eventi & cultura
Raprono tutti i Musei Civici di Roma, dei Fori imperiali e del Circo Massimo Il 2 giugno hanno riaperto al pubblico tutti gli spazi del Sistema Musei in Comune di Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Dopo la ripresa delle attività dei Musei Capitolini e del Museo di Roma a Palazzo Braschi, lo scorso 19 maggio, riaprono anche
Museo dell’Ara Pacis, Mercati di Traiano - Museo dei Fori Imperiali, Centrale Montemartini, Museo di Roma in Trastevere, Galleria d’Arte Moderna, Musei di Villa Torlonia, Museo Civico di Zoologia, Museo Carlo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese, Museo di
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Scultura Antica Giovanni Barracco, Museo Napoleonico, Museo Pietro Canonica, Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina, Museo di Casal de’ Pazzi, Museo delle Mura. Dalla stessa data, saranno nuovamente visitabili le aree archeologiche dei Fori Imperiali (ingresso dalla Colonna Traiana e uscita dal Foro di Cesare su Via dei Fori Imperiali), dalle 08.30 alle 19.15 (ultimo ingresso 18.15), e del Circo Massimo (a esclusione di Circo Maximo Experience), dalle 9.30 alle 19.00 (ultimo ingresso 18.00). Servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura. Sarà possibile prenotare l’ingresso e la fascia oraria al numero 060608 oppure online sul sito www.museiincomuneroma.it. Per i possessori della MIC card la prenotazione allo 060608 è obbligatoria e gratuita. Si tornerà così a vivere di persona tutti i musei civici, spazi di cultura e bellezza, visitando le loro prestigiose collezioni permanenti e la ricca e variegata offerta di mostre molte delle quali prorogate dopo la sospensione dovuta al lockdown. La riapertura avverrà nel rispetto delle linee di indirizzo per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
ad affrontare questo ruolo? Quali sono le maggiori difficoltà che hai incontrato? “Eva mi è stata simpatica perché nonostante sia sgarbata e maleducata è una che racconta la verità. Il suo limite è che andando dritta al punto non riesce a concepire strategie diverse e forse anche più intelligenti. E’ una donna molto ruvida e che non ha molti punti in comune con me. C’è una cosa però che mi ha convinto che questo personaggio potesse darmi molto dal punto di vista personale. Pur essendo sgarbata e pur commettendo degli errori perché come vedremo ha una posizione ideologica molto netta rispetto al mondo maschile capirà di aver sbagliato arrivando a mettere in discussione la sua vita per recuperare e cambiare”. Nella serie tv si parla di femminicidio che però sappiamo essere solo la punta di un iceberg che inizia molto da lontano per esempio dalla disparità di genere. A che punto siamo con il gender gap? “Dal mio punto di vista rispetto ai salari c’è ancora una differenza tra uomo e donna. Penso però che a livello di competenze la donna abbia ampiamente dimostrato di averne molte nelle materie che sceglie. Se poi mi chiedi se all’interno dei ruoli prettamente maschili non ci sia una disparità in termini percentuali di presenza uomo/donna ti rispondo di no. Sai, le donne in alcuni casi non manifestano interesse ad un argomento mentre in altri casi fanno più fatica perché devono rompere una consuetudine. E credo che proprio quest’ultimo aspetto sia sintomatico dell’importante viaggio che sta facendo la donna che può realizzare i propri desideri e realizzarsi nella vita sociale”. Ti sei mai sentita discriminata nella tua carriera? “Non mi sono sentita discriminata. A livello personale magari è successo per alcune battutine che mi rivolgevano. Sai, durante il periodo adolescenziale capitava che qualcuno mi dicesse che non capivo niente. Penso anche al mio impegno nel mondo del calcio. Ci sono poi delle peculiarità di genere che a mio avviso non vanno perse
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cover story
perché rappresentano l’opportunità di portare all’interno della società delle differenze. Le peculiarità di genere possono anche appartenere ad un genere diverso nel senso che un’anima femminile può anche abitare all’interno di un corpo maschile. All’interno della natura c’è una distinzione tra modalità femminile e modalità maschile. Io ho un’anima abbastanza maschile. Sono una donna con una buona dose di modalità maschile”. A Sanremo Rula Jebreal ha portato un monologo duro e meraviglioso contro la violenza sulle donne. Eppure qualche scrittrice ha espresso delle critiche dicendo la vera modernità sarà quando noi donne non saremo costrette a fare monologhi per dire ‘guardate che ci siamo anche noi’“. Tu come la pensi? “Non sono titolata a commentare il monologo di Rula perché si tratta di un racconto intimo e personale. Immagino sia stato difficile per lei portarlo sul palco di Sanremo. Non mi sento pertanto di prendere una posizione. Credo che abbia fatto qualcosa di speciale però anche dal punto di vista dello spettacolo perché si tratta di un pezzo di verità. Ritengo che il passo successivo per le donne sia di smettere di essere autoreferenziali e di riuscire a parlare di complicità con il genere maschile”. E invece a proposito del monologo di Diletta Leotta? La bellezza è un merito? “No. La bellezza estetica è un talento ma è necessario ci sia un esercizio intellettivo per conservarla perché ad
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un certo punto la bellezza non sarà più estetica ma sarà la risultanza dell’intelligenza, della capacità di comprensione e della capacità di essere dono per gli altri”. Le serie Rai hanno celebrato in questi anni personaggi storici che hanno fatto grande la storia del nostro paese. Di quale donna ti piacerebbe vestire i panni? “Ce ne sono tante di eroine di cui mi piacerebbe vestire i panni. Penso a Rita Levi Montalcini ma anche a Tina Anselmi, la prima donna ministro in Italia. Siccome poi vivo a Milano e sono molto vicina alle donne milanesi mi piacerebbe interpretare Fernanda Wittgens che è stata la prima direttrice della Pinacoteca di Brera. Durante la seconda guerra mondiale Fernanda aiutò molti ebrei a scappare costruendo con gli artisti dell’Accademia dei documenti falsi. Li faceva salire sui convogli che portavano le opere d’arte dell’Accademia di Brera lontano da Milano perché Fernanda aveva intuito che la città sarebbe stata bombardata. Pensa che grazie al suo gesto è stato salvato il Cenacolo di Da Vinci”. Qualche anno fa sei stata eletta Vicepresidente della Lega Pro di calcio. Immagino tu abbia dovuto sopportare il pregiudizio. In che modo sei riuscito a superarlo? Il calcio ancora oggi è maschilista o hai notato un cambio di rotta? “Non ho dovuto sopportare pregiudizi per il fatto di essere una donna perché all’interno delle leghe è pieno di donne avvocato, di donne che si occupano dell’agonistica, di donne che lavorano nella segreteria della pre-
sidenza e nella comunicazione. Inizialmente ho avvertito un po’ di scetticismo perché vengo da un mondo diverso e non ho una preparazione legale o amministrativa legata al mondo dello sport e del calcio. La mia è una carica totalmente gratuita. Cercavano una donna che volesse con trasparenza mettere a disposizione il proprio tempo per la Lega Pro e mi hanno scelto perché avevo già svolto delle attività per la Figc. Mi è stata data quest’opportunità e ne sono felice”. A metà settembre compirai 40 anni. Ti spaventa? Ad oggi qual è il tuo bilancio? “Più che fare bilanci sto pensando al dopo. Sai 40 anni mi sembra un’età molto bella per le donne. La sto vivendo in modo sereno e felice. Ho voglia di continuare a lavorare e di fare tanto. Ragiono passo passo anche per la donna che sarò tra 20 anni. Cerco sempre di giocare in anticipo. Sarà che ho iniziato a fare questo lavoro quando ero bambina e questa spinta di pensare al dopo ce l’ho sempre avuta”. In una recente intervista hai dichiarato che prima di incontrare l’amore della tua vita hai vissuto con un costante senso di mancanza. In che senso? Cosa rendeva sterile la tua felicità? “Mi mancava il senso di pacificazione. E’ come se fossi stata alla ricerca di qualcosa che non riuscivo a trovare ancora. Avevo un senso di ricerca che era una tensione alla felicità. Non ero infelice però è chiaro che quando trovi la persona giusta la musica è diversa. La mattina mi sveglio ed è come se fosse sempre Natale. Dipende anche da come si affrontano le cose e da come diventi da grande. Non sono una tormentata. Lo ero di più durante la fase tardo adolescenziale”. Hai mai pensato di candidarti o di scendere in politica? “Non ho mai pensato di candidarmi in politica. E’ molto bello far cultura e il fatto di aver interpretato donne forti con storie altrettanto intense mi ha permesso di raccontare qualcosa che ho molto a cuore. A prescindere dal mio lavoro sento l’esigenza di condividere con la comunità questa necessità di essere attiva dal punto di vista culturale. Credo che prima della politica debba venire la cultura”. La fragilità nella vita può giocarti contro ma può essere anche una forza. Anche tu dubiti di stessa? “Io dubito sempre di me stessa. Mi faccio sempre mille domande. Arrivata ad un certo punto certo sempre di mettermi d’accordo con la pancia nel senso che mi chiedo se sia la scelta giusta sulla base di ciò che mi fa stare bene e non sulla base del successo sociale. Eva per esempio è un personaggio molto fragile perché la sua incapacità di creare pacificazione è tutta sullo schermo. Mi piace la sua sensibilità perché le donne ci si riescono ad identificare e poi perché ritengo sia utile guardare a questo modello femminile per capire che oggi quando la donna occupa posti rilevanti all’interno della società lo deve fare con la propria femminilità. La femminilità sottintende pace, accoglienza, ascolto. Un’intelligenza emotiva insomma che va al di là della razionalità”. Prossimi progetti? “Dovrei tornare sul set e spero di farlo il prima possibile perché vorrebbe dire che siamo fuori dall’emergenza. Interpreterò un’altra donna che ha segnato la sua vita e un nuovo modo di stare insieme”.
