Giroinfoto magazine 69

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N. 69 - 2021 | LUGLIO Gienneci Studios Editoriale. www.giroinfoto.com

N.69 - LUGLIO 2021

www.giroinfoto.com

Skydiving Adrenalina ad alta quota Band of Giroinfoto

WORLD PRESS PHOTO 2021 Skira Editore

CLAVESANA I CALANCHI Band of Giroinfoto

VILLA TORRIGIANI TOSCANA Band of Giroinfoto Photo cover by Gabriele Sturaro


WEL COME

69 www.giroinfoto.com LUGLIO 2021


LA REDAZIONE

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GIROINFOTO MAGAZINE

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Benvenuti nel mondo di

Giroinfoto magazine

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Novembre 2015, da un lungo e vasto background professionale del fondatore, nasce l’idea di un progetto editoriale aggregativo, dove chiunque appassionato di fotografia e viaggi può esprimersi, condividendo le proprie esperienze con un pubblico interessato all’outdoor, alla cultura e alle curiosità che svelano le infinite locations del nostro pianeta. È così, che Giroinfoto magazine©, diventa una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle bellezze del mondo e dalle esperienze offerte dai nostri Reporters professionisti e amatori del photo-reportage. Una lettura attuale ed innovativa, che svela i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, con l’obiettivo di essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la valorizzazione del territorio.

Oggi Dopo più di 5 anni di redazione e affrontando un anno difficile come il 2020, il progetto Giroinfoto continua a crescere in modo esponenziale, aggiudicandosi molteplici consensi professionali in tema di qualità dei contenuti editoriali e non solo. Questo grazie alla forza dell'interesse e dell'impegno di moltissimi membri delle Band of Giroinfoto (i gruppi di reporter accreditati alla rivista e cuore pulsante del progetto) , oggi distribuite su tutto il territorio nazionale e in continua crescita. Una vera e propria community, fatta da operatori e lettori, che supportano e sostengono il progetto Giroinfoto in una continua evoluzione, arricchendosi di contenuti e format di comunicazione sempre più nuovi.

Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati.

Per l'anno 2021 affronteremo nuove sfide per offrire ancora più esperienze alle nostre band e ai nostri lettori, proiettando i contenuti su nuove frontiere dell'intrattenimento, oltre la carta stampata, oltre l'on-line reading, oltre i social, per rendere più forte la nostra teoria di aggregazione fisica, reale interazione sociale e per non assomigliare sempre di più a "pixel", ma a persone in carne ed ossa che interagiscono fra di loro condividendo la passione della fotografia, della cultura e della scoperta.

Un largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e informazioni utili.

Un sentito grazie per averci seguito e un benvenuto a chi ci seguirà da oggi, ci aspettano esperienze indimenticabili da condividere con tutti voi.

Una raccolta di molteplici idee, uscite fotografiche e progetti di viaggio a cui partecipare con il puro spirito di aggregazione e condivisione, alimentando ancora quella che è oggi la più grande community di fotonauti.

Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti

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Ogni mese un numero on-line con le storie più incredibili raccontate dal nostro pianeta e dai nostri reporters.

Attività

Con Band of Giroinfoto, centinaia di reporters uniti dalla passione per la fotografia e il viaggio.

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Sviluppiamo le realtà turistiche promuovendo il territorio, gli eventi e i prodotti legati ad esso.

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ANNO VII n. 69

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20 Luglio 2021 DIRETTORE RESPONSABILE ART DIRECTOR Giancarlo Nitti CAPO REDATTORE Mariangela Boni RESPONSABILI DELLE ATTIVITÀ Barbara Lamboley (Resp. generale) Adriana Oberto (Resp. gruppi) Barbara Tonin (Regione Piemonte) Monica Gotta (Regione Liguria) Manuel Monaco (Regione Lombardia) Gianmarco Marchesini (Regione Lazio) Isabella Bello (Regione Puglia) Rita Russo (Regione Sicilia) Giacomo Bertini (Regione Toscana) Bruno Pepoli (Regione Emilia Romagna) COORDINAMENTO DI REDAZIONE Maddalena Bitelli Remo Turello Regione Piemonte Stefano Zec Regione Liguria Silvia Scaramella Regione Lombardia Laura Rossini Regione Lazio Rita Russo Regione Sicilia Giacomo Bertini Regione Toscana

giroinfoto TV LAYOUT E GRAFICHE Gienneci Studios PER LA PUBBLICITÀ: Gienneci Studios, hello@giroinfoto.com DISTRIBUZIONE: Gratuita, su pubblicazione web on-line di Giroinfoto.com e link collegati.

PARTNERS Instagram @Ig_piemonte, @Ig_valledaosta, @Ig_lombardia_, @Ig_veneto, @Ig_liguria_ @cookin_italia SKIRA Editore Urbex Team Old Italy

CONTATTI email: redazione@giroinfoto.com Informazioni su Giroinfoto.com: www.giroinfoto.com hello@giroinfoto.com Questa pubblicazione è ideata e realizzata da Gienneci Studios Editoriale. Tutte le fotografie, informazioni, concetti, testi e le grafiche sono di proprietà intellettuale della Gienneci Studios © o di chi ne è fornitore diretto(info su www. gienneci.it) e sono tutelati dalla legge in tema di copyright. Di tutti i contenuti è fatto divieto riprodurli o modificarli anche solo in parte se non da espressa e comprovata autorizzazione del titolare dei diritti.

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CIMITERO MONUMENTALE

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SKYDIVING Adrenalina ad alta quota Band of Giroinfoto Piemonte-Lombardia

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TERRASINI Terra del Golfo Band of Giroinfoto Sicilia

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CIMITERO MONUMENTALE Milano A cura di Alina Timis

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VILLA TORRIGIANI

VILLA TORRIGIANI Storia e architettura Band of Giroinfoto Toscana

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REGIA FARMACIA Torino Band of Giroinfoto Piemonte

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GAZIANTEP Il Museo dei Mosaici di Zeugma A cura di Monica Gotta

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I CALANCHI Clavesana Band of Giroinfoto Piemonte

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SKYDIVING

Elisabetta Cabiddu Manuel Monaco Giancarlo Nitti Silvia Petralia Giuliano Guerrisi Silvia Scaramella

Adrenalina

ad alta quota

Provare l’emozione di lanciarsi da un aereo è una sensazione di libertà guardando il mondo dall’alto. Chi osa saltare nel vuoto a più di 4.000 metri d’altezza, avrà sicuramente un’incredibile storia da raccontare e un ricordo indelebile da conservare nel tempo. Ci siamo recati all'aereoporto "Carlo del Prete" di Vercelli dove risiede la scuola di paracadutismo V.Zone SSD per toccare con mano questa fantastica esperienza.

A cura di Silvia Petralia e Giancarlo Nitti

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A Milano, l'unica galleria del vento verticale in Italia e la seconda al modo dopo quella di Abu Dhabi. Aero Gravity è il progetto che realizza il sogno di un gruppo di paracadutisti che desideravano condividere la loro passione rendendola accessibile a chiunque e senza limiti. Il raccondo di alcuni membri di Giroinfoto che hanno assaporato l'inebriante volo in galleria.

A cura di Silvia Scaramella e Manuel Monaco


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SKYDIVING

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Quando si parla di paracadutismo, si è soliti pensare immediatamente alle formazioni aviolancistiche lanciate da un C130 militare. Difatti, le prime esperienze ed esperimenti con il paracadute sono stati a firma militare se escludiamo il progetto mai realizzato di Leonardo da Vinci nel 1435. Oggi, ormai da più di 60 anni, parallelamente alle pratiche militari, l'espressione del paracadutismo si traduce in attività sportiva prendendo la denominazione di paracadutismo sportivo o skydiving. Negli ultimi anni, il paracadutismo sportivo ha subito un'evoluzione tale da poter permettere la nascita e il perfezionamento di varie discipline come il freefly, relative work, sky surf, canopy piloting, ecc. e viene praticato in zone denominate drop-zone presenti un po' in tutta Italia all'interno di medio-piccoli aeroporti. Il tipico lancio paracadutistico-sportivo prevede il decollo e salita in quota con un aereo da aviolancio a circa 4200 metri, l'apertura della porta e l'uscita in caduta libera fino ai 1500/1000 mt dal livello del terreno con l'apertura del paracadute. L'atterraggio avviene veleggiando con il paracadute all'interno della drop-zone con un circuito di atterraggio.

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SKYDIVING

Come dicevamo, oggi il paracadutismo continua ad evolversi come vero e proprio sport e, addirittura, in ambito ricreativo, a pari passo con i materiali sempre più performanti, sicuri e tecnologici. Una peculiarità di questo sport è che contiene all'interno di esso una numerosa serie di discilpline dimostrando di non essere solo limitato a lanciarsi da un aereo e atterrare con un paracadute. Nel tempo si sono sviluppate diverse specialità come il free fly, detto anche volo tridimensionale. Il paracadutista compie dei movimenti non solo orizzontali ma anche verticali spostandosi e coordinandosi in diverse posizioni, anche relativamente al proprio compagno di volo. Il free style, prettamente individuale e che consiste in caduta libera di eseguire una serie di evoluzioni e volteggi, ricordando esercizi di danza o ginnastica artistica, nel minor tempo possibile. Il relative work, una spettacolare formazione di due o più paracadutisti che realizzano delle figure volando molto vicini ed eseguendo delle prese. Lo skysurf, una tecnica di paracadutismo acrobatico in cui il paracadutista si lancia con una specie di tavola da snowboard attaccata ai piedi compiendo evoluzioni. Head down, una competizione che sfida l'aereodinamica precipitando a testa in giù raggiungendo velocità impressionanti per il volo umano che toccano i 400 km/h. Chi non ricorda Patrick de Gayardon con la sua avveneristica wingsuit, una tuta alare che permette di planare in volo partendo dalla porta di un aereo o lanciandosi da una montagna in modalità base jumping per costeggiare le rocce. Infine possiamo citare il canopy e il canopy work, che partono dal momento di apertura del paracadute compiendo evoluzioni a vela aperta in singola o in lavoro relativo con altri paracadutisti e lo scenico swooping in cui il paracadutista in fase di atterraggio esegue un percorso parallelo al terreno di diverse decine di metri a velocità vicine ai 90 km/h. Come avete visto nello skydiving c'è da divertirsi, ma ciò che trattiene molti dal praticare questo sport è sicuramente il terrore dell'atto di uscire da un aereo per precipitare nel vuoto... comprensibile, ma in questo caso con un po' di coraggio le scuole di paracadutismo ci vengono incontro dando la possibilità di provare in completa sicurezza con un volo tandem ancorati saldamente ad un istruttore con centinaia se non migliaia di lanci alle spalle o assaggiare la caduta libera all'interno di una galleria verticale del vento insieme a un tutor. La redazione di Giroinfoto si è recata presso la scuola di paracadutismo V.zone SSD di Vercelli per "lanciare" Silvia, uno dei nostri reporter da un aereo e inviato Manuel e Silvia presso l'Aero Gravity di Milano a provare l'esperienza della galleria del vento. Facciamoci raccontare com'è andata. Giancarlo Nitti

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SWOOPING Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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La scuola di paracadutismo “VZONE S.S.D” (società sportiva dilettantistica) inizia l’attività nel 1974 e opera presso l'Aeroporto di Vercelli "Carlo del Prete" situato a sud di Vercelli. La scuola è riconosciuta dall' ENAC per l’istruzione e la preparazione specifica all’ottenimento della licenza di paracadutismo e vanta la presenza di giovani ed esperti istruttori che nel corso del tempo hanno ottenuto le principali licenze nazionali ed internazionali a partire da quelle americane come l'USPA, UPT, STRONG ENTERPRISES e FAI per la partecipazione alle competizioni mondiali. L'associazione è formata da uno staff con la grande passione del volo condotto da Gabriele Miglio e

Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

Raffaele Chierichetti e da sempre ha l'impegno di portare al grande pubblico il paracadutismo sportivo come uno sport incredibilmente suggestivo e accessibile a tutti. La scuola, infatti, propone agli iscritti un corso di paracadutismo che soddisfa elevati standard qualitativi nazionali ed internazionali, utilizzando metodologie didattiche all'avanguardia che permettono di ottenere l'abilitazione al lancio e di imparare i fondamentali necessari in pochissimo tempo. VZONE si occupa, inoltre, della preparazione dell'attività agonistica e del supporto ai soci, in previsione delle numerose gare annuali sostenute.


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A cura di Silvia Petralia

Felicità, è quello che ho provato quando mi è stata data la possibilità di prenotare il lancio. Adrenalina ed emozione, sono le sensazioni che ho provato quando mi sono svegliata e preparata per recarmi dagli amici di V. Zone SSD insieme al team Giroinfoto. In molti mi hanno chiesto se fossi riuscita a dormire e se avessi paura, ma la risposta è stata: assolutamente no… per nulla, anzi, sono carica! E poi, paura di cosa? Sono una docente di sicurezza e conosco le statistiche per cui sono consapevole di compiere ogni giorno azioni molto più rischiose, come ad esempio guidare. Perché dovrei avere paura di lanciarmi con un istruttore qualificato ed esperto, sapendo di avere a disposizione ben due paracaduti? ( il primo paracadute e un secondo di emergenza). Sono almeno 15 anni che sogno di lanciarmi con il paracadute, ma penso che questo sia stato in assoluto il periodo migliore per farlo.

Insomma, con tutte queste restrizioni per il virus, riuscire a cimentarmi in qualcosa di così adrenalinico è stata una benedizione. Oltre al team Giroinfoto c'era anche il mio compagno, anche lui aveva deciso di lanciarsi. Credo che condividere questa esperienza con lui mi abbia dato molta più forza ed entusiasmo. Così andiamo a registrarci, ci consegnano occhialini e bandana per il volo, e ci comunicano che tra soli 15 minuti saremmo saliti sull'aereo per il lancio. L'adrenalina aumenta così come la voglia di buttarsi nel vuoto, di volare e sentirsi liberi… questo è quello che provavo e desideravo fortemente.

Elisabetta Cabiddu Photography

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Giuliano Guerrisi Photography

Manuel Monaco Photography

Poco prima di salire sull'aereo abbiamo partecipato al briefing con l'istruttore tandem, dopo una spiegazione sulle procedure da seguire. Consistono nel simulare l'uscita dall'aereo e le posizioni da mantenere al lancio, durante il volo e in fase di atterraggio.

Qui scopriamo che l'aereo che ci porterà in quota non è un comune Pilatus PC-6, ma il famoso Pilatus F-Hdey «GoldenEye», cioè lo stesso velivolo utilizzato da James Bond per sfuggire allo spietato colonnello Ourumov nella scena del film GoldenEye nel 17° capitolo della saga dedicata a 007. Siamo circa una decina a lanciarci del primo gruppo della giornata, 4 tandem e relativi piloti tandem con i videoman per le riprese in caduta libera.

Finalmente si sale! Ci dirigiamo verso l'aereo. In questa scuola utilizzano un Pilatus PC-6 Porter, un turboelica da 550 cavalli e 15 metri di apertura alare, preparato appositamente per il lancio paracadutistico, in grado di arrivare a 4200 metri in 15 minuti, atterrare in soli 180 secondi con un rateo di discesa estremo e arrestandosi in 50 metri di pista.

Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

Gli istruttori ci dicono come posizionarci sull'aereo mettendo le gambe a incastro in modo da “entrarci” tutti... sembra di giocare a tetris! Una volta sistemati per bene si accende il motore e si parte.


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L'emozione cresce, un po' perchè il momento del lancio si avvicina e un po' semplicemente per la gioia di volare. È incredibile come la percezione del volo aumenta quando si è in un piccolo aereo. Mentre ci alziamo in volo il mio istruttore Simone Ghione, detto Ghigo, mi parla in modo molto rassicurante e allo stesso tempo si assicura di tenere altissimo l'entusiasmo! Mi racconta un po' di informazioni su Vercelli, mi chiede come sto e mi chiede di provare a dirgli a quanti metri eravamo, “duemila” gli rispondo, ma mi dice che avevamo da poco superato i mille metri e che saremo dovuti arrivare a 4200 m! A un minuto dal raggiungimento della quota, suona un allarme che avvisa che manca pochissimo al lancio: “oddio, il momento si avvicina, non ci credo, sono pazza, chi me l'ha fatto fare!” Quello è stato il primo e ultimo momento di “panico” che ho avuto, forse il primo dove ho realizzato cosa stavo per fare. Termina il minuto e aprono il portellone dell'aereo.

Giancarlo Nitti Photography

Gabriele Sturaro Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Sinceramente immaginavo di vedere i compagni davanti a me prepararsi con più calma al lancio e invece, ovviamente, non è stato per nulla così. Succede tutto in una manciata di secondi, il tempo di aprire il portellone è sufficiente: si sono già lanciati tutti quelli davanti a me! Rimaniamo io e il mio compagno e alla fine, mi dicono di alzarmi, avvicinarmi e di non guardare giù, la paura e l'adrenalina aumenta, l'istruttore sistema la mia testa sulla sua spalla facendomi guardare sempre verso l'alto e si lancia!

Sinceramente non ho capito molto di come sia finita nel vuoto, è stato tutto molto rapido e le emozioni erano tantissime... Ma stavamo volando! Il videoman, Gabriele Sturaro, uscito sincronizzandosi con il pilota tandem gioca con me, mi prende le braccia, le mani, ci muoviamo, posiziona le sue braccia come farebbe superman, ci divertiamo tantissimo e assaporiamo a pieno il senso di libertà. Dopo aver percorso circa 3000 mt, in solo un minuto di caduta libera a circa 220 km/h, il pilota tandem apre il paracadute. Con l'apertura arriva un forte contraccolpo, trovo sia molto divertente questa fase del lancio dove ti sembra di tornare su quando in realtà rimani sospeso, effetto accentuato dal vedere il videoman che invece continua a precipitare aprendo il suo paracadute successivamente per arrivare prima a terra. Gabriele Sturaro Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Gabriele Sturaro Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Scendiamo con il paracadute e sembra quasi di rimanere fermi. Prosegue così l'ultima parte dell'esperienza. Gli ultimi mille metri li fai in completo relax: ti godi il panorama, il cielo azzurro e il vento sulla faccia. L'istruttore, probabilmente per la “noia” mi propone un giro di "giostra", chiaramente accetto il giro e iniziamo a ruotare su noi stessi velocemente.

Gabriele Sturar o Photography

Elisabetta Cabiddu Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

Prima da un lato, poi dall'altro, mi fa anche provare a pilotare il paracadute, un po' di manovre e via: sembra quasi di saper volare!

Manuel Monaco Photography


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Giancarlo Nitti Photography

Gabriele Stu

raro Photog

raphy

Termina così la mia esperienza in volo. Insomma, l'unica paura che ti resta è quella di non poterti più lanciare, o quantomeno non quel giorno!! Trascorrono anche questi ultimi 5 minuti e ci prepariamo per l'atterraggio. Posiziono le gambe distese a 90°, si atterra sull'erba in posizione “seduta”. “Che peccato è già finito!”, questo è quello che io ma anche altri pensano appena terminata l'esperienza. Di sicuro se ti è piaciuta la vorresti già ripetere.

Purtroppo gli istruttori dicono che quando ti lanci la prima volta è normale che il tempo scivoli velocemente, mentre rallenta grazie all'esperienza nei lanci successivi... Spero dunque di poter ripetere l'esperienza in futuro!

Silvia Petralia Giroinfoto Magazine nr. 69


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Intervista ad Ettore Testa, Guido Fasulo e Raffaele Chierichetti

Manuel Monaco Photography

A cura di Silvia Petralia Oggi abbiamo la fortuna di incontrare le tre generazioni che hanno fondato, condotto e proseguito le attività paracadutistiche all'aereoporto di Vercelli. Una storia affascinante e complessa che ha permesso alla Drop-zone di Vercelli di distinguersi in questo sport.

Ciao Ettore, come ha avuto inizio la tua passione per il paracadutismo? Nel 1943 diventai volontario delle "Camicie Nere", dopo essere uscito dalla scuola di ragioneria iniziai la carriera militare. Nel '47 non esistevano i paracadutisti in italia e i militari americani già si lanciavano con il paracadute dal 1912. Gli italiani non erano organizzati e avevano timore di questa nuova strategia militare e io non lo potevo accettare. Infatti, proprio in quell'anno, iniziando gli addestramenti militari del mio contingente mi ritrovai con quelli della classe 1930, mentre io ero della classe 1927. Da quel momento il paracadutismo si fissò indelebilmente nella mia vita. Successivamente dal 1964 agli anni '80 feci corsi di perfezionamento a Pisa diventando uno dei 20 istruttori ed esaminatore militare in Italia. Raccontaci una delle esperienze più rischiose che hai avuto in tanti anni di paracadutismo. Un giorno dovevo provare dei paracadute che non si aprivano a Palestro, famosa per la presenza delle rane. Con altri ragazzi a 1000 m ci lanciamo con questi paracadute, insomma che ci fosse qualche problematica era evidente, in quanto riuscii ad aprire il paracadute tenendolo praticamente solo nelle mani, senza imbracatura se avessi mollato la presa dalle mani non avrei più avuto niente! Ti è mai capitato di insegnare qualcosa ad altri istruttori? Sì con degli istruttori francesi, una volta saltai con i primi paracadute alari con loro come allievo, arrivammo a terra, ma loro, nonostante l'esperienza non sapevano come ripiegare i paracadute, e così io insegnai loro come ripiegarli.

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Quando ha avuto origine la società a Vercelli? A Vercelli avviarono l'attività aereonautica nel 1974, io ai tempi ero istruttore a Casale Monferrato e mi fecero la proposta di spostarmi. Mi dissero: “Se mi porti 10 tessere a Vercelli ti faccio prendere l'aereo” e io lo feci! Iniziammo con un piccolissimo aereo da 5 posti, un Cesna 205. In quegli anni portare avanti un aereoporto privato era estremamente complicato, tra burocrazie e pizzi da pagare. Dopo diversi anni come direttore è subentrato Fasulo. Qando ti sei lanciato l'ultima volta? Nel 2015 ancora saltavo, a circa 88 anni, ho da sempre saltato con un sigaro in bocca, ovviamente acceso! Una volta mi lanciai con un tandem di una ragazza famosa della televisione (non posso fare nomi) e la baciai in volo. Una volta atterrati gli dissi, ti è piaciuto? E lei rispose, sì ma potevi toglierti il sigaro dalla bocca quando mi baciavi ed io gli risposi: e con quale mano avrei potuto?


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Ciao Guido, tu quando sei subentrato nella società? All'apertura dell'aereoporto nel 1974 ho da praticamente subito affiancato Ettore e negli anni 90 presi in carico la parte amministrativa delle attività sostituendo l'aereo esistente con un altro Cesna 205 "I-IPAJ" che utilizzammo fino al 2017. Nel 2017 avevo in previsione di chiudere l'attività, per i costi di gestione dell'aereo e la concorrenza enorme, ma fortunatamente i giovani che facevano parte del club mi hanno proibito di chiudere, sia per il nome sia per la storia e l'importanza della scuola nelle loro vite. Una curiosità: Come mai il logo della società storica è rappresentato da una rana? La rana rappresenta innanzitutto Vercelli, e la abbiamo adottata per rappresentarci a nostra volta. Nel 2017 cambia ragione sociale e gestione, subentrando Raffaele Chierichetti e Gabriele Miglio con un nuovo brand "V.ZONE" ma la rana è rimasta il simbolo numero 1 della scuola. Anche dopo il cambio gestione sono rimasto il direttore della scuola grazie alla forte volontà dei ragazzi della nuova società, seguo ancora molte delle parti burocratiche della scuola. Con i ragazzi ci siamo intesi subito, abbiamo la stessa visione delle cose, le stesse idee. In tutto questo comunque Ettore Testa è e rimane per tutti noi un pilastro fondamentale, come anche Orazio Malavasi morto sfortunatamente in un campionato a Siena.

Come ti sei ritrovato a dirigere insieme al tuo socio Gabriele Miglio le attività di Vercelli? Considero i miei soci una famiglia. Ho iniziato nel 93 a lanciarmi col paracadute e nel 2009 ho iniziato a farlo come lavoro negli USA. Iniziò tutto con la telefonata che mi fece Gabriele Miglio quando mi disse apriamo un centro in Italia, io ero negli USA e avevo una richiesta per lavorare a Dubai, lì era un posto sicuro, mentre qui sarebbe stato tutto da costruire. Siamo partiti e abbiamo avuto un'ascesa importante nonostante la vicinanza con gli altri posti concorrenti. Abbiamo tentato i primi 3 week-end con il Cesna 205 ma non eravamo competitivi. Abbiamo quindi poi preso l'aereo Pilatus PC-6 porter, 550 cavalli,usato anche per il film Goldeneye, pilotato da James Bond. L'acquisto è avvenuto da un amico tedesco che aveva l'aereo a Cagliari, ci ha scommesso, ci ha creduto e ora è contento. Obbiettivi dell'attività? L'obbiettivo è sempre quello di continuare come stiamo facendo, sono stati due anni pesanti per il covid, ma c'è stata una risposta che non mi aspettavo, nonostante la crisi la gente chiama e prenota, fortunatamente. Quindi la prerogativa sarà quella di continuare, le difficoltà saranno anche più importanti di quelle affrontate finora, ma noi non molliamo. D'altra parte anche la partenza è stata davvero molto difficile, perchè ci siamo scontrati con tante problematiche che abbiamo sempre affrontato di petto, non abbiamo mollato e le soluzioni sono arrivate di conseguenza. E questo per noi è già stato un ottimo obbiettivo da raggiungere. Solo l'anno scorso abbiamo fatto 300 iscritti e i tandem sono poi arrivati di conseguenza. Inoltre i nostri iscritti sono affezionati, non è una gestione “industriale”, le persone che vengono costruiscono dei rapporti di amicizia, di fiducia, si sta insieme, si mangia insieme, siamo davvero una grande famiglia. Giroinfoto Magazine nr. 69


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Solo i supereroi possono volare?

everybody can fly!

“Everybody can fly” è il motto e la missione dell’unica galleria del vento verticale in Italia. Aero Gravity è il progetto nato nel 2017 dal sogno di un gruppo di paracadutisti che desideravano condividere la loro passione rendendola accessibile a chiunque e senza limiti. Aero Gravity è attualmente la seconda più grande galleria del vento verticale al mondo, superata solo dalla CLYMB di Abu Dhabi.

A cura di Manuel Monaco Silvia Scaramella

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Archivio Aerogravity Photography In realtà gli 8 metri di cristallo visibili sono solo una piccola parte della struttura complessiva. Questo impianto di indoor skydiving totalmente all’avanguardia, progettato da un team internazionale di ingegneri, ha dimensioni ancora più grandi: l’altezza totale della galleria, dalle fondamenta fino in cima, è di 21 metri circa con uno spazio di volo effettivo di 15/16 metri. Costruire una struttura così grande ha richiesto studi precisi e l’utilizzo di tecnologie di ultima generazione, ma il risultato finale è straordinario. Le grandi dimensioni della galleria, l’utilizzo di sei turbine e il doppio ricircolo dell’aria, permettono di sfruttare al meglio l’effetto Venturi e di riprodurre fedelmente l’ambiente di volo esterno, riducendo al minimo le turbolenze. La particolarità dei tunnel verticali è proprio questa: permettono di ricreare, in un ambiente sicuro e controllato, ciò che i paracadutisti vivono durante il lancio nei sessanta secondi di caduta libera. La costruzione di questa struttura in Italia, oltre a rendere accessibile uno sport estremo a tutti, ha portato enormi benefici a un settore di nicchia. I professionisti possono infatti allenarsi senza preoccuparsi delle condizioni meteo e senza i tempi morti di decollo, atterraggio, ripiegamento del paracadute, etc...

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Archivio Aerogravity Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

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Chi può volare? I più assidui utilizzatori della struttura sono ovviamente i professionisti. Infatti, coloro che hanno già la licenza da paracadutista, oppure hanno completato il corso AeroTRAINING, possono richiedere di essere riconosciuti come Sport Flyers e allenarsi in autonomia prenotando lo spazio di volo. La struttura è importante anche per le forze armate che la frequentano regolarmente per esercitazioni e addestramenti, allo scopo di ridurre al minimo i rischi di incidenti durante i lanci. Ma come abbiamo già detto, tutti possono volare ad Aero Gravity. Se hai almeno quattro anni, non sei in gravidanza e non soffri di dislocazione degli arti superiori e vuoi provare un’emozione indimenticabile, sei nel posto giusto. Non è richiesta nessuna esperienza o competenza specifica, ma, abbigliamento comodo e scarpe con i lacci sono fondamentali. Per tutto il resto, ti basterà ascoltare attentamente le indicazioni che ti verranno date e fidarti del tuo istruttore che sarà sempre con te.

È possibile scegliere tra numerose proposte che variano nel numero di ingressi in camera di volo e nel numero di partecipanti. Ci sono pacchetti per le famiglie, per gruppi, per le aziende ma anche per le scuole. Per i bambini esiste un progetto dedicato, il Kids Flight School, che mette a disposizione la galleria del vento per lezioni settimanali con tariffe dedicate. Lo scopo di questo progetto è quello di realizzare in Italia quanto già succede all’estero: avvicinare i più piccoli a questo sport e, per chi lo desidera, partecipare alle varie competizioni. L’attenzione rivolta specialmente ai bambini è altissima. La cosa più importante è che si instauri un rapporto di fiducia con l’istruttore: essendo abituati a un rapporto molto umano, la necessità di indossare casco, tuta e occhialini protettivi potrebbe spaventarli. Al momento le iscrizioni alla Kids Flight School sono aperte!

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Un altro progetto molto importante per il team è il Disability Project. Come si evince dal nome, questo progetto è interamente pensato per persone con disabilità, che siano intellettive, sensoriali o motorie. Disability Project ha preso forma grazie all’impegno e alla preparazione di tutto lo staff, ma anche grazie alla collaborazione con l’Associazione Obiettivo Volare che ha presentato al gruppo Andrea Pacini, unico paracadutista paraplegico italiano in attività, nonché attuale responsabile del progetto. Il team di Aero Gravity si è impegnato innanzitutto ad eliminare ogni possibile barriera architettonica e a rendere l’ambiente accogliente e sicuro per tutti.

