrono di Chiomonte, e nella notte del 20 gennaio 2006 oltre a festeggiarlo si è anche festeggiata la prima vendemmia del Vino del Ghiaccio della Val Susa. La Francia produce Vins de Glace, ma senza primati. Siamo abituati a registrare primati qualitativi francesi in materia enologica, ma almeno in questo campo la Francia, non si presenta molto competitiva. L’area più vocata è tra il fiume Reno, e la catena dei Vosgi, che corrono paralleli per 25 chilometri verso ovest, costruendo quella splendida regione chiamata Alzazia. Qui si identifica il confine naturale tra Francia e Germania, prima francese, poi tedesca, poi nel 1919 ancora francese. L’Alsazia è francese nell’anima, ma i vini no, sono tedeschi alla maniera francese. Qui non si privilegia il territorio ma il vitigno di produzione. Il vitigno Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


indiscusso è il Gewurztraminer, che i tedeschi hanno sostituito alla fine del XIX secolo al Traminer. Le vendemmie, quelle tardive, sono contraddistinte dalla dicitura “Vendages Tardives”, mentre con la “Sélection de Grains Nobles” si indicano i vini vendemmiati con muffa nobile o sotto il ghiaccio. Queste menzioni vengono comunque accordate esclusivamente a vini prodotti al 100% da uno dei quattro vitigni autorizzate e commercializzati con lo stesso nome del vitigno: Gewurztraminer, Pinot Grigio, Muscat e Riesling. Ungheria, Slovenia, e altre piccoli produzioni da non dimenticare Come abbiamo visto i Vini del Ghiaccio si producono solo in talune aree d’Europa caratterizzate dal clima particolarmente freddo e continentale. Le uve sono di vitigni storici come il Riesling Renano, il Pinot Nero, lo Chardonnay, il Gewurtztraminer, il Muskat Ottonel, e in Italia il Moscato bianco, la Malvasia di Candia, il Priè Blanc di Morgex e l’Avana in Val Susa. In Ungheria si coltivano importanti vitigni a bacca bianca, tra cui il Furmint, lo Leànyka, lo Ezerrjò, lo Harslevelu, l’Olaszrizling, il Keknyelu del lago Balaton, lo Chardonnay, i Pinot Bianco e Grigio e il Tokaj. Con quest’ultimo vitigno si produce il famoso passito Tokaji Aszù prodotto in Tokajhegyalja, da uve di Tokai un vino divenuto leggendario quando nel 1949 col cambio del governo, l’indiscussa qualità di uno dei migliori vini d’Europa venne a cadere. In Slovenia la principale area di produzione di Icewines è lungo la valle della Sava, il fiume che dal confine con l’Austria attraversa la regione in senso longitudinale da ovest verso sud-est. Il clima continentale e l’elevata acidità dei vini permettono la produzione di ottimi Icewines di qualità non lontana dai cugini tedeschi o austriaci. Anche la Svizzera e la Croazia con il loro clima continentale e assai rigido stanno producendo Vini del Ghiaccio di buona fattura, ma le produzioni sono ancora molto limitate e in via di sperimentazione.

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


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Conversazione poco alcoolica tra una giornalista e una modella

di Piera Genta

Il vino...ee la la moda moda Il vino... Incontro Alessia, la modella di copertina di questo importante numero de IL SOMMELIER, nel salone del prestigioso Grand Hotel Sitea: una bomboniera, un piccolo gioiello “d’antan” tra i palazzi storici del centro di Torino. È l’affascinante “location” scelta da Alberto Doria per ambientare il servizio fotografico in occasione del 25° compleanno della nostra rivista. E lì, in un momento di pausa, sedotte dall’abbraccio di un Chester di pelle nera, la invito a parlarmi un po’ di lei, bella

Se mangiamo il pesce, invece, il Prosecco di Valdobbiadene piace proprio a tutti

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diciottenne al quinto anno di liceo scientifico, determinata a proseguire a Roma la Scuola di Recitazione iniziata da qualche anno a Torino. “Fare l’attrice... sì!” – e i suoi occhi profondi si illuminano immediatamente – “È il mio vero sogno. È dall’età di sei anni che penso a questo sbocco professionale, sempre. Ho iniziato a studiare recitazione a dieci anni con Margherita Fumero; ho proseguito con altre insegnanti e, una volta finito il liceo, vorrei andare a vivere a Roma per perfezionarmi. Ho già recitato in importanti spot pubblicitari e video musicali e ho partecipato a numerose sfilate di moda; ho anche vissuto l’emozione di arrivare, nell’edizione 2007, alle finali di Miss Italia a Salsomaggiore. Dopo quella bellissima esperienza mi ha selezionato Mediaset per partecipare alla trasmissione-quiz condotta da Enrico Papi “Batti le Bionde” andata in onda su Italia 1 in gennaio e lì, con la qualifica di “attrice” ho avuto la soddisfazione di recitare un brevissimo brano di una commedia di Goldoni – La Locandiera – nel personaggio di Mirandolina. Non mi sono emozionata e credo di aver fatto bella figura! Nei giorni successivi ho ricevuto centinaia di messaggi e telefonate di complimenti da amici che mi hanno visto in trasmissione e sono stata persino fermata per la strada da alcune signore che mi avevano riconosciuta. Ho capito che cosa significa apparire in televisione, anche se per pochi giorni, ti rende popolare ed è una sensazione veramente piacevole, ti assicuro!” Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


Benedetto Grechi e Santino Ceccarelli, presidente e direttore della Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano

PROSIT D.O.C.G.

da marzo 2008 il Morellino di Scansano è a D.O.C.G.

Vignaioli del Morellino di Scansano · Soc. Coop. Agricola · 58054 Scansano · Toscana Italy Tel. +39 0564.507288 - 507979 · Fax +39 0564.507785 · www.cantinadelmorellino.it · info@cantinadelmorellino.it


Girovagando

Fare l’attrice è il mio vero sogno

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È bello vedere tanto entusiasmo in una ragazza e dalle sue parole traspare la voglia vera di vivere con gioia i suoi diciott’anni, ma la provoco subito con un argomento di triste attualità: la superficialità con cui i giovani si accostano agli alcolici e ne abusano con tragiche conseguenze. “È vero – e le si smorza un poco il sorriso – sembra che ci sia una corsa all’ubriacatura a tutti i costi e si legge sui giornali che purtroppo molte volte finisce in tragedia. Penso che i ragazzi, oggi, vogliano vivere i momenti di divertimento in modo totale, a volte anche estremo e l’alcol è sicuramente un mezzo che aiuta a superare alcuni blocchi psicologici, ma non si rendono conto che dall’euforia, all’esaltazione e all’ubriacatura il passo è breve, ma gli effetti rischi di pagarli per tutta la vita. Tra gli amici che frequento, fortunatamente, non c’è nessuno che esagera anche se in un paio di occasioni mi è capitato di vedere dei ragazzi ubriachi “persi” e, ti assicuro, non è certo un bello spettacolo vederli stare così male.” Secondo te cosa si può fare? “Non so” – esita – “non ho certo la soluzione. Forse insistere in queste campagne pubblicitarie che, in modo crudo ma reale, fanno vivere le terrificanti conseguenze degli incidenti stradali, ma anche far parlare ai

ragazzi da altri giovani della stessa età... penso che anche questo possa aiutare. È più facile ascoltare loro che gli adulti...” Ma tu e i tuoi amici, bevete? “Sì, certo” – risponde prontamente – “ma solo andando a cena al ristorante. Non si può gustare un buon piatto senza accompagnarlo con un buon vino. Questo, almeno, è ciò che dicono i miei amici, forse per darsi importanza, visto che sono miei coetanei e non hanno certo una grande esperienza e competenza sull’argomento. In effetti a noi piace assaggiare un po’ di tutto, cibi e vini ma, essendo in Piemonte, scegliamo più facilmente vini della nostra regione, mi vengono in mente la Barbera vivace e il Freisa secco di Chieri che sono due vini amabili e non troppo alcoolici. Se mangiamo il pesce, invece, il Prosecco di Valdobbiadene piace proprio a tutti. Ti confesso, però, che molto spesso è l’acqua che accompagna i nostri pasti, perché non siamo bevitori così esperti” – e una risata cristallina accompagna questa sua ultima considerazione. “... Ma questo non scriverlo, ti prego” - dice – “se no che figura faccio...” Hai appena posato per la copertina di una rivista di enologia che compie quest’anno 25 anni, un bel traguardo, dobbiamo brindare, posso scegliere io? “Forse è meglio!” Bollicine italiane... naturalmente!

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Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008



La parola all’esperto

Scarsa e anticipata: in sintesi la splendida vendemmia 2007. Il calo di produzione è di circa il 18% rispetto alla scorsa campagna. di Lorenzo Tablino

L’ultima vendemmia vendemmia verrà così ricordata

sarà una grande annata per i grandi rossi della Toscana, hanno tutti i parametri per ottimali conservazioni

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Siamo di fronte al dato più scarso degli ultimi 60 anni. Si produrranno, infatti, circa 40,5 milioni di ettolitri. Nel sud il calo è stato più sensibile. In Sicilia si è prodotto il 40% di uva in meno, seguono Puglia, Abruzzo Marche con cali del 30%, ma è un dato generalizzato (dal 15% della Lombardia e Sardegna al 20% del Piemonte). Solo Veneto e Frulli escono dalla regola, con modesti aumenti del 5-10%. La cosa più rilevante è la data di inizio delle operazioni di raccolta: nel nord erano 70 anni che non si ricordava una vendemmia cosi precoce; infatti, in alcune zone, si sono viste le vendemmiatrici tra i filari già nella prima decade di agosto, con un anticipo variabile dai 10 ai 20 giorni rispetto alla media pluriennale.

Qualità dei vini: eccellente in tutta la penisola, il responso è unanime tra enologi, cantinieri, sommelier e consumatori. In vero il 2007 ha avuto un andamento climatico un po’ bizzarro: l’inverno è stato fra i più miti e meno piovosi degli ultimi decenni, mentre in primavera le temperature si sono alzate sensibilmente. L’afa in estate si è accompagnata a temperature torride in agosto. Per fortuna sono arrivate nel nord precipitazioni quanto mai salutari che per la vite. Grazie a ciò si è ristabilito un certo equilibrio idrico che ha salvaguardato le qualità delle uve. Nel sud l’umidità primaverile e caldi estivi hanno creato, in certe zone, presenza di ampelopatie. Al centro le condizioni climatiche sono state buone. Vediamo ora qualche dato vendemmiale per ogni singola regione. Piemonte: Crescita qualitativa per il 2007 per tutti i vini. Abbiamo sentito il parere di alcuni colleghi: L’enol. Roberto Vezza - direttore tecnico Marchesi di Barolo - è visibilmente soddisfatto per tanti motivi. Inizia dal Moscato: “strepitoso“, il termine è chiarissimo, ”mai sentito profumi così eleganti e intensi in oltre trenta vendemmie”. L’amico e collega Valter Bera, moscatista Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008



La parola all’esperto

Soddisfatti gli enologi della Emilia Romagna per il Sangiovese che risulta strutturato ed elegante

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doc, conferma: “È un Moscato eccezionale, vuoi per il grado complessivo, in media superiore a 11-11,5, vuoi per i profumi che al termine del processo di vinificazione sono a livelli incredibili, con il linaiolo sulla soglia dei 500 ppb.”. L’uva barbera è sicuramente quella che ha dato maggiori soddisfazioni: sanissima, ricca di colore, buccia molto spessa, gradi zuccherini elevati (in media 20 babo) e giusta acidità. Parametri eccezionali: ”Sarà un millesimo da collezione”, conferma l’enot. Franco Roero. Anche Barolo e Barbaresco saranno di ottima qualità, se non altro per l’invidiabile ricchezza fenolica. Lombardia: eccellenti vini sono stati prodotti in Oltrepò Pavese ed in Franciacorta, ove le premesse per le grandi cuvèe base spumante sono garantite. Ottimi Barbera e Croatina. Anche in Trentino, Veneto e Friuli la raccolta è stata molto anticipata. In luglio la grandine ha colpito un’ampia zona della Doc Conegliano-Valdobbiadene e

parte del Friuli. Ma per Pinot grigio, Muller-Thurgau, Merlot, Ribolla, Sauvignon e Teroldego il 2007 sarà un grande millesimo. Come per le uve Garganega e le varietà rosse di Corvina e Rondinella, base per la produzione delle Doc Valpolicella e Bardolino. Soddisfatti gli enologi della Emilia Romagna per il Sangiovese che risulta strutturato ed elegante. Attese notevoli anche per il Lambrusco. Toscana: sarà una grande annata per i grandi rossi della Toscana, hanno tutti i parametri per ottimali conservazioni. Le uve per Morellino, Chianti, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello sono state raccolte in anticipo, ma con risultati eccellenti; i conferimenti hanno avuto inizio a metà settembre. Le stesse considerazioni valgono per i vini delle regioni centrali: Marche, Abruzzi, Lazio e Umbria, daranno Montepulciano, Sangiovese, Sagrantino, Verdicchio, Trebbiano e Orvieto ricchi di eleganti profumi e sapori molto strutturati. In Campania un clima molto caldo con una certa siccità ha caratterizzato l’andamento climatico, nonostante ciò le uve per Asprinio, Falanghina, Greco, Aglianico daranno ottime doc. Puglia: grandinate sparse e presenza di malattie hanno generato qualche timore, poi fugato dai primi assaggi. Chardonnay, Pinot bianco, Sauvignon, Primitivo e Negroamaro nei bicchieri esaltano buoni caratteri sensoriali. Stessi risultati qualitativi per i vini delle cantine calabre e lucane. Chiudiamo il tour della nostra Enotria Tellus con le isole: In Sicilia attacchi di peronospora hanno rischiato di compromettere in parte la qualità dell’uva. Ma un’accurata cernita ha permesso comunque alle cantine l’elaborazione di vini Inzolia, Grillo, Catarratto, Nero d’Avola, Frappato di buona qualità. Sardegna: “Ottimi vini in tutta” l’isola sentenziano con soddisfazione le cantine. Parametri di alto profilo per uve atte a Vermentino, Monica e Cannonau. Terminiamo la nostra analisi sulla vendemmia 2007 con una considerazione riguardo al prezzo delle uve: dopo anni di stasi, incertezze, sofferenze con cali generalizzati dal nord al sud, in questa bellissima vendemmia 2007 la contrattazione ha messo in luce un certo dinamismo nella domanda con un incremento dei prezzi generalizzato delle uve, che in certi caso è arrivato al 20-30%. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


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Al Piemonte il “Buongusto” delle vignette di Vincenzo Buonassisi Lusinghiero successo per la collezione “Vignette di Buongusto”, inedita mostra di vignette umoristiche dalle raccolte personali di Vincenzo Buonassisi. esposta per la prima volta presso Fiera Milano in occasione di Simei. L’evento è stato il modo ideale per ricordare il primo grande giornalista critico di enogastronomia e ripercorrerne, attraverso le 94 tavole in esposizione, la vita e le amicizie, raccolte in quella quarantina di firme note (Cavandoli, Clericetti, Laura Fiume, Isca, Jacovitti, solo per citarne alcuni) che con lui hanno condiviso tanti momenti. Vignette di Buongusto è infatti un patrimonio di arte umoristica nato in nome dell’amicizia con “Vincenzo” e cresciuto negli anni ai margini di incontri conviviali, fatti di “buonumore, buongusto e buona tavola”. Artefice di questa iniziativa Unione Italiana Vini che, insieme alla compagna di una vita di Buonassisi, Anna Pesenti, ha voluto offrire il piacere di queste vignette, “umoristiche, satiriche, caricaturali ma assolutamente artistiche”. Al termine della mostra, l’intera collezione è stata acquistata, grazie al sostegno della Regione Piemonte, dalla Delegazione piemontese dell’Associazione “Donne del Vino”, “Sono molto contenta che le Donne del Vino del Piemonte abbiano deciso di acquistare la collezione” afferma Anna Pesenti, tra le fondatrici delle Donne del Vino “sarebbe stato un vero peccato se fosse stata suddivisa in tante piccole parti, perdendo così il senso della storia che vuole raccontare anche perchè Vincenzo è sempre stato legato a questa Associazione e all’universo femminile in generale”.