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storie & personaggi
Covid e animali domestici Istruzioni per l’uso di Mara Fux
Se è vero che l’epidemia dilagata ha drammaticamente colpito la nostra vita di umani, non poche sono state le conseguenze che il Covid 19 ha portato nella vita dei nostri piccoli amici domestici. Le numerose “fake” circolate sul web specialmente nella fase iniziale di comunicazione, hanno portato un aumento di abbandoni in quei luoghi dove purtroppo l’informazione sanitaria è più vacillante, con la conseguenza di un aggravio di lavoro per tutte quelle associazioni ambientaliste e animaliste dislocate oramai nelle nostre regioni. Immagini di cani e gatti a zonzo per strade di città e di campagna in evidente stato di abbandono, hanno riempito per giorni lo schermo dei nostri televisori nonostante gli speakers di tutti i telegiornali smentissero a chiare note la possibilità di contagio attraverso il pelo o la bava dei nostri animaletti. “In effetti la confusione è stata molta - spiega Cristina Valeri, Presidente della sezione romana della Leida - specialmente all’inizio quando si è parlato dei mercati vivi molto diffusi nelle comunità orientali, una piaga che ancora la civiltà occidentale non è ancora riuscita a debellare. Si è parlato molto del cosiddetto 'salto di specie' con cui il Covid 19 aggredisce l’uomo, senza però spiegare che non è mai esistito e non esiste per l’uomo un contagio attraverso l’animale. Molti hanno avuto paura per ovvia ignoranza di un meccanismo ben noto invece ai medici veterinari, che lo hanno spiegato solo in un secondo momento, quando il rischio di abbandono degli animali è divenuto manifesto”. Sono stati molti i casi di abbandono in cui Leida ha dovuto intervenire? “Fortunatamente no, almeno nel comune di Roma e nella nostra provincia. In altre regioni purtroppo è successo anche se, dai report che abbiamo, è palese che gli italiani amano i loro animali domestici e che gli abbandoni che ci sono stati, son derivati da ignoranza e mancanza di informazione”. Che tipologia di casi vi si sono presentati? “Svariati e tutti diversi tra loro. Dalla telefonata di chi trovandosi in situazione di indigenza non aveva denaro per acquistare il cibo per i propri animali a chi era impossibilitato dalla restrizione a raggiungere i luoghi dove essi si trovavano”.
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fashion & glamour
Mafalda De Simone “I miei followers sono diventati la mia famiglia” di Giulia Bertollini
Saper emergere nel fashion world non è un gioco da ragazzi. Saper gestire la propria immagine è un mix di intelligenza, programmazione, talento e stile costruito n e g l i a n n i . L o s a b e n e M a l f a l d a D e S i m o n e c h e , c o n i s u i o l t r e 1 3 3 m i l a f o l l o w e r, è diventata una delle IT girl del momento. Il suo percorso professionale è iniziato nel 2016 quando Mafalda per gioco ha iniziato a condividere sui social i suoi primi scatti. Sono poi arrivati i primi contratti con le aziende tanto che Mafalda confessa di voler raggiungere traguardi sempre più importanti. L’abbiamo contattata telefonicamente e abbiamo parlato con lei di lavoro, moda e futuro. Mafalda, raccontaci un po’ di te e di com’è nata la tua carriera da influencer. Qualcuno ti ha aiutato? Che consapevolezze hai raggiunto? “Il mio percorso ha avuto inizio dall'estate del 2016, tutto è cominciato per gioco condividendo scatti inerenti outfit, makeup e ottenendo sempre maggior riscontro, così mi sono resa conto di volerlo fare seriamente dedicandomi ogni giorno alla costruzione del mio profilo Instagram. Ho sempre avuto la passione nel farmi fotografare,per tutto ciò che riguarda le nuove tendenze, gli outfit, il make- up. Prima condividevo i miei scatti nel mio spazio privato, che era il mio profilo Facebook, mentre ora lo faccio in uno spazio pubblico, il mio profilo Instagram. Mai però mi sarei immaginata di raggiungere così tanto riscontro e che addirittura sarebbe diventato per me un lavoro”. Come nascono le tue collaborazioni con i vari brand che sponsorizzi?
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“Si parte dai contatti con le aziende per la formulazione dei contratti di collaborazione, poi bisogna organizzarsi con i fotografi e videomaker per la produzione del materiale che sarà pubblicato. Ciò che deve colpirmi per collaborare con un'azienda è l'originalità, utilità per i miei fan, professionalità dell'azienda”. Quanto peso ha la tua famiglia nelle scelte che compi? “La mia famiglia mi supporta da sempre nelle mie scelte, sanno quanto impegno e dedizione io ci metta ogni giorno, mi spronano, spingendomi a dare sempre il meglio di me”. Il tuo lavoro è spesso oggetto di critiche, e magari anche di insulti da parte degli haters. Cosa pensi di tutto questo? Hai mai fatto esperienza di episodi di bullismo o cyberbullismo online? “E' possibile trovare una persona che avrà da ridere o che non condivide il tuo stile di vita. Accetto tutto ma sempre nei limiti, se la critica è costruttiva ben venga, poi se è un commento volto solo ad offendere, allora no. Prima mi capitava di rispondere al commento di qualche hater, poi ho capito che alcuni lo fanno solo per farti reagire, volendo ottenere da te una risposta ed attirare così la tua attenzione, quindi ho imparato che bisogna ignorare ed essere indifferente a questo tipo di cose. Mi rendo conto che però, per poterlo fare è necessario avere un carattere abbastanza forte e non tutti hanno "spalle grandi" per poter sopportare. Da un po’ di tempo mi sto impegnando anche a condividere delle campagne di sensibilizzazione contro il cyberbullismo online. Fortunatamente sono pochi i commenti "fuori luogo" sul mio profilo, la maggior parte sono tutti positivi”. Oggi ci sono moltissimi ragazzi e ragazze che intraprendono questa carriera. Qual è la tua carta vincente? “Il mio profilo è orientato principalmente al mondo della moda e del beauty, penso che il modo in cui interagisco con le persone sia molto apprezzato. Ogni giorno cerco di dare il massimo per fornire ai miei fan suggerimenti sinceri sui prodotti che ho modo di provare e brand con cui entro in contatto, cercando sempre di mantenere una mia identità e originalità”. Moda e fashion blogger: un binomio vincente. Secondo te perché parlare di moda online rende così tanto? Che consigli ti senti di dare alle ragazze e anche ai ragazzi che vogliono aprire un proprio blog e parlare sui social media di moda? “Consiglio alle aspiranti influencer di essere intraprendenti, di mettere a nudo la loro creatività e di essere se stesse”. Se dovessi immaginarti realtà e vita virtuale come se fossero due linee, ad un certo punto le fai convergere o cerchi sempre di mantenerle distaccate? “Come influencer, sui social cerco di rendere partecipi i miei followers degli aspetti della mia sfera personale, ormai li ritengo parte integrante della mia 'famiglia', il tutto però con la giusta misura, ci sono molte cose che tengo anche solo per me, come penso giusto che sia”. Una frase che più ti rappresenta.