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La voglia e il desiderio di non fare differenze e di parlare sempre in modo chiaro alle persone, creano un ambiente sereno in cui la disabilità passa in secondo piano e l’unica cosa che resta è l’adrenalina del volo. Questo non significa che non siano adottate precauzioni speciali quando necessario. Ad esempio, grazie alla partnership con il gruppo Humantech, prestigioso gruppo di ortopedie italiano, chi ha una disabilità motoria, può utilizzare gli ausili ortopedici sviluppati appositamente per il volo indoor.


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Dall’inizio del progetto, la struttura ha registrato la partecipazione di oltre 500 persone. Inoltre, moltissime Associazioni sportive, di promozione sociale e organizzazioni di vario genere hanno regalato ai propri iscritti questa emozione indimenticabile. Tra le tante collaborazioni, risalta quella con Special Olympics Italia e con Daniele Cassioli, atleta non vedente, pluricampione del Mondo di Sci Nautico.

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del vento, nel reclutamento di 89 persone con disabilità, con il fine di selezionare 5 atleti che rappresenteranno Aero Gravity e l’Italia, durante la prima competizione internazionale di indoor skydiving che si terrà a maggio 2022 a Aix-Marseille in Francia.

Il progetto sta avendo il successo che tutto il team di Aero Gravity auspicava e sta andando oltre le aspettative: grazie all’impegno e al lavoro di questi anni, la società ha l’opportunità di partecipare al progetto #Windtunnelhandifly, capitanato dalla Federazione Francese di Paracadutismo e cofinanziato da Erasmus + Sport, insieme ad altre 20 gallerie

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È necessario arrivare con un’oretta d’anticipo rispetto all’orario di volo previsto per effettuare la registrazione ed evitare ritardi nella schedulazione. La sede di Aero Gravity si trova a Pero, vicinissima alla Fiera di Milano, ed è facilmente individuabile in quanto si tratta di un edificio color rosso acceso sulla cui sommità svettano i loghi dello sponsor principale (Fastweb) e di Aero Gravity. Molto caratteristica la vetrata che permette, anche da fuori, di vedere coloro che volano nel tunnel. Conclusa la registrazione si può attendere il proprio turno sugli spalti o al bar e osservare i volteggi di chi sta volando. Le classi di volo sono composte da un massimo di 14 partecipanti. L’esperienza inizia nel momento in cui si viene condotti al primo piano dove c’è l’area di vestizione.

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Qui vengono consegnate le tute, il caschetto e gli occhialini e ci si può cambiare negli spogliatoi. Al termine della vestizione, in una sala dedicata al briefing teorico, vengono spiegate le regole basiche e le gestualità che permetteranno di interagire con l’istruttore. Durante il volo infatti non è possibile parlare perché il rumore generato dalle sei turbine rende impossibile sentirsi. Ma non preoccupatevi, vi verranno forniti anche i tappi per le orecchie e non sentirete alcun rumore fastidioso! Dicevamo, è importante memorizzare un paio di gesti che vi permetteranno di comprendere le indicazioni che vi darà il vostro istruttore. Terminato il briefing si torna al secondo piano, e si viene condotti in camera di pre-volo.


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La camera comunica direttamente con il tunnel quindi, una volta che la classe è entrata, non si esce fino alla fine del turno di volo. Ogni partecipante, nella formula AeroSTART, accede al tunnel due volte per un minuto: nel primo ingresso l’istruttore darà le indicazioni per “stabilizzarsi”. In questa fase è molto importante seguire quanto vi suggerisce l’istruttore e mantenere un costante contatto visivo con lui ma soprattutto rilassarsi e godersi l’esperienza.

assimila quanto vissuto durante il volo e memorizza la posizione da mantenere. In questo modo quando si rientra per il secondo turno, si è in grado di stabilizzarsi più velocemente ed è proprio in questo momento che si raggiungerà il massimo del divertimento: si sperimenta il cosiddetto High Fly o Taxi Fly. L’istruttore vi porterà in alto per poi concludere con la caduta libera!

Terminato il primo minuto si ritorna in camera di pre-volo. Mentre gli altri partecipanti si alternano nel tunnel il cervello

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Come Band of Giroinfoto abbiamo potuto sperimentare il volo indoor presso questa giovane e innovativa realtà. Immaginerete quanto fossimo curiosi di provare a volare per la prima volta. Arrivando alla struttura abbiamo visto volteggiare un istruttore attraverso l’enorme vetrata, non stavamo più nella pelle!

Vedere gli atleti allenarsi è un vero spettacolo...sembra tutto facilissimo! Ma sarà davvero tutto così semplice? Mentre guardavamo affascinati i movimenti degli atleti e degli istruttori è arrivata Alessandra, la responsabile marketing. Con lei abbiamo potuto scoprire Aero Gravity e tante curiosità.

Dopo la registrazione ci siamo fermati a guardare uno dei team di Formation Skydiving (lavoro relativo) migliori del panorama italiano che si allenava. Considerate che il wind tunnel di Aero Gravity può ospitare fino a 8 persone contemporaneamente.

Ad esempio, sapete come vengono puliti i vetri del tunnel? Volando! L’acqua può essere utilizzata senza pericolo nel tunnel.

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Mentre Alessandra ci illustrava queste e molte altre curiosità è arrivato Martin, il nostro istruttore che, dopo il briefing, ci ha dato ancora qualche dritta. Siamo poi passati alla vestizione (prestate attenzione a come infilare la tuta, la zip va davanti) ed infine siamo saliti al secondo piano per entrare in camera di volo. Messi i tappi, la bandana (che si sostituisce alle mascherine che altrimenti volerebbero via), gli occhialini (ben stretti) e il casco, siamo pronti per entrare. Ok, siamo nella camera ed è giunto il nostro turno, sarà facile come sembra? Da qui in poi parleremo al plurale perché descriviamo le emozioni provate da entrambi ma ricordate che nel tunnel si entra una persona per volta.

A turno ci avviciniamo alla porta che comunica direttamente con il tunnel e, sulla soglia, ci lasciamo cadere in avanti (aiutati ovviamente da Martin) e ci siamo! Il flusso d’aria è imponente e ci sostiene e spinge all’istante! Martin ci aiuta e ci dà le indicazioni e, WOW, stiamo volando, ed è fighissimo (si può dire?)! Ricordando quanto imparato durante il briefing e seguendo le indicazioni di Martin che costantemente comunica con noi è facile (non ci schiantiamo sulle pareti solo perché Martin ci prende in tempo)! Presa coscienza di cosa stiamo facendo, un po’ a destra e un po’ a sinistra, un po’ più su, un po’ più giù, il minuto vola via; si torna in camera di pre-volo.

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Interiorizzato quanto appena successo siamo pronti per il secondo ingresso (evviva!). Ora le cose si fanno interessanti. Siamo nel tunnel, stiamo volando, Martin si aggancia a noi con un movimento rotatorio e iniziamo a salire a spirale, siamo in un attimo oltre gli 8 metri d’altezza! E poi il vuoto, la caduta libera. Cuore in gola, la rete si avvicina sempre di più ma grazie a Martin ci fermiamo appena in tempo! E poi ancora, di nuovo lassù per tornare, di colpo, giù! Oh mio Dio, bellissimo! Lo rifacciamo? Questo è stato il nostro pensiero e altri che non possiamo scrivere. Terminato il volo, con l’adrenalina in circolo, è difficile formulare pensieri complessi e profondi ma, nel momento in

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cui stiamo scrivendo, non possiamo non pensare a quanto Martin, e in generale tutti gli istruttori, siano fantastici perché nonostante nel tunnel non si possa comunicare verbalmente, sono in grado di metterti a tuo agio, farti rilassare e nello stesso momento guidarti e farti godere appieno di questa magnifica esperienza, semplicemente con uno sguardo, con un sorriso o con un semplice gesto. È una cosa non banale, per nulla scontata, se pensate che in quei minuti siete su un flusso d’aria che viaggia oltre i 200 km/h.


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I tunnel verticali sebbene vengano largamente utilizzati dai paracadutisti professionisti in quanto permettono di allenarsi tutti i giorni dell’anno, possono essere utilizzati anche per avvicinare a questo sport chiunque, come il team Aero Gravity sta dimostrando. Rispetto ad un lancio in tandem in cui il controllo è totalmente a carico dell’istruttore, nel volo indoor l’istruttore è un facilitatore (garantisce che l’esperienza si svolga in totale sicurezza) e, quindi, si è attivi nella ricerca della corretta posizione e si può sperimentare direttamente come la minima variazione della posizione, ad esempio di una mano o del volto, influisca sulla fluttuazione e sulla stabilità.

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Certo, bisogna considerare che rispetto agli spazi aperti e “illimitati” del cielo il volo indoor è più “difficile” in quanto si svolge in uno spazio limitato. Rimane comunque più accessibile, infatti, chi ha paura a salire su un aereo oppure non potrebbe farlo per problemi di salute può benissimo frequentare un tunnel verticale come Aero Gravity.

Ringraziamo

tutto lo staff per la calorosa accoglienza e per l’enorme disponibilità dimostrata. Un grazie speciale ad Alessandra che ci ha guidato alla scoperta di questa bellissima realtà, a Martin che ci ha letteralmente sostenuto nel tunnel e a Sandro Andreotti per averci permesso di vivere questa esperienza molto emozionante. Un ultimo, ma non per importanza, ringraziamento va a Matteo Bellomi per aver documentato tutto con foto e video.

www.aerogravity.it

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TERRASINI

A cura di Rita Russo

rinomata località turistico - balneare per la sua splendida posizione panoramica sul mare, è non solo la meta estiva preferita dai palermitani ma anche dai turisti che amano sia la cultura e le bellezze naturali, sia la gastronomia e l’accoglienza tipicamente siciliane.

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Distante poco meno di 25 km da Palermo, Terrasini è facilmente raggiungibile in auto percorrendo l’autostrada A29 Palermo - Trapani, in direzione di quest’ultima, fino all’uscita omonima. Numerosi sono, inoltre, i pullman che la collegano al capoluogo e, infine, per chi la volesse raggiungere in aereo, l’aeroporto internazionale Falcone - Borsellino dista solo 12 km. Sull’origine del nome “Terrasini” esistono due interpretazioni. La prima, “Terra sinus", ossia terra del golfo, deriva, secondo lo storico Gioacchino Di Marzo, dal nome con il quale i romani denominarono il golfo di Castellammare, “Sinus Aegestanus”, sul quale il territorio di Terrasini si affaccia. La seconda interpretazione, forse la più appropriata, vede derivare il nome della città da “Terra sinorum”, terra delle insenature, per la particolare caratteristica della costa antistante il territorio comunale, ora rocciosa, alta e frastagliata, ora bassa e sabbiosa o pietrosa, ricca di approdi e di grotte naturali. La storia di Terrasini inizia, probabilmente, intorno all’anno 1000 D.C., quando questo territorio, ancora inabitato, era

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proprietà di Rodolfo Bonello, feudatario normanno e guerriero al seguito del conte Ruggero I di Sicilia. Nei secoli successivi numerosi principi e baroni sfruttarono il feudo, fin quando non arrivò la famiglia La Grua Talamanca, principi di Carini, i quali, agli inizi del XVIII secolo, acquistarono questo territorio dal barone Donato di Gazzara. Fu a quel tempo che Vincenzo III La Grua Talamanca promosse l’insediamento urbano nel feudo, le cui attività prevalenti furono, già da allora, l’agricoltura e la pesca e su sua proposta il re spagnolo Filippo IV decretò la nascita del comune. Nel 1836, il Re Borbone Ferdinando II con un decreto fece annettere al Comune di Terrasini la limitrofa frazione di Cinisi, denominata Favarotta (sorgente). Così il nuovo territorio comunale occupò e occupa a oggi un’area di circa 20 Kmq sita lungo il tratto iniziale della costa che si affaccia sul golfo di Castellammare, dominato dalla Torre di Capo Rama, il cui promontorio oggi fa parte della Riserva Naturale che da essa prende il nome, per la ricchezza e la varietà della flora e della fauna che vi si trova.


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Il nucleo più antico della cittadina ha conservato, inalterato nel tempo, un impianto urbanistico con una trama a scacchiera regolare, in cui lunghi isolati di case basse e bianche sono allineati lungo strade dritte e convergenti verso mare. In questo contesto risaltano la monumentale chiesa madre e i due palazzi settecenteschi appartenuti ai principi di Carini: il palazzo La Grua Talamanca, oggi residenza municipale, edificio assai rimaneggiato, che conserva le antiche vestigia nelle sale interne del piano terra e il palazzo Cataldi, che conserva le originarie caratteristiche di un palazzo nobiliare, oggi sede della Biblioteca Comunale. Il cuore del centro abitato è costituito da Piazza Duomo e dalla piccola villa San Giuseppe sita a fianco alla chiesa, al centro della quale è presente una fontana che costituisce una vera attrattiva per i turisti in visita alla cittadina. Infatti, essa è costituita da un rubinetto sospeso che attraverso un potente getto d'acqua dà l'impressione di levitare.

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L’ampia piazza, che ha forma rettangolare, è lastricata con basole di marmo siciliano e su di essa si affacciano antichi palazzi risalenti al XVII e XVIII secolo, insieme al maestoso edificio di culto, dedicato alla patrona di Terrasini, Maria Santissima delle Grazie. La piazza e le traverse limitrofe ad essa, ormai chiuse al traffico, sono sede di numerosi locali che rendono il centro storico un perfetto luogo d’incontri e di animazione non soltanto per i cittadini, ma anche per i turisti che hanno molteplici opportunità di assaggiare le più note specialità della gastronomia e della pasticceria siciliane. Il Duomo, che costituisce il monumento più importante della città di Terrasini, ha una storia particolare. Esso, infatti, fu realizzato nel Settecento, quando era ancora viva la rivalità tra i comuni di Terrasini e Cinisi, per volere del barone Gazzara che decise, insieme ai suoi concittadini, di costruire una chiesa tanto grande da superare non solo quella del vicino comune di Cinisi ma anche quelle presenti nei comuni limitrofi.

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Essa è per questo la chiesa più grande in tutto il Golfo di Castellammare Per la realizzazione della chiesa occorsero circa vent’anni, durante i quali i cittadini di Cinisi cercarono in ogni modo di ostacolarne la costruzione. Ciò nonostante la chiesa fu completata nella prima metà del Settecento, in puro stile barocco. Il duomo presenta un'imponente facciata con otto colonne, quattro doriche e quattro corinzie; al centro della facciata è presente la statua di Maria Santissima delle Grazie, mentre ai lati si ergono le due statue dei Santi Pietro e Giuseppe. Un altro elemento caratteristico della chiesa sono le due vertiginose torri, alte circa 30 metri, su cui sono installati due orologi. L'interno è invece costruito in pregiato marmo bianco scolpito da maestri siciliani, nel quale sono presenti numerosi affreschi dipinti da artisti locali.


