GP Magazine giugno 2022

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chi le vive, è stato condotto da Arianna Ciampoli e Beppe Convertini, per la regia di Antonio Centomani, e poi trasmesso su RaiDue il 4 giugno alle 17.00. Dopo un welcome drink con degustazione delle eccellenze offerto da Coldiretti Lazio, a cura della brigata di chef capitanati da Bruno Brunori dell’Associazione Nazionale Cuochi Italiani Lazio, hanno aperto la kermesse la ballerina ucraina Anastasia Kuzmina e il ballerino Andrea Evangelista sulle note di “Piccola Anima” di Ermal Meta, affiancati dal violinista elettronico “Jedi”, Andrea Casta. Le luci dei riflettori si sono accese poi per ascoltare quattro testimonianze straordinarie: Filomena Lamberti, sfregiata con l’acido dal marito cui aveva ribadito la sua volontà di separarsi, raccontata dall’attrice Lucianna de Falco, a seguire Carolina Marconi, ha raccontato la diagnosi di tumore al seno e il suo sogno di diventare madre sospeso…, ed ancora Luca Tomassini, la storia del padre violento che mandò in coma la mamma, l’infanzia difficile del coreografo internazionale vittima di bullismo, interpretato dall’attore Luca Capuano, infine, Elga Magrini, donna forte e coraggiosa che ha raccontato il suo percorso, l’insegnamento di vita che ne ha tratto, la forza che l’accompagna ancora oggi. Elga è stata premiata dalla Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti e dalla capogruppo di Italia Viva alla Camera dei Deputati, Maria Elena Boschi. Tra coloro che si sono dedicati alla causa e si sono distinti per il loro impegno contro la violenza di genere e per la sensibilizzazione sulla prevenzione del tumore al seno, hanno ricevuto il “Camomilla Award” (il fiore di Camomilla che simboleggia la forza e la solidarietà, in fitoterapia viene usato per aiutare le piante malate a guarire), una straordinaria scultura realizzata dal maestro orafo Michele Affidato, partner storico della kermesse, Maria Grazia Cucinotta, testimonial Susan Komen Italia e autrice del libro “Vite senza paura”, Carolina Crescentini, che ha messo in scena la storia di Marta nella campagna antiviolenza di WeWorld, ed è anche tra le protagoniste di uno spot firmato da Francesca Archibugi per la Race for The Cure, Antonia Liskova, straordinaria interprete del cortometraggio sul tumore al seno metastatico “La notte prima” di Annamaria Liguori, Valeria Solarino, che ha portato in scena in tutta Italia lo spettacolo “Gerico Innocenza Rosa”, intensissimo monologo che parla di identità di genere e vuole affrontare ogni tipo di discriminazione, Luana Ravegnini che, dopo un lungo

Antonia Liskova

Luana e Adele Ravegnini

Beppe Convertini

periodo di assenza dalla tv, è stata al timone “Check-Up”, storico programma di informazione medica, salute e benessere di Rai 2. Ed ancora Jacopo Saracino, agente del 112 della Questura di Milano che, alla richiesta di una pizza, ha fatto scattare l’allarme e ha salvato la vita a una donna vittima di violenza, i Professori Mario Pelle Ceravolo e Matteo Angelini, che hanno in cura Maria Antonietta Rositani, vittima di violenza con il 75% di ustioni sul corpo, e hanno realizzato, a titolo gratuito e privatamente, anche un delicatissimo intervento all’occhio facendole recuperare la funzionalità. In collegamento streaming Lapo Elkann ha presentato i progetti sociali della Fondazione Laps di cui è fondatore. Padrona di casa per le interviste in sala l’attrice e conduttrice Francesca Ceci. Tra coloro che hanno consegnato i premi il Vicedirettore Intrattenimento Day Time della RAI, Silvia Vergato, il Direttore di RaiDue, Massimo Lavatore, Mimmo Muolo, vaticanista di Avvenire e scrittore. Special guest della serata: da Radio Due Social Club Andrea Perroni, il cantautore Antonio Maggio, che si è esibito live al pianoforte con il brano “La faccia e il cuore” scritto con Ermal Meta sul tema della violenza sulle donne che, in video, ha fatto una simpatica “incursione” e che, per questo testo, ha ricevuto il Camomilla Award, ed infine la coppia di giovani talenti Martina Attili & Michelangelo Vizzini che hanno regalato una emozionante “Imagine” di J. Lennon. Nel parterre personalità del calibro del regista Giovanni Veronesi, Angelica Giusto, attualmente impegnata sul set di Luce dei tuoi Occhi, l’ex calciatore Alessandro Tulli, Elena Bonelli, Maria Rosaria Omaggio, Ambasciatrice Unicef, Alessandra Viero, conduttrice di Quarto Grado, Antonella Salvucci, Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Maria Consiglio Visco Marigliano, Elisa Ripanti. Presenti Maria Grazia Passeri, presidente di Salvamamme, e Chiara Giordano di Help.

