GP Magazine agosto 2020

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evento del mese

St ef an o M as ciar el li e Mavina G raz iani

La Pellicola d’Oro Tutti i premiati della X Edizione di Francesco Fusco

S i è t e n u t o i l p r e m i o d e “ L a P e l l i c o l a D ’ o r o ” p r e s s o i l Te a t r o E t t o r e S c o l a d e l a Casa del Cinema, condotto magistralmente da Stefano Masciarelli, affiancato dall’attrice Mavina G r a z i a n i . Ta n t i s s i m i gli ospiti presenti durante la manifestazione promossa ed organizzata dall’Associazione Culturale “Articolo 9 Cultura & Spettacolo” e dalla “Sas Cinema” di cui è Presidente lo scenografo e regista Enzo De Camillis, ideatore dell’evento. In molti ad attendere Giovanna Ralli. La diva del cinema italiano ha ricevuto ieri sera il Premio alla Carriera da Francesco Rutelli (Presidente dell’ANICA); oltre a lei, anche Blasco Giurato, Direttore della Fotografia-Premio Oscar, è stato premiato alla carriera dal produttore Maurizio Amati. Salgono sul palco Claudio Amendola a ricevere il Premio Speciale per il cinema, premiato da Anna Laura Orrico (Sottosegretario MIBACT) e Carolina Crescentini per il Premio Speciale Serie Tv, premiata da Andrea Portante (Responsabile palinsesto e marketing RAI GOLD). L’attrice accompagnata da suo marito Motta ha attirato l’attenzione di molti fotografi e giornalisti. Tantissimi gli ospiti presenti. Tra questi gli attori Antonello Fassari, Ralph Palka, Maria Rosaria Omaggio, Elena Bonelli, Giovanna Rei, il giovanissimo Giacomo Giorgio, i registi Cinzia Th Torrini, Silvia Costa, Franco Mariotti, il Sottosegretario del Mibac Anna Laura Orrico, Chiara Sbarigia (APA), Cristina Priarone (presidente FilmCommission Nazionale), il direttore alla fotografia Roberto Girometti, i produttori Bruno Altissimi, Matteo Levi, Eduardo Angeloni e la speaker radiofonica Francesca Romana D’Andrea (Radio Dimensione Suono Roma). Miglior Attore protagonista: Pierfrancesco Favino (Cinema) e Sergio Castellitto (Serie Tv – Ritira la regista Cinzia Th Torrini), premiati da Matteo Levi (Vice Presidente APA); Miglior Attrice Protagonista: Valeria Golino (Cinema) e Cristiana Capotondi (Serie Tv – Ritira il produttore Alessandro Passadore), premiati da Silvia Costa (Commissario straordinario del Governo per il recupero dell’ex carcere di Santo Stefano a Ventotene).

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Cl audio Ame ndol a

Miglior Direttore di Produzione: Sonia Cilia (Cinema) e Alberto Maria Brusco (Serie Tv) premiati dal Direttore di Rai Movie Cecilia Valmarana; Miglior Tecnico Effetti Speciali: Danilo Bollettini (Cinema) e Roberto Ricci (Serie Tv), premiati dal Presidente Film Commission Nazionale Cristina Priarone; Miglior Capo Elettricista: Alessio Bramucci (Cinema – ritira il premio la produttrice Marina Marzotto) e Stefano Marino (Serie Tv) premiati dal Produttore Bruno Altissimi; Miglior Capo Macchinista: Fabio Fumelli (Cinema) e Massimiliano Dessena (Serie Tv – ritira il premio Bruno Anghelone), premiati dal Vice Presidente de La Pellicola D’oro Gianluca Leurini; Premio Speciale alla Carriera Macchinista: Roberto Diamanti (Ritira il produttore Riccardo Neri); Miglior Operatore di Giovann a Ralli Macchina: Emiliano Leurini (Cinema) e Roberto Luzi (Serie Tv – Ritira il premio il Direttore di Produzione Alberto Maria Brusco), premiati dal Regista Alessandro Capone; Miglior attrezzista: Stefano Morbidelli (Cinema) e Riccardo Passanisi (Serie Tv), premiati dal Presidente S.N.G.C.I. Franco Mariotti; Miglior Sarta di Scena: Melissa Anzellotti (Cinema) e Maria Antonietta Salvatori (Serie Tv)

premiati da Ciro del Ferraro (orafo realizzatore del premio de La Pellicola D’oro); Migliore Sartoria Cineteatrale Trucco: THE ONE (Cinema - Ritira Alessandra Cinti) e Luigi Rocchetti (Trucco – Serie Tv), premiati dalla costumista Nicoletta Ercole; Miglior Maestro D’Armi/Storyboard artist: Emiliano Novelli (Maestro D’Armi – Cinema) e David Orlandelli (Storyboard - Cinema), premiati dal Presidente FITEL Aldo Albano; Miglior Capo Costruttore: Gianluca Fanculli (Cinema) e Corrado Corradi (Serie Tv) premiati dal produttore della 11 Marzo Film Matteo Levi; Miglior Creatore Effetti Sonori/ Fonico Presa Diretta: Luca Anzellotti (Cinema – Ritira Jacopo Anzellotti) e Alessandro Bianchi (Serie Tv), premiati dal Presidente Associazione Roma BPA.

Car ol in a Cre scen tini S opra, Cin z ia Th Tor rini e Ral ph Palka

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storie & personaggi

Margherita Aiello Di crescere non si smette mai... di Roberto Ruggiero

La storia di Margherita Aiello è una delle tante straordinarie storie di donne che sanno puntare sui loro innumerevoli talenti. Margherita, come tantissime donne, è “multitasking”: imprenditrice di successo, moglie, mamma, presid e n t e d e l l ’ A s s o c i a z i o n e C o m m e r c i a n t i d i Vi c o E q u e n s e ( i n penisola sorrentina). Una donna che sente fortemente il legame con le proprie radici, guardando però costantemente “oltre e altrove”, nella maturazione di una personale vision in cui confluiscono obiettivi professionali e familiari. Ha cominciato giovanissima a muovere i primi passi, diventando titolare e responsabile di due sedi dell’agenzia immobiliare del gruppo Tecnocasa; dopo qualche anno, ha aperto due negozi di accessori e complementi d’arredo, e un ristorante – bar nella centralissima e caratteristica piazza di Vico Equense: il Wembley Restaurant Bar. Diversificare gli interessi imprenditoriali corrisponde al desiderio di diversificare e ampliare i propri orizzonti. “Credo di essere una donna perennemente proiettata verso il cambiamento e il miglioramento, mi vedo andare incontro al futuro con curiosità e entusiasmo. Mi adeguo alle novità, mi piace aprirmi al mondo, per essere al passo coi tempi”. Qual è il tuo sogno, dopo tanti progetti realizzati con successo? “Ho un solo grande sogno: avere una valigia pronta ed essere sempre in movimento. Poter viaggiare, per lavoro e per la mia crescita, è un’esigenza vitale”. Tra i tuoi impegni c’è quello legato al territorio in cui vivi e lavori: sei la presidente dell’Associazione dei Commercianti di Vico Equense (A.CO.V.E.), la cui “mission” è la promozione turistica, economica e culturale. “Vico Equense ha delle peculiarità uniche, essendo un territorio che si sviluppa verticalmente, dalla montagna al mare. Grazie ai prodotti tipici, le nostre eccellenze gastronomiche sono riconosciute a livello nazionale e internazionale. Custodiamo tesori artistici e vantiamo scorci naturali e percorsi di turismo ecologico unici per varietà e bellezza. Abbiamo il dovere di valorizzare tutto questo, renderlo sempre più fruibile per i nostri ospiti italiani e stranieri”. Come riesci a conciliare il tuo impegno di imprenditrice e di presidente dell’associazione, con quelli familiari? “Se una donna vuole, può fare tutto. Basta organizzarsi”. Sinergia sembra essere la tua parola d’ordine, in famiglia e nel lavoro. Unire le forze per un obiettivo comune. “Desidero vedere una Vico Equense ancora più bella e vivibile. Un posto in cui la vocazione turistica sia a dimensione d’uomo, nel rispetto della qualità di vita. Lo faccio anche per i miei figli, e tutti i giovani che hanno deciso e decideranno di restare qui e non andarsene”. L’obiettivo è quello di rendere la sua terra un autentico “brand”, e di continuare a crescere e migliorare a livello personale.