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Rita Russo Photography Di fronte al Municipio di Terrasini (ex palazzo La Grua Talamanca), al centro della Piazza dedicata ai giudici Falcone e Borsellino, si trova il Monumento ai Caduti, donato dai cittadini di Terrasini residenti a Detroit, che raffigura un cippo quadrangolare in marmo, sormontato da una figura alata, sul quale sono incisi i nomi dei terrasinesi caduti nelle due grandi guerre del secolo scorso. Tra i palazzi degni di nota spicca il Palazzo d’Aumale, sito sul Lungomare Peppino Impastato. Questa struttura ottocentesca fu originariamente proprietà del principe Henri d’Orléans, duca d’Aumale che la utilizzò come struttura di supporto alla sua azienda agricola del tempo, sita nella vicina contrada dello Zucco. Oggi, dopo numerosi anni di abbandono, il palazzo ospita il Museo Regionale di Storia Naturale e la mostra permanente del carretto siciliano (Giroinfoto n.67). Nella periferia della cittadina, in C.da Paternella, si trova Villa Fassini, in stile liberty, la cui progettazione viene attribuita all’arch. Ernesto Basile. Originariamente appartenuta alla potente famiglia siciliana dei Florio, questa villa è nota anche per essere diventata, negli anni 1970, la prima grande comunità hippy italiana, fondata da Carlo Silvestro, giornalista musicale e poeta romano, che accoglieva giovani provenienti da tutta Italia e dall’Estero.

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Terrasini è stata negli ultimi anni abbellita anche con numerose installazioni di artisti, che ornano oltre il centro abitato soprattutto il Lungomare Peppino Impastato. Ubicati poco fuori il centro abitato, lungo la costa, gli edifici più antichi del territorio sono costituiti dalle torri d’avvistamento che servivano per avvertire la popolazione dell’attacco di pirati o dei temuti Saraceni. Il sistema di avvistamento prevedeva la collocazione di un punto di osservazione costiero su ogni promontorio strategico del territorio, in maniera da garantire velocemente, con segnalazioni luminose, la comunicazione visiva tra una torre e l’altra. Tra le antiche e maestose torri, Torre Toleda, Torre Alba, Torre di San Cataldo e Torre di Capo Rama, la più antica è l’ultima che domina l’omonimo promontorio e ricade in zona "A" della Riserva Naturale Orientata. Questa torre costruita con impianto circolare nel XV secolo faceva parte delle 11 torri controllate dal Senato della Città di Palermo, delle quali rappresentava anche quella più occidentale. La Torre Alba, invece, facilmente raggiungibile dal Lungomare Peppino Impastato, oggi costituisce una delle sedi di rappresentanza del comune di Terrasini.

TORRE TOLEDA Rita Russo Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

Rita Russo Photography


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TORRE CAPORAMA Rita Russo Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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TORRE ALBA Rita Russo Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

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CHIARA FERRARIS TERRASINI

Di certo però l’attrattiva maggiore di questa solare cittadina a vocazione prevalentemente turistica è costituita dalla sua costa articolata, che dalla spiaggia sabbiosa della Ciucca, in prossimità del porticciolo arriva alla spiaggia di San Cataldo, costituita da ciottoli misti a sabbia che si trova al confine del territorio comunale con quello di Trappeto. Tra le suddette spiagge si trovano numerose baie rocciose, scoscese falesie dalle rocce colore bianco e rosso, punteggiate da splendidi faraglioni e cavità naturali. Tutto ciò regala panorami mozzafiato e tramonti spettacolari. La spiaggia più famosa dopo la Ciucca è sicuramente quella di Praiola, piccola spiaggia libera dalla sabbia dorata che si trova proprio vicino al centro abitato, di fronte al Museo D’Aumale,

LA CIUCCA Rita Russo Photography

SAN CATALDO Rita Russo Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

costituita da una piccola caletta dalle acque cristalline incorniciata da alte scogliere e da faraglioni dalle forme irregolari, alla quale si accede tramite una lunga scalinata. Tra i tratti di costa più belli c’è sicuramente anche Cala Rossa così chiamata per il colore delle rocce che la formano che è il luogo ideale per coloro che amano tuffarsi dagli scogli e praticare snorkeling o immersioni.


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PRAIOLA Rita Russo Photography

CALA ROSSA Rita Russo Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Per gli amanti della natura, infine, nel territorio comunale, si trova, come già accennato in precedenza, anche un sito di elevato interesse naturalistico costituito dalla Riserva Naturale Orientata di Capo Rama. Questa riserva, istituita nel giugno 2000 dalla Regione Siciliana e affidata in gestione al WWF Italia, è suddivisa in zona A e zona B ed occupa una superficie di circa 57 ettari. In particolare, il promontorio di Capo Rama con la sua successione di rocce triassiche è stato inserito anche nell’elenco dei geositi italiani, in quanto località di rilevante interesse geologico di alto valore naturalistico ed importante testimone della storia della Terra. Questa successione è, infatti, ricca di fossili, fra i quali prevalgono i gusci dei Magalodonti (lamellibranchi di grandi dimensioni) fossili guida del Triassico, primo periodo dell’era mesozoica o secondaria, insieme a resti di coralli ed altri organismi che popolavano i fondali marini. La costa è alta e rocciosa (falesia) e su essa si aprono alcune grotte legate alla concomitante azione dell’erosione marina e dei fenomeni carsici, dovuti ai processi di dissoluzione del carbonato di calcio a opera delle acque di infiltrazione superficiale che circolano nell’ammasso roccioso calcareo.

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Dal punto di vista faunistico, l’area di riserva ospita fauna tipica delle coste rocciose. Tra i mammiferi si trovano le volpi, il coniglio selvatico e il riccio. Essa ospita anche alcuni rettili tra i quali l’endemica lucertola siciliana, il biacco, il geco e l’emidattilo. Ma è l’abbondanza di fauna aviaria che fa della riserva un luogo adatto agli appassionati di birdwatching. Essa si trova lungo le rotte migratorie e durante i periodici spostamenti, alcune specie sostano indisturbate sulla scogliera. Oltre ai gabbiani reali, che nidificano tra gli anfratti delle falesie, è possibile avvistare anche il passero solitario, il martin pescatore, il gheppio ed il falco pellegrino. La vegetazione della macchia, inoltre, offre riparo anche ad alcune specie di rondoni, cappellacci, cinciallegre e merli; mentre occasionalmente è possibile osservare alcune specie migratorie quali gli aironi cinerini, le garzette e alcune specie di anatre. Le grotte, invece, ospitano colonie di alcune specie di pipistrelli. La flora presente in queste aree è di tipo arbustivo e discontinuo e tra le varie specie presenti ciò che salta subito all’occhio sono le distese di macchia mediterranea a palme nane, fittamente distribuite sui pianori soprastanti la scogliera.

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Come in tutti i centri abitati storici anche a Terrasini non mancano le tradizioni folkloristiche. Quella più antica e degna di nota, è la ”Festa di li schietti” (festa degli scapoli) cui è dedicata una statua in bronzo ubicata nelle vicinanze del Municipio. Durante questa festa, che si tiene il sabato e la domenica di Pasqua, con un complesso rituale rimasto immutato nel tempo, un gruppo di scapoli alzano, sul palmo di una mano sola, un albero di circa 50 Kg di arancio amaro o melangolo, preventivamente (circa un mese prima) scelto nelle campagne del paese dal comitato organizzatore degli schietti. L’albero, infatti, simbolo e protagonista della manifestazione, deve presentare alcune peculiarità per la buona riuscita dell’alzata, tra le quali quella di essere dritto ed equilibratamente frondoso. La festa ha inizio all’alba del Sabato Santo con il taglio dell’albero, simbolo della vita che si rinnova. Questo è uno dei momenti sacri della festa e avviene in campagna. Al rito del taglio segue quello della “manciata” (mangiata), ossia il pasto collettivo che ricongiunge la festa agli antichi riti agrari pagani. Con tutto il rituale dell’alzata, infatti, inizia un nuovo ciclo della natura e l’atto del cibarsi riuniti attorno al fuoco per consumare carne di “crasto” (montone) e sarde arrostite sulla brace - prodotti simbolo delle principali attività del territorio di Terrasini, l’agricoltura e la pesca -, annaffiato da vino locale, propizierà un anno di abbondanza e felicità. Nel pomeriggio del sabato, l’albero, nuovamente protagonista della festa, viene trasferito in paese su un carretto accompagnato dal maestro d’ascia che lo adatta alle regole dell’alzata. Terminata questa operazione, l’albero viene addobbato con striscioni colorati, “ciancianeddi” (sonagli utilizzati per adornare i cavalli da tiro per i carretti) e piccole caciotte ed è pronto per l’alzata che avverrà durante il giorno seguente, ossia la domenica di Pasqua. In questo giorno l’albero, dopo essere stato benedetto dal parroco e fatto sfilare per le strade del paese, è pronto affinché gli scapoli, nel tipico costume siciliano, possano dare prova di forza e abilità sotto i balconi delle promesse spose o delle “zite” (fidanzate), ufficiali e non. In questo ultimo caso con l’alzata il giovane dichiara il suo amore alla famiglia dell’amata e all’intera comunità. Quando la zita acconsente stacca un ramo dall’albero lanciato in aria, siglando così la promessa di matrimonio. Nonostante le innovazioni introdotte nel corso degli anni, come la partecipazione dei “maritati” (sposati) e dei bambini, i quali sollevano un albero di peso proporzionato alla loro forza, la vitalità della originaria tradizione è rimasta immutata tanto che gli esiti della gara costituiscono per i giorni successivi oggetto di interminabili discussioni nei bar o nei circoli del paese. Vista la nutrita comunità di cittadini terrasinesi emigrati e residenti a Detroit, la festa viene celebrata in contemporanea anche in America nella quale però per ovvi motivi è andato perso il significato di festa agraria ed essa assume la veste di una sagra nella quale emerge la nostalgia dell’emigrato.

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UN MUSEO A CIELO APERTO A cura di Alina Timis La parola cimitero deriva dal greco ‘’koimētérion’’ che sta per dormitorio o luogo di riposo, destinato alla sepoltura dei morti, invece il verbo ‘’koimân’’ significa far addormentare. Il cimitero monumentale di Milano nasce come cimitero ‘’di tutti i milanesi’’, riconosciuto all’unanimità come ‘’museo a cielo aperto’’ e noto per le sue maestose sculture e per il gran numero di opere di grandi architetti e scultori, è uno dei monumenti più rappresentativi del capoluogo lombardo.

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Seguì l’inaugurazione parziale nel 1866 in quanto alcune sue facciate non erano del tutto ultimate, l’opera venne poi completata solo nel 1887. Nella realizzazione dei lavori, Carlo ha collaborato con vari scultori, pittori e marmisti, tra cui ricordiamo il pittore Luigi Cavenaghi e gli ornatisti Angelo e Celso Stocchetti.

Edificato in stile eclettico, inaugurato e benedetto il 2 novembre del 1866, nel corso degli anni è diventato un vero e proprio ‘’inno alla milanesità’’, tant’è che viene considerato un pezzo di storia di Milano. Tuttavia, il cimitero più grande della città è il Cimitero Maggiore, che si estende su una superficie di oltre 650.000 mq e conosciuto come Cimitero di Musocco, così chiamato perché parte della sua costruzione si trovava in una frazione del comune di Musocco. Alla fine dell’Ottocento, Milano era una città in rapida espansione, pertanto i cimiteri collocati all’interno delle mura, i cosiddetti bastioni, erano malvisti. Pierluigi Peis Photography Il complesso monumentale è un insieme di fabbricati edificati in epoche diverse, che, con il passare degli anni ha assunto una valenza storica, artistica e a tratti inquietante. Carlo Maciachini fu il creatore del Monumentale, nato in provincia di Varese nel 1818 e diventato architetto a 43 anni, iniziò la realizzazione dopo aver vinto un concorso indetto dal Comune di Milano, il cui desiderio era di avere un cimitero unico che convogliasse su di sé le sepolture distribuite nei sei cimiteri periferici. L’idea del progetto nasce nel 1837 ma solo nel 1863 fu ufficialmente data via libera ai lavori.

EDICOLA SONZOGNO Alina Timis Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

Dopo la progettazione del Monumentale, Carlo Maciachini ebbe un enorme successo nell’architettura funeraria. Altre opere importanti dell’architetto sono: il Tempio di San Spiridione a Trieste, che fu anche il suo primo lavoro di una certa rilevanza; la facciata della Basilica di San Simpliciano a Milano; la facciata del Duomo di Voghera; la cupola e la facciata del Duomo di Pavia e tante altre. Inoltre, fu lui a realizzare il letto a baldacchino per la principessa Sissi e il marito Francesco Giuseppe, ospiti a Palazzo Reale nel 1857. Morì nel 1899 nella sua casa a Varese e le sue spoglie sono custodite nel cimitero monumentale di Milano, in una tomba sobria da lui disegnata proprio all’ingresso della galleria. Nel 2018, in occasione del bicentenario della nascita di Carlo Maciachini, il comune di nascita dell’artista Induna Olona insieme al comune di Milano hanno ospitato l’iniziativa ‘’Buon Compleanno Architetto!’’ presso il cimitero Monumentale con l’obiettivo di far conoscere a un ampio pubblico questo importante personaggio e le sue opere, tra cui ricordiamo anche l’edicola Keller, la Sonzogno, o la Calegari.


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Il luogo colpisce soprattutto per le sue dimensioni, uno spazio di circa 250.000 mq, che a soli 30 anni dall’inaugurazione ospitava già oltre 74.000 defunti. Il cimitero è un’opera ambiziosa, abbina stili che vanno dal gotico al bizantino e infine al romantico: è un vero e proprio museo a cielo aperto. Da subito ha rappresentato per gli artisti del mondo un’occasione straordinaria per misurarsi con un tema antico come quello funerario.

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CIMITERO MONUMENTALE - MILANO

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FAMEDIO Alina Timis Photography

Per quanto riguarda la struttura, è composto da 3 aree distinte: una centrale, che è la più vasta, dedicata alle famiglie e defunti cattolici; una parte sinistra dedicata agli acattolici e quella a destra, guardando la facciata, dedicata agli israeliti. Nell’area più vasta troviamo il cosiddetto Famedio, o Pantheon degli uomini illustri, che deriva dal latino ‘’famae aedes’’ e significa ‘’tempio della fama’’, raggiungibile da un’ampia scalinata, viene inaugurato nel 1867 e ospita solo 7 uomini illustri, tra cui ricordiamo Alessandro Manzoni il cui sarcofago occupa tutta la parte centrale, morto nel 1873 e portato nel Famedio 10 anni dopo, poi ci sono Carlo Cattaneo, Luca Beltrami, Salvatore Quasimodo, Carlo Forlanini, Bruno Munari e Leo Valiani. Tutti i milanesi illustri e personaggi famosi sono sepolti proprio in questo posto, è una costruzione in marmo e mattoni che inizialmente è stata costruita per essere una chiesa, successivamente trasformata in un’opera all’aperto.

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CIMITERO MONUMENTALE - MILANO

Alina Timis Photography

Ogni anno, ogni 2 novembre, vengono inseriti altri nomi nelle pareti del Famedio, personaggi che hanno fatto la storia di Milano ma non necessariamente sepolti qui. L’onore nell’essere iscritti nel Famedio non comporta necessariamente la sepoltura nel luogo, bensì la menzione del proprio nome, tenendo conto delle seguenti 3 categorie: gli “illustri”, per vari meriti letterari, artistici o scientifici, i “benemeriti” che hanno recato beneficio o fama alla città e i “distinti" nella storia della patria”. Ovviamente, la prima sezione del cimitero è occupata da illustri figli milanesi o d’adozione, addentrandosi, troviamo

EDICOLA FALCK Alina Timis Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

EDICOLA BRAMBILLA

vari monumenti di note famiglie della grande borghesia milanese, tra cui la famiglia Falck, quello della famiglia Ferdinando Bocconi, fondatore dell’omonima università nonché proprietario dei grandi magazzini diventati poi la Rinascente. Poi ci sono le edicole, le tombe scultoree e architettoniche, vere opere d’arte, che rappresentano lo stile ed il gusto dell’epoca in cui vennero realizzate, spiccano come le più maestose, quelle delle famiglie Campari (una tomba da brividi), Bracco, Brambilla e Treccani, fondatore della Enciclopedia Italiana.

