GP Magazine agosto 2023

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mondo nelle soluzioni innovative per filmmakers e società cinematografiche e televisive. Condotto da Igor Righetti, l'evento è stato aperto dal soprano Anna Bruno, organizzatrice di opere e concerti, con un omaggio a due canzoni iconiche dell'Alberto nazionale: "Breve amore", la versione italiana di You never told me, dal primo film di Sordi come regista "Fumo di Londra" del 1966, e "Guardo gli asini che volano nel ciel". La manifestazione è stata prodotta dal produttore cinematografico e televisivo Massimiliano Filippini e dalla sua "CameraWorks" che sta lavorando sul primo docufilm internazionale in tre lingue sulla vita fuori dal set di Alberto Sordi tratto dal libro di Righetti e sul lungometraggio fantasy "Keeper" con la regia Antonio Centomani. L'evento ha avuto la regia di Alessio Taranto e l'organizzazione di Eleonora Gangi. È stato fortemente sostenuto da "SmartSystem", "SCS Movie Production" di Salvo Tirone e Sonia Giacometti, "Settembre produzioni" di Carla Finelli, dal presidente di "Viva la Vita" (Associazione di familiari e malati di sclerosi laterale amiotrofica) Edmondo Lucantonio.

A proposito del Gran Teatro Alberto Sordi di MagicLand e al profondo legame dell'attore con Valmontone, Igor Righetti rivela: "Questo teatro, che ho inaugurato ad aprile, è il primo del Lazio e, forse, del mondo dedicato a lui. Trovavo inconcepibile che dopo vent'anni dalla sua morte, nel Lazio non ci fosse nessun teatro con il suo nome, quando a livello artistico Alberto cominciò a muovere i suoi primi passi proprio nell'avanspettacolo.

Come racconto nel mio libro 'Alberto Sordi segreto' pubblicato da Rubbettino editore con la prefazione del critico Gianni Canova, giunto alla sua undicesima ristampa in tre anni, lui era molto legato a Valmontone in quanto oltre a suo padre e a suo nonno anche sua zia Ginevra, sorella del papà Pietro, è vissuta in questa cittadina e Alberto parlava di lei spesso con grande affetto magnificandone i suoi gnocchi, i carciofi, i sughi e le tagliatelle. Il 13 dicembre del 1996 andò a Valmontone per ritirare l'atto di nascita del padre nato nella cittadina nel 1879. In suo omaggio, in due suoi film, citò Valmontone: ne 'Il marchese del Grillo' e ne 'Il tassinaro'. Negli anni Trenta, la famiglia Sordi andava nella cittadina tutte le estati e spesso nei fine settimana". Durante le premiazioni sono intervenuti il direttore marketing di MagicLand Dario Grilli, il direttore dell'agenzia di stampa PrimaPress Pasquale Alfieri, la giornalista di Rai Italia Tiziana

Ribichesu, il direttore del mensile GP Magazine Alessandro Cerreoni, la direttrice responsabile della testata giornalistica digitale dedicata al cinema e alle serie tv Cinematographe.it Teresa Monaco, la giornalista e conduttrice di Dimensione Suono Soft Silvia Giansanti, il maestro orafo Massimo Palombo, il fotografo delle star Alessandro Canestrelli.

La scenografica torta ufficiale di questa edizione dell'Alberto Sordi Family Award è stata realizzata dal maestro pasticciere delle celebrità Enrico Maggi mentre le artistiche decorazioni floreali sono state create dalla flower designer Cristina Pizzuti de "Il sogno bomboniere", entrambi di Cave.

Negli anni passati l'Alberto Sordi Family Award, un bellissimo bassorilievo dorato raffigurante il vigile Otello Celletti, interpretato da Alberto Sordi nel 1960, film diretto da Luigi Zampa, disegnato dal maestro Giuseppe Raffa e realizzato da Aurart di Massimo Palombo, è stato assegnato, tra gli altri, ai Premi Oscar Colin Firth, Helen Mirren e Robert Moresco, a Gina Lollobrigida, Mark Strong, Matt Dillon, all'attrice Antonella Ponziani (ultima musa di Federico Fellini), alla contessa Patrizia de Blanck (con la quale Alberto Sordi ebbe una bella storia d'amore nel 1971), al programma "Striscia La Notizia", al regista Andrei Končalovskij, alla direttrice di Rai Isoradio Angela Mariella, al direttore della fotografia Giovanni Mammolotti, al fotografo delle star Alessandro Canestrelli (figlio tra l'altro del direttore della fotografia di decine di film dell'Alberto nazionale), al cantautore Povia, alla star di Bolliwood Shefali Shah.

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Elisa Isoardi

a Pacentro con Manila naZZaro

l’ex MiSS italiaèlaMadrinadell’evento Storicola corSadeGli ZinGari. adaccoGlierlailPreSidente GiuSePPe de cHelliS

“Arrivi a Pacentro al tramonto, e non puoi non innamorartene!” queste le prime parole di Manila Nazzaro, conduttrice radiofonica e televisiva, ex Miss Italia, madrina della storica Corsa degli Zingari – che quest’anno si svolgerà il 2 e 3 settembre. Ad accoglierla, Giuseppe De Chellis, vulcanico presidente dell’Associazione Corsa degli Zingari, che l’ha fortemente voluta per condurre le due giornate che vedranno Pacentro (AQ) animato dall’entusiasmo e dalla profonda devozione nei confronti di una delle tradizioni più antiche d’Italia. Il borgo medievale, situato tra il monte Morrone e il massiccio della Majella, è inserito nel circuito ufficiale dei Borghi più belli d’Italia; la Corsa degli Zingari, organizzata dall’omonima associazione capitanata con passione ed entusiasmo da De Chellis – in sinergia con la Confraternita della Madonna di Loreto e l’amministrazione comunale –vanta una storia plurisecolare.

“Sto lavorando da anni affinché la Corsa e l’intero territorio di Pacentro vengano conosciuti a livello mondiale, perché costituiscono una bellezza immensa e una ricchezza di valori, storia, tradizioni, che non devono essere dimenticati”, spiega il presidente, visibilmente emozionato per l’arrivo di Manila Nazzaro, con cui iniziano una passeggiata alla luce del tramonto, che am-

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e la sua band”, annuncia con entusiasmo Giuseppe De Chellis. La madrina, accompagnata dal compagno - il ballerino Stefano Oradei - ha passeggiato alla scoperta del borgo, tra vicoli e piazzette, salendo al Castello Caldora e raggiungendo poi la Chiesa della Madonna di Loreto.

“È davvero un posto magico e merita di essere valorizzato. C’è tanta bellezza, tanto calore. Bisogna viverlo!” dichiara, entusiasta. Insieme ai compagni di lavoro e alla troupe, guidata dal regista Antonio Malvestuto, ha apprezzato anche la cucina tipica, dai ravioli con la ricotta agli arrosticini.