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solidarietà & personaggi

Maxi Gigliucci eUn calcio “Buuuball” al razzismo e all’intolleranza di Alessandro Cerreoni

Un progetto contro il razzismo e l'intolleranza. Lo ha ideato Maxi Gigliucci, attore e uomo di spettacolo. Ce ne parla lui stesso. Ciao Maxi, nelle scorse settimane sei stato ideatore e promotore di una bellissima iniziativa di solidarietà. Ce ne vuoi parlare? “Ho sentito il desiderio, quasi una necessità fisica, di farmi promotore di un progetto che muovesse una serie di iniziative atte a combattere il crescente razzismo negli stadi. Partendo dalla delusione personale di tifoso e spettatore nel sentire urlare i vari 'buuu' discriminatori indirizzati principalmente ai giocatori di colore, mi sono domandato dove fosse finito il vero gioco del calcio, lo spirito sportivo, la passione, il cuore, il tifo. Ho fondato quindi un’associazione no-profit chiamandola 'Buuuball', pensando a corredarla con una canzone ritmata che la identificasse e che diventasse un inno per i calciatori e per i tifosi. Allo stesso tempo ho pensato all’organizzazione di un evento sociale sull’argomento razzismo nello sport che possa riunire, far confrontare e discutere con il pubblico diversi personaggi celebri della cultura, dello sport, del giornalismo, dello spettacolo. A sostegno del progetto BUUUBALL, Luca Argentero, Vittorio Sgarbi, Alessandro Meluzzi, Filippo Volandri, Marco Liorni, Andrea Lo Cicero, Massimiliano Bruno, Gianmarco Tognazzi, Maurizio Casagrande, Serena Rossi e molti altri hanno già realizzato una clip con le loro opinioni sul tema sport e razzismo”. Che riscontro ha avuto la tua iniziativa? “Il progetto è stato accolto molto positivamente e con grande entusiasmo da tutti; non ho incontrato alcuna difficoltà sul piano umano nel proporre la mia idea e nella risposta in termini di partecipazione. Forse ho spontaneamente cavalcato l’onda della stanchezza generale per le ingiustizie che provengono

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dall’ignoranza, dalla meschinità e dalla vigliaccheria”. Non è la prima volta che sei impegnato in questo tipo di campagne, giusto? “Non sono certo nuovo ad iniziative sociali ed umanitarie. È mio il progetto 'Libere di essere' del 2011, un evento che ha messo in evidenza e discusso degli episodi purtroppo ancora frequenti di violenza fisica e psicologica ai danni delle donne, argomento ancora bruciante ed attuale negli anni anche pensando ai terribili episodi di femminicidio. 'Libere di essere' verrà riproposto il 25 novembre di quest’anno, giornata mondiale della violenza sulle donne, e molti personaggi importanti della cultura e dello spettacolo ne prenderanno parte”. Quando pensi a qualche iniziativa solidale, per realizzarle va tutto liscio o capita di incontrare difficoltà? “Le difficoltà che posso talvolta incontrare sono più che altro di natura burocratica a causa di certe lentezze o ritardi nelle risposte, ma in genere, grazie al fatto che le mie proposte hanno fini umanitari che quasi tutti condividono, e, se posso dirlo anche grazie alle mie capacità di comunicazione, le cose procedono in genere con facilità”. Sei un uomo di spettacolo, di cosa ti stai occupando ultimamente? “Sono un attore e vengo spesso chiamato dalle produzioni; nell’ultimo periodo poi ho girato diverse pubblicità. Inoltre, in accordo con le società calcistiche ho creato delle mascherine più traspiranti e confortevoli che in questo momento i giocatori della squadra della Lazio in particolare stanno indossando anche a sostegno del mio progetto 'Buuuball', oltre a voler diffondere con in modo più forte con l’impatto della loro immagine il messaggio dell’utilità e del dovere di indossarle in questo momento particolare e difficile per il mondo intero”. L'emergenza sanitaria che abbiamo dovuto affrontare ha frenato qualcosa in essere? “Il periodo di chiusura e di stasi dovuto al virus ha fatto slittare di alcuni mesi i programmi dei miei progetti così come è stato per tutti, ma non sono comunque rimasto con le mani in mano; ho continuato a lavorare all’organizzazione del tutto con i mezzi possibili benché a distanza e a sviluppare nuove idee con tutto il mio gruppo di lavoro fantastico che desidero ringraziare per il sostegno (Isotta, Maria, Monica, Adriana)”.



© Foto Al es sandro Giuf f rida

fashion & glamour

Corine Corsanici Una fotomodella alla conquista del set di Marcello Biasin

Questa è la storia di una ragazza semplice ma che ha sempre avuto molta voglia di fare, di una ex commessa “finita” a fare la fotomodella dove ha potuto dar sfoggio di tutto il suo fascino e di tutta la sua bellezza. Così, alla faccia dell’apparenza, Martina “Corine” Corsanici rimane una ragazza semplice, umile, persino timida, pronta a trasformarsi in un’esplosione di femminilità sul set fotografico. Una ragazza non appariscente ma che conquista al primo sguardo grazie ad un corpo praticamente perfetto e ad una naturale predisposizione a mettersi in gioco davanti alle luci dei riflettori. In due anni ne ha fatta di strada (eccome!) ed oggi gira in lungo e in largo per l’Italia facendosi ritrarre da alcuni dei maestri della fotografia nostrana. Un risultato che la gratifica dei tanti sforzi e la spinge ogni giorno a fare di meglio… Presentati ai lettori. “Sono Martina 'Corine' Corsanici, ho da poco compiuto 25 anni, sono una ragazza semplice, con tanta voglia di fare. Nella vita ho conseguito il diploma di Scienze sociali ed ho poi concluso i miei studi per iniziare a lavorare; sono stata barista, cameriera, commessa e infine… fotomodella!”. Com’è iniziata questa splendida avventura? “Un paio di anni fa scattai delle foto, per gioco più che per altro. Eppure, è stato un colpo di fulmine. Da lì è iniziata la mia carriera nella fotografia come modella e con un rapido passaparola sono nati tanti contatti, tante collaborazioni, molteplici esperienze. Per lo più lavoro con fotoamatori italiani e non o con organizzazioni per eventi fotografici”. Cos’è per te la fotografia? “La fotografia per me oltre ad essere un lavoro è una passione: la trovo un forma d'arte che permette al proprio

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corpo e alle proprie emozioni di esprimersi liberamente e per questo mi affascina. Ovviamente, come tutto ciò che si trasforma in lavoro, è caratterizzato da lati positivi e altri negativi”. Come li dividi? “Sicuramente trovo piacevole viaggiare, conoscere persone, guadagnare facendo qualcosa che piace. Ma ci sono anche i lati negativi: non si può essere giovane in eterno e di conseguenza è un lavoro… a scadenza precoce! In più questo è un ambiente con tanta concorrenza, ma l'importante à prendere serenamente questi aspetti positivi e negativi e fare sempre del proprio meglio”. Hai detto: la fotografia è una forma d’arte. “Sì, è un concetto che sento mio e che ripeto. La fotografia per me e un'espressione artistica libera, mi piace essere fotografata per trasmettere un messaggio o un'emozione. L’occhio non deve fermarsi semplicemente al corpo…”. Le tue fotografie conquistano anche i social. “Per me i social sono un ottimo mezzo pubblicitario e di pubbliche relazioni: ricoprono un ruolo importante nel mio lavoro, ma non essenziale nella mia sfera privata”. A proposito: che ragazza sei nel quotidiano? “Sono una ragazza tranquilla, con una vita normale, sono riservata e la mia sfera strettamente personale non la rendo mai pubblica. Poi un pizzico di esibizionismo è normale, sperando sempre di mostrare solo la parte migliore di me”. Come ti piace vestire? “Il mio modo di vestire e molto variegato: mi piace seguire le mode e indossare ciò che mi far stare bene. Non nascondo che mi piacciono gli abbigliamenti un pochino stravaganti, ma alla fine mi vesto sempre seguendo il mood con il quale mi sveglio”. Dai uno sguardo al futuro: come lo immagini? “Progetti che bollono in pentola non riguardano il mio presente né la fotografia, anche se è un mezzo per l'adempimento. Tra dieci anni non so dove sarò: magari fuori dall'Italia, magari ancora a Roma. Chi lo sa ? Anche se non nego che una bella fuga non mi dispiacerebbe”. CONTATTI SOCIAL @corine.model Facebook: Corine Corsanici