EDICOLA CAMPARI


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EDICOLA BOCCONI Alina Timis Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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DA BASTIA MONUMENTALE CIMITERO A PORTO - MILANO

Alla Cripta, si accede dai portici di ingresso al cimitero ed è una componente del Famedio, ospita personaggi che appartengono ad una storia più recente di Milano, come Alda Merini, Giuseppe Meazza, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Dario Fo, Ambrogio Fogar, Paolo Grassi, Duilio Loi e Franca Rame. Continuando la passeggiata, sul lato destro si intravede il reparto israelita, aperto nel 1872 e separato dal resto del cimitero da un muro, è suddiviso in 6 campi di cui 3 campi dedicati ai bambini. Le loro tombe suscitano molta tenerezza e allo stesso tempo danno senso di tranquillità. Pierluigiun Peis Photography Sulla parete destra dell’Ossario Centrale si trova la famosa scritta a ricordo di Carl Thomas Mozart, figlio del compositore

OSSARIO CENTRALE Alina Timis Photography

Wolfgang Amadeus Mozart e oltre al Famedio e alla sua Cripta, è presente anche la sagoma massiccia del Civico Mausoleo Palanti, opera dell’architetto Mario Palanti completata nel 1928, il Civico Mausoleo Garbin e la Nicchia D dell’Edicola F di Levante Superiore, zona che ospita le ceneri di Enzo Tortona. Al termine dell’asse centrale (circa 625 m dalla cancellata d’ingresso) si trova il Tempio Crematorio. Completato nel 1876 e donato al Comune di Milano, è il primo in Italia, essendo anche il primo Paese in Europa ad adottare la pratica crematoria, preso poi come modello da altre città e Paesi. Il maestoso Tempio Crematorio, il primo al mondo, inaugurato il 22 Gennaio del 1876, accoglie la salma di Alberto Keller, ricco industriale e filantropo, che si trova al centro del reparto acattolico nella parte sinistra, dove troviamo anche le sepolture di alcune famiglie facoltose svizzere e tedesche, come i Richard, Eberhard o Körner. I forni della sala di cremazione, sono stati costruiti nel 1896 quando è stato effettuato il secondo ampliamento del Tempio.

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BERNOCCHI Alina Timis Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

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L’edicola Antonio Bernocchi del 1936, ospita le spoglie dell’omonimo senatore, uno dei finanziatori del palazzo della Triennale di Milano e si sviluppa su un tronco di cono decorato da 176 sculture tutto tondo modellate da Giannino Castiglioni, la base vede Giuda come primo di una lunga serie di figure, che popolano l’altezza del monumento con un andamento a spirale, rappresentano la via crucis, l’interno conserva mosaici dorati e pavimento di marmo policromo. La tomba di Isabella Casati, è una scultura di Enrico Butti, che ritrae una bellissima ragazza di soli 24 anni sul letto di morte, il pannello alle sue spalle invece rappresenta un sogno che la rapisce. La tomba della famiglia di Arturo Toscanini, colpisce per delicatezza e drammaticità, perché allude al piccolo figlio Giorgio, scomparso prematuramente e la disperazione dei genitori raffigurati in un abbraccio. La tomba di Alessandro Manzoni, il suo sarcofago messo in origine lungo la parete di fondo, venne innalzato nel 1958 sopra un basamento con rilievo in bronzo sempre opera di Giannino Castiglioni. Quando si decise di riposizionare il sarcofago al centro del Famedio e il corpo mummificato fu esposto, il caso vuole che dall’ingresso entrasse un raggio di luce che colpì il volto dello scrittore, ci fu chi invocò i santi del paradiso, chi pensava di assistere ad una resurrezione, chi semplicemente fuggì per lo spavento, pertanto la bara rimase aperta e incustodita. Sempre nella parte centrale del piazzale, si intravede un monumento commemorativo dei circa 800 milanesi uccisi nei campi di concentramento ed è opera del gruppo BBPR, importanti esponenti dell’architettura italiana.

CASATI Alina Timis Photography

TOSCANINI Alina Timis Photography

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CIMITERO MONUMENTALE - MILANO

Vicino all’ingresso, si possono ammirare una serie di fotografie e stampe che mostrano lo sviluppo storico del cimitero negli anni e 2 carri funebri elettrici a batteria costruiti nel 1920. Oltre all’antico carro funebre che si nota all’interno, si apre il cortile delle sculture dimenticate, dove sono accatastate tutte le sculture smontate dai monumenti che nessuno ha mai reclamato o portato via, come fosse una sorte di cimitero nel cimitero. Nel cimitero monumentale gli spazi vengono assegnati in un ordine preciso, seguendo una regola rigorosa, lo spazio massimo che può essere assegnato a una tomba è di 7 m per 7. Visto il cospicuo numero di monumenti selezionati attraverso criteri di rilevanza culturale, si sta svolgendo la catalogazione parallelamente alla mappatura sistematica di tutte le sepolture del cimitero a opera del curatore, al fine di poter raccogliere tutte le informazioni in un unico database informatizzato. Sono numerose le possibilità per il turista di visitare il cimitero, si possono fare le visite da soli o con guide specializzate, io consiglio la guida per scoprire ogni curiosità sulla vita dei defunti. Le tombe, ognuna a modo suo, evocano sensazioni particolari negli osservatori, è come intraprendere un piccolo viaggio nel passato intrigante e misterioso, molto interessante dal punto di vista umano e sociale. Un cimitero che celebra la persona anche dopo la morte con tombe monumentali di rinomati artisti. Ogni statua ha un cartello che ne spiega la storia. Alcune tombe sono semplicissime, senza alcuna fotografia o portafiori. Il modo migliore per visitare il cimitero è quello di perdersi tra i monumenti funebri, di leggere le iscrizioni sulle lapidi funerarie, che a volte sono anche divertenti, lontano dai rumori della città. Potrebbe sembrare un posto inquietante, è pur sempre un luogo di sepoltura, ma in realtà è un luogo anche romantico e le migliaia di tombe e monumenti funerari danno una sensazione di armonia. Persino i giardini interni sono un’opera d’arte. Credo sia un posto unico, dove allontanarsi dal traffico cittadino e fare un tuffo nel passato, attraverso le storie delle personalità che hanno fatto la storia di Milano. Che dire...è un luogo sacro e macabro allo stesso tempo che esige rispetto! Non posso che concludere con 2 parole semplicissime incise su uno dei tanti monumenti: VOGLIAMOCI BENE!

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UNA CURIOSITÀ Per 30 anni i tram sono stati utilizzati come carri funebri municipali, un servizio di cordoglio pubblico in funzione dal 1895 fino al 1925, poi i tram a cavalli per i primi 20 anni di servizio, nato per ovviare al problema dei cortei funebri vista la posizione periferica del cimitero. La prima stazione dei tram funebri si trovava alla fine di Via Bramante e i convogli, composti in genere da 3 vetture, percorrevano Via Cenisio e Viale Certosa fino a Musocco. Le carrozze, adibite al trasporto degli accompagnatori del feretro, avevano un meccanismo di riscaldamento per l’inverno e un ventilatore per l’estate, inoltre i sedili erano imbottiti. La vettura, iniziò così ad essere chiamata dai milanesi, la Gioconda. Nel 1907 venne inaugurata un’altra stazione in Piazza Medaglie D’Oro che esiste ancora oggi, ma al suo interno sono state ricavate le terme di Porta Romana. Il Cimitero Monumentale di Milano si trova nella zona 8 della città, nel quartiere Isola ed è facilmente raggiungibile tramite la metropolitana M3 lilla, fermata Monumentale o M2 verde fermata Garibaldi con una passeggiata di pochi minuti.

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Foto dell'anno

The First Embrace

© Mads Nissen, Danimarca, Politiken/Panos Pictures World Press Photo

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WORLD PRESS PHOTO 2021 Il catalogo della nuova edizione del più famoso premio internazionale di fotogiornalismo Skira Editore Dal 1955 il concorso annuale World Press Photo rappresenta l’eccel- lenza del giornalismo visivo. 4.315 fotografi da 130 paesi per un totale di 74.470 immagini perve- nute (con un incremento rispetto alle edizioni precedenti) raccontano uno degli anni più duri della nostra storia, che ha visto l’intero pianeta lottare contro un nemico comune.

World Press Photo Story of the Year Amore mio © Antonio Faccilongo Getty Reportage

Ma no solo. Come ogni anno le foto che verranno selezionate rappresenteranno il meglio del giornalismo visivo, esplorando ogni angolo della contemporaneità e raccontandone tutti gli aspetti. La foto dell’anno è stata scattata da Mads Nissen a São Paulo e ritrae una paziente malata di Covid-19 che riceve il suo primo abbraccio dopo cinque mesi. Suddivise in otto categorie, le immagini raccontano la profondità e la complessità del lavoro fotogiornalistico, mettendo il lettore a diretto contatto con fotografie sensazionali, a volte scioccanti, che raccontano il nostro mondo. Skira pubblica il quarto volume sul prestigioso premio dopo quelli delle edizioni 2018, 2019 e 2020.

Oltre alla World Press Photo of the Year 2021 è stata premiata anche la World Press Photo Story of the Year 2021, riconoscimento che va per la prima volta a un italiano, Antonio Faccilongo di Roma, con un servizio per Getty Reportage dal titolo Habibi (“amore mio”). Circa 4.200 palestinesi sono detenuti nelle carceri israeliane, alcuni dei quali con condanne da 20 anni o più: dal momento che le visite coniugali sono negate e il contatto fisico è vietato fin dai primi anni 2000, i detenuti palestinesi che desiderano avere figli contrabbandano il loro sperma fuori dalla prigione, nascondendolo, per esempio, nei regali agli altri figli. Habibi racconta proprio il coraggio e la perseveranza di queste persone sullo sfondo di uno dei conflitti più lunghi e complicati della storia moderna. 19 × 24,5 cm, 240 pagine 250 colori, brossura ISBN 978-88-572-4590-4 Mostre Torino, Palazzo Madama 7 maggio – 22 agosto 2021 Roma, Mattatoio 28 maggio – 22 agosto 2021

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California Sea Lion Plays with Mask © Ralph Pace

Ambiente, 1° premio California Sea Lion Plays with Mask © Ralph Pace, Stati Uniti. Un leone marino della California nuota verso una mascherina nel sito di immersione Breakwater a Monterey, California, il 19 novembre. I dispositivi di protezione individuale, che contengono anche plastica, possono essere scambiati per cibo da uccelli, pesci, mammiferi marini e altri animali.

Habibi © Antonio Faccilongo, getty Reportage Habibi è il racconto di una storia d’amore ambientata nel mezzo di uno dei conflitti contemporanei più lunghi e complicati, la guerra israelo-palestinese. Le mogli dei prigionieri politici palestinesi, i quali stanno scontando condanne a lungo termine nelle carceri israeliane, per concepire nuovi figli, sono ricorse al contrabbando dalle prigioni dello sperma dei loro cari. Giroinfoto Magazine nr. 69


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Contemporary Issue, Storie © Alexey Vasilyev, Russia

Un lavoro sugli abitanti della Sacha, una repubblica nell'estremo nord-est della Russia, che vivono in una zona remota con condizioni meteorologiche estreme: le temperature possono scendere fino a -50 °C in inverno. Sebbene la Sacha, nota anche come Jacuzia, si estenda per oltre tre milioni di chilometri quadrati, la sua popolazione è di circa 950.000 persone, di cui circa il 50% è di etnia Sakha (o Yakuts). L'arte è diventata un modo per mostrarne e preservarne la cultura, le tradizioni e le storie: ogni anno un'industria cinematografica locale (soprannominata spensieratamente "Sakhawood") gira dai sette ai dieci lungometraggi, da commedie romantiche e film polizieschi a fiabe e leggende locali.

Tour of Poland Cycling Crash © Tomasz Markowski, Poland Il ciclista olandese Dylan Groenewegen (a sinistra) cade alcuni metri prima del traguardo, dopo essersi scontrato con Fabio Jakobsen, anche lui olandese, durante la prima tappa del Giro di Polonia, a Katowice, in Polonia, il 5 agosto. Giroinfoto Magazine nr. 69


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VILLA TORRIGIANI

Rita Russo Stefano Zec

A CURA DI GIACOMO BERTINI

Non serve un occhio particolarmente attento per notare le numerose ville storiche che si incontrano attraversando la campagna lucchese e in particolare quella parte di essa attualmente compresa nel territorio del comune di Capannori. La maggior parte di queste ville, costruite ex novo o derivanti da ristrutturazioni di edifici preesistenti, risale ad un periodo che va dal XV al XVII secolo, anche se molte di esse hanno subito arricchimenti e ristrutturazioni fino al XIX secolo. Giroinfoto Magazine nr. 69


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VILLA TORRIGIANI

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Storia & Architettura A orientare l’attenzione di molte ricche famiglie lucchesi verso il contado fu certamente la grave crisi della mercatura che, tra il XVI e il XVII secolo colpì tutte le attività legate alla lavorazione della seta sulla quale si reggeva tutta l’economia della piccola Repubblica di Lucca. Il progressivo insabbiamento di alcuni porti del nord Europa, le guerre di religione che insanguinarono tutto il continente, sfociando poi nella carneficina della Guerra dei Trent’anni (1618 – 1648), preclusero ogni possibilità di raggiungere quei mercati, come Bruges, Anversa e Londra, tanto ambiti dai mercanti lucchesi. Per questi motivi molte famiglie decisero di investire almeno una parte dei loro capitali in terreni da coltivare sui quali vennero costruite, ristrutturate e abbellite le ville che ancora oggi possiamo ammirare in tutta la loro magnificenza. Queste dimore di campagna, inoltre, hanno consentito ai nobili e ricchi proprietari di realizzare con maggiore libertà, rispetto a quanto potessero fare nei palazzi cittadini, il loro desiderio di circondarsi di bellezze artistiche. E così, se all’interno spiccavano quadri e statue ad abbellire, all’esterno i giardini facevano bella mostra di sé, con ninfei, labirinti e gli immancabili giochi d’acqua.

Giacomo Bertini Photography

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VILLA TORRIGIANI

Giacomo Bertini Photography

Un’altra possibilità offerta da queste sontuose ville di campagna, tanto apprezzata, era l’accoglienza di amici e di personaggi illustri, con relativi festeggiamenti, balli, banchetti e cerimonie per allietare gli ospiti provenienti anche da altre città e spesso anche da altri Paesi, favorendo quell’amicizia necessaria per concludere affari e rafforzare le conoscenze favorendo persino qualche contatto politico in una sorta di diplomazia ufficiosa. Ammirandole dall’esterno si percepisce quanto queste ville siano maestose, ma per apprezzare e godere della loro bellezza è necessario accedervi e passeggiare attraverso i loro parchi celati dagli alti muri di cinta.

