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OSPEDALI ABBANDONATI Urbex
OSPEDALI ABBANDONATI - UNA CURA PER QUESTO MALE
[13 maggio 1978]
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veniva emanata la Legge n. 180, nota anche come “Legge Basaglia” per il ruolo che lo psichiatra ebbe nel processo di ordinamento degli ospedali psichiatrici italiani fino alla loro chiusura.
OSPEDALI ABBANDONATI
Verso la fine degli anni ‘90 si scoprì che c’erano ancora una sessantina di strutture psichiatriche aperte con un notevole numero di internati.
Nel 1999 si cercò di sanare la situazione con un decreto, noto come “Riforma sanitaria Bindi”, che ne stabilì la definitiva chiusura, la vendita o il riutilizzo.
Che fine hanno fatto gli ospedali psichiatrici a 42 anni dalla Legge Basaglia? Solo alcuni sono stati riconvertiti per altri scopi ma molti sono in un completo stato di abbandono e di degrado. Edifici destinati al collasso, biblioteche e archivi ancora ricolmi di documentazione in fase di decomposizione e suppellettili sanitarie, lasciati incustoditi e destinati alla dispersione o alla distruzione.
Memorie ancora vive di situazioni difficili, al limite dell’umanità, storie di personaggi segregati in luoghi della sofferenza per la sola colpa di essere visti come “diversi”.
Erano gli anni in cui la malattia veniva repressa e non curata e le persone ritenute diverse, per ragioni sociali o politiche, venivano allontanate dalla società “civile”.
Per avere un’idea della vastità e della potenzialità di tali spazi, basti pensare a dei veri e propri comprensori circondati da parchi di diversi ettari.
Curiosando un po' tra i nostri territori ci si imbatte in numerose architetture abbandonate di svariata natura. Strutture destinate all’oblio ma che, date le loro particolarità architettoniche e simboliche, potenzialmente rappresentano un edificato recuperabile e magari sfruttabile nelle occasioni di emergenza.
Per ragioni poco comprensibili si preferisce, invece, continuare a costruire strutture nuove, destinate anch’esse, alcune volte, all’abbandono in breve tempo. Osservando questi luoghi dell’abbandono si rimane prima di tutto affascinati dalle volumetrie e dalla qualità architettonica e solo in un secondo momento si percepisce la realtà inquietante che li caratterizza.
Un ottimo esempio è la visita svolta all’ex ospedale neuropsichiatrico: un luogo periferico circondato da alte mura immerso in un parco e caratterizzato da una rilevante importanza storica, sociale ed architettonica.
Osservando gli edifici dall’esterno è palpabile lo stato di disagio che questi luoghi contengono, intuibile scrutando attraverso le finestre danneggiate, ma solamente una volta entrati ci si rende conto di quanta sofferenza rimanga intrappolata in queste prigioni della sofferenza. La struttura venne edificata tra il 1930 ed il 1937 su un’area immersa nel verde di circa 13 ettari. Costituita da 20 padiglioni, tra cui una chiesa ed un teatro, fu uno degli ospedali per la cura di persone affette da malattie mentali più grandi d’Italia.
Qui passarono migliaia di persone le cui diagnosi più comuni erano l’epilessia e la schizofrenia.
Il complesso psichiatrico fu chiuso nel 1978 ma fino al 1991, anno della chiusura definitiva, alcuni padiglioni vennero riadattati ed utilizzati come sede ospedaliera ordinaria.
Oggi il complesso si erge tra la vegetazione in uno stato di totale abbandono: i padiglioni, tutti uguali ed allineati, tendenzialmente sono elevati su due piani fuori terra ed un piano interrato.
Nel viale alberato di ingresso si affacciano le strutture amministrative, caratterizzate da porte cigolanti e calcinacci, all’interno è possibile osservare stanze ricoperte di documenti sparsi ovunque, cartelle cliniche dei pazienti, archivi, piatti ed apparecchiature elettroniche.
Questi padiglioni ospitavano anche gli alloggi dei dipendenti, le cucine e i laboratori educativi per i pazienti.
Entrando nelle strutture sanitarie si respira un odore acre di polvere che negli anni si è depositata ovunque, qui sono riconoscibili suppellettili quali sedie a rotelle, lettini, strumenti medici e macchinari.
L’atmosfera che accoglie il visitatore è piuttosto angosciante e surreale: i padiglioni destinati ai pazienti agitati sono caratterizzati da grate e sbarre, rafforzando l’impressione di immobilità che caratterizzava i pazienti stessi.
Un padiglione era dedicato totalmente ai bambini e sembrerebbe sia stato in uso fino al 2000; all’interno, oltre ad esserci una palestra, sono presenti peluches, videocassette, libri e i muri e le finestre mantengono ancora i particolari dei disegni.
Si scorge anche un padiglione contenente un archivio di stato della città all’interno del quale, in spazi angusti e molto confusionari, sono presenti documenti, cartelle cliniche dei ricoverati e vecchie pratiche amministrative.
Troveremo mai una cura per questo male?
E.C.G.G.
È LEGALE L’URBEX? CHIARIAMOLO IN 10 PUNTI Tratto da www.ascosilasciti.com
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Lo Stato in cui si trova l’immobile. Inteso come la nazione in cui si trova. Ognuna con le sue lingue, le sue culture e soprattutto… le sue regole! Esiste un’enorme differenza di conseguenze legali se la stessa azione viene svolta in Lituania o in Italia. Aldilà delle leggi che possono tutelare e condannare, ricordiamo bene che in alcuni Stati, prima di uscire vincitori da una causa legale e le pubbliche scuse dell’accusa, si rischia di passare da un bel “servizio educativo” della polizia locale.