© Fo to Niki Barbati

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salute & benessere

Gianluca Mech Nuovi progetti

per il re della dieta Tisanoreica di Tommaso Martinelli

Attualmente lo stiamo vedendo in televisione con due programmi mentre prossimamente lo vedremo anche al cinema. È un periodo d'oro per Gianluca Mech, guru d e l l a d i e t a Ti s a n o r e i c a , c h e s i r a c c o n t a a c u o r e a p e r t o a G P M a g a z i n e . Gianluca, stai raccogliendo numerose gratificazioni su più fronti: di quali vai più fiero? “Sono senza dubbio molto felice del riscontro mediatico che sto tenendo, soprattutto per l’affetto con cui la gente mi segue in TV e mi saluta per strada: un grande orgoglio, per me, è rappresentato anche dalle numerose pubblicazioni scientifiche sui miei prodotti che fanno della mia azienda quella con più pubblicazioni scientifiche al mondo sulla dieta chetogenica”. Con quale spirito hai affrontato il post lockdown? “Il mio spirito, nel post Lockdown, deve essere per forza prudente ma ottimista: bisogna continuare a seminare perché questo virus si abbatte sull’economia come un ciclone sulla giungla, molti alberi cadranno ma molti avranno la possibilità di crescere dove la terra è rimasta libera e le radici cadendo hanno smosso il terreno”. A livello televisivo ti stiamo vedendo impegnato con due trasmissioni: L'ingrediente perfetto e Ricette all'italiana. Un bilancio? “Le trasmissioni televisive alle quali prendo parte su Retequattro e su La7 mi danno lo sprint per migliorare il grado di comunicazione e di intrattenimento che ho stabilito con gli ascoltatori Io sono convinto che il mio scopo in televisione sia quello di poter insegnare divertendo anche perché rispetto ad un professore universitario che ha un pubblico obbligato ad ascoltarlo il mio pubblico è armato di telecomando e se divento noioso possono cambiare canale”. Prossimamente ti vedremo anche al cinema: cosa puoi anticiparci? “Posso dire che per me è una grande soddisfazione partecipare a 'Stay Calm'. Il cinema, come la televisione, è sempre stata una delle mie passioni e per la prima volta ho avuto la possibilità di recitare in inglese con una stella di Hollywood come Billy Zane. È un film divertente dove quello che sembra non è. Sarà divertente per lo spettatore scoprire le varie sfaccettature della realtà, raccontata attraverso questo film che può essere rivisto più

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volte scoprendo sempre cose nuove. Ricordatevi, se lo vedrete: quello che sembra non è, anche nel mio caso”. Come trascorri, generalmente, le tue giornate quando non lavori? “Quando non lavoro mi dedico alla famiglia, cerco di tenermi allenato con qualche ora di palestra e se riesco gioco a golf”. Quali altri traguardi, in futuro, ti piacerebbe raggiungere? “In futuro vorrei usare la Dieta Tisanoreica per combattere oltre il sovrappeso e l’obesità anche il diabete di tipo due, che sta diventando un’epidemia mondiale dannoso per la salute anche quando ancora si parla di pre diabete. Ci sono già delle pubblicazioni sulla dieta Tisanoreica contro il diabete due molto promettenti. Nei prossimi anni voglio continuare su questo filone di ricerca affinché i miei prodotti possano aiutare i milioni di persone che soffrono di questa patologia sia da un punto di vista medico sia da un punto di vista di qualità della vita, in quanto potranno mangiare prodotti dolci e salati che non alterano la glicemia nel sangue”.

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gusto

Joao Monteiro

“Vorrei aprire un ristorante a Centocelle” di Roberto Puntato

Il Portogallo è la sua città natale dove inizia a frequentare la scuola alberghiera, per poi trasferirsi prima in America, poi Svezia e infine in Italia, dove vive da dieci anni. Sono queste le città che hanno segnato il percorso e la vita di Chef Joao Monteiro, noto per una cucina fatta di contaminazioni, equilibri e tanta passione. Ma tra le sue fonti d’ispirazione c’è sicuramente la famiglia: i pancakes della domenica di sua madre e i patti che ogni sera preparava suo padre. Oggi, Chef Joao è il Re della Bottiglieria, nel quartiere Pigneto di Roma, dove da anni fa impazzire i clienti con i suoi piatti curati in ogni dettaglio. Una volta provati, anche voi lo chiamerete Jay, come se foste amici di vecchia data: “A chi mi dice come mi trovo in Italia rispondo: Come voi, perché sono uno di voi”. E se non lo trovate ai fornelli, Chef Jay ama sbirciare menù di altri colleghi e guardare in tv le creazioni di Chef Rubio e Simone Rugiati. Chef, mi racconta qualcosa della sua vita? “Sono nato in un paese del Portogallo, ma con la mia famiglia ci siamo poi trasferiti in America. A 8 anni i miei hanno deciso di tornare nella mia città natale, dove ho frequentato la scuola alberghiera de porto. Un periodo duro quello, perché non vedevo nessuno della mia famiglia fino alle sei del pomeriggio. Io sono il più piccolo di cinque

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fratelli; papà aveva 40 anni e a causa di un incidente sul posto di lavoro è stato costretto ad andare in pensione, quindi restava a casa a preparare la cena, mentre mamma era quella che riposava solo la domenica e faceva i pancackes per tutti. Adesso i miei fratelli sono rimasti in America, mia mamma in Portogallo, io vivo solo qui a Roma da dieci anni. Viaggio spesso e per fortuna ho modo di andarli a trovare”. E la sua passione per la cucina quando è nata? “La mia passione per la cucina nasce dal fatto di essere un buongustaio. Ma anche grazie alla mia famiglia: a mio padre, che la sera cucinava per tutti e che non mi ha fatto crescere col preconcetto che la donna deve stare a casa a cucinare, e a mia madre che a sei anni mi fece trovare la ricetta dei pancackes facendomi muovere così i primi passi in cucina. Quando poi ho fatto la scuola alberghiera, ho iniziato a sperimentare nuovi piatti: a 11 anni cucinavo i papazzoni (pasta al forno) per tutti, ma papà, che era tradizionalista, non amava particolarmente i mix di sapori. Lui era più uno da riso in bianco con carne e verdure, serviti rigorosamente separati, mentre mamma era più curiosa e le piaceva sperimentare”. Perché ha scelto proprio Roma come meta italiana? “E' stato sempre il mio sogno venire qui! A Roma mi trovo molto bene, in linea di massima non cambia molto a livello culturale rispetto al Portogallo, ad eccezione della terribile burocrazia che abbiamo qui. Mi sento uno di voi e quando mi dicono come mi trovo in Italia rispondo sempre: Come ti trovi tu, senza alcuna diffe-

renza!”. La tv è invasa da programmi di cucina, come se fare lo chef fosse diventata una moda. Cosa ne pensa? “Purtroppo in tv ci sono molti programmi di cucina in cui si vedono più chef celebrities che persone. Non so perché, forse sono leggi dettate dal format. Va bene dare importanza a questo mestiere, che prima era piuttosto isolato, però passa spesso un messaggio sbagliato: che tutti, in fin dei conti, possono lavorare in cucina. Invece ci vogliono studio, determinazione e conoscenza. A me piacciono molto Simone Rugiati e Chef Rubio, sono sinceri e senza filtri”. Lei che viaggia spesso, cosa non può mancare nella sua valigia? “Coltelli! (ride). Sto scherzando. Sicuramente, per quanto mi riguarda, la cosa più importante è la curiosità perché ti stimola ad andare avanti e a fare cose nuove. Io sperimento sempre e anche se va male ci riprovo finché non raggiungo il mio obiettivo. Sono determinato, dedico la mia vita a questo mestiere e non smetto mai di crescere”. Facciamo un piccolo gioco. Per chi non la conosce e vorrebbe venire a mangiare da lei, mi dia tre piatti come suo biglietto da visita? “Per antipasto: Waffle di baccalà con caponata di friggitelli; come primo: pici aglio olio e peperoncino con gamberi rossi di Mazara e latte di mandorla; per secondo guancia di manzo in barbecue con sedano rapa e indivia belga. Tutti prodotti freschi a km0. Attenzione, però farò questo se venite alla Bottiglieria, perché a casa non cucino mai poiché lo faccio sempre per gli altri, così preferisco mangiare fuori, rilassarmi e andare a sbirciare altri menù”. Come si vede tra dieci anni? “Tra dieci anni mi vedo con un mio locale, non necessariamente in Italia, ma anche all’estero. A Roma il mio quartiere del cuore è Centocelle, quindi un locale lì mi piacerebbe molto: adesso è figo e vitale, ma 10 anni fa non c’era nulla”.