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COVER STORY

“Impegnativo ma gratificante, lo spot per Decathlon – che mi ha visto impegnato per quattro giorni in ogni tipo di attività sportiva. Non ho voluto controfigure. E poi, sono stato scelto dopo un casting davvero affollatissimo”. Pratica sportiva che Graziano non teme, e anche lì bisogna fare un salto indietro nel tempo, a quando da ragazzino si allenava ogni giorno, imparando da solo addirittura a nuotare e andare a cavallo. “Ho recuperato quello che mi serviva, per esercitarmi anche nel salto in alto: un manico di scopa, due pali di legno e le balle di fieno… avevo tutto!”. A caratterizzare il temperamento di Graziano è la sua determinazione a diventare ciò che sentiva di essere davvero: “Sono sempre stato molto centrato, sapevo chi ero e chi volevo diventare.” Un esempio di volontà e crescita personale, oltre che professionale, soprattutto per i giovani che oggi decidono di avviarsi a questo tipo di carriera. Qual è stata la campagna più gratificante? “Quella mondiale per la Longines, dove sono stato al fianco di Kate Winslet. Sono stato scelto tra cinquemila ragazzi. Con quello spot ho dimostrato di essere il migliore, mi sono sentito finalmente sul podio”. Un traguardo che per Graziano ha rappresentato una nuova partenza. Non si è mai fermato, non ha mai smesso di studiare e di lavorare su se stesso. E con grande generosità, orienta i giovani e i giovanissimi. “Chi vuole fare questo mestiere non può permettersi di essere approssimativo. Bisogna studiare, essere preparati, curiosi, determinati. Non basta essere belli, non basta rispondere ai canoni che questo lavoro richiede. Lo studio e la volontà sono determinanti”. Per ogni nuovo casting, infatti, Graziano studia e si documenta. La sua è una carriera costruita con meticolosità. “Superare un casting è fortuna. Superarne 105 è professionalità!”. Una professionalità che passa anche attraverso il divertimento, la passione, la voglia di giocare. “In inglese, recitare si traduce con il verbo play, che è lo stesso del verbo giocare. In effetti, giochiamo con la nostra immagine, recuperando il bambino interiore, la spontaneità, la curiosità. È questo il segreto. Non dobbiamo aver paura di giocare. L’entusiasmo è la chiave fondamentale.” Com’è cambiato il tuo lavoro, in questi ultimi due anni? “È tutto molto diverso, abbiamo adottato in maniera ormai abitudinaria la modalità dei selftape, che si fa-

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© Foto di Paolo Stucchi

cevano anche prima, ma adesso costituiscono la routine. Molti provini vengono fatti a distanza, anche se si sta tornando ai casting in presenza. È un ritorno alla normalità, ai rapporti diretti. Questo lavoro è fatto di empatia.” Quali sono gli altri progetti a cui stai lavorando? “Durante il primo lockdown, ho iniziato a collaborare con la rivista ORA, e curo la rubrica Facce da spot, grazie alla quale contribuisco a far conoscere tanti miei colleghi. Siamo gli sconosciuti più famosi della TV, ci vedono sui giornali, sui cartelloni in strada, ma non sanno il nostro nome, la storia, il lavoro, i sacrifici. E poi, Facce da spot è anche un premio, nato contro la discriminazione degli attori pubblicitari. Un premio, che quest’anno è alla sua seconda edizione, ideato da me e organizzato insieme a Maximiliano Gigliucci. Ho voluto fortemente realizzare questo progetto, per combattere contro inutili classificazioni e per valorizzare la nostra professionalità”. Grazie al premio e alla sua rubrica, Graziano Scarabicchi contribuisce alla diffusione e alla condivisione di percorsi artistici che meritano di essere conosciuti e di venire fuori da una “zona d’ombra” che non rende giustizia al lavoro e alla creatività, ma che oggi – anche grazie al coinvolgimento di importanti registi – sono assurti a nuova meritata dignità. Il Re degli spot va avanti per la sua strada con la stessa passione, l’entusiasmo e la forte motivazione di quando è partito da Città di Castello. Come ama ricordare, va a braccetto con se stesso, portando in giro la sua consapevolezza di uomo e di artista che non molla e non si ferma, perché la voglia di affermazione non è ancora domata!




























