Ad un certo punto hai voluto guardare oltre.
“Mi sono misurata con altre esperienze sempre con tanto sacrificio e tanta voglia di fare. Ho preso il tesserino da giornalista, sono approdata in tv, anche se ho avuto un periodo di pausa perché mi sono dedicata alla famiglia. Nella mia vita professionale c'è stato anche un musical, 'Cantanapoli', che ha avuto un bellissimo successo: 180 costumi e 9 ballerini. Ha girato molto ed è stato sei mesi al Bagaglino. Mi sono rimessa in gioco insomma”.
Successivamente sei approdata in tv.
“A dir la verià 'L'emigrante' lo facevo da un po' di tempo in radio e già avevo l'idea di portarlo in televisione. Quando l'editore di Cusano Tv ha accettato la proposta, non stavo più nella pelle”. Com'è articolato il programma?
“E' una sorta di seduta analitica. Ognuno porta il proprio vissuto e attraverso alcune immagini e il racconto riesco ad emozionarmi. Porto sempre con me i fazzolettini che servono sempre. Nella prima parte del racconto si va sul personale, mentre nella seconda sul professionale”.
Quali sono i personaggi che preferisci intervistare?
“Preferisco la gente comune a quelli dello spettacolo. Forse la gente che ha avuto un vissuto simile al mio. Mi piace intervistare persone che provengono da fuori e quelli che hanno una vita interessante. Invece molti personaggi dello spettacolo, quando si tocca il privato, non raccontano il vero e si concentrano sul lato lavorativo. Rischia così di divenire un programma come tutti gli altri”.
Ecco, c'è qualche storia che ti ha colpito in modo
particolare?
“Ce ne sono varie molto forti. C'è quella di un rumeno che era poliziotto nella sua terra ed è venuto a fare il muratore qui. E' divenuto un personaggio famoso sui social e ha fatto una carriera pazzesca. La ricordo come una delle puntate più belle”. Quali sono i tuoi impegni estivi?
“Anche quest'anno ho uno spazio all'interno di 'Lungo il Tevere Roma' che si chiama 'Salotto Tevere' e che si trova sulla banchina all'altezza di Ponte Cestio. E' il terzo anno. Questa nota manifestazione ha registrato lo scorso anno un milione e settecentomila ingressi. Ogni sera viene presentato un libro e c'è un piccolo spettacolo interamente gratuito. Gestisco questo spazio che apre i battenti il 15 giugno per finire il 27 agosto. Venite, vi aspetto”.
Un luogo che ami di Roma.
“Troppi posti belli, c'è l'imbarazzo della scelta. Mi fanno impazzire i luoghi intorno a Roma, come Ostia Antica, Santa Severa e Pratica di Mare”.
L'attore Vincenzo Bocciarelli, un nostro amico comune, ti definisce un'anima speciale. Perché secondo te?
“Senza falsa modestia, avendo avuto un trascorso particolare, riesco ad approcciarmi a tutte le persone. Mi concedo tutta. Sono affabile ed empatica”.
Quando hai fatto il salto nel buio trasferendoti a Roma, avevi un piano B?
“A dir la verità non avevo nemmeno un piano, sono scappata da quella realtà da reclusa e basta. Ho fatto persino la baby sitter. A volte mi domando 'ma chi mi ha voluto salvare?' Probabilmente c'è stata qualche mano dall'alto”.
CHiè Giò di Sarno
Giovanna di Sarno, in arte Giò di Sarno è nata a ottaviano (na) il 12 maggio sotto il segno del toro con ascendente Vergine. Caratterialmente si definisce una 'capatosta', costante e determinata. tifa per il napoli, ama mangiare la pasta e come hobby ha il giardinaggio e il restauro dei mobili. possiede un gatto di nome Garcia. e' divorziata e ha due figli, un maschio e una femmina. il suo percorso artistico è iniziato con il canto. ama miscelare l'antica cultura musicale napoletana con quella spagnola. Ha tenuto molti spettacoli dal vivo. e' anche giornalista pubblicista. attualmente conduce su Cusano italia tv “l'emigrante”, dove ospita sia personaggi dello spettacolo che gente comune. durante l'estate, per il terzo anno consecutivo, è sulle sponde del tevere con il suo salotto, appunto “Salotto tevere”.