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vivere & abitare

Minni Parravicini Dare forma e significato allo spazio di Marisa Iacopino

E’ cresciuta tra righe e squadre, suo padre progettava grandi impianti termici. Per un breve periodo ha seguito le sue orme ma poi, capendo che quel ruolo non le corrispondeva, si è appassionata alla decorazione di interni. Ha acquisito tecniche pittoriche come l'affresco, l'invecchiamento, l’antichizzazione, lo studio dei finti marmi. Da sempre attratta dai materiali, ha studiato il mosaico romano e bizantino, reinterpretandoli, nonché la tecnica della cera persa e la modellazione della creta e dei metalli. Lei si chiama Minni Parravicini e ci racconta il seguito della sua storia. “Dopo la nascita di mia figlia ho avuto l’esigenza di avere più tempo da dedicare alla famiglia, ed era arrivato anche il momento di approfondire e studiare quello che da sempre è la mia passione: mi sono laureata in Architettura di Interni. E’ stato un percorso consapevole e pieno di entusiasmo”. Ti occupi di tante cose: architetture, restauro di edifici storici, design, gioielli, restyling di giardini… Dove si esprime meglio la tua creatività? “Mi piace spaziare, ma le mie inclinazioni sono connesse tra loro, non riesco a progettare un arredo se non lo inserisco nel contesto architettonico. Gli spazi esterni sono il prolungamento degli interni, come spesso le mie creazioni di bronzo sono citazioni di elementi architettonici.Tutto è fonte di ispirazione: la natura, un’opera d'arte, una istallazione, i mercatini dell'usato, un bicchiere rotto...”. Le tue collaboratrice sono donne: una visione femminile degli spazi architettonici? “Diciamo che con i pennelli e successivamente al tavolino, ho sempre lavorato con le donne. Noi abbiamo dei ritmi serrati e riusciamo a fare più cose nello stesso momento. Le 'chiacchiere' al femminile sono una risorsa che solo a noi è concessa, ma i miei artigiani e le maestranze sono anche uomini ed è sti-

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molante avere scambi di opinioni, nel rispetto e nella stima reciproca”. Il concetto di spazio interno è cambiato rispetto al passato? “Direi totalmente. Oggi la casa si vive nella sua totalità. In passato alcune stanze rimanevano chiuse per gli eventi occasionali, la cucina era l’ambiente più frequentato, il bagno un'appendice della casa. Oggi la casa è vissuta in tutta la sua interezza, il living e la zona pranzo sono spesso connessi alla cucina, i bagni vere ‘stanze da bagno’, la zona notte è ben definita e tutelata dalla privacy. E ancora cambierà: queste settimane chiusi in quarantena a casa hanno fatto crescere in noi nuovi bisogni. I progetti di interni futuri dovranno tenere conto dell'esigenza di avere uno studio per una postazione di smartworking, uno spazio-ingresso dove svestirsi (vestibolo), uno spazio esterno - anche se piccolo - connesso alla casa. Il progetto futuro sarà mirato alla riqualificazione dei terrazzi condominiali, spazi dimenticati ma con una grande potenzialità. Durante il lockdown, per molti di noi il terrazzo condominiale è stato l’unica fonte di sfogo”.

sima”. Goethe diceva che il paesaggio è una forma modellata che si evolve, crescendo. Il paesaggio interno di una casa, allo stesso modo, una volta plasmato si evolve, muta? “Che domanda interessante! Gli interni non devono essere statici, mi piace pensarli come dinamici e versatili. Emozionante cambiare gli interni con le stagioni. Quando arriva l'estate è quasi fisiologico avere l'esigenza di inserire colori chiari… se togliamo i tappeti, cambiamo le tende, teli e cuscini sui divani, e ne posizioniamo altri su balconi e terrazzi, immediatamente avremo una sensazione di novità e benessere nelle nostre case”. Fare un restyling, rimodellare uno spazio non è un po’ far perdere memoria a quel posto? C’è un modo per cercare di conservare lo spirito del luogo? “Quando entro in un ambiente da ristrutturare non ho quasi mai il desiderio di stravolgerlo, ma di ridargli la dignità persa con il tempo e l'incuria, rendendolo funzionale per le esigenze dei nuovi abitanti”. La classicità può essere ancora fonte di ispirazione per creare, oggi, nella postmodernità? “Senza il nostro passato non potremmo avere futuro. Senza citazioni del passato, i nostri interni risulterebbero sterili, privi di anima e non sarebbero pronti ad accogliere, ma respingenti”. L’architettura serve a cambiare il mondo, a stupire? “L’architettura serve per migliorare la qualità della vita… A volte bastano pochi cambiamenti, togliendo anziché aggiungere”.

Come si coniuga l’armonia, la sostenibilità, il rispetto per l’ambiente nel lavoro di un architetto, oggi? “La sostenibilità, deve diventare una filosofia di vita che ci deve accompagnare nel prossimo futuro. Nessuno può più esimersi dall’approccio sostenibile. Gli architetti possono dare un contributo immenso, la casa o edificio sostenibile deve essere un must. Il percorso è obbligato. Spazi adeguati per la raccolta differenziata a partire dagli interni, finestre a taglio termico, lampadine a basso consumo, caldaie a condensazione, pannelli fotovoltaici, materiali eco sostenibili, la lista è lunghis-

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libri

Leandro Conti Celestini Lo stilista prestato alla scrittura di Francesca Ghezzani

Designer e artista italiano nato a Milano nel 1978, dopo una laurea in Storia dell'Arte Leandro Conti Celestini decide di trasferirsi a Los Angeles per lavorare nella moda e n e l c i n e m a . È i l f o n d a t o r e d e l b r a n d d i u n d e r w e a r Ti g e r h e a t P r o d u c t i o n s s u l m e r c a t o americano e nel 2020 dà vita al suo primo romanzo pubblicato con Eros Cultura Editore del Gruppo Editoriale Brè dal titolo “Alle corde”. Leandro, da sempre sei attratto dall'estetica glamour di Old Hollywood degli anni ‘40, dai film noir e le immagini in bianco e nero e non hai mai nascosto che questo stile pervade ogni tua opera, dalla scrittura, alla pittura, alla fotografia, mostrando un lato nostalgico e retrò, unito all'influenza dei grandi maestri italiani del cinema, dell'arte e della moda. Come è avvenuto il “salto” da stilista a scrittore? Te lo saresti aspettato di pubblicare un libro? “Sono molto contento della possibilità di parlare del mio libro, grazie per avermi invitato. No, a dire il vero ho iniziato a scrivere perché, come mi succede sempre, ero un po’ annoiato e volevo provare qualcosa di nuovo. L’idea nacque un anno fa proprio dal mio brand di underwear a cui stavo lavorando da un po’: si tratta di una bodysuit for men, che a molti (a me compreso) ha fatto pensare a un wrestling singlet (un po’ più erotico forse), come usavano alcuni lottatori negli anni ’70. Da qui mi venne in mente di costruirci un universo attorno, vedevo un giovane uomo in cerca della sua strada, alle prese con un mondo ostile, in cui dovesse sgomitare per farsi avanti. Così nacquero Tristan, il Coach, Johnny e tutti gli altri”. In Tristan, il protagonista del tuo romanzo, troviamo tratti autobiografici?