Quattremillemètres Gli spumanti d’alta quota Il mondo delle bollicine si arricchisce di un nuovo spumante l’Ancestrale e rinnova la veste del Fripon e del Refrain. Prodotti accattivanti, nati dalla sinergia di tre cantine locali storiche: la Cave du Vin Blanc de Morgex et de La Salle situata nel comune di Morgex, La Coopérative de l’Enfer di Arvier e infine La Crotta di Vegneron di Chambave. Esperienza, passione e professionalità caratterizzano questi spumanti del tutto originali. L’Ancestrale è uno spumante rosso e deriva da vigneti collocati nei comuni di Chambave e Saint-Denis. È costituito al 100% da Gamay. Il tirage in bottiglia viene fatto secondo la tradizione della rifermentazione in bottiglia a metodo ancestrale.

Il Fripon nasce dai vigneti più alti d’Europa (Morgex e La Salle) e da quelli di Chambave, Verrayes e Saint-Denis. Deriva da vitigni di Prié-Blanc (65%) e Müller Thurgau (35%). La vinificazione avviene in acciaio mentre la presa di spuma è effettuata secondo il Metodo italiano (Charmat). Infine, il Refrain è il connubio perfetto tra vitigni diversi: 75% Müller Thurgau, 25% Muscat oltre a Petit Rouge e Prié-Blanc. La vinificazione si svolge in acciaio e la presa di spuma viene fatta con Metodo italiano (Charmat corto). Quattremillemètres - www.caveduvinblanc.com

Franciacorta protagonista sulle tavole degli italiani Nel 2007 sono state immesse sul mercato 8.367.000 bottiglie di Franciacorta con un incremento del 24 per cento rispetto ai 6.720.972 del 2006 con un consumo più a tavola che per feste o ricorrenze. “Un grande successo per tutte le aziende -dice Ezio Maiolini, presidente del Consorzio nel quale si riconosce il 96,5 per cento delle aziende produttrici di Franciacorta- una conferma alla nostra politica per cui stiamo realizzando un prodotto unico e inconfondibile che, per la sua tipologia è sicuramente il vino per le feste, ma per la sua qualità e le sue caratteristiche organolettiche si conferma sempre più straordinario accompagnamento alla tavola”. Infatti già a partire da gennaio-febbraio la richiesta di fascette obbligatorie di stato da apporre alle bottiglie per la commercializzazione, consegnate dal Consorzio, è stata superiore, addirittura del 100 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. “Si tratta d’un risultato –sottolinea Adriano Baffelli, direttore del Consorzio– che premia il grande lavoro, gli sforzi e gli investimenti dei produttori”. E nel 2007 nuovi soci sono entrati nel consorzio, 7 imbottigliatori e 19 viticoltori. Vale a dire che l’incremento della commercializzazione corrisponde ad una sempre maggiore fiducia da parte dei produttori che si riconoscono nel Sistema Franciacorta con investimenti continui in termini di qualità e quantità. Consorzio per la tutela del Franciacorta www.franciacorta.net


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Il Ruché: un vino “leggendario” Ammantato dalla leggenda che lo voleva al seguito delle milizie astigiane nelle Crociate e ritenuto determinante per la vittoria dei Longobardi contro i Franchi nei pressi di Refrancore, il Ruchè, che prende il nome dalla predilezione del vitigno per i terreni delle più alte rocche, sta rivivendo una stagione di splendore grazie ad una intuizione dell’Azienda Montalbera: con la selezione delle migliori uve in vigneto, dei migliori vitigni con l’esposizione più favorevole e una maturazione più che ottimale ed utilizzando la premacerazione a freddo, hanno dato vita al “Ruchè - L’accento” un “cru” prodotto solo in 8000 bottiglie l’anno, riservato al vero amante del Ruchè, all’appassionato che vuole da questo vino sensazioni uniche ed inimitabili. Di profumo intenso, fine e persistente, floreale e di frutta matura con sentori di visciola e confettura di amarene, di spezie importanti quali cannella, pepe e chiodi di garofano si apre ad una vena calda e misteriosa. Sorprendente è il rapporto di grande qualità-prezzo. Un prodotto per intenditori esigenti che avranno la possibilità di soddisfare cuore e palato degustandolo allo stand G6 Pad. 11 del prossimo Vinitaly. Società Agricola Montalbera www.montalbera.it

“La Cantina Vignaioli del Morellino, modello per una viticoltura di qualità” Nata con decreto del 06/01/1978 la DOC Morellino di Scansano è divenuta una denominazione tra le più affermate in Toscana e più apprezzate nel resto d’Italia. Dalla vendemmia 2007, grazie all’approvazione della richiesta e all’emissione del decreto del 14 novembre 2006, il vino Morellino di Scansano DOC può fregiarsi della DOCG. Vero cardine di tutta la produzione del territorio delimitato dal disciplinare della DOCG è la Cantina dei Vignaioli del Morellino di Scansano. Fondata nel 1972 da 21 soci, ne conta oggi 151 di cui la maggior parte sono conferitori di uve Morellino. Divenuta produttiva nel 1977 si è presentata sul mercato nel 1978 con una liquidazione ai soci, per uve acquistate, pari a 21.800 lire (circa 11,25 €) al quintale. Nell’ultima vendemmia di cui si hanno i dati, quella del 2006, la

liquidazione è salita a ben 140,84 € al quintale e, parallelamente, la produzione di vino che nel 1978 era di 7.500 ettolitri, è salita di oltre il 200 % attestandosi sui 23.000 ettolitri del 2007. In tutti questi anni l’ottimo lavoro della Cantina Vignaioli del Morellino, ben coordinato dal presidente Benedetto Grechi e dal direttore Santino Ceccarelli, è servito da modello per tutti e l’arrivo sul territorio di numerosi operatori esterni, dovuto a una chiara esortazione di mercato, non può assolutamente prescindere dall’apprezzamento di tutte quelle scelte colturali che la stessa Cantina ha testardamente portato avanti nei suoi oltre trent’anni di attività. Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano www.cantinadelmorellino.it

Cesarini Sforza brinda alla Venere del Guercino Nei giorni scorsi lo spumante Cesarini Sforza ha brindato all’inaugurazione della collocazione – all’interno della Business Lounge dell’Aeroporto Internazionale “Guglielmo Marconi” di Bologna – della Venere di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, uno dei più alti esponenti della pittura bolognese e italiana del XVII secolo. Il dipinto, un olio su tela realizzato nel 1648 e di proprietà della Galleria “Fondantico”, rimarrà esposto al pubblico per alcune settimane. è la prima volta che l’Aeroporto di Bologna, già impegnato nella promozione dell’arte moderna e contemporanea, ospita un quadro di arte antica: l’obiettivo di questa iniziativa, che proseguirà con altre esposizioni nei prossimi mesi, è quello di far conoscere ai passeggeri in transito della Business Lounge la grande tradizione pittorica emiliana, trasformando l’attesa in un’alta occasione culturale, all’interno di un luogo accogliente e raffinato. La Galleria “Fondantico” di Tiziana Sassòli, uno dei nomi di riferimento nel mercato dell’arte antica, è da tempo impegnata in un dialogo tra istanze culturali e collezionismo, attraverso mostre annuali corredate da cataloghi scientifici. Nel valorizzare l’arte soprattutto emiliana, essa mira a stimolare un proficuo rapporto tra pubblico e privato. Accedendo con opere selezionate a uno spazio di grande prestigio, Tiziana Sassòli si propone di fare conoscere la sua attività a un pubblico più ampio e internazionale. Con l’inaugurazione dell’esposizione della Venere del Guercino, ancora una volta la Cesarini Sforza Spumanti ha voluto legare il proprio marchio a un evento di grande rilevanza artistica, a ennesima conferma del suo claim storico: qualità, immagine, cultura. Fratelli Rinaldi Importatori S.p.A. - info@rinaldi.biz


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C’è Angostura nel cocktail più Tasca d’Almerita: costoso del mondo un “arcipelago” di vini d’eccellenza Angostura, il celeberrimo Bitter Aromatico centroamericano, impreziosisce il cocktail più costoso del mondo, messo a punto nei giorni scorsi dal famoso night club londinese Movida, abitualmente frequentato da VIP e da noti calciatori della capitale britannica. Ma quali sono, oltre ad Angostura, gli altri componenti di questo incredibile cocktail, che viene servito alla stratosferica cifra di 35.000 sterline (più o meno 48.000 euro) al bicchiere? Al suo interno vi sono Cognac Louis XIII (dose a piacere, a seconda dei gusti), Champagne Cristal Rosé, zucchero di canna, foglioline d’oro commestibili in sospensione e... un anello con diamanti in oro bianco, sul fondo del bicchiere! Il primo acquirente? Un giovane costruttore inglese, che lo ha offerto alla sua (fortunata) ragazza. Il Bitter Aromatico Angostura fu prodotto per la prima volta nel 1824 dal Dottor J.G.B. Siegert, medico militare dell’esercito di Simon Bolivar, e prese il nome dalla città venezuelana di Angostura (oggi Ciudad Bolivar). Ancora oggi la sua produzione viene effettuata nel rispetto più rigoroso della sua ricetta originale; interamente naturale, non contiene ingredienti artificiali né conservanti, non ha scadenza. Estremamente versatile, può essere usato nei cocktail (tradizionali e innovativi), in cucina (nelle zuppe, sulla carne, sul pesce, sulle verdure) e in tavola (per dare un tocco in più ai gelati, ai dessert, al caffè). Il suo packaging unico lo rende inconfondibile in tutti i Paesi del mondo. Fratelli Rinaldi Importatori www.rinaldi.biz

Il 2007 è stato un anno importante per Tasca d’Almerita. Pubblico e critica hanno premiato il lavoro dalla squadra guidata da Alberto e Giuseppe Tasca d’Almerita, VII generazione, con Gaetano Maccarrone, direttore della Tenuta Regaleali, gli agronomi Gianfranco Lombardo e Lucio Brancadoro, gli enologi Laura Orsi e Carlo Ferrini. La produzione, mantenuta costante in termini di quantità, ha dato priorità ad eccellenza qualitativa e piacevolezza: l’obiettivo è stato raggiunto come testimoniano i Alberto e Giuseppe Tasca d’Almerita numerosi riconoscimenti ottenuti dalle 19 etichette firmate dalla cantina siciliana. Il mondo Tasca d’Almerita si può disegnare come un arcipelago. Al centro: la storica Tenuta Regaleali (Palermo), dove nascono vini d’eccellenza, come “Rosso del Conte”, la prima riserva di Nero d’Avola. Nata in Sicilia nel 1970, ha saputo evolversi nel gusto, raggiungendo l’olimpo dei vini. Alle origini un Nero d’Avola coltivato ad alberello, con una piccola aggiunta di Perricone, per creare un siciliano da invecchiamento all’altezza dei più importanti cru del mondo. Con l’ultima evoluzione, voluta da Alberto e Giuseppe Tasca, dalla vendemmia 2003 Rosso del Conte è divenuto definitivamente Vino di Tenuta: Nero d’Avola con la migliore selezione vendemmiale delle uve a bacca rossa presenti a Regaleali. Qui, dove per prima ha sperimentato la messa a dimora in Sicilia dei vitigni internazionali, dopo oltre 30 anni la famiglia continua a produrre con risultati eccellenti il Cabernet Sauvignon e lo Chardonnay più premiati in Italia. Attorno gravitano gli altri microcosmi Tasca d’Almerita: Capofaro (Salina) produce un’ottima Malvasia e ospita l’esclusivo Resort cinque stelle. Tra i progetti conclusi nel 2007, spicca l’acquisizione della tenuta alle pendici dell’Etna, in località Sciaranova e Boccadorzo, per la coltivazione di Nerello Mascalese. Da questo ambiente vocato alla creazione di vini longevi, definito “la Borgogna d’Italia” per ricchezza e fertilità, con la vendemmia 2008 verranno vinificate le uve provenienti dai primi 5,5 ha di vigneto e nel 2009 arriveranno le prime bottiglie. Altra novità: nel 2008, dall’esperienza Tasca d’Almerita, rinascerà l’antico “vino dei fenici” dai vigneti storici sull’isola di Mozia. TASCA D’ALMERITA S.R.L. www.tascadalmerita.it


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Vini della Valdichiana: la qualità ha origini antiche Ha inizio dagli Etruschi la storia di questi vini, bianchi (Ethesiaca) e rossi (Talpone) amati anche da Plinio il Vecchio che li esalta nella sua “Naturalis historia”. Ai primi dell’800 il Bianco Vergine della Valdichiana venne persino utilizzato dai viticoltori della Borgogna e dello Champagne come base per i loro spumanti, per sopperire alla distruzione dei vigneti francesi ad opera della fillossera. Le nuove tendenze del mercato e la modifica della Doc hanno però portato i viticoltori a migliorare gli uvaggi passando, per i bianchi, dall’utilizzo quasi totale del trebbiano a giuste percentuali di grechetto, di pinot bianco, pinot grigio e chardonnay mentre per i rossi insieme al Sangiovese sono presenti Merlot, Cabernet e Sirah. “Ne è risultato un vino più rispondente ai nuovi orientamenti” - ci conferma Amedeo Esposito, presidente del Consorzio Vini Valdichiana – “che ha portato risultati quanto mai importanti, sia alle piccole sia alle grandi aziende: 320 viticoltori iscritti all’albo (di cui solo una quindicina imbottigliatori) con 670 ettari di vigneto e una produzione media di 35mila ettolitri di vino”. “L’aumento dei consumi” – prosegue Esposito – “sta ad indicare che siamo sulla strada giusta: i nuovi vini esprimono personalità, con ricchezza di profumi delicati ma complessi e aromi quanto mai fruttati e armonici”. Consorzio Vini Valdichiana www.vinivaldichianadoc.it

