GP Magazine gennaio 2025

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ANNO 26 - Numero 281 GENNAIO 2025

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EDITORIALE

AUTO ELETTRICA

ANCORA TROPPI LIMITI

Negli ultimi anni, l'auto elettrica è diventata un simbolo del cambiamento verso una mobilità più sostenibile, spinta dalla necessità di ridurre le emissioni di gas serra e dalla crescente consapevolezza ambientale. Tuttavia, nonostante i suoi numerosi vantaggi, l'auto elettrica presenta ancora diverse criticità che meritano un'analisi approfondita per valutare le reali implicazioni di questa transizione.

Una delle principali criticità delle auto elettriche è l'autonomia limitata rispetto ai veicoli a combustione interna. Sebbene i modelli più recenti abbiano raggiunto autonomie superiori ai 400-500 km, questa distanza è ancora inferiore a quella garantita da un pieno di carburante tradizionale. Inoltre, la disponibilità di punti di ricarica è un altro ostacolo significativo. In molte aree, soprattutto rurali o meno sviluppate, l'infrastruttura di ricarica è scarsa o inesistente, creando difficoltà per i proprietari di auto elettriche.

Un altro limite è rappresentato dai tempi di ricarica. Anche con le più moderne tecnologie di ricarica rapida, il tempo necessario per ricaricare una batteria è nettamente superiore a quello richiesto per fare il pieno di carburante in un'auto tradizionale. Questo fattore può rappresentare un disagio significativo per chi percorre lunghe distanze o ha bisogno di utilizzare il veicolo con frequenza. Nonostante i costi operativi inferiori, il prezzo iniziale delle auto elettriche è ancora elevato rispetto alle loro controparti a combustione interna. Questo rappresenta una barriera per molti consumatori, soprattutto nei paesi in via di sviluppo o per le famiglie con redditi medi o bassi. Sebbene incentivi governativi e sussidi possano aiutare, essi non sempre sono sufficienti a colmare il divario.

Un altro aspetto critico riguarda l'impatto ambientale delle batterie agli ioni di litio. La produzione di queste batterie richiede l'estrazione di minerali come litio, cobalto e nichel, spesso associata a danni ambientali significativi e problematiche etiche legate alle condizioni di lavoro nelle miniere. Inoltre, la gestione del fine vita delle batterie rappresenta una sfida importante: il riciclaggio è ancora costoso e complesso, e una gestione inadeguata può portare a rischi ambientali.

Affinché questa tecnologia possa realizzare appieno il suo potenziale, sarà necessario investire in ricerca e sviluppo, migliorare l'infrastruttura di ricarica, rendere i veicoli più accessibili e garantire che l'energia utilizzata provenga da fonti sostenibili. Solo affrontando queste criticità, l'auto elettrica potrà diventare una soluzione realmente sostenibile e universale per il futuro della mobilità.

CONDIZIONI - Nessuna parte di GP Magazine può essere riprodotta. GP Magazine è un mensile a distribuzione gratuita a servizio dei lettori. Salvo accordi scritti, le collaborazioni sono da intendersi a titolo gratuito; articoli e interviste sono realizzati in maniera autonoma dai collaboratori che ne chiedono la pubblicazione senza nulla pretendere in cambio e assumendosi ogni responsabilità riguardo i contenuti. I banner pubblicitari da noi realizzati sono di nostra proprietà e qualsiasi utilizzo al di fuori di GP Magazine deve essere da noi autorizzato dietro esplicita richiesta scritta

L’EVENTO DEL MESE

ACCADEMIA ERGO CANTEMUS

ECCEZIONALE SUCCESSO

PER IL GRAN CONCERTO DI NATALE A ROMA

Un trionfo di musica e emozioni ha incantato il pubblico lo scorso 14 dicembre nella splendida cornice della Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Il Gran Concerto di Natale, organizzato dall’Accademia Ergo Cantemus nella persona del Presidente D.ssa Luana Frascarelli, in sodalizio con la prestigiosa Associazione Cavalieri di San Silvestro nella persona dell’esimio Presidente Mons. Luigi F. Casolini di Sersale, con i più alti patrocini Istituzionali, ha regalato una serata indimenticabile grazie alla straordinaria esecuzione della poderosa Orchestra di Fiati diretta dal rinomato Maestro Francesco Traversi. Il Concerto, reso ancora più suggestivo dall’acustica straordinaria della storica basilica, ha visto l’ impeccabile partecipazione del presentatore televisivo Anthony Peth, elegante in Sartoria Modolo, il tutto impreziosito dalla voce sublime del Soprano Arianna Morelli, che ha saputo emozionare e conquistare il pubblico con la sua interpretazione magistrale dei brani natalizi e classici proposti nel repertorio. Un programma avvincente e variegato ha alternato momenti di grande intensità musicale a passaggi di pura dolcezza, celebrando lo spirito natalizio

con un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione. L’Orchestra di Fiati che ha sfiorato i 50 esecutori, sotto la direzione energica e precisa del Maestro Traversi, ha dato prova di eccezionale coesione, livello e professionalità artistica, suscitando applausi di lunga intensità e ripetuti da parte degli illustri invitati.

Tra i presenti: il Prof. Luigi Tivelli, politologo e giurista, già consigliere parlamentare della Camera, del Presidente del Consiglio, capo di gabinetto e portavoce di ministri, Presidente della autorevole “Spadolini Academy”, autore di 37 volumi, pubblicati da vari editori, al suo fianco il Prof. Corrado Ocone, consigliere del Presidente della Camera dei Deputati, entrambi a rappresentanza del Patrocinio riconosciuto all’Accademia Ergo Cantemus Coro ed Orchestre Città di Tivoli RM dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. S.E. l’Ambasciatore di Bulgaria in Italia Todor Stoyanov, S.E. Dott. Daniele Mancini già Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede e Gentile consorte, Il Marchese Prof. Emilio della Fontanazza Docente specializzato in diritto nobiliare, il Dott. Andrea De Pasquale Direttore Generale Educazione Ricerca e Istituti Culturali, il Marchese Giovanni Nicastro Guidiccioni, il M° Biagio Andriulli, la Prof.ssa Anita Facchiano nipote del Ministro Ferdinando Facchiano, il Dott. Massimiliano Calore Sindaco Comune dì Ciciliano e gentile consorte, il Prefetto Fulvio Rocco De Marinis, la D.ssa Sara Iannone, il Col. Bartolomeo Casu, il Col. Marco Crimi, il Dott. Francesco Carere, la splendida Conny Caracciolo, il Dott. Pascucci Simone del famoso brand PIUVISTA, L’Ing. Antonio Moretta e gentil consorte, la superba stilista Nayra Laise con il Dott. Enrico Vecciarelli, la Vocalist Asya Asenova, rappresentanti da Poste Italiane e ADR Roma, le famiglie degli allievi sempre così preziose. Per la grande squadra e comitato artistico di Accademia Ergo Cantemus si ringraziano Il Resp. Organizzativo di Orchestre Roberto Canichella, il Family Banker di Banca Mediolanum Fabrizio Pellegrini, il M^ Prof. Roberto Giuliani già Direttore del Conservatorio di Musica Santa Cecilia, il Comm. Tonino Boccadamo, il Dott. Paolo Cicolani, l’Avv. Donatella Squillace, le D.sse Federica Carotti e Maria Buongiorno, il Col. Leonardo Laserra Ingrosso che ha fatto giungere i suoi voti augurali natalizi. L’evento ha registrato una copiosa affluenza di pubblico che ha reso sold out le sedute in Basilica, confermando ancora una volta il successo e l’importanza culturale delle iniziative promosse dall’Accademia Ergo Cantemus. La Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, con la sua maestosità e sacralità, ha fornito lo sfondo ideale per questa serata di arte e spiritualità. Il Gran Concerto di Natale si è concluso tra standing ovation e commozione, siglando un altro successo kolossal per l’Accademia Ergo Cantemus e lasciando nei presenti un ricordo indelebile di questa meravigliosa celebrazione musicale. Partner Tecnico BS Production & Promotion, GP Magazine social media partner con il sostegno dello Studio Dott. Paolo Cicolani.

COVER STORY

TIBERIO TIMPERI

L’UOMO DELLA TV NATO DAVANTI AL MICROFONO DELLA RADIO

Probabilmente non tutti sanno che Tiberio Timperi di base è un radiofonico, anzi diciamo pure che è uno dei conduttori radio più preparati. La sua avventura partì da Cesenatico, dove si trovava in vacanza e il suo primo amore fu proprio il mezzo radiofonico. Per arrivare in seguito alla conduzione di importanti programmi tv, è stato un gioco da ragazzi, poiché chi ha la radio dentro come bagaglio di esperienze, può fare davvero tutto. I problemi nascono al contrario. I tempi e i meccanismi della radio sono un mondo a parte. Bisogna vivere certe esperienze per capire fino in fondo. Il fatto che ultimamente, solo per cavalcare una moda, molti personaggi televisivi sono stati catapultati nei palinsesti delle radio, non è stata una buona idea.

Tiberio, cosa rappresenta per te la radio?

“La mia gioventù, è il mio imprinting, è un falsificare la carta di identità. E' sentirsi vivi nel momento in cui si apre il microfono e si inizia a raccontare”.

Sono diverse le emozioni che provi invece quando sei davanti alla telecamera?

“Completamente. Con la telecamera hai il cameraman, l'ispettore e l'assistente di studio, un mixer audio, un mixer video, un regista, l'assistente alla regia e gli autori. Si contano all'incirca una decina di persone. In radio mi ritrovo da solo davanti ad un microfono. È la dimensione intima che fa la differenza”.

Come iniziò la tua avventura?

“A Cesenatico dove ero in vacanza. La radio era nel sottoscala del bar Duse in viale Roma. L’emittente era del figlio dello storico sindaco di Cesenatico. Per me fu una folgorazione. Avevo trovato la mia strada a neanche quattordici anni”.

Quando lasciasti la radio?

“Verso la fine degli anni ‘80 per poi ritrovarla

una decina d’anni dopo. Sono cresciuto con i piatti, il revox ecc. Adesso mi ritrovo con un mouse in mano. Sono passato dall'analogico al digitale. In mezzo, Radio Rai con il tecnico dall’altra parte del vetro. Adesso vado di autoregia. Un salto quantico ma una volta appresi, sono automatismi che tornano spontanei. Mi reputo un radiofonico prestato alla televisione. Chi parte dalla radio può approdare in tv, ma il televisivo che arriva in radio, il più delle volte toppa. La radio scorre nel sangue, o ce l'hai o non ce l'hai”.

I tuoi impegni attuali sia radiofonici che televisivi.

“Dal lunedì al venerdì sono su Rai Due per i Fatti Vostri', mentre la domenica, per anestetizzare la malinconia che comporta, faccio radio”.

Da quando sei tornato a fare radio su RTR 99?

“Da due anni. Prima c’era stata Radio Due, con Hit Story, quando Carlo Conti era direttore artistico. Adesso ritrovo come editore Fabio Martini che conosco da una vita. Ed è grazie a gente come lui che sopravvivono queste piccole e preziose radio libere. Che hanno un sapore senza tempo”.

Sei anche un ascoltatore?

“Purtroppo sì”.

Perché purtroppo?

“Perché sento alcune cose in giro che non mi piacciono affatto. Le radio fatte con i whatsapp degli ascoltatori. La trasmissione devono farla i conduttori non gli ascoltatori. Servono storie, racconti e buona musica. Le playlist rischiano di allevare conduttori musicalmente ignoranti. E poi che senso hanno annunci e disannunci di 20/30 secondi al massimo? Meglio Spotify che almeno protegge da un bla bla senza senso. Ascolto con piacere Montecarlo Nights, il Ruggito dl Coniglio

su Radio Due, Capital Funky, Linus su Dee Jay e Rtr99 dove divido il microfono con radiofonici senza tempo come Andrea Torre, Luciana Biondi e Teo Bellia. In radio non si invecchia: si acquisiscono esperienza e sapore”.

Il tuo conduttore radio preferito?

“Linus in primis. Ma anche Salvatore Calise in onda su Tele Ischia. E Emilio Levi che purtroppo ha appeso il microfono al chiodo: un fuoriclasse. Tra le conduttrici preferite ci sono Antonella Condorelli e Antonella Giampaoli”.

Secondo te i giovani sono innamorati come lo eravamo noi?

“No, affatto e c'è un errore di fondo. Si continua a fare la radio, guardando ai giovani. Ma questi scelgono la rete. Manca una radio per tutti quelli che come noi sono cresciuti con le private e vogliono un po' di ciccia, non un becero e vacuo giovanilismo con pretese di banale comicità”.

Com'è articolato il programma che conduci attualmente?