“Sono orgoglioso di questo progetto, che ormai sta portando Pacentro e la Corsa ben oltre i confini nazionali. Il mio lavoro e il mio impegno sono finalizzati a lasciare una traccia, che le prossime generazioni potranno seguire. Perché bisogna difendere le radici e le tradizioni, impegnandosi in prima persona, con uno sguardo puntato sempre al futuro ”, le parole di Giuseppe De Chellis risuonano cariche di passione, che il presidente riesce a trasmettere al suo gruppo di lavoro e ai personaggi – come Manila –che si lasciano coinvolgere in un progetto carico di risonanze e suggestioni.

Nella foto in alto, Manila con Graziano Scarabicchi durante la registrazione dello spot

Sotto, con il compagno Stefano Oradei, insegnante di ballo a “Ballando con le Stelle”

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la natura di cui non si percepiscono i confini, e che ci offre un’apertura di sguardo psichico e delle potenzialità non limitate, come il mare e l'oceano. Nel surf, c’è una centralità della psiche, sulla tavola si è gli interpreti principali come sul palcoscenico. Riconnettersi con il mare è un po’ un ritorno alle origini. Nel grembo materno, il bambino è circondato dal calore fluido del liquido amniotico. È una sorta di riconnessione con il narcisismo primario, di vita, sano e vitale. Il surf permette inconsciamente di diventare tutt’uno con il mare e raggiungere quell’unità 'oceanica', fusionale e maura, con le figure primarie di accudimento, la mamma e il papà”.

Perché il mare è importante per i bambini? Quali reali vantaggi possono trarne?

“Il mare è un 'habitat vivo' ricco di proprietà benefiche e curative per il corpo, fonte di bellezza estetica e di piacere. L'esposizione al sole determina l'attivazione della vitamina D e un miglioramento dell'apporto di calcio, stimola inoltre, la produzione cerebrale di serotonina, l'ormone del 'buon umore' che regola anche l'appetito e il sonno. Sulla riva al mare si respira un vero e proprio “aerosol marino” composto di sali minerali presenti nell'acqua di mare, nel vento e nelle onde: è un toccasana per l'apparato respiratorio dei bambini. Inoltre, l’aria aperta, la sabbia, il vento, il profumo del mare sono esperienze sensoriali indispensabili per un buon sviluppo psichico, arricchiscono la mente e sviluppano la fantasia, aumentano le abilità e l’apprendimento. Il gioco libero, il modellare la sabbia, lo sperimentare con tutte le dita, dà benessere, arricchisce emotivamente e amplifica le capacità di pensiero. Tutto questo è ancora più potente se vissuto insieme a genitori e nonni”.

Qual è la durata ideale per una vacanza, affinché sia veramente efficace?

“Dipende dal tipo di vacanza e dall’età. I bambini e gli adolescenti hanno bisogno di vacanze più lunghe proprio per la loro struttura psicologica. Per gli adulti, una buona vacanza può essere di una settimana se ben organizzata e quindi rilassante. È considerato ottimale un periodo di due settimane, nella prima settimana dedicata al riposo e alla metabolizzazione dello stress, la seconda al piacere e al divertimento. Anche le vacanze frazionate possono essere molto efficaci e purché i periodi siano sufficientemente lunghi. Se si raggiungono mete lontane, è da tener conto che i giorni di viaggio non sono, né da un punto di vista fisico, né da un punto di vista mentale, giorni di vacanza. Ogni spostamento è come un piccolo trasloco e i traslochi, di per sé, sono sempre un po’ stressanti”.

Spesso in vacanza non si riesce mai a staccare del tutto. Spesso ci si porta il lavoro dietro e non si sta mai lontani dallo smartphone per controllare mail e notizie. Come si deve comportare chi proprio non può fare a meno di “lavorare” anche in vacanza?

“Lavorare un pochino in vacanza di per sé non è un problema, è ormai entrato nelle consuetudini, è un po’ una prosecuzione dell’abitudine consolidata dei compiti delle vacanze. L'importante è ricordarsi che 'est modus in rebus',

concedere pochissimo al lavoro e molto tempo al relax. Da alcuni decenni, esiste però un disagio in costante aumento dovuto alla “sindrome da connessione”. La vacanza dovrebbe essere un momento dedicato anche al “riposo tecnologico”, un’occasione per staccare davvero da tutto. Mettere da parte la tecnologia è difficile, lo dimostra uno studio condotto in 17 Paesi in cui una persona su tre, ha dichiarato di avere difficoltà a prendersi una pausa dalla tecnologia, anche se temporanea. Il 39% delle persone trova difficile prendersi una pausa dalla tecnologia anche quando sa che dovrebbe farlo, il 48% dei genitori sente il bisogno di rispondere immediatamente a messaggi di testo, social network e altre notifiche. Il 72% degli adolescenti e il 78% degli adolescenti e il 69% dei genitori controlla i propri dispositivi almeno ogni ora. In Italia, circa il 50% almeno una volta al giorno controllano l'e-mail e s’informano sugli avvenimenti nella propria zona di residenza. In parte, certamente, può essere la pressione lavorativa presente anche le ferie. In parte però è determinata da ansia di separazione non gestita. Da tener presente che la costante connettività tecnologica crea un “'oop', poiché impedisce di staccare completamente e non permette di immergersi nel nuovo ambiente e nel clima vacanziero. Tutti gli aspetti positivi, necessari, delle vacanze vanno ricercati e difesi. Le vacanze senza o con poca tecnologia, abbattono lo stress accumulato. È importante che siano organizzate rispettando i propri desideri e curando pochi, semplici ma importanti dettagli, in cui tra le parole d’ordine ci sia 'non affaticarsi con la tecnologia', la via maestra per riprendere le forze e godersi il momento, dei benefici del mare, tra spiagge, di calette e scogliere assolate”.

Quali consigli si sente di dare, in particolare, alle persone che scelgono una vacanza al mare per beneficiare della propria salute mentale in estate senza troppo stress?

“Organizzare bene la vacanza, in modo da non affaticarsi una volta arrivati a destinazione; Staccare dalla tecnologia e dal lavoro il più possibile, magari mettendoli in stand-by per la maggior parte del giorno e dedicandoci soltanto un’ora al mattino e una alla sera; Cercare di organizzare una vacanza di almeno una settimana meglio se due, proprio per i benefici anche fisici del mare oltre che per i tempi di relax necessari per la mente. Con un po’ di spirito di adattamento sono possibili periodi di vacanza al mare anche a basso costo. Il mare è davvero per tutti; Per i bambini e gli adolescenti posticipare i compiti delle vacanze al rientro, aiuta a fare nuove esperienze, permette ai genitori di non stressarsi e di godersi il tempo con i propri figli; Praticare sport da spiaggia e acquatici, sperimentare il surf anche per i bambini, è uno sport che favorisce la coordinazione, la concentrazione e le abilità scolastiche; Dedicarsi ai propri hobby, alla lettura, alla musica, allo sport, e all' 'otiun', un riposo operoso ma non stancante; Curare l'alimentazione con cibi freschi e di stagione, idratarsi bene, godersi qualche gelato che è un alimento completo; Riposare soprattutto la notte in ambienti ben refrigerati, concedersi un riposo pomeridiano, non svegliarsi al mattino troppo tardi, anche per le temperature alte e l'esposizione ai raggi solari che invece, è efficace la mattina presto”.

