www.giroinfoto.comEditoriale.StudiosGienneciMAGGIO2022-79N. Photo cover by Luca Barberis N.79 - MAGGIO 2022 www.giroinfoto.com BORGO PANTANO SICILIA Band of Giroinfoto BUNKER SORATTE LAZIO Band of Giroinfoto AUTOMOTORETRÒ TORINO Band of Giroinfoto Band of Giroinfoto 100 ANNI MOTO GUZZI
79 www.giroinfoto.comMAGGIO2022 WELCOME
© Giroinfoto Magazine nr. 79 3
Le difficoltà degli ultimi due anni relative alla pessima gestione sociopolitica sono cresciute, intralciando il libero sfogo editoriale limitando le prerogative della rivista nello sviluppo culturale e turistico in aiuto dei Nonostanteterritori.
tutto, e grazie all'impegno di tutti i nostri collaboratori, il progetto Giroinfoto.com non si arresta, anzi, combatte con tutte le proprie forze per pubblicare articoli utili alla valorizzazione dei territori bisognosi di visibilità.
In questo periodo storico, dove tutto è ormai convertito al mondo digitale, risulta talvolta anacronistico volersi concentrare su un progetto cartaceo, sia per motivi di convenienza economica che di divulgazione.
Benvenuti nel mondo di Giroinfoto magazine
Uno strumento per diffondere e divulgare linguaggi, contrasti e visioni in chiave professionale o amatoriale, in una rassegna che guarda il mondo con occhi artistici e creativi, attraversando una varietà di soggetti, luoghi e situazioni, andando oltre a quella “fotografia” a cui ormai tutti ci siamo fossilizzati. Un largo spazio di sfogo, per chi ama fotografare e viaggiare, dove è possibile pubblicare le proprie esperienze di viaggio raccontate da fotografie e informazioni utili. Una raccolta di molteplici idee, uscite fotografiche e progetti di viaggio a cui partecipare con il puro spirito di aggregazione e condivisione, alimentando ancora quella che è oggi la più grande community di fotonauti Oggi Ed ecco entrati nel sesto anno di redazione di Giroinfoto Magazine.
Novembre 2015, da un lungo e vasto background professionale del fondatore, nasce l’idea di un progetto editoriale aggregativo, dove chiunque appassionato di fotografia e viaggi può esprimersi, condividendo le proprie esperienze con un pubblico interessato all’outdoor, alla cultura e alle curiosità che svelano le infinite locations del nostro pianeta. È così che Giroinfoto magazine© diventa una finestra sul mondo da un punto di vista privilegiato, quello fotografico, con cui ammirare e lasciarsi coinvolgere dalle bellezze del mondo e dalle esperienze offerte dai nostri Reporters professionisti e amatori del photo-reportage. Una lettura attuale ed innovativa, che svela i luoghi più interessanti e curiosi, gli itinerari più originali, le recensioni più vere e i viaggi più autentici, con l’obiettivo di essere un punto di riferimento per la promozione della cultura fotografica in viaggio e la valorizzazione del territorio.
Director of Giroinfoto.com Giancarlo Nitti
Da qui la decisione di mantenere il magazine con un format "tradizionale" per il mantenimento della qualità comunicativa, evolvendolo alla digitalizzazione favorendo la fruizione. In ultimo, vorrei ringraziare anche tutti i nostri lettori che crescono continuamente sostenendo il progetto Giroinfoto.
LA REDAZIONE | GIROINFOTO MAGAZINE
Giroifoto è Editoria Ogni mese un numero on-line con le storie più incredibili raccontate dal nostro pianeta e dai nostri reporters. Giroifoto è Attività Con Band of Giroinfoto, centinaia di reporters uniti dalla passione per la fotografia e il viaggio. www.giroinfoto.com Giroifoto è Promozione Sviluppiamo le realtà turistiche promuovendo il territorio, gli eventi e i prodotti legati ad esso. LEGGILA GRATUITAMENTE ON-LINE on-line11/2015dal
DIRETTORE RESPONSABILE ART DIRECTOR Giancarlo Nitti CAPO REDATTORE Mariangela Boni RESPONSABILI DELLE ATTIVITÀ Barbara Lamboley (Resp. generale) Adriana Oberto (Resp. gruppi) Barbara Tonin (Regione Piemonte) Monica Gotta (Regione Liguria) Manuel Monaco (Regione Lombardia) Gianmarco Marchesini (Regione Lazio) Isabella Bello (Regione Puglia) Rita Russo (Regione Sicilia) Giacomo Bertini (Regione Toscana) Bruno Pepoli (Regione Emilia Romagna) COORDINAMENTO DI REDAZIONE Maddalena Bitelli Remo RegioneGiacomoRegioneRitaRegioneLauraRegioneSilviaRegioneStefanoRegioneTurelloPiemonteZecLiguriaScaramellaLombardiaRossiniLazioRussoSiciliaBertiniToscana LAYOUT E GRAFICHE Gienneci Studios PER LA PUBBLICITÀ: Gienneci hello@giroinfoto.comStudios, DISTRIBUZIONE: Gratuita, su pubblicazione web on-line di Giroinfoto.com e link collegati. CONTATTI email: autorizzazioneindivietotemagienneci.it)diintellettualetestiTuttedaQuestahello@giroinfoto.comwww.giroinfoto.comInformazioniredazione@giroinfoto.comsuGiroinfoto.com:pubblicazioneèideataerealizzataGienneciStudiosEditoriale.lefotografie,informazioni,concetti,elegrafichesonodiproprietàdellaGienneciStudios©ochineèfornitorediretto(infosuwww.esonotutelatidallaleggeindicopyright.Dituttiicontenutièfattoriprodurliomodificarlianchesolopartesenondaespressaecomprovatadeltitolaredeidiritti. @Ig_piemonte,InstagramPARTNERS UrbexSKIRA@cookin_italia@Ig_lombardia_,@Ig_valledaosta,@Ig_veneto,@Ig_liguria_EditoreTeamOldItaly giroinfotogiroinfotogiroinfoto@giroinfotowww.giroinfoto.com@giroinfoto.commagazineTV facebook Official YoutubeIssuuPinterestInstagramsiteANNO VIII n. 79 20 Maggio 2022 LA RIVISTA DEI FOTONAUTI Progetto editoriale indipendente LA REDAZIONE | GIROINFOTO MAGAZINE Giroinfoto Magazine nr. 79 5
INDEX CONTENTS79 GIROINFOTO MAGAZINE REPORTAGE REPORTAGEREPORTAGEREPORTAGE GIORGIO PARODI DAYS MONTECARLO FESTIVAL DELL'ORIENTE PALAZZO DUCALEURBINO 10 60 42 26 GIORGIO PARODI DAYS 100 anni Moto Guzzi Band of Giroinfoto LuccaMONTECARLO Band of Giroinfoto PALAZZO DUCALE Urbino Band of Giroinfoto FESTIVAL DELL'ORIENTE Torino - Lingotto Fiere Band of Giroinfoto 26104260 Giroinfoto Magazine nr. 79 6
REPORTAGEREPORTAGE REPORTAGEREPORTAGEBORGOAUTOMOTORETRÒPANTANOPALAZZO CARIGNANO BUNKER SORATTE 80 130 116 96 BORGO PANTANO Tra mistero e verità Band of Giroinfoto PALAZZO CARIGNANOTorino Band of Giroinfoto BUNKER SORATTERoma Band of Giroinfoto AutoAUTOMOTORETRÒemotodellastoria Band of Giroinfoto 1301169680 Giroinfoto Magazine nr. 79 7
PUBBLICA SU GIROINFOTO MAGAZINE Ti piace la fotografia e sei un'appassionato di viaggi? Giroinfoto.com, con la sua rivista, ti mette a disposizione ogni mese uno spazio tutto tuo dove potrai pubblicare un articolo o anche una sola fotografia. Un modo divertente e coinvolgente per condividere le tue emozioni. VI PRESENTIAMO I REPORTSNOSTRI Pubblicazione delle statistiche e i volumi relativi al report mensile di: Maggio 2022 613 Articoli totali sul magazine 451 Articoli pubblicati dagli utenti 128 ReportersNuovi Copertura degli articoli sui continenti 397 ARTICOLI 52 ARTICOLI 8 ARTICOLI 36 ARTICOLI 20 ARTICOLI 1 ARTICOLI 250.756 Letture totali 4.271 Letture nell'ultimo mese 1,5%77%4% 16% 0,5% 1%
DIVENTA REPORTER DI GIROINFOTO MAGAZINE
Scegli un tuo viaggio che hai fatto o una location che preferisci. Seleziona le foto più interessanti che hai fatto. Componi il tuo articolo direttamente sul nostro sito. L'articolo verrà pubblicato sulla rivista che condividere.potrai
VIAGGIA FOTOGRAFA SCRIVICI CONDIVIDI
Leggi il regolamento sul sito www.giroinfoto.com Ogni mese a disposizione tante pagine per le tue foto e i tuoi articoli.
REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS
A cura di Monica Gotta
Giroinfoto Magazine nr. 79 10
Dario StefanoMonicaManuelaLucaGiuseppeTruffelliTarantinoBarberisAlbaneseGottaZecNelfinesettimana del 13, 14 e 15 maggio 2022 hanno avuto luogo i GP Days. Nel 2021 si festeggiava il centenario delle Moto Guzzi, rimandato a causa della pandemia Covid-19. Considerato il momento pandemico storico l’Associazione Giorgio Parodi nella persona di Elena Bagnasco Parodi ha optato per posticipare l’evento al 2022. Così è stato! Con grande dedizione Elena Bagnasco Parodi ha fatto sì che quest’evento fosse salvaguardato e svolto con la giusta attenzione mediatica.
Con la collaborazione di tutti gli sponsor e le diverse partnership i Guzzi Days hanno avuto luogo in questo maggio 2022, in un fine settimana dove la città di Genova si è trasformata in una meta turistica come da sua tradizione. Genova si è nuovamente aperta al turismo unendo i GP Days 2022 a un’altra iniziativa turistica di grande respiro e massiva attrattiva turistica, i Rolli Days 2022 nella sua prima edizione Notevole2022. è stata la partecipazione del pubblico ai due eventi donando nuovamente alla città di Genova quel “fermento” tipico di una città turistica, una città di mare intrisa di storia e curiosità come poche altre della penisola italiana.
Prima di entrare nel cuore dei GP Days 2022 scopriamo chi sono gli attori che hanno creato le Guzzi e che ci hanno lasciato in eredità una storia appassionante fatta di dedizione, genio, inventiva ma non solo: un’iniziativa creata dal connubio di genio meccanico, ingegneria, imprenditoria e visione del futuro senza Scopriamoeguali. insieme chi era Giorgio Parodi, aviatore e imprenditore nato nel 1897 e vissuto fino al 1955.
Manuela Albanese Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 11
REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS
Nello stesso anno transita nelle file della Regia Aeronautica e alterna le attività di volo, civile e militare, agli incarichi manageriali in Moto Guzzi guidando la definitiva affermazione della “Moto dell’Aquila” in ambito industriale e nelle competizioni motociclistiche in Italia e all’estero. Un successo internazionale di un’attività prettamente Nelgenovese!1935
Alla sua memoria di questo importante personaggio si deve l'introduzione dell'Aquila ad ali spiegate nel logo Moto Guzzi, logo che ancor oggi è portato dalle Guzzi con orgoglio e Dallaonore.fondazione al 1957, anno del ritiro dalle competizioni sportive, la Guzzi collezionerà ben 3329 vittorie in gare ufficiali, 14 titoli mondiali velocità e 11 Tourist Trophy. Ma questi non sono le uniche vittorie della Guzzi. Sono stati immessi sul mercato decine di modelli che hanno cambiato il motociclismo e la storia della motorizzazione Nelitaliana.1928
fu richiamato quale ufficiale pilota in congedo e partì per l’Africa Orientale Italiana, inquadrato nella 105ma squadriglia, dove svolse missioni di ricognizione e azioni di supporto alle truppe impegnate sul terreno.
Fin dalla giovanissima età manifestò i tratti di un carattere fortemente riservato, assertivo e dedito al lavoro. Divenne un pilota sportivo e militare con rare e numerose qualità, come testimoniano le sue numerose vittorie in gare internazionali, i primati aeronautici di velocità conquistati e le ben sei medaglie al valore di cui fu insignito. Non fu solo istruttore di volo, ma fu anche co-fondatore dell’Aeroclub di Genova e del Circolo Canottieri Moto Guzzi. Giorgio Parodi è discendente di una nota famiglia di armatori, divenne imprenditore di grande successo, marito e padre citando le diverse figure in cui si immedesimò durante la sua vita. Partecipò da volontario alla Prima Guerra Mondiale a bordo degli idrovolanti della Regia Marina. Dopodiché, tra le due guerre, diede impulso e vita alle sue due grandi passioni, il volo e le motociclette. Nel 1921 fondò a Genova la "Società anonima Moto Guzzi", avente per oggetto "la fabbricazione e la vendita di motociclette e ogni altra attività attinente o collegata all'industria metalmeccanica". Soci dell'impresa furono ai tempi Emanuele Vittorio Parodi - padre di Giorgio e armatore genovese, Giorgio stesso, il cugino Angelo, Gaetano Belviglieri - uomo di fiducia della famiglia Parodi e Carlo Guzzi, suo motorista nella Regia Aviazione di Marina. L’idea iniziale annoverava tra i partecipanti alla società anche Giovanni Ravelli, aviatore purtroppo deceduto l'11 agosto 1919 durante un volo di collaudo.
Giorgio Parodi fonda quello che oggi conosciamo come l’Aeroclub di Genova, la cui scuola di volo è ancora oggi a lui intitolata e anima le giornate aeree presso il Lido di Albaro, avviando al volo le giovani generazioni. Diventa in breve un’importante figura di riferimento nel panorama aviatorio ligure e nazionale. Nel 1929 fonda la Canottieri Moto Guzzi, vanto e risorsa della terra cui l’azienda portò benessere ma anche passione e prestazioni sportive, con diversi atleti vincitori di manifestazioni e ori olimpici.
nacque a Venezia l’11 giugno del 1897, dove la famiglia si era momentaneamente trasferita per ragioni professionali.
Rientrò in Italia a giugno del 1936 e nel 1937 sposò Elena Cais dei Conti di Pierlas con quale ebbe tre figli.
GiorgioREPORTAGEParodi | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 12
REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Foto Archivio Parodi Giroinfoto Magazine nr. 79 13
Guidò la Moto Guzzi insieme al fratello Enrico fino al 1955. Alternò l’esperienza bellica con i panni dell’imprenditore affermando le sue doti di manager innovatore, solidale e L’annofilantropo.prima si spense purtroppo l’adorata moglie e madre dei suoi figli e il dolore gli fu fatale. Morì il 18 agosto di quell’anno per un attacco cardiaco. Questo fu ed è Giorgio Parodi, con la storia della sua famiglia e dei suoi eredi tra cui, come affermato in precedenza, annoveriamo Elena Bagnasco Parodi, organizzatrice dei GP Days Elena,2022.congrande dedizione, ha ripercorso la storia di Giorgio Parodi, della famiglia in particolare per scoprire ciò che ancora era celato da un velo di mistero. Il mistero privato, il mistero degli affari di famiglia, gli anedotti, le lettere, le storie o se vogliamo chiamiamole leggende di una famiglia che affonda le sue radici nel tessuto imprenditoriale genovese e che tanto ha dato alla città di Genova. Ha dato lustro alla Superba con un’ennesima dimostrazione di quanto spirito imprenditoriale e spirito di combattimento abbiano i genovesi con il loro desiderio di emergere e di creare eccellenze come fu a partire dai giorni della Repubblica.
Nuovamente richiamato alle armi allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Giorgio venne ferito gravemente durante una missione di ricerca e soccorso di un pilota disperso. Uscì dal conflitto con una grave mutilazione che gli impedirà di volare Congedatoancora. nel 1943, tornò alla testa dell’azienda di Mandello. Da segnalare che alcuni dipendenti della stessa militarono nelle formazioni partigiane della zona. Trattando con i Comandi tedeschi, prima della liberazione, fu in grado di impedire che alcuni dipendenti venissero deportati facendoli dichiarare “indispensabili” all’attività.
Successivamente Giorgio interagì spesso con il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) sostenendone le attività, proteggendone i membri e negoziando con il Comando Alleato affinché la fabbrica non venisse bombardata. In tal modo riuscì a tutelare i lavoratori e le loro famiglie, attraverso la prosecuzione dell’attività. I caduti della Moto Guzzi nella guerra di liberazione sono ancor oggi ricordati con una targa affissa all'ingresso della fabbrica. Due anni dopo assunse anche la Presidenza della EVPEmanuele Vittorio Parodi, la società di navigazione creata dal padre.
molto intenso che ha donato ai genovesi diversi spunti di interesse. Dalle Moto Guzzi storiche alle “moderne” senza contare la partecipazione dell’Aereonautica Militare con il simulatore di volo e lo spettacolo delle nostre amate Frecce Tricolori che si sono esibite domenica 15 maggio per il pubblico della città che le ha seguite e ammirate con emozione e tripudio.
I GP Days 2022 si sono svolti in questa maratona di tre giorni con una full immersion nel mondo dei motori e delle eccellenze UnGuzzi.programma
I GP Days 2022 sono partiti venerdì 13 maggio 2022 con due esposizioni di tutto rispetto. Si è aperta a Palazzo Tursi in Via Garibaldi, sede del Comune di Genova facente parte del polo museale della citta nonché palazzo dei Rolli, l’esposizione della “Otto Cilindri” terminata domenica 15 maggio 2022. In Piazza De Ferrari, uno dei luoghi iconici di Genova, vicino alla famosa fontana circolare, è iniziata l’esposizione delle motociclette Quest’esposizioned’epoca.èstata organizzata dal Registro Storico della Moto Guzzi, patrocinato da A.S.I. All’arrivo in Piazza De Ferrari le moto storiche sono state accolte dalle ragazze dell’Innerwheel Sud-Ovest, le quote rosa o Zena Girls dei GP Days 2022.
Dario Truffelli Photography
REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 14
In sella alle Guzzi Monica Gotta Photography
Le storiche signore a due ruote si sono posizionate lungo il porticato del palazzo della Regione Liguria. Durante l’esposizione c’è stato il saluto del Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti. Non sono mancate altre presenze istituzionali all’apertura Successivamentedell’esposizione. i Guzzisti hanno fatto un breve percorso attraverso la città con arrivo in Via Mura delle Capuccine. La scelta di questa location non è avvenuta a caso. In questo luogo è esposta la statua di Giorgio Parodi, aviatore e imprenditore genovese. Lo storico quartiere di Carignano è stato anche il luogo dove fu firmato l’atto di fondazione della Moto Guzzi nel 1921.