sforma in qualcosa di più moderno, colloquiale completamente privo della ricerca esasperata della parola giusta da calibrare per il destinatario. Poi arriva 'Il vuoto dell’uovo' una narrazione veloce in cui i personaggi vengono presentati all’inizio di ogni capitolo con un curriculum vitae che delinea le loro caratteristiche principali. Una storia che poteva essere stirata ma che doveva consumarsi velocemente per divertire e non dare troppa importanza al vuoto che ogni tanto si presenta in ognuno di noi. 'Volevo solo andare a casa' è il loro opposto. Il suo ritmo è più lento e la storia stessa apre la porta al mito di Amore e Psiche di Apuleio rivisitato in chiave moderna. Una storia nella storia in cui i sentimenti hanno bisogno di parlare, maturare e diventare consapevoli”. I tuoi titoli sono sempre molto belli e la scrittura sempre attiva sui sentimenti che si chiudono invece di aprirli. Perché ? “Non avevo mai pensato a questa cosa per questo ti ringrazio di aver fatto emergere quest’aspetto che io stessa ignoravo. Forse a rispondere potrebbe essere proprio questo libro che ha come protagonisti non solo Chloe, una sociologa ipocondriaca, che s’innamora del suo Dott. Stran ma anche Amore e Psiche. Psiche, appunto! Intesa come qualcosa d’impalpabile, di intimo e profondo che risiede nel nostro abisso. Il sentimento è tutto psiche e ritengo che il suo valore sia inviolabile. Non credo sia sintomo di chiusura ma piuttosto un tentativo inconscio di avvalorare e proteggere la natura intangibile dei sentimenti”. Sei molto eclettica, molto preparata e sempre in ricerca: un bene oppure ci si sente male? “Direi un bene! Anzi ne sono certa. Sai i libri ti salvano sempre, quelli tuoi e quelli degli altri. é solo lì che puoi trovare le armi di difesa per affrontare i momenti in cui la vita ti piega. Le storie degli altri che siano contemporanee o classiche entrano dentro di te e si insidiano come se le avessi già vissute. è come se ti contaminassero lasciandoti soluzioni o consigli per fornirti una via di fuga da quel 'sentir male'”. La società ci appartiene eppure sembriamo degli inquilini mal mostosi e non proprietari: ti sembra così? “E’ una domanda difficilissima perché per citarti io sono una di quegli 'inquilini' della società con cui mi scontro, mi adatto, assecondo… I greci l’età dell’oro ce l’avevano sempre alle spalle la nostra, invece, è sempre avanti a noi anzi, ti dirò di più, la nostra età dell’oro sarà e rimarrà sempre qualcosa di cui si parla ma che non si raggiunge mai. Siamo veloci, mille mezzi di comunicazione, il tempo è un animale in estinzione sembra non bastarci mai e tutti perse-