“Sono tre ore di flusso, dove racconto, commento, ironizzo sul mondo che ci circonda. Parto con un canovaccio e come nel jazz, vado fuori tema per poi rientrare nello spartito. Seguo l’onda”.

regionali, a metà strada tra network nazionali e radio locali. È un vero peccato che a parte Linus, nessuno della vecchia generazione sia riuscito a diventare direttore di una radio nazionale e farla andare come si dovrebbe fare”.

Che ne pensi riguardo all'inserimento dei personaggi televisivi nella radio?

“Come già detto, non funziona. Trovo sia improduttivo e anti economico. Mi farò dei nemici, ma la radio è cosa diversa dalla tv. E bisogna saperla fare. Sei tu, il microfono e l’ascoltatore. Senza le distrazioni della tv dove puoi buttarla anche in caciara. In sostanza, reputo che chi nasce in radio abbia una marcia in più rispetto a chi viene dalla tv”.

Quale elemento ti manca del passato?

“Il fatto che un po’ ovunque si sia abdicato alla competenza a favore del sapersi vendere. Venni preso a Rai Stereo Uno grazie ad una cassetta portata a Fabio Brasile. Feci poi i provini con Massimiliano Fasan per la Hit Parade. La mia è la generazione che faceva i provini. Purtroppo sono cambiati tempi, modalità e visioni del modo di fare radio. Tanto nel pubblico quanto nel privato. Ormai per trovare qualcosa di diverso e genuino devi buttarti sulle alcune radio macro

Cosa ne pensi della radiovisione?

“Trovo che sia costosa e tolga fantasia, mistero e magia. Una sorta di ufficio complicazione affari semplici”.

Invece per quanto concerne la musica di oggi?

“Salvo poco. Oggi le canzoni hanno la scadenza come lo yogurt. Una volta erano fatte per durare. Oggi governano gli algoritmi che le rendono quasi tutte uguali, corte e con un ritornello che di spontaneo ha ben poco. Altro che Gino Vannelli o Genesis o Battisti che godo a mandare in onda”.

Com'è il tuo rapporto con i social?

“Considero i social un'arma di distrazione di massa. Appartengo alla generazione del gioco e non a quella del telefono. Li uso moderatamente e me ne infischio di like e commenti. Vivrei benissimo anche senza. In alcuni giovani generano ansia, depressione e gesti autolesionistici. Non sono io a dirlo ma autorevoli studiosi. Ma tutti fanno orecchie da mercante. Speriamo ci si metta un freno”.

CHI Ḕ TIBERIO TIMPERI

Tiberio Timperi è nato a Roma il 19 ottobre del 1964 sotto il segno della Bilancia. La sua carriera iniziò nel 1977 a Radio Mare Cesenatico. Fu tra gli animatori di uno dei primi network radiofonici nazionali, Radio In e della syndication Top Italia Radio. Tra il 1983 e il 1987 lavorò per Radio Rai ai tempi delle Stereo. Nel 1986 debuttò in televisione alla conduzione del tg dell'emittente romana Tele Regione. In seguito si trasferì su TMC. Nell'emittente monegasca diventò giornalista professionista. Nel 1991 passò a Mediaset. Successivamente, alla carriera giornalistica affiancò quella di conduttore di trasmissioni di intrattenimento. In seguito tornò in Rai, stavolta in tv per condurre programmi di successo come “Mezzogiorno in famiglia” e “Mattina in famiglia”, oltre a tante altre importanti collaborazioni. Ha partecipato inoltre come protagonista di una puntata nella serie televisiva ”La squadra” e “Un posto al sole”. Nel ruolo di se stesso invece in ”Un medico in famiglia”. Nel 2004 ha scritto il libro “Ci avete fatto caso?” per la Eri. Nel 2008 “Amarsi sempre! Sposarsi?” edito dalla Armando Curcio Editore. Due anni dopo, per la Longanesi, è arrivato il romanzo "Nei tuoi occhi di bambino". Nel 2009 ha condotto, “Il lotto alle otto” insieme a Stefania Orlando. Ha continuato a condurre sempre per la Rai numerosi programmi tv, tra cui “I Fatti Vostri”, in cui lavora attualmente. E' tornato a farsi sentire in radio da ben due anni sull'emittente RTR 99. La sua ultima esperienza radiofonica risale su Radio

Due ai tempi della direzione artistica di Carlo Conti.

Giovani e sguardo al futuro tra incertezza e speranza:

Gli aspetti psicologici

e

il

parere della dottoressa Adelia Lucattini

La speranza è il faro che guida i giovani attraverso le turbolenze dell’età adulta e nelle incertezze che possono verificarsi nel Tam-tam quotidiano, ne rappresenta il vero carburante che alimenta il loro impegno, la loro creatività e la loro capacità di affrontare le sfide. La speranza aiuta i giovani a superare gli ostacoli e a rialzarsi dopo le cadute. È un antidoto alla frustrazione e alla rassegnazione. Eventi come la pandemia da Covid-19 hanno messo a dura prova la resilienza dei giovani e hanno generato un senso di incertezza per il futuro, ma la speranza è alla base dell’innovazione, è ciò che spinge i giovani a perseguire i loro obiettivi, anche quando le prospettive sembrano lontane. La speranza unitamente alle proprie ambizioni e motivazioni può rappresentare la chiave congrua, l’imput giusto per affrontare invece, le difficoltà con determinazione. E allora, come è possibile coltivare la speranza anche quando il futuro può sembrarci incerto? Quali sono i fattori che possono favorire lo sviluppo della resilienza nei giovani e sostenere in tal modo, il benessere psicologico? Di questo e molto altro, ne parliamo con Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana

Dottoressa Lucattini, quali sono le principali sfide che i giovani affrontano oggi?

“Sono molteplici e spesso intrecciate tra loro, riflettono la complessità della società contemporanea. La crisi climatica, l’instabilità economica e politica, e l'evoluzione rapida delle tecnologie generano un senso di insicurezza e ansia rispetto alle prospettive future, sia personali che sociali. I social media creano un ambiente in cui i giovani si sentono costantemente esposti e giudicati, l'ideale irraggiungibile di successo e perfezione amplifica sentimenti di inadeguatezza e può portare a disturbi dell'umore e dell'autostima. Le difficoltà nel trovare occupazioni stabili e gratificanti aumentano l'incertezza e il senso di precarietà. Il divario tra formazione e mercato del lavoro rende complesso il passaggio dall’istruzione alla carriera. Per ciò che concerne proprio la salute mentale, possiamo constatare e ce lo dicono i dati recenti postpandemia di covid-19, che ansia, depressione e stress sono problemi sempre più diffusi tra i giovani, acuiti proprio da essa e dalle sue conseguenze individuali e sociali. Un altro aspetto importante riguarda le relazioni e il senso di comunità: nonostante la connessione virtuale, molti giovani si sentono isolati e faticano a costruire relazioni autentiche e profonde. Credo che queste sfide richiedano un approccio integrato, che coinvolga famiglia, scuola e istituzioni, affinché i giovani possano trovare risorse e strumenti per affrontarle con fiducia e coraggio”.

In che modo l’incertezza influisce sulla motivazione e l’impegno dei giovani verso i propri obiettivi?

“L’incertezza ha un impatto significativo sulla motivazione e l’impegno dei giovani verso le proprie aspirazioni, poiché genera un conflitto tra il desiderio di costruire un futuro e la difficoltà di immaginarlo con chiarezza. Gli effetti possono rendere difficile pianificare a lungo termine, portando molti giovani a sentirsi bloccati o demotivati. Quando il futuro appare nebuloso, investire energie mentali in obiettivi di lungo respiro può sembrare inutile o frustrante. La sensazione di non avere controllo su ciò che accadrà può generare ansia, che a sua volta interferisce con la capacità di concentrarsi e perseguire obiettivi con costanza. D’altra parte, “il nuovo” e “lo sconosciuto”, a differenza dell’incertezza, rappresenta una sfida

che li stimola a essere curiosi, flessibili e costanti”.

Quali sono, in particolare, le principali implicazioni dell’incertezza sulle relazioni interpersonali e sociali dei giovani? “Può influire profondamente sulle relazioni dei giovani, poiché modella il modo in cui si confrontano con gli altri e interferisce, in tal modo, sulla costruzione del senso di appartenenza. Un conto è muoversi nel mondo come espressione di una minoranza e un altro conto è scendere in un’arena colma di sconosciuti, da soli, senza essere equipaggiati emotivamente e senza essere sostenuti. L'incertezza rende insicuri e affatica, per cui molti giovani tendono ad evitare legami profondi, temendo che possano diventare troppo impegnativi o che avendo timore di separazioni e perdite, non durino a lungo. In questo contesto, bisogna stare attenti che le relazioni non diventino superficiali e fugaci, piuttosto che un impegno a lungo termine che giova molto alla salute psichica, dando certezze e stabilità affettiva. Da qui, l’importanza di sensibilizzare i giovani sul valore imprescindibile della comprensione reciproca e della costruzione di relazioni significative, sull’opportunità di frequentare gruppi e associazioni culturali con cui condividere idee e obiettivi comuni; sulla necessità di riconoscere e gestire le emozioni, sviluppando forza interiore e sicurezza nelle relazioni”.

Crede che la pandemia di covid-19 abbia avuto un peso nel modificare le prospettive future dei giovani e le loro strategie di adattamento?

“Sì senz’altro, la pandemia ha avuto un impatto inevitabile sull'ottica dei giovani e sulle loro capacità di adattamento. Ha amplificato la sensibilità ai cambiamenti, rendendoli più consapevoli della criticità sanitarie ed economiche, e della fragilità umana. Molti giovani hanno ripensato i propri obiettivi, tenendo conto dell'importanza di sviluppare qualità interiori per affrontare gli imprevisti come flessibilità, necessità di formazione e aggiornamento, di mobilità per completare gli studi o cercare un lavoro.

L’uso intensivo della tecnologia per lo studio, li ha resi più orientati nell’utilizzo di strumenti digitali e nello spaziare in ambienti virtuali. D’altro canto, si riscontra un aumento delle dipendenze patologiche anche da uso di consolle e smartphone e della disconnessione emotiva. Di positivo, hanno sviluppato strategie innovative nello studio e nella scoperta di forme di espressione artistiche, quali musica, scrittura e programmazione”.

Ritiene sia di fondamentale importanza il supporto familiare nel sostenere i ragazzi?

“Il supporto familiare fa la differenza nell’aiutare i giovani a sviluppare intraprendenza, sicurezza e capacità nuove per affrontare la complessità del

mondo extrafamiliare, prima nello studio e poi nel lavoro. Allo stesso tempo, è importante che anche i genitori possano avere un loro sostegno qualora ne sentano la necessità, ad esempio attraverso dei colloqui psicoanalitici di coppia o familiari, sia per affrontare le proprie difficoltà, che per comprendere i bisogni dei figli e trovare gli strumenti migliori per sostenerli, indirizzarli e aiutarli nel momento del bisogno”.

Crede che la Formazione possa essere una leva importante per la costruzione di piani progettuali per il futuro e per vedute più ampie?

“Assolutamente sì, la formazione è uno strumento fondamentale per la costruzione di percorsi più efficaci, per porre le basi necessarie ad ampliare le vedute dei giovani. Infatti, è necessario elaborare le informazioni, trovare il modo e i tempi giusti per applicarsi nello studio, sviluppare il senso critico e la propria autonomia dalla famiglia ed essere maggiormente propositivi rispetto alle proprie aspettative e alle richieste sociali. Il ritmo interno si crea attraverso l’educazione familiare, la scuola e il lavoro su se stessi. Non si tratta solo di acquisire conoscenze tecniche, ma di dotarsi degli strumenti intellettuali, conoscitivi e relazionali, che permettono di sviluppare competenze trasversali, pensiero vigile e creativo, e capacità di adattamento, indispensabili in un mondo in rapido cambiamento, soprattutto dal punto di vista digitale. L’uso naïve dei Social non è sufficiente è necessaria un’educazione e una formazione al mondo digitale, e all’intelligenza artificiale, che richiedono studi e tirocini specifici. Anche se gli studi sono orientati su professioni “artigianali” e “creative”, la tecnologia digitale è richiesta ed è implicata in molti ambiti, a partire dallo studio stesso. Investire in un’educazione inclusiva e di qualità è essenziale per aiutare i giovani a immaginare e realizzare un futuro ricco di opportunità e soddisfazioni personali”.

Quali sono, a suo avviso, le maggiori difficoltà che i giovani incontrano nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro?

“Questo passaggio è un momento cruciale e spesso complesso per i giovani. Le difficoltà principali che incontrano derivano da una combinazione di fattori personali, familiari ed educativi. Affrontare queste difficoltà richiede un approccio multimodale, in cui tutti, giovani, famiglia, scuola, università e mondo del lavoro, cooperino insieme per creare ponti solidi tra formazione e professione. Ricevere un supporto adeguato, anche psiconalitico, in momenti di impasse o difficoltà particolari che possono causare stress ingestibile o scivolamenti depressivi, aiutano a trasformare una crisi in un’opportunità di crescita e maturazione, personale e relazionale”.