Giuseppe Tarantino Photography REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 15
Nella stessa location è stato montato il palco per il concerto di Danilo Luce che nella serata ha intrattenuto gli ospiti e i Guzzisti con la sua musica e non solo. Qui gli appassionati della mitica due ruote dell’Aquila si sono dati appuntamento da tutta Italia e da molte città europee per il raduno e per scoprire le bellezze della città di Genova e di alcune località della Riviera di Levante. Il cantante Danilo Luce è stato invitato dagli organizzatori per tenere un concerto, dove anticiperà “Centauri” di prossima pubblicazione e canterà la canzone “Tutti pazzi per la Guzzi” il primo inno dei fans della celebre motocicletta Made in PrimaItaly. della chiusura della giornata di venerdì è stato presentato il volume “Giorgio Parodi – Le ali dell’Aquila” a cura dell’Associazione Giorgio Parodi e dopo gli appassionati delle storiche moto Guzzi si sono dati appuntamento a sabato 14 maggio 2022 per la cavalcata in sella alle Guzzi con meta il piccolo borgo gioiello della Riviera di Levante, Portofino. Photography
Nel tardo pomeriggio si sono fermate nuovamente per essere ammirate dal pubblico genovese in Carignano dove il CIV ha organizzato degli stand all’insegna dei prodotti genovesi, con street food e bancarelle di vario genere.
Stefano Zec
REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 16
Luca Barberis Photography
Giuseppe Tarantino Photography REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 17
Monica Gotta Photography REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 18
Manuela Albanese Photography
Le storiche Guzzi a Portofino hanno suscitato grande curiosità nei turisti accompagnate dai loro proprietari fieri di questi prodigi della meccanica. Anche in questo giro sulla Riviera è stata sempre presente Elena Bagnasco Parodi che ha dedicato grande attenzione non solo ai prodigi meccanici ma anche ai proprietari delle stesse, offrendo sempre un sorriso a tutti coloro che passavano ad ammirare le motociclette. Ricordiamo anche il servizio delle Forze dell’Ordine per la protezione delle moto.
Giuseppe Tarantino Photography Luca Barberis Photography
Le storiche sono partite dall’Istituto Giannina Gaslini – qui hanno incontrato i piccoli pazienti dell’Istituto - alla volta di Recco dove hanno gustato la nostra famosa focaccia al formaggio offerta dal Comune di Recco.
Ripresa la strada con destinazione Portofino, sono passate da Santa Margherita Ligure dove si trovava un idrovolante ultraleggero della Scuola di Voli di Mare disponibile per dei brevi voli sulla zona, iniziativa organizzata sempre dall’Associazione Giorgio Parodi.
REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 19
REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 20
Gli appassionati hanno anche potuto assistere alla parata “Aquile sulla città”, una sfilata dei partecipanti a Mondo Moto Guzzi. Alle 18 sono arrivati al Porto Antico i partecipanti della “Azimut Raid” del Moto Guzzi World Club. Un altro evento, atteso con trepidazione da molte persone, è stata la cena di gala organizzata a Museo Diocesano, un’altra perla storica della città di Genova. Il ricavato è stato devoluto all’Istituto Giannina Gaslini quale gesto di beneficienza da parte dell’organizzazione dell’evento e di tutti i partecipanti. Domenica 15 maggio 2022 continua Mondo Moto Guzzi al Porto Antico e permane la disponibilità dell’idrovolante a Santa Margherita Ligure. Al Galata Museo sono stati esposti nuovamente diversi modelli di Moto Guzzi e l’evento più atteso in assoluto è stata la breve esibizione dinamica della “Otto Cilindri”. Si avvia la procedura di messa in moto della “Otto Cilindri” in attesa della breve corsa di questo modello unico. Immaginate l’emozione del rombo di questo motore così C’èparticolare!anchela 350 bialbero, monocilindrica bialbero, che ha vinto 5 titoli mondiali dal 1953 al 1957. E anche in questo momento tanto atteso ha parlato Elena Bagnasco Parodi raccontando la storia della Moto Guzzi.
Stefano Zec Photography Dario Truffelli Photography
Luca Barberis Photography REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 21
da una fotografia di un volo di aironi dietro alla scrivania di Giorgio. Data la passione di Giorgio per il volo, Elena chiese perché non chiamare il prossimo modello con il nome di un uccello. Da qui nacquero le moto con i nomi come Airone, Cardellino, Aquila, Falcone, un’allusione all’aerodinamicità e alla libertà di questi animali. Quel giorno Airone fu la prima della serie ornitologica.
REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 22
Giorgio, un ragazzo di vent’anni, parte si arruola volontario allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Parte con il motoscafo di famiglia e scopre a Venezia la sua grande passione, il volo. Inizia a volare, quindi dalla Regia Marina approda agli Nelidrovolanti.1917Giorgio incontra un altro grande pilota, Giovanni Ravelli. Ravelli, allora trentenne, era già pilota di aerei e motociclette molto affermato e trasmette a Giorgio queste grandi passioni. Ai tempi, circa nel 1918, la motocicletta era un oggetto strano, veniva utilizzata principalmente per gli spostamenti dei militari, per consegnare la posta ad esempio, oppure nelle gare motociclistiche.
Come nacque la Guzzi
Iniziano così a progettare una motocicletta che Ravelli pensava veloce, per vincere mentre Giorgio, forte della sua visione imprenditoriale, ebbe la vision di rendere la moto un mezzo per tutti, un mezzo comune per la gente. Passa qualche mese e vengono trasferiti con la squadriglia e conoscono un meccanico, Carlo Guzzi. Guzzi, affascinato dalla passione dei 2 giovani, propone un modello innovativo, più bello di quello che avevano immaginato Ravelli e Parodi. Inizia così il progetto con l’idea di industrializzare la moto. Nel 1919 Ravelli muore in un incidente aereo. Nel 1921 fu grazie al finanziamento del papà Emanuele Vittorio che partì il progetto vero e proprio con la fondazione dell’azienda. Giorgio, ripensando all’amico Ravelli, decide di dedicare l’Aquila della sua divisa al ricordo dell’amico e decide di trasformare GP, le iniziali del primo prototipo Guzzi Parodi in Moto Guzzi per evitare fraintendimenti con le sue inziali – Giorgio Parodi – un grande gesto di generosità, in onore del nome dell’azienda, al progettista, Carlo Guzzi. Ricordiamo che la prima Aquila della famiglia parte addirittura da fine 1800 con il tonno Angelo Parodi, nonno di Giorgio. Angelo iniziò commerciando pesce, dal pesce arrivò ad acquistare delle tonnare, tra cui quelle di Favignana. Da qui nacque l’esigenza di commerciare il tonno fino ad arrivare alla flotta commerciale. La prima sede delle Guzzi coincise con quella dell’azienda di famiglia. Nel 1939 entra in commercio una piccola moto che si chiama Piccola Elastica. Con questo nome inizia una diversa tradizione creata da Elena, la moglie di Giorgio. Un giorno Elena andò a trovare Giorgio in ufficio e sentendo parlare dell’azienda e delle moto. Si chiese perché queste moto avessero tutti nomi così duri, L’ideamaschili.scaturì
Luca Barberis Photography STORIA DI UN IMPRENDITORE E DELLA PASSIONE DI 3 AMICI Perché Moto Guzzi e l’Aquila se l’azienda era Parodi?
Ai tempi per mettere in linea 8 carburatori bisognava avere una capacità progettuale estremamente particolare! Questa moto è una 500 di cilindrata, facendo una semplice divisione, ossia 499 diviso 8, ogni cilindro è di 62,5 cc. I cc sono i centimetri cubici ossia il volume dei cilindri.
La “Otto Cilindri” è stata una moto concepita dalla mente fertile di Giulio Cesare Carcano, uno dei più grandi progettisti italiani nel settore motoristico e che ha rappresentato un punto fermo in questo mondo sia nel settore nazionale che internazionale. In tal senso facciamo riferimento ai materiali in quanto nel 1957 non esisteva l’elettronica.
8 Cilindri Dario Truffelli Photography REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 23
Per rendere più semplice la comprensione di questa parte sappiate che un cilindro più grande può ingerire più aria e quindi più carburante, convertendo così più energia per ciclo rispetto ad un cilindro più piccolo.
Nel 1957 la moto viene portata sulla Fettuccia di Terracina nel Lazio dove è stato stabilito un record mondiale sulla distanza di 10 km con partenza da fermo e con uscita a circa 286 km/h e una media di circa 243 km/h. Il record è stato strappato alla BMW ed è durato fino al 1986.
L’emozione particolare che le Frecce Tricolori hanno donato in questa giornata ai cittadini di Genova è stata sentire le loro voci mentre impartivano i comandi per l’esecuzione delle manovre acrobatiche. Abbiamo sentito le loro voci, ferme, dare i comandi per l’esecuzione mentre, con i nostri occhi e il naso puntato al cielo guardavamo tutti le loro evoluzioni e le figure di fumo tricolore disegnate nell’azzurro del cielo di una splendida giornata primaverile. Elena Bagnasco Parodi –Presidente dell’Associazione Giorgio Parodi Guzzi Club Genova
Dal Lido di Genova Elena Bagnasco Parodi ha parlato alle migliaia di persone presenti in attesa dello spettacolo. Le Frecce Tricolori hanno presentato il loro programma acrobatico composto da 18 avvincenti manovre di elevato e spettacolare contenuto tecnico, evento promosso dall’Associazione Arma Aeronautica, per ricordare il grande aviatore genovese e anche in attesa del Centenario dell’Aeronautica Militare previsto per il 28 marzo 2023. La sequenza incalzante delle manovre dei piloti delle Frecce è frutto di un lavoro di squadra preciso e perfetto.
Citiamo alcune delle figure parte del programma acrobatico: Schneider, Tonneau, looping, la bomba, il cuore, il ventaglio e altre dove si inseriscono le manovre del solista.
RINGRAZIAMENTI
https://www.facebook.com/giorgioparodi1921/https://www.giorgioparodi.it/ Moto
In onore di un aviatore come fu Giorgio Parodi alle 17 circa di domenica 15 maggio 2022 si sono esibite le Frecce Tricolori, orgoglio italiano dell’Aeronautica Militare.
https://www.facebook.com/motoguzziclubgenovahttps://www.motoguzziclubgenova.it/ REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 24
Monica Gotta Photography REPORTAGE | GIORGIO PARODI DAYS Giroinfoto Magazine nr. 79 25
Alessio LetiziaLucaGiacomoBagnoliBertiniBonuccelliAngeli
REPORTAGE | MONTECARLO A cura di Giacomo Bertini
Giroinfoto Magazine nr. 79 26
ORIGINI & ATTUALITÀ REPORTAGE | MONTECARLO Giroinfoto Magazine nr. 79 27
Alessio Bagnoli Photography
A seguito della distruzione dei due borghi di Pieve di San Piero in Campo e di Vivinaia, durante le vicende belliche che, all’epoca, insanguinavano di frequente quelle contrade ai confini tra i comuni di Lucca, Pisa e Firenze spesso in guerra tra loro, tutti gli abitanti rimasti senza dimora si radunarono attorno al massiccio torrione semicircolare, dove venne costruito l’attuale paese di Montecarlo, così chiamato in onore del Principe Carlo figlio del Re Giovanni di Boemia. Il Principe, divenuto imperatore con il nome di Carlo IV, venne più volte a Montecarlo, occupandosi della fortificazione della rocca, che si rivelò un luogo di grande rilevanza strategica nelle successive guerre che si combatterono in tutto il corso del XIV secolo tra i comuni limitrofi. Inizialmente Montecarlo fu sottoposto al dominio di Lucca, quindi, per circa un ventennio, fu dominio pisano, per passare in via definitiva , nel 1437, ai fiorentini.
Dominante sul colle che separa la Valdinievole dalla Piana di Lucca, si trova l’abitato di Montecarlo, capoluogo dell’omonimo comune e caratterizzato dalla presenza della splendida fortezza ben visibile sull’estremità nord della Circondatocollina.
da imponenti bastioni all’interno dei quali si innalza il campanile della Collegiata di Sant’Andrea, Montecarlo è un concentrato di storia, ricco di fascino e luogo ideale per le numerose iniziative culturali e di svago che vi si organizzano. La storia di questo caratteristico borgo della Toscana ci riporta al primo trentennio del sec. XIV.
REPORTAGE | MONTECARLO Giroinfoto Magazine nr. 79 28
Giacomo Bertini Photography REPORTAGE | MONTECARLO Montecarlo Lucca Giroinfoto Magazine nr. 79 29
Il simbolo storico di questo luogo è la fortezza che sorge nel punto più alto del colle del Cerruglio e la sua parte più antica risale alle origini del paese.
Da oltre il complesso un secolo è proprietà della famiglia Pardocchi-Menchini che, sotto la vigilanza della Soprintendenza, ha compiuto enormi sforzi di restauro e conservazione per permettere ai turisti durante il periodo estivo di visitare l’affascinante struttura. Grazie alla disponibilità dei proprietari, la fortezza ospita le diverse manifestazioni pubbliche che si tengono nel corso Unadell’anno.curiosità storica riguarda l’evento che ha dato il nome alla Torre dell’Apparizione. Una leggenda narra dell’apparizione della Madonna sulle mura della fortezza, durante l’assedio dell’esercito pisano nella notte del 24 gennaio 1400 eel corso di un colpo di mano per cogliere di sorpresa i difensori della Grazierocca.
REPORTAGE | MONTECARLO Giacomo Bertini Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 30
a questa apparizione luminosa la notte si trasformò in giorno e il nemico, terrorizzato dall’evento, si dette alla fuga e finì annegato nel Leccio, un piccolo torrente che si era miracolosamente ingrossato ed aveva inondato la campagna circostante.
Nei secoli successivi, a causa dei cambiamenti generali delle condizioni politiche, venne meno la necessità di una fortezza a difesa del luogo; per questo nel 1775 il granduca di Toscana Pietro Leopoldo la mise in disarmo e attraverso una vendita all’asta la cedette a privati.
Dall’aspetto triangolare con le sue alte mura e le sue tre torri –Torre del Mastio, dell’Apparizione e di Santa Barbara – nel ‘400 fu oggetto di lavori di ampliamento da parte di Paolo Guinigi, Signore di Lucca, e definita nel 1555 da Granduca Cosimo I dei Medici, il quale dispose, inoltre, ulteriori ampi lavori di fortificazione, fra cui l’imponente bastione di piazza d’Armi.
REPORTAGE | MONTECARLO Giroinfoto Magazine nr. 79 31
Luca
Ben conservate e per la maggior parte intatte, con 15 torri rompitratta, le originarie mura cittadine si innestano sulla rocca circondando buona parte del centro storico, ad eccezione del lato Nord-Est, che si affaccia sul ripido fianco del colle già ben difeso naturalmente.
A garantire un punto d’accesso all’interno del paese si trovano le porte cittadine, che originariamente erano quattro, poi rimaste tre dopo la chiusura di Porta a Pescia, ancora visibile, in parte, sullo spigolo nord delle Mura, sulla discesa di Piazza Led’Armi.restanti
tre sono Porta Fiorentina, che è stata oggetto di modifiche strutturali per il suo innalzamento nel XVI secolo; Porta a Lucca o Porticciola, la più piccola per dimensioni e ricostruita ed allargata fra il 1570 e il 1594; Porta Nuova o Porta dell’Altopascio, riaperta e rialzata nel 1598. Bonuccelli Photography
REPORTAGE | MONTECARLO Giacomo Bertini Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 32
REPORTAGE | MONTECARLO Letizia Angeli Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 33
REPORTAGE | MONTECARLO Giroinfoto Magazine nr. 79 34
Giacomo Bertini Photography Il primo documento relativo a questa chiesa risale all’anno 846. In esso si parla di una chiesa di S. Piero e solo in un documento successivo, datato 913, si legge anche l’appellativo in Campo, probabilmente riferito alla sua ubicazione in una zona destinata, o comunque idonea, all’agricoltura, situata tra due torrenti. Come già accennato, il territorio di Montecarlo fu più volte teatro di sanguinosi conflitti, di distruzioni e saccheggi, specialmente nei primi decenni del 1300, e anche la pieve fu in parte coinvolta subendo danni non irrilevanti e rimanendo senza il tetto fino al 1479, quando alcuni abitanti del luogo ne iniziarono il recupero. Nel 1486, trattandosi di una chiesa sconsacrata, fu occupata da un calzolaio lombardo che si insediò all’interno dell’edificio con la propria attività.
L’attuale chiesa, bisognosa di opere di restauro, presenta una struttura a tre navate con un unico abside. Costruita con pietra serena grigia e povera di ornamenti, ha nella facciata un portale in marmo bianco e alcune sculture sulla spalla degli archetti. Il campanile, la parte più antica dell’intero complesso, risale all’epoca altomedioevale.
Sulla via principale che attraversa il centro cittadino, già via Grande e oggi via Roma, si trova la Chiesa Collegiata di S. Andrea, un edificio ristrutturato verso la fine del 1700, che dell’originale costruzione trecentesca conserva ancora la facciata e il portale.
REPORTAGE | MONTECARLO Giroinfoto Magazine nr. 79 35
Al suo interno si trova la cappella della Madonna del Soccorso, protettrice dei montecarlesi, arricchita da uno splendido affresco risalente al 1400 che rappresenta la Madonna nell’atto di proteggere un bambino dalle insidie del demonio.
La chiesa è visitabile ogni giorno per coloro che desiderano raccogliersi in preghiera o per visionare le opere e i dipinti in essa raccolte, come il grandissimo bancone settecentesco o diversi quadri ad olio, tutti dei secoli XVII e XVIII. Altra particolarità, ben visibile percorrendo pochi passi nella navata, è un’apertura adiacente al presbiterio che conduce ad una cripta situata sotto l'area presbiterale, che in origine custodiva le scritture del Comune in casse a più chiavi; questa conserva affreschi del sec. XVI: i quattro Evangelisti ed altre figure di oscuro significato.
Manuela Albanese Photography Giacomo Bertini Photography Alessio Bagnoli Photography
All’interno della cripta si trovano anche le tombe del Vescovo di Sovana e Pitigliano, Felice Seghieri, morto trentanovenne nel 1759, e di Jacopo Bianchi, facoltoso montecarlese e benefattore della chiesa.
In passato fu sede della Compagnia della Madonna del Soccorso, che vi si riuniva periodicamente, nonché sepolcreto della medesima.
Nascosto nel centro storico da una facciata indistinguibile dagli altri edifici, si trova uno dei più piccoli teatri all’italiana.
Il nuovo aspetto armonioso e la sua saletta ovale circondata da un doppio ordine di ventidue palchetti e quattro di proscenio lo hanno reso un ambiente classico al pari dei teatri dell’opera del secolo XVIII.