guiamo degli obiettivi che non sono di certo comuni ma individuali. I valori? non so se saremo in grado di tramandare quelli che ci han impartito i nostri genitori e i nostri nonni non so dirti se basteranno in mezzo a tutto questo Nichilismo. Ma la cosa certa è che in questo momento è così, e forse ad oggi, dopo tutto quello che stiamo vivendo e vedendo, credo non ci sia nessuno che non si sia mai sentito ospite in quello che noi chiamiamo società. Bisogna imparare a fermarsi, ad abbassare la guardia e lasciarci affascinare da quello che non cogliamo perché abbiamo oltrepassato i limiti di velocità”. Come restare legati all’umanità in un mondo tecnologico? “La poesia? La letteratura? L’arte? La bellezza? Posso rispondere ad una domanda con tante domande? Mi piace pensare che chi ha contribuito all’arte, la letteratura, ecc… sia esattamente come noi un qualcuno che appartiene all’umanità e nonostante la tecnología svolga e abbia un ruolo importante nella nostra vita ognuno di noi sia in grado di ricordare che è un essere umano e come tale ha bisogno per vivere di valori, esperienze reali, sentimenti e, romanticismo. A nessun essere umano può bastare un clic”. Come hai impostato la scrittura di questo ultimo romanzo? “Ho cercato di dare un po' più spazio alla descrizione dei personaggi, alle loro movenze, ai loro pensieri. L’ambientazione è prevalentemente in un ambulatorio per cui era doveroso farli emergere con i loro dialoghi che si mescolano con i loro pensieri. Desideravo fosse una narrazione più lenta ma che non stancasse e che ci fosse la costante dell’ironia in ognuno di loro”. Quanto dobbiamo capire ancora per essere migliori? “Potrei darti una risposta molto soggettiva. Credo che ognuno di noi abbia le potenzialità per migliorarsi ma quel che è 'bene' e quel che è 'male' è tremendamente soggettivo. quello che per me può essere irrilevante per un altro può essere fondamentale e viceversa. Per quanto mi riguarda osservo una regola basica ogni volta che affronto qualche situazione sgradevole che cerco di elaborare come qualcosa di necessario per comprendere a pieno quello a cui bisogna mirare e quello a cui, invece, non si vuole minimamente assomigliare”. Quali i motivi per acquistare il tuo libro e dove trovarlo? “Per non pensare! Chi legge come me, non vuole scervellarsi, vuole solo godersi una storia che lavorerà dentro di noi da sola senza fatica. 'Volevo solo andare a casa' è in vendita in tutti gli store on line e ordinabile in tutte le librerie se non si dovesse trovare”.

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LIBRI by Mara Fux

Sceneggiatore, regista e video maker, il cinquantasettenne romano esce nelle librerie con il suo primo romanzo edito da Porto Seguro

FRanco BeRtini “attenti a me!” “Attenti a me”: Franco, perché questo titolo? “Perché è la storia di un ragazzo normale che ad un certo punto della vita si trova in un punto di totale stallo con il lavoro, la famiglia, la fidanzata e per smuovere le cose inizia ad accettare situazioni un po’ border line che gli stravolgono la quotidianità facendogli compiere azioni che mai avrebbe pensato di fare. E lui se ne rende perfettamente conto ma in qualche modo non ci può far nulla perché come si muove è peggio, continua a scivolare su un percorso che oramai è in discesa. E quindi 'Attenti a me' perché sa di poter infrangere i limiti e non ne ha paura. Come lui stesso dice ad un certo punto del libro '… sono un ragazzo normale ma non approfittate della mia pazienza'”. Ma la trama nasce come sceneggiatura? “No, certo non escludo che potrebbe pure diventarlo ma in realtà la mia intenzione è stata quella di scrivere una storia che non debba per forza diventare un film. Nel testo ho voluto dire tutto quello che avevo da dire ma rivolgendomi ad un pubblico che legge, ho inteso trasferire completamente i miei pensieri destinandoli ad un pubblico di lettori non di spettatori. Ti dirò pure che da quando ho iniziato a scriverlo fino a quando non ho messo la parola fine, non l’ho mai riletto, l’ho scritto tutto di un fiato interrompendomi certo ma riprendendo dal punto in cui mi ero fermato senza mai rileggerne le parti precedenti. Non l’ho fatto nemmeno quando l’ho inviato all’editore”. Non l’hai riletto? “No non l’ho riletto, glielo ho consegnato così come era venuto; anzi ti dirò che se mi avessero chiesto di mandare