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“Decisamente ci sono tratti autobiografici in Tristan: alcune cose che lui ha passato sono successe anche a me, ma non solo; direi che ho messo un po’ di me in ognuno dei miei personaggi preferiti del libro, lascio a chi mi conosce decidere quali siano! Sin da ragazzino non mi sono mai piaciuti gli 'eroi', quelli troppo bravi, che vincevano sempre… così ho cercato di costruire un personaggio comune, che nessuno si aspetterebbe di veder vincere e, tanto meno, di competere, ma alla fine lascia tutti a bocca aperta… una specie di antieroe che, senza volerlo, ruba la scena; c’è un termine americano per questo: 'the underdog', quello che le scommesse danno per sfavorito. Purtroppo io non ho mai fatto wrestling, a parte giocare alla lotta con i miei amici, come facevano tutti i ragazzini prima che le 'mamme millennials' lo vietassero, perché 'ci si può fare male'! Avendo scoperto, tuttavia, di essere gay piuttosto presto, avrei voluto che le nostre scuole avessero quella discipline, come succede regolarmente negli USA. Ci sono anche molte ispirazioni del mio mondo da ragazzino: i film e la musica con cui sono cresciuto, i cartoni animati, le mie abitudini… mi piace la nostalgia, ma non troppo, dobbiamo sempre guardare avanti”. Perché hai deciso, come in molti, di trasferirti a Los Angeles? Inoltre, a distanza di dieci anni, hai mai avuto dei ripensamenti? “L’idea di trasferirmi qui nacque gradualmente. La prima volta ci venni per lavoro, poi l’occasione si ripeté negli anni successivi; Los Angeles è una città strana, sono tutte vie sconfinate, palme, cieli azzurri… ti sembra di essere in un film e all’inizio ognuno se ne innamora. Cosa posso dire dopo dieci anni? La vita è facile, i business funzionano, se dimostri che ci sai fare le possibilità vengono da sole ed è davvero pieno di opportunità da cogliere. Anche la burocrazia non ti mette i bastoni tra le ruote, anzi ti facilita perché tu riesca a fare più soldi e far girare l’economia! Dall’altra parte la qualità della vita in Italia è assai migliore: il calore dei rapporti che abbiamo con i nostri amici, le nostre famiglie, a Los Angeles non esistono: ci sono competizione, rapporti d’affari, anche solitudine… ma la gente non vuole ammetterlo. Un sogno? Lavorare ancora per qualche anno e poi tornare in Italia, senza bisogno di fare niente, a parte magari scrivere o dipingere… just for fun!”. Nel mondo della moda è assai diffusa l’omosessualità e non manca di certo nelle tue pagine. In America – mi viene in mente il quartiere di Castro, a San Francisco, e la figura di Harvey Milk che negli anni ’70 diventa uno dei più attivi e noti esponenti del nascente movimento gay aprendo proprio a Castro il suo negozio di fotografia – come viene vissuta? Quali analogie e quali differenze con l’Italia? Quali contraddizioni? “Anche a Los Angeles c’è un quartiere gay, West Hollywood, e un altro fotografo, Bob Mizer, creò la rivista 'Phisique Pictorial'; all’epoca il nudo maschile era illegale, per non parlare dell’omosessualità, ma furono proprio gli Stati Uniti, con i loro movimenti di protesta, a cambiare passo dopo passo le cose, fino a come stanno oggi. Dalla mia esperienza personale trovo l’America ovviamente più aperta, ma penso che anche l’Italia abbia fatto molti progressi e sono ottimista sul futuro”.

Perché hai deciso di ambientare la storia del tuo romanzo proprio a fine anni ’70? Cosa è cambiato rispetto ad allora? “Cercavo un mondo selvaggio, quasi senza regole, specialmente nel territorio dove si svolge la vicenda; anche la vita pre-tecnologia mi interessa molto: l’ho vissuta, e a costo di essere chiamato 'vecchio' rimpiango come le cose fossero più facili e difficili, i rapporti venivano coltivati, c’era educazione, buone maniere e senso dello stile. Oggi queste cose le sento meno, ma per me hanno ancora un grande valore”. Facendo sempre un parallelismo tra Usa e Italia, cosa potresti dire del Made in Italy e della moda americana? “Gli americani sognano la nostra moda e non saranno mai in grado di imitare i grandi maestri della storia che ci appartiene, come Valentino, Ferré, Versace, Armani, Dolce&Gabbana… purtroppo penso che noi stessi non siamo stati davvero capaci di creare nuovi talenti, una volta che questi hanno finito il loro corso. Il mondo ancora ha la massima opinione solo della parola “Italia”, io spero che non si accorga che è rimasto uno spazio vuoto ancora non completamente riempito di quella qualità”. Infine, camminando sul Sunset Boulevard o lungo la celeberrima Walk of Fame si respirano ancora oggi come ieri i fasti di Hollywood e dei telefilm che hanno cresciuto gli attuali quarantenni o sono, più che altro, rimasti ormai degli immaginari collettivi di fatto tramontati negli anni? “Oggi quelle zone appaiono piuttosto decadenti e malinconiche, il loro periodo è finito da tempo, ma fa sempre un bell’effetto vedere i turisti che scattano foto alla stella del loro attore preferito, i negozi di souvenir e le colline con la scritta Hollywood sullo sfondo. Ritengo che l’intera Los Angeles, del resto, abbia questo fascino un po’ finito: come una villa stupenda in un canyon, che ha visto feste incredibili, dive, musica, champagne e divertimenti sfrenati e la mattina dopo è deserta; i pochi ospiti rimasti ancora dormono, i corridoi e i saloni sono in silenzio… solo i quadri, i divani di velluto, le tavole ancora coperte di bicchieri e le ortensie nei vasi sussurrano tra loro”.

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libri

Silvia Brindisi “Le mie poesie contengono un messaggio che spinge a lottare per i propri sogni” di Roberto Ruggiero

Lavora con i bambini in una scuola materna e ama scrivere poesie. Lei è Silvia Brindisi. Conosciamola meglio attraverso questa intervista. Silvia raccontaci come è nata questa raccolta di poesie proprio in un momento particolare durante l'emergenza sanitaria. “È nata per caso quando ho saputo che c' era il progetto di una casa editrice di pubblicare varie poesie di vari autori ho voluto partecipare con gioia e soddisfazione. Le mie dieci poesie all interno della 'Le raccolte di scritto.io' le ho scritte durante questi mesi difficili a casa a causa del Coronavirus. Non è stato facile ma per me la scrittura in quel periodo mi ha aiutato tanti a condividere le mie emozioni e pensieri. La raccolta è stara pubblicate a maggio 2020 in versione cartacea ed ebook. Poi da pochi giorni è uscita anche un'altra raccolta di poesie di vari poeti che si chiama 'M'illumino d'immenso' dove ci sono anche io. Sono state due belle soddisfazioni”. Hai già pubblicato libri in passato, adesso le poesie. Spiegaci come nasce questa passione. “La poesia per la scrittura di poesie è nata per caso grazie ad alcuni concorsi letterari a cui ho partecipato e non ho più smesso di scriverle”. Cos'è che ti ispira nello scrivere una poesia? “Mi ispira tutto ciò che sento e vedo non ho uno schema fisso”. C'è un messaggio contenuto nelle tue poesie? “I messaggi nelle mie poesie sono diversi dalla libertà,

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alla vita, a non mollare mai e lottare per i propri sogni”. In genere chi scrive poesie è innamorato dei più grandi poeti. Qual è il tuo preferito e perché? “Sono diversi da Baudleire a Goethe. Mi hanno sempre colpito ed interessato per come vivevano la vita e il modo in cui la vedevano con le loro emozioni”. Oltre alla passione di scrivere, di cosa ti occupi nella tua vita? “Lavoro con i bambini piccoli nelle scuole materne di Roma”. Hai un nuovo progetto letterario in vista? “Sì sto scrivendo un nuovo libro e spero di riuscirlo a pubblicare presto e magari anche riuscire ad avere un piccolo spazio all'interno di una radio. Mi piace la comunicazione in tutte le sue forme”. Dicono che per uno scrittore sia importante avere un agente letterario. Tu hai qualcuno che ti segue? “È vero... per ora no, ho fatto sempre tutto da sola ma non escludo di trovarne uno bravo e professionale”.



libri

“Fango” Il romanzo

avvincente di Pasquale Listone di Alessandra Trotta

“Fango” di Pasquale Listone edito dalla casa editrice New Book Edizioni è un romanzo avvincente e “frugale” allo stesso tempo. Infatti è consigliabile alle persone che viaggiano in una giornata in treno spostandosi da una parte all’altra della Penisola e per coloro che si trovano già sotto l’ombrellone. Proprio come i due protagonisti principali di questo scorrevolissimo manoscritto. E’ambientato a Livorno, contemporaneo, e tutti i personaggi ruotano intorno a Nicola e Stefano. Questi due ragazzi sono l’uno l’opposto dell’altro sia nelle scelte scolastiche sia nei primi approcci sentimentali. Il primo è etereo, sognatore con la sufficienza scolastica che rasenta quasi l’idoneità. Il secondo più pragmatico, e svisceratamente attaccato alla realtà. E’ un spaccato di vita che potrebbe riguardare ognuno di noi, infatti tendiamo a scegliere, sia in amicizia sia in tutte le sfaccettature della vita l’opposto, l’inconciliabile da noi stessi. Nella nostra vita perdiamo delle occasioni, così come sostiene l’autore, “immaginando” persone che ci promettono l’impossibile, ma che realmente non potreb-

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bero farlo. Perché “Fango”? Perché come ci insegnano i personaggi, di questo scorrevolissimo e piacevole libro non ci dobbiamo far sporcare da questo humus, da questo substrato fangoso che è proprio la vita. Ci sono vari insegnamenti che Pasquale Listone ci pone in questo romanzo. Parla dei leader nella vita. I social network. E accenna una, pur se velatamente, violenza di genere narrando delicatamente la storia di Giulia ed Alessandro, altri due personaggi. Inoltre c’è un altro personaggio, un po’ inquietante, che vi invito a scoprire, leggendo questo romanzo, che è fondamentale nelle scelte che Nicola dovrà prendere nel percorso della sua vita. Tratta la storia di adolescenti che si imbattono, pur se non volenti, nella vita e in tutte le sue sfaccettature. Come ho accennato all’inizio, un libro poliedrico e con larvati, ma concreti insegnamenti per ognuno di noi, con un finale tutto da scoprire.