Non sempre negli Stati più monarchici avrete la detenzione assicurata e in quelli più democratici, la certezza di farla franca. Non avendo tempo nè risorse sufficienti per affrontare la questione di ogni singola Nazione, ci concentreremo a sviscerare il, già complesso, codice del nostro Bel Paese.
2
Lo stato in cui versa l’immobile, ma questa volta intesa come condizione. Finestre rotte, muri crepati, tetti squarciati, muffa e vegetazione incontrollata, porte spalancate, sono tutti segni di chiaro abbandono che potrebbero tutelare l’esploratore.
L’attenuante di “immobile in chiaro stato di abbandono” non è da sottovalutare, per quanto non vi sia nulla di codificato. In un’alta percentuale dei casi può però assolvere l’esploratore da accuse di violazione di domicilio.
3
Accessi aperti. Mancanza di recinzione, porte spalancate o inesistenti, grosse aperture nei muri perimetrali, insomma tutti i varchi aperti sono “amici dell’urbex”. Tutto cambia se per accedere a un luogo abbandonato, proverete ad aprire porte chiuse o scavalcare muri (la questione cambierebbe anche per ogni metro di altezza dei perimetri…), il che costituisce violazione di domicilio privato. Crearsi entrate con forza o manomettendo recinzioni, è sufficiente invece perchè l’accusa diventi una frizzantissima “effrazione con scasso”.
4
Cartelli e avvertimenti. Controllare l’eventuale presenza di cartelli di monito non sarebbe troppo sbagliato (proprietà privata o divieto di accesso). La loro assenza o illeggibilità (magari pioggia e vento hanno fatto arrugginire il ferro dell’affisso o marcire il legno del manifesto) potrebbero comportare buoni sgravi di responsabilità.
Insomma, un’ulteriore attenuante, che male non fa’…
5
Strumenti che portate con voi. Conosciamo tutti, o almeno immaginiamo, il rischio di entrare in un edificio abbandonato, potenzialmente abitato da malviventi.
Purtroppo no…non basta questo pretesto per portarsi un machete, nemmeno con l’altruistico fine di accettare l’incolto prato della magione. Ma attenzione, anche con un bastone da trekking, o altri strumenti apparentemente innocui, potrebbero scattare l’aggravante di “arma bianca”. Nessuna arma da difesa, all’infuori del cavalletto o di un ramo trovato sul posto, si può….accettare!
6
Non toccare nulla. Per chi non lo conoscesse, il comandamento dell’Urbex “prendi solo foto, lascia solo impronte” è un promemoria anche di tutela legale. I souvenir, fosse anche un sasso del muro di un manicomio abbandonato, non sono contemplati come legali.
Anzi, sarebbe meglio prendere solo foto (nel senso di scattarle, ovviamente, non di rubare gli album di famiglia sul comò impolverato) e non lasciare alcuna impronta. Come mai? Udite-udite, per creare il giusto setting alle proprie foto, basta solo spostare gli oggetti e gli arredi, ed essere colti sul fatto, per una bella “accusa di tentato furto”.
7
Avvisi e permessi. Torniamo al tema clou. Anche a costo di passare come noiosi genitori apprensivi, sconsigliamo sempre di esplorare questi posti. Se proprio doveste sentirne l’irrefrenabile impulso, avvisate le autorità competenti, nel caso di edifici comunali/statali, o i proprietari/ guardiani per ottenere il permesso ad entrare. Anche a costo di creare allarmismi. Oppure rivolgetevi ad alcune associazioni che operano tramite quest’ultimi. Diffidate dalle organizzazioni che si disinteressano della questione legale e vi fanno clandestinamente introdurre in pericolosi edifici abbandonati.
8
Non scappare e collaborare sempre con le autorità. Se avete seguito i consigli sopra citati, potete sentirvi tranquilli. Motivo per cui, mostratevi per quello che siete e avete fatto. E’ sempre buona norma collaborare enunciando le proprie intenzioni. Così facendo sarete fuori dai guai nel 90% dei casi.
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Rispettare tutti gli 8 punti. La somma delle probabilità di non passare guai seri, che viene fuori rispettando gli 8 punti, vi assolve al 99,9%, parlando dal punto di vista penale. Più complessa diviene la questione civile, che dipende maggiormente dalla volontà del proprietario di volervi eventualmente punire, denunciandovi.
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Incertezza. L’incertezza, purtroppo, rimane l’unica certezza. Tranquilli al 100% non lo sarete mai. Unico modo per sentirvi realmente tutelati è di ascoltare il consiglio enunciato al punto 7. Odiate da molti, poiché danno in pasto alcuni luoghi abbandonati al grande pubblico, queste Associazioni (solo quelle che operano tramite mezzi legali) sono in realtà le uniche a tutelare i luoghi abbandonati in tre modi: si rivolgono ai proprietari ottenendo i permessi di visita; danno visibilità ad alcuni posti altrimenti destinati a marcire nell’indifferenza; scelgono come meta per i loro viaggi solitamente luoghi già devastati dal tempo e dai vandali, per non esporre al turismo di massa gli edifici ancora intatti, accelerandone il declino. Intanto, l’unica certezza è che, come scriveva il romantico François-René de Chateaubriand, tutti gli uomini hanno una segreta attrazione per le rovine.