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una sinossi anziché direttamente il testo, non lo avrei pubblicato. Se è uscito è perché ho dovuto fare solo un click per farglielo avere. E comunque il risultato è stato buono ed immediato. Unica ad averlo letto prima che andasse in stampa è stata Giulia, mia figlia, che lettolo mi ha detto subito che era fichissimo e sentirla entusiasta, considerato che non è una grandissima lettrice, mi è valso come cartina tornasole”. Come hai individuato la casa editrice? “Per caso, ho letto un loro post su face book e glielo ho inviato. Porto Seguro è una casa editrice giovane, piccola ma ti assicuro che il risultato ha tutta la dignità che merita un libro destinato ad una distribuzione in libreria oltre che in rete”. La promozione di un libro è un impegno ben diverso da quello cinematografico. “Me ne sono accorto e infatti mi sto ritrovando a fare un grosso lavoro d’immagine anche su me stesso, un lavoro in prima persona che non avrei mai pensato di fare a cominciare dallo scambio di idee che abbiamo avuto per stabilire la copertina che ritengo il biglietto da visita di qualsiasi libro. Qualcosina sarà pure sfuggito ma semmai si aggiusterà”. Sceneggiatore, regista, video maker ora scrittore; chi è Franco Bertini, da dove viene? “Non saprei dirtelo con esattezza, se vogliamo individuare un luogo d’origine possiamo identificarlo nel Laboratorio di arti sceniche di Gigi Proietti ma in verità vengo un po’ dal niente. Ho fatto l’attore, scritto per il teatro, fatto radio, videoclip, sceneggiato per la televisione, sono regista, montatore, video maker; via via che facevo le cose ho imparato a farle. Se dobbiamo individuare per forza un primo talento, la prima vocazione però è proprio quella della scrittura cui è seguito tutto quello che gira attorno l’audiovisivo. E per scrittura intendo quella filmica, non mi ritengo portato ad altri tipi di scrittura, io lavoro coi dialoghi non con le descrizioni”. Quindi “Attenti a me” non contiene narrazione? “No è scritto tutto in prima persona, è quello che lui vive nel momento che lo vive”. Ovviamente la trama è di fantasia. “Sì non c’è nulla di autobiografico, solo cose processate e filtrate dalla personalità che sei e cioè da me. Un momento “no” lo abbiamo vissuto un po’ tutti nella vita per cui tutti sono in grado di percepirlo; io ho messo il mio protagonista sopra un bel piano inclinato da cui lentamente inizia a scivolare sempre più ogni giorno. Ma quando sei in una situazione del genere o dai un bel colpo di reni e ti tiri su o fai la fine della palla di neve che continua a scivolare ingrossandosi. E così anche se sei “un ragazzo normale” e non sei predisposto per certe azioni alla fine molli la presa ed inizi a compierle”. Che aspettative hai sul libro? “Fondamentalmente che piaccia e magari offra una visione più completa di me e del mio modo di concepire le cose, compresa la scelta di un editore che lavora con passione curando dettagli e particolari; un po’ come me che non faccio mai scelte in virtù dei soldi che mi offrono, ma in base a quanto mi sento coinvolto dal progetto”.

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LIBRI by Marisa Iacopino

costantino PomPa “i GioRni Della sPaDa” Ripercorrere battaglie leggendarie, narrando i punti di forza e quelli di fragilità di coloro che le hanno combattute fino alla vittoria finale o alla definitiva sconfitta. Ne 'I Giorni della spada', edito da L’Occhio di Horus APS, Costantino Pompa ci porta dentro venticinque eventi bellici di tutti i tempi. Con sintesi straordinaria e grande passione per la Storia, l’autore racconta vicende di sangue e di profonda umanità. Come nasce il libro “I giorni della Spada”? “'I giorni della spada' nasce dal mio amore viscerale per la Storia. Sin da bambino ho coltivato questa passione, mi piaceva leggere di grandi battaglie, di condottieri coraggiosi, vicende leggendarie. Crescendo, ho scoperto la narrativa storica e d’avventura, che hanno dato un aspetto ulteriore alla mia passione. Credo che tutto questo sia lo spirito guida del mio libro, un motore alimentato dai ricordi che ho voluto esprimere e condividere in queste pagine”. Il tuo “prediligere” la spada è dettato dal fatto che vedere il nemico mentre si combatte, rende la guerra ‘meno disumana’? “Credo fermamente che la guerra contemporanea sia molto più disumana di quella combattuta fin quasi alla Prima