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gram, TikTok e da poco sono sbarcata sulla piattaforma di Calling Fans”.

Per la gioia dei tuoi fans, hai accettato di metterti in gioco…

“Molto in gioco, d’altronde con la fotografia ho un rapporto davvero speciale. Ho iniziato da giovanissima posando per diversi fotografi, brand, calendari arrivando fino alla copertina di Playboy Italia nel maggio 2016. Ancora adesso, quando riguardo quel servizio, mi emoziono e mi sento orgogliosa. Ora ho preso la decisione di aprire il mio canale Calling Fans dove pubblico contenuti speciali, pensati per i miei fans. Con cui mi piace chiacchierare, interagire e, perché no, condividere qualche segreto!”.

Essere sempre impeccabile, con un tocco di raffinata sensualità, fa parte del tuo dna.

“Mi piace essere sempre al top, o almeno ci provo! Voglio sempre essere curata: tacchi, abiti, gioielli, capelli… tutto deve essere in ordine! E quando esco la sera, mi impegno anche di più! Anche in spiaggia mi faccio notare. Mi piacciono i mini bikini che lasciano meno segno dell'abbronzatura possibile e quando posso mi piace essere in totale sintonia con la natura, senza badare alle ipocrisie. Stare bene con me stessa e vivere esperienze speciali mi fa sentire viva e appagata”.

Anche su Instagram il tuo personaggio piace, eccome se piace.

“Come tutti i lavori, anche quello dei social porta via tempo, impegno e dedizione. Con la mia vita super movimentata e sempre di corsa, stare dietro a tutto è faticoso, ma trovo il tempo per farcela e per creare un rapporto di relazione con i miei followers sul mio account ufficiale, @imgiadasciortino”.

Dove, peraltro, si vede una Giada sotto ogni veste!

“Mi piace raccontare la mia vita, dalle cose semplici di tutti i giorni, il rapporto che ho con la quotidianità, i miei animali, i miei outfit, le mie vacanze, alle cose più artefatte e "Instagrammabili". Mi piace far vedere la vera me, con le mie gioie e miei "dolori". E mi piace anche far vedere la mia immagine: ecco, fra poco avrete delle belle sorprese in tal senso, seguirmi per credere”. Anche per stare sotto i riflettori, però, serve carattere e non solo corpo…

“Esattamente: ci vogliono vari attributi, sia fisici che mentali per "fare le cose bene". Per quello credo che questa moda amplificata del momento di voler per forza fare dei contenuti sia da rivedere per poter offrire un minimo di qualità”.

Contenuti che devono stupire, affascinare, emozionare.

“Lavoro in quella direzione: la mia fisicità deve servire per suscitare piacevoli emozioni, per viaggiare con la fantasia. Rifiuto l’idea che tutto debba essere scoperto: la mente, l’immaginazione, sono il vero motore per la ricerca del piacere”.

CONTATTI SOCIAL: @imgiadasciortino

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zature più innovative sul mercato , l’insegnamento e il divertimento”.

SG Soccer è una realtà anche molto seguita sulle piattaforme social principalmente instagram e Tik Tok. tu ti ritieni anche un creator a livelli di contenuti nel mondo del calcio?

“Assolutamente sì mi ritengo un creator, ma l’obiettivo dei miei video è sempre quello di trasmette informazioni e valori che possano aiutare a migliorare il giocatore sotto vari aspetti, sia sul campo che nella sfera personale. La buona riuscita di una performance calcistica, non dipende soltanto dalle nostre abilità, ma anche dal nostro stato d’animo che deve essere accudito e potenziato. Inoltre ho sempre visto i social come un mezzo potentissimo, se utilizzato in modo consapevole e costruttivo perché permettono di raggiungere anche tutte le persone che magari non hanno la possibilità di accedere a varie scuole calcio e academy, ma comunque amano questo sport e vogliono migliorarsi. Se non riesco ad insegnare fisicamente, cerco di farlo virtualmente. Facciamo il massimo con tutti i mezzi che abbiamo a nostra disposizione”.

A tuo avviso quale è il rapporto che intercorre tra il mondo dei social e il calcio e come questi due mondi interagiscono tra loro?

“Sicuramente i social sono molto funzionali per il mondo calcistico. Non solo perché danno la possibilità di accedere a diverse informazioni istantaneamente, in modo tale da potersi migliorare, ma permettono anche ai vari giocatori di dimostrare quelle che sono le loro capacità e di mettersi in mostra. I social poi hanno accorciato moltissimo le distanze tra le persone. Questo accade perché, per quanto riguarda la mia esperienza, attraverso gli esercizi e i miglioramenti dei ragazzi della nostra Academy che ogni giorno pubblichiamo sui social, le persone che ci seguono si immedesimano nei nostri atleti e capiscono che con un programma studiato,strutturato e personalizzato per ogni singolo atleta, ci possono effettivamente essere dei miglioramenti incredibili e non bisogna per forza essere dei predestinati. In questo modo i ragazzi che ci seguono provano i nostri esercizi a casa, ci scrivono mostrandoci i loro risultati e chiedono di partecipare ai nostri eventi”.

Il campus è ormai è un format di grande successo. quale il segreto di questa formula e quale gli upgrade per quest'anno? Cosa potranno sviluppare i ragazzi in campo? Sono attesi degli ospiti speciali?

“Il nostro camp è unico e rivoluzionario nel panorama internazionale calcistico. All’interno del camp utilizziamo la metodologia SG SOCCER, una metodologia che permette di migliorare giorno dopo giorno sia sull’aspetto fisico, mentale e personale, il tutto sempre divertendosi. Quest’anno ci sarà un’importantissima collaborazione con gli insuperabili. Una Onlus di cui è testimonial Giorgio Chiellini, nello specifico si tratta di una scuola calcio dedicata ai ragazzi con disabilità cognitiva, relazionale, affettivo-emotiva, comportamentale, fisica, motoria e sensoriale, che utilizza l’attività calcistica come strumento di socializzazione e integrazione e durante il nostro camp ci saranno alcuni loro atleti. Questo progetto ha l’intenzione di rendere il calcio ancora più inclusivo. Inoltre, come ogni anno, ci saranno diversi ospiti famosi e influencer, sempre legati al mondo del calcio in questo daremo la possibilità ai nostri giocatori di passare momenti magici ed emozionanti con i propri idoli. Gli scorsi anni

abbiamo ospitato grandissimi professionisti, addetti ai lavori e diversi personaggi pubblici tra cui: gli Autogol, Il Boss del freestyle, i PirlasV, Sergej, Skillscrew, Fedfreestyle e tanti altri”. Quale il vostro target principali di riferimento?