Cantine Borgogno, la storia del Barolo Borgogno, il più grande patrimonio di bottiglie storiche di Barolo: oltre 55.000 bottiglie splendidamente conservate nelle silenziose cantine scavate nel tufo e risalenti al 1761 che, dal centro del paese, si estendono per 6.000 metri quadrati sotto le argillose colline che producono questo austero ed elegante nettare da tutti definito “il re dei vini”. Un percorso emozionante che si sviluppa tra botti centenarie e grandi nicchie che contengono, impilate, preziose bottiglie ricolme di un grande vino che, anno dopo anno, si affina acquisendo rotondità, equilibrio e straordinari profumi. Piero Bagnasco ci spiega che alle Cantine Borgogno hanno deciso di tutelare questo importante patrimonio immettendo ogni anno sul mercato quantità limitate di ciascuna annata: “Il Barolo è trendy!” - ci dice – “Finalmente ci si è accorti che non è solo da conservare gelosamente in cantina ma è diventato, ad esempio, un prezioso regalo anche di compleanno e regalare il nostro Barolo sta diventando elemento di distinzione. Una bottiglia di “Borgogno storico”, infatti, è un dono importante per una persona importante. Il Barolo” – prosegue –

“lo si beve in compagnia delle persone care e, per chi vuole un pregevole vino senza l’austerità delle grandi annate invecchiate, può bere l’ultima vendemmia messa da noi in commercio, il 1998. Sì, perché da noi il vino riposa 10 anni e poi, con la denominazione di “Classico”, viene messo in vendita con la certezza di offrire un prodotto di alto livello. Perché noi diamo valore al tempo... e il tempo ci restituisce valore”. www.borgogno-wine.com

Jacquart: uno Champagne da Nobel! Dopo un’accurata ricerca e un’attenta selezione, nel 2007 la Fondazione Nobel ha scelto Jacquart come Champagne ufficiale per le cerimonie protocollari del Premio Nobel 2007. In particolare, Jacquart è stato prescelto per l’apertura della Cena dei Nobel 2007. Le cerimonie protocollari del Premio Nobel si sono svolte, come ogni anno, il 10 dicembre, anniversario della morte di Alfred Nobel. Circa 1300 ospiti esclusivi, provenienti da tutto il mondo, hanno preso parte alla Cena di gala, e l’evento è stato trasmesso dalle televisioni di molti Paesi, con diverse decine di milioni di telespettatori di audience. Lo Champagne prescelto è stato lo Jacquart Brut Mosaïque 1996, servito rigorosamente da bottiglie magnum. Dopo il brindisi del Re di Svezia, lo Jacquart Brut Mosaïque 1996 ha accompagnato anche il piatto d’entrata. Prima della Cena, la Maison Jacquart aveva offerto anche la flûte di benvenuto, con il suo Brut Mosaïque Blanc de Blancs 1999. Patrick Spanti, Direttore Export dello Champagne Jacquart, ha dichiarato: “La scelta di Jacquart, in concorrenza per l’occasione con molte altre marche di Champagne, testimonia coi fatti la grande reputazione qualitativa della nostra produzione”. Fondata a Reims nel 1962, la Maison Jacquart utilizza per la produzione tutte e tre le varietà champenoise (Pinot Noir, Pinot Meunier, Chardonnay), con una predilezione per lo Chardonnay, che conferisce alle cuvée Jacquart una grande freschezza e una singolare, inconfondibile eleganza. Quinta Casa della Champagne per produzione, la Jacquart si colloca stabilmente da anni in Italia fra i primi 10 marchi di Champagne affidandone la commercializzazione esclusivamente ai canali tradizionali più prestigiosi (enoteche, alberghi di lusso, ristoranti di pregio). Fratelli Rinaldi Importatori www.rinaldi.biz


Piccole DOC

di Luca Iacopini

Nel girare l’Italia da nord a sud, da est a ovest, abbiamo trovato molte curiosità, molte volte ci domandiamo qual’è la doc più estesa, qual’è la doc che produce più vino, etc; ma alla domanda quale è la doc più piccola dell’intera nazione abbiamo voluto darci una risposta: il Loazzolo doc.

e Massimo Bracci

Loazzolo: Loazzolo La più piccola DOC Italiana

L’uva prodotta deve essere vendemmiata tardivamente per ottenere una grande gradazione zuccherina

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Loazzolo è un piccolo comune piemontese incuneato nella bassa langa astigiana, tra il cuneese e l’alessandrino. Questo piccolo comune di 350 abitanti, il cui nome deriva dal basso latino Lupatiolum (luogo ove scorrazzano i lupi) appartenne sin dal XII secolo ai marchesi del Monferrato, che lo cedettero

al comune di Asti nel 1200. Dal 1935 fa parte della provincia di Asti. Qui le condizioni pedoclimatiche sono ideali alla coltivazione della vite. Loazzolo, fiero dei suoi residenti, ha tre cittadini insigniti della cittadinanza onoraria proprio grazie a questo prodotto della terra, si tratta di tre dei quattro Padri del Loazzolo, nomi di spicco del panorama enogastronomico italiano: Luigi Veronelli (che in vita era pure cittadino onorario), Carlo Petrini, Vittorio Gancia, e Giacomo Bologna, i veri fautori di questa doc. Loazzolo, la DOC più piccola d’Italia è stata riconosciuta nel 1992, un vino dolce rarissimo, vinificato e imbottigliato esclusivamente da uve Moscato (tradizionalmente impiegate per la produzione dell’Asti), uve appassite ed eventualmente attaccate dalla muffa nobile, coltivate nel solo comune di Loazzolo caso unico in italia. Conta 8 produttori per circa 5 ettari complessivi! Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino “Loazzolo” devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche qualitative. Sono considerati idonei Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


Aristos


Piccole DOC

Loazzolo è un piccolo comune piemontese incuneato nella bassa langa astigiana, tra il cuneese e l’alessandrino

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unicamente i vigneti ubicati su pendii e dossi collinari soleggiati su terreno a struttura calcarea marnosa. La giacitura dei terreni vitati, per favorire l’insolazione, deve essere collinare con pendenza minima del 20% con esclusione dei vigneti di basso o di fondo valle, ombreggiati, pianeggianti o umidi. Tenuto conto delle elevate esigenze termiche del vitigno Moscato bianco destinato alla produzione del vino “Loazzolo”, sono da considerarsi idonei esclusivamente i vigneti in esposizione solari collocati sui versanti collinari da est a ovest. I sesti di impianto devono assicurare nella parte coltivata minimo 4.000 viti per ettaro: le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere quelli generalmente usati (potatura corta Guyot, cordone a sperone). L’uva prodotta deve essere vendemmiata tardivamente per ottenere una grande gradazione zuccherina (14-15° alla vendemmia) e lasciata appassire per alcuni mesi, su graticci di canne in un apposito locale denominato fruttaio; attaccata dalla muffa nobile, viene successivamente selezionata a mano. Il mosto viene vinificato all’inizio dell’inverno, fatto fermentare lentamente e affinato per 2 anni a partire dal 1 gennaio successivo a quello della vendemmia, di cui almeno 6 mesi in barriques di rovere, dopodichè viene imbottigliato. Si ottiene un vino concentrato, intenso, molto carico. Attualmente la produzione totale è di circa 50.000 bottiglie l’anno divisa tra gli otto produttori. A tutela di questi produttori esiste il “Consorzio per la tutela e valorizzazione dei vini a denominazione di origine

controllata Barbera d’Asti, Barbera del Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Cortese Alto Monferrato e Monferrato” con sede ad Asti. Abbiamo degustato una bottiglia di Loazzolo dell’Azienda Forteto della Luja, vendemmia tardiva 2004: Piasa Rischei. 11,5°. La nostra scelta è stata diretta verso l’azienda più storica, più importante e più premiata nei concorsi del settore vitivinicolo. L’enologo e proprietario dell’azienda è Giancarlo Scaglione il vero fondatore di questa Doc. Praticamente questo vino nasce negli anni ‘80 da una sua vecchia vigna collocata a più di 500 metri di altezza e con pendii talmente ripidi che la vendemmia avveniva con slitte legate a delle corde, ecco spiegata la bassissima resa produttiva. Scaglione prese spunto dal nonno e più in generale dalla tradizione di porre alcuni prodotti della campagna per conservarli e gustarli anche fuori stagione. I fichi secchi, i pomodori essiccati, le tume asciugate sulla paglia e anche il Moscato vendemmiato molto maturo e torchiato con maestria dal nonno affinchè se ne ottenessero alcune bot-

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smacgrafica.it

tiglie di un vino veramente eccezionale da bere per Pasqua. Partendo da questi ricordi dell’infanzia Scaglione decise la produzione introducendo per questo vino tecniche francesi affinchè le uve fossero attaccate dalla muffa nobile botrytis cinerea, mentre per l’appassimento mantenne le tecniche della tradizione locale, infine per affinamento attinse ancora dai francesi con l’uso delle barriques. Nel bicchiere si presenta limpido, trasparente con riflessi accesi senza cedimenti, di color dorato. Ha un impatto olfattivo molto intenso, molto schietto e molto fine, complesso, con le sue note fresche, agrumate e mielate, in modo particolare di albicocca, mela e limone. In bocca si presenta caldo e rotondo, ottima scorrevolezza, dolce ma con ancora una buona freschezza, un vino robusto. Un vino equlibrato che tende alla morbidezza, come giusto che sia per i vini di questa categoria. Al palato vengono confermati i profumi sopracitati, sentiamo del cedro, note di tamarindo, canditi; dopo la diluizioni una nota piacevole di frutta secca come la nocciola. È un vino equilibrato e pronto, ma sicuramente con le caratteristiche trovate si mantiene per alcuni anni. Questo prodotto ci ha impressionati, in modo particolare per i suoi contrasti: freschi e maturi, morbidi e acidi; è un vino complesso ma con ottima bevibilità e piacevolezza. Si accompagna bene con pasticceria secca, piccola pasticceria con crema o zabaione, oppure con formaggi stagionati o con del Foie Gras. La produzione di questo vino è molto altalenante per la difficoltà della produzione e la forte influenza dell’andamento climatico. Sino al 2002 ne venivano prodotti circa 31, hl nel 2004 poco più di 80. Per far capire il rapporto di queste produzioni con altri vini Piemontesi abbiamo visionato i dati ufficiali ISTAT, di Asti moscato spumante se ne producon circa 550.000 hl oppure di Barolo 70.000 hl, l’intero Piemonte ha una superficie vitata in produzione dedicata alle sue 53 tra docg e doc di 52.000 Ha con una produzione di più di 3.000.000 di ettolitri. Partendo da questi dati viene spontanea una domanda: sono davvero necessarie queste piccole doc? I produttori di Loazzolo DOC, che si dividono meno di 5 ettari con una produzione di solo qualche decina di migliaia di bottiglie, quali possibilità hanno di avere promosso il loro prodotto? Tutti possiamo dare una risposta sulla base del proprio interesse ma per noi amanti delle nuove scoperte, delle piccole tradizioni, delle storie (...a volte anche leggende) che circondano il vino sicuramente diamo una risposta affermativa. Il Moscato ha trovato nel Piemonte e nei suoi uomini l’ambiente ideale per esprimere tutte le sue potenzialità in ogni sfaccettatura, pensiamo all’Asti Spumante e al Moscato d’Asti per le versioni frizzanti e il Loazzolo in questo contesto rappresenta certamente la massima espressione di questo vitigno per la versione passita. Dietro a qualsiasi bicchiere di vino c’è una storia che ci appassiona e per questo diciamo grazie a questi eroici produttori.

DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA E GARANTITA

20 0 6 Il Rosso coi numeri

Fraz. Madonna della Neve, 19 - 12060 Clavesana (CN) Tel. 0173 790451 - Fax 0173 790449 www.cantinaclavesana.it


a cura della Redazione di

“Costruitevi una cantina ampia, spaziosa, ben areata e rallegrata di tante bottiglie, queste ritte, quelle coricate, da considerare con occhio amico nelle sere di Primavera, Estate, Autunno, e Inverno, sogghignando al pensiero di quell’uomo senza canti e senza suoni, senza donne e senza vino, che dovrebbe vivere una decina di anni più di voi”. Giacomo Bologna “Braida“

Lo stile stile Braida: Braida: la Barbera nel cuore di Raffaella e Beppe

Il Baciale’ è il primo vino realizzato da Beppe e Raffaella

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Braida, per molti di noi, significa Rocchetta Tanaro, Giacomo Bologna e Barbera. Rocchetta Tanaro, un paese al centro del mondo, si trova sulla destra del fiume Tanaro, a 15 chilometri da Asti. Giacomo Bologna, un vignaiolo o meglio

colui che ha nobilitato un vitigno considerato povero. Barbera, un vitigno straordinario che grazie a Giacomo è diventato un vino apprezzato in tutto il mondo. E Braida, il soprannome del padre giocatore di palla a pugno, utilizzato come marchio aziendale della cantina nata nel 1961. Tutto inizia da Giacomo, un creativo autodidatta con straordinarie intuizioni e, come tutti i grandi, con tanto carisma e coraggio. Carisma perché ha saputo riunire intorno a se tanti produttori non solo piemontesi, anche concorrenti, condividendo con loro idee ed intuizioni; coraggio perché nel lontano 1972 ha osato affinare la Barbera nelle barrique senza farle perdere le sue peculiarità e creando un gran cru. Allora, come oggi, dietro al successo di Braida c’è ancora lei, Anna, la memoria storica dell’azienda - come ama definirsi - Gran

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Medaglia Cangrande della Scala al 40° Vinitaly e “Donna del Vino”. Ma il vero motore dell’azienda adesso sono loro, i figli Raffaella e Beppe. Entrambi enologi, diversi nel modo di porsi, ma così uguali negli ideali. Beppe, più timido, si dedica alle vigne ed alla ricerca; Raffaella, solare ed espansiva, cura la parte commerciale. Per lei entrare nel mondo del vino è stato quasi un gioco, uno sbocco naturale verso un lavoro che porta a far sorridere la gente. Ed accanto a Raffaella è entrato a far parte della squadra anche Norbert, il marito, un medico austriaco, appassionato del vino che ora, lasciata la professione, segue la parte commerciale estero. E Norbert ha portato nuovi stimoli e nuovi scambi di professionalità con viticoltori dell’area tedesca. Braida è un’azienda che non si è fermata, ha tanta voglia di andare avanti ed ha mantenuto inalterata la filosofia e l’approccio al vino. Oggi ha una cantina curata, moderna, dotata di tutta la più avanzata tecnologia; ben 40 ettari di vigneti di proprietà, tutti diversi, ma un unico vitigno che dà vini d’autore. La Monella, il primo prodotto di Braida. Una Barbera dal carattere esuberante, leggermente frizzante. Ancora oggi la bottiglia veste l’etichetta realizzata negli anni settanta e non si può dire che non sia attuale.