COVER STORY 12
dali collegati alla guida sotto l’effetto dell’alcol, in stato d'ebbrezza, che mostrano un lento, ma progressivo aumento. In Europa, gli incidenti stradali sono la prima causa di morte nella fascia d'età 15-29 anni, il 35% del totale, il 25% tra i ragazzi e il 10% tra le ragazze”.
Dati i numeri in forte crescita di abuso di alcol tra i giovani, secondo Lei, quale impatto sociale e sanitario dobbiamo aspettarci, se non si prevedono delle adeguate ed ulteriori misure di prevenzione?
“L’Istituto Superiore di Sanità stima l’impatto sociale, sanitario ed economico dell’alcol in Europa in 125 miliardi di euro, pari all’1,3% del Pil europeo. La contabilizzazione dell’impatto economico, sanitario e sociale, dell’alcol in Europa, per ogni famiglia, è in media di 650 euro l’anno. Inoltre, negli Stati membri ogni anno muoiono 115.000 persone, soprattutto giovani, per cause correlate all’alcol. Ma ci sono anche altre conseguenze, poiché gli adolescenti crescono e, se non aiutati per tempo, diventano adulti senza consapevolezza sui danni alcol-correlati. Ad esempio, l’alcol in gravidanza è causa principale del sottopeso in circa 60.000 bambini nati in Europa. A causa dell’alcolismo in Europa dai 5 ai 9 milioni di bambini vivono in condizioni di emarginazione, violenza domestica e familiare”.
Dottoressa Lucattini, i recenti dati ci dicono anche che gli incidenti stradali, in cui incorrono i giovani, sono sempre più frequentemente causati dal loro stato d'ebbrezza, a suo avviso, come è possibile intervenire?
“In Europa si registrano circa 10.000 morti sulle strade per guida in stato di ebbrezza e di oltre 2.000 omicidi ogni anno. Gli incidenti stradali dagli anni ottanta sono la seconda causa di morte dei giovani, negli ultimi anni è divenuta la prima, proprio a causa dell’uso di alcol e altre sostanze stupefacenti. Gli incidenti stradali entrano nel novero dei comportamenti “parasuicidari”, quei tentativi di suicidio su base inconscia, per ragioni depressive. In adolescenza, la depressione ha molte forme, dall’inversione del tono dell’umore con agitazione, irrequietezza e maniacalità, alla sfida del pericolo e ricerca del brivido per “sentirsi vivi”, alla sfida della morte. Qualunque intervento implica la prevenzione dei disturbi depressivi, gli interventi precoci, un’informazione seria sulla tossicità dell’alcol sul corpo e sulla mente. Genitori e adolescenti non sanno che l’alcol impedisce lo sviluppo psicologico, congela la crescita poiché riduce la tolleranza alla frustrazione, di anestesia al dolore mentale e quindi impossibilità a viverlo fino in fondo, condizione necessaria per riflettere sulle ragioni e per trovare risposte e soluzioni. Indebolisce il proprio “Io” e provoca dipendenza dallo stor-
dimento e dall’euforia, infine dipendenza fisica”.
Crede sia determinante il ruolo della scuola nel continuare a trasferire ai giovani la conoscenza dei gravi rischi e conseguenze dell'abuso dell'alcol per la loro salute, al fine di renderli più consapevoli?