“I nostri allenamenti sono rivolti a tutti i giocatori dai sei anni in su, sia dilettanti che professionisti. La fascia di atleti più numerosa va dai 10 ai 15 anni”.

A tuo avviso vi è un allenamento per tutte le età e i livelli?

Attraverso la nostra metodologia di allenamento possiamo adattare qualsiasi esercizio in base all’età, capacità e abilità di ogni singolo giocatore. Lo stesso esercizio può essere reso più semplice oppure difficoltoso, attraverso alcune variabili tra cui : l’aumento della velocità, rapidità di esecuzione, tempi di reazione, calcolo spazio-tempo, gesti tecnici, sensibilità, appoggi, resistenza ecc.”.

Sembrerebbe che il vostro progetto sia un unicum che vada oltre il calcio inteso semplicemente come sport. un progetto che in qualche modo fa ad intaccare anche la sfera emozionale di ogni partecipante. Vi sentite dei mental coach in campo e cosa vi chiedono maggiormente i ragazzi?

“Certo, in campo, come nella vita, per raggiungere dei gli obiettivi non sono fondamentali soltanto le abilità, ma anche il mindset. Dobbiamo imparare a gestire le nostre emozioni, perché la nostra mente influenza i nostri pensieri, i nostri pensieri influenzano le nostre azioni, le nostre azioni influenzano le nostre abitudini e le nostre abitudini influenzano la nostra vita. Il nostro obiettivo è quello che si realizzino e siano sicuri di loro stessi e delle loro capacità, non soltanto nel mondo calcistico, ma in qualsiasi ambito della sfera personale e sociale. Sicuramente il mio Focus principale è sempre la crescita personale, ovvero cercare di migliorarmi ogni singolo giorno per portare più valore alla mia vita e a quella degli altri. Infatti il mio motto è ‘non cercare di essere una persona di successo, ma cerca di essere una persona di valore’. Al di là dei miei obiettivi personali, a livello lavorativo ce ne sono molti, che stiamo già avviando, sicuramente il più importante è quello di far conoscere il nostro metodo di allenamento e ampliare la nostra Academy in tutto il mondo”.

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claire Gonnard

labelleZZa el’orrore

Paesaggi esotici in cui la bellezza dei luoghi è deturpata dalla spazzatura, una moderna Venere che esce dall’acqua tra bottiglie di plastica e altro pattume, alberi bruciati, lattine di coca cola che giacciono dimenticate tra le dune del deserto. C’è tensione emotiva nella sua produzione, spazio simbolico attraverso cui l’autrice esprime il proprio impegno contro l’impatto climatico dei rifiuti umani.

Stiamo parlando di una giovane artista francese, Claire Gonnard. Ci ha raccontato la sua storia.

“Sono cresciuta a Nyons, una piccola città nel nord della Provenza. L'educazione ricevuta dalla famiglia mi dà una connessione potente con la natura. Un’influenza che forgia molto presto i contorni di ciò che mi farà vibrare artisticamente. Il primo incontro con una vera opera d'arte è stato sensoriale. È successo all'inizio degli anni '90 alla fondazione Maeght a Saint Paul de Vence, vicino Nizza. Ero una bambina e i materiali e i colori mi piacevano, così non ho resistito alla tentazione di toccare con mano l’opera di De Staël. Richiamata all’ordine dal custode, mi convinsi che un giorno avrei potuto mettere le mani nella materia per dipingere”.

La famiglia, quindi, quale luogo primario di avvio all’arte… E in seguito?

“All'età di tredici anni, nello studio di Martine Chiappara, artista professionista, sono stata introdotta alle basi della pittura classica: disegno, natura morta, modello dal

vivo, pittura sul motivo... Successivamente ho arricchito la mia formazione plastica partecipando a laboratori presso la scuola BeauxArts di Valence in serigrafia e computer grafica. Quindi ho completato le esperienze con laboratori di fotografia contemporanea, curati in particolare da Olivier Rebufa ed Erick Gudimard, presso il centro fotografico di Marsiglia”.

Dunque esplori l’arte nelle sue varie forme: pittura, scultura, installazioni, e tocchi varie tematiche…

“Sì, mi esprimo sia in universi figurativi che astratti, dipingendo su tela o su carta, lavorando sculture o installazioni. Sono sempre stata interessata al soggetto umano, ai corpi e alle loro curve. Seguendo una visione che mescolava pittura, fotografie personali e materiali, mi sono poi allontanata da questo realismo per lavorare la luce, quella del Mediterraneo. Attraverso colorazioni intense, o in un'unica gamma di colori ho cercato di ricreare un'emozione, per far emergere effimeri momenti luminosi e dare loro permanenza. La natura e la sua luce sono diventate allora centrali, per sostituire il punto di vista e diventare esse stesse il punto di vista, per seguirne la prospettiva”.

Tra le raffigurazioni umane, le sagome di donne nude sembrano caratterizzarsi sulla tela come creature che subiscono l'oppressione del mondo, ma nello stesso tempo restano estranee alla contaminazione del male. E’ corretta l’analisi?

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ARTE

“Sì! Queste donne rappresentano per me ciò che dovrebbe essere l'umanità. Sono libere, serene, fiere e in simbiosi con la natura”.

Riprendere figure mitologiche come Venere, archetipo di bellezza e armonia, significa credere che i nostri giorni abbiano bisogno di recuperare i modelli estetici dell’età classica?

“La maggior parte del mio lavoro pone l'essere umano di fronte alla natura. La natura, trasformata o contaminata dall'uomo, è un tema predominante. Sono particolarmente ispirata dai miti antichi e cerco di dare loro un'eco contemporanea. Far risuonare ciò che immaginiamo del passato con quello che viviamo oggi, la ricerca dell'estetica e della bellezza nell'arte con la bruttezza dell'orrore. Ogni opera diventa lo specchio della mia realtà, della realtà dello spettatore”.

Il tuo impegno artistico si riflette, dunque, nei temi trattati, dove i rifiuti fanno la loro comparsa in mezzo alla bellezza. In un mondo in cui l'essere umano è il principale responsabile delle alterazioni ecologiche, possiamo ancora considerare l’uomo come la misura di tutte le cose?

“L'umano è solo un essere vivente all'interno della natura, ma si dà il caso che sia responsabile della distruzione della sfera vivente, ed è quello che voglio sottolineare nel mio lavoro. Questa necessità imperativa di esprimere l'orrore racconta il paradosso dell'umanità: vivere circondati dalle meraviglie della natura, studiare il bello, ma anche investigare i più grandi drammi. Le mie opere sono concepite come metafore del dilemma dell’esistenza moderna, cercano un dialogo tra attrazione e repulsione, seduzione e paura. Siamo attratti dal desiderio, dall'estetica, ma anche consapevoli che il mondo sta soffrendo per le nostre azioni. Questo ci pone in una preoccupante contraddizione”.