Arezzo viale Giotto, 4 . tel/fax 0575 27229 e.mail vinivaldichianadoc@virgilio.it incaricato della vigilanza verso i propri associati con DD 14/07/2003 pubblicato sulla GU n.192 del 20/08/2003

PRODUTTORI E IMBOTTIGLIATORI ASSOCIATI AZIENDA AGRICOLA BIDINI ANNITA & C. Via Casa Nuova, 108/1 - 52020 Laterina Ar Tel. 0575 89058

AZIENDA AGRICOLA BUCCELLETTI Via S.Cristina, 16 - 52043 Castiglion Fiorentino (Ar) Tel. e Fax 0575 650179

FATTORIA S. VITTORIA DI MARTA NICCOLAI Via Piana, 43 - 52045 Foiano della Chiana (Ar) Tel. 0575 66807 - Fax 0575 661807

VINO SORELLI SPA Via Fiorentina, 42 - 50063 Figline V.no (Fi) Tel. 055 958359 - Fax 055 958184

AZIENDA AGRICOLA PAPINI ZELINDO Via Santa Lucia - 52043 Castiglion Fiorentino (Ar) Tel. e Fax 0575 651007

CANTINA DEI VINI TIPICI DELL’ARETINO Ponte a Chiani - 52100 Arezzo Tel. 0575 363038 - Fax 0575 363950

AZIENDA AGRICOLA SAN LUCIANO San Luciano, 90 - 52048 Monte S. Savino (Ar) Tel. 0575 848518 - Fax 0575 848210

CANTINA VITICOLTORI SENESI - ARETINI Loc. Osteria, 57/a - 53048 Sinalunga (Si) Tel. e Fax 0577 663595

AZIENDA AGRICOLA S. STEFANO Loc. Pieve di Chio, 78 - 52043 Castiglion Fiorentino (Ar) Tel. 0575 650261 - Fax 0575 650900

VECCHIA CANTINA DI MONTEPULCIANO Via Provinciale, 7 - 53045 Montepulciano (Si) Tel. 0578 716092 - Fax 0578 716051

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a cura della Redazione di

Bricco dell’Uccellone, il capolavoro di Giacomo, espressione della sua personalità, del modo di intendere il vino, la vita ed i rapporti con le persone. La prima storica annata di produzione fu nel 1982. La sua struttura perfetta coniuga i caratteri del vitigno e l’apporto del legno durante 12

mesi di affinamento in barrique. Bricco della Bigotta un vino più classico, affinato per 16 mesi in botti di rovere. Ai Suma (Ci siamo!) un vino particolare prodotto con uve a raccolta tardiva e per questo si vinifica solo in annate eccezionali e vengono utilizzate barrique sempre nuove. È dedicato a Giacomo ed il nome ricorda la sua esclamazione di piacere e soddisfazione quando assaggiava un vino perfetto. Montebruna una bottiglia “vestita” con una poesia da un’idea del grafico Giacomo Bersanetti. Furono i versi di Bruno Lauzi che battezzarono le annate 2001 e 2002, mentre Montebruna 2003 riporta le parole di Giorgio Faletti e Montebruna 2005 la musicalità di Roby Facchinetti. Le lettere che compongono il nome rappresentano gli appezzamenti di terreno che sono stati pazientemente acquisiti per ricostruire la proprietà considerata da Giacomo l’ambiente ideale per la barbera.

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Il Baciale’ Il primo vino realizzato da Beppe e Raffaella. In dialetto piemontese, il baciale’ è colui che combina i matrimoni. Infatti questo vino nasce dall’unione di Barbera e Pinot Nero a cui negli anni a seguire si sono aggiunti Cabernet Sauvignon e Merlot. Gli altri vini prodotti dall’azienda sono il Grignolino d’Asti, il Moscato d’Asti «Vigna senza nome» ed il Brachetto d’Acqui. Ma quale è il vino che preferite ? Quello che crea un racconto e che dà emozioni. E il sogno dei giovani Bologna ? Quando qualcuno, avvicinando il vino al naso, esclama «questo è lo stile Braida»

Le cantine Braida sono presenti con il proprio stand alla 42a edizione del Vinitaly di Verona padiglione 9 Piemonte - stand H4.

Cantine Braida Via Roma 94 14030 Rocchetta Tanaro (Asti) Tel. 0141 644113 Fax 0141 644584 www.braida.it

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News dal Mondo

Wein-Plus ti porta nel mondo Wein-Plus è una guida enologica internazionale elettronica disponibile su internet, che nasce in Germania (ad Erlangen) e si distingue dalle altre per l’indipendenza ed il rigore tipicamente teutonico. I produttori italiani possono usare questo sito in modo semplice e vantaggioso per migliorare la propria visibilità internazionale. A loro volta professionisti ed appassionati italiani troveranno informazioni e contatti utili ed in qualche caso unici. Come tutte le guide elettroniche anche Wein-Plus presenta alcuni vantaggi rispetto all’equivalente cartaceo: è sempre aggiornata, non è vincolata alle dimensioni fisiche del volume che la contiene, né ad una particolare data di pubblicazione, può essere sfogliata seguendo l’ordine che piace ad ogni lettore e può essere usata per ricerche mirate secondo un’infinità di parametri. Ad onor del vero dobbiamo menzionare anche qualche vantaggio dell’editoria tradizionale, quale la minor fatica di lettura di una pagina scritta rispetto allo schermo, l’innegabile fascino della carta stampata e del gesto di sfogliare un volume. Tuttavia se volessimo stampare tutte le informazioni che contiene Wein-Plus ed usufruirne in modo tradizionale, con un bel volume, rilegato ed elegante, dovremmo imparare a gestire un volume di ben 50 metri di spessore! Internet è poi lo strumento ideale per rendere fruibile una guida elettronica ovunque ed in qualunque momento, a basso costo, e quando si dice ovunque, non bisogna dimenticare la crescente offerta di dispositivi palmari che consentono di accedere alla rete veramente da ogni luogo abitato del pianeta. Wein-Plus si distingue anche per altri motivi, in primo luogo per la trasparenza del rapporto tra produttori ed editore e per la chiarezza del metodo con cui vengono formulati e pubblicati i giudizi. I vini pubblicati sulla guida sono tutti esaminati dall’esiguo team di degustatori professionali, attivo tutti i giorni, presso la disadorna sede in Germania. Ogni produttore può inviare quanti vini desidera e nel

momento che ritiene più idoneo (l’editore non e’ vincolato a “far uscire” il volume entro una certa data). Il corrispettivo richiesto al produttore (decisamente contenuto) e’ relativo al servizio di degustazione professionale, secondo una tabella di prezzi che incoraggia l’invio di più campioni dopo il primo, e non ha alcuna relazione col fatto che il prodotto venga pubblicato sulla guida. Infatti solo quei prodotti che avranno superato il punteggio di 75 su 100, saranno pubblicati. In ogni caso i produttori avranno accesso alle motivazioni che hanno portato i degustatori al loro giudizio. Il metodo di degustazione e’ pubblicato e consultabile, le bottiglie ovviamente sono mascherate e di tanto in tanto vengono casualmente riproposti campioni già valutati in passato per verificare la ripetibilità dei giudizi (controllo qualità interno). Per informazioni: Katrin Walter katrin.walter@wein-plus.de Sito italiano: www.wein-plus.it Notizia inviata da Carlo Barbati

Alla scoperta del Vino di Porto Porto è la seconda città del Portogallo per numero di abitanti (circa 300.000) e sorge sulla riva destra del fiume Douro, in un saliscendi di viuzze e vicoli di vecchie case ricoperte di azulejos, le caratteristiche maioliche che adornano le facciate di molte abitazioni. Le vecchie case, alcune delle quali decadenti, contrastano pagina 68

piacevolmente con le strade completamente riammodernate, ben rifinite e solcate da un efficientissimo e ultramoderno sistema di tram elettrici che riescono a muoversi da una parte all’altra del fiume stesso, oltrepassando una meraviglia architettonica come il Ponte Dom Luiz I, che richiama come struttura artistica la Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


News dal Mondo

Torre Eiffel di Parigi. Ma oltre alle bellezze artistiche ed al centro storico divenuto Patrimonio Mondiale dell’Unesco, Porto è altrettanto famosa per le sue cantine nelle quali storicamente, ma ancora oggi, si produce l’omonimo vino fortificato e che rivestono una importanza per la città sia a livello turistico che culturale, perché il Vino di Porto, come ci tengono a dire, non può mancare dalla tavola di nessun portoghese. Le cantine, quasi a volersi ritagliare un loro spazio, si trovano sulla riva sinistra del Douro, ed addirittura a livello amministrativo la zona prende il nome di Villa Nova di Gaia, su una collina meno ripida di quella su cui sorge Porto, sulla quale fanno ben mostra oltre alle vecchie cantine, le insegne dei vari produttori, che, senza meraviglia, per la maggioranza sono di origine inglese. Ogni cantina offre un tour guidato, alcune volte gratuito, altre dietro pagamento di pochi euro, con una degustazione finale di due tipi di Porto diversi. Ho avuto modo di visitare le splendide cantine di Sandeman, Croft, Ferriera e Càlem, dove si respira quel profumo intenso e dolciastro di vino, di alcol, di mosto e di legno in un susseguirsi di grandi botti di rovere francese (con le quali viene prodotto la tipologia Ruby) e di distese ordinate di barriques con le quali viene prodotto il più raffinato Tawny . Non a caso anche le varie tipologie di Porto hanno nomi inglesi e sono suddivise in Ruby, Tawny, Vintage (il più pre-

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giato) e Lbv (late botteled vintage), proprio ad indicare quanto il Porto abbia riscosso maggiore successo nei paesi anglosassoni che ancora oggi sono i maggiori importatori e che, con il tempo, ma già da secoli, posseggono case vinicole sia a Porto che lungo la zona di produzione dell’alta valle del Douro. Di fronte alle cantine, sulla riva del Douro, fanno bella mostra di sé delle bellissime ricostruzioni di imbarcazioni a vela (barcos) che nel 1700 partivano dalle splendide vallate poste a monte del fiume (a circa 100 km dalla città) e cariche di vino o di mosto scendevano per le anse del Douro fino alle cantine dove il mosto veniva lavorato per produrre il Vino di Porto e da qui partiva con le navi alla volta del nuovo continente e dell’Inghilterra. Diverse sono le leggende che si raccontano nelle cantine riguardo alla nascita del Vino fortificato di Porto, ma comunque entrambe sono assolutamente, a mio giudizio, accreditabili. La prima parla di un monaco che, nel 1600, aggiunse alcool al mosto in fermentazione, per ottenere un vino più dolce e di più lunga fermentazione; altri parlano di un’aggiunta di grappa per consentire al vino di non ossidarsi durante gli avventurosi e lunghi viaggi delle navi verso le colonie o verso l’Inghilterra. Attualmente il vino fortificato di Porto viene prodotto aggiungendo al terzo giorno di fermentazione del mosto, una grappa incolore e insapore a 77° che blocca ovviamente il

processo di fermentazione facendo rimanere dolce il vino prodotto. Una volta deciso a quale categoria appartiene si procede come da manuale. Per il Ruby, più economico e riservato alla mesa (tavola) di ogni giorno si procede all’invecchiamento in botti di rovere di grandi dimensioni; mentre per il Tawny l’invecchiamento avviene nelle barriques. Quando l’annata di vendemmia è stata particolarmente eccezionale (in genere mai più di 2 volte ogni 10 anni) il comitato per il controllo e produzione del Porto decide che si possa produrre la pregiata e costosa varietà Vintage, unica, penso, nel suo genere ad invecchiare sui propri sedimenti direttamente in bottiglia, con periodi di invecchiamento che possono tranquillamente arrivare a 100 anni, e che quindi si esprime al meglio con il passare degli anni (una curiosità che non conoscevo, il Porto Vintage, oltre ad essere stappato dai portoghesi per le grandi occasioni, deve essere consumato entro 24 ore dall’apertura per non pregiudicarne la qualità). Quindi perché non approfittare di un weekend per poter visitare una città spesso fuori dai normali tour turistici (almeno uno dei pochi posti non ancora invaso dagli italiani!), con la possibilità di coniugare arte, cultura enologica e bellezza del paesaggio? Notizia inviata da Alessandro Ravaglia delegazione Siena-Valdelsa

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News dall’Italia

Cambio al vertice dell’Enoteca Italiana È Claudio Galletti, 54 anni, dal 1999 assessore all’Agricoltura della provincia di Siena, il nuovo presidente di Enoteca Italiana, lo storico Ente Mostra Vini istituito nella città del Palio nel 1933, oggi diretto dal Segretario Generale Fabio Carlesi. “Sono sorpreso e allo stesso tempo gratificato per questo nuovo incarico”, afferma Galletti che da oggi prende ufficialmente il posto di Flavio Tattarini - nominato a sua volta presidente del Comitato Nazionale Vini, organismo del Ministero delle Politiche Agricole che si occupa delle denominazioni - nel suo ufficio in via Camollia, nel centro di Siena, non distante dalla cinquecentesca Fortezza Medicea, storica sede di Enoteca Italiana, nei cui sotterranei è stata inaugurata di recente la nuova esposizione “informatizzata” di oltre 1600 vini provenienti da tutta Italia, consultabile mediante apparecchi palmari. Nato a Castiglione d’Orcia (Siena), Claudio Galletti è vicepresidente nazionale dell’Associazione Città dell’Olio (2002), consigliere nazionale della Associazione Città del Vino (2003) e presidente dell’Associazione QualiAmbiente (2007). Esperto di marketing e politiche dell’agro-alimentare, che nel Senese ha uno dei punti di forza della produzione nazionale - è suo il merito del rilancio della Cinta senese, la valorizzazione dei prodotti a denominazione

d’origine protetta e la “zonazione” del territorio senese per vocazione viticola ed olearia -, Claudio Galletti è un buon conoscitore di vini. Cosa beve? “Tutti i vini, ma con moderazione”, spiega Galletti. E poi aggiunge: “Enoteca Italiana deve riconquistare il suo ruolo di luogo di riferimento nazionale del vino. Questo è uno degli obiettivi più importanti. Appena 15 giorni fa, è giunto un riconoscimento in tal senso da parte del ministero. Era uno dei miei obiettivi... Formalmente, poi però bisogna che Enoteca Italiana lo diventi nella sostanza, e che dimostri la sua capacità di essere momento di aggregazione delle enoteche regionali, un vero e proprio punto di riferimento del sistema. L’augurio - conclude il nuovo presidente di Enoteca Italiana - è che i vini italiani si posizionino sui mercati nazionali e internazionali anche meglio di quanto hanno fatto negli ultimi anni, che li hanno visti sempre al top nel mondo”. Notizia da Enoteca Italiana