Dottoressa Lucattini, come si coltiva la speranza in un futuro che, a volte, può sembrare incerto? Quali sono i fattori che possono favorire lo sviluppo della resilienza nei giovani e determinare in tal modo, il loro benessere psicologico?

“Innanzitutto, promuovendo la capacità di risposta e la forza psichica, aspetti strettamente legati che richiedono un approccio in cui bisogni personali, educazione e indirizzi familiari, offerte e opportunità sociali, cooperano nel promuovere la capacità di scelta. Aiutano, inoltre, a conciliare ambizioni e desideri con le richieste e le sollecitazioni esterne, talvolta eccessive. Sebbene, il contesto attuale possa apparire imprevedibile, è possibile alimentare la fiducia e il benessere psicologico attraverso strategie mirate, guidate da un’emotività empatica e da un pensiero realistico, positivo, senza false illusioni, ma con un pragmatismo costruttivo. Coltivare la speranza e la resilienza richiede un impegno anche collettivo e una visione prospettica costruita per il bene dei giovani. Investire nella crescita personale, nelle relazioni e nelle competenze culturali ed emotive, li aiuta ad affrontare l'incertezza, dando un significato, trovando un senso e quindi favorendo il benessere mentale, necessario per affrontare i cambiamenti. In questo, è possibile guardare al futuro con fiducia e determinazione”.

pri obiettivi. Offrono soddisfazione immediata e aiutano a costruire la fiducia in se stessi, motivazioni e progetti che li accompagneranno nel tempo”.

Quali consigli si sente di dare ai giovani?

Apprendere dall’esperienza. Quando ci si trova di fronte ad un ostacolo, cercare di vedere gli insegnamenti che è possibile trarne; Non smettere mai di formarsi e imparare attraverso lo studio, che l’aggiornamento. La curiosità e la voglia di crescere sono la chiave per adattarsi ai cambiamenti e sviluppare nuove abilità e nuove competenze. Tutte le esperienze sono una potenziale fonte di conoscenza;

Vivere ogni difficoltà come un’opportunità di crescita: fanno parte della vita e sono occasioni per imparare, migliorare e rafforzarsi;

Sapere che la perfezione non esiste. Bisogna avere pazienza con se stessi, anche le battute di arresto e le frustrazioni sono sopportabili e superabili. “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”: “Errare è umano, ma perseverare (nell’errore) è diabolico”;

Cercare sempre quello che entusiasma e rende felici. Seguire quindi le proprie passioni, anche se il percorso sembra più difficile o controcorrente. Alla lunga, la passione, la determinazione, lo studio e la formazione pagano sempre;

Quali sono le esperienze positive che possono aiutare i giovani a ritrovare la motivazione e a perseguire i propri obiettivi?

Sono quelle che combinano crescita personale, responsabilità, spirito di sacrificio, connessioni sociali e senso di scopo. È fondamentale creare contesti che valorizzino i loro talenti, li supportino nei momenti di difficoltà e li ispirino a credere nelle proprie potenzialità. Con il giusto equilibrio tra sfida e supporto, i giovani possono costruire la resilienza e la fiducia necessarie per affrontare il futuro con entusiasmo e determinazione. Inoltre, queste esperienze giocano un ruolo cruciale nel rafforzare la motivazione nei giovani e nel sostenerli verso i pro-

Ricordare che la strada non è mai lineare o perfetta: è fatta di tentativi ed errori, di soddisfazioni e delusioni. Cogliere ogni deviazione dal percorso pensato, un’opportunità che la vita porta incontro; Non avere paura di chiedere aiuto e condividere le proprie difficoltà. Le relazioni autentiche con amici, familiari e docenti sensibili sono fondamentali per la salute mentale. Chiedere aiuto non è mai debolezza, semmai un punto di forza, bisogna scoprirlo e utilizzarlo bene.

Non arrendersi. Sapere che è possibile rialzarsi dopo qualsiasi inciampo o caduta, chiedendo sostegno, se necessario ad uno psicoanalista, per superare il momento di difficoltà.

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SALUTE & BENESSERE

Esperidina Le ottime proprietà da far conoscere

Viviamo un’era nella quale la formazione medica occidentale è incentrata esclusivamente sui farmaci di sintesi chimica, eppure esiste in natura ciò che ci può far stare bene, come l’esperidina. Ce ne parla il dottor Antonio Gorini (*) un medico che ha scelto la mission professionale di mettere al centro la persona nella sua complessità e trovare la cura che sia personalizzata e volta a ristabilire uno stato di salute prolungato

Solo da poco tempo si sente parlare di integratori a base di Esperidina. Che cos’è?

“Circa 42 anni fa quando ero alle scuole medie, venne in classe un agronomo, padre di un mio compagno di scuola. Ci parlò del suo lavoro e, tra i vari esempi e curiosità che ci raccontò, mi colpì molto il racconto sulla parte bianca degli agrumi, che tutti noi leviamo con molta attenzione, quando mangiamo arance, mandarini, ecc. ‘Quella parte bianca che scartate - diceva l’agronomo – contiene una sostanza molto importante per la salute! Si chiama esperidina!’. A distanza di tanti anni ancora ricordo quella lezione, forse anche per il modo simpatico e affettuoso dell’insegnante. Quella sostanza così importante per la salute è da pochi anni disponibile come integratore e, effettivamente, fornisce dei risultati sorprendenti per la nostra salute. Dal punto di vista chimico l’esperidina è un flavanone glicoside, che troviamo negli agrumi in piccole quantità (da 10 a 30 mg per 100 grammi di frutto). Quindi per ottenere quantità utili per l’utilizzo come integratore occorrono molti frutti ed un complesso lavoro di estrazione”.

Quali sono le sue proprietà?

“L’esperidina è una molecola fortemente antiossidante e antinfiammatoria. Migliora la funzione dei vasi sanguigni, regolando la coagulazione del sangue e il tono e la permeabilità di vene e capillari. Ha anche azione antivirale”.

In natura e in quali cibi è contenuta?

“Come già detto è contenuta principalmente negli agrumi. Quello che ne contiene di più è l’arancia seguito dal mandarino, limone e pompelmo in ordine decrescente di concentrazione. Nelle piante questo flavonoide ha una funzione protettiva da agenti ossidanti e microbici. È stata isolata per la prima volta ai primi del 1800”.

Per quali problematiche di salute può essere indicata?

“Molto interessante è l’azione antivirale di questa molecola. Anche nel caso del famoso SARS-COV2 del 2020 l’esperidina ha mostrato la capacità di legarsi alle proteine virali e, grazie a questo legame, impedire l’ingresso del virus nella cellula non permettendo un legame stabile con i recettori delle cellule umane (recettori ACE2 nel caso del SARS-COV2). Azione simile è stata studiata anche per altri virus. Pertanto, una problematica in cui sicuramente è utile l’esperidina è in corso di influenza o infezioni virali in genere ed anche

nella prevenzione dei disturbi invernali legati al raffreddamento (raffreddore, bronchite, mal di gola, ecc.). L’azione antinfiammatoria è utile nel trattamento di tutte le problematiche su esposte. Inoltre, l’azione antiossidante è fondamentale nei tempi attuali in considerazione dell’enorme presenza di agenti ossidanti presenti nell’ambiente a partire dagli alimenti industriali, contaminati con sostanze chimiche e OGM, per non parlare degli inquinanti presenti nell’aria e nelle acque. L’uso di farmaci chimici è fonte di stress ossidativo, così come una vita frenetica con poca attività fisica e all’aria aperta e troppo stress mentale inducono forti stati ossidativi. Lo stress ossidativo fa ‘invecchiare’ prima ed è il promotore di tutte le problematiche cronico - degenerative come le malattie cardiovascolari (placche arteriose, infarto, ostruzione vascolare, trombi), neurovascolari o neurodegenerative (ictus, demenza, Parkinson, ecc.), ridotta attività del sistema immunitario, osteoporosi, insulino-resistenza, ecc., ecc. L’esperidina è in grado di stimolare dei fattori nucleari cellulari, che promuovono la sintesi di enzimi e sostanze antiossidanti. Inoltre, è capace di reagire direttamente con i radicali liberi dell’ossigeno, che sono la causa dello

stress ossidativo, e rimuoverli dalla circolazione. In questo modo l’esperidina fa sì che la cellula sia in grado di utilizzare al meglio l’ossigeno, cosicché possa vivere più a lungo e le permetta di produrre energia con grande efficienza per le varie attività cellulari”.

Come spesso accade, anche dell’Esperidina si parla a livello di medicina integrata, come fosse un qualcosa che non ha significato. Possiamo dire che esistono studi scientifici che ne comprovano la funzione e le proprietà?

“Esistono numerosi studi che confermano quanto sopra detto e molto altro. Inserendo la parola “hesperidin” nel motore di ricerca medico Pubmed vengono trovati ad oggi 3739 studi scientifici. Basterebbe avere la voglia di studiare e approfondire. Materiale ve n’è tanto”.

Perché nonostante i vari studi, se ne ignora l’utilità e viene poco consigliata dai medici, a parte coloro che si occupano di medicina integrata?

“La formazione medica in occidente è incentrata unicamente sui farmaci di sintesi chimica. Studi, congressi, aggiornamenti sono promossi al 95% da aziende di chimica farmaceutica, colossi economici mon-

diali. L’università stessa ha acquisito come ‘normale’ seguire quanto indicato dall’industria senza proporre nulla di diverso. Basti pensare che durante il corso di studi in medicina non vi è un esame relativo alla nutrizione! Figuriamoci se vi possa essere un corso relativo ai farmaci naturali o alle antichissime cure tradizionali con esperienze millenarie. È una visione riduzionista voluta dal mondo economico. Sta al singolo risvegliare la propria coscienza e conoscenza e cercare soluzioni integrate per la sua salute”.

Eh già! Quanta bisognerebbe assumerla e per quanto tempo?

“Al fine di prevenire le problematiche da raffreddamento nella stagione fredda suggerisco di assumere 100 mg di esperidina al giorno per i mesi autunno inverno. In caso di infiammazione, influenza, ecc, si può triplicare la dose. Nella gestione e prevenzione delle malattie croniche con forte stress ossidativo suggerisco 100-200 mg al giorno per un lungo periodo”.

Come va assunta?

“Può essere assunta in qualunque momento della giornata, meglio se a stomaco vuoto”. Esistono controindicazioni o effetti collaterali?

“Chi fosse allergico all’esperidina non deve assumerla. Un uso eccessivo può avere effetti lassativi, per il resto è una molecola molto sicura e ben tollerata”.

(*) Il dottor Antonio Gorini è esperto di Nefrologia, Oncologia Integrata, Medicina Funzionale di Regolazione, Low Dose Medicine, Medicina Integrata, Fitoterapia, Omeopatia e Omotossicologia, Microimmunoterapia, Ossigeno Ozono Terapia, Statistica della Ricerca e Pratica Clinica, Agopuntura. E’ docente presso l’International Academy of Physiological Regulating Medicine

Può essere assunta in associazione con altri integratori naturali?

“Assolutamente sì. Esistono già in commercio associazioni molto valide con altre molecole naturali come la vitamina C e la quercetina, ma anche con la diosmina e vari oli essenziali.

Può essere anche assunta in concomitanza di altre terapie naturali e non. Consiglio sempre di evitare il fai da te in modo da non fare danni e, soprattutto, in modo da avere un’efficacia consistente della cura naturale”.

Via Archimede 138 - Roma Info. 06 64790556 (anche whatsapp)

www.biofisimed.eu antonio.gorini@biofisimed.eu www.miodottore.it/antoniogorini/internista-nefrologo-omeopata/roma

VERONICA GEZZI

LA PRIMA DERMOPIGMENTISTA IN ITALIA

A OFFRIRE GRATUITAMENTE LA RICOSTRUZIONE

DELL'AUREOLA MAMMARIA

ALLE DONNE OPERATE DI TUMORE AL SENO

Veronica Gezzi, esperta dermopigmentista e specialista nel tatuaggio medicale, lancia una straordinaria iniziativa che vuole fare la differenza per tutte le donne che hanno affrontato l’esperienza di un tumore al seno. Veronica si propone di offrire un servizio completamente gratuito di ricostruzione dell’aureola mammaria tramite tatuaggio a tutte le pazienti che hanno subito un intervento di mastectomia.

Un servizio unico in Italia

Ad oggi, nessun ospedale in Italia offre questo servizio gratuitamente, lasciando molte donne senza il supporto necessario per ritrovare la propria immagine e autostima dopo una battaglia così difficile. Veronica Gezzi è la prima professionista in Italia a proporre di collaborare con le aziende sanitarie per offrire questo trattamento essenziale a costo zero, come segno di solidarietà e supporto verso le donne che hanno vissuto questa esperienza.