Progetti futuri?

“Sto scrivendo una raccolta di poesie personali accompagnate da disegni. Inoltre, sarò in una prossima mostra in Provenza dal 21 al 31 agosto a Le Temple, Venterol”.

Ci congediamo con una metafora sensoriale: se fosse un profumo, quale essenza incarnerebbe la tua visione artistica?

“Affinché l'opera agisca, funzioni ed esista anche per te, dirò: un giardino di aranci in fiore per la fragranza, piedi nudi sulle pietre per la sensazione di un dolce tepore, e il balletto musicale delle api e delle onde che si mescolano”.

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Giovanna ManGone l’inSeGnanteeducatrice

“Io credo che oggi abbiamo perso la capacità di meravigliarci. Non ci stupiamo più di nulla. Sembriamo vaccinati contro le sorprese”. In questa intervista Giovanna Mangone ci offre uno spunto sociale, umano e culturale di un ruolo che col tempo sta vacillando forse perché non c’è più una traccia di volontà e di consapevolezza per un mondo migliore. Chi è Giovanna Mangone?

“Sono nata in Calabria, dopo aver conseguito una formazione culturale pedagogica, mi sono dedicata con impegno proficuo all’educazione dei bambini e alla loro istruzione. Portata dall’ispirazione e, trascinata dalla passione per la scrittura creativa, che considero” il mezzo educativo più spontaneo e naturale di espressione interiore” entro a far parte di questo fantastico mondo, dando sfogo a tutto il mio estro. Nel 2018 pubblico il mio primo libro di fiabe dal titolo “Tra Sogni e Avventure”

edito dalla Casa Editrice Kimerik. Nel 2019 pubblico il mio secondo libro di successo dal titolo “La Contessa del Regno di Goldon” anche quest’ultimo edito dalla Casa Editrice Kimerik”.

Che cos’è l’educazione in generale?

“L’educazione è innanzitutto un processo, cioè un in-

sieme continuativo di atti che accompagna e orienta l’intero processo della vita individuale tant’è che oggi si è affermata l’esigenza di una educazione permanente. Per spiegare meglio cerchiamo adesso di immaginare che cosa avviene in una casa, quando vi entra per la prima volta un bambino nato da pochi giorni: tutti gli stanno attorno la mamma, il papà, i nonni, la zia, gli amici di famiglia. Tutti si danno da fare a lavarlo, a vestirlo, a preparagli la culla, a sorridergli, a vezzeggiarlo, a chiamarlo per nome. Ecco la sua educazione è già cominciata e continuerà finché durerà la sua vita”.

Come si insegna e perché oggi se ne sente genericamente la mancanza? Cosa stiamo perdendo?

“Rispetto al passato oggi la scuola è cambiata radicalmente. Ad esempio i genitori di oggi hanno preso in mano il potere della scuola. Una volta tutto questo non accadeva.

Gli insegnanti erano sovrani e, quando un docente saliva sulla cattedra si respirava un’atmosfera di rispetto, di disciplina, di educazione e, di maggior ascolto. Oggi manca proprio questo! Mancano i valori essenziali c’è una crisi profonda sul piano educativo e sociale. Penso che bisognerebbe prendere coscienza del proprio io

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all’idea, l’approfondita ricerca e il contesto storico. Il grano è simbolo sacro di vita e fecondità, ma in questa storia è nero e simboleggia l’aggressione e la sopraffazione. Anche sul piano onirico è livido e angoscioso come il caos, il disordine e la solitudine in cui la piccola protagonista è costretta a vivere. Nonostante le paure, le insicurezze, i rifiuti o gli abbandoni, nonostante gli ostacoli che si interpongono nelle nostre vite, vale sempre la pena sfidare, per contrapporci ai nostri nemici, la forza che abbiamo”.

Qual è il ruolo delle donne nella storia e come hai voluto rappresentarle all'interno del romanzo?

“Le donne non hanno tutte lo stesso ruolo. Tuttavia è la storia che comanda e inventa i personaggi, non il contrario. Avevo già in mente la figura di una madre caratterizzata da rabbia e disprezzo nei confronti di sua figlia, avevo bisogno di Katrin, la responsabile del reparto femminile e l’unica professionista in un contesto di arretratezza culturale. Infine c’è Teresa, mentore di Alice e figura bizzarra, che se fosse un personaggio dei giorni nostri sarebbe un genio di donna”.

"Grano Nero" affronta tematiche complesse quali la follia, la guerra e il totalitarismo. Come hai gestito questi argomenti tanto delicati e quale significato hanno per te?

“Sono piani diversi: la follia è centrale, la guerra è uno sfondo storico, mentre il fascismo è nel mondo narrativo della storia. Quando scrivo mi sento al sicuro e affronto questi argomenti avendo meno veli possibili. Anche se, in alcuni momenti, c’è stata una vera immersione nel dolore. Sono tutti un richiamo di dominio, di negazione delle libertà individuali e collettive dalle quali mi dissocio completamente. La libertà per me è un valore fondamentale, così come lo è vivere in un contesto non prevaricante, non direttivo, nella prospettiva di creare le condizioni necessarie per un benessere fisico, mentale e sociale”.

Puoi parlarci del personaggio di Alice, la protagonista, e del suo ruolo nel contesto del manicomio e della società circostante?

“Alice, non desidera altro che essere figlia, ma la madre l’abbandona, seppur sana di mente, nel manicomio poco distante da casa. Ha solo giornate fatte di una lunga attesa, che non passano mai. È vittima delle deliranti cure della psichiatria fascista”.

È stata menzionata l'etica della complessità come concetto chiave del tuo libro. Puoi spiegarci cosa si intende con questo termine e come si riflette nella narrazione di "Grano Nero"?

“È stata una affermazione dell’editrice con cui ha definito “Grano Nero” un libro d’etica della complessità poiché le donne, al centro di quest’opera, mostrano un ampio vissuto fatto di lotte e sogni, in cui impossibile è non identificarsi. La riflessione su Alice può non solo

contribuire in modo rilevante alla decostruzione della cultura patriarcale, ma significare la vera forza della protagonista: l’autentica celebrazione della forza morale. Un messaggio d’auspicio e un reportage di una realtà prorompente fatta di donne che non si arrendono”.

In chiusura, dopo l’emozione provata nel presentare l’opera al Salone Internazionale del Libro di Torino, c’è una bella novità che ti attende e su cui stai lavorando, vero?