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Guerra Mondiale. La guerra 'tradizionale', nella sua disumanità intrinseca essendo comunque guerra, prevedeva il confronto viso a viso, dove gli uomini dovevano fare i conti con le proprie paure. La paura racconta l’umanità molto meglio di qualunque altra esperienza di vita. La guerra contemporanea, con la tecnologia sempre più imperante e l’utilizzo di armi che causano danni enormi con il minimo sforzo, ha disumanizzato ancor di più il contesto bellico. Basti pensare al numero di civili che muoiono sotto attacchi aerei lanciati per valutazioni errate”. Nelle vicende belliche descrivi le azioni che le caratterizzano, ma non manca la poesia della vita – tu sei anche autore di diversi libri di poesie. E’ possibile parlare di guerra in termini poetici? “Le prime opere che descrivono fatti bellici sono poemi, come l’epopea di Gilgamesh e l’Iliade, quindi credo che la Storia abbia già risposto a questa domanda. La guerra ha una sua particolare poetica fatta di sacrificio, sofferenza, euforia e tormento. Questo non può essere ignorato e, d’altronde, la poesia non racconta sempre il bello della vita”. Sono così precise e puntali le ricostruzioni di ogni battaglia, che a volte pare di leggere un diario di guerra. Quanto ti è costato il reperimento delle fonti? “I racconti hanno delle solide basi storiche di riferimento, anche se non tutti riportano eventi accaduti realmente. Di base vi è la volontà di raccontare un’epoca o un preciso avvenimento e poi uno studio su più fonti, cercando anche quelle contemporanee al fatto in sé. Considerando che studio e leggo di Storia da tutta la vita, moltissime fonti le possedevo già. Diciamo che la stesura effettiva dei venticinque racconti è comunque durata più di due anni”. Ciascun racconto ha un io narrante che dà la sua visione della battaglia, e introduce il lettore sul palcoscenico dello scontro armato. Ciò, per tramare anche il tempo della tregua che precede e segue i fatti cruenti. Possiamo pensare al libro come a un racconto corale di guerra che si fa invito alla pace?

“Assolutamente sì. Da amante della storia militare non nego che sia la parte più entusiasmante per me, quando studio la storia. Ma se poi ci si trova a pensare a chi la guerra la vive o peggio la subisce, allora non si può far altro che sperare nella pace. Siamo fortunati noi che viviamo dalla parte del mondo che non ha a che fare con la guerra nel proprio territorio da quasi ottant’anni”. In ciascun racconto, sempre presenti gli elementi naturali: sole, pioggia, spicchi di cielo. Cosa pensano i tuoi combattenti di quella natura che sembra osservarli con occhio distaccato? “Credo che questo dipenda dall’epoca a cui ci riferiamo, poiché popoli diversi hanno avuto un diverso approccio con il mondo circostante. Il legionario romano è figlio di una società abituata a plasmare la realtà per le proprie città, strade e monumenti, per questo vedrà diversamente la natura rispetto a un visigoto o a un vichingo danese, abituati a considerare la natura un elemento con cui convivere. In generale, la natura offre il quadro dove le azioni umane si svolgono, per questo ho deciso di offrirlo al lettore in ogni racconto”. Studiare le tattiche belliche di ogni battaglia, ti ha aiutato a comprendere meglio la storia umana? “Non sono uno storico, mi ritengo un appassionato che legge le fonti per la voglia di imparare cose nuove. In virtù di questo, posso evitare quel lavoro di trasformazione che gli storici devono compiere per dare la propria lettura dello studio fatto. Anche quando la mia passione è riuscita a espandersi con la scrittura e la divulgazione online attraverso il podcast storico che ho creato, il mio impegno e obiettivo è raccontare gli eventi, trasmettere la passione e intrattenere chi legge o ascolta”. I tuoi progetti futuri? “Sicuramente credo di voler continuare a scrivere di storia, parallelamente alla poesia che è la mia altra grande passione letteraria. Ho in cantiere un paio di idee che vorrei trasformare in romanzi, mentre nel frattempo uscirà un nuovo libro di poesie”.