“"Se ci credi fermamente lo otterrai sicuramente”. Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro? “In futuro continuerò questo lavoro con l’ambizione di raggiungere livelli sempre più alti. Ci sono tantissimi progetti a cui sto lavorando con diverse aziende e che saranno attuati già a partire dalle prossime settimane. Non vi resta che seguirmi per scoprirlo”. Instagram:@mafds Link: https://www.instagram.com/mafds/
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si batte contro ogni omologazione e anche contro il commercio e la distribuzione non regolamentati della musica", dichiara Pivio. " Incentivando regole eque e trasparenti, dalla creazione alla realizzazione, alla gestione del diritto d’autore, promuovendo la diffusione della cultura e della creatività musicale, possiamo senza ombra di dubbio affermare che i nostri associati vengono rappresentati al meglio nelle loro rispettive carriere", conclude sempre lui, l'attivissimo Pivio con fierezza ed orgoglio. Nel periodo di emergenza sanitaria legata alla vicenda Covid 19, con le attività connesse alla musica sostanzialmente ferme, l' attività dell'Associazione si è concentrata nella divulgazione della notizia della sua esistenza, per poter affermare sempre più l'importanza della qualità e del professionismo. Alla domanda di quanto sia in crisi il settore, spiega: "Quando lo Stato impone la chiusura di tutte scuole, di buona parte delle fabbriche e sospende le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi compresi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico che privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza in-
terpersonale di almeno un metro, che è come dire niente più concerti, niente più film in sala e niente spettacoli teatrali per un lungo periodo, vuol dire che il problema è davvero serio. Non posso non prevedere che le grandi organizzazioni del web otterranno enormi benefici dalla situazione di ‘lock down vissuta’”. L'ACMF attraverso il suo Presidente grida a gran voce che è finito il tempo delle discussioni ed è vitale, ora più che mai, mettere in pratica la direttiva Ue. Per ulteriori informazioni e restare in contatto con l'ACMF, contattare il sito ufficiale www.acmf.it/
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arte
Claudio Lia “La mia pittura ‘jazz’ al tempo del Covid” di Mara Fux
Cosa fa un artista durante la quarantena? Ce lo racconta Claudio Lia, il talentuoso artista che sta facendo parlare di sé. Le gravi restrizioni cui tutti siamo stati sottoposti ci ha costretti a rintanarci nelle nostre case cercando ognuno a suo modo di far passare il tempo. Tu come lo hai trascorso? “Ho avuto la fortuna di aver iniziato da qualche tempo l’avventura del sax quindi ne ho approfittato per approfondire la mia abilità con uno strumento che amo molto. Ho passato moltissimo di questo tempo ascoltando jazz, un genere che mi piace infinitamente, dedicandomi a suonare improvvisando interventi sulle note dei grandi che praticavano questa musica”. E ci sei riuscito? “Sì, lo strumento mi ha fatto volare forse anche perché la mia è una pittura che ho sempre amato definire jazz perché come il jazz nasce anch’essa dall’improvvisazione, nasce dall’ispirazione del momento, è una pittura d’istinto dove solo dopo interviene la tecnica, che interviene perché è chiaramente anch’essa importante per quanto per me secondaria”. La tecnica quindi è posteriore all’ispirazione? “Sì, non uso la tecnica per i miei virtuosismi. La mia arte è molto gestuale, deriva da quello che mi nasce dentro e si manifesta nel colore. E’ lì che mi sorprende perché va sempre oltre quello che penso per cui il risultato sorprende anche me. Ed il fatto di sorprendermi anche io è in verità ciò che mi sorprende di più”. Cos’è cambiato di più per te in questo periodo? “Questo periodo ha rallentato i ritmi del quotidiano e personalmente ne ho tratto beneficio perché ho potuto osservare meglio quello che mi avviene attorno. Ho
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metabolizzato di più. Ho potuto meglio gestire gli spazi di una vita che di solito, come per tutti, è veloce accumulando un’enorme quantità di energia. L’energia che normalmente utilizzavo nei miei impegni ora l’ho dentro come una riserva che posso sfruttare per altre cose. Capisco che il mio sia un discorso prettamente egoistico, considerando che quest’esperienza terribile ha causato morti, perdita di lavoro, tristezza ma a tutti gli effetti da un punto di vista creativo si è trattato di un momento di ricchezza artistica”. Hai continuato a dipingere? “Ho realizzato diversi lavori prendendo spunto dalla musica che ascoltavo e da quello che avevo attorno per cui la donna che come sai è protagonista preponderante nei miei quadri, è diventata la donna che chatta, che vede un film seduta sul divano o che allatta, momento di massima intimità colta in un gesto che richiede atmosfera e tempo”. Cosa ti è mancato di più in questo frangente? “La condivisione. Parlare, bere, andare assieme ad altre persone al cinema o al teatro tutti momenti che sono di gran nutrimento per la mia anima. Momenti preziosi che dovrò vivere da adesso in poi in un modo diverso. Un incontro come l’aperitivo che per ciascuno di noi era un gesto semplice, quando lo si potrà ripetere, lo si gusterà in maniera differente”. Immagino che anche tu, avendo famiglia, ti sia trovato a vivere h24 gomito a gomito. Com’è stato? “Avendo lo studio in qualche modo mi sono preservato dalla costrizione di un’assidua quotidianità con il risultato che avendo la mia arte, isolarmi mi ha reso più comprensivo verso gli altri e mi ha anche permesso di essere di sollievo agli altri magari con una telefonata a chi sentivo che accusava di più la situazione. In un certo qual modo sono stato più generoso. Peraltro nostra figlia vive a Dubai e nostro figlio con la fidanzata”. Sei riuscito a riscoprire la coppia? “Altroché, mia moglie ed io abbiamo riscoperto la nostra
piccola vena di competitività giocando a burraco con partite lunghissime che naturalmente se vinceva lei, andava tutto bene; se invece vincevo io finivano con il lancio delle carte per aria. Siamo due fanciulli e la cosa ci ha salvato. Abbiamo organizzato tra di noi ogni sera un aperitivo, cosa che ci piace moltissimo per cui abbiamo letteralmente accatastato bottiglie su bottiglie di vino bianco, unico articolo che in casa non è mai mancato!”. Per il futuro che prevedi? “Di rimediare anzitutto ai danni che mi ha procurato questo brutto periodo costringendomi ad annullare due mostre cui tenevo moltissimo e che per ovvie ragioni non si son potute fare. Poi di mettermi subito a creare nuovi interessanti progetti con gli amici che, stimandomi, si son sempre dati da fare per promuovere me e la mia arte coinvolgendomi in avventure meravigliose cui sono certo che presto, vi potrò invitare”.