“Sì. E proprio per portare avanti i temi trattati e renderli ancora più vividi, il romanzo verrà trasformato in uno spettacolo teatrale. La prima rappresentazione avrà luogo il 23 Marzo 2024 a Bergamo, grazie alla collaborazione tra Another Coffe Vision di Anna Giada Altomare e Mario Congiusti e il talentuoso regista Antonio Nardelli della compagnia TeensPark - Teatro folli Idee. Attraverso le performance degli attori, lo spettacolo potrà coinvolgere il pubblico in un’esperienza ancora più diretta ed empatica, stimolando la riflessione e l’identificazione con i personaggi. E una riflessione profonda sull’umanità e sulle lotte che ognuno di noi affronta nel corso della propria vita”.

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Attrice, produttrice, regista l’infaticabile attrice romana anticipa a GP Magazine gli impegni di una stagione teatrale che la vede a tutto tondo protagonista del palcoscenico.

Danila, l’estate è ormai nel vivo e già ti abbiamo trovata presente nelle località della provincia con i tuoi spettacoli “manco fossi Laura Chiatti” e “Odio i monologhi però li faccio”. Che intenzioni hai: zero riposo?

“Beh, qualche pausa me la concederò anche se le giornate di stop saranno davvero poche in quanto agli spettacoli si aggiungono alcune conduzioni di eventi come il premio Amico del Consumatore organizzato da Codacons, rivolto a personalità dell’economia. Condurre non è propriamente la mia priorità artistica ma quando mi viene proposto è un ruolo che mi calza benissimo”.

Oltre a recitare e, a questo punto, condurre, tu produci spettacoli teatrali: che progetti hai per la prossima stagione?

“Parecchi. Inizio in ottobre, dal 5 al 15, al Teatro degli Audaci con la regia del debutto come monologhista di Leonardo Bocci, influencer che ha lavora con me in “Ti va di sposarmi?”, spettacolo che tra l’altro è in cartellone per la prima volta al Martinitt di Milano”.

E in cosa lo dirigi?

“In “Aò”… o almeno questo è il titolo provvisorio, legato alla sua attività di influencer ed ai suoi brand. Un titolo poco teatrale, lo ammetto, ma che a lui ha portato fortuna”.

Te come attrice invece, dove sarai?

“Sempre in ottobre, dal 3 al 15, sarò al Teatro de’ Servi con Fabio Ferrari in “Guida pratica per coppie alla deriva”; poi a novembre, dal 2 al 5, passerò al Teatro Sette Off in un monologo drammatico intitolato “hasta siempre Frida”, a febbraio, dall’8 al 24, sarò al Teatro degli Audaci con Gianni Ferreri in “ti ammazzo col gas” e chiuderò la stagione al Teatro dei Servi proprio assieme a Leonardo Bocci con “ti va di sposarmi? Che andrà in scena dal 30 aprile al 12 maggio”.

Danila, c’è un incendio. Di tutti i tuoi spettacoli puoi salvarne solamente uno, quale?

“C’è poco da riflettere: “manco fossi Laura Chiatti” perché è il mio manifesto, esprime dall’inizio alla fine me stessa e la mia linea di pensiero. La soddisfazione più grande è quando qualcuno al termine dello spettacolo mi chiede: ma è davvero così? Perché chi guarda dall’esterno questo lavoro vede solo l’aspetto glamour e non il tristanzuolo”. Hai qualche nuovo testo pronto nel cassetto?

“In realtà quello che ho è poco più di un’idea e meno di un abbozzo ma si tratta di un monologo sulla figura del figlio di Sibilla Alerano la prima donna che ha lasciato il marito ai tempi in cui ancora non esisteva il divorzio”. Un personaggio che ammetto di non conoscere.

“Sono in molti a non conoscerla, ha vissuto a cavallo tra la fine dell’800 e il ‘900 quando l’abbandono del tetto coniugale era un reato perseguito dalla legge; vittima di un matrimonio impossibile e di un marito violento che la picchiava, la insultava, uno che –tanto per intenderci- quando non era in casa la spogliava nuda e le nascondeva i vestiti perché non potesse scappare, Sibilla trovò la forza per ribellarsi a tutto questo gra-

zie anche ad un padre illuminato che non solo la seppe ascoltare ma che la accompagno dai carabinieri per denunciare le percosse ed il quale, capendo che per la figlia non c’era altra soluzione, la sostenne nell’abbandono del marito e del figlio”. Quindi Sibilla fuggì?

“Sì, fuggì nottetempo dopo aver fatto addormentare suo figlio al quale, in cuor suo, promise di tornare a riprenderlo cosa che non poté mai fare perché ovviamente fu osteggiata oltre che dal marito stesso anche dai nonni paterni che lo crebbero tenendolo all’oscuro dei tentativi che ella faceva per incontrarlo. È stata lei stessa a narrare l’episodio nel libro “Una donna” sottolineando come restando, avrebbe pure potuto esser per lui una buona madre ma certamente, percossa e umiliata con-

tinuamente dal marito, non avrebbe mai potuto esser per lui esempio di dignità”.

E tutto questo dove avveniva?

“Era di Torino ma avvenne nelle Marche, regione di provenienza del marito”.

Come mai vuoi fare un monologo sul figlio e non su di lei?

“Perché mi attira tantissimo la figura di questo figlio conteso tra due genitori, una figura emotivamente moderna, se vogliamo, che si avvicinerà alla madre solo in tarda età e che solo allora potrà conoscere l’immenso amore di lei”. Anche questo progetto diventerà una tua produzione: non hai timore a produrre spettacoli.

“Certamente anche perché non ho beni al sole frutto di eredità o di successi cinematografici! Come dire: sono una produttrice senza portafoglio che investe su stessa e sulle proprie capacità per lavorare”.

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MYriaM FeccHi

“iniZiaileGGendolePoeSiedi Pablo neruda”

Una super donna che ha fatto la dj, ha lavorato in radio importanti, ha presentato in tv programmi di successo e ha contribuito a lanciare artisti di rilievo come Mike Francis e Double Dee. E' stata la prima a portare la dance in televisione con “Mio Capitano”

In un certo senso è stato divertente poter ricordare insieme a Myriam Fecchi, una delle voci più rinomate dell'etere nazionale, molte tappe del passato. A tratti si aprivano dei mondi colmi di ricordi e di nostalgia. Il privilegio di aver fatto un percorso dalla nascita delle prime radio private. Oggi Myriam è a Isoradio. La Rai è la sua casa da sempre. Romana, è nata sotto il segno dei Pesci, giusto per restare in tema musicale, richiamando un classico di Venditti. Myriam, qual è la tua storia che ti ha portato al successo e quindi ad essere considerata una delle ragine della radiofonia italiana?

“Wow, che bella considerazione! Dunque tutto iniziò da giovanissima ai tempi del liceo mentre ascoltavo le prime radio private. All'epoca la fortuna è stata quella di avere una piccola radio vicino casa. Così, da fan presi a frequentare quell'appartamento dove si faceva la radio, a discapito dei compiti. Mi innamorai subito di quel mestiere anche se a quei tempi era tutto un gioco. Un bel giorno mi proposero di fare la parte tecnica e così imparai. Dopo qualche tempo mi spinsero ad andare in voce, leggendo le poesie di Pablo Neruda. Ebbi paura, in fondo ero ancora minorenne. Arrivò il momento in cui mi mandarono in conduzione e andai nel pallone. Poi con faccia tosta, misi da parte la timidezza e cominciai così l'avventura con la radio”.