Premiazione Concorso Fotografico “Il percorso del vino” Il vino, bevanda antica e rinomata, alla quale fin dall’antica Grecia è stato riconosciuto un dio protettore, Dionisio. Un prodotto peculiare delle terre in cui il sole è sempre presente e i vigneti crescono rigogliosi per l’abbondanza di luce e per il clima temperato. Ai nostri giorni il vino si ricerca, si riscopre e si degusta. Le vigne sono l’origine del vino, ma anche paesaggi avvincenti e da esplorare e da ammirare. Ogni cantina ha una sua storia da raccontare, che in molti vogliono ancora ascoltare. Il vino, o meglio i vini, ognuno dei quali ha caratteristiche organolettiche particolari, è una summa di colori, odori, sapori, paesaggi e storia. Ecco perché Confesercenti Provinciale di Pisa, Amministrazione Provinciale, FISAR, Delegazione di Pisa e pagina 70

Litorale e la Delegazione Provinciale di Pisa della FIAF hanno organizzato il concorso fotografico “Il percorso del vino”: per raccontare in immagini un universo ancora inesplorato. Percorso è inteso sia come strada in senso fisico, immaginiamo le Strade del vino, nate pochi anni fa e costituite da aziende vitivinicole, cantine, enoteche, strutture ricettive collegate al vino, musei del vino e della vite. Ma percorso è anche quello che parte dalla cura dei vitigni fino ad arrivare ad un calice di una inebriante bevanda da gustare durante un pasto o anche al di fuori di questo. Si è svolta sabato 24 novembre – in concomitanza con l’avvio della manifestazione I pisani più schietti – la premiazione del concorso fotografico Il percorso del vino, organizzato dal-

l’amministrazione Provinciale, Confesercenti, Cat Confesercenti, FISAR Delegazione di Pisa e Litorale, FIAF. La premiazione è avvenuta presso la Sala prove della Stazione Leopolda alla presenza del Vicepresidente della Provincia con delega all’agricoltura, Giacomo Sanavio, il Presidente Confesercenti Roberto Balestri, il Delegato FISAR Luca Barsanti e il Delegato FIAF Enzo Gaiotto. Il tema delle strade del vino, inteso sia in senso fisico come i luoghi della produzione dell’uva e del vino sia in senso allegorico come la filiera che porta alla degustazione del “nettare degli dei”, è stato interpretato in senso ampio e vario dagli oltre settanta fotografi che hanno inviato più di cinquecento opere. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


News dall’Italia

La giuria ha selezionato per la scelta finale 116 fotografie, tra le quali sono stati individuati i seguenti vincitori: • I premio sezione A – immagini scattate in tutte le parti del mondo- Lorenzo Innocenti, che ha ricevuto un week-end benessere presso il Grand Hotel San Marco di Casciana Terme • II premio sezione A – Stefano Cianci, selezione di vini della Fattoria di Sorbaiano • III premio sezione A - Stefano Malfatti, selezione di vini della Fattoria Uccelliera • I premio sezione B – immagini riprese nella provincia di Pisa – Paolo Pedelini che ha ricevuto un week-end presso il Residence Montevecchio di Monopoli Valdarno • II premio sezione B – Fabio Becorpi, selezione di vini della Cantina delle Colline Pisane • III premio sezione B – Luciano Maccheroni, sele-

zione di vini della Azienda Agricola Tenuta Torre a Cenaia Premio Miglior Paesaggio – Sergio Giusti, weekend presso l’Agriturismo Santa Vittoria di molino D’Era Premio Miglior Foto Creativa – Andrea Marchi, Macchina fotografica digitale offerta da Prontodia Premio Miglior foto di cantina – Marco Turini, bottiglia di Grappa in vetro soffiato offerta da L. Morelli & Figlio Premio Miglior Giovane – Simone Bianchini, medaglia FIAF e selezione di Vini della Fattoria di Fibbiano Notizia inviata da Luca Barsanti della Delegazione Fisar di Pisa

Wine Sicily a Marsala Nell’anno in cui è risultata la città più premiata d’Italia al concorso enologico nazionale “La selezione del Sindaco” con ben 12 medaglie, Marsala ha ospitato la nuova edizione del Wine Sicily & Jazz – esposizione grandi vini siciliani con il patrocinio della Regione Sicilia, dell’Istituto Regionale della Vite e del Vino e, naturalmente, del comune di Marsala. Ed il cuore del centro storico, con particolare concentrazione nella suggestiva ed ineguagliabile cornice del cinquecentesco Complesso Monumentale San Pietro, è stato animato da una serie di eventi con spettacoli musicali, arte, convegni, degustazioni di prodotti tipici, pesce e tanto buon vino. “Marsala, capitale del vino, ospitando Wine Sicily, ha offerto un’ ideale, importante vetrina dei grandi vini siciliani; e con essi, l’opportunità di far conoscere ed apprezzare le bellezze monumentali, archeologiche, paesaggistiche - dichiara con orgoglio il Sindaco Renzo Carini. Tutte risorse che rendono la mia città, ricca di eventi storici ultramillenari, veramente unica. Il programma della manifestazione ha dato opportunità per tanti momenti di sano relax e divertimento. Non trascurando il dibattito sull’aspetto sanitario, per il quale abbiamo avuto esperti di fama internazionale. Mi ritengo molto soddisfatto; e non a caso mi sento già impegnato per la prossima edizione”. Al Wine Sicily si è parlato anche di salute (ed è sempre opportuno) con l’ VIII edizione del convegno Vino e Salute, organizzato dall’Associazione Medico Chirurgica Lilybetana, che ha registrato interventi di ricercatori e luminari del mondo medico-scientifico. “Il vino, che resta il principe delle bevande – ha letto nella sua relazione il dott. Giuseppe Salvatore Trapani - è salute! Purché bevuto a dosi moderate: 3 bicchieri al giorno, ai pasti, frazionati, aiutano a migliorare la nostra salute. L’alcolismo, invece – ha sostenuto, trattando il sempre attuale tema “La febbre del sabato sera” – va sempre condannato ed evitato, perché fonte di danni d’organo e di guai sociali. Ed un triste esempio evidente ci viene dal flagello degli incidenti stradali del “dopo discoteca” soprattutto il sabato notte”. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

La manifestazione fortemente cercata e voluta dopo una indesiderata sosta dalla musa ispiratrice, l’On. Giulia Adamo, ha portato in esposizione quasi 50 tra le più importanti aziende vinicole siciliane; la società “i migliori vini della nostra Italia” (che presentava vini di altre regioni); produttori e commercianti di prodotti e servizi per l’enologia; il Consorzio dei Borghi Marinari (che nella sede della Strada del vino ha presentato, in anteprima assoluta, il nuovo progetto del circuito dei Borghi Marinari siciliani per la “Promozione e la protezione del mare”, promuovendo una serie di degustazioni sui temi: Pesce, Sale e Vino, sapori di Sicilia, raccontati dallo storico-giornalista Gaetano Basile); le Poste Italiane e la FISAR, con la delegazione Trapani. “Riavviare Wine Sicily, in questo particolare momento che fa evidenziare, a causa di condizioni climatiche avverse, una perdita di oltre il 50% della produzione media annua ed il rischio di far scomparire un consistente numero di produttori vinicoli, pur con una lunga e dignitosa storia – ha detto l’on. Adamo - è fornire nuova linfa ed incoraggiamento per tutta la vitivinicoltura trapanese e siciliana. La sua realizzazione è stata frutto della sinergia e della interazione dei diversi livelli istituzionali: Comune di Marsala, Regione Sicilia ed Istituto Regionale della Vite e del Vino. E la continuazione si può programmare solo su questa comunità d’intenti, per il bene del settore che cammina a braccetto con le basi della nostra economia”. Notizia inviata da Attilio L. Vinci pagina 71


In Famiglia

Consegna Diplomi Delegazione Siena-Valdelsa La Delegazione Fisar SienaValdelsa si complimenta con i nuovi sommelier per il brillante conseguimento dei diplomi. L’impegno profuso e il risultato raggiunto sono stati sicuramente favoriti dalla compattezza del gruppo che ha contribuito a creare un clima di amicizia che si è protratto ben oltre il solo corso. Numerose sono state le occasioni in cui abbiamo avuto modo di incontrarci per poter

mettere in pratica le tecniche acquisite durante i corsi come gli abbinamenti tramite alcune cene a tema (dalla Sicilia al Piemonte passando per la Liguria e la Toscana) e numerose sono state anche le serate in cui con la scusa di passare una serata in compagnia di una piacevole comitiva, abbiamo approfittato per degustare anche grandi vini che non avremmo facilmente avuto la possibilità di testare (dal Sassicaia al Tignanello, dal Brunello all’Amarone, dai passiti alla piacevole scoperta del Tokaji ungherese). Simpaticamente il gruppo si è dato anche un nome “I drunkers” un modo ironico per sottolineare la passione comune che per caso ci ha fatto incontrare quasi due anni fa, al primo livello. Passione che, cre-

sciuta nel tempo ed alimentata da un forte legame di amicizia ci ha permesso forse di tirare fuori il lato anche meno tecnico del sommelier. Oltre le capacità acquisite di carattere visivo, olfattivo e gustativo si aggiunge anche la convivialità e l’intrattenimento generati dallo stappare, gustare ma, soprattutto e non da meno, “chiacchierare” intorno ad una bottiglia di vino. Complimenti a tutti, e che questo, senza falsa modestia, sia da stimolo per quanti intraprendono come abbiamo fatto noi il percorso verso questo mondo che tanto può dare e tanto ci ha dato, un grazie a tutti i drunkers e ai futuri che ne verranno! Notizia inviata da Delegazione Siena-Valdelsa

La delegazione di Pistoia ha una nuova sede Il 15 dicembre 2007, alla presenza dei propri soci, di alcuni amici delle delegazioni vicine e con la presenza del Segretario, Mario Del Debbio, la delegazione di Pistoia ha inaugurato ufficialmente la nuova sede, presso l’hotel Villa Cappugi. La collaborazione con la prestigiosa struttura era già iniziata nella primavera e, viste l’ottima intesa e le sinergie che si erano instaurate, la Delegazione ha accettato di buon grado l’offerta rivoltale dal management dell’albergo per trasferire la sede sociale presso i loro locali. L’occasione non poteva essere più propizia per conferire l’onoreficenza di “Cavalieri della FISAR” a due professionisti del settore che non erano potuti intervenire a Sirmione, Luciano Pieraccioli del Ristorante Rafanelli e Josè Valerio Rovai, già gestore del Ristorante Il Signorino. Come spesso accade, il destino ha voluto fare la sua parte e, a causa dello sciopero dei trasportatori, si è colta l’occasione per consegnare il diploma di Sommelier ai partecipanti del recente corso di 3° livello, consegna effettuata dal Segretario, per la gioia dei corsisti presenti. I sommelier neo-diplomati sono: Massimo Anzilotti, Marco Belardinelli, Massimo Brasa, Roberto Ciulli, Riccardo Ferri, Moreno Frati, Simone Galardini, Bruno Galeotti, Alessandro Giraldi, Giancarlo Gori, Gianluca Gori, Tommaso Gori, Giorgio Iannunzio, Nicola Lucchesi, Chiara Tosi. pagina 72

Inoltre, è stata conferito il calice d’argento per i 25 servizi effettuati ai sommelier Simone Bartoli e Paolo Ruffa, Dopo la rituale “scopertura” dell’insegna da parte della Dott.sa Sara Pasquetti, vice-direttrice dell’albergo, del Delegato Ferruccio Donati e del segretario Mario Del Debbio, si è provveduto a festeggiare adeguatamente il lieto evento, con un trittico di salmoni al naturale accompagnati dal Franciacorta DOCG dell’Az. Agricola Mirabella (nelle versioni Satèn e Rosato), fornito dal neocavaliere Josè Valerio Rovai. Notizia inviata dalla Delegazione di Pistoia Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


In Famiglia

La Delegazione di Civitavecchia consegna i diplomi Serata di consegna dei diplomi di di terzo livello alla delegazione autonoma di Civitavecchia dove, in una cornice campestre dove si potevano respirare i profumi della campagna e del fieno, presso il ristorante” le colline dell’argento” di Civitavecchia e con il menu preparato dallo chef Mario per essere accompagnato ad una selezione di vini toscani, hanno ricevuto i diplo-

mi da sommelier: Moroni Ettore, Partesano Alessandro, Vernace Alfredo, Muratori Leonardo, Scipione Claudio, De Duchetto Giorgia, Buono Sergio, Cimaroli Enrico, Lungarini Fabrizio, Fraticelli Stefano, Russi Remo, Rapone Laura, Papisto Aligi, Ziello Dario e Calanni Alessia. Notizia inviata dalla Delagazione di Civitavecchia