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arte & cultura
Anna Maria Petrova Un’artista a 360 gradi e tanti interessi di Paolo Paolacci
Anna Maria Petrova ci racconta di sé e della pandemia in cui siamo ancora coinvolti, lanciando un monito a noi stessi per migliorare quello che abbiamo, prima che sia troppo tardi. Coinvolta fin da bambina nei suoi sogni ci parla di quelli realizzati con molta semplicità… Anna Maria cominciamo dall'infanzia. “I miei primi passi nell'arte e lo spettacolo sono con la danza classica all’età di 7 anni. Poi ho continuato a livello professionale facendo parte dell’Accademia di Danza di Sofia. Dopo ho ballato anche al Teatro dell'Opera di Sofia e al Teatro Verdi di Trieste. Seguivano spettacoli teatrali e televisivi per poi prosseguire con il cinema”. Qual è stato il tuo sogno a quella età e se lo hai realizzato? “All’inizio a quell’età il mio sogno è stato la danza, poi all’età di 15 anni si è aggiunto il cinema per poi debuttare con un ruolo da protagonista all’età di 18 anni. Nel frattempo mi sono laureata nella coreografia e la metodica della danza all'Accademia Musicale di Sofia. Successivamente negli anni ho conseguito la laurea nel Music management. E continuavo a seguire i miei sogni”. Sei coinvolta in molti settori dell'arte e della vita: sono sempre partite da emozioni forti? “Sicuramente sì. Era cosi con la danza classica, poi si è aggiunta la danza jazz, come interprete ma successivamente anche come coreografa e maestra di danza. Poi si è aggiunto il lavoro da attrice di cinema e teatro. Successivamente anche l'emozione di stare pure dall'altra parte della macchina da presa e poi pure a occuparmi di produzioni d'arte”. Sei presidente di Artemidia: cos'è e come la gestisci? “Oramai sono più di dodici anni da quando ho dato l'inizio della Biennale Artemidia 'Arte e Amicizia'. L'ho pensata e la stiamo realizzando proprio come vetrina delle arti, degli autori e degli artisti in tutti i settori dell'arte e dello spettacolo tra la Bulgaria e l'Italia. Per il 10° anniversario della Biennale Artemidia nel 2017 abbiamo ricevuto il riconoscimento del Ministro della cultura di Bulgaria”. La Biennale possiamo considerarla come la proiezione di quello che pensi dei popoli? Intanto “La Biennale e intitolata 'Arte e Amicizia', non per caso. Io ho sempre
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optato per l'unione delle arti e della cultura che potranno salvare il mondo, come la belezza d'altronde. Questo forum culturale nella bellissima cornice di Roma e dell'Ambasciata di Bulgaria in Roma è proprio una vetrina che unisce anche gli autori e gli artisti di tutte le arti sotto la bandiera dell'unione italo-bulgara e anche europea. Poiché la diversità è un altro dei valori europei che proiettato dalla cultura e dalle arti deve unirci e non dividere”. Parliamo della fabbrica dei sogni: il cinema.Tu in che ruolo sei? “Certamente nel ruolo di attrice e nel mio piccolo, di produttrice negli ultimi 25 anni, costituendo nel 1993 la casa di produzione Adria Film International. Parlando del cinema, potrei dire anche che faccio parte del cinema bulgaro da quarant’anni - infatti ho festeggiato l'anno scorso l'anniversario del mio debutto da attrice - e del cinema italiano oramai da trent’anni. Quest'anno a crisi rientrata potrei infatti pensare di festeggiare anche questo anniversario del mio ingresso nel cinema in Italia come attrice e successivamente come produttrice)”. Quali sono le differenze tra Bulgaria e Italia per te? “Ma, guarda, le differenze ovviamente ci sono, nella vita quotidiana, nelle abitudini, nella mentalità, nell'educazione in generale e in quella artistica, nel sociale, nell'organizzazione dello stato e del sistema Paese, ma detto
ciò però ci sono pure molte similitudini e direi al primo posto nel temperamento e nel calore umano, sempre mediterranei. D'altronde il popolo bulgaro, i bulgari sono diretti discendenti degli antichi Traci, passando in tempi più recenti dalla civiltà degli antichi bulgari che sempre discendono nella preistoria dagli antichi Traci. Quindi vicini di sangue agli etruschi e di conseguenza agli italiani. Poi non all'ultimo posto gli italiani, l'Italia godono di simpatia e addirittura di amore in Bulgaria”. Il mondo: un enigma con soluzione oppure è già tutto chiaro? “Il mondo potrebbe essere un posto molto migliore per vivere e crescere, ma c'è il grande ma... se riusciremo a salvarlo da noi stessi. Qui mi viene di usare una citazione della mia poesia 'Forse un giorno' dove dico proprio questo... Sai che scrivo poesie pure da tantissimi anni. Prima di tutto ora si pone il problema di dover salvare la nostra Europa e noi stessi dentro di essa. Perché il momento è particolarmente delicato e difficile non solo per l'epidemia, ma anche per la questione in che modo riusciremo a farci valere meglio ora nella nostra grande famiglia europea e di conseguenza di poterci tenere uniti ed evidenziare i valori dell'Europa. Cosa che ad oggi nessuno in Europa è riuscito nell'impresa... Staremo a vedere”. Cos'è che rende il modo di vivere oggi così stressante fino a farci diventare insofferenti di tutto? Forse la fretta di fare tutto? “Forse... Più che altro la fretta di avere tutto, quasi di poter vivere tante vite. Qui potrei citare un'altra delle mie
poesie 'Una vita in corsi', che ho buttato giù mentre stavo sul set del film di Pupi Avati 'Una sconfinata giovinezza'. Siamo diventati insofferenti l'uno verso l'altro, verso il pianeta, verso i valori veri, verso la dignità. Si inseguivano delle chimere, dei non valori, delle cose nulle, prosaicamente e spregevolmente materiali, senza rendersene conto. Giusto pochissimi lo vedevano. Ed ora è arrivato forse il momento di svegliarci. Ma io lo auguro vivamente perché altrimenti non tarderà di raggiungerci la resa dei conti e sarà molto amara”. Quali sono i tuoi programmi futuri e quali i recapiti social dove trovarti? “Sai, oramai l'elenco è diventato assai lungo e questa pausa forzata della crisi epidemica mi è venuta proprio comoda, perché non mi bastava più il tempo. La giornata diventava almeno di trenta ore. Allora, a parte mantenermi in forma come attrice, cosa che è sempre all'ordine del giorno, sto completando come autrice e produttrice un film documentario lungometragio nel campo dell'Opera lirica, ma intanto siamo fermi per il coronavirus. Poi il lavoro legato alla Biennale Artemidia non si ferma mai perchè prima della VIII edizione dell'anno prossimo bisogna scegliere gli artisti, musicisti, cantanti, i testi, le opere ecc. Oltre questo sono legata alla Fondazione 'Nicola Ghiuselev' e al Premio Internazionale 'Nicola Ghiuselev' del Belcanto, di qui dovremmo presentare la IV edizione sempre l'anno prossimo e le diverse preparazioni cominciano molto prima. Poi tre anni fa abbiamo costituito anche il dipartimento editoriale della Fondazione 'Nicola Ghiuselev' - FNG Art in Life Editore - per le edizioni d'arte e cultura. Pure qui seguo diversi progetti insieme al mio editor manager. Intanto l'anno scorso è uscita in Italia la mia nuova silloge antologica 'Annabelle e le nuvole sotto il sole', legata all'anniversario del mio debutto artistico, come ti ho raccontato prima. Sto preprando l'uscita in Bulgaria di un'altra silloge con la raccolta delle mie poesie in lingua bulgara, che sono diverse di quelle nella silloge italiana ecc ecc. Insomma 'Never stop moving', come diceva M° Luigi, il mio maestro di danza jazz. In poche parole la mia vità è sempre stata collegata con un filo diretto alle arti - danza, cinema, teatro, musica, poesia. Credo che è questo che la mia anima vuole, si nutre di questo. E noi siamo la nostra anima in primis. E qui dedico a voi amici, la mia poesia 'La Primavera non lo sa', scritta proprio in piena crisi epidemica”. Instagram: https://www.instagram.com/anna.maria.petrova.ghiuselev/ FB Page: https://www.facebook.com/AnnaMariaPetrovaGhiuselevPage/ FB Profile: https://www.facebook.com/annamariapetrova.ghiuseleva Linkedin: https://www.linkedin.com/in/annamaria-petrova-ghiuselev/
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libri
Silvia Rossetti
“L’insegnante è come una matrioska, contiene tanti mestieri dentro” di Marisa Iacopino
Con le parole si avventura in territori coinvolgenti, compie destrezze narrative scandagliando i recessi della natura umana. Lei si chiama Silvia Rossetti, insegna lettere, è giornalista pubblicista e scrittrice. Dice che l’insegnante è come una matrioska, contiene tanti mestieri dentro. “ G i o r n i d a p r o f ” , e d i t o d a L’ O c c h i o d i H o r u s è i l s u o libro d’esordio. Si tratta di un saggio o di un diario? “Il libro ha una doppia anima. Una prima parte dove l'io narrante è una 'prof' che racconta quasi in forma di cronaca episodi tratti dalle sue giornate 'sul campo'. Nei diversi capitoli si approfondiscono vicende che riguardano la scuola, ma in realtà investono l'intera società. La classe è il microcosmo dove le criticità del nostro vivere emergono in maniera più evidente. Nella seconda parte del libro si trovano riflessioni in margine ai nodi educativi attuali. Anche questi riguardano l'intera sfera sociale. Inizialmente avrei voluto scrivere un saggio, ma poi mi è sembrato che la mera analisi non sarebbe stata adeguata a descrivere una realtà tanto “umana” come la scuola”.