In che anno?

“Siamo alla fine degli anni '70 e i primi anni '80 a Tele Roma Cavo”. Quanto percepivi?

“Nulla, c'era solo la passione per la musica. Ero fissa nei negozi di dischi. Amavo la dance e la musica house. Per questo motivo frequentavo molti dj e imparai successivamente anche a mixare. A quei tempi erano pochissime le donne in consolle. Ho avuto l'onore di avere grandi maestri come Marco Trani, Marco Vitale e altri nomi eccellenti. Ecco che iniziai a fare le prime serate e a vedere qualche soldino. Tornando al discorso relativo alla radio, in quel periodo, visto che a Radio Due stavano cercando nuovi conduttori, mandai un provino. Eravamo nel 1983 ai tempi di Radio Stereo Due. Venni scelta e non credevo ai miei occhi quando mi sottoposero il contratto. Andai in onda il pomeriggio con due pezzi da novanta, ovvero Francesco Acampora e Maurizio Catalani. Mi hanno insegnato tantissimo. Passai anche a condurre da sola e ad essere autrice del programma. Non posso dimenticare che nel gruppo dell'epoca c'era la compianta Clelia Bendandi. In contemporanea è arrivata la televisione”. Ecco, è stato casuale o voluto il tuo passaggio in tv?

“Casuale, mi ci sono trovata. Ricordo Sanremo, Saint Vincent e altre cose interessanti che mi proposero di condurre. Per un periodo lasciai la televisione di Stato e firmai un contratto con Tele Monte Carlo per un programma per ragazzi che andava in onda il pomeriggio con Max De Tomassi. Nel frattempo continuavo con la radio in Rai e a fare serate come dj, ero di-

52 STORIE DI RADIO
Myriam Fecchi con Tiberio Timperi

mediatica. Nel bene e nel male, senza trucchi o strategie, hanno portato avanti il loro percorso, sia introspettivo che di relazione, e contemporaneamente la scrittura di una nuova canzone: “Perdono”, arrangiata e finalizzata con la collaborazione del dj producer Mark Storm e di Marino De Angelis. “Abbiamo cominciato a coltivarne l’idea a casa – dice Fabio. Quando ci hanno chiamati per l’Isola l’abbiamo portata con noi e lì abbiamo terminato di scrivere, trovando probabilmente l’anima vera che il brano stava cercando dentro di noi”.

La loro nuova creatura musicale è un prezioso ricordo, un “seme” da tradurre in parole e note: quante volte crediamo o fingiamo di perdonare, ma semplicemente passiamo oltre, senza affrontare davvero il problema? Spesso la prevaricazione e il rimanere fermi sulle nostre posizioni pregiudicano del tutto la possibilità vera di trovare il modo di dialogare con l’altro, e questo messaggio si è trasformato da urgenza a canzone, ma anche in un importante tour partito il 1 luglio.

“Perdono è un sentimento che va di pari passo con l’Amore, un’altra sfumatura dello stesso sentimento

spiega Alessandra – perché per amare è necessario esercitare il perdono di continuo. Sull’Isola ha assunto una valenza ancora diversa, costringendoci a fare i conti con la convivenza che ha messo a dura prova tutti noi. Un allenamento costante e necessario, per affrontare la quotidianità, senza la possibilità di andare altrove”. Il Perdono è dunque inteso nel suo significato più profondo, un atto di umanità e generosità che non chiede nulla in cambio, ma al contrario annulla con sincera convinzione qualsiasi rivalsa:

“Questo è forse il regalo più bello che ci portiamo a casa, insieme al silenzio, alle cose semplici. Il saper perdonare rende liberi e con questa consapevolezza il testo di Perdono ha preso forma. Scritto con i carboncini del fuoco, su pezzi di carta recuperati, sono venute le parole a tradurre le tante emozioni che ci sono colate dentro. Abbiamo vinto, non L’Isola, ma la nostra Isola e facciamo ritorno a casa con un bagaglio pesante, pieno di immagini, spunti che vogliamo regalare alle nostre figlie, affidando alla musica il nostro messaggio”.

E allora lasciamo scorrere questo nuovo fiume di parole, piene dell’amore di cui tutti abbiamo sempre, disperatamente, bisogno e che Alessandra e Fabio hanno saputo rinnovare e trasformare in musica per noi:

“L’amore che abbiamo sognato sai dirmi dov'è?

E dimmi perché, dimmelo te un amore che chiede perdono ascolta anche me…”

55 #CoseBelle

parlare Dio ed il cuore si calma, rinasce la serenità e si assapora la gioia”.

Bellissima la tua riflessione. Ma passiamo per un momento dal forte contenuto ad un po' di “gossip”. Sappiamo che non ami parlare molto della tua vita privata, ma abbiamo scoperto che il tuo trasferimento dal nord al sud Italia ha generato molti cambiamenti. Nel cuore della città tra le più misteriose e magiche d’Italia eri immersa in una quotidianità mondana e trasgressiva. Poi, cosa succede?

“A dire il vero non amo parlare delle mie dinamiche personali, ma farò uno strappo alla regola per GP Magazine. Correva l’anno 2019 quando uscì il mio primo singolo dal titolo 'Come nel vento'. Con questo brano, nello stesso periodo, prendevo parte al famoso 'Trofeo Nilla Pizzi' organizzato da Vincenzo Camporeale e Lele Mora. Un anno dopo, nonostante le difficoltà sorte a motivo delle restrizioni connesse alla pandemia, nacque una nuova produzione discografica: 'Io voglio te'. Entrambi i singoli, accompagnati da videoclip disponibili su youtube raggiunsero in breve tempo migliaia di visualizzazioni. Numerosi impegni si susseguivano, arrivò anche una mia diretta nel programma 'Quelli che il calcio' su Rai 2. Ero molto entusiasta dei miei successi e delle mie serate notturne, spesso vissute in ambienti del jet set. Ma improvvisamente, costretta al lockdown, qualcosa mi spinse ad una riflessione profonda. Parallelamente alle mie meditazioni, giunse la conoscenza di Carlo Toto, fondatore del blog Giornale della Cultura e noto scrittore del sito di Nicola Porro, conduttore del programma di Rete 4 'Quarta Repubblica'. Carlo mi contattò per una mia partecipazione in diretta presso una web tv in qualità di opinionista sul tema dei diritti umani e cantante per l’esibizione di una cover destinata alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema delle vicissitudini sociali. Tra me e Carlo fu colpo di fulmine. L’amore mi spinse verso una nuova meta. Dalla frenetica Torino decisi di spostarmi in un piccolo paese di campagna in provincia di Avellino. Fu Carlo ad introdurmi nel mondo della conoscenza essoterica ed esoterica. Scendendo sempre più negli 'abissi dell’anima', riuscii ben presto a comprendere che un viaggio da un luogo all’altro porta con sé un vero cambiamento solo quando si percorre parallelamente una via interiore. Non “viaggia” solo il nostro corpo fisico, ma anche la nostra anima ed il nostro spirito. Giunta dunque in Campania, cambia tutto. Da single a promessa sposa, e la mia musica destinata in un primo momento ad un mercato di massa, si trasmuta in arte come espressione dell’anima desiderosa di comunicare una profonda esperienza. Dunque nasce sulla base di una nuova vita, il mio terzo disco dal titolo 'L’ Amore nel Silenzio' che oggi presento con gioia al vostro magazine e ai vostri lettori”.