L’importanza del tatuaggio medicale

Il tatuaggio medicale dell’aureola mammaria è un intervento altamente specializzato che consente di ricreare un aspetto naturale del seno dopo un intervento di ricostruzione. Questo servizio non è solo una questione estetica, ma rappresenta un passo fondamentale per aiutare le donne a ritrovare fi-

ducia in se stesse e chiudere un capitolo difficile della loro vita.

Un appello alle aziende sanitarie

Veronica Gezzi invita le aziende sanitarie a unirsi a questa iniziativa, collaborando per rendere disponibile questo servizio a tutte le donne che ne hanno bisogno. Il suo obiettivo è quello di abbattere le barriere economiche e garantire che ogni paziente abbia accesso a un trattamento che può migliorare significativamente la qualità della vita.

Una missione di solidarietà

"Credo profondamente nel potere del mio lavoro di restituire alle donne un senso di completezza e fiducia in se stesse. Offrire questo servizio gratuitamente è il mio modo di sostenere chi ha già

affrontato così tanto e merita di sentirsi di nuovo completa", ha dichiarato Veronica Gezzi.

Veronica Gezzi invita tutte le donne interessate e le aziende sanitarie a unirsi a questa rivoluzionaria iniziativa di solidarietà, portando un messaggio di speranza e rinascita in tutta Italia.

Contatti

Per maggiori informazioni sull’iniziativa o per entrare in contatto con Veronica Gezzi, è possibile scrivere a 342.5778869

EMSZERO

L’INNOVAZIONE CHE TONIFICA E SCOLPISCE IL NOSTRO CORPO

EMSZERO è la risposta perfetta per chi desidera ottenere un corpo scolpito, una muscolatura definita e una pelle vigorosa.

Questo macchinario innovativo offre un trattamento non invasivo che si adatta alle esigenze specifiche di ogni cliente, garantendo risultati visibili e duraturi già dalle prime sedute.

E’ un trattamento localizzato per il corpo, puoi scegliere tu stesso la zona che desideri modellare.

L’ elettrostimolazione, la radiofrequenza e le onde elettromagnetiche ad alta intensità lavorano sul tuo corpo contemporaneamente agendo sui diversi strati della pelle.

Immagina di poter ottenere i benefici di un allenamento sportivo intenso senza dover sudare come in palestra.

Grazie alla combinazione di elettrostimolatore (EMS), radiofrequenza (RF) e onde elettromagnetiche ad alta intensità (HIEMT) è possibile tonificare i muscoli, migliorare l’elasticità del tessuto e sciogliere il grasso comodamente sdraiati e rilassati.

Combinando le diverse tecnologie EMSZERO offre una soluzione completa per l'aumento muscolare, la riduzione del grasso e il rassodamento della pelle.

Questa integrazione avanzata è la scelta ideale per te che cerchi trattamenti di body sculpting efficaci e non invasivi.

Come funziona EMSZERO?

Il trattamento prevede una sessione di 30 minuti, durante la quale vengono applicate le placche sulle zone desiderate, il trattamento è localizzato: cosce, glutei, addome, ecc ...

Il programma e la zona da trattare vengono scelti in base alle esigenze individuali del cliente, permettendo un approccio personalizzato e mirato.

Parliamo un po’ dei benefici ...

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. PELLE VIGOROSA, il trattamento favorisce il rassodamento dei tessuti, rendendo la pelle più compatta.

Il calore generato dalla RF e HIEMT stimolano la produzione di fibre, migliorando la tonicità e l’elasticità della pelle.

. RIDUZIONE DEL GRASSO, la radiofrequenza e le onde elettro magnetiche ad alta intensità producono calore, riscaldano le cellule adipose, favorendone la rottura e l’eliminazione attraverso i processi naturali del corpo.

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STORIE & PERSONAGGI

SERENA SPINUCCI

UNA MAMMA

NEL RUOLO

DI “INSPIRER”

E BRAND

AMBASSADOR

Più che influencer, preferisce essere considerata una “inspirer”, una persona che nel ruolo di mamma e brand ambassador, riesce a trasmettere messaggi positivi e a veicolare la bellezza esteriore come emblema di una bellezza interiore. Serena Spinucci è di origine italiana ma ormai da tempo vive in Svizzera, è mamma di due figli adolescenti e nella vita non ha mai avuto paura di mettersi in gioco e di affrontare le sfide che di volta in volta le si ponevano davanti. Forse sta qui il successo nel campo personale, professionale e digitale, dove si muove come “inspirer” e dove ha un seguito crescente. Eppure, anche tu, con i social hai un rapporto di odio e amore… “Da un lato ne subisco passivamente la presenza ingombrante nelle mie giornate, perché ammetto di trascorrere diverse ore su di essi, ma allo stesso tempo Instagram e Facebook, i due canali che uso, sono per me mezzi di comunicazione molto importanti e anche di informazione personale”.

Strumento che utilizzi per veicolare messaggi importanti.

“L'idea di poter rappresentare una fonte di ispirazione mi affascina molto e cerco di essere quindi coerente con i contenuti che pubblico e i messaggi che voglio veicolare. Questa volontà di trasferire messaggi positivi è emersa con forza nel 2019: all'epoca ero co-founder di Milaner, una piattaforma on line che proponeva una vasta selezione di accessori e prodotti di abbigliamento Made in Italy al pubblico americano, attingendo dalle piccole realtà artigianali italiane. Avevo Iniziato a postare alcune foto di me con i prodotti che Milaner proponeva e subito ho iniziato a notare un certo interesse da parte del popolo di instagram”.

Poi, dopo il Covid, si sono spalancati nuovi sbocchi professionali e è nata la tua scelta di “re-inventarti”…

“A quel punto, il mio primo pensiero è andato a Instagram. Ho contattato quindi un fotografo professionista

di Milano, Norman Rinaldi, lo stesso con cui ancora oggi scatto, e ho iniziato a fotografare i prodotti delle aziende con cui avevo mantenuto dei buoni rapporti. Da cosa nasce cosa e la mia pagina di Instagram, ha iniziato a crescere sempre di più. Ho intuito che forse quella sarebbe stata la mia nuova strada! Oggi il mio Instagram è cresciuto molto e mi ha portata a conoscere nuove persone, fare viaggi e intraprendere nuove collaborazioni lavorative”.

Sui social hai scelto di mostrare anche una parte di te.

“Cerco anche di far conoscere un po' di me stessa, della mia vita, delle mie passioni e dei miei interessi, cercando però di mantenere la privacy in ambito familiare”.

Quanto conta la cura dell’immagine femminile in questo percorso digitale?

“La cura della mia immagine è fondamentale: sono sempre stata una donna attenta alla cura del proprio corpo, sia attraverso l'attività sportiva, sia attraverso la scelta dei prodotti e dei trattamenti per la mia skin routine. Ho un'alimentazione sana, ma le diete non fanno per me! Se c'è un piacere a cui non vorrei mai dover rinunciare, quello è il cibo! Di conseguenza, l’'immagine di me che vorrei far trasparire è quella di una donna che si sente finalmente completa. L’età non si chiede, ma nel mio caso c'è un adorabile 4 iniziale, che mi definisce in tutto: come donna, mamma, moglie, amica e figlia! Sono molto orgogliosa della Serena che sono oggi e delle conquiste che ho raggiunto negli anni”. Non sei mai voluta entrare nel mondo dello spettacolo.

“Il mondo dello spettacolo non mi appartiene, sono troppo timida per affrontarlo e ammiro le donne che non temono l'occhio della telecamera. Forse proprio per questo Instagram è diventato il mio rifugio: sicuramente c'è un lato esibizionista del mio carattere che su Instagram trova ampio sfogo. In quanto all’immagine… ho un mio stile, che credo sia ben evidente anche dal mio feed di Instagram e soprattutto, difficilmente rinuncio ai tacchi!”.

CONTATTI SOCIAL

https://www.instagram.com/serena.spinucci

CREDITS FOTOGRAFICI

Ph. Norman Rinaldi

Come ti reinvento il panettone

Il primo mese del nuovo anno è ormai giunto: i bagordi delle festività di Natale e fine anno sono terminate, ma a chi non sarà avanzato almeno un panettone in cucina? A noi il compito di fornirvi alcuni golosi spunti per servirlo ancora in tavola sorprendendo i vostri ospiti.

Nuova vita al panettone gastronomico

Questo nome commerciale si riferisce a un panettone dal gusto neutro, che viene solitamente venduto anche già affettato, ideale da personalizzare e servire come originale alternativa salata in tavola.

1. Panettone “club”

Ispirandosi al celebre club sandwich, nato sul finire dell’Ottocento e ancora oggi tra i panini più amati del mondo intero, si potrà sfruttare il panettone salato per realizzare panini per la pausa pranzo o le feste dei più giovani in casa alternando fette farcite con maionese, foglie d’insalata e pomodoro con altre farcite con petto di pollo cotto alla piastra e della pancetta croccante.

2. Formaggio spalmabile in mille declinazioni

Potrete scegliere di aromatizzarlo come più vorrete, lavorandolo con del peperoncino (fresco o in polvere), erbe aromatiche fresche tritate, zafferano, o ancora pepe e noce moscata. Si potranno così creare abbinamenti ottimi per servire il panettone salato al piatto dopo averlo tagliato a fette e leggermente tostato al forno. Ad esempio, si potrà abbinare il formaggio lavorato con peperoncino a dei cubetti di melanzane fritte e basilico, quello allo zafferano con dei finocchi a julienne saltati in padella e delle briciole di salsiccia, quello al pepe e noce moscata con dei funghi trifolati.

3. Trionfo di salumi

Il panettone gastronomico può trasformarsi anche in occasione perfetta per trovare un nuovo stile di servizio al classico antipasto di salumi all’italiana. Concedetevi per festeggiare al meglio la scelta di pregiati salumi artigianali, che affettati sottilmente potranno andare a farcire in modo differente ogni strato del panettone salato. Oppure, potrete scegliere di tagliare prima il panettone a spicchi in altezza, per poi accompagnarlo direttamente nel piatto con i salumi.

4. Il panettone “marittimo”

Perché non utilizzare anche i pregiati sapori del mare per rendere ancor più elegante il panettone salato? Ad esempio, vi si potrà abbinare del salmone affumicato affettato sottilmente, fiocchi di latte e rucola, o

ancora offrire nel panettone gli intramontabili gamberi in salsa cocktail, vestiti (in alternativa alla salsa rosa) con un leggerissimo dressing allo yogurt, lime e pepe rosa. E ancora perché no del polpo brasato affettato finemente e servito con puntarelle di catalogna fresche o melanzane grigliate condite con poco aglio e menta.

Nuova vita al panettone classico

1. Crema alla ricotta e caffè

Per una sorprendente merenda o per una pausa pomeridiana con i vostri ospiti in casa, setacciate finemente della buona ricotta fresca (ideale quella di bufala) e mescolatela con un terzo del suo peso di zucchero a velo e una piccola quantità a piacere di polvere di caffè. Otterrete una crema semplicissima ma di grande effetto da accompagnare a fette o quadrucci di panettone tostato al forno.

2. Frutta al cartoccio

Sbucciate e tagliate a cubettoni la frutta (mele, pere, mandarini, arance), aggiungetevi anche una manciata di uvetta, noci e/o pinoli, eventuali spezie e irrorate con un cucchiaio di miele e un pizzico di cannella, mescolando bene il tutto. Trasferite in piccoli cartocci ottenuti con un doppio strato di carta forno (per non far fuoriuscire i liquidi) richiuso a caramella, sistemateli su una teglia e cuoceteli in forno preriscaldato a 165°C per circa 15 minuti. Una volta pronti sfornate i cartocci di frutta e serviteli nel piatto vicino al panettone, lasciandoli scartare agli ospiti per una profumata sorpresa.

3. Zabaione al vin santo

Fabio Campoli lo prepara unendo 6 tuorli d’uovo e 150g di zucchero in un pentolino a bagnomaria, per montarli con una frusta finché si mostreranno chiari e gonfi. Poi incorpora a filo 200ml di vin santo, continuando a montare con la frusta ed insistendo finché si noterà un ispessimento della massa tanto da sollevarla un poco con la frusta ed intravedere il fondo o i lati del pentolino.

4. Caldo-freddo

Impossibile non menzionare l’adorato gelato per un delizioso contrasto caldo-freddo da servire in tavola!

Che sia quello alla vaniglia o gusto Malaga, al cioccolato o al pistacchio, non sorprende che a sempre più persone piaccia degustarlo anche durante le stagioni più fredde. Fabio Campoli ci insegna ancora un trucco da veri gourmet: provate a servirlo tra due fette di panettone scottate su una piastra rovente (oppure nel forno preriscaldato a 200°C per 5 minuti), ben caldo e croccante esternamente a contrasto nel piatto con la temperatura e la cremosità del gelato.