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Quante volte ti è capitato di trasformare in un giovane l’avversione per lo studio in voglia di conoscere? “L'avversione per lo studio non è mai realmente radicata. Spesso è una maschera, un sintomo che nasconde un disagio. Il rapporto docente-discente per essere efficace deve necessariamente assumere il profilo di una 'relazione educativa' che presuppone l'ascolto profondo dell'altro, oltre che la trasmissione dei saperi, e anche una buona dose di empatia. Tutte le volte che sono riuscita a stabilire una buona relazione educativa e una corrispondenza affettiva con un ragazzo, allora ho avuto dei risultati soddisfacenti. A qualcuno sono riuscita a passare la fiammella per accendere il desiderio della conoscenza”. Le famiglie sono solidali con i professori o nemiche? “Dipende. A volte ci sostengono e ripongono in noi grande fiducia, altre volte ci fanno una serrata opposizione. Molto dipende dal rapporto che si riesce a instaurare con loro fin da subito e dalla chiarezza e coerenza della nostra comunicazione nei loro confronti”. Viviamo un tempo in cui troppo spesso i consumi si contrappongono ai valori, lo storicismo umanistico sostituito dalla scientismo tecnologico. Pensi che tutto questo possa essere la causa della deriva più o meno consapevole della nostra società? “Questa domanda è particolarmente interessante in un momento come questo, nel quale - a causa di una emergenza sanitaria – ci troviamo a riparametrare il nostro vivere. Fino a qualche mese fa abbiamo avvertito fortemente l'insidia dell'invasione tecnologica. Abbiamo osservato i nostri figli esserne risucchiati dalle spire. Oggi credo che il momento storico che stiamo vivendo contribuirà a ricalibrare il ruolo della tecnologia, anche rispetto alla memoria storica e all'umanesimo stesso”. C’è chi sostiene che il linguaggio dei social potrebbe creare un corto circuito nel cervello, soprattutto dei giovani. Oltre a impoverire la lingua, questo comporterebbe un cambiamento strutturale nell'organizzazione dei pensieri, rendendoli più schematici, bianco/nero, senza sfumature… “Su questo argomento ci sono molte posizioni. Alcuni sostengono che il linguaggio si stia impoverendo, altri semplicemente che il nostro modo di comunicare stia attraversando una profonda trasformazione. Non so se i pensieri dei nostri giovani siano più schematici, sono senz'altro più veloci dei nostri e anche più mutevoli, 'liquid' come direbbe Bauman. I nostri figli hanno un modo di pensare differente dal nostro”. Dopo l'isolamento protratto cui siamo
tutti sottoposti per motivi sanitari, pensi potranno esserci cambiamenti in noi? Se sì, come? “Sono fiduciosa. Credo che questo virus terribile ci abbia colpito nelle nostre certezze e anche un po' nella nostra supponenza di uomini e donne del futuro. Ne usciremo cambiati per forza, se non altro nel nostro stile di vita che dovrà adeguarsi (e già si adegua) a nuovi ritmi e organizzazioni. Soprattutto i lunghi giorni di quarantena ci hanno immerso in una intimità con noi stessi che probabilmente per molti era inesplorato e ci ha fatto riconsiderare il valore del tempo. Anche la scuola ha messo in atto nuove strategie di comunicazione e apprendimento, avvalendosi della tecnologia, e probabilmente il suo ruolo in questo frangente è stato riconsiderato dall'intera società”. Progetti in fieri? “Il libro è un esperimento e un esordio. E' stato scritto quasi parallelamente a un romanzo che affronta sempre, da una angolazione completamente diversa, il tema della genitorialità, dell'educazione e dell'adolescenza. Il romanzo è ancora in revisione, ma quasi ultimato. Spero che possa vedere la luce in forma di libro entro l'anno corrente”. Se dovessi pensare con un colore alla scuola di domani? “Per la scuola mi piacerebbe un rosso vivo: il colore della vita che pulsa”. Pagine cariche di emozioni, da un’autrice che dice di avere la testa da intellettuale e le mani da meccanico. “E il cuore, prof?” la incalzano i suoi giovani studenti “Il mio cuore ha le vostre facce, il mio cuore siete voi”.
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libri
Federica Nardon La bravissima scrittrice cala il suo tris di Paolo Paolacci
Federica Nardon è tornata in libreria con la terza pubblicazione "Il vuoto dell'uovo" (Linesa edizioni, pagg 210) confermando la sua attualità narrativa e mantenendo sempre le radici per un vivere in modo più umano. Federica e sono tre se non sbaglio, quali gli altri due? “Corretto! 'Il Vuoto dell’uovo' è il terzo libro. L’anno scorso, invece è uscito 'Lo scricchiolio del Legno', il seguito di 'Binario6'”. Com'è nato “Il vuoto dell'uovo” e perché questo titolo? “Tutti noi siamo a contatto con il nostro vuoto interiore, c’è chi ne è consapevole e chi no ma tutti lo possediamo ed è quello che 'muove' le nostre vite o, in questo caso, quelle dei protagonisti di questa storia. Mi sono spesso interrogata su cosa ci spinge a compiere certe azioni, sbagli o mosse e proprio mentre scrivevo questo libro mi è accaduta una cosa particolare: ho scartato un uovo di Pasqua e l’ho misteriosamente trovato vuoto. Inutile dirti che il titolo mi è piombato addosso”. Chi sono i protagonisti e dove stiamo andando come società social secondo quello che scrivi? “I protagonisti sono una scrittrice veneziana di nome Mia che s’imbatte per ragioni lavorative in un bizzarro vicedirettore marketing di una Ciocolibreria. I due sono simboleggiati come due uova che cercano di rompersi il guscio a vicenda per dare una sbirciata… ecco che tra i due inizia una vera e propria partita dove Mia gioca le sue carte, Alex bara, e gli amici di lei mescolano il mazzo mentre il destino li conduce a porsi una domanda: ma l’amore è veramente quello che serve a riempire un vuoto? Il mondo che traspare dai miei romanzi è proprio lo specchio della società social che viviamo ma cerco sempre di far emergere proprio quello che i social ci hanno tolto: il soliloquio dell’anima. Abbiamo troppi mezzi per comunicare che finiamo per non dire quello che veramente conta, non sappiamo più stare soli con noi stessi e anche quando ne abbiamo l’opportunità abbiamo bisogno di un sottofondo musicale, una pagina di qualche social aperta sul telefonino, un programma televisivo che riempia il
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spettacolo
Enrico Oetiker “Sono un uomo molto romantico” di Giulia Bertollini
Pur essendo un uomo romantico e d’altri tempi ha dichiarato di non aver ancora trovato l’anima gemella. Stiamo parlando di Enrico Oetiker che nella soap pomeridiana “Il Paradiso delle signore” interpreta Riccardo Guarnieri, un affascinante giovane con le passione per le donne e l’equitazione. In questa nuova stagione, nella vita di Riccardo entrerà un nuovo amore nonostante con Nicoletta le cose siano rimaste in sospeso. Ne abbiamo parlato con Enrico che oltre ad anticiparci qualcosa sul suo personaggio ci ha aperto i cassetti del suo cuore. L’amore al giorno d’oggi si vive in modo diverso rispetto al passato. “E’ cambiato l’approccio. Ora è tutto isterico, frenetico e i rapporti sono usa e getta. Ne parlavo proprio l’altro giorno con i miei nonni che stanno insieme da 50 anni. E loro mi hanno confidato che ai loro tempi le cose rotte si aggiustavano. Credo che una sana attesa dia valore alle cose. Una volta il bacio non era un contentino ma rivelava qualcosa di immenso. Nell’epoca attuale siamo diventati allergici ai no e da qui nascono i casi di stalking e di violenza domestica”. Ti stai dedicando ad altri progetti? “Ho girato un piccolo ruolo nel nuovo film di Checco Zalone. Lui finisce in una nave ONG che salva i migranti e io interpreto uno dei volontari. Checco è stato molto carino e mi ha messo a mio agio nonostante fosse sotto pressione perché era alla sua prima esperienza da regista”.