libri

Tempo di vacanza

I libri che non devono mancare in valigia di Mara Fux

Seppure ancora un po’ perplessi dalle tante novità che i decreti ministeriali impongono alle nostre vacanze, l’estate e il cosiddetto “meritato riposo” sono finalmente arrivati quindi: quale migliore occasione della pausa estiva per viaggiare con la fantasia tra le pagine di un libro? Nel vastissimo panorama della lettura abbiamo individuato alcuni titoli che possano soddisfare per qualità e scorrevolezza un po’ tutti stimolando magari i più appassionati al relax, ad abbandonare per qualche minuto il bagnasciuga per entrare in libreria ed aiutare col proprio acquisto un settore che con fermezza è riuscito ad ottenere sul colosso rappresentato da Amazon una grande vittoria, ovvero che la scontistica proposta non possa essere superiore al 5%, il medesimo sconto concesso ai negozi. Novità assoluta è senza dubbio L’ULTIMA STORIA di John Grisham, uscito ai primi dello scorso giugno con Mondadori, in cui mondo legale e politico tornano ad avvilupparsi in una trama da cui evince chiaramente come “eserciti di lobbisti hanno per sola missione far passare leggi favorevoli a chi li paga”. Un thriller che punta il dito sulla corruzione approfittando stavolta di una calamità, un uragano di proporzioni allarmanti che sta per abbattersi sulla Florida. Dolorose tragedie e grandi passioni, atti di eroismo e orribili tradimenti perpetrati nel cuore della guerra franco-indiana tessono la trama de IL FUOCO DELLA VENDETTA di Wilburn Smith, pubblicato lo scorso marzo da HarperCollinsItalia, dove l’autore riprende in mano le redini della famiglia Courtney nello specifico dei fratelli Theo e Constance, nati e cresciuti in India a Madras, anno domini 1754. Per gli amanti della saga storica suggeriamo I LEONI DI SICILIA di Stefania Auci pubblicato da NordEditore, un titolo che già dalla scorsa

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spettacolo

Alex Polidori

L’artista “multitasking” lancia la sua canzone di Roberto Ruggiero

A soli 25 anni, poliedrico e trasversale, Alex Polidori è cantautore, attore e noto doppiatore. Attivo nel mondo del cinema e dello spettacolo sin dalla tenera età. Alex, sei uscito da qualche settimana con "Mare di Plastica" un progetto musicale che è un grido di allarme per la terra. Ne vogliamo parlare? “Sì! 'Mare di plastica' è una canzone a cui tengo molto. L’ho scritta perché sentivo di dover parlare di questo tema, denunciando con forza i nostri 'crimini' verso la natura, con l’intento di sensibilizzare i giovani, ma non solo loro, sulla gravità dell’emergenza che stiamo vivendo. Vorrei far capire che facendo anche dei piccoli gesti ognuno di noi può fare la differenza. Tanti piccoli cambiamenti negli stili di vita di ogni singola persona, puó generare un cambiamento enorme, globale. E non possiamo aspettare che venga a salvarci qualcuno, dobbiamo agire noi, senza rimandare”. Le novità in questo periodo non mancano: ce n'è una che ti vede protagonista in "Onward" di Disney Pixar. “E' un bellissimo film in cui doppio IAN, che in originale ha la voce di Tom Holland, attore che ho il piacere di doppiare ormai da qualche anno nei panni di spider-man. Doveva uscire a Marzo ma causa Covid è stato rimandato. Doppiare un pixar è sempre una grande emozione”. Sei considerato un artista poliedrico; come nasce questa tua capacità "multitasking"? “Nasce tutto un po’ per gioco, seguendo le orme di mio padre nella musica e di mio fratello nel doppiaggio. Fin

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spettacolo

da piccolissimo mi sono sempre cimentato in queste arti e sono contento che siano rimaste delle passioni che, soprattutto nel caso del doppiaggio, sono diventati anche mestieri”. Ti occupi di doppiaggio sin da piccolo. Chi ti ha trasmesso questa passione? “Seguivo mio fratello Gabriele Patriarca fin da piccolo in tutti gli studi di doppiaggio quando mi madre lo accompagnava ai turni. Mi sembrava un gioco bellissimo e un po’ per curiosità, un po’ perché volevo fare anche io quello che faceva il fratello maggiore, ho chiesto di farmi provare e per divertirsi hanno provato a farmi dire qualche cosa. Si accorsero che ero abbastanza portato e da lì è partito tutto”. Qual è il personaggio che hai doppiato, tra i tanti, che senti più tuo? “Koda quando ero più piccolo. Era uguale a me, non stava mai zitto ed era molto simpatico e spigliato. Adesso quello che sento più simile a me è sicuramente uno, che però ha due facce: Peter Parker per il lato maldestro e impacciato in alcune situazioni, e Spider-Man per il suo lato dinamico, energico e ironico”. Da piccolino sei stato protagonista di "Bravo Bravissimo", la famosissima trasmissione di Mike Bongiorno. Che ricordi hai di quell'esperienza? “Bellissimi ricordi. Avevo 5 anni. In scena doveva fare

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finta di trattarmi un po’ male, perché io arrivavo sempre sul palco interrompendolo per raccontare delle barzellette e raccomandare le mie 'amiche' che avevano i talenti più disparati. Si creavano dei siparietti divertentissimi. Dietro le quinte era sempre carino con me, diceva che avevo i capelli 'neri come la pece'. Un anno dopo, mi volle come 'valletto' anche in un altro programma che conduceva dal titolo 'Qua la zampa', in cui si parlava ovviamente di animali”. Sei giovanissimo, eppure il tuo curriculum è già abbastanza ricco; quali sono i prossimi tasselli che inserirai? “Spero di continuare su questa strada, doppiare nuovi personaggi sempre più importanti e affermarmi come cantautore. Ultimamente sto iniziando ad appassionarmi anche alla fotografia. Non metto freni al mio lato artistico e non mi accontento mai di quello che faccio, e penso che questo mi stimoli sempre a fare meglio e a sperimentare cose nuove”. Hai progetti in cantiere? “Oltre a 'Onward', tra i nuovi lavori di cui posso parlare, uscirà in autunno 'The French Dispatch' di Wes Anderson, in cui doppio per l’ennesima volta il bravissimo Tinothée Chalamet. Per quanto riguarda la musica sto già lavorando a dei nuovi singoli che usciranno molto presto. Spero anche che si possa ricominciare a suonare live senza doversi preoccupare di questo 'Virus Bastardo', come l’ho chiamato in una mia canzone”. Come hai vissuto l'esperienza del lockdown? E' stata proficua in fatto di creazioni di nuove idee? “Appunto, con il doppiaggio fermo, mi sono dedicato al 100 per cento alla musica. Ho scritto molto e ho pubblicato anche un singolo spensierato sull’esperienza del lockdown, frutto di un esperimento social. Ho chiesto a chi mi segue su Instagram di aiutarmi a scrivere una canzone, suggerendomi attraverso dei sondaggi il mood della canzone e poi attraverso parole concetti e frasi che venivano loro in mente ho provato a scrivere un testo, componendolo quasi come un puzzle”.



spettacolo

M arco Fiorini

Resistere per il teatro

L’idea di Marco Fiorini e Gabriele Mazzucco di Mara Fux

Il 2020 è un anno che difficilmente il mondo dello spettacolo si scorderà. Le stagioni teatrali sono state brutalmente interrotte dall’allarme Covid e un numero altissimo di professionisti si è ritrovato a dover fare i conti con la quotidianità. Già, perché anche se spesso il pubblico non lo tiene sempre presente, dietro ogni allestimento ci sono maestranze che si chiamano scenografi, attrezzisti, costumisti, light designer, fonici tanti padri di famiglia che con quella “paga” mandano avanti il proprio nucleo famigliare fatto di figli, mogli, mutui grazie a commedie che sulla locandina pubblicitaria, scrivono il loro nome con caratteri piccoli, piccolissimi o nemmeno lo scrivono. Tutto questo sottobosco, nonostante gli eclatanti annunci dei media, oggi è praticamente immobile domandandosi quando potrà tornare davvero ad accendere le luci di un quadro elettrico, a inchiodare cantinelle, a

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stirare costumi. “E’ una situazione insostenibile per i lavoratori teatrali”, dice con fierezza Marco Fiorini, attore che del palcoscenico ha fatto la sua professione “per cui quando ad aprile con Gabriele Mazzucco ci siamo resi conto che d’estate forse avremmo potuto fare qualcosa negli spazi aperti, ci siamo subito messi alla ricerca di un luogo dove poter riavvicinare la gente al teatro; così tra un giro di telefonate e l’altro, intuendo che sarebbe stato impossibile accedere ai pochi spazi comunali messi a disposizione, abbiamo rivolto la nostra attenzione agli spazi privati fino a individuarne uno che ci permettesse di allestire una rassegna”.