Il lungo periodo di graduale abbandono portò il bellissimo teatro al decadimento, costringendo la proprietà ad ipotizzarne la Solodemolizione.l’impegno e la grande volontà dei cittadini spinse l’Amministrazione comunale a realizzare una grande opera di restauro che si concluse nel 1973, anno in cui fu riaperto al pubblico con la memorabile rappresentazione dell’opera Il Ciarlatano di Domenico Puccini, diretta dal maestro Herbert Handt con la scenografia di Marco Pasega. Due lapidi che si trovano all’interno ricordano le visite di due personaggi illustri: il poeta Giuseppe Ungaretti negli anni ’60 e, in precedenza, Giacomo Puccini, giunto da quelle parti per far visita a una sorella che lavorava come istitutrice presso una famiglia benestante della zona.
Giacomo Bertini Photography REPORTAGE | MONTECARLO Giroinfoto Magazine nr. 79 36
Il Teatro dei Rassicurati nasce nel 1750 su iniziativa di alcuni benestanti e possidenti, che costituirono l’Accademia degli Assicurati con lo scopo di mettere in scena piccole rappresentazioni teatrali, fino ad allora eseguite all’aperto.
Pur non essendo terminati i lavori per alcuni indispensabili adeguamenti strutturali, ancora oggi è un teatro funzionante che apre il sipario per rappresentazioni teatrali di buon livello.
L’Accademia, assieme ad altre istituzioni simili, venne soppressa nel 1791 dal Granduca di Toscana fino al 1795, quando riaprì con il nuovo nome di Accademia dei “Rassicurati” e la ricostruzione del teatro fu affidata all’architetto fiorentino Antonio Capretti.
Pur di piccole dimensioni, ha ospitato rappresentazioni di opere di importanti autori come Alfieri, Manzoni, Pellico e Niccolini, nonché di compositori di spicco del melodramma italiano come Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi. Dopo aver attraversato un periodo di gloria e dopo ritocchi nella sua struttura, nel 1922 l’Accademia dei Rassicurati si sciolse definitivamente, e l’immobile fu donato al Comune di Montecarlo.
Letizia Angeli Photography REPORTAGE | MONTECARLO Giroinfoto Magazine nr. 79 37
Solo nel 1810, quando le leggi napoleoniche soppressero la comunità religiosa, l’edificio fu convertito e destinato a Conservatorio con scuola elementare e di lavoro per l’educazione religiosa e civile delle fanciulle del posto, grazie alla donazione della nobildonna Anna Pellegrini Carmignani.
La sua storia ha inizio nei primi anni del XVII secolo, quando, sull’onda della rinascita religiosa indotta dal Concilio di Trento, l’Architetto fiorentino Gherardo Menchini progettò l’edificio che, al termine della sua costruzione, fu affidato alle Monache Clarisse fatte venire da Fucecchio.
È oggi accessibile ai visitatori per la parte della piccola chiesa, del convento e dell’ex chiostro del monastero, oggi trasformato in giardino pubblico.
Oggi sede della Biblioteca Comunale, dell’Archivio storico e corrente del Comune e di diverse associazioni paesane, l’Istituto Pellegrini Carmignani è situato fra la Piazza della Fortezza e quella della Chiesa.
Giacomo Bertini Photography REPORTAGE | MONTECARLO Giroinfoto Magazine nr. 79 38
Giacomo Bertini Photography REPORTAGE | MONTECARLO Giroinfoto Magazine nr. 79 39
turistica associata ai territori circostanti il Comune di Montecarlo, dove la collina declina nel versante nord sotto al paese di S. Martino in Colle, è il Quercione del SiCarrara.tratta di una roverella monumentale la cui età supera i 500 anni, e ha raggiunto un'altezza di 14 metri, con una circonferenza del fusto di 4 metri e l'apertura dei rami di oltre 30 metri. Su questo albero si tramandano leggende di streghe che sotto la sua chioma terrebbero, nelle notti di luna piena, i loro sabba. Si dice anche che questa sia la quercia dove il gatto e la volpe impiccarono il burattino Pinocchio: il paese di Collodi, infatti, è ad un tiro di schioppo. Il luogo è accessibile sempre e merita sicuramente una foto ricordo per i nostri social.
REPORTAGE | MONTECARLO Alessio Bagnoli Photography Giacomo Bertini Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 40
Per rimanere in tema, nel calendario ricco di eventi che l’Ufficio Cultura comunale realizza ogni anno, la prima decade di settembre si svolgerà un evento che da sempre richiama moltissime persone fino a realizzare il tutto esaurito: la Festa del Vino. In quei giorni, oltre alle varie cantine sul territorio, il borgo di Montecarlo viene preso d’assalto da migliaia di persone che non vogliono perdere l’appuntamento enogastronomico e Altraculturale.attrazione
Montecarlo è una cittadina molto attiva sotto l’aspetto dell’accoglienza turistica ed ha saputo reagire adeguatamente ai mutamenti registrati in questo ambito negli ultimi anni, mettendo al centro la sostenibilità e l’innovazione.
Proprio quest’anno la Pro Loco del paese ha dato vita ad una nuova esperienza che immerge nella natura e permette di apprezzare da vicino i vasti vigneti che caratterizzano le campagne di Montecarlo, che producono ottimi vini.
Proprio il vino ha contribuito alla fama di Montecarlo: quello enologico è infatti un settore commerciale molto importante e, a Montecarlo, trova una buona sponda nella ristorazione, altro fiore all’occhiello della cittadina, che possiede ottimi locali in grado di offrire un servizio adeguatamente organizzato per il turista e per chiunque sia alla ricerca di qualità esclusiva, grazie all’utilizzo di prodotti locali.
Inserito nella Rete Escursionistica Toscana con il nome A piedi sulla collina di Montecarlo, questo percorso si aggiunge ad una serie di altri percorsi già apprezzati che, se lo si desidera, offrono anche il piacere di una squisita degustazione di vini nelle decine di fattorie e aziende vinicole sparse sul territorio.
REPORTAGE | MONTECARLO Luca Bonuccelli Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 41
Foto di Camillo Balossini A cura di Alina Timis REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 42
Camillo Balossini Photography REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 43
Camillo Balossini Photography REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 44
Con l’Unità d’Italia alla regione viene assegnato ufficialmente il nome attuale, che deriva dalle denominazioni medievali di Marca di Camerino, Marca di Ancona e Marca di Fermo.
La regione ha un nome al plurale, unico tra le regioni d’Italia, che ci rimanda alla sua storia.
Oltre al patrimonio naturalistico unico, nelle Marche si possono ammirare il maestoso Lazzaretto, realizzato nel ‘700 da Vanvitelli; la rinascimentale Fontana del Calamo, detta anche Fontana delle Tredici Cannelle della quale, secondo un'antica tradizione, berne l‘acqua fosse di buon auspicio per ritornare ad Ancona; la Loggia dei Mercanti, il più famoso monumento civile della città, la Piazza del Plebiscito, molto elegante con la sua forma allungata; il Palazzo Ferretti, esempio di architettura manieristica; il maestoso Duomo di Ancona, l’Arco di Traiano, monumento romano in onore di Traiano per aver ricostruito il porto della città.
REPORTAGE | PALAZZO DUCALE URBINO Giroinfoto Magazine nr. 79 45
Le Marche
sono una regione dai panorami mozzafiato, un luogo in cui le maestose colline incontrano dolcemente il mare cristallino, ma non è solo questo, palazzi, piazze e monumenti sono pronti a stupirvi.
Le origini di questa caratteristica sono da ricercare, infatti, in un passato costellato di eventi, , a partire dall’epoca romana quando la regione viene tagliata da due vie, la Salaria (da Roma ad Ascoli) e la Flaminia (da Roma a Fano e poi a Rimini) e suddivisa tra Regio V Picenum e Regio VI Umbria dalla riforma di Augusto.
Le Marche custodiscono un patrimonio ricco di bellezze naturali, dal mare trasparente e pulitissimo alle bellissime spiagge che ogni anno vengono premiate con il prestigioso riconoscimento Bandiera Blu, per passare poi alle verdissime colline che fanno concorrenza alle montagne dell’Appennino.
Tuttavia, lo spirito di accoglienza dei marchigiani la rendono una regione molto amata dai turisti, che qui trovano tesori unici e riserve naturali, come ad esempio le Grotte di Frasassi. La regione è la patria di artisti illustri quali Donato Bramante, Raffaello Sanzio, Giacomo Leopardi, Gioacchino Rossini, che vengono ricordati attraverso manifestazioni ed ampi festival che si tengono nei piccoli borghi pittoreschi, arroccati su antiche mura Nell’entroterramedievali. marchigiano, oltre ai servizi offerti al turista ed ai luoghi d’interesse, si vive e si mangia bene; pertanto, non non si può non sentirsi fortunati in questa regione che offre oltre alle bellezze naturali anche un’ottima cucina.
La città è antichissima, conosce il suo splendore nel ‘400, tanto da essere considerata da Unesco un importante vertice di storia e cultura del Rinascimento italiano, per merito anche alla creatività degli abitanti ma soprattutto del Duca di Urbino. Urbino è un luogo unico, dove Medioevo e Rinascimento si Ilfondono.Palazzo
Per la sua realizzazione numerosi i personaggi coinvolti, tra decoratori ed artisti, tra i più rinomati del territorio, ma i più importanti sono il fiorentino Maso di Bartolomeo, il dalmata Luciano Laurana ed il senese Francesco di Giorgio Martini.
Camillo Balossini
Photography REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 46
Tante ancora sono le bellezze da ammirare, soprattutto la piccola cittadina di Urbino, situata proprio nel cuore delle Marche, incastonata nelle colline marchigiane, una città ricca di cultura, arte e storia, grazie anche a Federico da Montefeltro, che fece diventare la piccola città la capitale d’arte e cultura, il cui centro storico è dal 1998 dichiarato da Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità. .
Ducale, il cui lato lungo si apre su Piazza del Rinascimento, è una dimora simbolo di quegli anni, un'opera straordinaria, che per la sua forma, viene definita da Baldassarre Castiglione ‘’palazzo in forma di città’’.
Camillo Balossini Photography REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 47
Il Palazzo Ducale
La dimora, ancora oggi, sorprende sia per le sue opere di ingegneria, sia per l’ideale di dimora principesca, che abbandonate le sue forme, si trasforma in una corte aperta ed accogliente, ha circa 20.000 metri quadrati su più piani ed è la casa dove è nato Raffaello Sanzio, uno dei più amati e famosi artisti di tutti i tempi, morto ad appena 37 anni, figlio di un famoso pittore. Il calco del suo cranio si trova tuttora in una teca custodita nel palazzo. Il palazzo ha una struttura funzionale ma anche moderna, per capirlo basta scendere negli ampi locali sotterranei dove si possono ospitare tantissime persone. I capitelli sono tutti in stile corinzio o che comunque ricordano quello stile. Nel Medioevo, sia Urbino sia il Palazzo Ducale erano luoghi di grandissimo fermento, dove potevano incontrarsi ambasciatori, uomini illustri, viaggiatori ma anche nomi come Papà Giulio II. Tutti gli ospiti venivano qui per una sola cosa: conoscere il creatore di tutto questo, il cui nome è inciso sui mattoni esterni, ovvero Federico da Montefeltro (1422-1482), il duca di Urbino.
Federico da Montefeltro dà il via ai lavori nel 1454, dopo essere giunto al potere nel 1444, iniziando dalla facciata orientale dove esistevano già alcune costruzioni medievali. Dopo aver raggiunto ampie proporzioni, alla guida della sua realizzazione viene chiamato Luciano Laurana nel 1465. E’ sua l’idea di creare il cosiddetto ‘’Cortile d’Onore’’, per la geometria delle proporzioni con l’utilizzo della pietra chiara e dei mattoni rossi, simbolo dell’intera civiltà artistica del ‘400. Nel corso degli anni, il palazzo ha avuto diverse fasi di Francesco di Giorgio Martini assume la direzione del cantiere del palazzo, fino il 1485. La dinastia dei Montefeltro si estingue all’inizio del ‘500, perché il figlio di Federico, Guidobaldo, non ha eredi. Il ducato passa così ad un’altra famiglia potente, i Della Rovere non aveva e la città non ha più lo stesso splendore che aveva sotto i Montefeltro. Tuttavia, le bellezze ed i capolavori restano e sono ancora visibili oggi. Il secondo piano nobile del palazzo è stato aggiunto successivamente insieme ad altri ampliamenti da parte dei Della Rovere. Balossini Photography
REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 48
Nelsviluppo.1474
Camillo
Camillo Balossini Photography REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 49
La seconda loggia ospita la Cappella del Perdono ed il Tempietto delle Muse, dipinte dal pittore Giovanni Santi, padre di NellaRaffaello.loggiasuperiore, l’accoppiamento di due colonne corinzie che reggono l’arco è una novità introdotta da Francesco Di Giorgio Martini, che è stata ripresa dall’architettura fiorentina.
La tradizione marchigiana è posta in risalto tramite il materiale utilizzato, ovvero il laterizio. La loggia appare come un baldacchino a più piani sorretto da colonne libere ai piani Lasuperiori.suapredisposizione può essere paragonata a quella del Castel Nuovo di Napoli, nel Portico del Pantheon o nell’Arco di Settimio Severo.
Per creare questa graziosa loggia, Lanuara ha dovuto demolire alcuni vecchi edifici per adattare le nuove parti ai vari dislivelli Lanaturali.loggia dei Torricini si trova sul pendio ovest della struttura, dove si può osservare il tema dell’arco con i loggiati sovrapposti in verticale, ciascuno coperto con lacunari o cassettoni all’antica. Questa facciata moderna che si affaccia verso l’esterno, doveva sottolineare il simbolo della potenza militare di Federico sui territori limitrofi.
Camillo Balossini Photography REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 50
La loggia dei Torricini con le sue arcate sovrapposte inquadrata da torri laterali domina la vista e introduce il tema del paesaggio nell’architettura.
La terza loggia, caratterizzata da colonne rudentate e capitelli corinzi, si trova dove c’è la stanza di Federico e lo studiolo. Dal cortile si accede sia al Museo archeologico che custodisce epigrafi, cippi ed urne decorate sia agli ambienti sotterranei, occupati un tempo dai locali di servizio.
REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Camillo
Al Piano terra, attraverso un ampio portico si accede al Cortile d’Onore, al lato del cortile si intravede la rampa che scende ai locali di servizio dei sotterranei, a destra si trova la cosiddetta zona ‘’dei Banchetti’’, stanze che inizialmente formavano l’appartamento di Ottaviano Ubaldini per poi essere cedute alla duchessa Vittoria Farnese. Dai ‘’Banchetti’’ si accede alla serra ed al Giardino Pensile, mentre attraverso altre piccole stanze alla Cappella del Perdono, opera di Bramante ed al Tempietto delle Muse. Balossini
Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 51
Camillo Balossini Photography REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 52
Il cortile è puntellato da sottili colonne sormontate da capitelli corinzi. Dal cortile progettato dal Laurana si possono raggiungere gli antichi locali della Biblioteca, il Cortile del Pasquino, il Museo Archeologico, il Tempietto delle Muse, la Cappella del Perdono, i sotterranei ed il fantastico Scalone d’Onore che conduce al primo piano.
REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Camillo Balossini Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 53
Alle pareti un’iscrizione che a tradurla suonerebbe più o meno così: “Federico, Duca d’Urbino, Conte del Montefeltro e di Casteldurante (Urbania), Gonfaloniere di Santa Romana Chiesa e capo della Lega Italica, costruì per intero codesto palazzo a gloria sua e dei posteri, combatté in battaglia, sei volte guidò gli eserciti, otto volte vinse il nemico, vincitore in tutte le guerre, accrebbe il suo dominio. La sua giustizia, la sua clemenza, la sua moralità uguaglirono durante la pace le sue vittorie”.
A sinistra dell’ingresso del palazzo, si possono ammirare gli ambienti della biblioteca del Duca, luogo pensato esclusivamente come sala di incontro e studio. La biblioteca accoglie circa 900 volumi di stampo umanistico, tra cui 600 tra latini, greci ed arabi, celebri in tutta Europa. Il primo piano, ti accoglie con un ambiente impressionante, il Salone del trono, con i suoi 500 metri quadrati ed un'altezza di circa 17 metri, nel quale si intrattenevano gli ospiti, si celebravano cerimonie, si tenevano feste, si intravedono anche due enormi camini utilizzati per riscaldare la stanza ed ai lati alcuni dipinti che derivano da quelli famosi di Raffaello, realizzati però alcune generazioni dopo.
Vicino al salone, si entra nella Sala degli Angeli, un locale più intimo, probabilmente per pochi eletti, il nome deriva proprio dal camino che ha raffigurato l’immagine di questi angeli che si rincorrono e sembra che stiano ballando. Si dice che ci fossero talmente tanti ambienti, che esistesse una sala diversa per ogni giorno dell’anno e che ogni giorno ci fossero circa 500 persone presenti, tra ospiti e personale di Urbinoservizio.ormai era diventato un centro di cultura e di Bisognaaggregazione.specificare che il palazzo non era una fortezza militare, era solo un palazzo. Camillo Balossini Photography
REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 54
Camillo Balossini Photography REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 55
LaBerruguete.stanzapiù spettacolare è senza dubbio lo studiolo: alle pareti pannelli con i disegni del Botticelli e di Francesco di Giorgio Martini, imentre la parte alta ospita le raffigurazioni di uomini illustri, alcune opere in seppia sono riproduzioni degli originali ed oggi si trovano al museo di Louvre.
Il primo piano è composto da 5 appartamenti: l’appartamento di Jole, il più antico, si affaccia con il suo lato lungo su piazza del Rinascimento; fu chiamato così perché il camino presente nella stanza raffigurava la duchessa. Qui il visitatore mette il primo piede: è composto da 7 sale, tra cui anche una Guardaroba oltre a due sale per le riunioni; fu la prima residenza di Federico da Montefeltro, abitato poi dalla sua amatissima moglie morta nel 1472.
L’appartamento del Duca, quello che fa luccicare gli occhi ai visitatori e non solo, posto sul lato occidentale del palazzo, presenta pochi ma magnifici ambienti che esaltano la sua E’potenza.composto dalla Sala degli Angeli, fastosa e notevole, presenta numerose opere d’arte tra cui la celebra tela della Città Ideale e dallo studio del Duca; le pareti portano la firma di Baccio Ponticelli, mentre i dipinti che raffigurano i ritratti di uomini illustri hanno la firma di Giusto di Gand e Pedro
Nella terza stanza si trova la splendida Alcova del Duca, una preziosa lettiera dipinta, realizzata da Fra Carnevale. Procedendo oltre si trova l’appartamento dei Melaranci che si affaccia sul cortile del Pasquino ed era destinato agli ospiti di alto L’appartamentolivello. degli ospiti, composto da 5 sale, è ovviamente anche lui destinato ad accogliere personaggi illustri. Qui ha soggiornato, per un breve periodo, anche Giacomo III Stuart.
REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 56
Camillo Balossini Photography REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 57
www.gallerianazionalemarche.it
Il ducato prospera fino al 1631, anno in cui passa alla L’ultimaChiesa. della dinastia Della Rovere, Vittoria, porterà a Firenze, dove si sposerà con Ferdinando de Medici, tutta la ‘’Guardaroba’’ ducale, pertanto un gran numero di meravigliose collezioni ora si trovano conservate nella Galleria degli Uffizi. Invece nella Galleria Nazionale delle Marche, si trovano importanti reperti archeologici, raccolti nel 1756 e conservati al piano terreno di un Museo Lapidario.
Al Palazzo Ducale di Urbino, è d’obbligo una visita. Non solo per ammirare la sua maestosità ma anche per i vari capolavori di artisti prestigiosi: i vani magnificamente decorati, danno alloggio a opere di Raffaello Sanzio, Guido Reni, Piero della Francesca, Federico Barocci, Luca Signorelli, Paolo Uccello, Francesco di Giorgio Martini, Timoteo Viti, Luca della Robbia e tanti altri. Che dire…..un viaggio nella storia e nella cultura di questa affascinante città, che conserva una delle più belle opere del Rinascimento.
E’ un posto ricco di storia ed imponente, un capolavoro di architettura rinascimentale, uno dei monumenti ancora oggi più visitati della regione, che si trova nel pieno centro di Urbino, una città dove regnano la pace e la bellezza.
+ INFO Galleria Nazionale delle Marche Palazzo Ducale di Urbino Piazza Rinascimento 13, 61029 Urbino (PU)
Anche in questo appartamento è presente una Guardaroba e sale di rappresentanza, ma la più importante è la Sala delle Veglie, riservata alle conversazioni di un certo livello tra i membri. Nel salotto è raccolta una parte consistente dei capolavori celebri in tutto il mondo: La Muta, enigmatico ritratto di ascendenza vinciana e Santa Caterina D’Alessandria di Raffaello, oltre al Cristo Benedicente attribuito al AlBramantino.secondo piano si trova l’appartamento Roveresco con stanze dedicate principalmente a Federico Barocci, ristrutturato alla metà del ‘500 per volere di Guidobaldo II della SempreRovere.sullostesso piano, troviamo collezioni di dipinti del Seicento, la grafica ed una vasta collezione di ceramiche. La sala del Re d'Inghilterra, opera di Federico Brandani, con il soffitto in stucco dorato, è stata tra le prime aggiunte cinquecentesche.
Oggi il Palazzo Ducale di Urbino ospita la Galleria Nazionale delle Marche dove vengono esposte le sue meravigliose collezioni.
Infine, l’appartamento della Duchessa, che si trova nella parte più antica del palazzo, attraversando il vasto Salone del Trono, della cui ristrutturazione si è occupato Francesco di Giorgio Martini.
REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 58
REPORTAGE | PALAZZO DUCALE Giroinfoto Magazine nr. 79 59
cura di Domenico Ianaro e Barbara Tonin Giroinfoto Magazine nr. 79 60
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE
Barbara GiancarloDomenicoToninIanaroNitti
A
Giroinfoto Magazine nr. 79 61
Dopo le pause forzate del 2020 e 2021 causate dal coronavirus e dalla relativa "pandemia", finalmente numerose manifestazioni sono nuovamente tornate in programma e, nel caso del famoso Festival d’Oriente, gli organizzatori hanno scelto come prima tappa del tour da cui ripartire proprio il capoluogo piemontese, che dal 2015 ha ospitato ogni anno la manifestazione, radunando e coinvolgendo sempre migliaia di visitatori.
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giancarlo Nitti Photography
E’ tornato a Torino il Festival dell’Oriente, un atteso evento itinerante che ha portato sotto la Mole i colori e le millenarie tradizioni del continente asiatico.
In questa manifestazione, infatti, oltre a poter accedere alle classiche aree di street food o alle bancarelle commerciali dedicate allo shopping etnico, il visitatore, in quanto protagonista del festival, ha potuto partecipare a una grande varietà di attività gratuite, corsi e workshop, proposti da 18 Paesi diversi, quali Cina, Giappone, Corea, Mongolia, Vietnam e tanti altri. La novità assoluta sulla quale gli organizzatori hanno puntato nel programmare questa edizione è stata, infatti, proprio quella di aver dato vita ad un evento in cui il pubblico potesse interagire e sperimentare in prima persona la cultura orientale attraverso numerose attività, quali le terapie tradizionali, le discipline come yoga e meditazione, i corsi di scrittura, di origami, di avvicinamento ai tipici strumenti musicali tradizionali, esibizioni in stile Bollywood e danza del ventre.
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 62
Barbara Tonin Photography
Rispetto alle edizioni precedenti, stavolta il pubblico è stato al centro dell’attenzione, sia per quanto riguarda la varietà degli spettacoli sia per l’offerta culturale, religiosa e commerciale.
Domenico Ianaro Photography
L’evento, giunto alla sesta edizione, si è svolto all’interno del Lingotto Fiere, il polo fieristico di Torino, con un programma molto fitto e ricco di spettacoli.
Entrare nel padiglione del Lingotto Fiere è come intraprendere un vero e proprio viaggio nelle tante culture e nelle millenarie tradizioni di un continente sconfinato, che va dalle terre dell’India a quelle della Cina, dal Giappone alla Mongolia, dalla Malesia al Tibet passando per il Nepal, la Corea del Sud ed il Vietnam.
Domenico Ianaro Photography
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 63
Giancarlo Nitti Photography
Tra le attrattive maggiori, sicuramente possiamo parlare degli spettacoli: oltre 60 esibizioni di artisti che rappresentano tutti i Paesi.
Per permettere ai visitatori di poter assistere alle sfaccettature e alle tradizioni di tutte queste nazioni, gli organizzatori hanno allestito ben tre palchi principali di grandi dimensioni che hanno alternato in maniera avvincente e continuativa show, incontri, seminari ed esibizioni.
Una nuova presenza è rappresentata dall’Indonesia che, grazie alla collaborazione con l’Ambasciata, porta sul palco danze e canti, il folklore e la tradizione in un’area tutta dedicata.
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Barbara Tonin Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 64
Barbara Tonin Photography Partendo dalla zona di ingresso si veniva immediatamente catturati dal primo palco in cui si susseguivano spettacoli e musiche quasi in maniera ininterrotta, per poi trovarsi a camminare come in un bazar tra le varie bancarelle e giungere a un secondo palco centrale affiancato da diverse aree tatami: in quest’area, dedicata alle discipline orientali è andato in scena il “Martial Show”, una delle tante novità di questa edizione. Si è trattato di un vero e proprio festival nel festival nel quale numerosi maestri ed atleti si sono esibiti per proporre al pubblico performance e seminari, con lezioni di prova di Aikido, Karate, Ju Jitsu, Tai Chi Chuan e altre arti marziali Orientali. Infine, al fondo del padiglione un terzo ed ultimo palco ospitava artisti, ballerini e cantanti che si esibivano per la gioia del Particolarmentepubblico.interessante è stata l’esibizione della danza QuestaTannura.danza orientale prende il nome dal vestito indossato dai ballerini, la Tannura, una particolare gonna coloratissima, ricca di allusioni cosmologiche. Durante la danza viene esaltata la rotazione di questo particolare indumento colorato con suggestivi effetti cromatici, che rendono il ballo vivace e allegro. I musicisti e ballerini costruiscono uno straordinario percorso mistico, attraverso la ripetizione quasi ossessiva di ritmi percussivi, che finiscono per generare uno stato di estasi rituale al fine di mettersi in comunicazione con Dio e il cosmo. Oltre a questi palchi principali, sempre in movimento, e alle aree dedicate ai workshop, un’ampia zona era dedicata all’attività commerciale: un bazar multicromatico e multietnico, che offriva al visitatore una buona scelta tra oggettistica, abbigliamento, ornamenti, attrezzatura sportiva e generi alimentari.
Domenico Ianaro Photography REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 65
Per gli amanti della cucina orientale e non solo, quindi, gli stand non sono mancati e l’offerta gastronomica ha coinvolto moltissimi dei Paesi presenti, proponendo piatti tradizionali e moderni della cucina giapponese, cinese, indiana, thai, tibetana, vietnamita, vegetariana e molto altro. Uno dei workshop più apprezzati è stato il corso di pasticceria thailandese. Tra le novità evidenziamo inoltre il Sushi Village e lo street food orientale, che davano la possibilità di assaggiare questi piatti tanto amati.
Da segnalare, anche, in questa edizione del Festival dell’Oriente l’ampia area gastronomica, che è stata uno degli elementi più presenti e graditi, con numerosi ristoranti etnici e decine di stand gastronomici particolari.
I Paesi, le attività e gli stand sono moltissimi e per chi fosse un po’ “disorientato” una guida porta alla scoperta della storia e della cultura dei vari “angoli di Mondo”.
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE PhotographyNittiGiancarlo Giroinfoto Magazine nr. 79 66
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 67
Rimanendo in Cina, non possiamo non parlare anche del dragone, leggendario animale colossale, con corpo di serpente, zampe di pollo, testa di coccodrillo, baffi simili a quelli di un pesce gatto, criniera e corna di cervo: raffigura, dunque, un miscuglio di tutte le specie animali. È stato per lungo tempo un simbolo di buon auspicio nel folklore cinese.
Domenico Ianaro Photography Ma vediamo più in dettaglio alcune attività e installazioni. Prima di accedere al padiglione della fiera, il visitatore viene accolto da due leoni cinesi. Nella tradizione culturale Cinese il Leone è simbolo di forza e potenza ed è generalmente associato alla regalità: non a caso, statue e dipinti di leoni si possono ritrovare in palazzi ed edifici Generalmenteimperiali.queste
È l'incarnazione del concetto di Yang, il Bene/Spirito-Fecondo, associato all'acqua. Il Dragone è quindi la creatura portatrice di pioggia, nutrimento per le messi e gli armenti, e non il mostro distruttore sputa veleno o fuoco della tradizione occidentale.
statue sono rappresentate in coppia maschio-femmina, dove il maschio simboleggia il dominio cosmologico e normativo, mentre la femmina simboleggia il dominio sulla vita. Le coppie di leoni vengono solitamente poste anche all'ingresso dei palazzi del potere, in quanto si pensa tradizionalmente che ne rafforzino la protezione. La coppia di leoni più famosa è sicuramente quella che si può ritrovare all'ingresso del Palazzo d'Estate di Pechino.
Domenico Ianaro Photography REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 68
Si tratta della riproduzione del leggendario insieme di statue di splendidi guerrieri, collocate nel Mausoleo del primo Imperatore Qin a Xi'an, il più importante sito archeologico di tutta la L’EsercitoCina.ècomposto
Un cenno agli abiti tradizionali cinesi è d’obbligo, uno dei capi di abbigliamento che da sempre ha affascinato e incuriosito l’Occidente è l’Hanfu. Utilizzato in ambito quotidiano, è diventato negli anni un indumento riservato quasi esclusivamente alle grandi occasioni.
Un’altra installazione cinese che sicuramente attira l’attenzione del visitatore è l’Esercito di Terracotta.
da riproduzioni di guerrieri in terracotta, vestiti con corazze in pietra e dotati di armi, poste di guardia alla tomba dell'Imperatore. Il loro compito simbolico era servire e proteggere l'imperatore nell'Aldilà. Nel 1987 il Mausoleo e l'Esercito di Terracotta sono stati inseriti nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Un'eccezione in questo senso, tuttavia, è rappresentata dall'aristocrazia e dalle famiglie reali, che utilizzano abiti tradizionali maestosi e riccamente adornati anche per le occasioni più comuni. Soprattutto per quest’ultimi il colore ricorrente è il rosso, che simboleggia nella cultura cinese potere e regalità. Grande importanza e valore rivestono in questo contesto non soltanto gli abiti, ma anche i copricapi, ulteriore simbolo di sovranità: riccamente adornati tanto per le donne quanto per gli uomini, si differenziano per forma, colore e materiale a seconda dell'abito al quale vengono abbinati.
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 69
Barbara Tonin Photography
Al Un simbolo conosciuto in tutto il mondo e parte del logo del festival è lo Yin e lo Yang. Il concetto di Yin (nero) e Yang (bianco) è il più importante e diffuso di tutta l'ideologia Asiatica.
Domenico Ianaro Photography REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 70
Ha origine dall'antica filosofia cinese, dall'osservazione del giorno che si tramuta in notte e della notte che si tramuta in giorno o dalle osservazioni e riflessioni che Laozi faceva nei confronti del fuoco, notandone il colore, il calore, la luce e la propensione della fiamma a svilupparsi verso l'alto.
È una concezione alla base del Taoismo e del Confucianesimo, nonché di molti settori della scienza classica cinese, oltre ad essere una delle linee guida della medicina tradizionale. Secondo questa filosofia, ogni cosa e ogni concetto sono divisi tra lo Yin e lo Yang e rappresentano un dosaggio fluido e misterioso di queste due componenti. La tradizione accorda alla natura femminile tutto ciò che è Yin e alla natura maschile tutto ciò che è Yang. Inoltre Yin rappresenta ciò che è freddo, oscuro, umido ed inerte e Yang quel che è caldo, chiaro, secco e in movimento.
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 71
Originariamente era praticato dai monaci Buddhisti del Monastero di Shaolin nella provincia di Henan, Cina. Alcuni ritengono che lo stile Shaolin, oltre ad essere uno dei più efficaci stili delle arti marziali asiatiche, sia il progenitore di tutti gli stili successivi, avendone influenzato in maniera diretta o indiretta la nascita e lo sviluppo. I Monaci Shaolin sono grandi maestri dell'arte del combattimento e della spettacolarità, dotati di grande forza, precisione e flessibilità.
Un semplice gesto per noi quotidiano quale la preparazione del tè è invece un’arte antica e fortemente tradizionale per la cultura Originariacinese.della Cina del sud, la pianta del tè era conosciuta fin dai tempi più antichi dalla medicina e dalla botanica e, prima di diventare una bevanda, era una medicina.
Solamente nell’VII secolo d.C. in epoca Tang, venne codificata la prima Cerimonia del tè e introdotta tra gli svaghi dei salotti Pereleganti.gliappassionati del tè, al festival è stato possibile partecipare al workshop dedicato.
Barbara Tonin Photography Giancarlo Nitti Photography
Per quanto riguarda le arti marziali, lo Shaolin Quan è uno tra gli stili asiatici più antichi.
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 72
Sembra inoltre che i Torii un tempo avessero la funzione di ospitare sulla loro cima i galli sacri dalla lunga coda, considerati i messaggeri degli Dei.
Non è mancato un piccolo angolo di storia dedicato a Mao Zedong, leader del popolo cinese, marxista, rivoluzionario e Strategaproletario.e teorico, è stato il principale fondatore e promotore del Partito Comunista Cinese, dell’Esercito di Liberazione del Popolo cinese e della Repubblica Popolare cinese. Grande patriota ed eroe nazionale della Cina dei tempi moderni, ha portato il Paese a cambiare totalmente il proprio aspetto e il proprio destino.
Girando tra le varie aree, di sicuro interesse e molto ben allestita è stata la zona dedicata al Giappone: qui erano presenti le riproduzioni di un piccolo villaggio e dei monumenti tipici di questa nazione. La tradizionale abitazione giapponese è chiamata Minka. Si tratta di una struttura di legno, molto semplice ed accogliente, con porte scorrevoli realizzate in carta di riso e intelaiatura di legno, denominate Shoji. Comunemente è inserita in un giardino Zen, al centro del quale si trova anche un laghetto Koi (che prende il nome dalla carpa, il pesce che tradizionalmente lo popola).
Le pareti delle case più popolari sono generalmente bianche, mentre quelle delle case nobiliari vengono dipinte in rosso, il colore simbolo tradizionale dell'Impero Giapponese. Il noto portale rosso, invece, è il Torii.
Barbara Tonin Photography
Solitamente costituisce l'ingresso di un santuario jinja o comunque di un'area sacra. La struttura nasce come rappresentazione di un'antica leggenda giapponese, secondo la quale la Dea del Sole Amaterasu attraversa un Torii sacro per abbandonare la Terra durante un'eclissi solare e lo attraversa nuovamente per fare ritorno sul nostro pianeta una volta conclusasi.
Mao Zedong è considerato una tra le figure più importanti e rispettabili del XX secolo. Egli dedicò tutta la sua vita allo sviluppo del partito e della nazione cinese, morì nel 1976 e le sue spoglie sono tuttora conservate in piazza Tienanmen.
L’albero di ciliegio, chiamato Sakura ed è il simbolo del Giappone; esso, con i suoi fiori, la sua delicatezza ed il breve periodo della sua esistenza, rappresenta la fragilità, la rinascita e la bellezza della vita.
È inoltre la premonizione di un buon raccolto di riso e un buon auspicio per il futuro degli studenti, che nel mese della fioritura iniziano l'anno scolastico, o per i neodiplomati o neolaureati, che nello stesso mese entrano nel mondo del lavoro. Infine, il Sakura è il simbolo delle qualità del Samurai: purezza, lealtà, onestà, coraggio. Come la fragilità e la bellezza effimera di questo fiore, che nel pieno del suo splendore muore, lasciando il ramo, così il Samurai, nel nome dei principi in cui crede, è pronto a lasciare la propria vita in battaglia.
Si tratta dell'immagine di una morte ideale e pura, distaccata dalla caducità della vita e dai beni terreni. In Giappone l'usanza di ammirare e godere della bellezza della fioritura primaverile dei ciliegi è una tradizione che viene chiamata col nome di hanami.
Giancarlo Nitti Photography REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 73
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 74
Tra i capi di abbigliamento tradizionali non ha bisogno di premesse il Kimono. Negli anni è diventato un indumento utilizzato soltanto in occasioni speciali.
La parola Kimono è una definizione generica, in quanto a seconda dell'occasione d'uso e di chi lo indossa, l'abito presenta nomi diversi: ad esempio, il kimono maschile si chiama Yukata, mentre il kimono da bambina/ragazza Furisode.
Indossare il Kimono è una vera e propria arte, complessa ed estremamente rituale, per la quale le giovani giapponesi frequentano una scuola, a conclusione della quale ricevono il diploma di Maestre di Vestizione del Kimono. Giancarlo Nitti Photography
Accanto al villaggio, samurai, katane e armature solleticano la curiosità del visitatore, ma soprattutto le tombe dei 47 Ronin, valorosi Samurai che decisero di vendicare la morte del loro signore e di seguirlo nell’aldilà come segno di fedeltà verso di lui. Il Samurai era un alto militare del Giappone feudale, appartenente ad una delle due caste aristocratiche Giapponesi, quella dei guerrieri. Il nome deriva dal verbo saburau e letteralmente significa “colui che Attualmenteserve”.iltermine viene usato per indicare proprio la nobiltà guerriera. I samurai costituivano una casta colta, che oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la loro professione, praticava arti Zen come il Cha no yu (la cerimonia tradizionale del tè) o lo shodō (l'arte della calligrafia).