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spettacolo
Cristina Donadio “Parlo del cancro raccontando episodi di vita vera, la mia” di Roberto Puntato
Vo c e r o c a , s g u a r d o c h e c a t t u r a e t a l e n t o d a v e n d e r e . S t i a m o p a r l a n d o d i C r i s t i n a Donadio, attrice napoletana dall’insigne carriera teatrale, televisiva e cinematografica, nota al grande pubblico per il personaggio di Scianel in “Gomorra - La serie”. L'abbiamo vista lo scorso autunno su Canale 5 nello show Amici Celebrities, la sua "ultima follia". Alla 76 edizione della Mostra del Cinema di Venezia ha portato la straordinaria interpretazione di se stessa nel corto “La scelta” di Giuseppe Alessio Nuzzo, una favola moderna, ispirata alla vera storia dell’attrice: sullo schermo, una donna che si muove pensierosa e inquieta su un set cinematografico. E' una giornata particolare per lei, ha scoperto di avere un tumore e la sua mente la riporta indietro nel tempo a quando, da giovane, una zingara le prese la mano e le disse: “Tu dalla vita avrai tutto, grandi fortune e grandi sfortune”. Cristina, da dove deriva la scelta di metterti a nudo sullo schermo raccontando il tuo dramma personale? “In realtà mi metto a nudo solo per certi versi, perché il corto è ispirato alla mia esperienza, non rispecchiandone fedelmente ogni aspetto. Mi interessava essere utile a chi come me si è imbattuta in un brutto incidente di percorso, trasmettendo empatia e speranza. Il tumore al seno sta diventando sempre più frequente tra le donne, ciò che raccontiamo in pochi minuti sullo schermo è la complessità di uno stato d’animo”. Nel corto si vede una zingara che ti legge la mano. In quale momento della tua vita è accaduto? “Avevo 14 anni ed ero in vacanza con amici, mi sono imbattuta in questa zingara che mi ha preso la mano e mi ha detto: “Tu nella vita avrai tante gioie e tanti dolori”. Un po’ turbata sono tornata a casa e l’ho detto a mia madre che mi ha subito rassicurato. Però col passare del tempo questa frase ha continuato a restarmi in testa finché nella mia vita hanno iniziato ad aprirsi tante strane porte”.
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Fot o di s ce na del cor to “L a sce lta”
Parlavi di tua madre, è stata fondamentale nella tua vita? “Devo ringraziarla perché mi ha trasmesso la sua forza ed oggi se sono così è grazie a lei. E' venuta a mancare un anno fa e non le ho mai detto del mio tumore, perché era già anziana e sarebbe stato troppo doloroso per lei. Lei e mio padre mi hanno appoggiato in tutte le mie scelte professionali e di vita e hanno sempre rispettato la mia libertà. Ma devo dire grazie anche al mio compagno, a mio figlio, alle mie sorelle, ai miei amici”. Che rapporto hai con tuo figlio? “A sedici anni rimasi incinta e a quell'età non hai affatto consapevolezza di ciò che ti accadrà. Io sono cresciuta insieme a mio figlio ed oggi è ancora lui il mio punto di riferimento. Sono stata figlia di mia madre, madre di mio figlio, poi nonna e adesso bisnonna, ho anticipato i tempi e mi prenderò cura di tutti loro”. Da varie interviste ho letto che hai scoperto il tuo male mentre stavi girando “Gomorra”. “Sì, giravo la seconda serie di 'Gomorra', ma non ho detto niente a nessuno preferendo uscire dalla serie per non essere guardata con occhi diversi. Non volevo togliere nulla a Scianel perché è un personaggio che amo profondamente, una sorta di protezione che mi permette di colmare le fragilità di Cristina. Quando l’ho scoperto l’ho tenuto nascosto a tutti e mi sono andata ad operare nei quattro giorni di stop del set per poi tornare subito al lavoro dopo quella piccola convalescenza”. Ad agosto dell'anno scorso è mancata un'altra
eroina della tv, Nadia Toffa, colpita anche lei da un tumore. “Straordinaria piccola donna Nadia Toffa! Io che ho vissuto la sua stessa esperienza, ho capito perfettamente ciò che voleva esprimere. E' un tema delicato la malattia e sentirne parlare spaventa. Molti non hanno apprezzato la sua battaglia e lei ne ha sofferto molto, oggi la gente la piange e la comprende. Nadia ha lasciato un segno profondo nel pubblico. La ricordo con molto affetto”. Parlavi prima degli affetti. Chi ti ha aiutata a superare i momenti difficili? “Sicuramente le mie cinque sorelle. Siamo complementari e comunichiamo anche senza l’ausilio di parole. È come se fossimo una sola persona con tante mani, occhi ed orecchie. Probabilmente è una caratteristica presente nel DNA della mia famiglia e credo di averla trasmessa anche a mio figlio, che oggi è un padre esemplare”.
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spettacolo
“Abbiamo iniziato le riprese a fine di maggio dell’anno scorso in Italia, poi ci siamo spostati in Portogallo dove abbiamo terminato ad agosto lavorando in un clima meraviglioso con la troupe portoghese”. Quindi hai lavorato con due diverse troupes? “Sì, una italiana ed una portoghese, non si è trattato di un film girato in economia ma di un film ad alto budget. La Eagle è una casa cinematografica importante, molto vicina a produzioni come la Paramount, e certo non ha lesinato; lo dimostra anche il fatto che davanti all’impensabile imprevisto di un’uscita in pieno marasma da Covid 19, abbia reagito organizzando perfettamente il lancio di un primo film in streaming”. Tu sei regista di teatro, di cinema e di televisione: quale dei tre ambiti preferisci? “Si tratta di tre luoghi tecnologicamente differenti ma per me quello che conta è raccontare storie perché tutte e tre, anche se in modi differenti, appagano una grande necessità dell’uomo che è il suo bisogno di ascoltare storie”. E allora cosa cambia? “Per me solo la tecnica del racconto; la fiction forse la prediligo perché permette di dare più spazio alle emozioni, anche se oggi fiction e cinema si stanno molto compenetrando. Il teatro è differente ma io amo molto le contaminazioni e cerco di portare anche sul palcoscenico l’emozione di grandi pellicole, una per tutte il recente allestimento de 'L’Esorcista'”. Abbiamo detto che il soggetto di “Un figlio di nome Erasmus” è tuo, lo è anche la sceneggiatura? “Sì ma scritta a quattro mani con Gianluca Ansanelli, secondo me uno dei più bravi di quelli odierni”. A cosa siete stati più attenti nella stesura del copione?
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“Mi piace molto mischiare le emozioni senza forzature, guardando tutto con una certa punta di ironia che non è costruita: lo fai perché ti viene. D’altronde, se ci pensi davanti una scena comica c’è sempre un risvolto melanconico e nel nostro film di questi momenti divertenti ma anche 'poeticissimi' ce ne sono moltissimi in cui tutti quelli che hanno una cinquantina d’anni ci si ritrovano”. Qual’era l’obiettivo del film? “Cercavo di emozionare attraverso la visione di quella seconda occasione che la vita ti offre e il coraggio di affrontarla provando a coglierla, magari riuscendo pure a migliorare le cose”. Tu lo fai? “Tendo a farlo anche troppo cercando la centratura delle cose importanti, quelle che lo sono meno magari si abbandonano. Sono le conseguenze dell’autoanalisi di cui spesso io abuso obbligandomi a pensare e ripensare. Ovviamente se ne hai un elemento: analizzi, separi e riprendi in mano la tua vita”. Che altri progetti hai? “Visto il periodo tocca dire 'che avrei avuto' ma essendo un creativo anche questi mesi di fermo sono stati per me spunto di scrittura e completamento di lavori che avevo iniziato, una serie tv e un nuovo film 'Chi non muore si rivede', che affronta il tema della vita in maniera sorprendente”.