Un giorno hai detto ad un’amica: “mai sposa e mai con un motociclista”. Oggi però è tutto l’opposto. Cosa

è successo?

“Per la serie 'attenti a quello che dite'. Mai dire mai. Sono finita infatti con un motociclista e alle porte del mio matrimonio”.

Cosa ti ha spinto a cambiare idea?

“Sono una donna molto esigente. Diciamo che lui, oltre a corteggiarmi allo sfinimento come ancora oggi continua a fare, si è mostrato sin da subito molto attento nell’esaudire i miei numerosi capricci. Con il suo duro e costante impegno si è guadagnato la mia attenzione ed è riuscito a conquistarmi. E non solo, per la prima volta nella mia vita sono salita in moto affrontando un lunghissimo viaggio dalla Campania alla Calabria”.

A proposito di questo, spesso scegli proprio la Calabria come meta delle tue vacanze estive. Come mai?

“In passato le mie tappe principali per il relax erano la Costa Azzurra e la Sardegna. Nel 2021 ho trascorso la mia prima vacanza a Giovino, mi sono innamorata di quel luogo in grado di combinare la forza della montagna e l’immensità del mare. Un posto tranquillo e selvaggio da una parte, ma anche mondano e festaiolo dall’altra”. Quali sono i tuoi progetti futuri?

“Andare in vacanza. E' stato molto faticoso realizzare il nuovo disco e non sono abituata a lavorare tanto. Il mio obiettivo è quello di rilassarmi e godere pienamente le vacanze. L’estate 2023 la trascorrerò in una bellissima casa proprio sul mare, sempre in Calabria, ma questa volta a Soverato per un lungo periodo e successivamente in qualche Spa in giro per l’Italia. Il modo migliore per rigenerarsi e preparare nuovi progetti”.

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Compositore, direttore d’orchestra, direttore musicale del Festival di Sanremo. Conosciamo da vicino un grande personaggio che ha fatto della musica la sua ragione di vita.

Vivendo a L’Aquila non possiamo non toccare con lui l’argomento della Perdonanza un evento conosciuto in tutto il mondo e che riveste un’importanza speciale per tutti gli aquilani

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C’è chi è cresciuto dando calci a un pallone e chi invece a sei anni ha cominciato a giocare con una tastierina, scoprendo che la musica racconta le storie più belle: è il caso di Leonardo De Amicis, direttore d’orchestra – compositore e produttore musicale. Un curriculum di alto spessore impreziosito dal ruolo di direttore musicale del Festival di Sanremo, che ricopre dal 2020. Un “gioco” diventato vera e propria passione, quella di una vita.

“La musica fa parte di me, dal momento in cui ho ricevuto in regalo quella tastierina. Ho frequentato il liceo musicale e poi il Conservatorio. Un percorso di vita coerente con quello che sentivo dentro di me”. Quando ha capito che sarebbe stata più di una passione, diventando il suo lavoro?

“In realtà, non l’ho capito mai! Non c’è stato un momento preciso, ho lasciato che le cose andassero come dovevano. Non è stato un percorso facile, la carriera di un musicista non è mai fluida, ci sono anche momenti difficili, complicati; io sono stato sicuramente determinato a proseguire il cammino che mi si apriva davanti. Ho lasciato fare alla musica…”.

E la musica ha ricambiato il suo amore, guidando De Amicis senza tradirlo, e facendo in modo che incontrasse artisti con i quali ha realizzato importanti produzioni – da Riccardo Cocciante a Gianni Morandi.

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Qual è stato il momento più significativo, quello che secondo lei ha rappresentato un giro di boa nella sua carriera?

“Il disco con Papa Giovanni Paolo II, Abbà Pater. È stato un onore e una fortuna straordinaria poter produrre il disco del Pontefice. Papa Wojtyla ha dato il via alla multimedializzazione del messaggio evangelico e culturale della Chiesa, è stato un pioniere. Partecipare al progetto del Giubileo del 2000, ed essere il produttore del disco, è stato un momento significativo e fondamentale, per me, sia dal punto di vista professionale sia da quello umano”.

Nella nostra chiacchierata, Leonardo De Amicis ripete più volte il termine “produttore”, un ambito del suo lavoro a cui tiene particolarmente. Siamo abituati a pensare a lui in qualità di direttore d’orchestra e personaggio televisivo; in realtà, la televisione e il mondo dello spettacolo sono arrivati quasi per caso.

“Anche lì, devo ringraziare Gianni Morandi, che mi convinse a fare televisione. Per lui, produssi 'C’era un ragazzo' – e da lì è partita poi una serie di programmi che sicuramente hanno accresciuto la mia visibilità”

Ma non è la visibilità a interessare il Maestro De Amicis, che porta la musica in ogni contesto possibile e senza pregiudizi.

“Credo che esista un unico linguaggio davvero universale, ed è la musica. Non ha confini, non ha bandiere, non ha limite alcuno e arriva a tutti, per dare ristoro all’anima, nutrire lo spirito, diffondere bellezza”.

E di musica che dà ristoro parliamo a proposito del concerto per l’Emilia dello scorso giugno:

“Io sono di L’Aquila, non credo sia necessario aggiungere altro. Le emozioni che ho provato, e il desiderio di contribuire in un momento così drammatico, sono qualcosa che sento in maniera profonda.” racconta con un’incrinatura della voce che rivela la commozione ancora viva.

A proposito di L’Aquila, tra qualche settimana ci sarà la Perdonanza, evento che per lei riveste un’importanza particolare. Cosa prevede per l’edizione di quest’anno?

“Quando mi chiedono chi porti alla Perdonanza, io rispondo sempre che non porto nessuno. Io costruisco rapporti che sfociano nella partecipazione autentica e spontanea degli artisti che invito, e che spesso fanno una pausa dai loro tour per venire a L’Aquila. Ecco, la visione di chi vive per la musica è proprio questa: la condivisione e la visione unica di momenti che aggregano e creano comunità”.

Da un evento all’altro, facendo un salto apparentemente enorme – in termini di pubblico e target: Sanremo. Anche per l’edizione 2024 è confermata la sua direzione musicale.

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