“Assolutamente sì. La scuola svolge un ruolo fondamentale nell’educazione alla vita sana, nell’informazione, nella prevenzione e nell’intercettare il disagio psicologico al suo primo manifestarsi. Ancora c’è una scarsa sensibilità rispetto alla pericolosità dell’alcol. La scuola potrebbe offrire dei modelli alternativi allo sballo. Indicare nuove strade per affermarsi investendo su se stessi e acquistando fiducia nei propri mezzi. Gli insegnanti possono essere dei fari che gettano una luce sul futuro aprendo mondi nuovi e mostrando nuove prospettive, di concerto con i genitori. Genitori e insegnanti hanno ruoli diversi ma complementari. Andrebbe valorizzata e creato una sodalizio tra adulti, tra genitori e insegnanti, al di là del ‘Patto scuola-famiglia’”.
Qual è la specificità della psicoanalisi nella cura dell’abuso e della dipendenza alcolica?
“La cura dell’alcolismo è multimodale e richiede il lavoro di concerto di diversi specialisti. Nello specifico, la terapia psicoanalitica ha una specificità nell'affrontare il dolore mentale, gli aspetti traumatici inconsci e rimossi. Inoltre, anche lutti e perdite non elaborati, spesso sottostanti ad alcune forme di abuso e dipendenza da alcol. L’analisi attiva ex-novo o riattiva, la capacità di pensare bloccata dalla depressione. Il cambiamento non rimane confinato nello spazio analitico, nella relazione con l’analista. Poiché è un cambiamento del paziente, è efficace e duraturo, e riguarderà tutti gli ambiti della vita del paziente. Curando le cause, si cura l’abuso di alcol”. Quali consigli si sente invece di dare ai genitori?
“Dare il buon esempio. Avere comportamenti e stili di vita sani, e non abusare di alcol. Parlare con i figli, sempre e infaticabilmente. Sforzarsi di parlare con loro. Sollecitarli a parlare di tutto e ascoltare: i racconti, i problemi, i silenzi, i pianti, gli amori, i litigi con gli amici. Osservarli e se bevono prendere decisioni anche scomode per impedire che lo facciano ancora. Quando organizzate feste per i figli, non devono esserci superalcolici, neppure se maggiorenni. Non interpretare l’abuso di alcol, il binge drinking, le challenge come “ragazzate”, non lo sono, mai. Sapere che l’uso e l’abuso di alcol nasconde depressione, angoscia, solitudine, insicurezze profonde, disagio psicologico e che non è da trascurare, per cui è necessario rivolgersi ad uno psicoanalista il prima possibile”.
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FASHION & WELLNESS
by Daniele Pacchiarotti
Clara GuGGiari
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Clara cosa rappresenta per te l'estate?
“E' la stagione più bella, amo il caldo, il sole e il mare, aspetto tutto l'anno il suo arrivo perché mi sento molto meglio. Inoltre è la stagione dei colori per antonomasia ed essendo una persona che li ama profondamente non potrei chiedere di meglio”.
L'estate è la stagione nella quale si mostra la propria forma fisica. Quali sono i tuoi consigli per raggiungerla?
“Lavorando con lo sport consiglio tutti di non smettere mai di allenarsi perché il fisico, oltre che più bello, è più funzionale d'estate avendo lavorato sodo tutto l'inverno. L'importante infatti è tenerlo sempre a puntino perché è la macchina che per tutta la vita dovrà accompagnarci”.
Mare, montagna, laghi, città d'arte: la tua preferenza e perché?
“Ho la fortuna di vivere nella città più bella del mondo: Roma. E quando si nasce in un posto del genere ci si abitua alla bellezza, bellezza in tutti i sensi... Forse per questo amo seguire la perfezione più che posso, come amo il mare e appena ho un po' di tempo libero un tuffo in acqua è d'obbligo”.
D'estate si fa anche un bilancio dell'anno lavorativo appena trascorso: il tuo che bilancio è?