spettacolo
Dado
La notizia ha continuato a cantare di Mara Fux
È stato uno dei personaggi dello spettacolo più attivi sul web durante il lockdown. Lo abbiamo visto in varie e divertentissime gag. I suoi video sono stati tra i più visualizzati negli ultimi mesi. Lui è Dado, amato da tanti e apprezzato artista esilarante. Cosa pensi di quello che sta succedendo? “Penso che stiamo vivendo un cambiamento epocale: a noi un giorno ci intervisteranno come un tempo si intervistavano gli ebrei sopravvissuti ad Auschwitz, chiedendoci di raccontare ciascuno la propria personale esperienza”. Tu come l’hai vissuta? “Io mi ostino a continuare il mio lavoro, mi mantengo occupato sui social pubblicando video, che ovviamente non è un modo economico di mantenersi; da questo punto di vista bisognerà capire quali soluzioni prendere, perché l’unica che mi appare adesso è quella di prendere una figlia e sposarla con il nonno più anziano della famiglia per garantirle un futuro pensionistico quando il nonno muore”. Immagino che la varietà di problematiche ti abbia fornito diversi spunti per i video. “Il mio format di satira sociale 'Canta la notizia' si è chiaramente arricchito moltissimo, portando tutto quello che ci veniva comunicato a satira di costume. Il nostro settore ha subito una scossa da cui penso sarà impossibile riprenderci se non tra parecchio tempo; ma, che devo dirti, io ho iniziato questo mestiere tanti anni fa senza una lira e a questo punto credo che lo finirò pure senza una lira”. In questo frangente ti sei confrontato con i tuoi colleghi? “Come no, con molti siamo in contatto e abbiamo tutti gli stessi problemi. Anche poco fa mi è pervenuto un messaggio di Giancarlo Bozzo, uno degli ideatori e organizzatori di Zelig che si sta anche confrontando col Ministro Franceschini, che accennava ad un progetto web tipo Zelig Covid, con un iban a sostegno dei comici in difficoltà. Mi da l’idea che stiamo un po’ vivendo quello che avveniva negli anni ’50, quando in tv ci arrivavano in pochi e gli altri si sostenevano facendo teatro, con la differenza che oggi è peggio perché il teatro non lo puoi fare. Con questa stoccata non penso che ci siano genitori desiderosi di sentirsi dire dai figli che vogliono fare i comici, come avveniva fino a qualche tempo fa, ritenendo che se avevi successo i proventi ti garantissero il futuro. Penso che chiedendo ad un figlio 'cosa vuoi far da grande?', sperino di sentirsi rispondere il pompiere o l’impiegato, perché la situazione ci ha ben dimostrato come a guadagnare, adesso, sia quello che ha il posto fisso; come ad esempio il professore il quale una volta fatta la lezione ha finito”. Quindi sono cambiati anche i parametri in famiglia? “Certo, prima fare i comici sembrava un punto d’arrivo. A me che vengo dagli anni ’80 e da trasmissioni che si chiamavano Drive In, sembrava bellissimo poter fare il comico ed è proprio guardando quella o altre trasmissioni di cui il periodo storico era ricco, che mi sono innamorato di questo mestiere. Ad oggi però la prospettiva è devastante: come fai a dire ad un figlio di seguire le tue orme?”. I tuoi figli come hanno vissuto le restrizioni? “I ragazzi si abituano a tutto: stai in barca? Remi. Entrano in protezione, adattandosi a quello che è il momento. Chi però ha già vissuto quaranta, cinquant’anni, chi ha vissuto già parte della vita e si è costruito una carriera, quello ha difficoltà. Mi piacerebbe avere la stessa leggerezza dei nostri figli, la loro capacità d’adattamento”. Hai pubblicato parecchi video sul tuo canale “Canta la notizia”: come ha reagito il pubblico “Mi hanno seguito in parecchi, alcuni video hanno sfiorato il milione di visualizzazioni, tipo quello sulla casistica
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delle motivazioni alla mobilità. Ci sono però anche stati quelli che mi hanno scritto di non gradire l’ironia davanti a questa situazione e io li rispetto. Per me fare ironia è un’esigenza, è un po’ filosofare sulla vita chiedendosi cos’è il passato, cos’è il presente o il futuro e rispondere mostrando come passato, presente e futuro siano tutti importanti pur con pesi specifici diversi”. Cosa non ti è piaciuto di questo periodo? “Non mi sono piaciuti quelli 'a noi non ci ferma manco la quarantena', come se i divieti fossero un ostacolo creato per semplice coercizione contro un popolo. E lì la gara a chi è più furbo a uscir di casa senza capire che non si tratta di furbizia”. Hai avuto persone toccate dal virus? “Qualcuno sì, anche uno che mi ha raccontato di aver saputo di aver avuto il Covid solo quando ha detto al suo medico di esser stato per dodici giorni con un’influenza fortissima, che gli procurava fastidio nel mangiare, per cui in quei 12 giorni ha assunto solo acqua di tanto in tanto”. E che ne pensi di quelli che postavano sui social dichiarazioni circa la falsità delle immagini delle bare? “Di complottisti se ne trovano sempre in queste situazioni, come quelli che pensano ancora che le torri gemelle sono cadute da sole. Sono quelli che trovano nel complotto il modo di giustificarsi: sei bocciato all’esame perché non hai studiato ma ti da fastidio ammetterlo per cui cerchi una regia occulta a cui dare la colpa”. Trovi sia stata diversa la reazione nei comportamenti tra Nord e Sud? “L’ufficialità della violenza del virus nel Nord é stata difficile da non percepire ma comunque al Sud è stata percepita diversamente. D’altronde mentre nello stato di New York si contavano 28.000 decessi, in Texas magari qualcuno diceva 'a noi qui ma quando ci prende!'. Voglio dire: Milano è una città dove la gente sta a gomito a gomito, si tocca, si struscia un po’ diversa da dove ci si sveglia e si respira la brezza marina”. Cosa pensi che succederà nel tuo settore? “Penso che ci vorrà un anno e mezzo perché ci si possa riprendere e si andrà pian piano. Oltretutto anche se si riprendesse prima il pubblico non ha nemmeno i mezzi economici per premiarsi comprandosi due biglietti per un concerto; siamo diventati un popolo che per andare avanti dovrà togliersi tutto ciò che è sommariamente giudicato superfluo come un libro, un teatro, un concerto. L’uomo da adesso si dovrà confrontare col bene primario, ed il covid ha dimostrato come il bene primario oggi siano la salute del territorio e la sussistenza”.
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musica
Spero Bongiolatti Canta il suo “Inno dei Bambini” di Roberto Ruggiero
Un inno alla vita e un grido al ritrovare noi stessi nell’ Inno dei bambini composto da N e l l o C o l o m b o p e r l a v o c e d e l Te n o r e S p e r o B o n g i o l a t t i , u s c i t o i n t u t t i g l i s t o r e d i g i tali il 25 maggio. Una collaborazione nata qualche anno fa, che aspettava solo l’occasione per essere pubblicata. E oggi, in piena emergenza Covid19, quell’occasione è arrivata in tutta la sua drammatica attualità. Parole che suonano forti e scuotono le nostre coscienze: “un bambino in te che ti chiede: “Perché non sai più amare? non sai sognare? non sai ascoltare?”. Domande che in un momento così confuso e pieno di incertezze ci fanno pensare e riflettere. Dov’è finito il bambino che è in noi? Dove finiremo se non troviamo quella serenità che contraddistingue il bambino che guarda la vita? Se il nostro sorriso sarà coperto da una mascherina, saremo pronti a far sorridere i nostri sguardi senza paura? Lontano dalla sofferenza, dalla connivenza col dolore, dalla solitudine del lockdown, l’Inno dei bambini di Bongiolatti diventa un inno alla vita attraverso lo sguardo dei più piccoli che sanno vedere l’oltre uscendo dalle costrizioni e le angosce, invitando ad ascoltare meglio, a sognare, ad amare. “Durante la quarantena le parole di questo inno mi hanno incoraggiato a pensare positivo”, spiega il Tenore nato in Valtellina, ma già da molti anni proiettato nel panorama lirico internazionale. “Chiuso in una stanza da solo per settimane ho pensato che questa canzone contiene un messaggio semplice di puro coraggio ed era ora di pubblicarla per regalare un momento di riflessione ad ognuno di noi. Perché abbiamo paura di vivere la realtà? I social sono pieni di nuovi format che ci fanno viaggiare con la mente, giorno e notte, in modo superficiale. Quasi a voler allontanarci sempre più dalla realtà della vita. Ma non è fuggendo dalla realtà che possiamo vivere meglio. Anzi, al contrario. In questo momento bisogna vivere senza paura. Un sorriso e una stretta di mano possono rendere un momento eternamente bello per chi soffre”. Il videoclip dell’ “Inno dei bambini” è online sul canale Youtube dell’artista (https://youtu.be/6hNKcHf4_As). “E’ un video dai toni scuri e solitari”, continua Bongiolatti. “Le immagini molto cupe ne tracciano un interpretazione intima e raccontano una storia davvero suggestiva. Una parabola del bambino perduto su cui ognuno di noi deve essere pronto a confrontarsi”. Crediti - Arrangiamenti: Franco Poggiali Berlinghieri a Firenze; Registrazioni Voce: Studio Bios Productions Milano; Tecnico del suono e Mixaggio: Luca Liviero; VideoClip: Andrea Bordignon; Montaggio e Finalizzazione Videoclip: Luca Liviero in Studio Bios Milano; Fotografia: Andrea Bordignon; Voce: Tenore Spero Bongiolatti; Autore: Aniello Nello Colombo Testo: Nello Colombo