La Delegazione Lucca-Garfagnana a Gavorrano (GR) La Delegazione F.I.S.A.R. di Lucca Garfagnana domenica 7 ottobre scorso ha organizzato una visita alla cantina Rocca di Frassinello, nel Comune di Gavorrano. Una rappresentanza di quattordici sommeliers, capitanati dal Presidente Piero Giampaoli, è stata accolta dal responsabile della Cantina, Massimo Casagrande, che ha condotto il gruppo alla scoperta della nuova struttura, fino alla degustazione finale. Si tratta della prima visita ufficiale di una delegazione Fisar all’azienda, inaugurata lo scorso 30 giugno 2007, e nata da una joint venture fra Paolo Panerai, editore e viticoltore (proprietario di Castellare a Castellina in Chianti), ed Eric de Rothschild (della nota dinastia dei banchieri, proprietari tra l’altro di Château Lafite). Il progetto architettonico è stato affidato nel 2001 al famoso architetto Renzo Piano che ha realizzato un’opera particolarmente attenta all’ambiente paesaggistico che la circonda: una magnifica arena naturale, a pochi chilometri dal mare di Castiglione della Pescaia, protetta dalla macchia mediterranea e dai boschi di querce da sughero. Il risultato è una struttura parzialmente ipogea, con il centro della cantina, la barricaia con 2.500 botti, scaIl Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

vata dentro la roccia. La barricaia, nonostante la sua forma perfettamente quadrata (di circa 46 metri per lato), si presenta come un grande anfiteatro a gradoni su cui sono appoggiate le barrique. Soprastante, una grande piazza a cielo aperto di oltre 5.000 mq pavimentata in cotto, con la zona centrale rialzata di due gradini; la parte perimetrale è carrabile con accesso diretto dalla rampa situata a nord, ciò per consentire l’accesso ai mezzi meccanici che durante la vendemmia trasportano l’uva, che giungerà nella sottostante cantina per gravità. La piazza ospita inoltre un elemento verticale, la torre cattura-luce, e un basso padiglione vetrato di circa 400 mq. Attorno alla cantina si estende una proprietà di 500 ettari dei quali 280 seminativi ed il rimanente a bosco, mentre i vigneti sono poco meno di 80 ettari su un programma a mediolungo termine di 125 ettari. L’accordo fra Castellare e Domaines Barons de Rothschild ha previsto fin dall’inizio di mettere insieme l’esperienza di Castellare nella coltivazione e vinificazione del vitigno principale toscano, il Sangioveto, e quella di Lafite sui vitigni francesi classici, Cabernet Franc e Sauvignon, Merlot,

Petit Verdot e Sirah. Sul mercato saranno distribuite 180mila bottiglie della vendemmia 2005, mentre quando l’azienda sarà a regime, ne sono previste tra e 350 e le 400mila. La cantina, diretta dall’enologo Alessandro Cellai in collaborazione con Christian Le Sommer, enologo di Les Domains Baron de RothschildLafite, quest’anno ha immesso sul mercato 130mila bottiglie, della vendemmia 2004. Per concludere la visita la delegazione ha potuto intraprendere la degustazione tecnica, nell’apposita sala, ideata per ospitare quattordici persone attorno ad un tecnologico tavolo realizzato su progetto dell’architetto Renzo Piano. Sono stati degustati i tre vini in produzione: Poggio alla Guardia, Le Sughere di Frassinello e infine Rocca di Frassinello, prima etichetta dell’azienda. Nonostante la giovane età dei vigneti tutti i vini hanno mostrato una grande eleganza e complessità, che fa ben sperare per il futuro della produzione. Notizia inviata da Piero Giampaoli della Delegazione Fisar Lucca - Garfagnana pagina 73


In Famiglia

A Pavia si festeggia con la Fisar All’Antica Trattoria Goi si è svolta a dicembre la cena degli auguri della delegazione FISAR di Pavia. Grande partecipazione degli associati e dei loro amici, a suggellare un anno denso di attività e ricco di successi per la delegazione, e grande rincrescimento per tutti coloro che non hanno potuto trovare posto nelle già affollatissime sale del locale di S. Martino Siccomario (PV). Nel corso della elegante e allegra serata si è svolta la premiazione del concorso fotografico Un tastevin per tutte le stagioni che ha celebrato in Daniela Mattiacci, delegazione di Pontedera, la vincitrice della sezione Estate e del primo premio assoluto: un fine settimana presso il Country Inn Tenuta Scarpa Colombi (Bosnasco – PV) e un jeroboam di O.P. spumante M.C.”Vergomberra” dell’Az. Bruno Verdi (Canneto Pavese – PV). Il premio è stato consegnato da Augusto De Bernardi dell’Associazione Fotografica Città Giardino di Pavia, che ha presieduto la giuria. Gli altri premi, uno per ogni stagione, sono andati ai soci, Ambrogio Geranzani, Michela Meroni e Maurizio Barone, che si sono aggiudicati ciascuno un jeroboam O.P.spumante M.C. “Vergomberra” dell’Az. Bruno Verdi.

La serata è proseguita in un crescendo di raffinatezze culinarie e si è chiusa in equilibrata ed armoniosa euforia grazie alla qualità dei vini di Jermann, Cusumano e F.Mansio. Un buone feste a tutti ed un appuntamento al nuovo anno, che si annuncia più interessante e positivo che mai, pronti allo scatto per l’edizione 2008 del premio fotografico! Notizia inviata da Carlo Barbati della Delegazione di Pavia

Premiati i “Pisani più schietti” dalla FISAR pisana Nel corso della serata di gala con cena a tema, tenutasi al ristorante “da Rino”, Via Aurelia Nord, a Pisa, alla presenza del presidente nazionale della FISAR (Federaz. Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori) Vittorio Cardaci Ama,

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sono stati presentati, nell’ambito della kermesse “ Pisa Vini 2007”, i vini vincitori delle sei categorie definite dal regolamento “Il Pisano più schietto”. Il segretario della delegazione di Pisa e Litorale Vittorio De Santis ha preso la parola per portare il saluto del delegato Flavio Romboli a tutti i convenuti e le sue scuse per la forzata assenza, dovuta ad un temporaneo malessere fisico. Al delegato sono andati gli auguri di pronta ripresa da parte della platea. De Santis ha quindi illustrato brevemente le motivazioni del convivio che, oltre a creare l’occasione per la

consegna dei riconoscimenti, può e deve rappresentare un banco di prova per l’apprezzamento ed un confronto tra i convenuti delle qualità dei vini pisani prescelti e portare elementi di conoscenza ed approfondimento da parte delle Aziende agricole sulle modalità di produzione, ad iniziare dai “terroir” e dalle scelte sulle coltivazioni dei vitigni fino ai metodi di vinificazione. Di seguito ha presentato il presidente di giuria Bruno Janet ed i suoi componenti: Angelo Bacci (Onav), Umberto Chericoni (Fisar), Marcello Contrucci (Onav), Paolo Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


In Famiglia

Del Guerra (Ais), Valdo Filippi (docente Centro Tecnico Nazionale Fisar), Cristina Messina (Fisar), Giuseppe Ferroni (docente universitario facoltà Agraria a Pisa), Barbara Poli (vice-presidente Fisar di Pisa), Emanuela Rossi (Fisar) e Roberto Salvetti (Consiglio Nazionale Fisar). Ecco i nomi, per categoria, dei vini risultati vincitori: 1) IGT Bianco: Fonte delle donne della Fattoria Fibbiano di Terricciola 2) IGT Rosso: Asopardo della Società Agricola Fondi Rustici di Montefoscoli 3) Chianti delle Colline Pisane: Fattoria dell’Uccelliera di Fauglia Docg 2005 4) Montescudaio Bianco: Lucestraia della Fattoria Sorbaiano 5) Montescudaio Rosso: Fattoria Santa Maria 6) Vin Santo: Desiderio 2002 della Cantina delle Colline Pisane Cop. Agricola di Crespina. Le degustazioni sono iniziate aprendo al ricco e variegato buffet di antipasti: crostini misti toscani, insalata di farro, involtini di melanzana al formaggio, fagottini di bresaola, capocollo in insalata di verdure sottolio, scaglie di grana e pecorino. Sono stati serviti nei calici i due bianchi Fonte delle Donne e Montescudaio Lucestraia Docg 2005. Interessante il confronto a seconda del boccone assaggiato: buon profumo di mela e banana, grande freschezza e buona acidità con punta di piccantino sugli insaccati il primo, mentre il secondo, Chardonnay passato in barriques nuove, più erbaceo ed asciutto al palato, bene con i formaggi. Con il Risotto al Chianti delle Colline Pisane con punte di filetto di manzo marinato è stato servito lo stesso vino usato per la cottura, il Chianti della Fattoria dell’Uccelliera, derivato da Sangiovese e Cannaiolo nero, dal colore rosso rubino e dai profumi intensi con prevalenza di viola, il cui passaggio in botte conferisce tannini setosi e mai aggressivi: un connubio veramente armonico, come sottolineato da Bruno Janet, sempre brillante nel ruolo di conduttore delle degustazioni di cibi e bevande, che ha tenuto per tutta la serata. A seguire Pappardelle al ragù all’anatra muta, veramente squisite ed annafffiate dal

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Montescudaio Rosso Fattoria Santa Maria, 90% Sangiovese e 10% Cannaiolo dal colore rosso carico che ha rivelato un gusto pieno, dai profumi di more e lampone ed ha entusiasmato per l’abbinamento indovinato. Come pietanza di carne è stato servito il classico Cinghiale alla cacciatora con polenta di farina gialla. In abbinamento l’Asopardo di Montefoscoli, 60% Sangiovese, 20% Cabernet-Sauvignon e 20% Merlot, dal colore rosso vivo e ricco di profumi, che pulisce bene la bocca dagli unti del cinghiale ed in uscita fa sentire la viola mammola del Cabernet-Sauvignon. Discorso a parte per il dessert, una deliziosa torta alle noci accompagnata dal Vin Santo Desiderio 2002 dal colore ambrato e sentori di fichi secchi, abboccato e caldo in bocca tale da donare sensazioni di gioia e felicità. Al termine Bruno Janet, oltre a ringraziare la giuria per le scelte dei vini vincitori, la Brigata di cucina per le ottime proposte ed il Rango di servizio ha elogiato tutta la categoria dei produttori per il grado di qualità conseguito e per la folta partecipazione: ben ventinove le Aziende che hanno presentato 72 vini diversi da degustare. Le classifiche finali, frutto di lunghi e meditati assaggi, hanno visto contendersi i primi posti con piccole frazioni di punto, segno del livello di eccellenza raggiunto a tutt’oggi, livello che solo venti anni fa sarebbe stato addirittura impensabile! Un traguardo importantissimo per tutto il settore, che lega strategicamente i prodotti al proprio territorio ed alle sue specificità, tali da poter aggredire un mercato globalizzato in maniera sempre più marcata. Infine il presidente Vittorio Cardaci Ama, prima di consegnare i prestigiosi attestati ai premiati, si è complimentato con l’organizzatore della serata, Umberto Chericoni, rimarcando come il progetto degli abbinamenti, costruito giocoforza sull’intuito e la conoscenza degli elementi di base, abbia effettivamente incontrato il giudizio positivo all’atto pratico degli assaggi ed ha voluto ringraziare la delegazione locale ed evidenziarne l’impegno profuso nell’iniziativa, che è certamente frutto di un lavoro costante e determinato, portato avanti sin dalla nascita della manifestazione denominata “Pisa Vini” augurandosi che nella prossima edizione possa aumentare la presenza dei soci a manifestazioni così importanti.

Notizia inviata da Tiziano Taccola della Delegazione di Pisa

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In Famiglia

Auguri ai nuovi sommelier di Venezia Farsi gli auguri di Natale in una serra! Vi è mai capitato? Forse sì, ma forse non vi è mai capitato di fare e ricevere gli auguri cenando in una serra: beh, a noi è successo mercoledì 19 dicembre u.s. in occasione della Cena degli Auguri di Natale di Delegazione. Ci siamo ritrovati proprio in una ex serra, che è stata trasformata in una raffinata sala da pranzo, dove i tavoli sono allestiti tra alberi di banano e piante esotiche ed illuminati da luci soffuse e candelabri accesi, per farci gli auguri e per festeggiare i colleghi del corso, diretto da Lorenzo De Rossi, i quali sono diventati Sommelier con l’esame del 4 dicembre. La cena di Gala si è tenuta dunque presso Il Ristolounge Etò a Tessera (Ve), dove la cuoca ci ha preparato: salatini, pinzimonio, tramezzini e tartine varie, affettati misti con selezione di formaggi, quali antipasti, accompagnati da un (poteva mancare nel Veneto?) Prosecco extra Dry IGT della Cantina Viticoltori Ponte; gran risotto ai funghi e lasagne con radicchio di Treviso tardivo e salsiccia, cui è stato abbinato il Manzoni Bianco Giorgio Cecchetto IGT Marca Trevigiana, gentilmente offerto dal produttore; filetto alla griglia con cuore di formaggio grana, avvolto nella pancetta lardellata, accompagnato da verdure alla griglia e patate al forno, affiancato dal Merlot Piave DOC 2005 della Cantina Viticoltori Ponte messo a cortese disposizione, assieme al prosecco, dal professor Dalla Torre; abbiamo chiuso col dolce millefoglie sposato al Moscato d’Asti D.O.C.G. “La Caudrina” dell’Azienda Dogliotti Sono stati nostri graditissimi ospiti: la professoressa Severina Cancellier dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano, assieme al marito, Alessandra Zorzi per la Carpenè Malvolti, il prof. Silvio

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Dalla Torre – responsabile di zona del C.T.N. F.I.S.A.R., il Delegato di Treviso Luciano Cescon. Anche in questa occasione c’è chi ha dovuto rinunciare a starsene comodamente seduto a tavola: stiamo parlando dei colleghi Sommelier, che - grazie al loro lavoro - hanno aggiunto una nota di classe ed eleganza in più: Franco Jurassich (responsabile della nostra Squadra Sommelier), Daniela Serena e Marta Cavasin. Nel corso della serata il Delegato Giorgio Pennazzato, con l’ausilio di un video, ha fatto un bilancio delle attività del 2007, presentandole in breve rassegna, invitando i presenti ad un caloroso battimani di ringraziamento per chi si è tanto prestato per la loro buona riuscita: i Consiglieri e il Segretario di Delegazione, il Direttore della Squadra Sommelier, i Direttori di Corso, il curatore del nostro sito internet. Ha poi illustrato in anteprima le attività sociali previste per i primi mesi del 2008, tra cui il proseguimento del prestigioso Master di Degustazione presso ‘Agriturismo Ormesani’ a San Liberale di Marcon. Alla fine della cena Alessandra

Zorzi, Silvio Dalla Torre e Luciano Cescon hanno consegnato i Diplomi ed i sospirati Tastevin ai Neo Sommelier, che andiamo a ricordare con piacere: A Giuseppe Garassino, quale miglior corsista neosommelier, Alessandra Zorzi, a nome di Carpenè Malvolti, ha donato un diploma ed un cofanetto di prodotti dell’Azienda. In chiusura sono statti estratti i premi della lotteria sociale: il primo premio, uno splendido bauletto termico contenente una bottiglia di Veuve Clicquot e due flûte, è andato al Delegato di Treviso, Luciano Cescon, noto cultore dell’enologia francese... scherzi del destino! Per ultimo un grazie particolare al socio sommelier Lorenzo De Rossi, che oltre ad essere un valido direttore di corso, è un Socio con la ‘S’ maiuscola, disponibile a collaborare in ogni occasione, fonte di idee e di stimoli per tutti noi, pronto a sottrarre tempo alla famiglia (ringraziamo anche la moglie Paola per la “comprensione” che dimostra), per poter essere presente alle attività sociali. Notizia inviata da Lucio Chiaranda Segretario Delegazione di Venezia

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In Famiglia

La delegazione di Vercelli – Biella in Liguria Domenica 25 Novembre si è svolta la gita sociale organizzata dalla Delegazione FISAR di VercelliBiella; meta della gita la Liguria. Due sono stati i motivi conduttori dell’escursione in terra Ligure: la degustazione dei vini e dell’olio d’oliva prodotti con le cultivar locali e la visita ad alcune aziende agricole della zona. Il nutrito gruppo di Fisariani, (capitanati dal delegato Claudio Valenza) durante il percorso ha potuto apprezzare gli scorci panoramici, le distese d’ulivi e i vigneti abbarbicati che lasciavano trasparire la fatica del lavoro e l’attaccamento di questa gente alla loro terra. Prima tappa della gita è stata la visita all’Az. Agricola “La Baita” di Borghetto d’Arroscia (IM) dove si è potuto apprezzare il profilo organolettico dell’olio extra vergine d’oliva, tramite una degustazione guidata dall’assaggiatore professionista Marco Ferrari dell’O.N.A.O.O. (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Olio d’Oliva). Dopo l’assaggio dell’olio d’oliva, il sommelier Paolo Baltaro ha condotto i partecipanti in una degustazione di vini dell’Azienda Agricola Durin di Ortovero (SV), e nel particolare si sono degustati il Vermentino il Pigato ed il Rossese della Riviera Ligure di Ponente, per poi passare alla Granaccia e l’Alicante delle Colline Savonesi, e l’Ormeasco Passito di Pornassio.