“Lavoro in un centro sportivo al centro di Roma ed ho tante responsabilità... La stagione inizia proprio come a
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“lamiaeState,
by Marisa Iacopino
louiSe laFFaille
Statid’animoFattidiaCQua
Quando le onde si increspano fin sul letto celeste, e i sogni si fanno reali lungo la linea dell’orizzonte, quando l’occhio si sperde nella nebbia oltre una finestra, ecco aprirsi lo sguardo alla percezione di un mondo emotivo che evoca suggestioni e stati d’animo fatti di acqua e materia evanescente. Siamo di fronte alla rappresentazione di una verità onirica e reale insieme, sintesi pittorica di un’artista franco-svizzera, Louise Laffaille. Ci ha raccontato la sua esperienza.
“Ho capito presto che la pittura era parte di me. Sono cresciuta in una famiglia di artisti, mio nonno era un commerciante d'arte che scoprì Raoul Duffy; mia zia aveva una galleria e divenne leader mondiale nel lavoro di quest’artista. A casa nostra c’erano sulle pareti quadri di varie collezioni, i miei occhi erano abituati a vederle come parte del paesaggio naturale. Quando ho perso mia mamma a 16 anni, ho iniziato a chiedermi lo scopo della vita, cosa ero venuta a fare sulla terra… A 18 anni ho iniziato a dipingere seriamente e ho capito che non potevo farne a meno, era un modo per ritrovare me stessa. Ho frequentato diverse scuole d'arte in tutto il mondo, ma a un certo punto mi sono sentita limitare dalla mancanza di tecniche che venivano insegnate. Stavo leggendo su calligrafia e tecniche asiatiche, ed ero infelice in Europa. Sono partita per New York alla ricerca di un nuovo
terreno. Poco dopo, mentre studiavo alla Art Students League di New York, ho incontrato il pittore asiatico Paul Ching Bor che insegnava una tecnica speciale di acquerello: era ciò che ero venuta a imparare. Ho studiato con lui per 4 anni, su grandi rotoli di carta pesante, a volte lunghi diversi metri, centinaia di strati di acquerello. Più tardi, ho sviluppato la mia tecnica”.
L'urgenza di rappresentare un'impressione sembra caratterizzare le tue opere, la linea scorre sulla tela alla ricerca di elementi essenziali, primordiali come l'acqua. L’interpretazione è corretta?
“Sì, l'acqua è il filo conduttore, sia nei mezzi che impiego che nelle scenografie. Uso spesso l'effetto naturale che l'acqua produce sulla carta per creare elementi paesaggistici. Non lavoro dalle immagini, ma dall’impressione dei paesaggi che vedo o ricordo, dipingo la sensazione di quiete e contemplazione che spesso si prova, osservandoli. Una forma di spiritualità, quel mistero invisibile che a volte si rende visibile… e poi gli stati d’animo che, probabilmente, sono mescolati con il mistero. Qualunque cosa io stia attraversando nella vita, i sentimenti si mettono in mezzo. Immagino di dipingere momenti, l'eternità che a volte si percepisce in un secondo”.
Chi sono i tuoi artisti di riferimento, classici o
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ARTE
di oggi?
“Mi riferivo spesso a J.W Turner quando realizzavo la mia serie di paesaggi, ma al giorno d'oggi ammiro artisti come Fabienne Verdier, Meghann Riepenhoff, Gérhard Richter, Hiroshi Sugimoto”.
Alcuni quadri come “Percorso nel tempo” o “Nebbia sulla mia finestra” ricordano un'opera di C.D. Friedrich, "Il monaco in riva al mare". Ti rivedi in qualche modo nell'interprete del romanticismo tedesco?
“Nel mio lavoro sono guidata dall’intuizione, dai pericoli, dall'acqua che cade sulla carta e la segna, le sensazioni dei momenti… In questo sì, sono vicina al modo romantico di accostarsi alla pittura. A differenza del dipinto cui ti riferisci, però, gli esseri umani sono sempre assenti nei miei lavori. Lo spettatore è la sola presenza, mentre li guarda”.