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musica
Stefano Mainetti
“L’Italia investe poco nell’arte e nella cultura” di Lisa Bernardini
Classe 1957, Stefano Mainetti è compositore e direttore d’orchestra, tra i nomi più seguiti e noti in ambito contemporaneo. Laurea Magistrale in Composizione per musica applicata, con lode e menzione d’onore. BA in Scienze Politiche con una tesi pubblicata in antropologia culturale sulla politica wagneriana, è stato allievo, a Roma alla scuola elementare Francesco Crispi, di Giorgio Caproni, uno dei maggiori poeti italiani del ‘900 che con il suo insegnamento non convenzionale ha influenzato la sua formazione musicale ed artistica. Attualmente docente di Composizione per la Musica Applicata alle Immagini presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, Stefano è uno dei fondatori dell’ACMF, Associazione Compositori Musica per Film. Lo abbiamo contattato per domandargli in breve come l'emergenza sanitaria del coronavirus ha impattato sulla sua esistenza e sul suo lavoro, e per avere da lui una posizione sul mondo dell'Arte in questo periodo. Maestro, come ha affrontato la quarantena imposta dall'emergenza sanitaria in corso in tutto il mondo? “All’inizio ero disperato, vivevo freneticamente la mia giornata passando da un Tg all’altro nella speranza vana che si rivelasse tutto una bolla di sapone. Pensavo che tutto sarebbe finito nel dimenticatoio con la stessa velocità delle altre notizie, vittime dell’implacabile macina dell’informazione e della sua insaziabile fame di novità. Ma
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musica
Luciano D’Addetta Il “poeta del mare”
Colonne sonore dal sound mediterraneo e una passione infinita verso tutto ciò che è melodia musicale. Per Luciano D’Addetta, la musica è molto più che una passione. È compagna di vita prima ancora che lavoro, è possibilità di esprimersi prima ancora che composizione. Un connubio inscindibile che lo ha portato negli anni con la sua inseparabile chitarra a realizzare colonne sonore per film, a far sognare gli spettatori senza per forza dover ricorrere a parole o immagini. Nemmeno la quarantena ha fermato la sua ispirazione, proponendo sulle piattaforme social e musicali un brano dal titolo “La stella del mare” che tocca nel profondo l’animo di chi ascolta. Musiche che restano in mente, diventando ricordi da custodire. Nel suo curriculum di compositore, figurano pellicole, lungometraggi, documentari. “Ragazze copertina”, “Donne di marmo per uomini di latta”, “Guerra Bianca”, “La vendetta di Malice” “Rage Killers” La Stirpe di Caino, sono la giusta sintesi dei suoi lavori più importanti. Ma non è tutto. Il suo ultimo singolo dal titolo “La Ragazza di Sole” ha colpito nel segno e amplificato la sua visibilità. Da dove nasce il tuo soprannome “il poeta del mare”? “Sono taorminese di lungo corso, in me flamenco, pop e classica si fondono in un unicum che ho chiamato 'flammy music'. La flammy music è nata prima come stile chitarristico e poi orchestrale sempre flammy. È il mio modo di esprimermi e di raccontarmi, è lo stile che mi ha permesso di ottenere prestigiose vittorie e di assumere un sound riconoscibile e distinguibile”. Uno stile che ti ha portato a conseguire premi di prestigio internazionale. “Riconoscimenti straordinari, come quelli conseguiti negli States. Penso al Venus Italian International film festival Las Vegas Nevada, al Winner Crisff 2018-International short film festival-New york e all’Official selection 2019”. Dalla Lombardia, terra martoriata dal Coronavirus che ti ha accolto ormai da molti anni, proprio nelle scorse settimane hai scelto di presentare un brano inedito, toccante. “Un brano che fin dal titolo evoca pensieri, sogni e buoni propositi. Tre elementi di cui oggi c’è un gran bisogno… La stella del mare è l’espressione del desiderio insito in ognuno di noi… Non si dice, ma penso che sia
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tempo libero
Cinecittà World Riapre il sipario: dal 25 giugno divertimento in sicurezza Da Cinecittà, la fabbrica dei sogni, a Cin e c i t t à Wo r l d : I l P a r c o d e l C i n e m a e della TV di Roma cresce, si espande e ci accompagna alla scoperta di nuovi mondi dove prendono vita esperienze immersive e nuove forme di intrattenimento. Negli ultimi tre anni Cinecittà World ha riprogettato il suo universo: oggi conta più di 40 attrazioni, 7 aree a tema e 6 spettacoli live al giorno. Una crescita record in Italia (+350% in tre anni) che ha consentito con 400mila presenze, di diventare il 1° parco di Roma per numero di visitatori, e passare da 30° a 5° in Italia. Primo parco di Roma ma anche primo Parco Digital in Italia con 16 attrazioni interattive (Media Based) e oltre il 70% degli acquisti effettuati online sul sito www.cinecittaworld.it Dal 2020 si apre una nuova fase: il Piano di Sviluppo
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del Resort. In tre anni Cinecittà World aprirà 2 nuovi parchi, 2 mondi (world) per arricchire l’offerta rivolta a un pubblico sempre più esigente, che ricerca esperienze da protagonista nel tempo libero e nel divertimento. Già da questa stagione aprirà Roma World, un parco che riporterà gli ospiti indietro nel tempo di 2000 anni per vivere un’esperienza unica. Tra le novità di Cinecittà World un nuovo layout con 4 attrazioni riposizionate: le Tazze e Saltarello nell’Area Roma, mentre Torre di Controllo e Bici Volanti si spostano a Spaceland. Si rinnova e si allarga l’Horror House, con 3 nuove sale, tra cui Saw e Hannibal Lecter. Il visitatore potrà godersi Volarium, primo e unico Cinema Volante esistente in Italia, premiato come miglior Attrazione dell’anno agli Oscar dei Parchi Divertimento, i Parksmania Awards, e divertirsi nel nuovissimo Regno del Ghiaccio, Playground con 4 attrazioni sulla neve, terminato a Dicembre e ad ingresso gratuito
da quest’anno. “Dopo il rilancio di questi tre anni”, annuncia Stefano Cigarini, AD di Cinecittà World, ”il Parco è pronto per affrontre il futuro. Le due nuove aperture incrementeranno l’offerta turistica internazionale di Roma”. Attenzione alla natura e agli animali sono alla base dell’idea di Parco di Cinecittà World. Un Parco Eco, rispettoso dell’ambiente, grazie alla piantumazione di oltre 2.000 alberi in tre anni, al sistema di riciclo interno delle acque, all’utilizzo di piatti e bicchieri organici (in polpa di cellulosa e all’Ecoticket ovvero biglietto che permette di entrare al parco pagando con bottiglie di plastica usate. Un Parco Pet friendly che per primo ha aperto le porte agli animali domestici e che renderà disponibile, in collaborazione con Polivet, un presidio veterinario di primo soccorso per cani e gatti. Confermati i punti forti del Parco attuale come Altair, la montagna russa con 10 inversioni, il coaster indoor Inferno, Aktium, la montagna russa acquatica, l’Immersive tunnel Jurassic War – La battaglia dei Dinosauri, la torre di caduta Indiana Adventure, la realtà virtuale di Assassin’s Creed, il cinema interattivo in 6D In-Cubo, il mega playground per bambini Giocarena, celebrato nella trasmissione Eurogames di Canale 5. Cinecittà World ha cercato di trasformare l’emergenza in un’opportunità e in un miglioramento del servizio, cercando il più possibile di ridurre i contatti inutili (Parco “contactless”). Per ogni acquisto si potrà utilizzare il cellulare: sono, infatti, disponibili tutti i prodotti e i servizi online, come biglietti, cibo, parcheggio, navetta, saltacoda (accesso star), feste di compleanno, dispositivi di protezione, accessori vari. In questo modo si eviteranno anche molte interazioni con lo staff, le casse, i lettori bancomat e più in generale con le superfici comuni. Il distanziamento sociale sarà quasi naturale, perché il parco si estende su oltre 30 ettari. Quindi si potrà stare vicini agli amici e ai familiari ma mantenendo la distanza dagli altri ospiti. Il parco si riserva di allontanare eventuali clienti che non rispetteranno il regolamento. Cinecittà World, inoltre, sanificherà con regolarità, più volte al giorno, tutte le aree comuni, ristoranti e attrazioni. Nei punti di passaggio saranno installati distributori di igienizzante per le mani. Info, biglietti e calendario eventi su www.cinecittaworld.it Cinecittà World vi aspetta per la nuova stagione dal 25 giugno al 6 Gennaio 2021.
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