I samurai erano guerrieri fatti di storia di onore, fedeltà e abilità nel combattimento con la spada. Il più famoso di questi guerrieri è Miyamoto Musashi, un ronin (ossia un samurai vagabondo) che ha affrontato nella sua vita decine di duelli mortali, senza mai conoscere sconfitta, grazie alla sua abilità e tattica di combattimento che lo hanno fatto diventare una leggenda. È stato un innovatore nel campo della strategia e dell’approccio mentale al duello ed una volta smessi i panni del guerriero si è dedicato all’insegnamento, alla pittura e alla scrittura di opere di successo.
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 75
Giancaro Nitti Photography Domenico Ianaro Photography
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 76
Nei combattimenti i samurai utilizzavano la katana, Si differenzia molto dalle spade tipicamente europee per la forma curva ed il taglio su un solo lato. L’elsa allungata permetteva l’utilizzo a due mani, che ancora oggi è il modo di utilizzo tipico per sferrare fendenti. Il tipo di acciaio utilizzato e la procedura di forgiatura che i maestri hanno tramandato per secoli ne hanno fatto probabilmente una tra le spade migliori nella storia; alcuni esemplari oggi hanno un valore inestimabile, dovuto sia alla qualità e fama del loro creatore o proprietario (come alcuni grandi samurai o shogun), sia alla forma o alle decorazioni, che ne fanno dei veri capolavori d’arte.
Barbara Tonin Photography
Il festival ha dato spazio ovviamente anche all’arte, dando la possibilità di provare e imparare il Sumi-E. Di origine cinese, questa pratica della pittura (e) con l’inchiostro nero (sumi) di china è stata introdotta in Giappone dai monaci Zen più di cinque secoli fa. Il sumi-e indica una delle forme d’arte in cui i soggetti sono dipinti con l’inchiostro nero in gradazioni variabili dal nero puro fino a sfumare, diluendolo nell’acqua, a colorazioni più Questotenui. tipo di pittura deve rispondere a determinate caratteristiche tipiche, come, ad esempio, la sobrietà e la spontaneità, che vanno direttamente a colpire la sensibilità Glidell’osservatore.allievicheimparano
Barbara Tonin Photography
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 77
il sumi-e lavorano in un’atmosfera calma, in silenzio e concentrazione e in armonia tra loro. Non c’è competizione nel risultato, ma solo un paziente lavoro di affinamento della propria sensibilità per arrivare a una definita caratteristica del proprio segno espressivo e alla fluidità del gesto, quasi come fosse l’emanazione naturale del proprio corpo a produrre un fiore, una roccia o un bambù.
La forma rimaneva la stessa, sia che l'abito fosse indossato da una contadina o da una principessa.
Una danza molto gradevole, infatti, ci ha permesso di godere della bellezza dell’Hanbok.
In passato il colore più usato per rifinire gli Hanbok era il bianco, per cui i Coreani erano conosciuti come “Il popolo vestito di Abianco”.seconda della stagione, ma soprattutto del rango di chi lo indossava, cambiavano il materiale ed il colore: il colore delle maniche e quello della fascia all'altezza del seno infatti indicavano lo stato sociale di chi lo indossava.
La prima testimonianza archeologica degli Stupa risale al IV secolo a.C. Dopo la morte del Buddha il suo corpo fu cremato e le ceneri sepolte sotto otto Stupa. Nel corso dei secoli, lo Stupa è mutato, diventando non solo un monumento funerario ma anche un luogo di preghiera e Lavenerazione.nostravisita
Le esibizioni sui palchi sono state anche l’occasione per mostrare gli abiti tradizionali indossati.
è terminata, ma il Festival d’Oriente prosegue il suo viaggio con i colori, le musiche e i profumi delle sue terre lontane verso Roma, Milano e molte altre città, fino a concludersi a Padova in dicembre.
Molto usato fino agli anni '60, oggi è limitato alle occasioni speciali come feste o matrimoni.
Al giorno d'oggi non esiste più distinzione di colori in base alla classe sociale, ad eccezione ovviamente della Famiglia Reale. Nell’area dedicata al Tibet si veniva immediatamente catturati dai Buddha dorati. Il monumento Buddhista è chiamato Stupa. Originario del subcontinente Indiano, la sua funzione principale è quella di conservare reliquie.
REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 78
L'Hanbok è l'abito tradizionale coreano e combina bellezza e praticità.
Barbara Tonin Photography
Giancarlo Nitti Photography REPORTAGE | FESTIVAL DELL'ORIENTE Giroinfoto Magazine nr. 79 79
REPORTAGE | BORGO PANTANO A cura di Rita Russo Giroinfoto Magazine nr. 79 80
Rita Russo Photography REPORTAGE | BORGO PANTANO Un luogo unico tra mistero e verità Giroinfoto Magazine nr. 79 81
REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 82
Ogni volta che, in Sicilia, si parla di borghi rurali, la mente corre verso quella moltitudine di piccoli centri che, realizzati durante il periodo fascista, costellano le campagne dell’isola e che, preda dell’incuria e del vandalismo, si trovano oggi, per lo più, in uno stato di totale abbandono, tanto da poter essere definiti spesso “borghi fantasma”. Invece, Pantano, piccolo borgo di archeologia rurale di circa 17 ettari, sito nel territorio comunale di Rometta (ME), è tutta un’altra cosa. E’, infatti, un luogo molto antico, intriso di storia e mistero, immerso in una natura fitta e rigogliosa, quella dei monti Peloritani, che ha coinvolto e conquistato, subito e profondamente, il nostro interesse, consentendoci di vivere, seppur per poco, in un’altra dimensione, come fossimo entrati in una vera e propria macchina del tempo. L’incontro con questa bellissima realtà è stato del tutto casuale ed è avvenuto, durante una giornata festiva trascorsa in giro per il messinese, percorrendo la strada provinciale che ci avrebbe condotto a Rometta superiore, un piccolo centro abitato, posto a 560 m sul livello del mare, caratterizzato da un lunghissimo passato leggibile nei numerosi segni lasciati, durante i secoli, dal susseguirsi delle civiltà.
Messina Borgo Pantano
Circa 6 km prima del suddetto paese, in prossimità di una delle sue numerose frazioni, quella di Rapano inferiore, ci accorgiamo della presenza di un piccolo nucleo di case, poco distante da quest’ultimo e a quota più bassa rispetto ad esso, incastonato su un crinale, ricco di lussureggiante vegetazione e circondato da due profonde incisioni vallive, la cui unica via di accesso è una ripida strada, a tratti asfaltata, davanti alla quale un cartello indica che il borgo, di proprietà privata, può essere visitato soltanto dopo aver preso contatti con il numero Incurantisopraindicato.dellagiornata festiva e dell’ora prossima a quella di pranzo, ottenuto l’inatteso appuntamento, raggiungiamo l’ingresso del borgo dove ad attenderci troviamo Orazio Bisazza, un simpatico e canuto signore, con il quale instauriamo subito un’inaspettata sintonia.
Rita Russo Photography REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 83
Così apprendiamo che dagli studi e dalle ricerche effettuati sugli indizi ritrovati in esso, sembra molto probabile che la sua storia abbia avuto inizio alla fine del 1200 grazie all’insediamento del Monastero delle Suore Latine della Diocesi di Messina, che vi abitarono fino ai primi anni del 1300 quando furono costrette ad abbandonare il luogo perché troppo isolato e pericoloso. Testimonianza dell'edificio riconducibile al monastero, quasi completamente ristrutturato, è visibile a valle dell’agglomerato di Pantano.
Orazio, che si definisce il Custode Temporaneo del Borgo, ha ereditato e proseguito, con profonda passione e dedizione come una vera e propria missione di vita, il progetto di recupero, non solo architettonico e naturalistico, ma anche della memoria e dell’identità, di Borgo Pantano, già iniziato nel 2000 dalla madre Maria Cannuli attraverso la Società Incanti & Memorie, con l’obiettivo di creare un circuito di escursioni e Questovisite.
Affreschi nascosti o modificati, enigmi più o meno risolti, simboli riconducibili alla cabala ebraica e verità tangibili sono gli elementi che emergono dai racconti di Orazio che, stimolano la nostra curiosità e ci trasportano indietro nel tempo attraverso gli eventi storici che hanno coinvolto la Sicilia e il borgo stesso.
progetto ha ridato nuova vita al piccolo centro, da tempo abbandonato e oggetto, nei secoli, di una vera e propria opera di cancellazione della memoria ma che, forse proprio per questo, non ha subito alcuna trasformazione, conservando integralmente, sebbene deteriorato, il patrimonio edilizio originale e la sua vera identità. È grazie all’impegno di Orazio che, nel 2009, il borgo è stato iscritto al REIS (Registro delle Eredità Immateriali della Regione Siciliana) nel libro dei “Mestieri, dei Saperi e delle Tecniche”, secondo quanto previsto dalla Convenzione per la Salvaguardia del patrimonio Culturale Immateriale, approvata dall’UNESCO il 17 ottobre 2003, al fine di garantire immortalità al patrimonio storico-culturale e alla memoria di questa porzione di territorio e della sua comunità.
Rita Russo Photography REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 84
Inoltre, le loro conoscenze di alchimia e di preparazioni spagiriche (un intreccio tra alchimia ed erboristeria) permisero a tale comunità di sopravvivere, con molta probabilità, avviando la coltivazione e la lavorazione di erbe officinali, in collegamento con la vicina Farmacia di Roccavaldina, centro abitato poco distante dal borgo e di età presumibilmente contemporanea alla fondazione di quest’ultimo.
La diretta conseguenza di ciò fu la sparizione delle numerose comunità ebraiche dai regni di Spagna e di Sicilia, insieme ai loro antichi saperi che, considerati eretici dalla Chiesa, sebbene fossero alla base di una fiorente economia, vennero occultati con la speranza di essere dimenticati.
Dopo averne appreso la storia, immersi in un assordante silenzio e rapiti dai colori e dai profumi provenienti dalla prorompente natura circostante che, inevitabilmente, ci inebriano, iniziamo la visita del borgo, entrando attraverso uno stretto vicolo, rivolto verso Nord e fiancheggiato da case poste sui due lati, dotati di piccole finestre e doppie porte di uscita, una sul vicolo e l’altra sul retro che dava sull’orto domestico di ciascuna abitazione. Photography
Rita Russo
Dopo l’introduzione dell’Inquisizione spagnola avvenuta nel 1480, Ferdinando II il Cattolico, re di Sicilia, nel 1492, emanò l’editto con il quale fu decretata l’espulsione di tutti gli ebrei che non accettavano di convertirsi al cristianesimo.
Manuela Albanese Photography Successivamente, a causa della peste nera del 1348, per sfuggire ad essa, sul luogo s’insediò una comunità di origine ebraica, proveniente originariamente da Pisa ma in fuga da Messina, in cerca di una località più salubre.
Le fonti storiche sul borgo terminarono proprio dopo questo periodo e negli anni ’60, con lo sviluppo del polo industriale di Milazzo, la popolazione dalle campagne migrò verso la costa, spopolando definitivamente anche Pantano.
REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 85
Il borgo garantì caratteristiche eccellenti all’insediamento, oltre che per la purezza dell’aria e per la lontananza da centri affollati, anche per la presenza di abbondante acqua e di una vasca per i salassi con le sanguisughe.
Il piccolo centro si trasformò gradualmente in borgo rurale e molti degli ebrei, definiti con un’ingiuria “marrani” (un termine che deriva dallo spagnolo e significa “giovane porco”, con cui venivano individuati ed offesi in Spagna gli ebrei o i musulmani che si erano convertiti al cristianesimo), che pubblicamente si professavano cattolici, restarono però intimamente fedeli alle loro ancestrali tradizioni ebraiche.
In più, la cura dell’acqua e l’adozione di sofisticate tecniche costruttive e di accumulo di energia solare hanno reso ancora più plausibile l’ipotesi di tale insediamento, essendo questi elementi tipici della cultura giudaica.
REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 86
La chiesetta, che risale ai primi anni del 1400 ed è uno dei luoghi di culto più antichi del circondario, svetta pressoché al centro di una trentina di edifici ed è stata sottoposta a uno scrupoloso restauro conservativo con l’obiettivo di farle ricoprire il ruolo guida perduto.
Rita Russo Photography Affascinati dai racconti della nostra guida, raggiungiamo il fulcro del borgo costituito dalla piccola chiesa, consacrata e dedicata alla Madonna delle Grazie, nella quale solo nella giornata del 2 luglio di ogni anno vengono celebrate due messe che si riempiono di fedeli devoti alla Vergine.
REPORTAGE | BORGO PANTANO
L’analisi semiotica e figurativa condotta sulla copia del dipinto, sebbene non completamente esaustiva per le condizioni in cui essa si trova, ha rilevato, anche in questo caso, un’ampia e notevole simbologia riconducibile all’origine ebraica del borgo.
Sulla sinistra dell’altare, infine, è presente la copia di un antico dipinto risalente al 1773, trafugato, probabilmente su commissione, negli anni ’60, che raffigura il sacerdote Giovanni Battista Cannuli, con dei libri in mano e dei fanciulli intorno.
Dentro la chiesetta ci colpiscono numerosi particolari. Il primo è senz’altro il fatto che essa è orientata verso nord a differenza dei tradizionali luoghi di culto cristiani il cui asse ha una direzione est - ovest; il secondo è costituito dalla presenza della coloratissima ed inusuale statua di gesso raffigurante la Madonna che allatta il Bambino Gesù, nonostante questo genere di iconografia sia stata bandita dalle chiese dopo il concilio di Trento del 1534, perché accusata di distogliere i fedeli dalla preghiera oltre che essere ritenuta di derivazione Altropagana.particolare che notiamo sono i numerosi simboli dipinti sull’altare che ad una attenta lettura, superando il primo impatto che porterebbe a pensare all’opera di un modesto decoratore se non addirittura di un dilettante, danno una traccia dell’originario passato, avvalorando l’ipotesi della presenza giudaica nel borgo. Si notano, infatti, 12 stelle di David, 10 fiori ed uno strano disegno di una mitra e di un bastone, che si riferisce alla mappa di una parte del borgo e ai punti d’acqua di esso. Anche il toponimo dello stesso borgo è perfettamente in relazione con la simbologia ebrea. Esso originariamente era “Pantaclo” (Pentacolo) che si riferisce alla stella a cinque punte inserita in un cerchio. Il numero cinque nell'antichità era ampiamente utilizzato come simbolo sacro, rappresentazione del microcosmo e del macrocosmo, combinazione cioè in un unico segno di tutta la creazione del cosmo, la sintesi delle forze divine dell’universo.
Rita Russo Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 87
Proprio i contrasti e le contraddizioni tra i simboli, più o meno celati, confermerebbero la volontà della comunità di dissimulare la vera identità del luogo per non farla risalire alle sue origini ebraiche.
Le unità abitative, secondo uno schema ricorrente nelle architetture medievali, avevano dimensioni minime e rispondevano ad esigenze essenziali. Ma sebbene fossero assolutamente prive del superfluo, spiccano in esse accorgimenti e particolari tipici di dimore più lussuose.
Manuela Albanese Photography Rita Russo Photography REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 88
Infatti, usciti dalla chiesa, davanti alla quale la strada imboccata all’entrata del borgo si biforca, procediamo il nostro cammino tra gli edifici che sono ubicati sulla collina, a quota 210 m sul livello del mare, seguendo le linee di livello, secondo una direttrice Nord - Sud, notando come questi presentano aspetti architettonici e componenti insoliti per il territorio in cui sorgono. I due viottoli, che si dipartono davanti alla chiesa e che si ricongiungono all’estremità nord del borgo, formano una vera e propria isola nella quale si ergono gli edifici di maggiori dimensioni.
Enigmi che, peraltro, forniscono la prova del raffinato livello culturale di quest’ultima, capace anche di lasciare segni ingegneristici di grande levatura sia nella costruzione del borgo stesso che del suo sistema idrico.
Tutti questi e altri accorgimenti, che assicuravano case salubri, calde in inverno e fresche d’estate, bene illuminate, ben ventilate e dotate di acqua corrente, le rendevano differenti dallo standard del territorio dell’epoca.
La mancanza, poi, di locali destinati a stalle e magazzinaggio per l’allevamento degli animali dà più forza all’idea che le capacità e le abilità tecniche della comunità di questo borgo differivano di molto da quelle tipiche delle società contadine della zona.
REPORTAGE | BORGO PANTANO Rita Russo Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 89
Delle piccole vetrate, esposte ad est e ad ovest, garantivano una migliore illuminazione degli ambienti. Le pareti esposte a sud non avevano aperture e, quando presenti, erano piccolissime e servivano a migliorare la ventilazione ed il raffreddamento naturale dell’aria, consentendo la circolazione di questa, grazie alle celle convettive che si formavano per la differenza di temperatura dell’aria stessa negli ambienti.
Ogni abitazione possedeva, infatti, la propria riserva idrica. L’acqua proveniva in parte dal sottosuolo e in parte dalla raccolta di quella piovana attraverso un ingegnoso impianto di raccolta che, mediante apposite condotte realizzate in cotto, la convogliavano alle varie cisterne.
Ogni abitazione sfruttava al meglio l’energia passiva, sia per la ventilazione sia per il riscaldamento. Particolari accorgimenti costruttivi garantivano, infatti, l’accumulo, la distribuzione e la conservazione dell’energia solare.
La presenza di una carica come quella del Baly, fa pensare, ancora una volta, che in questa comunità venivano svolte attività fiorenti e redditizie e di tipo artigianale e mercantile, piuttosto che rurale.
Sul lato opposto alla chiesa è ancora possibile individuare un edificio denominato Torre del Baly, affiancato da altre due abitazioni, nel quale vi si amministrava la giustizia del borgo.
Il suo nome deriva dal fatto che, in origine, essa ospitava il Baly, personaggio che esercitava il controllo diretto sulle attività economiche e giuridiche della comunità ebraica come delegato del “dienchelele, (dalla corruzione del termine ebraico dajan Kelalì, che significa giudice generale), il giudice unico ed universale di tutte le comunità ebraiche; figura istituita a Palermo nel 1395, ma abolita successivamente nel 1447.