Degna conclusione della mattinata, l’ottimo pranzo servito al ristorante La Baita con portate di bella presentazione e abbinamento a vini locali quali: Lumassina, Ormeasco e Pigato Passito. Nel tardo pomeriggio, dopo una breve fermata a Laigueglia con passeggiata “digestiva”, il viaggio è proseguito verso Andora da dove salendo verso località Colla Micheri il sig. Viglietti, proprietario dell’azienda Cascina Praiè, dava il benvenuto alla comitiva. Nella sala degustazione, che volge lo sguardo verso il mare con panorama sull’abitato di Andora, si è conclusa la giornata con l’assaggio dei vini prodotti dall’azienda.

La degustazione è cominciata con Pigato e Vermentino per le uve a bacca bianca, per proseguire con due vini rossi prodotti con Sangiovese e Granaccia e Cabernet con Rossese. Per congedarsi in ottimo stile il sig. Viglietti ci ha proposto la visita della cantina per ammirare le attrezzature appena acquistate e la sala di affinamento con botti in acacia. Verso sera il pullman è rientrato verso casa con soddisfazione dei partecipanti che, ringraziando Paolo Baltaro per l’organizzazione dell’evento e Claudio Valenza per il lavoro svolto, fissavano appuntamento per la cena di auguri natalizi. Notizia inviata da Pasqualin Corrado

A Portogruaro-Lison Pramaggiore si consegnano gli attestati Nel mese di novembre, in occasione dell’assemblea dei soci, si è svolta la consegna degli attestati di 1° livello. Notizia inviata da Mario Sandron della Delegazione di Portogruaro-Livon Pramaggiore Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

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Redazionale

di Roger Sesto

La 1ª Giornata di Studio sul Vino: “Innovazione – Il vino che berremo”, svoltasi a Roma lo scorso 7 febbraio, ha voluto essere un brian storming, più che un convegno tradizionale, per monitorare lo stato dell’arte del settore viti-enologico in Italia e trarre delle prime indicazioni sui possibile scenari futuri che dovranno fronteggiare le aziende.

Il vino che berremo? Un mix di innovazione, innovazione rivisitazione rivisitazione e tradizione tradizione Due gli interessanti forum programmati, uno dedicato al marketing come strumento delle realtà vitivinicole per sfidare la globalizzazione, l’altro, più tecnico, incentrato sul ruolo dei vitigni come elementi per un “distinguo” strategico delle aziende. Non è stato il solito convegno colmo di retorica, autoreferenziale e celebrativo. Qui si voleva scavare, capire, interpretare, monitorare il pre-

È solo definendo per ciascuna varietà il miglior protocollo di vinificazione che ne si può comprendere il vero potenziale

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sente per poter tracciare plausibili scenari alternativi o paralleli sui possibili modelli del vino che verrà. Questo lo scopo, del tutto raggiunto, della Prima Giornata di Studio sul Vino: “Innovazione – Il vino che berremo”, svoltasi a Roma, presso l’Hotel Sheraton Eur, lo scorso 7 febbraio. Un’iniziativa fortemente voluta dallo scrittore Andrea Zanfi, per poter comprendere lo stato dell’arte della viti-enologia della nostra penisola, sia da un punto di vista tecnico sia con un’ottica di più ampio respiro: comunicazione, marketing, orientamenti di mercato; così da elaborare delle ipotesi di strategie di intervento per rendere sempre più competitivo un settore così cruciale per l’economia italiana, soprattutto in vista di un mercato viepiù agguerrito e globale, non più prono a far sconti a nessuno. E dunque, come sarà opportuno per le aziende approcciarsi ai consumatori? In che modo esse dovranno realisticamente intervenire sulle leve di marketing a loro disposizione? E da un punto di vista tecnico-scientifico, ovvero agronomico ed enologico, saranno auspicabili “fughe in avanti”, oppure sarà più sensato mantenere o ripercorrere l’ortodossia della tradizione (fermo restando la difficoltà di definire l’esatto concetto di tradizione...) o, ancora, si dovrà optare per un “ritorno al futuro”, ovvero effettuare una ricerca filologica delle proprie radici per poi attualizzarle ed innovarle?

Lo scrittore Andrea Zanfi, promotore dell’evento Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


Redazionale

Tutte queste domande hanno trovato ampio spazio di trattazione e dibattimento nel corso dei due forum costituenti l’ossatura della Giornata. Naturalmente, essendo il primo appuntamento di una serie di incontri annuali, non c’era la pretesa di arrivare alla soluzione magica di tutti i problemi, al disegno di un modello normativo incontrovertibile e capace di dare una risposta univoca a tutti questi dilemmi. L’intento era semmai quello di “gettare benzina sul fuoco”, nel senso di sollevare tante questioni, punti di vista diversi e anche contrastanti, idee, scintille, pensate, scontri e incontri; scodellare una sorta di brodo primordiale, utile come punto di partenza per poi cominciare a plasmare, nei successivi appuntamenti, una serie di proposizioni più ordinate e finalizzate. Insomma: un brian-storming più che un classico convegno. Nel primo forum della giornata romana, introdotto da un saluto di benvenuto del presidente Fisar Vittorio Cardaci Ama, si è parlato di “marketing come strumento di supporto alle aziende vitivinicole per affrontare la sfida alla globalizzazione”. Tra i vari interventi (per motivi di spazio ne ricorderemo solo alcuni) Luigi Odello – presidente del Centro Studi Assaggiatori – ha ricordato l’importanza di interrogare il consumatore per capire come questi si interfaccia con il vino e come di conseguenza sia opportuno produrre informazioni che parlano del nettare di Bacco a lui congeniali e comprensibili, in modo da creare confidenza e non timore reverenziale e quindi fuga. Andrea Gabbrielli, noto giornalista di settore, ha snocciolato alcune cifre sul crollo della domanda di vino nella nostra penisola (e non solo), dovuto essenzialmente ai nuovi stili di vita, un calo di cui le aziende faranno bene a tenerne conto, che porterà sempre più a battersi sui centesimi e a “finanziare” la distribuzione. Gianni Usai ha ricordato l’importanza del marketing associativo: “Se le aziende vinicole tricolore – con un minimo di organizzazione - lo avessero perseguito, probabilmente non avremmo letto sul Corriere della Sera che l’anno scor-

Mario Falcetti Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

so al Forum Economico Mondiale di Davos non erano presenti vini italiani, bensì uno indiano del Kashmir...”. Mario Falcetti, agronomo e direttore generale della franciacortina Contadi Castaldi, ha ricordato la fondamentale importanza del terroir a discapito di quella del vitigno: quest’ultimo unicamente un mezzo. Oltre alla fondamentale importanza di formare i venditori, arricchendoli di “elementi differenziali”, magari anche con strumenti ludici, proprio come si fa annualmente all’azienda di Adro grazie al “Gioco della Cuvée”’, utile per avvicinare i commerciali al “prodotto bollicina”. Il giornalista Luca Bonci ha sottolineato come i siti Internet delle nostre realtà vinicole siano ancora in gran parte inadeguati; è importante viceversa si facciano più fruibili, semplici, di rapida consultazione, costruiti sulle fondamenta di logiche di marketing settoriale da webmaster che si mettano in sintonia con le esigenze di comunicazione di questo tipo di aziende; magari cominciando a sfruttare nuove risorse di rete quali i blog, le chat, i forum, di stimolo fra l’altro allo sviluppo dell’e-commerce. Ed un esempio di sito di grande efficacia lo ha illustrato Baldo Palermo, direttore marketing della siciliana Donnafugata: un’azienda che ha puntato tantissimo a livello di comunicazione proprio sull’web. Credendo nei concetti di navigabilità, dinamicità e interattività, quest’ultima stimolata per esempio dallo strumento della newsletter. Dal canto suo il sottoscritto ha ricordato come le etichette debbano saper comunicare soprattutto il terroir e la vigna più che la tecnica e il vitigno, ed evocare emozioni, ma anche essere semplici, funzionali e dare indicazioni pratiche, ma senza scadere nella banalità o nel genericismo. Il secondo forum aveva come focus: “I vitigni come elementi per un distinguo strategico delle aziende”. Attilio Scienza, in un intervento abbastanza controverso e che non è certo passato inosservato, ha sottolineato come il dualismo terroir/vitigno sia in realtà un dibattito accademico, dal suo punto di vista un falso problema, e come in realtà i due aspetti coesistano.

si è parlato di marketing come strumento di supporto alle aziende vitivinicole per affrontare la sfida alla globalizzazione

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Redazionale

Il secondo forum aveva come focus: «I vitigni come elementi per un distinguo strategico delle aziende»

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Ma ha pure ridimensionato il “derby” tradizione/innovazione. Per il professore la tradizione in un certo senso non esiste, oppure è legata a certi modi di fare il vino vecchi e di negativo impatto sulla qualità. Bisogna avere il coraggio di “tradire” la tradizione. Scienza denuncia che l’Unione europea ha ingabbiato la viticoltura ad un modello valido mezzo secolo fa, cosa che invece non è successa con gli altri settori della frutticoltura. Sempre a detta del professore, ci troviamo a rincorrere vecchi vitigni di dubbia qualità, facendo della filosofia, invece di creare nuovi e ben più validi vitigni – magari partendo dalla “riserva genetica” che si trova nel Caucaso, che vadano poi ad identificarsi con un vino e con la possibilità di brevettare il binomio vino/varietà. Per l’accademico nel futuro si vorranno sempre più vini buoni e stop, senza elucubrazioni ideologiche o filosofiche. Dal canto suo Roberto Zironi, professore all’Università di Udine, ha sottolineato un po’ provocatoriamente come in realtà quello del rilancio dei vitigni autoctoni sia un falso problema, giacché l’82% della viticoltura italiana si basa proprio su varietà nostrane, il problema è semmai di valorizzarle (quelle che lo meritano), andando ad individuare e distinguere le cultivar “storiche” da quelle “minori”: è questa semmai la vera dicotomia. È solo definendo per ciascuna varietà il miglior protocollo di vinificazione che ne si può comprendere il vero potenziale, ed eventualmente – se c’è - valorizzarlo, là dove naturalmente esiste il terroir più vocato per quella specifica cultivar. La professoressa Oriana Silvestroni ha voluto ricordare come vi sia una scarsa propensione da parte del legislatore a recepire l’innovazione in ambito viticolo e a promuovere nuovi incroci, e questo proprio quando ce ne sarebbe più bisogno, visti i cambiamenti dei gusti dei consumatori ed i repentini mutamenti climatici a cui stiamo andando incontro. L’enologo toscano Paolo Vagaggini ha inteso sottolineare che i

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Attilio Scienza, sullo sfondo Paolo Vagaggini, Barbara Tamburini e Vittorio Fiore.

Supertuscan servono “per giocare” e per incontrare i gusti dei consumatori lontani, ma con le Doc e le Docg non si scherza, quelle sono, e deve essere il mercato a venire loro incontro. Vittorio Fiore ha energicamente denunciato l’obsolescenza della normativa sulle Doc e la follia di disciplinari ingessati che non tengono conto dei progressi viti-enologici. Infine Andrea Zanfi, promotore della Giornata, si è sentito di sottolineare il sottile, ma fondamentale, distinguo tra globalismo – fenomeno che riguarda i mercati - e globalizzazione, un concetto che ha piuttosto a che fare con le coscienze. Al termine dei lavori, seguiti da un gran numero di intervenuti: giornalisti, produttori, appassionati, operatori del settore, i convenuti hanno avuto la possibilità di partecipare ad un interessante banco d’assaggio, presenti oltre 70 produttori e più di 100 etichette (descritte in un elenco a parte in queste pagine del giornale), con una selezione di vini giudicati dal comitato scientifico della manifestazione paradigmatici del senso della Prima Giornata dedicata al “vino che berremo”, a cavallo tra la fuga in avanti dell’innovazione, il ritorno al passato della tradizione e il “ritorno al futuro” dell’attualizzazione o rivisitazione.