Dal punto di vista tecnico sembra che la tua predilezione cada sull'acquerello…
“Al cento per cento! Una volta, un curatore mi ha presa in giro, dicendo che sembrava fossi sposata con l'acquerello... mi sento davvero così, e quando faccio olio o acrilico, lavoro con i supporti come se fossero acquerelli, molta acqua, pochissimi pigmenti e utilizzo la tela pura, senza gesso, in modo che possa riprodurre l'effetto di assorbimento della carta, lasciando che il movimento organico dell'acqua si stabilizzi. L'acquerello è un mezzo che non puoi controllare, gocciola ovunque, quando si asciuga il colore cambia, devi concedergli il tempo di asciugare prima di riprenderlo. E’ libertà, è fragilità e genera effetti sorprendenti, costanti, molto vicini a quello che sono io, per questo mi sento così a mio agio con questa tecnica”.
Attraversando le sfere sensoriali, c'è musica nei tuoi quadri?
“Raramente dipingo in silenzio. Spesso ho la musica ad alto volume ascoltando ogni genere di roba: pop, jazz, rap… mi aiuta a creare il silenzio in me, così posso essere libera per la pittura”.
Tuoi progetti per il futuro?
“Ho appena comprato una casa per avere uno studio più grande ed essere più vicino alla natura, quindi i prossimi mesi saranno dedicati alla sua ristrutturazione. Tra poco mi muoverò in una Art Residency * al castello di La Napoule nel sud della Francia vicino al mare, quindi produrrò nuovi lavori, e a giugno esporrò con Thelma Gallery, a Rouen, su un tema che mi sta molto a cuore, l'inquinamento dell'oceano”.
*Residenza artistica dove risiedono per un tempo determinato vari artisti, al fine di favorire la collaborazione tra di loro e promuovere un evento culturale (n.d.r.)
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FiuS Gamer
unlibroperCelebrare loSCudettodel napoli
Cosa rappresenta per voi la vittoria dello scudetto del Napoli?
“Una gioia immensa attesa da tempo, che unisce vecchie e nuove generazioni di appassionati azzurri. Fin da quando siamo piccoli ci sono state tramandate dalla nostra famiglia le storie del grande Napoli di Maradona vittorioso, ora potremo raccontare anche noi di aver vissuto un Napoli da leggenda”.
Come nasce la volontà di scrivere un libro dedicato alla vostra squadra del cuore? Un sogno per voi che si è realizzato?
“Proprio perché lo scudetto vinto dal Napoli rappresenta un evento speciale, abbiamo voluto lasciare un segno tangibile di tutto quello che abbiamo vissuto in questi anni da "giovani" tifosi. Una sorta di testimonianza che ricorderemo anche tra molto tempo. La prova che le difficoltà, le delusioni ed i momenti negativi possono portare anche a traguardi ben più importanti di quello che ci si immagina”. Nel vostro libro cosa troveranno i lettori?
“'Il terzo non si scorda mai' è un libro ricco di riferimenti al Napoli, dagli anni poco fortunati fino alla scalata e al trionfo della stagione scudettata 2022/23. Attraverso le nostre esperienze di tifosi ed allo stesso tempo di content creators, riviviamo tutto il percorso del Napoli ricordandone i momenti significativi e soprattutto rivelando alcuni aneddoti che non abbiamo mai raccontato. È stato per noi significativo, ad esempio, lo stretto contatto avuto con squadra e dirigenza al ritiro di Castel di Sangro della scorsa estate...Un testo diretto sia a chi ci segue da tempo, ai cosiddetti fedelissimi, sia a chi è semplicemente legato ai colori azzurri oppure amante delle belle favole calcistiche”. Il libro accompagna in qualche modo il lettore nelle differenti fasi che hanno accompagnato la squadra del Napoli e i suoi tifosi in questi ultimi anni sino alla vittoria dello scudetto?