Proseguiamo lungo il viottolo dove oltre ad alcuni pozzi troviamo il lavatoio, che era il luogo di ritrovo sia per le donne che andavano ad attingere l’acqua fresca sia per gli uomini che parlavano tra loro all’ombra del pergolato. Nel frattempo continuiamo ad essere affascinati dai “cunti” di Orazio, sempre più ricchi di indizi, misteri e curiosità che avvalorano sempre più la tesi della presenza di una comunità ebraica esperta, in particolare, in medicina spagirica , come, ad esempio, il nome del monte sito a ovest di Pantano, chiamato “Testa e coda di serpente”, un chiaro riferimento ad Ofiuco, che nella mitologia rappresenta un uomo che tiene con la sinistra la testa e con la destra la coda di un enorme serpente avvolto attorno alla sua vita e che i Greci identificarono con il dio della medicina.
Rita Russo Photography
REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 90
Rita Russo Photography REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 91
Rita Russo Photography REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 92
Durante la narrazione apprendiamo, inoltre, che insieme alla lavorazione delle erbe officinali, gli abitanti del borgo si dedicavano anche all’arte della tessitura, lavorando la seta ed il lino, con una particolare predisposizione alla realizzazione di tessuti bianchi e blu che costituivano una produzione tipica della comunità.
Così raggiungiamo uno dei due edifici sottoposti a restauro filologico del borgo, nel quale è conservato il vecchio palmento, utilizzato per la pigiatura dell’uva, che risale al XIV secolo e attualmente è adibito a “Spezieria”, bottega-laboratorio, dove sulla scorta delle antiche radici conventuali del luogo, si preparano e si vendono medicamenti a base di erbe medicinali.
Il recupero di parte dell’edificato, oltre che della chiesa, è stato effettuato, in questi anni, con la priorità di conservare con assoluto rigore le caratteristiche essenziali del borgo, mantenendo le dimensioni e gli spazi interni, i materiali e i colori di ogni edificio, grazie all’impiego di materie di recupero compatibili e all’adozione di tecniche evolute e poco invasive, in maniera da rispettare e valorizzare gli antichi sistemi costruttivi, restando ben lontani da modernismi che possano stravolgere l’originale fascino dei luoghi.
In questi anni un prezioso lavoro di recupero e riqualificazione ambientale è stato effettuato anche sulla vasta parte esterna che circonda il borgo, ricco di biodiversità e di peculiarità naturalistiche e paesaggistiche di grande pregio.
Prima di raggiungere l’altro edificio recuperato, osserviamo alcuni pannelli appesi lungo le pareti esterne degli edifici, sulle quali sono esposte numerose foto che ritraggono alcuni degli abitanti e delle attività svolte nel borgo, testimonianza di un passato non troppo lontano.
Notiamo anche delle tavole nelle quali sono riportate le immagini di alcuni dei personaggi misteriosi che si dice abbiano abitato il borgo e della “Parish Map", la mappa di comunità che racconta il modo in cui viene percepito il centro abitato del borgo stesso.
REPORTAGE | BORGO PANTANO
Rita Russo Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 93
Per la fermata finale, Orazio ci conduce al C.I.T. (Centro di Interpretazione del Territorio), il primo edificio del borgo, che, anch’esso ristrutturato, ospita un’area espositiva dedicata alle radici e alle testimonianze del territorio ed è utilizzato anche come sala didattica e conferenze, essendo dotata di mezzi digitali tra i più evoluti.
Attraverso i numerosi interventi di ingegneria naturalistica effettuati, infatti, sono stati ripristinati i vecchi “pagghiari” (pagliai) siciliani, sono state realizzate aree attrezzate sostenibili, insieme ai tipici muretti a secco che, stabilizzando i pendii, si diramano a perdita d’occhio, delimitando su di essi terrazzamenti e comodi sentieri, attraverso i quali è possibile seguire itinerari naturalistici. Grazie, inoltre, alle numerose varietà di piante sia officinali sia commestibili, che spontaneamente crescono intorno al borgo, durante il percorso di recupero e riqualificazione operato in questi anni da Orazio, molte sono state le istituzioni, come l’Orto Botanico “P. Castelli” dell’Università di Messina o l’UNIPOSMS – Università Popolare, Nuova Scuola Medica Salernitana, iscritta al Registro Nazionale ricerche del MIUR, che hanno manifestato interesse per Pantano e con le quali sono stati avviati accordi di collaborazione per studi nel campo della fitoterapia e della medicina popolare. L’encomiabile iniziativa portata avanti in questi anni da Orazio, talora a fatica a causa di inevitabili impedimenti burocratici, va certamente incoraggiata e sostenuta non solo per l’elevato valore dei contenuti, ma perché recupera l’identità di un territorio nel senso più ampio del termine e che ci auguriamo possa continuare fino al totale completamento del progetto.
In ogni caso, storie e leggende, misteri e verità avvolgono questo luogo, pieno di fascino e silenzio, in un’aura carica di energia, spiritualità e serenità, che cattura i sensi e l’interesse di chi vi Un’esperienzaentra. sensoriale, arricchita da storia, cultura e arte, in un luogo sintesi di estrema bellezza naturalistica che procura benessere fisico e psichico e che vale la pena di vivere almeno una volta.
Rita Russo Photography REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 94
Rita Russo Photography REPORTAGE | BORGO PANTANO Giroinfoto Magazine nr. 79 95
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO A cura di Simone Bravo Adriana Oberto Barbara Tonin Lorena SamueleDuranteSilva Giroinfoto Magazine nr. 79 96
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Adriana Oberto Photography Palazzo Carignano
Cerchiamo di ripercorrere la sua storia tra passato, presente e futuro insieme alla guida, storica dell'arte, Valeria Amalfitano che ci accompagna nelle sale del palazzo e con le parole della direttrice Angela Maria Farruggia. Giroinfoto
Magazine nr. 79 97
è uno degli splendidi edifici che si nascondono nel cuore di Torino; è un palazzo ricco di arte e cultura, ma è anche un luogo importante per la storia d’Italia e un punto di richiamo per cittadini e turisti.
ANGELA MARIA FARRUGGIA La direttrice del museo si è laureata in architettura presso il Politecnico di Torino e ha proseguito i suoi studi con un diploma di specializzazione post lauream e con un dottorato di ricerca in storia e critica dell’architettura. Ha seguito poi un percorso lavorativo durato una decina di anni all’interno dello stesso Politecnico diventando prima ricercatrice e poi docente. Ha partecipato al concorso per funzionari indetto dal Ministero della Cultura ed è diventata funzionario architetto presso la Soprintendenza, occupandosi di tutela territoriale.
Ha lavorato anche per più di due anni come responsabile dell’ufficio tecnico presso la Soprintendenza ai beni storici e artistici, con sede proprio a Palazzo Carignano, gestendo l’aspetto più tecnico e manutentivo dei beni, cercando di approfondire come questi aspetti si debbano raccordare con le altre attività. Ha seguito anche la parte relativa alla conservazione dei giardini, alla tutela e alla cura delle parti verdi, oltre che alla loro valorizzazione.
Adriana Oberto Photography REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 98
Il committente del Palazzo è Emanuele Filiberto di SavoiaFiglioCarignano.diTommaso
Ancora oggi non è facile la vita per un sordomuto, ma ai suoi tempi la situazione era sicuramente peggiore. Grazie alle sue origini ebbe, però, la possibilità di studiare in una delle poche scuole speciali per sordi esistenti: quella del sacerdote Don Manuel Ramirez in Spagna.
Nonostante i metodi utilizzati, gli studenti venivano schiaffeggiati e picchiati in caso di errori per “incentivarli” a raggiungere risultati migliori, Emanuele Filiberto riuscì ad imparare a leggere e scrivere senza limitazioni. Imparò, inoltre, a leggere le labbra, in modo da poter interagire con gli altri con più facilità e a pronunciare alcune parole, anche se con grande fatica. Riuscì, infine, ad imparare diverse lingue e a dedicarsi allo studio delle scienze naturali, per le quali era particolarmente All’etàportato.di vent’anni decise di intraprendere la carriera militare al seguito del padre e partecipò alle campagne militari in DimostròLombardia.il suo valore sui campi di battaglia e negli anni successivi venne promosso prima colonnello di cavalleria e poi tenente generale dell’esercito del duca di Savoia. Lasciato l’esercito, a 35 anni venne nominato governatore della città di FuAsti.uno degli uomini più colti dell’epoca ed ebbe modo di lavorare più volte insieme all’artista Guarino Guarini: quest’ultimo si occupò, infatti, non solo della realizzazione dei progetti per palazzo Carignano e palazzo Madama, ma anche della trasformazione del castello di Racconigi da fortezza medievale a villa di Delizie. Proprio qui, nel 1684, il principe Emanuele Filiberto si sposò, alla tarda età di 56 anni, con Maria Angela Caterina d’Este. Anche le circostanze relative al suo matrimonio, come il resto della sua vita, manifestano le sue qualità di persona non legata alle ristrettezze della sua epoca: in un periodo di matrimoni combinati decise di sposarsi per amore e di sopportare un periodo di esilio per questo.
Francesco, fondatore della casata dei Savoia-Carignano e di Maria di Soissons nacque sordo ed ebbe perciò anche grandi difficoltà nel parlare.
Poiché era già in età avanzata e per evitare che il suo titolo passasse al nipote Luigi Tommaso, sposato con una nobildonna francese non di alto lignaggio, la madre e le sorelle di Emanuele Filiberto cercarono di organizzargli un matrimonio in segreto; gli fecero vedere i ritratti di tre nobildonne e Emanuele Filiberto, quando vide quello di Maria Angela Caterina, se ne innamorò.
IL PASSATO REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 99
Tornò a Torino solo nel giugno del 1685, dopo aver mandato al sovrano, su pressione del cugino duca di Savoia, una lettera in cui non pronunciava le sue scuse, ma accettava di sotterrare l’ascia di guerra. Qui rimase con la moglie fino alla sua morte, nel 1709, e le sue spoglie vennero deposte presso la Sacra di San Michele. Emanuele Filiberto era soprannominato “il muto”, perché affetto da Nonostantesordomutismo.lasuaindubbia intelligenza, l’amore per l’arte e la passione per le scienze, venne sempre considerato inferiore al resto della famiglia, soprattutto dalla sua stessa madre. Maria di Soissons, infatti, che viveva a Parigi alla corte del Re Sole, fece di tutto per escluderlo dalla successione, facendo passare il suo sordomutismo per una forma di ritardo mentale che gli avrebbe impedito di ricoprire il ruolo di duca.
Solo la mancanza di alternative migliori (il fratello Eugenio Maurizio era morto prematuramente e il nipote aveva contratto un matrimonio scandaloso con una donna non alla sua altezza) e non le indubbie qualità del figlio convinsero la madre a fare parzialmente marcia indietro.
Il re di Francia Luigi XIV, però, non accolse bene la notizia, in quanto voleva che il principe sposasse una delle sue figlie per rafforzare la sua posizione di pretesa sul ducato di Savoia, anziché una principessa italiana, seppur bella e colta. Cercò quindi prima di far rompere il fidanzamento, ma senza Continuòsuccesso.comunque a fare pressioni su Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, finché lo costrinse a far esiliare la coppia da ITorino.duesposi andarono prima a Racconigi e poi si trasferirono a EmanueleBologna.Filiberto si rifiutò sempre di rimettersi all’indulgenza del re di Francia per il suo gesto d’amore, nonostante gli inviti ricevuti.
Barbara Tonin Photography
Adriana Oberto Photography
Palazzo Carignano è formato da due corpi di fabbrica uniti tra loro, come anime che rappresentano i due periodi in cui è stato costruito e le sue diverse destinazioni d’uso.
La parte che volge su piazza Carlo Alberto, invece, si deve all’ampliamento ottocentesco, legato alle esigenze dettate dai bisogni del nascente stato italiano. Già all’epoca di Carlo Emanuele I di Savoia (1562 –1630) era prevista la presenza di un ufficio preposto alla sovrintendenza degli edifici pubblici e privati, poi denominato Consiglio delle Fabbriche e Fortificazioni, che dettava regole molto stringenti sulla struttura per le costruzioni del centro di Torino: non potevano esserci più di tre piani e i prospetti dovevano risultare omogenei tra loro.
Poche erano le deroghe accettate, solo per i palazzi più Perimportanti.questo motivo la facciata di Palazzo Carignano spicca per la sua originalità all’interno del contesto cittadino e, sempre per questo motivo, venne giudicata severamente all’epoca della costruzione, iniziata nel 1679.
L’edificio originario è seicentesco, con struttura a C, e con la facciata rivolta verso piazza Carignano; si trattava della residenza urbana dei principi di Savoia-Carignano, per cui la sua struttura è quella di una dimora nobiliare.
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 100
L’architetto modenese Guarino Guarini, già attivo a Torino in cantieri importanti come quello della cupola di San Lorenzo e della cappella della Sacra Sindone, prese spunto da alcuni progetti del Bernini per il Louvre, mai realizzati, che gli diedero l’ispirazione per creare una struttura innovativa, incentrata sulla presenza quasi esclusiva di linee curve.
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 101
Fulcro dell’edificio è lo spazio ellittico dell’atrio, con andamento convesso e concavo nella facciata interna e in quella esterna.
Le coppie di colonne che si staccano dal perimetro interno aumentano il senso di movimento e sorreggono una volta ovoidale che richiama la stella a otto punte, forma spesso presente nei progetti del Guarini e non solo all’interno di Palazzo Carignano. Al di sopra di questo ampio spazio si innesta ancora una torre di forma ellittica, perno della costruzione, ben visibile dalla facciata e dal cortile interno. L’architetto aveva in realtà previsto una copertura a doppia cupola che però non venne realizzata per la morte del Guarini stesso. Per quanto riguarda la storia del palazzo, nel Settecento si hanno poche notizie: vennero ridisegnate le scuderie al fondo del cortile e non molto altro. Il grosso delle modifiche si ebbe a partire dal 1831, anno in cui Carlo Alberto di Savoia-Carignano sale al trono del regno di Sardegna e sposta la residenza di famiglia a Palazzo Reale. Palazzo Carignano, persa la sua funzione di dimora nobiliare, diventa prima sede delle Regie Poste e dello Stato Maggiore e poi, dal 1848 al 1860, il salone d’onore al suo interno viene trasformato in aula del Parlamento Subalpino. Adriana Oberto Photography Adriana Oberto Photography
Per sostituire questa struttura provvisoria nel 1864 si decise di procedere con la costruzione di una nuova ala dell’edificio, su progetto di Domenico Ferri, con l’espansione verso piazza Carlo Alberto, dove erano presenti dei giardini che si estendevano fino alle scuderie, oggi sostituite dalla Biblioteca QuestaNazionale.nuova aula, però, non venne mai utilizzata come sede del Parlamento Italiano, in quanto, prima del suo completamento, la capitale venne trasferita a Firenze e poi a Roma. Il cortile è, quindi, lo spazio in cui la compresenza dei due corpi di fabbrica si percepisce in maniera più netta. Anche se in qualche modo nell’Ottocento si è cercato di riprendere alcuni degli aspetti stilistici della parte precedente, si notano comunque facilmente le differenze, anche nell’esecuzione, che nella parte nuova risulta meno curata.
Ad esempio, le decorazioni con il simbolo della stella sono state riprodotte, ma con i mattoni cavi, mentre nella parte guariniana sono laterizi pieni, ben rifiniti e trattati con una polvere di malta per dare un tono più morbido e quasi pittorico. Anche dal punto di vista conservativo spiccano le differenze: nonostante quasi duecento anni di divario, il palazzo seicentesco si conserva meglio rispetto alla costruzione successiva.
Adriana Oberto Photography Samuele Silva Photography REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 102
L’anno seguente, con l’avvento dell’Unità d’Italia e il conseguente aumento della dimensione dello stato e, soprattutto, del numero di parlamentari, venne allestito nel cortile del palazzo un parlamento provvisorio ma molto imponente: si trattava di una struttura realizzata in acciaio e vetro con una importante decorazione, in cui venne proclamata la nascita dello stato italiano.
Adriana Oberto Photography REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 103
Barbara Tonin Photography REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 104
Dal primo piano si accede ad un vestibolo esagonale che fungeva da anticamera per il salone d’onore. Da qui, proseguendo, si entrava in due dei quattro appartamenti presenti nel palazzo; uno di questi, probabilmente, era utilizzato dall’erede di Emanuele Filiberto, il committente del palazzo stesso.
Tornando all’interno, in ogni ambiente si può notare la funzione originale dell’edificio: quello di dimora di una delle più importanti famiglie della città.
Non si hanno, comunque, indicazioni precise sulle destinazioni delle camere, anche se si presume che Emanuele Filiberto utilizzasse uno degli appartamenti del piano terra, quello detto di AncheMezzanotte.inomi degli ambienti non sono più quelli originali, in quanto ci mancano queste informazioni, ma sono legati alle decorazioni presenti o alla loro posizione.
Gli stucchi, coi loro colori chiari dal grigio-azzurro all’avorio e le nicchie puramente decorative, aumentano il senso di leggerezza, di luminosità e movimento, lasciando l’ospite in uno stato di ammirazione e stupore.
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 105
Samuele Silva Photography Barbara Tonin Photography
Riprendono questo andamento perfettamente curvilineo altre due scale più piccole; dalla curiosa forma elicoidale collegano i vari piani del palazzo.
Lo scalone con suo andamento ‘ad onda’ e con i gradini che cambiano forma man mano che si sale, passando da convessi a concavi, invita il visitatore ad entrare, quasi con la forma di un abbraccio; allo stesso tempo evidenzia la ricchezza e l’importanza della famiglia da cui si veniva ricevuti.
In parte si intravvede la decorazione di fine Settecento di Giovan Battista Pozzo e, in particolare, si leggono alcune iniziali: da un lato alcune V e dall’altro delle A, che fanno probabilmente riferimento al principe di Carignano Vittorio Amedeo II. Superate le anticamere si raggiungono le sale di rappresentanza, dette ‘sale dorate’ per il tripudio di dorature alle pareti, coperte da boiserie: i pannelli di legno intagliati, ricoperti di foglie d’oro ed applicati su specchiere, costituiscono l’elemento peculiare di questi appartamenti.
Lorena Durante Photography REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 106
Al pian terreno troviamo gli appartamenti di Mezzogiorno, detti anche ‘dei Principi’ in riferimento a Carlo Alberto e a Maria Teresa d’Asburgo che abitarono, anche se non stabilmente, in questa parte del palazzo.
Le specchiere servivano, oltre che come decorazione, anche per ampliare gli spazi ed aumentare la luminosità degli interni. Non ci sono più gli arredi originali, perché con la salita al trono del Regno di Sardegna di Carlo Alberto, il palazzo venne svuotato dei dipinti e degli arredi. Adriana Oberto Photography
Secondo le usanze del cerimoniale di Corte le camere vere e proprie sono anticipate da due anticamere, dove attualmente sono i posti pannelli illustrativi dedicati alla figura di Emanuele Filiberto e all’architetto Guarino Guarini.