Vittorio Fiore Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


Redazionale

Aziende presenti alla degustazione di giovedì 7 febbraio a Roma Hotel Sheraton Contadi Castaldi Franciacorta Satèn Pieve de’ Pitti Tribiana Tabarrini Trebbiano Spoletino Luigi Cataldi Madonna Pecorino Os Conti Sertoli Salis Torre della Sirena La Costa Solesta Casa d’Ambra Ischia Biancolella Frassitelli Cantine Marisa Cuomo Fiorduve Panizzi Vernaccia di San Gimignano Evoè Tenuta Capezzana Trebbiano La Scolca Gavi La Scolca D’Antan e La Scolca D’Antan Cascina Ruris Biancsec Miceli Yrnm Goretti Sagrantino di Montefalco Fattoria Le Mure Saracene, L’Arringatore, Il Moggio Cantina Tollo Linea Cuore Tenute del Cabreo Cabreo La Pietra e Cabreo Il Borgo Agricola San Felice Pugnitello Igt Toscana Badia a Coltibuono Sangioveto di Coltibuono Badia di Morrona N’Antia Cantine Cipressi Tintillia Cantine del Notaio Aglianico del Vulture La Firma

Fattoria San Felo Morellino di Scansano “San Felo” e Igt Rosso Maremma Toscana “Balla la Vecchia”

Piaggia Carmignano Riserva

Castello di Gabbiano Bellezza

Gianfranco Fino Negroamaro Salento Igt “Jo”

Podere Scurtarola Vernero

Castello di Monsanto Nemo

Gualdo del Re Federico I e I’ Rennero

Capannelle 50&50 e Solare Casale del Giglio Mater Matuta Castello di Ama Castello di Ama

Castello di Querceto Castello di Querceto

Guicciardini Strozzi Millanni e Sodole

Castelvecchio Terrano

I Balzini I Balzini black Label, I Balzini White Label, I Balzini, Green Label

Catabbo Tintillia

I Giusti & Zanza Dulcamara

Castello del Terriccio Tassinaia e Lupinaia

Ciacci Piccolomini d’Aragona Fabius Col d’Orcia Olmaia

I Poderi di San Gallo Rosso di Montepulciano Il Colombaio di Cencio Il Futuro Librandi Magno Megonio

Contado Veniglio Nerodichiara

Mannucci Droandi Chianti dei Colli Aretini

Conte Leopardi Dittajauti Rosso Conero Castrano

Moletto Malbech

Duca Carlo Guarini Malìa

Montebernardi Tzigana

Fattoria Corzano & Paterno Il Corzano

Montecappone Tabano Esino Rosso

Fattoria di Fubbiano I Pampini Fattoria di Magliano Poggio Bestiale

Morisfarms Avvoltore Nino Negri Sfurzat 5 Stelle Pakravan Papi Gabriccio

Fattoria Le Pupille Saffredi

Petra Petra

Fattoria Poggio Gagliardo Vel Aules

Petrolo Galatrona

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

Podere Forte Petrucci Orcia DOC Podere La Cappella Cantico e Corbezzolo

Poggio Scalette Carbonaione Santa Lucia Castel del Monte Rosso Igt “Le More” Santa Margherita Malbech Veneto Orientale Scopone Il Bagatto Società Agricola Fondi Rustici Asopardo Igt Rosso Toscana Tenuta Roccaccia Poggio Cavalluccio Tenute Vecchie Terre di Montefili Bruno di Rocca e Anfiteatro Terra d’Aligi Tolos Terrabianca Campaccio Tolaini Picconero Vestini Campagnano Kajanero Terre del Volturno Marco Sara Picolit e Mufis Walter de Battè Cinqueterre Sciacchetrà Donnafugata Ben Ryè Forteto della Luja Forteto della Luja e Forteto Pian dei Sogni

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Redazionale

Uno Studio per la Sicurezza FISAR e Dipartimento di Emergenza: una ricerca finalizzata alla sicurezza dei frequentatori dei Corsi di qualificazione dei Sommelier professionisti. di Sergio Pintaudi

uno Studio Studio per la Sicurezza Sicurezza Il principio della “sicurezza” pervade il nostro tempo e trova fondamento nella capacità che la nostra società possiede nel determinare azioni scevre da pericoli per chi opera e/o per chi è soggetto alle nostre azioni. Nell’ottica di questo principio la FISAR ed il Dipartimento di Emergenza dell’Ospedale Garibaldi di Catania

TASSO ALCOLEMICO g/l

nel rispetto della vita” e viene promosso anche nell’osservanza dall’ art. 186 del codice della strada contenuto nel decreto legge del 3 agosto 2007, convertito in legge 2 ottobre 2007, che nel qualificare la giuda in stato di ebbrezza come reato prevede sanzioni differenziate a seconda del tasso alcolemico riscontrato nel guidatore:

SANZIONE

0,5 ÷ 0,8

Ammenda da 500 a 2.000 €. Sospensione della patente da 3 a 6 mesi

0,8 ÷ 1,5

Ammenda da 800 a 3.200 € e arresto fino a 3 mesi. Sospensione della patente da 6 mesi a 1 anno.

oltre 1,5

Ammenda da 1.500 a 6.000 € e arresto fino a 6 mesi. Sospensione della patente da 1 a 2 anni

Per quanto riguarda il veicolo, in caso di constatazione di tasso alcolemico sopra la norma, lo stesso non può essere condotto dalla persona in stato di ebbrezza, per cui se non è possibile affidarlo ad altra persona può essere posto sotto sequestro pagina 82

hanno sviluppato una ricerca tendente ad evidenziare il tasso di alcol presente nei propri corsisti al fine di poter rassicurare gli stessi circa la ripresa delle proprie attività a fine lezione, compresa la guida sicura. Lo studio rappresenta anche un contenuto concreto dello slogan promosso dalla FISAR la “Cultura del Bere

preventivo; è inoltre prevista la sottrazione di 10 punti sulla patente (il doppio per i giovani che hanno preso la patente dopo l’01.10.2003 e da meno di 3 anni). Inoltre se la stessa persona compie più violazioni nel

corso di un biennio o se la violazione è commessa da conducente professionista (autisti di autobus, di veicoli con rimorchio etc.), la patente viene sempre revocata e quindi contestualmente ritirata e trasmessa entro 10 giorni al prefetto.

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


Redazionale

Nel caso di incidente stradale se a provocarlo è persona in stato di ebbrezza, le sanzioni sono raddoppiate ed il giudice, con la sentenza di condanna, impone il fermo amministrativo del veicolo per 90 giorni se questo appartiene alla stessa persona responsabile dell’incidente. Per quanto concerne l’accertamento, questo va fatto con uno strumento, l’etilometro, che misura la quantità di alcol contenuta nell’aria espirata, l’esame viene ripetuto due volte a distanza di 5 minuti l’una dall’altro e chi, senza giustificato motivo, si rifiuta di sottoporsi al controllo etilometrico commette un illecito amministrativo che prevede le seguenti sanzioni: a) Sanzione pecuniaria da euro 2.500 a euro 10.000 (aumentata da euro 3.000 a euro 12.000 se il rifiuto è opposto in caso di incidente in cui il conducente è rimasto comunque coinvolto), b) Sospensione della patente per un periodo da 6 mesi a 2 anni e la revoca in caso di recidiva in un biennio;

Sabato ore 15.00

c) Fermo amministrativo del veicolo per 180 giorni se il veicolo appartiene alla stessa persona responsabile dell’illecito. Infine, con l’ordinanza di sospensione il Prefetto ordina al conducente di sottoporsi a visita medica di revisione della patente di guida presso la commissione medica provinciale. Dallo studio la FISAR vuole anche ricavare indicazioni circa le proprie modalità didattiche, infatti se dai risultati ottenuti si evidenziasse che a fine lezione il tasso alcolemico è tale da non consentire l’immediata ripresa della guida automobilistica potrà dare le indicazioni utili al fine dello smaltimento dell’indice alcolemico sopra la soglia di 0,5 g/lt. previsto dall’attuale codice della strada o mutare la modalità didattica.

Sergio Pintaudi Direttore Dipartimento di Emergenza Ospedale Garibaldi - Catania

5Aprile

convegno F.I.S.A.R. sul tema

«La cultura del bere per il rispetto della vita» 5000 incidenti stradali l’anno sono dovuti all’eccesso di alcol.

Bevi con giudizio

SALA RESPIGHI PALAEXPO

La cultura del bere per il rispetto della vita

Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

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La segreteria comunica

Sabato 19 aprile si terrà a Viareggio l’annuale Assemblea dei Soci FISAR e vi sono almeno tre buone ragioni per non mancare.

di Mario Del Debbio

Assemblea Assemblea annuale annuale dei Soci FISAR Tre buone ragioni per non non mancare mancare La prima è istituzionale. L’approvazione del Bilancio non è solo il momento in cui si verifica il rendiconto economico ma è anche l’occasione per confrontarsi sulle cose fatte e quelle da fare. La seconda è una ragione associativa. Lo statuto approvato nel 2004 necessita di piccole modifiche, tre puramente tecniche ed una

Sabato 19 Aprile 2008 Ore 9.30 GRAND HOTEL ROYAL **** Sala Butterfly - Viareggio Assemblea annuale per approvazione del bilancio Coffe Break Ore 11,30 GRAND HOTEL ROYAL **** Sala Butterfly - Viareggio Assemblea Straordinaria per approvazione modifiche allo Statuto Ore 13,30 Giardino del Grand Hotel Royal**** Gran Buffet con degustazione Ore 15,00 Eventuale ripresa dei lavori dell’Assemblea Pomeriggio libero sul lungomare di Viareggio Quota da versare per il pranzo-degustazione a fine assemblea € 25,00 Al fine di consentire un’adeguata organizzazione dell’evento, tutti i soci che parteciperanno all’assemblea senza pernottare sono pregati di confermare alla Segreteria Nazionale la loro presenza entro e non oltre il giorno 11 aprile 2008 Non perdere l’opportunità per un meraviglioso weekend in Versilia: Il GRAND HOTEL ROYAL**** situato sul lungomare di Viareggio a soli 50 metri dal mare in quei giorni riserva agli associati FISAR condizioni assolutamente vantaggiose e la Delegazione FISAR Versilia invita tutti gli amici Fisariani alle due cene conviviali organizzate per l’occasione. (vedi modulo prenotazione).

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Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


La segreteria comunica

organizzativa. Lo spostamento del termine ultimo per l’assemblea elettiva al 31 ottobre consentirà di separare i due appuntamenti più importanti per gli associati (bilancio ed elezioni) consentendo alle delegazioni di organizzarsi al meglio per i rinnovi dei rispettivi Consigli, che a termini di Regolamento devono essere fatti prima dell’elezione del Consiglio Nazionale, e di poter raccogliere in maniera adeguata le iscrizioni dei loro associati permettendo così una grande partecipazione all’assemblea elettiva. Questo accorgimento uniformerà la FISAR a tutte le altre grandi associazioni di settore. La terza ragione è l’amicizia. Quest’appuntamento può essere l’occasione per passare insieme un bellissimo week end di primavera in Versilia. Il Grand Hotel Royal ci riserva condizioni particolari e la Delegazione locale si è adoperata per garantire la migliore accoglienza possibile in collaborazione con i Ristoranti viareggini. Tutto in assoluta libertà senza programmi particolari ma solo per la voglia di stare insieme. Spero davvero di vedere tanti amici fisariani passeggiare sullo storico lungomare mentre discutono unicamente sul vino giusto per il cacciucco. Inoltre per tutti coloro che vorranno scoprire da soli i segreti della Versilia, ecco una lista di amici della FISAR. Ristorante ROMANO Via Mazzini, 120 - Viareggio Tel. 0584 31382 Uno dei nomi più rappresentativi di tutta la Versilia e non solo. Grande materia prima. Il piatto: Calamaretti ripieni di verdure e crostacei Ristorante L’IMBUTO Via Fratti, 308 - Viareggio Tel. 0584 48906 L’innovazione. Giovane Chef di grande talento e sicuro avvenire. Piatti creativi ed equilibrati. Atmosfera particolare. Ristorante GUSMANO Via Regia, 58 - Viareggio Tel. 0584 31233 Ambiente confortevole ed accogliente. Buona varietà nei piatti ed ottima scelta del pescato. Osteria GIORDANO BRUNO Inizio V.le Europa - Viareggio Tel. 0584 392201 Grandissima carta dei vini. Ambiente giovane e dinamico come la sua cucina. Dalla pizza al crudo di pesce. Dai vini locali al Romanè Conti. Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008

Ristorante MARECHIARO V.le Europa - Viareggio Tel. 0584 391244 Ristorante pizzeria sulla spiaggia. Ambiente informale. Lo spaghetto con le arselle, il fritto misto in tutto relax. Ristorante CHALET SUL LAGO P.zza Belvedere Puccini - Torre del Lago Tel. 0584 352574 Una palafitta sul Lago per respirare le magiche atmosfere di Puccini. Piatti presentati con eleganza.

Sabato 19 aprile si terrà a Viareggio l’annuale Assemblea dei Soci FISAR

,,

Enoteca MAGAZZINO del VINO Via Zanardelli, 116 - Viareggio Tel. 0584 45581 Il posto dove comprare una bottiglia di vino e degustare formaggi e salumi all’ora dell’aperitivo. L’Enoteca di HENRI PROSPERI Via Fratti, 370 - Viareggio Tel. 0584 49877 Vini nazionali ed internazionali. Pochi tavoli per chi vuole assaggiare prelibatezze accompagnodole con grandi vini. Ristorante ULISSE Via Campana, 63 - Seravezza Tel. 0584 757420 Un personaggio della ristorazione Versiliese. Ottima cucina di carne e cantina ben fornita con grandi rossi a prezzi vantaggiosi. Bar VOICE MUSIC BAR V.le Reg. Margherita, 61 - Viareggio Tel. 0584 45814 Giovane e informale. Punto di ritrovo per l’aperitivo al banco o seduti ai tavoli sulla passeggiata di Viareggio. Ristorante BUTTERFLY Via del Brennero, 192 - loc. Marlia Lucca Tel. 0583 307573 La stella Michelen appena conquistata è solo il giusto riconoscimento al lavoro dello chef Fabrizio Girasoli. Menu con piatti creativi di pesce e carne. BAR CENTRO Via di Mezzo, 21 - Piano di Conca Massarosa Tel. 0584 997560 Piccolo, informale, giovane, dinamico. I suoi Happy Hour estivi sono cult. Strade chiuse e folla danzante. Grandi bottiglie. Un “fuori mano” che può valere la pena. pagina 85


La segreteria comunica

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Il Sommelier - Anno XXVI - n. 2/2008


La segreteria comunica

F.I.S.A.R. FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI

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La segreteria comunica

F.I.S.A.R. FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER ALBERGATORI RISTORATORI

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P E R U G I N A H A C R E AT O P E R T U T T I I W I N E B A R E L E E N O T E C H E U N ' O F F E R TA O R I G I N A L E E D E S C L U S I VA . Scopri con la nuova linea Collezioni un'esperienza sensoriale unica: un viaggio tra i piaceri del cioccolato e le meraviglie dei vini e dei distillati. Un’occasione in più per sviluppare il tuo business principale coinvolgendo i tuoi clienti in maniera originale e divertente: con tutta la dolcezza del cioccolato e l’esperienza Perugina.

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potrete così scoprire tutte le Novità della Linea Collezioni Perugina Collezioni sarà presente al Vinitaly 2008: per maggiori informazioni o per prenotarvi alle degustazioni potete chiamare il numero 02/81817220 dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 12.00, dal 15 marzo fino al 30 marzo 2008.



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