“Esatto, riviviamo le emozioni e le storie di campo della squadra, con riferimenti alle partite e ai personaggi che hanno marcato, ognuno a suo modo, la storia di questo club negli ultimi anni. Un cammino fatto di alti e bassi che però, proprio come nelle favole, ha avuto un lieto fine...” Quanto troveranno di voi nel libro i lettori? Attraverso il libro siete riusciti raccontarvi come mai fino ad ora? Un'occasione anche per farvi conoscere a chi ancora non vi segue?
“C'è tanto di noi in questo libro, per non dire tutto. Come ripetuto più volte, ci identifichiamo principalmente come tifosi del Napoli e quello che abbiamo mostrato in questi anni sul web è semplicemente lo specchio delle nostre anime di appassionati. Crediamo che molti si possano identificare in noi, nelle nostre sensazioni e nelle nostre storie legate alle partite”. Il calcio per voi è?
“Vita, senza mezzi termini. Nonostante per molti, a giusta ragione, non può essere più ormai considerato uno sport puro, dobbiamo ammettere che condiziona le nostre giornate e il nostro quotidiano costantemente. I nostri stati d'animo sono legati a doppio filo all'andamento della nostra squadra del cuore. Questo legame spesso non si può spiegare perfettamente a parole ma sappiamo solo che è cosi e difficilmente potrà cambiare. Chi segue il calcio lo sa...”.
Cosa vi aspettate da questo libro e quale messaggio volete lanciare?
“Ci aspettiamo che possa piacere a molti, sia grandi che più piccoli. Le peripezie che ha dovuto affrontare il Napoli sono anche metafora di quello che ognuno di noi può affrontare nel proprio cammino. Tutto appare spesso in salita e difficile, molte volte bisogna riprendersi da forti batoste ma quando si raggiungono risultati importanti senza nessuna scorciatoia particolare è tutto più bello. Proprio come è accaduto al Napoli campione d'Italia 2022/23”.
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by Roberto Ruggiero
roSa CriSCuolo
FaretVperriStabilireilpatto
traCittadinieiStituzioni
Con “Fides”, il nuovo format ideato e condotto da Rosa Criscuolo, in onda in tutta la Campania su Napoflix TV (canale 86) e su YouTube (canale 87tv e canale ShowProduction), si è aperto uno scenario inedito nell’emittenza televisiva locale, che ha visto l’interazione tra più livelli (mondiale ed europeo, nazionale e locale) con il preciso obiettivo di avvicinare l’utenza alle tematiche più attuali e alle questioni più urgenti, di informare i cittadini fornendo loro più punti di vista e gli strumenti per decodificare ciò che talvolta i mainstream non chiariscono.
Rosa Criscuolo non è alla sua prima esperienza televisiva. Lo scorso anno con “Il Monito in Tv” ha voluto trasferire, riscuotendo un significativo successo in termini di audience, riadattandolo per il piccolo schermo un suo format collaudato, pensato per la rete. Attivista radicale da molti anni, comunicatrice e creatrice digitale, Criscuolo con “Fides” ha affinato anche la sua esperienza autorale.
Dunque, partiamo dal nome, “Fides”…
“Il nome del programma, 'Fides', richiama il mito della dea romana proprio perché ci proponiamo di ristabilire il patto tra i cittadini e le istituzioni promuovendo un dialogo. E devo dire che l’obiettivo è stato raggiunto. Un elemento a cui ho tenuto particolarmente è stata la tribuna popolare e che parte da una riflessione di una frase di Barack Obama 'Informarsi è il compito di ogni buon cittadino'. L’ascolto e la partecipazione del cittadino attivo nel dibattito pubblico a mio parere costituisce la vera “opposizione politica” nel senso costruttivo e di proposta”.
Le prime puntate del nuovo format hanno spaziato su tematiche universali e di grande attualità, come mai questa scelta in una emittente regionale?