La ricetta del mese

Crema di sedano rapa e carote con cubetti di panettone gastronomico

Ingredienti per 4-5 persone: Per la cottura del sedano rapa al bianco Sedano rapa, 350 g; Acqua, 2,3 lt; Limoni, 2; Farina 00, 60 g; Sale, 10 g Per completare: Carote (pulite), 300 g; Scalogni, 2; Timo; Pepe nero; Panettone gastronomico, 100 g; Burro; Sale

Foto tratta dal sito stockfood.it

Preparazione: Versate l’acqua in una casseruola a bordi alti, aggiungete il sale e portatela sul fuoco finché diventerà calda e fumante, quasi bollente. A parte, sbucciate il sedano rapa e poi tagliatelo a fettine in forma di mezzelune. Ricavate il succo dei due limoni, e mescolatelo alla farina in un recipiente, utilizzando una frusta per disciogliere bene il tutto senza formare grumi. Versate questo composto nell’acqua fumante, mescolando bene e continuamente con una frusta affinché la farina si disperda al meglio nell’acqua. Avrete così ottenuto il “bianco di cottura”, che dovrà bollire pochi minuti per far sì che la farina di amalgami al meglio con l’acqua. A seguire inserite il sedano rapa in cottura, lasciate cuocere a calore moderato continuo. Una volta che i pezzi risulteranno cotti al dente lasciateli raffreddare mantenendoli immersi nel liquido di cottura. A seguire, tagliate il sedano rapa cotto al bianco e le carote a pezzettoni. Portate in una casseruola una noce di burro con gli scalogni tritati, e lasciate soffriggere appena a fuoco basso prima di inserire le carote e una presa di sale, lasciando cuocere con un coperchio, rimestando di tanto in tanto. Quando risulteranno cotte e cedevoli, aggiungete il sedano rapa precotto insieme a 150-200 ml di acqua (circa, a seconda della densità finale desiderata), aggiungete una presa di sale, lasciate ribollire un minuto e poi spegnete il fuoco, frullando la preparazione a caldo per ottenere una crema. Servite la crema tiepida nei piatti cospargendola in superficie con cubetti di panettone gastronomico tostati al forno.

Il teatro civile e di memoria di Tiziana Giuliani

Tiziana Giuliani, formatasi con “Arca Azzurra Teatro” di Ugo Chiti, ha studiato Lettere e Filosofia a Firenze, e discipline teatrali e cinematografiche a Parigi. Vive e lavora nel Chianti (San Casciano in Val di Pesa) come collaboratrice di “Arca Azzurra”, specializzata nel teatro civile e di memoria. E’ indubbiamente una delle voci drammaturgiche più interessanti dei nostri giorni. Pluripremiata. Ricordiamo ad esempio, tra i riconoscimenti passati, il Premio “Artigogolo” teatro da leggere, il Premio “Giuria Giovane Adriano Sgobba” per l'impatto emotivo che la parola riesce a far passare, la menzione “Premio Lugano” allo Switzerland Literary Prize”. Continuerà a girare l’Italia anche nel 2025 grazie al suo monologo teatrale “Sventrati. Vivere-sopra”, edito da ChiPiuNeArt nel maggio 2023, in occasione dei trent'anni della Strage dei Georgofili a Firenze in cui persero la vita la famiglia Nencioni, Fabrizio con Angela Fiume e le loro bambine Nadia e Caterina, e lo studente di Sarzana Dario Capolicchio. “E’ un monologo teatrale che racconta la notte tra il 26 e il 27 maggio del ‘93 dagli occhi dei Vigili del Fuoco di Firenze che per primi arrivarono al soccorso, in particolare il giovane di leva Simone Mannelli, nel testo chiamato Neri, che da quella notte uscirà cambiato” – ricorda Tiziana. La voce del giovane Neri protagonista diviene piano piano quella di questa brava drammaturga, anche regista ed attrice, che riesce a portare il pubblico, tra cronaca e riflessioni personali, al suo concetto di vivere-sopra e a una tragedia collettiva e allo stesso tempo personale ed intima. Frutto del lavoro della Giuliani di interviste ai protagonisti pompieri del tempo, il lavoro è stato fin da subito apprezzato da addetti ai lavori e non. Attualmente Tiziana sta lavorando a un nuovo progetto sui disturbi alimentari, e si sta prendendo tempo per vedere il mondo, i colori, i profumi di luoghi diversi dall'ordinario, per non smettere mai di avere stimoli di vita per se stessa e per i giovanissimi in cui crede e che ha la fortuna di avere attorno come insegnante. Tra gli impegni a breve in calendario, il prossimo 14 marzo sarà al teatro Niccolini dove debutterà in Eleonora DUSE +, in cui vuole mostrare la Divina come donna poliedrica e davvero pioniera e libera in un mondo declinato ancora al maschile. Contatti : tg.teatrodanza@gmail.com - info@arca-azzurra.it

L’arte di James Cameron

Un progetto sviluppato dalla Cineteca Francese di Parigi, in collaborazione con la Fondazione Avatar Alliance. Il Museo Nazionale del Cinema di Torino è orgoglioso di celebrare il genio di James Cameron, uno dei più grandi registi, sceneggiatori, produttori e innovatori tecnici contemporanei. The Art of James Cameron offre ai visitatori un viaggio attraverso sei decenni della sua ricca espressione creativa, riunendo una gamma diversificata di opere rare e mai viste prima, tutte provenienti dall’archivio privato dell’acclamato cineasta. L’ opening ufficiale sarà il giorno 25 febbraio 2025, e la mostra terminerà il 16 giugno 2025. Si tratta di un viaggio decisamente unico nella mente di una potenza creativa, perché

The Art of James Cameron rivela apertamente uno degli innovatori più fantasiosi del cinema. Così confida James Cameron: “Crescendo in una piccola città del Canada, disegnavo costantemente. Ero ispirato dai fumetti, dai libri di fantascienza e dai film che consumavo voracemente. Sempre più un illustratore nel cuore che un artista raffinato, usavo i miei disegni ed i dipinti per raccontare storie. Quella è stata la formazione perfetta per passare all’arte del cinema verso la fine dei miei vent’anni.” Adattata alla particolare forma verticale della Mole Antonelliana, questa mostra eccezionale mostra la traiettoria di idee che hanno portato a cult movie come Terminator, Aliens, Titanic e Avatar. Sebbene James Cameron abbia creato e impiegato tecnologie cinematografiche avanzate nel corso della sua carriera, il suo processo di ideazione creativa degli esordi è iniziato con penna, matita e colori. The Art of James Cameron include molto materiale, dai primi schizzi di Cameron ai progetti non realizzati, ai suoi lavori successivi di fama mondiale. Osservando nel complesso la sua arte, i visitatori potranno sperimentare come idee, temi e persino alcune immagini specifiche abbiano alimentato alcune delle scene cinematografiche più iconiche. La mostra presenta anche il commento personale del regista sulla sua evoluzione creativa e artistica nel corso degli anni. L’universo abbagliante di The Art of James Cameron è diviso in sei aree tematiche, che i visitatori potranno assaporare: “Sognare con gli occhi spalancati”, “La macchina umana”, “Esplorare l’ignoto”, “Titanic: viaggio indietro nel tempo”, “Creature: umani e alieni” e “Mondi selvaggi”. Gli oltre 300 oggetti originali in mostra includono disegni, dipinti, oggetti di scena, costumi, fotografie e tecnologie 3D realizzati o adattati dallo stesso Cameron, che di fatto si rivela agli occhi del visitatore un innovatore tecnico in molteplici discipline. Ricche esperienze multimediali permetteranno infine di mostrare una inesauribile ricerca di nuove tecniche per realizzare una visione creativa personalissima. I Curatori: Kim Butts, Avatar Alliance Foundation, con la partecipazione di Matthieu Orléan, la Cinémathèque française. Adattamento di Kim Butts, Fondazione Avatar Alliance e Carlo Chatrian, Museo Nazionale del Cinema.

ARTE

di Anthony Peth - conduttore tv e presentatore

ENOMIS DA PARIGI A ROMA “REALIZZO OPERE D’ARTE MODERNA SENZA REGOLE”

L’artista internazionale Enomis al secolo Simone Maria Cimini, originario di Roma, dopo aver vissuto per anni negli Stati Uniti, ritrova la sua più grande passione punto di forza della sua arte che oggi è esposta persino a Parigi.

Provocatorie, bizzarre, seducenti, innocenti e scomode, sono alcune delle affermazioni che i più grandi critici hanno affermato ammirando le sue opere definite “senza regole”.

Tali appaiono allo sguardo dello spettatore stesso non solo dei critici d’arte; Le opere che l‘artista offre al suo pubblico, sono dei veri viaggi attraverso messaggi frutto dell’anima di Enomis.

L‘artista passa in rassegna tutte le impercettibili sfumature della società del ventunesimo secolo, traendo ispirazione e linfa vitale da un complesso creativo che affonda le sue radici nel suo vissuto. Una sfida difficile che l‘artista accetta tra il divertissement e la cruda realtà.

L‘approdo del processo creativo è andato via via maturando nel suo spirito come risultato di un processo naturale, che è andato consolidandosi attraverso la somma di un complesso background esperienziale fatto di viaggi per il mondo, incontri e scambi culturali.

Dietro ‘aspetto giocoso, fatto di colori e superfici traslucide si cela un messaggio più profondo che va a sbattere contro quei temi scomodi e poco “per bene“.

Così appaiono tematiche che abbracciano il sesso, le dipendenze, l‘ambiente e la sua tutela, i complessi intrecci che regolano le relazioni sociali.

Un tripudio di vernici spray, legno, ferro, plastica e molti altri materiali di uso quotidiano.

Enomis si riesce ad adattare al contesto contemporaneo, avvicinarsi tanto al mondo dell‘arte quanto a quello del design e dell‘arredo. L‘artista riesce in maniera istrionica e camaleontica ad adattarsi al vissuto del momento, per dar vita all‘atto creativo.

Il suo compito è dare voce e nuova vita agli oggetti in disuso che la società ha scartato, quindi dargli una nuova dignità dell‘esserci.

Con Enomis ci si trova difronte un universo di oggetti significanti, dove tutta la molteplicità dell‘esistenza passa in rassegna, passando tanto attraverso l‘omaggio alle più celebri icone musicali, quanto agli oggetti di uso comune che si potrebbero vedere sui banconi dei bar.

L‘artista sembra essere collocato all‘interno di una sua personalissima macchina del tempo, in grado di portarlo tanto a catturare scarti effimeri della società giornaliera , quanto a trasformarsi in un viaggiatore del passato, a metà tra un idolo punk-rock ed uno Jack Sparrow, che lo portano ad inseguire la sua personale visione fatta di sogni, speranze, curiosità, fantasia e rabbia, agendo fuori dal contesto delle regole. Da qui’ la sua esatta collocazione nella scena artistica contemporanea, con un saper fare che si rinnova, si distrugge, si rigenera senza sosta.

ARTE

BERNDNAUT SMILDE

IL SIGNORE DELLE NUVOLE

Vapore che si condensa in minuscole goccioline d’acqua, disegnando nell’aria la magia delle nuvole. Un fenomeno fisico naturale che, magistralmente riprodotto e controllato, crea scenari di affascinante illusione, riuscendo ad ammaliare pure lo spettatore più smaliziato.

Sono le nuvole di Berndnaut Smilde, opere incorporee che prendono forma galleggiando in uno spazio circoscritto, per poi dissolversi, come per incanto. Un’arte effimera, “fatta della stessa sostanza dei sogni”, per dirla con Shakespeare.

Così il “Signore delle Nuvole” emoziona con istallazioni che durano pochi secondi, giusto il tempo di una fotografia, ma capaci di toccare la fugacità della nostra stessa esistenza.

L’artista olandese ci ha rilasciato quest’intervista.

“Sono nato a Groninga, città dei Paesi Bassi. Vivo e lavoro stabilmente ad Amsterdam. Realizzo sculture, installazioni e fotografie. Tra le altre cose realizzo nuvole all'interno degli spazi preposti ad accogliere le mie opere”.

Da dove nasce la tua passione per le nuvole?

“Sono sempre stato affascinato dai vecchi dipinti di paesaggi marini olandesi con i loro cieli impressionanti”.

A un fruitore di opere artistiche può capire d’imbattersi in forme di sostanza provvisoria, ad esempio nelle bolle di sapone rappresentate nell’arte pittorica classica, come simboli di leggerezza e vanità. Ma in quel caso, seppure l’oggetto del dipinto è caduco, resta la materialità del quadro. Per usare un ossimoro: cos’è che spinge un artista a creare qualcosa di così concretamente evanescente, che sia arte e quindi produca emozioni, ma al tempo stesso che abbia la durata di pochi istanti?

“Volevo semplicemente vedere se potevo mostrare una nuvola di pioggia, quindi ho sperimentato tutte le specie e mi sono ritrovato con una nuvola di breve durata. A causa dell'aspetto fugace della nuvola, il risultato finale è stato una fotografia”.