Samuele Silva Photography REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 107
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 108
La prima sala è detta sala delle Battaglie per la presenza di due quadri in cui sono rappresentate appunto delle battaglie, a ricordo delle imprese di Tommaso di Savoia Carignano, capostipite del ramo della famiglia. Sempre lo stesso Tommaso è rappresentato anche in un'altra tela mentre indossa l’armatura, a sottolineare il suo carattere fiero e combattivo. Il soffitto di questa sala, come quello della successiva, è affrescato da Stefano Maria Legnani, detto il Legnanino e riproduce il mito del pavone. In particolare, al centro si può ammirare l’episodio finale del mito in cui Mercurio porta a Giunone gli occhi di Argo e Giunone stessa ordina che siano posti sulla coda del Ilpavone.soffitto della camera successiva, rappresenta le storie di Ercole con, al centro del soffitto, la sua Apoteosi. Questa sala è detta delle Stagioni in riferimento alle decorazioni presenti nelle sovrapporte; riconoscibili grazie ai loro attributi classici si possono osservare: la primavera rappresentata dai fiori, le spighe dell’estate, l’uva per l’autunno e un anziano coperto da un mantello che raffigura l’inverno.
Adriana
SALA
Barbara Tonin Photography Oberto Photography DELLE BATTAGLIE
Lorena Durante Photography Adriana Oberto Photography SALA DELLE STAGIONI REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 109
Si giunge infine alla camera da letto; si tratta dell’unica camera arredata, anche se come abbiamo detto gli arredi non sono originali, ma vennero acquistati da Pietro Accorsi in occasione del centenario dell’Unità d’Italia. Sulla volta si possono ammirare le nozze di Giove e Giunone, decorazione in linea con la funzione della camera. Proprio in questa stanza il 14 marzo 1820 nacque Vittorio Emanuele II, primogenito di Carlo Alberto di SavoiaCarignano e futuro primo re d’Italia, così come afferma anche la targa sul fronte dell’edificio. Dalla camera si può accedere a due ambienti più piccoli, noti come lo Studio di Cavour e lo Studio di Carlo Alberto. Il primo fu utilizzato proprio da Camillo Benso a partire dal 1852, quando divenne capo del governo del Regno di LoSardegna.statista era solito guardare fuori dalla finestra, che dà sul fronte del palazzo, verso mezzogiorno: quando dal ristorante di fronte – Del Cambio – veniva sventolato un fazzoletto bianco, sapeva che era ora di uscire e andare a Adiacentepranzo. alla sala delle Battaglie, affacciato su via Principe Amedeo, si trova lo studiolo di Dante. Si tratta di un piccolo ambiente, al momento non aperto al pubblico, sulla cui volta nel 1861 il pittore Domenico Mossello raffigurò il busto di Dante Alighieri con il capo coronato di alloro accanto alle allegorie della Letteratura e della Fama. È possibile contribuire all’intervento di restauro dello Studiolo di Dante tramite elargizione liberale sul sito artbonus.gov.it
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 110
Lorena Durante Photography
Al progetto è dedicata un’apposita pagina con tutte le informazioni.
STUDIO CARLO ALBERTO Adriana Oberto Photography
STUDIO CAVOUR Adriana Oberto Photography REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 111
L’Art Bonus è una misura introdotta dal governo per incrementare il sostegno del patrimonio culturale pubblico Grazieitaliano.a questo incentivo, a chi effettua delle erogazioni liberali a favore di alcune attività specifiche è riconosciuto un credito di imposta pari al 65% dell’importo versato. Gli interventi in corso legati all’art bonus sono parecchi in tutta Italia e l’elenco si può trovare facilmente sul sito https://artbonus.gov.it/; uno di essi riguarda proprio lo Studiolo di Dante a Palazzo Carignano. Questo locale, riccamente decorato con puttini e infiorescenze, oltre che con l’immagine del busto di Dante, è in parte gravemente rovinato a causa dell’umidità. L’attività di restauro mira a ripristinare la bellezza originale di questi spazi, per poterli inserire nel percorso di visita e permettere a tutti di ammirarli. Per avere maggiori informazioni su questo progetto specifico, diventare dei mecenati facendo delle donazioni e osservare lo stato di avanzamento dei lavori si può consultare il la pagina dedicata
Adriana Oberto Photography Adriana Oberto Photography
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 112
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 113
Samuele Silva Photography
Anche gli appartamenti di Mezzanotte hanno una struttura simile a quelli di Mezzogiorno, con ampi spazi affrescati dal LaLegnanino.grandeanticamera
La camera successiva è chiamata genericamente grande camera del letto, in quanto non si sa con esattezza da chi venisse utilizzata. E’ caratterizzata da una particolare struttura tipicamente guariniana, che viene sottolineata dalle finte architetture create dei quadraturisti che lavoravano col Legnanino. Sul soffitto è rappresentata l’apoteosi di Vittorio Amedeo I, primogenito di Emanuele Filiberto, che viene portato al cospetto di Giove, celebrando ancora una volta qui la grandezza della casata dei Savoia - Carignano. Una particolarità di questo appartamento, che si discosta dalle residenze nobiliari coeve, è la presenza di un lungo corridoio, inconsueto per l’epoca. Anche questo ambiente di passaggio è impreziosito da affreschi del Legnanino e reso più aggraziato dagli stucchi di Pietro Somasso.
è decorata con storie di Achille e con al centro l’Apoteosi di Achille a fare da contraltare a quella di Ercole vista in precedenza.
Continuando il percorso si raggiunge infine un’altra camera, detta sala longa per la sua forma allungata, il cui soffitto è affrescato con la rappresentazione del carro di Apollo con l’Aurora. Adriana Oberto Photography
Barbara Tonin Photography IL PRESENTE
Come tra il Seicento e l’Ottocento, anche avvicinandosi ai giorni nostri Palazzo Carignano ha cambiato più volte la sua destinazione: fino agli inizi del ‘900 fu la sede dei musei di geologia e mineralogia mentre, negli anni Trenta, si trasferirono qui la Regia Soprintendenza ai Monumenti e il Museo del Risorgimento.
Ancora oggi il primo piano del palazzo è occupato dal museo, mentre al pian terreno, negli appartamenti di Mezzanotte, sono presenti gli uffici della Direzione Regionale Musei Piemonte, istituto creato nel 2015 per la gestione di nove diversi siti piemontesi. Nel 2011 furono eseguiti lavori di restauro, in modo da restituire in parte anche il pian terreno alla fruizione Adpubblica.oggi, infatti, l’appartamento di Mezzogiorno è aperto ai visitatori come museo, mentre altre sale vengono utilizzate come uffici e aperte saltuariamente al pubblico. Gli ambienti all’ingresso sono utilizzati come biglietteria e locali tecnici, mentre nella parte a Mezzanotte ci sono locali adibiti a sale convegni e altre sale di rappresentanza per riunioni ed incontri della Direzione Regionale Musei. Palazzo Carignano, come altre numerose residenze sabaude, dal 1997 è entrato a far parte del patrimonio AlUnesco.suointerno vengono offerti servizi diversi che vanno dai servizi trasversali prestati dalla direzione museale alle altre sedi ai servizi ideati direttamente per i fruitori del museo. In particolare, rivestono una certa importanza i servizi educativi rivolti ai bambini, mentre gli adulti hanno la possibilità di essere accompagnati nel percorso di visita da volontari, oppure di seguire visite con guide Perspecifiche.quanto riguarda i bambini vengono organizzate apposite visite con le scuole sotto forma di gioco o di Occupandosilaboratorio. la Direzione Regionale Musei anche di restauro, vengono organizzate visite specifiche al laboratorio di restauro per illustrare anche ai più piccoli l’importanza fondamentale di questa attività.
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 114
REPORTAGE | PALAZZO CARIGNANO Giroinfoto Magazine nr. 79 115
A questo scopo verrà riorganizzata la comunicazione e l’accessibilità al museo, con informazioni su cosa vedere e come, su come sia strutturata la direzione regionale musei e dove siano dislocati gli altri musei del Infine,territorio.molte informazioni saranno date su Palazzo Carignano attorno a cui si è avvicendata la storia della città, della famiglia Savoia e dell’Unità d’Italia.
Tutto questo per conservare Palazzo Carignano nel migliore dei modi, mantenerlo sempre al meglio e renderlo più fruibile per una visita, un approfondimento di arte o storia, o anche per una semplice passeggiata tra le bellezze di Torino.
Nel 2023 verranno intrapresi nuovi lavori di restauro e riorganizzazione degli spazi interni con l’apertura di uffici all’ultimo piano, il che permetterà di riunire tutta la parte amministrativa lasciando il pian terreno completamente aperto e fruibile da parte dei visitatori.
Molti sono i progetti per il futuro del palazzo; uno dei più importanti consiste nella creazione di un distretto o hub culturale: si tratta di una riprogettazione degli spazi del museo e della Direzione come luogo unico in cui si presenta il patrimonio dei musei sul territorio.
I lavori di restauro coinvolgeranno anche le facciate con un progetto innovativo, basato sull’utilizzo di cantieri-studio: si tratta di sfruttare l’occasione dei restauri per effettuare studi, prelevare campioni da sottoporre ai laboratori di analisi, nonché acquisire conoscenze su come e con che cosa si lavorava in Inpassato.questo modo si punta ad ottenere informazioni importanti, utilizzabili anche su altre lavorazioni e restauri di altri edifici. Inizierà così un progetto di manutenzione programmata che sfrutterà le conoscenze acquisite per prevedere interventi puntuali con cadenze definite.
IL FUTURO
Anche il cortile avrà un posto centrale in questo Questoprogetto.è ora principalmente luogo di passaggio; in futuro conterrà informazioni su dove andare e cosa vedere sia all’interno del palazzo, sia all’esterno. Inoltre, il cortile potrà diventare luogo di sosta e di fruizione di esperienze diverse, come attività teatrali, musicali e giochi di luce. Vorrà divenire, infine, anche luogo di racconto, grazie a pannelli esplicativi e QR code scansionabili – fonti di informazioni facilmente accessibili.
REPORTAGE | BUNKER SORATTE
Giroinfoto Magazine nr. 79 116
Carlo RossellaMartaMariangelaLauraGiorgiaTacconelliAcciaroRossiniBoniPetrucciFalcone
REPORTAGE | BUNKER SORATTE
Giroinfoto Magazine nr. 79 117
Due giorni di rievocazione storica del bombardamento avvenuto nel ’44 a 40 Km a nord di Roma sul Monte Soratte. Un evento promosso dalle associazioni BunkerSoratte e Gruppostorico Sant’Oreste per non dimenticare il devastante bombardamento che durante la seconda guerra mondiale colpì soltanto il bunker lasciando intatto il vicino paese.
RIEVOCARE SIGNIFICA CAPIRE …
Il Bunker è accessibile tutto l’anno, ma nel secondo week end di Maggio Sant’Oreste si trasforma in un set cinematografico dove si incontrano persone di tutte le età vestite nello stile anni ’40, sia in abiti civili che Unomilitari.diloro, Carlo Arbuatti, racconta come ha restaurato una stazione radio tedesca rendendola perfettamente funzionante e mostra il microfono del ricetrasmettitore ad onde corte su cui è scritto Feind hört mit!
REPORTAGE | PLANETARIO TORINO
Marta Petrucci Photography Laura Rossini Photography BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 118
(il nemico ti ascolta) Visitare il bunker mentre a 3.000 km di distanza l’orologio sembra aver riportato indietro le lancette di 80 anni, è stata una emozione forte. Negli stessi giorni, infatti, il conflitto in Ucraina si stava Siintensificando.imponeuna domanda: che cosa è andato storto? L’essere umano studia la storia, eppure, non capisce, dimentica, o ignora? Entriamo nel bunker e cominciamo la visita avendo come guida i ragazzi dell’Associazione. Sono i nipoti di quei nonni, testimoni di guerra, che hanno ancora storie da raccontare. Sono alla continua ricerca di materiale documentale ed espositivo convinti che un metodo Stanislavskij applicato alla storia potrebbe aiutare o allenare le persone a capire, per poter migliorare ed evitare che la storia si ripeta. Le loro ricerche li hanno portati fino in Germania. I ricavati delle visite vengono costantemente reinvestiti per la manutenzione del bunker e l’acquisto di materiale per nuovi allestimenti. Una mostra vivente lunga 4,5 km, tanto sono lunghe le gallerie percorribili sui 14 km scavati all’interno della montagna.
Laura Rossini Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 119
Il Monte Soratte per 60 anni ha nascosto e protetto un capolavoro di architettura, ingegneria e tecnologia.
Gli inglesi riuscirono ad individuare il sito e nello stesso anno, con una tempesta di fuoco: il firestorm, lo distrussero. Dal 52, per una decina di anni, è stata una polveriera, ma a causa dell’umidità interna che non permetteva permettendo la corretta conservazione del materiale, fu dismessa.
Intorno al ’43 ospitò una piccola fabbrica di armi della Breda e sempre nello stesso anno il maresciallo Kesserling decise di utilizzarlo come quartier generale del Comando Supremo del Sud , facendo del Monte Soratte il centro nevralgico del potere tedesco in Italia.
Percorriamo la stortina, come viene chiamata la galleria di raccordo a forma semicircolare dalla quale si diramano le caverne: ampie camerate con la volta a botte adibite ognuna ad una funzione diversa, infermeria, dormitorio e magazzino.
Marta Petrucci Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Laura Rossini Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 120
Negli anni 60 la Nato chiese ai paesi membri di dotarsi di un rifugio antiatomico, così fu deciso di utilizzare questo luogo, costruendo gallerie più moderne nella parte più interna della montagna nella massima segretezza.
Mussolini alla fine degli anni ‘30 è il primo a scegliere questa montagna, per la sua vicinanza alla capitale, come rifugio per le più alte cariche del regime in caso di bombardamento e a dare inizio agli scavi.
Nessuno infatti venne a conoscenza di questa ultima destinazione d’uso fino al 2002.
Ambienti familiari ricostruiti nei minimi dettagli, persino con finestre disegnate affinché i soldati e i loro cari potessero sentirsi come a casa. Era stato previsto anche un bar ed un teatro. Nulla era stato lasciato al caso.
Adriana Oberto Photography Procediamo lentamente, in silenzio, un po’, come dice la targa, perché l’aria è preziosa, un po’ per rispetto di chi questi luoghi li ha vissuti e progettati.
la stortina ci sono su entrambi i lati delle feritoie basse poste una di fronte all’altra. In caso di pericolo, qualora l’impianto di areazione fosse stato chiuso, si sarebbero accese da un lato delle luci di emergenza che avrebbero illuminato dalla parte opposta le nicchie dove poter recuperare almeno 4 maschere di ossigeno in ogni vano, alimentate da tubature collegate ad un generatore. Avrebbero dovuto essere utilizzate come assistenza respiratoria per permettere alle persone di avere il tempo di rifugiarsi nella la parte interna e più sicura del bunker. Ogni procedura di emergenza prevedeva un piano B. Nel caso in cui il generatore non avesse funzionato, 8 militari, dotati di autorespiratori, avrebbero azionato dei compressori per far circolare l’aria per tutti gli altri.
Giorgia Acciaro Photography Giorgia Acciaro Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 121
Già negli anni 40 gli architetti italiani furono in grado di progettare cisterne alimentate dall’acqua che filtrava dalla roccia carsica, controsoffitti con volta a botte leggeri e distaccati dalla roccia stessa per poter attutire i contraccolpi di eventuali bombardamenti, fatti di materiale leggero così da non provocare danni ingenti in caso di crollo. Sistemi di areazione collegati all’esterno, ma in grado al tempo stesso di una breve autonomia. Impianti nascosti di respirazione assistita come quella che vediamo oggi negli Lungoaerei.
La porta d’ingresso è imponente, a tenuta stagna fatta di acciaio balistico. Il punto di accesso qualora fosse andata via la corrente sarebbe stato segnalato da una scritta con materiale fosforescente biologico estratto da particolare tipo di medusa in grado di mantenere la luminosità molto più a lungo di qualsiasi elemento chimico. Se si illumina per un’ora può rilasciare luminosità per ulteriori 12 ore.
Rossella Falcone Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 122
Facendo un salto indietro di 20 anni, ci troviamo in un’area che sembra un cantiere aperto, terra sul pavimento e sbarre di ferro che escono dai muri laterali, ma in realtà è il limite di confine con il più moderno bunker antiatomico. In caso di emergenza le sbarre di ferro sarebbero servite a fissare una colata di cemento di circa 7-8 metri che avrebbe isolato la parte di gallerie più interna lasciando un solo accesso alla struttura che si trova più avanti.
Rossella Falcone Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 123
Una volta chiusa la porta, l’ambiente sarebbe rimasto in L’ariasovrapressione.avrebbepotuto uscire, ma non entrare, evitando così eventuali contaminazioni. Queste gallerie hanno una struttura antisismica, tra le migliori al mondo, tanto che la stessa tecnologia è stata usata per la realizzazione del centro NORAD il Comando di difesa aerospaziale del Nord America anch’esso attivo tra il 1960 ed il Camminiamo2000. su piani sospesi da isolatori sismici, circa 2500, che consentono alla struttura di oscillare come il cestello di una lavatrice. I fasci di luce che si vedono nei corridoi provengono dall’illuminazione dei locali sottostanti. Il pavimento è interrotto da vuoti d’aria di circa 5 centimetri per evitare l’attrito e la compressione dovuta a possibili impatti ed Iloscillazioni.bunkerera
Marta Petrucci Photography Marta Petrucci Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 124
stato progettato per accogliere in totale 100 persone di cui 50 tecnici che sarebbero dovuti arrivare per primi sul luogo, per attivare i macchinari e predisporre gli ambienti in attesa dei 50 politici cui sarebbe stato riservato Sil’accesso.impone qui una seconda domanda: e tutti gli altri? Destinati ad uno scenario apocalittico. L’ingresso prevedeva un protocollo di decontaminazione, la vestizione con tute e maschere antigas. All’interno tutti i, confort, si fa per dire, per poter sopravvivere e continuando, in emergenza, a guidare una Nazione sotto attacco per almeno 6 mesi. Negli anni della guerra fredda, e a seguire, quante volte abbiamo rischiato una guerra atomica? Non lo sappiamo e continuiamo ad ignorarlo. Sprezzanti del pericolo, abbiamo continuato e continuiamo a sfidare la sorte, altrimenti ai giorni nostri, non alimenteremmo le guerre che ci circondano. E il perché è un terzo interrogativo su cui sarebbe bene iniziare a riflettere.
Rossella Falcone Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 125
Mariangela Boni Photography Rossella Falcone Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 126
Fu assistito da una famiglia che viveva alle pendici del monte e tornò in patria, ma lungo la strada nascose una mappa.
In tempo di guerra la cosa non suscitò scalpore, ma anni dopo si venne a sapere che uno dei soldati era sopravvissuto all’eccidio.