“Nelle prime quattro puntate abbiamo cercato di portare al livello del dibattito locale argomenti di rilevanza mondiale
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TELEVISIONE
come la crisi climatica ed energetica, mettendoli a confronto con ciò che accade sotto i nostri occhi, nella quotidianità. L’obiettivo, naturalmente, è quello di stimolare consapevolezza attraverso la conoscenza, che è poi il compito cui deve assolvere l’informazione. L’Agenda 2030 è stata oggetto di riflessioni e di studio da parte dei nostri ospiti che hanno avuto il modo di confrontarsi con gli amministratori locali e i consumatori. La novità è che al suo interno viene espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale”.
Un progetto ambizioso il suo, in una tv generalista sempre più occupata dal calcio e da programmi sportivi.
“Il progetto vuole riempire un vuoto che da anni esiste nell’emittenza locale. E’ vero, la tv locale campana dedica spazi, risorse e attenzione prevalentemente al calcio, soprattutto quest’anno in cui il Napoli è tornato campione d’Italia dopo 33 anni. Napoflix ha ritenuto valido questo progetto e ringrazio per questo l’editore che ha voluto credere nella mia idea, per il resto sono rari i palinsesti con confronti tra esperti e dibattiti che non siano alla vigilia degli appuntamenti elettorali”.
Forse perché lo spazio di approfondimento viene considerato meno remunerativo dei programmi sportivi?
“Comprendo la necessità di far quadrare i conti ma la tv non può abdicare dal ruolo che le compete di informare. C’è un problema da parte degli imprenditori che non investono sull’informazione scientifica e culturale impoverendo il bagaglio di conoscenza della nostra utenza televisiva. Non dimentichiamo che, storicamente, la televisione italiana ha rivestito un ruolo fondamentale nell’alfabetizzazione. Va detto, però, che esiste anche un altro tipo di problema, che riguarda la formazione dei giornalisti, oggi orfani di figure di riferimento nelle redazioni, sempre più svuotate, di redattori e di contenuti, e disorientati rispetto ad un mestiere che negli ultimi decenni è mutato radicalmente”. Il format, da quello che abbiamo visto finora, è stato strutturato per muoversi attraverso i vari livelli, dall’internazionale al locale, con l’obiettivo di trattare temi vari e di stringente attualità. Si è parlato di Napoli alle prese con il boom turistico e i suoi problemi atavici, una puntata è stata dedicata ai vaccini e alla pandemia, un’altra a famiglia e istruzione. Esiste un filo conduttore che tiene unite tutte le puntate?
“Il filo conduttore esiste ed è quello della narrazione attraverso la voce di chi ha competenze specifiche su un tema non solo dalla 'cattedra' ma anche dalla 'strada' combinando idee e pratica. Ad esempio, quando si è parlato di salute e libertà, sono intervenuti docenti universitari esperti della materia che hanno potuto spiegare la questione da un punto di vista giuridico e bioetico, avvocati impegnati nella difesa dei diritti dei cittadini, politici e sanitari. 'Fides', come ho già avuto modo di dire, cerca di riempire dei vuoti, informativi ma anche narrativi. Napoli ad esempio ha bisogno di una narrazione più attenta già nella scelta delle parole e nell’esame dei fenomeni che la riguardano che non sono solo criminali. Lo sforzo di descrivere questa realtà 'igno-
rante e violenta' deve cambiare paradossalmente a livello locale con programmi che alzino il livello del dibattito. Ci vorrebbe un’operazione imprenditoriale volta ad investire in 'nuovo umanesimo culturale' perché la classe politica ha fallito ripetutamente”.
E dopo “Fides”? Altri progetti in cantiere?
“Sì, vari progetti. Tante idee. Ma soprattutto molto studio, perché ritengo siano fondamentali lo studio e la conoscenza alla base di ogni nuovo progetto. Dunque, come ogni volta, prima della fase creativa, sto studiando”.