E dove si trova? “E’ all’Eur, in via del Poggio Fiorito 10. Si tratta di una bellissima villa degli anni ’50 di proprietà di alcune religiose, che ne sostengono le spese anche attraverso l’affitto del magnifico giardino esterno per eventi artistici, culturali o privati. A quel punto

una volta scattato il via libera del 4 maggio, con Gabriele e l’intero staff del Barnum, siamo andati a fare i sopralluoghi e abbiamo verificato che sarebbe stato possibile mettervi un centinaio di posti a sedere, un palco 6x8 ed un service audio e luci attenendoci a tutte le prescrizioni imposte dal distanziamento del decreto ministeriale”. Da un punto di vista artistico come avete proceduto per la selezione degli spettacoli? “Anche se molti spettatori non ci pensano, la restrizione colpisce anche i testi per cui non tutti i testi possono andare in scena; di base abbiamo cercato di coinvolgere tutti i colleghi, avvisandoli con telefonate e email del nostro progetto e invitandoli a inviare materiale dei loro spettacoli sottolineando come Re.Te. ovvero REsistenza TEatro nascesse proprio dall’idea di dare un segnale di resistenza e fosse un modo per far lavorare le persone che vivono veramente di questo lavoro per cui, chiunque avesse un’ opera con cui partecipare, poteva aderire”. Come è stata la risposta degli artisti? “Buona, abbiamo ricevuto molte proposte che abbiamo esaminato soprattutto sotto il profilo tecnico per non avere poi sorprese circa le normative in uso. L’unica risposta che non potevamo immaginare era quella della gente perché tanti sono a tutt’oggi esitanti ed hanno paura nel frequentare luoghi dove incontrano sconosciuti. Ad ogni modo c’è stata molta varietà: 'Vis a vis',

una nuova commedia di Cinzia Berni interpretata da lei, B. Boccoli, M. Miconi e F. Nunzi; A. Longoni con un recital su Modigliani; il mio monologo 'Ciancicagnocchi' e sempre con me la commedia 'La storia di mezzo' di G. Mazzucco autore anche di 'Io, Freddie e lui' con F. Apolloni e di 'Il catamarano' con A. Alesio” G. Porcari e T. Rossi Vairo con I-Dentici di A. Bennicelli; una serata di risate e magia con il Magico Alivernini; poi ancora tante commedie: una di P. T. Cruciani 'Scalaccì, corpobbì' con M. Biasanti ed E. Mazza e “Come il cane di Syd Barret” con V. Di Benedetto e L. Milano”. Quanto coraggio vi è servito per stilare il progetto? “Tanto, tanto davvero ma era l’unico modo per affrontare l’oscurantismo in cui il nostro settore è caduto. Abbiamo voluto, Gabriele ed io, dare un segnale pensando oltre che a noi stessi anche a tutti quei colleghi che davvero vivono di questo mestiere. Ci è voluto tanto coraggio e probabilmente qualche soldo ce lo rimetteremo pure, ma da qualche parte bisognava pur ricominciare”.

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musica

Manuel Miranda Una canzone dedicata alle vittime sacrificate in mare di Claudia Crocchianti

Scopriamo il musicista Manuel Miranda il cui primo singolo "Questo grande mare" è uscito su tutte le piattaforme di digital download e streaming lo scorso 10 giugno - e c o s ì i l v i d e o c l i p u f f i c i a l e , i n v i s i o n e p r e m i e r e s u Yo u t u b e a p a r t i r e d a l l a m e z zanotte del 10 giugno mentre il disco in versione completa uscirà a dicembre. E' uscito da quasi due mesi il singolo del disco che in versione completa uscirà a dicembre. Di cosa tratta? “Innanzitutto ti ringrazio dell'opportunità e dell'interessamento concessomi. 'Napoleone fugge in città', più che un disco, è un'opera progressive rock, sulla falsa riga dei grandi progetti musicali degli anni '70. Giusto per fare qualche nome: 'The Wall' dei Pink Floyd, o 'The lamb lies down on Broadway' dei Genesis. Proprio come quelle opere lì, si compone di due cd, o meglio di due atti: il primo atto si chiama 'Il Condottiero'; il secondo, invece, 'L'Amore, L'Uomo'. Ho cominciato a lavorarci su a partire da dicembre 2016, a partire da un sogno premonitore compiuto da mia madre, e che mi raccontò: Napoleone che fugge verso una città, spogliandosi dei suoi panni di condottiero, di 'personaggio', e tornando a essere un uomo semplice, normale. Quest'idea mi colpì molto, così decisi di cominciare a lavorarci su. Ne è emersa una storia particolare: Napoleone, sconfitto sul campo di battaglia a Waterloo, non accetta la fine, e fugge via, trovandosi, quasi per magia, catapultato nella sua città natale, Ajaccio - capoluogo della Corsica - ai giorni nostri, nel 2019. Non è riconosciuto dai suoi concittadini come il glorioso imperatore dei Francesi, ma è un cittadino qualunque, comune, pronto a vivere una nuova vita. Questa libertà nuova inizialmente lo galvanizza, finché non viene a conoscenza delle principali problematiche sociopolitiche della nostra era, venendo a contatto con una società fatta di superficialità e qualunquismo. La sua nuova condizione di ‘cittadino comune’ gli darà tempo anche di pensare a sé stesso, come non aveva mai fatto prima, di riflettere sui suoi affetti, sull'amore che, irrimediabilmente, aveva messo da parte, e soprattutto a capire che, in questa nuova realtà, sarebbe un inadeguato, un disadattato. Il primo singolo si chiama 'Questo grande mare'. Il testo è a firma del paroliere meneghino Cristian Brighenti, mentre la musica è mia. Come si legge alla fine del video, il brano è dedicato a coloro che sacrificano la vita in mare, che fuggono ancora verso la libertà; ai migranti, cittadini del mondo. In fondo, Napoleone stesso era un migrante: isolano, proveniente dalla Corsica, per metà italiano e metà francese, approda a Parigi, e viene schernito dai suoi compagni di classe con l'appellativo di 'paglia al naso', che serviva a identificare, dispregiativamente, gli stranieri. Non a caso, l'unico a riconoscere Napoleone in quanto tale, nel disco, è il narratore della storia: un immigrato marocchino di nome Mohammed, abitante di Ajaccio naturalizzato. Migrante come lui. Il disco uscirà in copia fisica e digitale a partire da lunedì 13 dicembre 2020: fino a novembre, pubblicheremo su tutte le piattaforme un singolo al mese, per un totale di sette

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singoli: un lungo percorso per far abituare gli ascoltatori all'idea dell'opera”. Puoi accennare a qualche testo e soprattutto a quelli a cui sei più legato? “Tutti i testi del disco sono assolutamente validi: sono frutto di autori talentuosi provenienti da tutt'Italia: Cristian Brighenti primo fra tutti, che ne è l'autore principale, poi Francesco Flavio, con cui scrivo da più di dieci anni, Pietro Metropoli, con cui da quattro anni intratteniamo una fitta collaborazione, e Fabio Ianniello, cantautore casertano. A diferenza dei miei precedenti lavori, in cui firmavo musiche e testi, stavolta ho deciso di dedicarmi alla sola composizione musicale, per concentrarmi meglio e non rischiare di ripetermi. Sicuramente "Questo grande mare" rappresenta totalmente lo spirito dell'opera, non a caso abbiamo deciso di farlo uscire come primo singolo. Dei testi scritti con Francesco Flavio, mi piacciono molto 'Cuba Libre', che ha avuto anche dei suggerimenti, durante una chiacchierata su Facebook, dal grande Sergio Caputo, cantautore che tutti conosciamo, e 'Nessuna vita è come la vorresti tu'; Pietro Metropoli ha scritto "Negli Occhi di Mohammed (Agathon)", affresco meraviglioso, a mio avviso uno dei testi migliori dell'album”. Oltre a te quale altro musicista ha partecipato a questo progetto? “I musicisti di cui mi sono avvalso collaborano con me da decenni: primo fra tutti Francesco Riccardi, compo-