Non è forse anche il desiderio o il bisogno di creare senza ingombrare, di esprimersi in senso artistico ma senza l’autoreferenzialità di opere che perdurino, in un mondo ormai saturo, inquinato

dal troppo, umanamente parlando?

“In un certo senso sì. Come artista sei abituato a trascinare con te molto materiale. In questo senso è davvero un sollievo che le nuvole si dissolvano completamente e non lascino alcuna traccia”. Di che sostanza sono fatte le tue nuvole?

“Dopo attente ricerche, ho trovato l’aerogel, un fumo solido artificiale composto per il 99,8 per cento di aria. Leggerissimo, non molto dissimile dalle morbide nuvole”.

Nel dare forma a un nimbo è il plasmarsi del vapore a ispirare, o sei tu che riesci a influenzare l’essenza aeriforme?

“In realtà, è l'atmosfera in uno spazio che determina la crescita della nuvola. Io ne controllo le dimensioni e la forma fino a un certo punto”.

È importante contestualizzare le tue "installazioni aeree" nel mondo creativo?

“Dire che è essenziale. Costituisce il mio lavoro, come artista”.

"La bellezza è un fattore scatenante."

Questa frase significa che la bellezza è causa e non effetto. Può essere la bellezza di un luogo, di un'atmosfera, ad esempio, a scatenare il desiderio di quest'arte in nuvole?

“Non è una mia frase... In ogni caso, una bella posizione può senz’altro suscitare il mio interesse nel provare a far funzionare un cloud. E quando la luce, lo spazio e le nuvole si uniscono perfettamente, posso dire che è davvero fantastico!”.

Un curriculum, il tuo, fitto di mostre personali e collettive tenute ovunque nel mondo. Inoltre, scopriamo che ti dedichi all'insegnamento, ti occupi dei media e hai anche decine di pubblicazioni al tuo attivo. Insomma, un'arte volatile che genera una copiosa attività artistica?

“I lavori della Nimbus, la serie da me realizzata, hanno infatti aperto tantissime porte…”.

Nel 2018 hai tenuto una lezione anche in un sito particolarmente importante del patrimonio artistico e archeologico romano: le Terme di Diocleziano. Cosa pensi di quel luogo, hai percepito qualche suggestione particolare, distinguibile dagli stimoli provati in altri luoghi?

“Le Terme di Diocleziano erano un posto fantastico. Il sito era una sorta di spazio di stoccaggio del museo. Mi è particolarmente piaciuto il senso del tempo in quel luogo, poiché l'architettura e gli attributi memorizzati avevano più di 2000 anni, e questo forniva un bellissimo contrasto con la nuvola fugace e inafferrabile. Insieme alla luce la scena aveva una presenza un po' pittorica”.

Hai dei progetti in corso?

“Ho una mostra personale alla Galleria Ronchini di Londra in programma per il prossimo anno, nell'aprile 2025”.

Ci congediamo da questo straordinario artista visivo con una riflessione: siamo immersi in un mondo alla continua ricerca di eternità. Eppure, dovremmo imparare ad apprezzare la nostra natura transitoria. Questa, forse, la chiave di volta per ritrovare la coscienza del limite. Perché, dopotutto, ciò che presto svanisce può parimenti emozionare, lasciando traccia profonda di sé.

ALESSANDRA PAGANI IL ROMANZO DENUNCIA SULLO STALKING E LA VIOLENZA

DI GENERE

Alessandra Pagani è in libreria dal 22 novembre scorso con il romanzo “Resta solo la tua voce”, pubblicato da Morellini editore per la Collana Varianti diretta da Sara Rattaro e Mauro Morellini. La storia, ispirata a un fatto di cronaca e a un’esperienza personale dell’autrice, si svolge nel 1992 in un paesino del Nord Italia. La protagonista, Giulia, assassinata dal suo partner violento, narra la propria vicenda post-mortem. Attraverso i suoi occhi e quelli della sorella gemella Diana, il romanzo esplora dinamiche familiari complesse, la cultura patriarcale soffocante e le difficoltà delle donne nel liberarsi da situazioni di oppressione.

La scelta della narrazione in prima persona di una vittima è molto particolare. Perché hai deciso di adottare questo punto di vista?

“Quando raccontiamo un femminicidio parliamo, e a volte sparliamo, della vittima e parliamo del suo partner. La narrazione della violenza di genere sui mezzi di comunicazione, i giornali, i social, tv, spesso è arrabbiata, morbosa, insinuante, pettegola. Volevo riequilibrare questa narrazione portando il punto di vista della vittima: il libro è scritto in prima persona, è Giulia, la protagonista, che parla. Il giorno del suo funerale si rende conto che anche se non ha più un corpo a farle da confine è rimasta la sua voce, una voce potente per raccontare la propria storia. E così scopriamo cosa significa essere nei panni della protagonista, di chi subisce violenza”.

Quanto di te c’è in questo libro?

“La storia è completamente inventata, anche se si ispira a molti femminicidi avvenuti negli ultimi 30 anni, ma la cosa che c’è di me è l’emozione provata in lunghi anni di stalking. Ho avuto uno stalker molto aggressivo al punto che mi sono dovuta trasferire nel 1995, a 15 anni, da Biella, dove vivevo con i miei genitori, a Pontremoli, in Lunigiana, dove sono andata a vivere con i nonni. Lunghi anni di persecuzione sono terminati solo con la morte dello stalker nel 2006. L’assassino descritto nel libro si ispira alla figura realmente conosciuta nella mia vita”.

Come le origini familiari, la memoria e il passato influenzano il presente?

“Mi domandavo se parte del dolore che provavo non fosse un’eredità indesiderata, un dolore muto, tramandato generazione dopo generazione, fino a qualcuno che lo sapesse ascoltare, vedere e, chissà, sciogliere. L’ultimo frutto dell’albero, io, in quel periodo cercava solo una scappatoia al dolore, possibilmente rapida e divertente. La riflessione che faccio fare alla mia protagonista condensa le riflessioni della Psicogenealogia sull’ereditarietà del patrimonio (emotivo, storico, psicologico oltre che genetico) che di generazione in generazione ogni sistema familiare consegna in dote ai propri nuovi membri similmente agli infiniti spunti che James Hillman propone nei suoi scritti: <Tua madre, per esempio (o il

defunto marito, o moglie, o amante, o un professore, un amico o amica carissimi, o una persona che conoscevi appena), se ne è andata eppure rimane come forza del carattere. L'immagine di una persona sopravvive alla sua partenza e, a volte, dopo che la persona se ne è andata, è ancora più potente. Queste immagini non sono solamente ricordi, non sono soltanto mie, soggettivamente; mostrano anche una sorprendente autonomia. Arrivano non invitate nel mezzo di una scelta, a sussurrare consigli, biasimi, critiche. Si ispirano. Ci tentano con la nostalgia. Ci mantengono legati a opinioni che avremmo potuto abbandonare da un mucchio di tempo. Ci obbligano a rimanere illogicamente attaccati a oggetti che ingombrano cassetti, armadi, perché tali oggetti agiscono su di noi come vestigia di quel carattere e sono imbevuti del suo potere duraturo. ‘No, questo non lo posso buttare via!’. E se alla fine ci decidiamo a farlo il gesto è grave, solenne, come un rito>. Sono una grande amante degli alberi genealogici, dello studio dei legami famigliari e in ogni mio romanzo la complessità della famiglia e delle relazioni è una delle protagoniste. Anche in questo libro i legami famigliari sono uno dei modi in cui perpetriamo bellezza e dolore nel mondo”. Ritorniamo un attimo sui media per parlare anche del fenomeno della vittimizzazione secondaria. Cosa ti senti di aggiungere?

tutti i problemi famigliari, di mentalità, di pregiudizi ereditati, di amicizie, di scuola, dello stato, delle leggi, dei media che la condizionano ci rendiamo conto che le sue scelte sono più limitate di quello che pensiamo e, in automatico, alcuni giudizi cadono. Leggendo il romanzo è impossibile dire “se l’è cercata, ma come era vestita, ecc.” e altri commenti del genere. Inoltre questo non è un romanzo contro gli uomini, ci tengo a dirlo, ci sono personaggi maschili positivi, come per esempio Alessio, un potenziale fidanzato di Giulia, un ragazzo che però lei purtroppo non riesce a scegliere…”.

“Come ho detto rispondendo alla prima domanda, ho scelto un punto di vista in prima persona per far provare al lettore l’emozione di mettersi al posto della vittima. Nel momento in cui cerchiamo di calarci nei panni di Giulia, che sta vivendo una situazione difficile e nel momento in cui osserviamo come è la vita dal suo punto di vista con

In chiusura, hai un messaggio per le vittime di violenza o per chi vive situazioni difficili come quelle descritte nel romanzo?

“La narrazione di Diana, la seconda voce protagonista di questo libro, si trova a fare i conti con il vuoto lasciato dalla gemella. Eppure, in un certo senso, Diana sente che chi se ne è andato non è mai scomparso del tutto, è come dietro ad una porta chiusa, non si può più vedere, toccare, ma continua ad esistere al di là del velo. Giulia e Diana rappresentano due polarità presenti in ognuno di noi: luce e ombra, vita e morte, dipendenza e indipendenza, fragilità e coraggio. Il romanzo vuole restituire speranza a chi si trova in una situazione difficile e pensa di non poterne uscire”.

Luigi delle Trame

Luigi, cinquantenne professore di filosofia, è il protagonista del romanzo di Francesco Mangani, “Luigi delle trame” (Intrecci Edizioni).

Luigi vive e lavora a Torino, ma ritorna per alcuni giorni a Silena - il piccolo paese della sua giovinezza - per assistere la madre, in quarantena precauzionale a causa dell’epidemia di Covid. Inizia così un viaggio interiore, durante il quale si intrecceranno ricordi, storie del passato e del presente, e un caleidoscopio di personaggi: drammatici, pittoreschi, tragicomici. Tutti saranno importanti per il suo percorso. Tra leggende e visioni, ossa dimenticate, antiche pietre e luoghi mistici, Luigi matura una sua personale riflessione sulla vita e sulla morte, senza mai perdere un tocco di sana ironia.

Cammina, vivi, amati

Serena Banzato è autrice di un diario di viaggio che si trasforma in una riflessione lucida e senza fronzoli sulla sua vita, gli errori, le opportunità, le prospettive. “Cammina, vivi, amati” nasce da un’esperienza straordinaria e terribile al tempo stesso: il Cammino di Santiago, intrapreso da Serena in compagnia della sua amica Laura, si trasforma infatti in un incubo, a causa di un batterio fatale che la aggredisce a cento chilometri dall’arrivo. Il batterio conosciuto come “mangia carne” rischia di farle perdere la vita; scongiurato questo pericolo, a Serena potrebbe venir amputata una gamba. Evento traumatico, che sicuramente condizionerebbe il suo futuro, il lavoro, la quotidianità. Ma la gamba viene salvata, insieme ai sogni e ai progetti, perché da questo evento nasce una nuova Serena, o forse la “vera” Serena. Con nuove consapevolezze e una nuova energia, e con la volontà di rendere prezioso ogni istante – in famiglia, al lavoro, nello sport (Serena Banzato è campionessa italiana di paratriathlon).

Con uno stile diretto, efficace, che colpisce con la forza di un maglio allo stomaco, Serena Banzato ci invita a liberarci dei fardelli molto spesso superflui della nostra vita, a far pace con gli errori e imparare a cogliere le nuove opportunità. Pe riprendere il cammino laddove pensavamo che si fosse interrotto…

Letti per Voi

Era l’America

Dopo lo straordinario successo al cinema, con l’ultimo film di Paolo Sorrentino, dove interpreta il Cardinal Tesorone, Peppe Lanzetta torna in libreria a vestire panni già indossati con grande efficacia e “scorrettezza” politica. “Era l’America” (Armando De Nigris Editore) raccoglie undici racconti graffianti e malinconici, crudi e diretti, evocativi e dissacranti.

Un’America che non c’è più, un grande sogno infranto, o semplicemente dimenticato col passare degli anni e dei sistemi sociali, politici, artistici e culturali che hanno subito non sempre un’evoluzione ma un’involuzione, come denuncia senza mezzi termini l’autore. L’America che rivive tra le pagine di questo libro - che diventa una vera macchina del tempo, per il suo autore e per chiunque abbia voglia di recuperare, riscoprire, raccontare alle giovani generazioni quell’America – è il grande Paese del jazz, del rock, del cinema, delle star hollywoodiane, dei musical. Il Paese delle grandi opportunità e delle profonde contraddizioni.

Peppe Lanzetta getta un ponte ideale, e allo stesso tempo profondamente concreto, tra Napoli e New York – ma più in generale tra l’Italia e l’America tutta. Un ponte che sentiamo radicato dentro di noi, nella nostra storia – che è storia di emigrazione ma anche storia di accoglienza e fusione culturale, artistica, sociale. Scrittore, commediografo, attore, Lanzetta ci offre undici diverse prospettive per recuperare un tempo e un luogo perduto, che potrebbe servire soprattutto ai giovani per dare un senso nuovo al tempo futuro.