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TELEVISIONE by Mirella Dosi

il miele Di colle saleRa PRotaGonista a “i soliti iGnoti” Pratola Peligna (Aq) è stata protagonista nel game show di Raiuno condotto da Amadeus “I soliti ignoti”. In una delle puntate di aprile, infatti, ha partecipato Cecilia Pace, marketing manager di Apicoltura Colle Salera. Con lei, nel momento del parente misterioso, la mamma Pedestina Di Loreto. Apicoltura Colle Salera è un’azienda a conduzione familiare che produce mieli biologici monoflora di pregiata qualità, conosciuti in ambito internazionale e più volte premiati in concorsi di settore in Italia e all’estero. Colle Salera è situata nella Valle Peligna all’interno del Geoparco della Majella, in un contesto ecologico, in cui le già note qualità del miele e l’arte ingegnosa delle api vengono squisitamente amalgamate dalla purezza della natura. I mieli dell’azienda pratolana sono prodotti con il metodo biologico e ottenuti attraverso un’apicoltura di tipo nomade: ad ogni fioritura gli alveari vengono trasportati, come un tempo, in meravigliose e selezionate aree dell’Appennino Abruzzese definito il Polmone d’Europa e nelle Riserve Naturali italiane. “Noi seguiamo le fioriture”, ha spiegato Cecilia Pace ad Amadeus. “Abbiamo la nostra sede a Pratola Peligna, in Abruzzo, ma ci spostiamo in varie regioni d’Italia. In questo periodo abbiamo portato i nostri alveari in Puglia per andare a bottinare e impollinare i ciliegeti. Ma andiamo anche nelle Marche, in Molise, Abruzzo, Lazio”. Un’attività nata per hobby quella di Colle Salera, come spesso accade a tanti apicoltori, e poi cresciuta in maniera esponenziale fino a lavorare svariati quintali di miele l’anno. Dalle varietà più classiche e conosciute, come il millefiori, l’acacia, il castagno, gli agrumi, a specialità rare e territoriali, come la santoreggia di montagna o la stregonia. Tutto rigorosamente biologico. “Il nomadismo è fondamentale”, continua la giovane imprenditrice. “Bisogna portare le arnie sui luoghi di fioritura, nei vari periodi della stagione. Se c’è una fioritura speciale, noi ci andiamo. Ovunque essa sia. Per farlo abbiamo allestito un camion speciale modificato apposta per l’apicoltura che ci consente il trasporto delle api e di tutto il materiale al seguito. All’interno ci sono anche dei posti letto per noi. Per non stressare le api viaggiamo di notte. In questo modo stanno più fresche”. I tanti sacrifici sono ripagati da un apprezzamento diffuso di critica e pubblico. Quest’anno a Matera al Concorso Internazionale BIOLMIEL, riservato esclusivamente alle aziende certificate biologiche, con una giuria che ha utilizzato il metodo di valutazione “alla cieca”, Apicoltura Colle Salera ha vinto 8 medaglie d’oro e una d’argento. Inoltre, il miele di Acacia si è classificato come migliore a livello nazionale e terzo a livello internazionale.

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SPETTACOLO by Silvia Giansanti

Comico, conduttore, attore e cantante. Marco Bazzoni in arte Baz, ha iniziato ad assaporare il successo con “Colorado”. Il musical teatrale “7 Spose per 7 Fratelli” gli ha regalato tante soddisfazioni

BaZ una caRRieRa in ascesa PaRtita Da “coloRaDo” Marco Bazzoni è nato a Sassari il 16 gennaio del 1979 e il suo nomignolo non deriva affatto dall'infanzia, come molti potrebbero pensare. E' preparato, giocherellone e pignolo sul campo, basta solo guardare le sue espressioni per sfoderare un sorriso o sentirlo in radio per rendersi conto chi è veramente. Di recente ha raccolto ottimi consensi con lo spettacolo teatrale “7 Spose per 7 Fratelli” accanto a Diana Del Bufalo, ha scritto un libro particolare e ogni mattino dà la sveglia in radio in un seguitissimo morning show. Non a caso mentre realizziamo l'intervista verso le 19 di un giorno infrasettimanale, ecco che arriva presto la cena ordinata. La sua carriera è partita dal programma tv “Colorado”, dove interpretava alcuni personaggi. Come nase artisticamente Baz? “Dal 1999 al 2002 ho lavorato nei villaggi turistici e poi nel 2003 sono stato scritturato per il mio primo spettacolo e da lì mi sono trasferito a Milano dove ho iniziato a studiare recitazione e a frequentare i laboratori di cabaret”. Da dove deriva il tuo nome d'arte?