Giacomo Bertini Photography Sara Mangia Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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VILLA TORRIGIANI

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Tra queste incantevoli ville, ancora ben conservata e curata in ogni dettaglio è degna di nota Villa Torrigiani o Villa di Camigliano. Superata la soglia dell’imponente cancello si ha la sensazione di essere esploratori privilegiati di un luogo segreto che custodisce capolavori d’arte, di architettura e rarità della botanica. Di fronte ai nostri occhi si presenta subito uno spettacolo della natura proposta secondo i canoni della scena barocca, con scorci di autentica bellezza e con “quadri” naturali che richiamano varie sensibilità artistiche: dal paesaggismo, al modernismo, fino alla contemporaneità.

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VILLA TORRIGIANI

La villa è un complesso monumentale a cielo aperto. Costruita alla fine del XVI secolo in stile rinascimentale, è stata più volte arricchita e abbellita. Si ammirano, oggi, la sua splendida facciata, una tra le più importanti testimonianze di architettura barocca in Toscana, e un giardino che offre una straordinaria quantità di spettacolari scenografie in un intreccio tra tecnica, scienza e mitologia. La costruzione di questa villa si deve alla nobile famiglia Buonvisi la più ricca e importante famiglia di mercanti e di banchieri che, già nel XIV secolo, prestava denaro a molte case regnanti in Europa. I Buonvisi erano già proprietari di diverse ville nella campagna lucchese quando, nel 1593, acquistarono da Bernardino Berti

i terreni su cui sarebbe sorta la villa, che venne ceduta nel 1651, a seguito del fallimento della famiglia, a Cesare Santini che diede inizio alla trasformazione architettonica dell’edificio e del parco circostante. Questi muore lasciando in eredità al figlio Nicolao Santini, appena quattordicenne, uno dei patrimoni più grandi dello Stato lucchese. Il giovane Nicolao, dopo aver viaggiato in Europa e dopo aver ricoperto la carica di ambasciatore della Repubblica di Lucca alla corte di Luigi XIV, decide di dare nuovo impulso ai lavori avviati dal padre apportando quelle modifiche che hanno reso la villa così sontuosa e scenografica.

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VILLA TORRIGIANI

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VILLA TORRIGIANI

Nella prima fase i lavori si sono concentrati sulla sopraelevazione dell’edificio e sul completamento del giardino a cui partecipano importanti scultori provenienti da Massa Carrara, uno scalpellino da Firenze e un progettista da Roma. Grazie alla loro esperienza, intorno al cantiere della villa s’incrociano più filoni culturali e artistici che convergono verso la teatralizzazione dell’intero sistema: la tradizione della scenografia e dell’architettura teatrale emiliana, che ha favorito la costruzione del teatro ligneo situato tra il piano nobile e il piano attico del palazzo; la scuola romana e i modelli francesi hanno inciso nell’allestimento dei parterre del giardino frontale. Nella seconda fase dei lavori si interviene nel palazzo e nel giardino a nord-est, proseguendo successivamente con l’acquisto di terreni adiacenti portando all’espansione radiale del parco e alla costruzione della chiesa esterna alla chiusa e del borgo adiacente, detto “borgo di Parigi”, per la sua ispirazione alla Reggia di Versailles, che Nicolao Santini conosceva grazie al suo incarico diplomatico alla corte del Re Sole.

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A completamento di questa nuova scenografia ha un ruolo importante la facciata del palazzo, traguardabile dalle forature posizionate strategicamente ai lati del portale d’ingresso, schermo trasparente di un meraviglioso sistema prospettico di respiro paesaggistico. Tornando al “borgo di Parigi” è necessario specificare che la sua costruzione è stata realizzata per dare vita a un sistema di microcosmi ben distinti: il primo è la villa che emerge come la reggia del Re Sole visibile da lontano, l’altra racchiusa entro le mura munite di torri come una cittadella fortificata e vissuta da contadini ed artigiani. Le torri cilindriche, oltre a svolgere la funzione di irrigidimento strutturale del bastione, regolarizzano il perimetro e rafforzano le coordinate prospettiche, puntualizzando gli angoli del borgo che si trovano sulla direttrice del palazzo. La loro funzione pratica, invece, è quella di torri-piccionaie, utilizzate soprattutto per le comunicazioni, tramite piccioni viaggiatori, relative agli scambi commerciali e agli affari oltre che alle relazioni diplomatiche che il Santini aveva con Lione e Parigi. Giacomo Bertini Photography

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VILLA TORRIGIANI

L’attenzione ai dettagli delle linee che contribuiscono a legare l’edificio con l’ambiente circostante rendendo la villa ancora più accattivante, si nota anche osservando la linea immaginaria che attraversa il lungo viale, la porta principale, il salone nel centro della villa fino ad arrivare nel giardino sul retro. Fortunatamente ogni modifica effettuata dai vari proprietari nello stile e nelle caratteristiche architettoniche per mantenerla e aggiornarla secondo le mode e le esigenze delle varie epoche, non ha intaccato le caratteristiche e gli stili preesistenti, ancora ben visibili. Nel 1816 Vittoria Santini, figlia di Nicolao, sposò Pietro Guadagni, che prese il cognome della madre, Torrigiani, per ereditarne le proprietà familiari e il titolo di marchese quando l’antica famiglia fiorentina rimase senza eredi maschi. Da allora la proprietà della villa è rimasta in mano ai discendenti Don Fabio Colonna dei Principi di Stigliano e sua moglie Donna Vittoria, grazie al matrimonio che unì nel 1937 la Marchesa Simonetta Torrigiani con il Principe di Stigliano Don Carlo Colonna. La villa Torrigiani costituisce un’importante presenza all’interno del sistema di ville della Lucchesia, in una posizione splendida, ai piedi delle colline, inserita nella cornice di un armonioso paesaggio. Un maestoso viale di cipressi secolari lungo 700 metri introduce alla residenza con la sua grandiosa facciata caratterizzata da un doppio ordine di serliane.

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RR EE PP O O RRTTA AG G EE || TEATRO VILLA TORRIGIANI MASSIMO

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VILLA TORRIGIANI

Giacomo Bertini Photography

Il giardino si caratterizza per le sue articolate stratificazioni: se infatti l’impianto originario dei Buonvisi risale al Cinquecento, quello barocco seicentesco di Nicolao Santini si ispira al gusto francese (è stato fatto il nome di André Le Nôtre, noto architetto paesaggista francese del XVI sec.), mentre quello ottocentesco del marchese Torrigiani porterà alla creazione del parco romantico secondo una moda assai diffusa in Lucchesia. Il prezioso giardino barocco si articola secondo un asse comprendente le fontane e il bellissimo giardino di Flora, rarissimo esempio di giardino di fiori ancora conservato con il prezioso disegno delle aiuole destinate a ospitare fioriture, chiuso da un padiglione a pianta ottagonale caratterizzato da una cupola coronata dalla statua della dea e da imprevedibili giochi d’acqua. Il giardino è poi collegato con il livello soprastante, dominato dalla grande peschiera, da un articolato e scenografico sistema di scalinate a doppia rampa con statue e vasi che ospita al suo interno un percorso di grotta. Alla notevole varietà di esemplari arborei si aggiunge anche la collezione di camelie in varietà ottocentesche che fanno di questo giardino un vero capolavoro anche sotto il profilo botanico. Oggi, grazie all’esemplare manutenzione del verde assicurata dai giardinieri che ogni giorno si prendono cura di quanto necessario e pur continuando a essere abitata dalla famiglia, la villa è aperta alle visite guidate o semplicemente a passeggiate nel parco per ammirare e godere delle meraviglie che offre, facendo di Villa Torrigiani una meta turistica molto ambita per coloro che visitano Lucca.

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Per sostenere le attività necessarie a salvaguardare il patrimonio storico e culturale di queste ville, creando anche un indotto turistico che contribuisce in minima parte a rinforzare l’enorme impegno economico che grava per la loro cura e manutenzione, è stata fondata nel 1986 L’Associazione delle Ville e dei Palazzi Lucchesi. Questa associazione opera nella convinzione che la conoscenza e la ricerca siano alla base della conservazione e valorizzazione, organizzando, già dal 1987, il Festival delle Ville, un appuntamento fisso con cadenza biennale, incentrato su convegni, mostre e concerti.

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REGIA FARMACIA

A CURA DI MONICA GOTTA E STEFANO ZEC

Barbara Lamboley Floriana Podda Maria Grazia Castiglione Massimo Tabasso Remo Turello

Maria Grazia Castiglione Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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REGIA FARMACIA

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A cura di Remo Turello

Floriana Podda Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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REGIA FARMACIA

Torino è una città dal grande passato: monumenti e musei importantissimi fanno bella mostra di sé, adagiati in vari punti del suo territorio e assediati dai turisti in tutte le stagioni. Ma la vera storia di una città è fatta dai suoi abitanti, dalla loro vita e dalle loro attività. Botteghe e laboratori artigianali, se ben conservati, possono trasportarci in altre epoche altrettanto bene di un museo e permetterci di rivivere, per qualche momento, situazioni molto diverse dalle nostre. È questo il caso, ad esempio, della Regia Farmacia Schiapparelli di via XX Settembre. La Regia Farmacia nasce il 10 marzo 1824, quando Giovanni Battista Schiapparelli acquistò i locali di una vecchia spezieria. Il dottor Schiapparelli fu un pioniere della chimica e della farmacologia italiana e investì i primi guadagni di quella attività per rendere la farmacia una delle più note di Torino. Già nei primi anni ottenne riconoscimenti molto importanti, testimoniati dai diplomi e dagli attestati che decorano le pareti della bottega. All’interno di quei locali erano soliti ritrovarsi intellettuali e carbonari dell’Ottocento, rivoluzionari e non, tutti attirati dagli “elisir della casa”. Personaggi come Camillo Benso conte di Cavour, Quintino Sella, Urbano Rattazzi, Francesco Crispi e molti altri frequentarono l’ufficetto posto originariamente nel retrobottega, chiacchierando mentre sorseggiavano i famosi preparati di Schiapparelli.

Maria Grazia Castiglione Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Barbara Lamboley Photography

Col passare dei secoli, la Regia Farmacia ha mantenuto il suo carattere storico, insieme alla notorietà, e in essa si può ritrovare un’ambientazione originale con i mobili ottocenteschi in noce, gli stemmi di casa Savoia cotti a fuoco su vetro e i preziosi contenitori. Allo stesso modo si sono conservate anche alcune delle ricette originali dei prodotti che venivano realizzati a metà Ottocento, come il Balsamo di Gerusalemme e l’Elisir longavita. Tradizione e modernità vanno però di pari passo in quanto è stato mantenuto un laboratorio galenico interno per la

preparazione di medicinali, integratori e farmaci veterinari oltre che degli elisir, utilizzando però le tecniche più moderne per la realizzazione degli stessi. L’attività della Regia Farmacia continua a rinnovarsi nel tempo, mantenendo sempre il riferimento alle proprie origini. Ne è un esempio la rinnovata gestione del reparto tisaneria. La reintroduzione di spezie, miscele per infuso e piante officinali, miscelate secondo le necessità o i gusti, è un modo per riportare in auge l’utilizzo di rimedi naturali per la cura dei problemi quotidiani, metodo antico ma allo stesso tempo valido anche nella nostra società moderna.

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REGIA FARMACIA

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La farmacia è situata su un angolo di uno dei complessi del Seminario Arcivescovile e si affaccia su piazza San Giovanni, a pochi metri dal Duomo di Torino. Il locale conserva ancora un piano sotterraneo in cui porte e volte originali impreziosiscono l’ambiente della struttura della curia. Si tratta di un ampio locale che un tempo faceva parte dei famosi ‘infernotti’ di Torino. Erano locali e cantine scavate sotto i palazzi per essere utilizzati come depositi. Col tempo, però, gli infernotti vennero ampliati, creando una vera e propria rete di comunicazione sotterranea. Si narra, infatti, che nell’800 fosse possibile partire dai sotterranei della Regia Farmacia e raggiungere la chiesa della Gran Madre passando da un infernotto all’altro.

Massimo Tabasso Photography

Giroinfoto Magazine nr. 69

Ai giorni nostri non rimangono che poche parti di questo lungo labirinto di percorsi segreti, ma sicuramente in epoca risorgimentale vennero usati per spostarsi di nascosto da un luogo a un altro della città.


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Massimo Tabasso Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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REGIA FARMACIA

Per terminare questo tuffo nel passato è d’obbligo fare qualche cenno ai numerosi “elisir” a cui abbiamo accennato più volte. Il più famoso è indubbiamente il Balsamo di Gerusalemme, che è probabilmente anche il più antico. Secondo le leggende, infatti, la ricetta fu rinvenuta da un chierico che viaggiava al seguito di una delle crociate in Terrasanta. Costui sentì parlare di un rimedio in grado di guarire tutti i mali e riuscì ad ottenerne la ricetta. Al suo ritorno in Europa la portò con sé e la fece giungere in Francia.

Margherita Sciolti Photography

Massimo Tabasso Photography

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Da qui approdò alla corte dei Savoia, ma nei secoli venne perduta. Solo più tardi, agli inizi dell’Ottocento, la ricetta venne recuperata dal dottor Schiapparelli che la riformulò, ottenendo il prodotto che possiamo assaggiare ancora oggi. Anche se è classificato come amaro, si tratta più di un vino liquoroso il cui gusto particolare ed esotico rimanda all’Oriente. La ricetta completa è segreta, ma sicuramente contiene incenso e mirra miscelati con altre erbe, generando un vino da meditazione che fu molto apprezzato fin dai suoi esordi tra gli intellettuali torinesi del Risorgimento.


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Barbara Lamboley Photography Margherita Sciolti Photography

Anche l’Elisir di longa vita deriva da una ricetta di Schiapparelli, creata prendendo come riferimento quelle degli elisir seicenteschi e rimasta pressoché inalterata nei secoli. Allo stesso modo il Sangue di Kraken, rivisitazione di una ricetta a base di anice e colorata con sangue di drago, resina derivata da alcune piante africane, o il Veleno di Vipera, a base di salvia e limone, coi loro nomi suggestivi e le ricette antiche ci riportano a tempi lontani. Famosa è anche la Polvere Eremita, da sciogliere in acqua minerale. Un composto a base di piperazina a funzione antiuretica risalente alla fine degli anni '30.

Barbara Lamboley Photography

Barbara Lamboley Photography

Giroinfoto Magazine nr. 69


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REGIA FARMACIA

In conclusione, la Regia Farmacia Schiapparelli è una di quelle antiche botteghe di Torino che sanno coniugare il passato col presente, le nuove tecnologie con le antiche ricette, dando quel qualcosa di magico in più ad una delle attività fondamentali per la vita e il benessere.

Floriana Podda Photography

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Maria Grazia Castiglione Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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ANATOLIA - GAZIANTEP

A cura di Monica Gotta

Il Museo dei Mosaici di Zeugma

Come descritto nei precedenti articoli su Ani Citadel (Giroinfoto 38) e il Monastero di Sumela (Giroinfoto 53), un viaggio in Turchia è un’esperienza da mettere nel cassetto dei sogni da realizzare. È un grande paese con una forte identità culturale e ogni tappa del viaggio accende la curiosità di conoscere le meraviglie nascoste di questo Paese ricco di scenari naturalistici e paesaggistici incantevoli ed unici. La città di Gaziantep si apre ai visitatori forte della sua tradizione culturale, storica e, soprattutto, per la sua espressione artistica.