Memorie di carta

Maurizio Pagano raccoglie tutti i suoi libri, più un inedito, in un volume unico, “Memorie di carta” (progetto indipendente, disponibile su Amazon).

Chi è Marco Fedele, il protagonista delle opere fin qui proposte dall’autore partenopeo? Un personaggio “veramente” inventato, di cui ognuno di noi può diventare compagno di avventura e coprotagonista dei suoi racconti. Marco diventa un narratore funambolico, in cerca di equilibrio tra vere verità e verità inventate. Lui stesso si mimetizza e intreccia la propria vita a quelle dei personaggi di cui scrive. Lo seguiamo mentre raccoglie ricordi e confessioni della mamma (“A quei tempi”), e quelle della zia e della cugina inglese (“Le stagioni di un giorno”); si trova di fronte ad una smemorata che sembra uscire dalle pagine di libri famosi (“I luoghi dell’amica geniale” e “La smemorata dei luoghi geniali”), raccoglie e custodisce le vicende amorose di un caro amico (“La ragione del cuore”), per ritrovarsi protagonista di un racconto inedito carico di suspance, che lo metterà a dura prova (“Premi invio”).

In questo volume, corposo ma caratterizzato da una grande fluidità narrativa, Maurizio Pagano raccoglie e presenta la sua idea di scrittura, uno stile diretto e cinematografico, profondamente visivo, di cui si può ben notare l’evoluzione e la maturazione, di libro in libro.

FEDERICO BERGAMINELLI

“IL LATO OSCURO DEI SOCIAL NETWORK”

UN UTILE MANUALE DI CONSAPEVOLEZZA

È uscito nelle librerie e negli store digitali “Il lato oscuro dei social network - Manuale di consapevolezza” di Federico Bergaminelli (Intrecci Editore). Un’opera indispensabile per genitori, ragazzi e chiunque voglia comprendere i rischi e le opportunità del mondo digitale.

Nell’era della connessione pervasiva, l’uso dei social media è diventato parte integrante della nostra vita quotidiana. Ma dietro la facciata scintillante si nascondono insidie e pericoli, soprattutto per le giovani generazioni. Cyberbullismo, dipendenza da smartphone, esposizione eccessiva ai giudizi altrui: sono solo alcuni dei temi affrontati nel libro di Bergaminelli.

L’autore, avvocato specializzato in diritto delle nuove tecnologie, ci guida in un percorso di consapevolezza, svelando i meccanismi che governano i social network e fornendo strumenti concreti per difendersi. Attraverso un linguaggio chiaro e diretto, Bergaminelli affronta argomenti complessi come la privacy online, la sicurezza dei dati e l’impatto psicologico dell’uso prolungato dei dispositivi digitali.

Quali sono i principali errori che vengono commessi navigando in rete?

“Ogni giorno, sia adulti che ragazzi navigano su internet e usano i social media, spesso senza essere pienamente consapevoli di come le loro informazioni vengano gestite. I nostri dati vengono non solo raccolti ma anche venduti, E tutto questo, in cambio di una connettività costante che sembra ormai indispensabile”.

Quali sono i rischi maggiori per un bambino? E quali per un adulto?

“L’incremento di fenomeni come il cyberbullismo, la crescente perpetrazione di reati informatici anche a sfondo sessuale, l’abuso notturno degli schermi che compromette il sonno dei nostri adolescenti e

la crescente disconnessione. Gli adulti combattono con “armi spuntate”, convinti che il controllo sistematico dello smartphone dei propri figli possa dar loro la reale dimensione nella quale essi navigano, trascurando il vero elemento di deterrenza che è il dialogo con gli stessi. Possiamo fare detox?

“Farlo è fondamentale e gli strumenti ci sono, ma vanno analizzati caso per caso e, soprattutto, condivisi con bambini ed adolescenti, concordando, per esempio un periodo di disconnessione dall’utilizzo dello smartphone o la possibilità di convertire lo schermo in tinte bianco/nero, per evitare l’attrattività dei colori delle app”.

Le truffe amorose sono venute alla ribalta nazionale col caso Mark Caltagirone e Pamela Prati.

Quali sono i campanelli d’allarme a cui dobbiamo stare attenti?

“I truffatori scelgono con attenzione le loro vittime, puntando spesso su persone che mostrano segni di solitudine o vulnerabilità. Una volta individuata la vittima, il truffatore inizia una lunga fase di interazione. Quando la fiducia è consolidata, il truffatore simula una crisi improvvisa accompagnata da richieste di denaro”.

Tre buoni motivi per leggere il suo libro?

“Quello che mi sta più a cuore è innalzare il grado di consapevolezza degli adulti (genitori, educatori, insegnanti, Dirigenti scolastici) invitandoli ad un dialogo serio, quotidiano, con bambini e adolescenti. Poi per prevenire i fenomeni più devastanti, attraverso una lettura consapevole. Infine, per innalzare il grado di attenzione. L’attuale stato di percezione del rischio, nella gestione del corretto utilizzo delle tecnologie, è davvero ai minimi consentiti”.

Dopo smart working e il trattamento dati quale sarà il prossimo argomento oggetto della sua analisi?

“Quelli che cita, sono solo due delle pubblicazioni

che ho scritto, con la funzione specifica diì agevolare la pletora degli operatori nella corretta gestione delle proprie attività. Ho al mio attivo anche un manuale di commento al Codice Privacy (che cos’è la Privacy), introdotto dal prof. Rodotà. Un commentario al Diritto di Accesso agli atti Amministrativi (l.241/90) e un testo sulla Trasparenza nella Pubblica Amministrazione (d.lgs 33/13). Con il nuovo anno mi riprometto di scrivere un saggio sull’Etica dell’Intelligenza Artificiale”. Un’ultima domanda: hanno mai provato a truffarla sul web?

“Ovviamente sì ed in più di un’occasione con scarso successo. Ma questa è un’altra storia”.

SPETTACOLO

FRANCESCA MALACARNE

“LA DANZA È SOGNARE IN GRANDE”

La danza è il suo mondo, ieri come ballerina e oggi come docente. Scopriamo Francesca Malacarne attraverso questa intervista.

Come sei arrivata alla danza?

“Fu mia madre a portarmi in una scuola di danza, perché mi vedeva ballare davanti alla TV. Era il periodo di "Fantastico" e il sabato sera aspettavo le sigle di Heather Parisi e poi di Lorella Cuccarini, che conoscevo a memoria, per esibirmi davanti alla mia famiglia. In più, durante la settimana, mi piaceva creare spettacoli per la mia famiglia: facevo tutto da sola, mi vestivo, mi truccavo, mi presentavo, facevo imitazioni e terminavo sempre con un balletto. Peccato che, col tempo, ho perso un po' di quella leggerezza, ma non la voglia di esibirmi e danzare. Un anno, credo fosse il 1986, vidi in TV una lezione del maestro Victor Lietinov, nel programma “Al Paradise” dove danzavano Carla Fracci, Heather Parisi, Raffaele Paganini e Gheorghe Iancu, e dissi a mia madre: “Voglio ballare quello!” Oggi, devo dire, di una contemporaneità esemplare. Così mia mamma mi portò in una scuola di danza e, fin dalle prime lezioni, mi sembrava di aver sempre fatto danza classica. Iniziai con la propedeutica, e presto mi ritrovai a studiare alla sbarra, tutto mi sembrava così naturale”.

Dove cominciano i tuoi studi?

“I miei studi iniziarono nel mio paese in Toscana, a Pontedera (Pisa), presso la scuola di danza classica diretta dal M° Renato Fiumicelli. Fu un maestro che mi prese sotto la sua "ala artistica e formativa" e per anni mi fece sentire una privilegiata; gli sarò sempre grata. Mi ha insegnato tanto, con lui ho studiato il metodo Cecchetti, in particolare i principi dinamici e ritmici dei passi, con riferimenti agli insegnamenti che aveva ricevuto da colui che considerava il suo Maestro, Aurelio M. Milloss. Ancora oggi custodisco quei "segreti" che il Maestro Fiumicelli mi ha trasmesso in sala danza, ma soprattutto sul palco. Nel 1982 ideò il "Festival Nazionale delle Scuole di Danza Renato Fiumicelli", che ancora oggi si tiene a Gubbio. Durante l'anno, come fondatore del festival, portava la sua scuola in rappresentanza, facendoci esibire nei teatri più importanti d'Italia, come quelli di Andria, Torino, Milano, Firenze, Roma, e altri. In queste occasioni, spesso venivano a trovarci Carla Fracci, Anna Razzi, Marga Nativo, che lui aveva conosciuto come partner al Comunale di Firenze o alla Fenice di Venezia… In quelle occasioni, mi faceva salire sul palcoscenico prima della prova o dopo, per provare gli equilibri, i giri, dato che molti palcoscenici erano in pendenza. Mi dava anche lezioni sull’importanza dello sguardo quando si danza, sulla camminata, sulla corsa e mi diceva “da come si entra e si esce dal palco si capiscono molte cose del danzatore”. Devo dire che ciò che riesco a trasferire meglio ai miei allievi è proprio quello che mi ha fatto provare sulla mia pelle e, infatti, i miei allievi saltano e girano come trottole! Purtroppo, ad un certo punto, iniziai a sentirmi un po' stretta. Il mio desiderio era quello di diplomarmi all'Accademia Nazionale di Danza di Roma, che all'epoca era molto selettiva e professionalizzante, ma questa scelta non era condivisa dal Maestro, che pensava fosse troppo presto per me. Nonostante ciò, iniziai a fare stage in segreto (dato che non mi permetteva di studiare altrove se non in occasioni da lui autorizzate) e conobbi Clarissa Mucci. Ignara di tutto, a fine lezione mi disse: “Perché non provi a fare l’ammissione in Accademia?”. Lo interpretai come un segno del destino, così decisi di fare il provino e

SPETTACOLO

fui ammessa con grande gioia. Mi trasferii a Roma... ma questo ebbe un prezzo altissimo: mi allontanò definitivamente dal Maestro. Penso che anche lui ne soffrì, e non lo rividi più. Ogni tanto ci penso e vorrei che sapesse che lo porto sempre con me. Non a caso, parlo di lui anche oggi”.

Tra i tuoi lavori, l'esperienza con la compagnia di Micha Van Hoecke... i tuoi ricordi.

“L’esperienza con la compagnia Ensemble di Micha Van Hoecke è stata una delle più formative della mia carriera artistica. Io sono toscana e la compagnia aveva la sua sede a Castiglioncello e poi a Rosignano. Quando ero piccola, al Castello Pasquini si organizzava uno stage internazionale che il Maestro Fiumicelli ci permetteva di seguire, e in quel periodo Micha Van Hoecke teneva lezioni anche ai più giovani. Era un periodo prolifero per la sua compagnia, sempre alla ricerca di talenti. Un giorno, mentre guardavo la lezione dei "grandi", Micha, al termine della sua classe, si avvicinò a una danzatrice, Michela Caccavale, l’ultima della fila, e le chiese di entrare a far parte della compagnia. Fu un momento di grande risonanza, perché Micha aveva scelto una ragazza che sarebbe diventata uno dei pilastri della compagnia. Ricordo che dissi a mia mamma: "Chissà, forse un giorno capiterà anche a me". Tra l'altro, facemmo una foto che gli mostrai appena fui entrata in compagnia, e lui mi disse: "Facciamone un’altra oggi, così ti ricorderai di aver lavorato nel 'grande bazar di Micha'. Continuai per la mia strada formandomi come danzatrice classica, finché, dopo aver terminato il mio contratto con il Balletto di Toscana, vidi un’audizione per la compagnia Ensemble di Micha Van Hoecke a Milano. Mi chiesi perché cercasse danzatori, dato che la sua compagnia aveva già artisti stabili, ma incuriosita decisi comunque di partecipare. Ricordo ancora la coreografia mostrata da Serena Ferri (poi diventata una mia carissima amica e collega): una combinazione ricca di tecnica, salti, giri, forza, ma che allo stesso tempo raccontava una storia. Mi sentii subito a casa. Micha mi prese e rimasi cinque anni nella sua compagnia. Fu un’esperienza che mi ha insegnato i veri valori dell’arte. In quel lavoro non c’erano sindacati, orari o diritti burocratici; Micha pretendeva il massimo ogni giorno, altrimenti eri fuori. Tutti dovevamo fare la lezione di classico la mattina, con Marzia Falcon, che era la prima ad arrivare e l'ultima ad andarsene dalla sala danza. La presenza, la disponibilità a mettersi in gioco, la capacità di fare cose che lui vedeva in noi (e non quelle che già sapevamo fare) erano essenziali. Micha ci accompagnava alla scoperta di noi stessi come artisti, e bisognava essere pronti anche ad accettare che, dopo una giornata di lavoro, se il risultato non lo soddisfaceva, se ne andava senza dirci nulla. Ogni volta che iniziava una creazione, Micha sapeva quale ruolo darci. Condivideva con noi la sua visione dello spettacolo, le musiche scelte e il perché, le luci... non dovevamo essere solo esecutori, ma autori

e protagonisti. Noi facevamo tutto, dalla sistemazione dei costumi prima e dopo lo spettacolo, al trucco, alla gestione degli oggetti di scena (a meno che non si trattasse di produzioni teatrali, ovviamente). Alla fine di ogni lavoro bastava un semplice “merci les enfants” per ripagarci di ogni fatica. Niente era scontato. Ho imparato a superare i miei limiti in scena, e questa esperienza non ha prezzo. È stata un’esperienza che mi ha arricchita e che desidero condividere con i giovani danzatori, indipendentemente dallo stile che praticano, che sia classico o moderno. Purtroppo, dopo aver lasciato la compagnia (ma felice perché lì conobbi mio marito Kristian Cellini), mi sono sentita dire, anche da istituzioni di grande rilievo, che aver lavorato con Micha Van Hoecke non dava abbastanza "punteggio" per un danzatore classico. Credo che sia stata una delle offese più grandi che abbia mai ricevuto, non solo io, ma anche la danza stessa”.