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“Nasce dalla prima volta in cui ho interpretato il famoso personaggio del lettore multimediale. Siccome non ci presentavano, sicuramente per precise ragioni di marketing, allora ho scritto sulla maglia Baz, cioè il diminutivo del mio cognome. Anche mio padre veniva chiamato così per scherzo. Quel personaggio ha avuto molto successo e allora è rimasto il nomignolo” Hai dovuto trasferirti nelle grandi città come Roma e Milano in cerca di fortuna. Cosa conservi come ricordo della tua d'origine? “A dir la verità, come posso, ci torno spesso, soprattutto d'estate e nelle feste comandate. Lì ho tutta la mia famiglia”. Il tuo ultimo spettacolo “7 Spose per 7 Fratelli”ha avuto un ottimo riscontro di pubblico. Parliamone. “Nonostante tutte le restrizioni come mascherine e green pass, ha avuto un successo importante. E' uno spettacolo che continuerà nel tempo, toccando varie città, con la speranza che non si torni indietro dal punto divista dell'affluenza a causa del covid”. Ti trovi bene a lavorare con Diana Del Bufalo? “Certamente, nel tempo ci siamo incontrati più volte”. Di recente hai dato alla luce anche un romanzo “Con le infradito in discesa”. Un divertimento insomma! “Si tratta di un romanzo comico che ha una storia completamente inventata. Il protagonista sono io e molti personaggi e molti aneddoti, invece sono reali. Solo alla fine del libro il lettore capirà alcune cose”. Cosa fa in radio Baz tutte le mattine su RDS? “Mi diverte un sacco lavorare per 'Tutti pazzi per RDS'. Non è la mia prima esperienza radiofonica, visto che in passato ho fatto l'inviato e qualche piccolo intervento., ma mai un morning show così impegnativo, costante ed importante. L'ambiente che abbiamo creato è molto familiare e andiamo tutti d'accordo. Non ci sono dissapori e si lavora benissimo con Rossella Brescia e con Ciccio Valenti”. Qual è il tuo comico amato da sempre? “Beppe Grillo, Gigi Proietti, Aldo, Giovanni e Giacomo, giusto per fare qualche nome. Guardando all'estero posso dire Eddie Murphy e Bill Hicks”. In questi anni relativi alla tua attività di comico, hai ottenuto vari riconoscimenti. Ce n'è uno in particolare al quale tieni di più? “Il primo, dove ho portato proprio il personaggio di Baz. Ho ricevuto il premio della critica e del pubblico. Mi ha portato fortuna in seguito”. Te la senti di dare un consiglio ad un giovane alle prime armi? “Quello di provare a fare le cose dal vivo, è la base. Dopodiché si possono affrontare tutte le categorie della comicità con le varie specialità. Provare sul palco e prendere magari anche gli schiaffi dal pubblico, è importante per la crescita artistica”. Cosa emerge di te quando sei su un palco? Coincide la tua personalità con il personaggio? “Sono la stessa persona, ma l'obiettivo è quello di riuscire ad amplificare la propria personalità sul palcoscenico”. Come sei caratterialmente? “Sono un giocherellone pignolo. Non amo comunque prendere troppo sul serio la vita”.

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Solista al Teatro Alla Scala di Milano. Si è formato in Spagna e ha vissuto esperienze notevoli in America. Eppure la danza non è stato il suo primo amore, giocava a calcio ma amava i videoclip di un immenso artista pop, definito da tanti “The king of the pop” SPETTACOLO by Alessio Certosa

FeDeRico FResi DaGli iniZi sPaGnoli al “soGno ameRicano” Federico, raccontaci il tuo primo approccio alla danza come è avvenuto. “Il mio primo approccio alla danza è stato quando avevo 13/14 anni. Prima giocavo a calcio, ma ricordo che guardavo già le videocassette con i video dei videoclip di Michael Jackson, e decisi di iniziare col Hip Hop. Mia mamma ai tempi aveva una scuola di danza e poco a poco iniziai ad aggiungere anche qualche lezione di classico durante la settimana. Finché un giorno decisi di smetterla col calcio. Volevo dedicarmi completamente alla danza classica. Direi che la scelta ha ripagato molto bene”. Sei stato per un periodo iniziale della tua carriera in Spagna per diversi progetti. Parlacene... “Ho iniziato appunto a ballare in Spagna. Mi sono trasferito lì dall'Italia coi miei genitori quando avevo 10 anni, quindi tutta la mia formazione è avvenuta lì. In seguito, dopo aver trascorso un anno a Londra con

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l'English National Ballet, sono tornato in Spagna, che ormai era diventata casa mia. Lì poi mi sono unito alla compagnia di danza 'Arte 369' diretta da Maria Gimenez come solista. E l'anno dopo ero già diventato primo ballerino”. Poi l'arrivo alla Scala... Come ti sei sentito quando avvenne ciò? “Successe tutto molto in fretta e quasi per caso. Feci l'audizione durante le mie vacanze, e fino all'ultimo giorno non ero sicuro di poter partecipare perché non riuscivo a combaciare gli impegni. Feci l'audizione ed entrai in graduatoria. Ritornai in Spagna a lavorare, e dopo un paio di giorni ricevetti varie telefonate dall'Italia, risposi, mi offrivano un contratto per la Scala che iniziava da lì a due-tre giorni. Fu uno shock, ma non ci pensai due volte, parlai con la mia direttrice che capì che era un'occasione che non capita spesso e mi permise di rescindere il contratto in








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