Si racconta che una notte dell’Aprile del ’44 arrivò nel quartier generale tedesco una colonna di carri con a bordo 79 casse di legno dal contenuto misterioso. I 18 soldati incaricati del trasporto la notte stessa furono trucidati dai loro compagni, e la galleria dove erano entrati fu fatta saltare in aria.
Diversi anni dopo Willy Vogt fu trovato morto carbonizzato ad QuiAmburgo.comincia la leggenda dell’oro scomparso trafugato alla Banca D’Italia .
Ben un terzo delle riserve auree del paese era sparito e forse era quello il contenuto delle casse di legno? I cunicoli e le gallerie sono talmente tante che nessuno sino ad ora ha trovato nulla. Il tesoro potrebbe essere ovunque. Qualcuno per non sbagliare prova a portarsi via anche i lingotti accatastati nelle casse di legno all’interno del bunker, ovviamente falsi, ma non si sa mai.
Willy Vogt, ed il tesoro nascosto
l Bombing day è la giornata della memoria per ricordare il devastante bombardamento che il 12 Maggio del 1944 subì il monte Soratte.
Laura Rossini Photography edPasquale,ilmiracolo di
Sant’Oreste REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 127
Una tempesta di fuoco, progettata dagli inglesi. Un attacco devastante con 2000 tonnellate di bombe seguite da tonnellate di benzina a creare una spirale ed un vortice d’aria che avrebbe sottratto tutto l’ossigeno all’interno delle gallerie, facendo morire i tedeschi di asfissia.
Gli abitanti del paese lo trattarono sempre bene e lo soprannominarono San Francesco. Il giorno prima del bombardamento un omone ben vestito, sbarbato e curato andò in giro per Sant’Oreste chiedendo ad ogni abitante di non recarsi al lavoro il giorno dopo. Fu dunque un miracolo ?
Il paesino di Sant’Oreste, a ridosso della montagna, non fu Tutticolpito.gli abitanti che all’epoca lavoravano all’interno delle gallerie, sia uomini che donne, rimasero illesi. Come fu possibile? Nessun operaio quel giorno andò a lavorare e le bombe caddero solo sul bunker. La leggenda narra che fu per merito di un forestiero di nome Pasquale Di Giovanni arrivato in paese qualche mese prima. Diceva di avere origini abruzzesi. Era un omone schivo, con la barba incolta, trasandato, dormiva nelle baracche degli operai, non parlava benissimo italiano. Come altri minatori andava in giro con uno zaino ed una gabbietta con un uccellino per questioni di sicurezza. Se all’interno della galleria fosse venuto a mancare l’ossigeno l’uccellino sarebbe morto. Ma il suo uccellino era diverso dagli altri. Nei giorni di festa, soprattutto la domenica Pasquale portava la sua gabbietta nel punto più alto del paese, più o meno sempre allo stesso orario. I bambini del paese lo osservavano mentre parlava con il suo uccellino in una lingua strana, ma ancor più strano era il fatto che l’uccellino gli rispondeva. I due sembravano capirsi.
Usciamo dal bunker guardiamo in alto e nel cielo le nuvole sembrano disegnare uno stormo di aerei da combattimento. Che strana la natura….umana. Visitare i “percorsi della memoria” ti fa vivere la storia. Un percorso molto interessante non solo dal punto di vista Ringraziamodidattico. l’Associazione Bunker Soratte www.bunkersoratte.it Laura Rossini Photography Carlo Tacconelli Photography Mariangela Boni Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 128
Rossella Falcone Photography REPORTAGE | BUNKER SORATTE Giroinfoto Magazine nr. 79 129
A cura di Lorena Durante REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Lorena LorenzoDuranteRigatto Maddalena Bitelli Mariangela Boni Giroinfoto Magazine nr. 79 130
Giroinfoto Magazine nr. 79 131
Automotoretrò è il grande Salone torinese dedicato al motorismo storico che quest’anno ha raggiunto la sua quarantesima edizione. L’evento è nato nel 1983 dall’iniziativa di quattro soci della Scuderia Rododendri, tra i quali Beppe Gianoglio che ancora oggi in prima persona cura l’organizzazione della manifestazione con Bea Srl, insieme alla rassegna gemella ParlandoAutomotoracing.dinumeri Automotoretrò è arrivato quest’anno a contare oltre 1.200 espositori e più di 67.000 visitatori, provenienti da tutta Europa, e propone una delle migliori selezioni per appassionati dei gioielli del passato a due e quattro ruote. Rigatto Photography
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ
Lorenzo
La nostra visita, tuttavia, si è focalizzata su questi ultimi due settori, che vi racconteremo nelle prossime righe. L’intento degli organizzatori rimane comunque da sempre, nonostante le novità, quello di condividere la propria passione con il numeroso pubblico, incentivando il collezionismo privato e la diffusione della cultura motoristica.
Lorena Durante Photography
Si snoda tra tre padiglioni all’interno del Lingotto e da quest’anno si implementa con l’annessione di una nuova zona espositiva all’interno dell’Oval, in cui si può trovare una parte dedicata alla mobilità sostenibile e un’altra con il meglio delle auto e moto da competizione, customizzazione, tuning e racing e di una zona all’esterno dedicata alle gare automobilistiche in cui è stata allestita una vera e propria pista.
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 132
Lorenzo Rigatto Photography REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 133
Ma iniziamo a raccontarvi cosa abbiamo visitato nei padiglioni all’interno del Un’areaLingotto.era interamente occupata dalla compravendita di vetture e un’altra da ricambi introvabili e accessori, dal modellismo all'editoria specializzata e al vastissimo settore dell'automobilia, che raggruppa quel mondo di oggetti di ogni genere che ruota intorno al collezionismo Maautomotoristico.ilverocentro originale della manifestazione è stato allestito nel primo padiglione con gli spazi riservati ad alcuni nomi importanti: FCA Heritage, ASI, lo stand ACI che ospitava il Museo dell’Automobile di Torino, alcuni club storici italiani molto importanti. Mariangela Boni Photography
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 134
Ma iniziamo dallo stand di FCA Heritage che ha messo in mostra quattro splendide vetture accomunate dal cinquantesimo anniversario (1972) e dal colore rosso della carrozzeria: una FIAT 124 Abarth Rally Gruppo 4 da competizione, il primo prototipo della FIAT 126, la Lancia Fulvia Coupé 1.6 HF e per ultimo un esemplare unico appartenente al Museo Alfa Romeo di Arese, ovvero l’Alfetta Spider Coupè disegnata da L’alfettaPininfarina.esposta rappresenta una vera e propria pietra miliare nella storia dell’Alfa Romeo per le soluzioni tecniche introdotte; la scelta di presentare questa versione è un omaggio a Torino dove venne presentata per la prima volta nel 1972. Il prototipo si caratterizza per la linea fortemente a Cuneo e i vistosi paraurti in gomma nera, due soluzioni che ebbero una grande fortuna nel design delle auto negli anni Settanta.
Mariangela Boni Photography Mariangela Boni Photography
Anche la 126 è un prototipo ed è l’ultimo esistente prodotto dalle linee di Cassino nel 1972. Quest’auto venne lanciata dalla Fiat - Fabbrica Italiana Automobili Torino per sostituire il suo cavallo di battaglia, la 500 che aveva motorizzato l’Italia, e doveva quindi essere maneggevole ed economica, ma con un design più moderno come la sorella maggiore 127, prodotto dalla casa in quelli stessi anni. La 124 Abarth invece è un’evoluzione della Fiat 124 spider. Grazie a una messa a punto speciale della Squadra corse ottiene, sempre nel 1972, l’omologazione per correre nel gruppo 4. Per quest’auto quello fu proprio un anno glorioso: grazie ad un motore più performante e ad una riduzione del peso, dovuta al tettino in fibra di vetro e alle portiere in alluminio, furono numerose le vittorie ottenute.
Nello stand trova posto come quarta auto anche la lancia Fulvia coupè che fu campionessa al Rally de Monte-Carlo del 1972 con il numero di gara 14, condotta da due nomi famosi delle corse, Sandro Munari e Mario Mannucci.
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Lorena Durante Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 135
A Torino nel 1963 nasce il Centro storico Fiat e, successivamente, nel 1971 il Museo Lancia. Pochi anni dopo, nel 1976, apriva ad Arese, Il museo Storico Alfa Romeo. Sia il Museo Alfa Romeo che il Centro Storico Fiat sono tuttora esistenti e ospitano le collezioni automobilistiche e gli archivi storici dei rispettivi marchi, raccolte documentali che includono disegni tecnici e progetti, materiali di comunicazione, documentazione finanziaria e industriale, filmati e immagini.
Nel 2019 il dipartimento si stabilisce nei locali dell’ex Officina 81 di via Plava a Torino, uno degli storici impianti di produzione meccanica Fiat all’interno dello stabilimento di Mirafiori. Nasce così Heritage Hub, lo spazio polifunzionale che ospita FCA Heritage. FCA Heritage opera per tutelare il patrimonio storico dei marchi del Gruppo, occupandosi del restauro e della manutenzione periodica delle vetture che compongono la collezione aziendale.
Negli stessi anni la Fiat si ingrandisce, acquisisce i marchi: Autobianchi nel 1968, Lancia e Ferrari nel 1969, Abarth nel 1971, Alfa Romeo nel 1986 e per ultimi Innocenti e Maserati nel 1990.
Negli anni ‘60 e ‘70 diverse Case automobilistiche italiane hanno avviato programmi di tutela e valorizzazione del proprio patrimonio storico.
Nel 2007 il Museo Lancia - situato in Borgo San Paolo a Torino - viene chiuso e le vetture che compongono la collezione storica del marchio sono trasferite in un edificio industriale appartenente al Gruppo Fiat.
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 136
Negli anni 2000 marchio Abarth viene rilanciato e anche per questo si avvia un’operazione di valorizzazione del patrimonio storico: la collezione di vetture storiche da record e da rally della Casa dello Scorpione viene esposta presso la nuova sede dell’Abarth - all’interno del comprensorio industriale di Mirafiori - e in parallelo vengono attivati i servizi di certificazione e restauro dedicati alle auto d’epoca del marchio.
Nel 2014 FIAT Spa e Chrysler Group si fondono nel Gruppo FCA e l’anno successivo nasce FCA Heritage, che estende l’iniziativa di Abarth ai marchi Alfa Romeo, Fiat, Lancia. A capo di FCA Heritage viene nominato Roberto Giolito, designer automobilistico, già responsabile del Centro Stile Fiat e padre di due auto molto famose della casa torinese: la 500 e la Multipla.
FCA HERITAGE
Lorena Durante Photography
Lorenzo Rigatto Photography REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 137
Lorena Durante Photography
ASI REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 138
L’ASI è l’Automotoclub Storico Italiano e ha come obiettivo principale valorizzare il patrimonio motoristico storico. Un club composto da appassionati e collezionisti di auto storiche che organizza, inoltre, eventi e manifestazioni dedicati a questi veicoli e che gestisce e aggiorna i registri L’iscrizionestorici.ai registri storici è prevista per le auto che hanno più di 20 anni di età. Al compimento dei 30 anni, questi veicoli possono essere definite auto di interesse L’ASIcollezionistico.rilasciauna serie di certificazioni dedicate ai proprietari delle auto iscritte al club, tra cui la documentazione che attesta la storicità del Unomezzo.dei documenti di maggiore importanza, il certificato di identità dell’auto, contiene foto, estremi identificativi, dettagli ed eventuali interventi di restauro, oltre allo stato di conservazione del mezzo e alle sostituzioni di pezzi non originali.
Lorena Durante Photography
Nello spazio dell’ASI abbiamo potuto ammirare una rara Lancia Rally 037 nella speciale configurazione “Safari”, con la quale la squadra ufficiale Lancia Martini Rancing, con l’equipaggio Preston-Lyall, partecipò nel 1986 alla gara africana.
Proprio per questo, tra le motociclette esposte troviamo una Yamaha 350 del 1978 dotata di telaio Bimota, che sottolinea la partnership dell’evento con questa casa motociclistica. Ma proprio in questo spazio troviamo anche un altro importante pezzo esposto: il trattore Fiat RD25 del 1953, il cui progetto vide la partecipazione dell’ingegnere Dante Giacosa, per l’adattamento del motore Diesel utilizzato sulla berlina 1400 e sul fuoristrada Campagnola.
Questo trattore è stato scelto per un’importante novità del L’ASI,settore.infatti, è riuscita a far finalmente riconoscere legalmente la valenza storica e culturale anche dei mezzi agricoli, tramite una modifica dell’art. 60 del codice civile.
Una vettura scelta anche per rappresentare il nuovo libro edito dalla libreria dell’associazione intitolato “C’era una volta il Safari – Storie italiane d’Africa”, scritto a quattro mani da Sergio Remondino e Sergio Limone e che racconta le avventure delle auto italiane, in questa competizione ai limiti Madell’avventura.nonmancano nello stand anche tre moto a ricordare un altro importante evento Asi, ovvero il Motor show che si è tenuto a Maggio a Varano de Melegari.
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 139
La manifestazione è stata anche l’occasione per festeggiare i 120 anni della Indian, la più antica casa motociclistica americana, che è stata celebrata con un’esposizione speciale nell’area tematica dedicata alle due ruote. Fondata nel 1901 da George M. Hendee e Carl Oscar Hedström, entrambi appassionati riders che studiarono e progettarono il loro primo modello, utilizzando un telaio ciclistico con un motore monocilindrico da 1,75 HP. La Indian è stata protagonista di grandi successi sportivi e di diversi record fino alla chiusura nel 1953. Esposti in Salone non mancheranno modelli iconici come la Big Chief, la PowerPlus e la Scout, anche dotati di sidecar. Tra modelli più vecchi esposti abbiamo ammirato il modello O del 1917 e la Camel Back con il particolare serbatoio posizionato sul parafango posteriore. Il più importante dei club federati ASI con il suo stand è sicuramente quello dell’associazione Ruote d’Epoca – Riviera dei Fiori, che oggi annovera più di 17.000 soci in tutta Italia e si piazza al primo posto tra tutti quelli presenti in Italia. Sono presenti anche il Fiat Club 500, il Lancia Club e tanti altri. Ne ricordiamo due in particolare storici di Torino il Vespa Club e quello della mitica Topolino. Per la prima volta all’interno dell’Automotoretrò, è stato inserito anche uno spazio interamente dedicato all’arte: Rivoluzioni.
Lorena Durante Photography Lorenzo Rigatto Photography REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 140
Con questa mostra curata dal giornalista e critico d’arte Luca Beatrice, abbiamo potuto ripercorrere i cambiamenti storici, economici e sociali del secolo scorso attraverso i veicoli iconici e al tempo stesso protagonisti e spettatori delle grandi Eccorivoluzioni.leparole del suo ideatore: «Auto da sogno e soprattutto auto della memoria, che hanno accompagnato la mia vita fin dall’infanzia, da quando giocavo e collezionavo i modellini.
Una scelta basata sulla rivoluzione dei costumi nella società, che ha coinvolto lo stile, la way of life, il modo di essere. E dove l’ordinario, talvolta, è stato più importante L’autodell’eccezionale».nonèsolo
Ecco quindi rivivere, in una parte del primo padiglione, 10 auto e ad alcune motociclette di un periodo che va dal secondo dopoguerra alle soglie del terzo millennio, tutte recuperate e messe in mostra per il loro carattere pionieristico e la capacità di interpretare lo spirito dei tempi.
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 141
Lorena Durante Photography
un mezzo di trasporto e non bisogna dimenticare che le auto e moto d’epoca non sono soltanto “cultura in movimento” (come un precedente direttore del Modern Art Museum di New York aveva dichiarato), ma è un mondo importante che è cambiato negli anni e ci ha accompagnato nelle varie vicende storiche.
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 142
Lorena Durante Photography
è stato completato dall’Istituto d’Arte applicata e Design con una ricerca di materiali e iconografia, che ha portato alla realizzazione di grossi poster che accompagnavano l’esposizione delle auto, portando gli spettatori per un attimo in un museo più che in una fiera. All’esterno dell’Oval come dicevamo all’inizio, separato dai palazzi quadrati del Lingotto Mostre, è stata creata una vera e propria pista dedicata a vetture ultra equipaggiate, con sospensioni bassissime e iper-rigide, che si sono esibite nel “drifting”, cioè nelle curve veloci con le vetture in traversate sulle quattro Quest’annoruote. non è mancato anche il rally che, con “La Grande Sfida”, ha portato a Torino il brivido della competizione che ha acceso l’Automotoracing: otto tra i più blasonati piloti
La Land Rover, trasformatasi in auto tuttofare dopo essere nata su telai e carrozzerie di epoca postbellica; la nostra Fiat Panda, divertente e pratica “city car” apparsa nel 1980, nata mentre a Torino furoreggiava la severa protesta della “marcia dei 40.000” (operai e impiegati della Casa torinese); il “Bulli” della Volkswagen, pulmino per un concetto - durato a lungo - di vita alternativa e libera (sopra ci si viaggiava e, anche, dormiva); la Trabant, non accattivante macchina della DDR e dell’Est, la quale, dopo la caduta del Muro di Berlino, si era trasformata in memorabile modello di un mondo che non esisteva L’allestimentopiù.
di fama nazionale ed internazionale, a bordo delle performanti vetture della classe R5 di ultima generazione e otto campionesse di rally su Peugeot 208 R2B si sono contesi il titolo in una gara di velocità all’ultimo secondo. L’Automotoretrò è riuscito a riunire sia gli appassionati del Vintage sia quelli della velocità e ha attirato spettatori di tutte le generazioni, in un riuscito connubio di Arte, Estetica, Tecnica e Storia. Lorenzo Rigatto Photography Maddalena Bitelli Photography REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 143
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Giroinfoto Magazine nr. 79 144
REPORTAGE | AUTOMOTORETRÒ Lorena Durante Photography Giroinfoto Magazine nr. 79 145
Giroifoto è Editoria Ogni mese un numero on-line con le storie più incredibili raccontate dal nostro pianeta e dai nostri reporters. Giroifoto è Attività Con Band of Giroinfoto, centinaia di reporters uniti dalla passione per la fotografia e il viaggio. www.giroinfoto.com Giroifoto è Promozione Sviluppiamo le realtà turistiche promuovendo il territorio, gli eventi e i prodotti legati ad esso. LEGGILA GRATUITAMENTE ON-LINE on-line11/2015dal Giroinfoto Magazine nr. 79 146
ARRIVEDERCI AL PROSSIMO NUMERO in uscita il 20 giugno www.giroinfoto.com2022 Giroinfoto Magazine nr. 79 147
PHOTO TRAVEL MAGAZINE APPASSIONATI A NOIConoscerewww.giroinfoto.comilmondoattraverso un obbiettivo è un privilegio che solo Giroinfoto ti può dare PORTOFINOveramente.ManuelaAlbanese