Un lavoro rimasto nel tuo cuore?

“Un lavoro che è rimasto nel mio cuore è stato quando sono entrata al Balletto di Toscana, diretto da Cristian Bozzolini, e ho avuto l’opportunità di lavorare con Carla Fracci. Un’esperienza che mi ha arricchita sotto ogni punto di vista sia come danzatrice che come persona”.

Hai realizzato il videocplip di Andrea Bocelli con la star Sergej Polunin. Com’è stata come esperienza?

“È stata un’esperienza del tutto imprevedibile. In quel periodo mi stavo orientando verso l’insegnamento, quando alla fine di un evento organizzato dalla Fondazione Andrea Bocelli, dove partecipavo con alcuni interventi performativi e mio marito Kristian Cellini curava gli aspetti coreografici, il direttore artistico e regista della serata, Alberto e Ilaria Bartalini, mi chiesero di partecipare al videoclip di Andrea Bocelli con Sergej Polunin. Il giorno dopo mi ritrovai sul set, con Kristian ancora una volta a curare i movimenti coreografici… ed io, alla fine del video, tra le braccia di Sergej Polunin”.

Da tempo sei Docente al Liceo Coreutico Convitto Nazionale Vittorio Emanuele, come ti giudichi come formatore?

“Cerco sempre di ricordarmi cosa significa essere allievo, consapevole che fare il formatore implica anche accettare la responsabilità di contribuire alla crescita dei ragazzi. Il mio obiettivo come docente è stimolare la curiosità degli studenti, aiutarli a scoprire le loro potenzialità e a riconoscere i loro punti deboli per migliorarsi, guidandoli nella giusta direzione. Credo molto nella formazione coreutica per chi ama la danza, e mi dispiace vedere che ancora oggi, anche tra gli "addetti ai lavori", c'è scarsa consapevolezza riguardo il valore di un percorso liceale in danza. Questo succede perché non lo conoscono a fondo. Ma cosa c'è di più bello per un giovane che sogna di dedicarsi alla danza, se non frequentare un liceo che lo forma sia dal punto

di vista artistico che culturale? Per cercare di colmare questa lacuna, con uno spirito divulgativo, ho creato un podcast dal titolo "Liceo che danza", dove spiego cosa sia il Liceo Coreutico, un percorso che unisce la danza all'educazione liceale, trasformandosi in studio, passione e futuro”.

Cosa guardi in un giovane danzatore?

“In primis guardo la tecnica, senza dubbio, ma subito dopo osservo la sua "testa" e la sua personalità. Quando al Liceo Coreutico facciamo l’esame di passaggio dal primo biennio al triennio, oltre ai ragazzi con talento innato, scelgo quelli che mostrano una predisposizione a donarsi allo studio, che sono costanti e accoglienti nei confronti delle correzioni, e che sono motivati. La motivazione non deve essere data dall’insegnante: è il ragazzo che deve essere appassionato, motivato e pronto ad accogliere le sfide. In quel caso, l’insegnante può davvero intervenire, perché lì c'è terreno fertile. Si può seminare anche il seme più prezioso, ma se il terreno non è fertile, non germoglierà mai. Se invece il terreno è vivo, il seme germoglierà, e l’insegnante, osservandolo, lo annaffierà, lo nutrirà e lo aiuterà a crescere nel miglior modo possibile”. Il tuo pensiero sulla didattica coreutica italiana? “Purtroppo, temo che si stia perdendo il senso profondo della didattica, quella parte della pedagogia che riguarda il processo di insegnamento-apprendimento e i relativi metodi. Specialmente nella danza classica, vedo spesso lezioni che, come le definisco io, sono "impacchettate", magari prese da internet, ma che un occhio attento riconoscerebbe come esercizi eseguiti per imitazione, senza una reale "comprensione profonda". Forse sarò una voce fuori dal coro, ma uno

dei valori aggiunti dell'aver partecipato e poi vinto due concorsi nazionali, straordinario e ordinario, per l'ammissione in ruolo come docente di tecnica della danza classica, è stata l'opportunità di studiare la pedagogia e la metodologia dell'insegnamento. La lezione va strutturata sull’allievo, progettata attentamente tenendo conto delle fasi di lavoro, non deve essere impattante ma funzionale. Per me, essere un insegnante significa mettersi continuamente in gioco, rimanere sempre allievo, chiedersi ogni giorno come fare per migliorare i propri studenti, aiutandoli tecnicamente. È fondamentale aggiornarsi, guardare cosa succede nel mondo della danza, confrontarsi con i colleghi e creare un ambiente di lavoro collaborativo, dove si scambiano idee, riflessioni e strategie metodologiche, per condividere una visione comune. E tutto questo, contrariamente a quanto si pensa, non significa essere teorici, ma aggiungere quella necessaria consapevolezza allo studio pratico”.

Progetti futuri?

“Dal punto di vista dell’insegnamento, sto coltivando la mia passione per la pedagogia e per la metodologia della danza insieme al mio collega, ormai carissimo amico, Gabriele Santoni, diplomato al Conservatorio Superiore di Musica e Danza di Lione. Insieme ci confrontiamo sulla formazione dei danzatori, sia in Italia che in Francia, dove oggi il processo di apprendimento è sempre più precoce. Il nostro obiettivo è creare un percorso formativo che rispetti le fasi evolutive dell’allievo e dell’apprendimento. Inoltre, per diffondere l'arte della danza anche attraverso strategie multimediali, sto lavorando per far crescere il mio podcast "Liceo che danza", nato ad agosto, e ho in programma di pubblicare il mio secondo libro, dedicato al Liceo Coreutico”. Un augurio e consiglio ai giovani danzatori italiani e di tutto il mondo.

“Il mio consiglio è di "sognare in grande" e di non perdersi mai, perché oltre alla passione, sono essenziali la dedizione, l’impegno, la pazienza e, soprattutto, la capacità di aspettare, di investire su se stessi e di gestire il proprio tempo con attenzione. Viviamo in un'epoca in cui i social media mettono in evidenza solo il risultato finale, trascurando il duro lavoro e il processo che per gli artisti è fondamentale. Questa illusione di immediatezza allontana i giovani dalla realtà. Invece, è proprio durante questo percorso "di attesa" che la vera vocazione per la danza trova il suo spazio. Bisogna sapere attendere e investire il tempo necessario per vedere fiorire i propri sogni. Perché non c’è niente di più bello che trasformare la propria passione nel proprio mestiere”.

In collaborazione con:

COSE BELLE

MASSIMO DI CATALDO “30 ANNI INSIEME... PARTE SECONDA”

Dopo un anno di attesa, è uscito “30 Anni insieme Vol.2”, la seconda parte della raccolta che racchiude il viaggio di una vita in musica di Massimo Di Cataldo, cantautore che, dal suo approdo alla scena musicale con la partecipazione nel 1993 al Festival di Castrocaro e la successiva vittoria a Sanremo Giovani nel 1994, ha saputo interpretare il sentimento d’amore in tutte le sue declinazioni, dall’ironia degli esordi, agli accenti intimistici e nostalgici delle canzoni di maggior successo. Nella sua produzione figurano a oggi oltre quaranta singoli, otto album da studio e quattro raccolte, e altrettanto intensa è l’attività dedicata ai tour e alla promozione dei suoi album in Italia e all’estero, dalla quale ha ottenuto grande successo, soprattutto in America Latina. Tante anche le collaborazioni, in particolare quelle con Eros Ramazzotti, Renato Zero, Enrico Ruggeri, Riccardo Cocciante, Youssou N’Dour. Questo nuovo disco, pubblicato con Dicamusica/Believe, completa l’opera iniziata da “30 Anni insieme Vol.1” – che conteneva un excursus dei brani più significativi della carriera discografica del cantautore – e costituisce il secondo tempo di un’avventura che, come racconta egli stesso, deve la sua realizzazione alle tante persone che hanno richiesto a gran voce la raccolta:

“… alcuni brani che non erano stati inclusi nel precedente disco si trovano qui. La raccolta ha richiesto un lavoro di produzione non indifferente, ma infine è qui con tutta la passione, per condividere nuovamente alcuni episodi musicali che, nella mia vita e soprattutto in quella di chi ha amato le mie canzoni, rappresentano un solco a cui il tempo porta rispetto. Le più recenti versioni aggiungono qualcosa di nuovo, grazie anche all’esperienza maturata nei numerosi concerti, sempre contraddistinti da un naturale scambio di energie”.

All’interno del disco troviamo una versione Extended della sua recente “Più che mai”, insieme a: “C’è qualcuno”, “Sole”, “L’aria”, “Anime”, “Come il mare”, “Scusa se ti chiamo amore” in una nuova versione 2024, la cover di “Il cielo in una stanza”, “Michela”, le versioni live 2001 di “Non ci perderemo mai” e “Solo se ci sei tu”, e infine “Cosa rimane di noi”.

#CoseBelle

A proposito dell’omaggio al capolavoro di Gino Paoli, ci racconta: “Il cielo in una stanza è un brano essenziale, a mio avviso, nella musica italiana. Conobbi Gino in occasione di un evento Disney e lo feci sorridere ringraziandolo per aver scritto questa canzone che era stata colonna sonora nella storia dei miei genitori, in qualche modo lo considero fautore della mia vita artistica. La versione contenuta nella raccolta è una demo che avevo registrato nel 2014 e mai pubblicato finora”.

… E allora, salutiamo il nuovo anno con questa chicca discografica, in attesa del prossimo live di un artista che ha saputo lasciare un segno indelebile nel cuore di tanti fan della musica italiana.

MUSICA

JP VOCAL STUDIO ACADEMY CANTO, MUSICA E NON SOLO

L'Accademia di Canto e Musica JP Vocal Studio Academy si distingue per la sua dedizione alla formazione musicale di alta qualità, rivolta a cantanti di ogni livello, dai principianti agli artisti più esperti. Situata in un ambiente stimolante e accogliente, l'accademia offre una vasta gamma di corsi che coprono diverse tecniche vocali e generi musicali, dal pop al jazz, dalla musica classica al rock.

Il corpo docente è composto da professionisti del settore, con anni di esperienza sia come insegnanti che come performer. Gli istruttori non solo trasmettono competenze tecniche, ma incoraggiano anche la creatività e l'espressione personale, aiutando gli studenti a sviluppare il proprio stile unico. Le lezioni sono strutturate in modo da adattarsi alle esigenze individuali, garantendo un approccio personalizzato che massimizza il potenziale di ciascun allievo.

In aggiunta ai corsi di canto, JP Vocal Studio Academy offre anche opportunità di approfondimento in teoria musicale, composizione e performance dal vivo. Gli studenti possono partecipare a concerti e eventi, permettendo loro di mettere in pratica quanto appreso e di esibirsi di fronte a un pubblico.

L'accademia promuove un'atmosfera di supporto e collaborazione, incoraggiando gli studenti a interagire tra loro e a condividere le proprie esperienze. Questo approccio comunitario non solo arricchisce il percorso formativo, ma crea anche legami duraturi tra i partecipanti.

In sintesi, JP Vocal Studio Academy rappresenta un punto di riferimento per chi desidera approfondire la propria passione per il canto e la musica, offrendo un'educazione completa che prepara gli studenti a intraprendere una carriera artistica o semplicemente a godere della musica in modo più consapevole e appassionato.

Sede di Roma: Via Tancredi Cartella 63 zona Stazione Tiburtina

Sede di Tivoli: Via Via Campolimpido 55/B - Campolimpido Favale

Info: 375 7445664. - E-mail: jpvocalstudioacademy@gmail.com

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