sitore e tastierista triestino. Ci conosciamo dal 2004, e scriviamo canzoni insieme dal 2006: si può dire che sia un mio fratello, e dal momento che questo è il mio primo lavoro ad avere una diffusione ampia, era doveroso che lui ci fosse. Ha scritto la musica, curato l'arrangiamento e suonato le tastiere del brano 'Cambiando', il cui testo è di Cristian Brighenti, uno dei brani più validi, e che uscirà come terzo singolo il 15 agosto, data di nascita di Napoleone. A suonare il violino nei brani 'Innamorato' ed 'Esodo' c'è Simona Santoriello, una 'enfante prodige': sedici anni, studentessa di violino al Conservatorio "Martucci" di Salerno. E infine, Pietro Metropoli, che mi ha dato una mano fondamentale: ha ricoperto il ruolo di narratore, cantando i brani 'Napoleone fugge in città', 'Negli occhi di Mohammed (Agathon)' ed 'Esodo', registrato i cori nel brano 'Questo grande mare' e i claps nel brano 'Nessuna vita è come la vorresti tu'. Insomma, un gran bel cast, e sono onorato di aver lavorato con questi musicisti talentuosi”. Cosa rappresenta la musica per te? “La musica è la mia ragion d'essere, la Passione della mia vita. Non semplicemente un hobby: un vero e proprio percorso parallelo alla mia attività lavorativa di insegnante di lettere. Non riuscirei a immaginare la mia vita senza la Musica, è la mia maniera migliore d'esprimermi, un linguaggio universale che sento pienamente appartenente al mio DNA”. Quando nasce la tua passione? “La mia passione ha radici molto lontane: da piccolissimo, i miei genitori mi facevano ascoltare, rigorosamente in vinile, musica classica, gruppi rock italiani e stranieri degli anni '70 e il grande cantautorato italiano. Ho scritto la mia prima canzoncina a cinque anni, e a otto ho scritto il brano che poi avrei ripreso a quattordici e portato in giro per anni con la mia prima band, i Rox Populi. La mia maniera migliore di esprimermi, soprattutto nella scrittura, è in versi. La prosa mi si addice poco: ho scritto molto anche prosasticamente, ma in versi, e in maniera musicale, significa per me essere naturale. Dimostrarmi realmente per quello che sono”. Tre aggettivi per descriverti? “Userò semplicemente un'espressione: l'improvvisatore di sempre”.

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tempo libero

Friuli Venezia Giulia Monti, patria, sapori... alla scoperta della nostra storia di Mara Fux

Come tutti sappiamo, uno dei tanti regalini che la pandemia ci ha lasciato è l’impedimento di trascorrere le vacanze all’estero, fatto di per sé molto scocciante ma che potrebbe rappresentare per tanti un’occasione unica per scoprire alcuni luoghi incantevoli del nostro Paese. Alle indiscutibilmente belle mete alpine del Trentino Alto Adige e della Valle D’Aosta o alle verdeggianti rive dei laghi della Lombardia abbiamo preferito per l’occasione scrivere di una regione ricca di destinazioni altrettanto spettacolari ma assolutamente meno conosciute, il Friuli Venezia Giulia, dove il piacere dell’occhio appagato dai tanti laghi, torrenti e fiumi dall’acqua cristallina, soddisferà certamente il palato del viaggiatore con i sapori di una cucina dagli ingredienti semplici mentre la sua mente, affaticata da stress e impegni di lavoro, potrà rispolverare, visitandoli, luoghi fortemente importanti per la nostra storia. A due passi da Udine, città già di per sé bellissima con il suo assetto medievale fatto di eleganti palazzi, porticati, piazze e Castello, mite di temperatura e ricca di pub e bar dove consumare squisiti caratteristici aperitivi, si trovano affascinanti cittadine come Cividale del Friuli o “Cividat”, se preferite, fondata da Giulio Cesare dove l’altissimo Ponte del Diavolo spicca tra l’accogliente Piazza delle Donne capitanata dalla statua della Donna Longobarda e l’antica chiesa di San Francesco tuttora presieduta dai Cavalieri di Malta che ne tutelano la conservazione; o come Palmanova, città fortificata dalla particolare pianta urbanistica “a stella” assolutamente unica nel mondo dove non ci si può non soffermare ad ammirare la grandiosità della Piazza Centrale, letteralmente abbagliante per i lastricati della pavimentazione geometricamente perfetta. Da qui un salto ad Aquileia è praticamente d’obbligo, come d’obbligo è la visita alla sua Basilica in cui l’occhio si perde nella bellezza dei 786 metri quadri di mosaico che ricopre con scene naturalistiche l’intera misura delle navate paleocristiane riportandoci subitamente al 181 a.C., epoca in cui i Romani, individuatala come sbocco nordico sul Mediterraneo, vi trasferirono 3500 fanti con relative famiglie per farne colonia di diritto latino; ad Aquileia è legato il nome di Attila, il feroce condottiero Unno che dopo averla devastata alla guida dei sui barbari, la volle cospargere di sale perché giammai vita vi tornasse a sorgere. Ma le cose, ahi lui, non sono andate così tanto che oggi allo splendore della Basilica si aggiungono quelle del Battistero e della Domus, oltre che quello del più moderno Cimitero di Guerra, dove tra i sepolti della Prima Guerra si trova una donna, Maria Bergamas, madre del Milite Ignoto sepolto nel Monumento Nazionale di Piazza Venezia a Roma a memoria di coloro le cui spoglie giammai fu possibile riconoscere. Spostandosi di qualche chilometro verso la montagna in direzione di Porzùs, si possono raggiungere in auto o passeggiando lungo un percorso boschivo, le

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Malghe di Topli Uorch teatro del più grave scontro interno alla Resistenza Italiana durante la Seconda Guerra Mondiale. Una stele marmorea spiega a chiari termini il tragico contrasto ideologico tra i partigiani della Osoppo e dei Garibaldini del Natisone raccontando come i secondi, preferendo passare sotto il comando dello jugoslavo Tito, assalirono il 7 febbraio del ‘45 il manipolo sino ad allora alleato ed annidiato proprio nelle malghe. Altrettanti brividi si levano varcando di pochi chilometri il confine per giungere a Caporetto, cittadina oggi slovena, e salire fino al Santuario in cui riposano i corpi di oltre 7000 italiani caduti sull’Isonzo durante la Prima Guerra: sulle enormi lastre di bronzo non una data di nascita, non una data di morte solo il grado, il nome e il cognome sotto un unico motto militare, quello che si risponde all’appello. PRESENTE. Un luogo che non passa indifferente nemmeno a chi quella Guerra l’ha vista solo nei film. A questo aspetto diciamo “storico-culturale” vogliamo però aggiungere alcuni suggerimenti di gite naturalistiche che, come dire, si trovano di strada, come le particolarissime cascate Kojak, o che permetteranno di ristorarsi sulle rive cristalline del Natisone, tuffandosi dal ponte Napoleonico situato a pochi chilometri da Kaporid, per noi Caporetto, o ancora giocando con le piccole rapide situate sulla sponda di Vernasso, graziosa frazione di San Pietro al Natisone situata in prossimità di Cividale del Friuli, dove godere del sole sdraiati sui ciottoli all’ombra dei tigli, è uso comune. E al palato non pensiamo? Certo che siì! Assaggiare il frico, una sorta di tortino a base di formaggio Montasio, è praticamente d’obbligo meglio se accompagnandolo a tocchetti di polenta saltata; ricotte o tomini con aglio ursino o altre erbe sono un’ottima base per i crostini di pane al sambuco, fiore bellissimo che in queste aree ha il suo habitat ideale; il salame cotto con cipolla in agro gareggia impavido con le guance di maiale su letti di tarassaco ed erbe di campo anche se non son da trascurare i piatti di lumaca che qui raggiunge dimensioni alquanto vistose. La ribolla gialla ferma o spu-

mantizzata é un eccellente modo per rinfrescare la gola. Per i golosi, è sempre il bosco a far da padrone: la gubana o i più piccoli strucchi nascondono nel loro ripieno la fragranza della noce, del miele, dell’ uva passa in un amalgama che sa d’antico ma che mostra palesemente come i sapori semplici, alla fine, sono quelli che vincono. A questo punto non resta che un modo per congedarci: “Mandi!” Che non è solo un saluto ma un modo allegro per dire “andateci”!

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