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ANATOLIA - GAZIANTEP

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rrivare a Gaziantep

richiede un lungo viaggio considerato che questa città è più vicina alla Siria che non alle maggiori località turistiche turche.

Infatti tra Gaziantep e la città siriana di Aleppo ci sono poco più di 100 km da percorrere. Torniamo alla nostra meta, torniamo in Anatolia, precisamente in Anatolia Sud-Orientale. Sappiate che l'Anatolia o Asia Minore, come fu nota ai latini, comprende gran parte dell’odierna Turchia e le appartiene politicamente da quando fu rivendicata dal movimento nazionalista di Mustafa Kemal, meglio noto con il nome di Atatürk. Anatolia deriva dal greco anatolè, "paese di levante", "punto dove sorge il sole, Oriente". Fu sede d’insediamenti preistorici e culla di antiche civiltà, di cui scopriremo testimonianza nel Museo dei Mosaici di Zeugma.

GEORGIA

ARMENIA

TURCHIA

Gaziantep

IRAQ SIRIA

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ANATOLIA - GAZIANTEP

Istanbul

Ankara

Gaziantep

Arrivati a Istanbul si può raggiungere Gaziantep con un volo interno di circa un’ora e mezza. Il primo consiglio è quello di prevedere, all’andata o al ritorno, una permanenza di qualche giorno ad Istanbul, una città di rara bellezza. Una soluzione alternativa ed avventurosa è viaggiare con i mezzi pubblici. Si può scegliere l’autobus, in partenza da Istanbul, per una durata di circa 18 ore di viaggio. I biglietti si possono comprare online oppure direttamente in stazione. Se siete abbastanza "audaci" da affittare una macchina per essere liberi di gestire le tappe intermedie, potrete approfittare di questo viaggio di circa 1.100 km per ammirare i panorami, fare amicizia con il popolo turco, gustare piatti della cucina locale e scoprire i segreti dei luoghi più ameni che incontrerete. Se viaggerete in auto, una tappa obbligata è la città di Ankara dove potrete conoscere la storia di un personaggio storico della Turchia, Atatürk. All’interno dell’Anitkabir, il mausoleo dedicato a Mustafa Kemal, primo presidente della Turchia moderna, è stato anche allestito un museo con molti oggetti antecedenti o dell'epoca della fondazione della repubblica, sulla guerra di indipendenza, sulla storia della Turchia e sulla vita di Atatürk. Qui sono conservate anche le sue spoglie. Non è l’unico luogo d’interesse lungo questo tragitto. Troverete mercati, luoghi storici, ma soprattutto incontrerete le persone di questo splendido Paese che sono molto accoglienti.

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Le sistemazioni alberghiere sono di facile reperimento e dotate di tutti i comfort a cui siamo abituati. In alcuni casi si possono definire "spartane" considerando luoghi pochi frequentati dal turismo, ma sempre pulite, decorose e gestite da persone disponibili ed estremamente amichevoli. Per le lettrici femminili suggerisco di tenere a mente che in questo Paese, per entrare nelle moschee e in luoghi sacri, è necessario avere spalle e gambe coperte, spesso anche il capo, e piedi scalzi. Non è inusuale trovare all'ingresso di questi luoghi capi di abbigliamento che vengono affittati per poter entrare nel luogo che desiderate visitare. Qualsiasi mezzo scegliate per arrivare a Gaziantep, certo è che si tratta di un luogo imperdibile per i meravigliosi mosaici di Zeugma e per chi ama la buona cucina. Ma non solo… Gaziantep è entrata a far parte dell’UNESCO CREATIVE CITIES NETWORK, essendosi distinta appunto per la sua cucina e per altre eccellenze artigiane.


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ANATOLIA - GAZIANTEP

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UNESCO CREATIVE CITIES NETWORK LA CUCINA È ARTE

Il progetto, lanciato nel 2004, mira a promuovere la cooperazione tra città di tutto il mondo la cui caratteristica comune è l'uso della creatività per promuovere lo sviluppo urbano sostenibile. La rete copre sette aree creative: artigianato e arti popolari, design, cinema, gastronomia, letteratura, media e musica. Le città creative si impegnano a sviluppare e condividere esperienze per renderle più inclusive e sostenibili, per creare sinergie e per promuovere programmi e reti di scambio professionale e artistico.

Gaziantep è famosa per i suoi dolci. La baklava è uno di questi. Diventato l’emblema per cui questa città è conosciuta in tutta la Turchia, il dolce è composto da sottili strati di sfoglia, burro e una generosa quantità di pistacchio, prodotto in quest’area del Paese. Quando vi avvicinerete a una delle pasticcerie che le producono, il profumo del burro, rigorosamente chiarificato e di pecora, vi guiderà all’interno di questi tempi del gusto. Grazie a questo dolce così particolare Gaziantep è stata riconosciuta dall’Unesco Creative City of Gastronomy nel 2015.

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ANATOLIA - GAZIANTEP

BAKIRCILAR ÇARŞISI BAZAR Il secondo motivo per cui Gaziantep è molto conosciuta è il Bakircilar Çarşisi Bazar. Si trova a sud della fortezza ed è, come molti mercati, uno spumeggiante intrico di stradine brulicante di vita. Comprende anche il Zincirli Bedesten, mercato dei fabbri ramai. Interamente restaurato, è accompagnato dai suoni degli attrezzi degli artigiani che lavorano il metallo per creare oggetti unici.

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In questo mercato si trovano anche i calzolai che producono scarpe fatte a mano, altri prodotti artigianali tipici della zona e altre attività e negozietti decisamente interessanti. È un luogo interessante da perlustrare, magari anche per perdersi nei vicoli alla ricerca di eccellenti prodotti alimentari. Fatto sta che sarete avvolti dal profumo delle spezie, da ghirlande di prodotti essiccati come ad esempio pomodori, melanzane e peperoncini, mentre ammirerete anche prodotti tessili multicolori.

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GAZIANTEP Chiamata anche Antep, è un luogo molto particolare per l’umanità in genere. È stata riconosciuta come una delle città più antiche abitate continuativamente per secoli, esattamente a partire dai tempi della Mesopotamia, complice la produzione dei pistacchi e l’essere uno degli snodi lungo la via della seta. La città è protetta da Kale, la fortezza o castello di Gaziantep. Pare che la cittadella sia stata edificata dai romani, restaurata dall'imperatore Giustiniano nel VI secolo d.C. e poi ampiamente riedificata dai Selgiuchidi nel XII e XIII secolo. All'interno del castello si trova il Museo Panoramico della Difesa e dell'Eroismo di Gaziantep. Con il parco urbano più grande della Turchia al di qua dell'Eufrate e una vibrante cultura del caffè, Gaziantep emana eleganza e sicurezza. Vanta anche un'attrattiva spettacolare che da sola merita lo sforzo di arrivare qui: il superbo nuovo Museo dei Mosaici di Zeugma. È in corso un'opera di riqualificazione delle parti più antiche della città e la fortezza, i bazar, i caravanserragli e le antiche case in pietra sono stati oggetto di un'accurata opera di restauro. Gaziantep, una delle porte d'accesso all'Anatolia sudorientale, mai come ora ha nutrito tanta speranza e fiducia nel futuro.

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ZEUGMA Seleucia o Belkis-Zeugma è un sito romano sul fiume Eufrate risalente al III secolo a.C., distante circa 60 km da Gaziantep. Nacque per unire due città ai lati opposti del fiume, Seleucia allo Zeugma e Apamea allo Zeugma. Nel 64 a.C. la città passò sotto dominio romano e il suo nome fu abbreviato in Zeugma che significa incrocio o testa del ponte, un ponte tra il mondo occidentale e quello orientale. Nel tempo la città acquistò maggiore importanza commerciale, divenne una delle principali tappe sulla Via della Seta, la sua popolazione aumentò e divenne una città molto ricca fino alla sua distruzione. Alcuni ritrovamenti avvenuti durante gli scavi sono un buon indicatore del volume commerciale e della densità dei trasporti e delle comunicazioni all’epoca esistenti nella regione.


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MUSEO DEI MOSAICI DI ZEUGMA Costruito sul terreno di una fabbrica di tabacco e inaugurato ufficialmente nel 2012 con i suoi 3 piani, circa 7.000 mq di esposizione e 1.700 mq di mosaico, il magnifico e moderno museo espone i mosaici rinvenuti nel sito romano di BelkisZeugma, prima che fosse parzialmente sommerso per sempre a causa della diga di Birecik. La diga, costruita sul fiume Eufrate a poco più di un chilometro dalla zona degli scavi, avrebbe sommerso i tesori del sito romano. Gli archeologici intensificarono i lavori di scavo e portarono alla luce ville, mosaici, affreschi e statue in ottimo stato di conservazione. Il sito archeologico era diviso in tre zone, di cui due furono sommerse mentre la terza, la più alta del sito, si salvò e oggi è il museo all’aperto di Belkis-Zeugma.

Il progetto del museo è stato realizzato proprio sulla base dei reperti artistici e culturali di Zeugma, sulla sua vita quotidiana, concepito per dare al visitatore una visione e una prospettiva architettonica a grandezza naturale. Ma questo è anche un museo hi-tech. Nei vari blocchi museali si trovano aree interattive, touch screen che permettono ai visitatori di accedere a schermate informative, video e fotografie delle opere esposte anche durante lo scavo. Completano questa mirabile struttura giochi di luce appositamente studiati per valorizzare quanto esposto e per fare della visita un’esperienza sensoriale unica nel suo genere.

I reperti più importanti si trovano oggi nel museo di Gaziantep e sono di eccezionale qualità artistica, valorizzati da un’innovativa gestione dello spazio su 3 piani espositivi che rendono la visita a questa singolare collezione un’esperienza imperdibile.

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ANATOLIA - GAZIANTEP

I mosaici coprivano pareti e pavimenti delle ville dei nobili di Zeugma e dimostrano l’alto livello artistico dell’epoca, l’arte del mosaico. Queste opere sono molto realistiche, le figure sono enormemente dettagliate, i colori vivacissimi. Quando si osservano e si incrociano gli occhi dei soggetti rappresentati nei mosaici la nostra immaginazione si proietta nel passato. Degna di nota e una delle attrazioni principali del museo è la Ragazza Zingara o Giovane Zingara (The Gipsy Girl, II sec. d.C. Villa di Menade). La Ragazza Zingara è in una stanza, sapientemente illuminata, per sottolineare lo sguardo malinconico della ragazza che sembra seguire chiunque posi lo sguardo su di lei. È la ragazza che incanta gli sguardi da quasi 2.000 anni. Un altro mosaico molto ben conservato che cattura l’attenzione del visitatore è Oceano e Teti – Casa di Oceano II e III sec. d.C.

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MUSEO DEI MOSAICI DI ZEUGMA


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Monica Gotta Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

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Dal secondo piano si possono vedere al meglio i mosaici virtualmente completi ritrovati sui pavimenti delle ville patrizie romane. Raffigurano scene mitologiche e venivano scelti con cura in base alle stanze a cui erano destinati e riflettevano il gusto del proprietario dell'abitazione. Nel 2012 al museo è stato assegnato il Grand Presidential Culture and Arts Grand Award, considerato il più alto riconoscimento della Turchia. Da Gaziantep si può iniziare ad apprezzare la bellezza di una terra che è, come nel passato, un importante crocevia di culture e genti diverse.

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CALANCHI

A cura di Barbara Tonin e Monica Pastore

Riscoprire la propria identità tra arte, tradizione e calanchi. Giroinfoto Magazine nr. 69


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Adriana Oberto Barbara Tonin Cinzia Carchedi Domenico Gervasi Fabrizio Rossi Giancarlo Nitti Lorena Durante Maria Grazia Castiglione Massimo Tabasso Monica Pastore Remo Turello

Nelle langhe sud-occidentali, dove il Tanaro si diverte a serpeggiare ridisegnando il profilo delle dolci colline, racchiuso in un’ansa alla destra del fiume, si leva un piccolo colle sulla cui sommità sorge un borgo. È Clavesana Capoluogo. Salendo per la tortuosa e stretta strada, ombreggiata da una lussureggiante vegetazione, si arriva al piccolo paese, che rimanda i ricordi ad altri tempi, quando eravamo piccoli.

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Quando si andava a trovare i nonni in soleggiate domeniche estive e la gente ti fermava per salutarti e dirti quanto eri cresciuto. È la “puntura de la rimembranza”, nostalgica, che ci riporta alla mente come un boomerang immagini, sentimenti e sapori e che, soprattutto, ci ricorda chi siamo e da dove veniamo. Ci fa rivivere la nostra storia. Ci dice qual è la nostra identità. Clavesana è questo. È storia, è tradizione, è memoria. È l’identità dei suoi paesani ed è proprio questo che si festeggia oggi nel borgo. Un tema importante, molto sentito.

Adriana Oberto Photography

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CLAVESANA


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Una giornata all’insegna dell’arte. Clavesana, con animo semplice e genuino, riconosce sé stessa nel duro lavoro di campagna dei suoi abitanti, nella produzione del vino, nei personaggi che l’hanno abitata, come l’artista Angelo Ruga, e di quelli che la vivono, come Edo Prando, negli sport tradizionali, nell’alluvione del 1994, nei piccoli oggetti di casa, fotografie e documenti conservati nel prezioso museo storico-etnografico e nei suoi maestosi calanchi. Clavesana è un piccolo paese che conta circa 800 abitanti. Il centro storico si sviluppa sulla collina mentre in pianura troviamo la frazione Madonna della Neve, il nucleo più popoloso del paese. È un borgo placido e forse proprio per la sua atmosfera tranquilla è stato scelto dall’artista Angelo Ruga come propria musa ispiratrice. Nato a Torino nel 1930, dopo diverse esperienze pittoriche in Umbria, Lucania e Puglia e dopo aver vissuto per un periodo ad Albissola Marina, attratto

dalle colline langarole, si stabilisce negli ultimi anni della sua vita a Clavesana. Il luogo fu tanto amato dall’artista e proprio qui la moglie Biagina Baccani fonda e istituisce la sede principale dell’Associazione Culturale Angelo Ruga e mantiene vivi lo studio e l’atelier del pittore: “… mi diceva che i suoi dipinti nascevano come testimonianze per il dopo. Di lavoro, di dolore, di rivolta. Brandelli di verità che altri avrebbero usato” (cit. Biagina Baccani Ruga). Il territorio di Clavesana un tempo era ricoperto di castagneti, soprattutto nella parte collinare. Col passare del tempo si è sviluppata la viticoltura che attualmente è di grande importanza per l’economia del paese. Il vitigno più importante è il Dolcetto di Dogliani. Ed è proprio questo il soggetto del quadro, donato per l’occasione dall’Associazione all’Amministrazione di Clavesana, come ringraziamento per la stima e l’affetto nei confronti di Ruga.

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A celebrare la tradizione del borgo e l’esperienza nella viticoltura, sono intervenuti anche due noti giornalisti e fotografi: Edo Prando e Marina Macrì.

Nelle fotografie, l’antico a colori si fonde con l’attuale in bianco e nero, in una simbiosi quasi surreale tra passato e presente, forse a sottolineare che la storia del paese è parte di noi e noi saremo parte della storia.

Con una serie di fotografie che accompagnano il visitatore nel cuore del paese, Prando individua i produttori di vino e il campanile, presente in ogni foto, come identità locale. Una mostra diffusa “che strizza l’occhio alla tradizione fotografica” [cit. E. Prando] e riscopre il “metodo di una volta”, ovvero far posare i soggetti all’aperto, con luce naturale, di fronte a un lenzuolo bianco.

Maria Grazia Castiglione Photography

Maria Grazia Castiglione Photography

“Le storie, quelle vere, non le scegli tu. Sono loro a scegliere te. Sono lì, in vista. Come La lettera rubata di Poe non le vedi. Poi, poco a poco, con destino impercettibile, il tuo sguardo ci passa sopra con maggiore frequenza. Involontario, così credi. Poi il ricordo di luoghi visti, di libri letti, è sempre meno casuale. Infine avverti, con stupita certezza, che sono quei luoghi ripercorsi, quelle letture iterate ad averti scelto. Navigante di mari sconosciuti, ti affidi a quella corrente che, dal profondo dell’abisso, ti conduce. E inizi a raccontare gli approdi, le tempeste, le albe di speranza e di disperazione nelle quali ti porta.” (Marina Macrì ed Edo Prando)

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Dal 2005 si dedicano con passione a scoprire e a far conoscere la realtà passata e presente della Lituania dai tempi della deportazione da parte dell’Unione Sovietica (1941) ai giorni nostri (per approfondire si veda http://www.lithuanianstories. com/). Per mezzo di foto, video e testi, raccontano al mondo storie sconosciute e occultate. Storie di violenza e sofferenza, ma anche della voglia di vivere e della forza interiore di chi non ha accettato di piegarsi alla prepotenza e all’ingiustizia e che non ha voluto cedere il proprio futuro. Perché fare reportage significa prima di tutto conoscere le persone e i loro sentimenti, gli avvenimenti che li hanno fatti diventare ciò che sono, come vivono la quotidianità. La tecnica in fotografia è fondamentale, ma è indispensabile anche l’espressività e saper cogliere la vera essenza del soggetto, che può essere una persona, un popolo, un territorio. Domenico Gervasi Photography

Creare un contatto. Vivere la situazione. Condividere con rispetto i patimenti e le piccole gioie. Solo così è possibile creare un legame empatico che può dar vita a un reportage verace. E infine divulgare con ogni mezzo per arrivare a tutti, tramite parole, immagini e video.

Fabrizio Rossi Photography

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EDO PRANDO

Giornalista, fotografo e videomaker ha realizzato numerosi reportage di viaggio in diversi Paesi del mondo, dall’Europa al Sud America. Ha realizzato una serie di reportage dal Sud America con spedizioni etno-antropologiche dell’Università di Torino, risalendo il corso del fiume Orinoco, alla scoperta degli Yanomàmi, popolazione autoctona con pochissimi contatti con il resto del mondo. I suoi reportage sono stati pubblicati in diversi giornali e periodici, tra cui “Europeo”, “Famiglia Cristiana”, “Vie Nuove”, “Atlante”, “Argos Magazine” e nella maggior parte delle riviste di fotografia italiane. Ha pubblicato numerosi libri di tecnica e immagine fotografica e non solo, tra cui I Signori del tartufo, Baio, l’antico Carnevale del Piemonte Occitano, Guida alla Speleologia dell’Italia. Già docente presso l’Istituto professionale di fotografia “Umanitaria” di Milano, ha lavorato come direttore e giornalista per la maggior parte delle riviste di fotografia italiane, realizzando testi e fotografie: “Photo”, “Fotografia Italiana”, “Fotografare”, “Tutti Fotografi”, “Foto Cult”, “Progresso Fotografico”.

Massimo Tabasso Photography

Per l’Editore De Agostini ha curato la revisione della Enciclopedia della Fotografia e ha realizzato Videocamera, enciclopedia a fascicoli della videoripresa amatoriale. È stato membro della giuria dell’European Camera of the Year, che assegna il premio internazionale “Fotocamera europea dell’anno”. Negli anni Settanta è stato responsabile delle news presso Teletorino, una delle prime emittenti televisive private. Oggi è responsabile del sito pmstudionews.com, dedicato alla fotografia, con interviste, reportage e test tecnici.

MARINA MACRÌ Giornalista e Fotografa, è responsabile, assieme a Edo Prando, del service editoriale P.M. Studio e del relativo sito pmstudionews.com, dedicato al mondo della fotografia. Ha realizzato una serie di reportage di viaggio in differenti Paesi, tra cui Georgia, Lituania, Irlanda, Romania e Bulgaria. Ha lavorato per diversi giornali e magazine, tra cui Il Sole 24ore Business Media, Il Mio Castello editore, VNU Business Pubblications; ha inoltre realizzato servizi giornalistici d’inchiesta per il “Tucano Magazine”, tra cui un servizio sul Turismo sessuale, poi ripreso dal Ministero delle Pari Opportunità; e sugli Asili nido per il mensile “Il mio bambino”.

Massimo Tabasso Photography

Ha collaborato nel corso degli anni con testi e foto a mensili di fotografia e informatica. Diplomata in fotografia, ha partecipato all’ideazione del mensile “Il Fotografo” (Il Mio Castello Editore) presso il quale ha poi lavorato come capo redattrice. Ha collaborato con testi e foto al mensile “Progresso Fotografico”, “Quattro Zampe” (editrice Edit) e alla realizzazione di “Videocamera”, enciclopedia a fascicoli della videoripresa amatoriale dell’editore De Agostini. Ha lavorato presso il Dipartimento di Fotografia dell’Istituto Europeo di Design; presso il quindicinale Fotonotiziario e presso l’associazione dei fotografi professionisti Tau Visual.

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Clavesana è un piccolo borgo, ma crede fermamente nella capacità dell’arte e della fotografia di essere un potente mezzo per comunicare la bellezza del suo borgo e dei paesaggi circostanti. Sulla spinta dell’entusiasmo di far conoscere Clavesana, nasce l’Associazione “I Calanchi di Clavesana”, che periodicamente organizza incontri culturali ed enogastronomici, come ad esempio quello di oggi, e l’annuale concorso fotografico dedicato ai calanchi.

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Non solo il borgo e il buon vino, infatti, sono motivo per una visita a Clavesana. I maestosi calanchi e le spiaggette dal sapore caraibico sono sicuramente una meta che tutti i turisti e gli amanti della natura visiteranno con piacere.

Domenico Gervasi Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Anticamente Clavesana era definita la “chiave della porta” per passare in Liguria. Era abitata dai liguri Bagenni e, dopo la conquista romana, venne annessa alla Gallia Cisalpina. Nell’Alto Medioevo Clavesana fu sede della dinastia Aleramica, importante famiglia feudale i cui rami governarono molte terre di Piemonte e Liguria; il Marchesato di Clavesana divenne così il capoluogo estendendosi tra le valli Tanaro e Bormida fino a uno sbocco sul mar Ligure (le attuali province di Cuneo, Savona e Imperia). Sempre in epoca medievale, sulla collina del borgo rurale, in Località Garino, si insediò un convento di monaci che disboscarono i terreni per impiantare i primi vigneti.

Alla fine del XIV secolo il feudo si ridusse a Clavesana e a pochi paesi confinanti. Il castello, tuttora esistente, fu ristrutturato dal cavaliere Annibale Caramelli che lo trasformò in palazzo signorile destinandolo a pacifica dimora. I tratti di mura perimetrale vennero inglobati nelle strutture delle vecchie case della “Via Vecchia” che verrà restaurata e resa percorribile. Dalla fine del 1600 fino all’epoca della rivoluzione francese, vi risiedettero i Marchesi di Cavallermaggiore. Clavesana ha partecipato attivamente alla resistenza, ospitando i Partigiani e schierandosi al loro fianco. Il Gonfalone del Comune è decorato di Medaglia d’Argento al Valor Civile.

Giancarlo Nitti Photography

Barbara Tonin Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

Remo Turello Photography


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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Adriana Oberto Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

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Maria Grazia Castiglione Photography

Il termine calanchi indica i solchi che si formano lungo il fianco di un monte o di una collina, in presenza di terreno argilloso, con componente sabbiosa e scarsa o assente vegetazione. Si formano a seguito dell’azione erosiva di acqua e vento, soprattutto quando si susseguono settimane di siccità e piogge intense concentrate in un breve periodo, una pendenza del terreno di almeno 40° che favorisce un rapido deflusso dell’acqua e una sommità del pendio poco erodibile.

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Massimo Tabasso Photography

La presenza di sodio nel terreno e l’alta temperatura che secca la massa conferiscono al versante un comportamento dispersivo e instabile, che si degrada facilmente in presenza di piogge, ruscellamento, frane e creep (scorrimento viscoso). Tanto più sono intense le precipitazioni e tanto più è secco il pendio, maggiore sarà la velocità di degradazione. I calanchi si presentano all’aspetto come solchi verticali paralleli, stretti e affilati, che si estendono a interi versanti.

Adriana Oberto Photography

Monica Pastore Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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La conformazione stessa di tali fessurazioni e spaccature favorisce lo scioglimento in acqua delle particelle del terreno e, a seguito dell’evapotraspirazione, la successiva riaggregazione e cementificazione in strati spessi e duri.

Non solo gli agenti atmosferici influiscono sulla conformazione dei calanchi. L’attività agricola e, in particolare, l’utilizzo di sostanze organiche sono in grado di modificare irreversibilmente l’attività calanchiva.

La vegetazione, principalmente arbusti e piante ruderali, che si stabilisce sui calanchi è molto resistente e abituata a condizioni estreme, oltre a riuscire a tollerare la salinità dell’acqua presente nel terreno. Tuttavia quest’ultima, assieme all’instabilità dei substrati e all’inclinazione dei versanti, ne riduce notevolmente la biodiversità.

L’utilizzo dei fertilizzanti oltre una certa percentuale, la bonifica intensiva e il livellamento dei terreni circostanti può portare alla ricolonizzazione spontanea della vegetazione boschiva, con la conseguenza di diminuire sensibilmente l’attività erosiva e provocare la graduale scomparsa dei calanchi.

Il periodo di formazione dei calanchi non è conosciuto. Si ritiene, però, che la loro genesi sia riconducibile all’Olocene, come conseguenza del disboscamento delle foreste di querce sempreverdi, per opera umana. L’esposizione del terreno argilloso, fortemente erodibile, agli intensi fenomeni climatici ha dato il via ai primi modellamenti.

Massimo Tabasso Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

Si avverte, pertanto, la necessità di salvaguardare tale meraviglia naturale, cercando approcci di sviluppo agricolo più sostenibili e divulgando la bellezza delle geometrie delle lame e delle marne dei calanchi.


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Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Nell’antico Palazzo del Comune si può visitare il Museo storico-etnografico e di tradizione, inaugurato nel 2000. L’edificio, costruito su preesistenze a fine Settecento, apparteneva ai Conti Faussone, divenne poi proprietà della famiglia Filippi e infine fu donato al Comune che ne fece la propria sede.

Il Palazzo Comunale resta tuttora la sede municipale del paese e ospita la splendida “Sala Consiliare” (all’epoca “Salone d’onore”) affrescata in stile neoclassico. Il Museo storico è sorto su iniziativa di un gruppo di volontari nato nel 2000 e si è proposto come “Gruppo Amici di Clavesana”.

Nei locali del primo piano erano situati gli uffici comunali, che nel 1996 vennero trasferiti nel nuovo edificio polivalente Giancarlo Nitti Photography nella centrale frazione Madonna della Neve; dopo tale decentramento è prevalso il progetto di istituire un museo etnografico dedicato alla storia sociale ed economica del paese.

Dopodiché si è costituito in una vera e propria associazione culturale prendendo il nome di Associazione di Volontariato Culturale “Marchesato dei Clavesana”.

Monica Pastore Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Lorena Durante Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Monica Pastore Photography

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Il primo obiettivo del gruppo è l’organizzazione di una nuova manifestazione capace di valorizzare il territorio del paese e di promuovere i suoi prodotti tipici. Nasce così la prima edizione della rassegna “Sapori di Langa” e l’inaugurazione del Museo storico-etnografico di tradizione del Comune. Così il gruppo di volontari inizia un paziente lavoro di ricerca e di raccolta di antichi attrezzi agricoli in disuso ripulendo e sistemando gli attrezzi agricoli che necessitavano di un intervento di recupero. Un’attenta ricerca storica e linguistica ha permesso di stilare una didascalia specifica per ogni oggetto, che riporta il suo nome in lingua piemontese e italiana, le caratteristiche, l’utilizzo, il donatore e il numero in ordine cronologico di donazione.

Lorena Durante Photography

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Infine si è allestita un’accurata esposizione degli oggetti nelle sale del Palazzo Comunale dove ogni attrezzo ha avuto una sua precisa collocazione e descrizione. Lo spazio espositivo del Museo occupa i due piani del Palazzo. L’atrio del palazzo ospita i primi oggetti esposti, come un grande torchio in legno del 1895 per estrarre il vino o l’olio, e una pigiatrice con i rulli in ghisa per spremere l’uva. Lungo le scale per il secondo piano si snoda un itinerario artistico e religioso condotto con le fotografie di chiese, cappelle e piloni del paese.

Monica Pastore Photography

Lorena Durante Photography

Giroinfoto Magazine nr. 69


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Nelle due sale al piano terra: la prima è dedicata alla coltivazione della vite e alla produzione del vino (lo spazio della saletta attigua è riservato a una piccola enoteca); la seconda sala è il locale più ampio del museo e ospita numerosi attrezzi agricoli per la lavorazione della terra e l’allevamento degli animali. Al secondo piano si apre un piccolo atrio, in cui si trovano fotografie e riquadri dei tre ponti, che in paese attraversano il corso del fiume Tanaro. Da questo secondo pianerottolo si accede alle sale: la prima è dedicata alle attività economiche-sociali e alle attività

sportive di ieri e di oggi (la ricerca dei tartufi, la caccia, la pesca, il gioco del pallone elastico e il gioco delle bocce); la seconda sala ospita interessanti documenti relativi alla storia antica, moderna e contemporanea del paese. I pezzi esposti nel museo sono complessivamente circa trecento e testimoniano la generosità di molte persone, che hanno voluto donare oggetti del loro passato affinché restassero nella memoria collettiva. Clavesana ha ben chiara la propria identità ed è desiderosa di condividerla: non resta altro che andarla a visitare!

Adriana Oberto Photography

Remo Turello Photography Giroinfoto Magazine nr. 69

Fabrizio Rossi Photography


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Si ringrazia

per l’ospitalità l’Amministrazione, l’Associazione Culturale Angelo Ruga, Marina Macrì ed Edo Prando e l’Associazione “I Calanchi di Clavesana”, in particolare Anna Maria Bracco e Alessandra Botto.

Cinzia Carchedi Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Giancarlo Nitti Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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Pierluigi Peis Photography Giroinfoto Magazine nr. 69


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ARRIVEDERCI AL PROSSIMO NUMERO in uscita il 20 agosto 2021

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