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Ha preso parte a diverse fiction televisive come “Orgoglio”, “Don Matteo” e “Diritto di difesa”. Grazie alla soap “Incantesimo”, Samuela Sardo ha avuto la consacrazione. Ora l’attrice ha recitato nel cortometraggio “Il Nastro Rosso” in cui ha interpretato una madre. Un ruolo che l’ha coinvolta dal punto di vista emotivo e di cui ha parlato anche in questa intervista. Samuela Sardo ha poi ripercorso la sua carriera rivelando dei retroscena inediti.
Samuela, sei stata protagonista del cortometraggio “Il nastro rosso”. Com’è stato interpretare il ruolo di Marisa?
“Il Nastro Rosso è un cortometraggio ideato, creato e vissuto da un gruppo di 'amici', che hanno tutti in comune la passione per il cinema, capitanati da Andrea Marrari, già storico aiuto regista di Ermanno Olmi e poi ancora sul set dei film di Benigni, ma non ha bisogno che sia io a lodarne le capacità e la carriera. Questo, oltre alla storia, che ci ha portato diverse candidature come miglior short script a numerosi festival, grazie alla sapiente scrittura di Edda Valentini e Luisa Raimondi, mi hanno spinto verso Marisa, una madre che si sacrifica per salvare la vita alla figlia. Come madre mi ha molto coinvolto emotivamente”.
Si vocifera di un ritorno di Anna Boschi nella soap
“Un Posto al Sole”. Cosa ci dobbiamo aspettare? Ti manca quel set?
“Sì, so che spesso si vocifera di un mio ritorno, e non nascondo che mi fa piacere. Il pubblico è ancora molto affezionato ad Anna Boschi e considerando che sono andata via più di venti anni fa, facendo dopo altri lavori con altri ruoli, è chiaro che quel personaggio ha lasciato il segno”.
Non ti sei mai pentita di aver lasciato quel personaggio così amato che, a suo modo, diede il via alle storie d’amore dell’amato Palazzo Palladini di Posillipo?
“Credo che la vita sia l’insieme delle scelte che si fanno e tutte quelle che ho fatto mi hanno portato ad essere quella che sono oggi, mi va bene! Rimanere avrebbe significato non fare scelte, ma farsi trasportare dalla corrente, ed io non volevo. Volevo mettermi alla prova in altre situazioni. Ovvio che ci sono momenti difficili, in un lavoro precario come il nostro e rimanere ad Upas sarebbe stata una giusta soluzione, ma poi i momenti bui passano, basta non guardare indietro”.
Sei entrata a far parte del mondo dello spettacolo da piccola prendendo parte, nel tempo, alla terza serie de, “I Ragazzi del Muretto”. Come hai vissuto la popolarità? Quali sono stati i momenti più difficili della tua crescita, professionale e non?
“Il Muretto mi ha dato la prima popolarità, li ho capito cosa volesse dire fare questo lavoro…”.
Un altro ruolo per te importante è stato quello di Giulia Donati in “Incantesimo”. Che ricordo ti porti
dietro di quell’esperienza? Con Walter Nudo, tuo collega di set, siete rimasti in contatto?
“Giulia forse è stato un altro personaggio molto amato, certo la storia d’amore con Walter Nudo appassionava, poi ci siamo innamorati veramente! Ogni tanto ci scriviamo e comunque quando veniamo a sapere che l’altro è in difficoltà ci siamo l’uno per l’altra”.
Parteciperesti mai ad un reality? Se sì quale?
“Non farei mai un reality, ma non perché abbia qualcosa in contrario, solo credo ci voglia il carattere giusto, e il mio proprio non si presta”.
Quando è nata Ludovica hai scelto di dedicarti quasi esclusivamente alla famiglia. Ad oggi, rifaresti la stessa scelta? Tua figlia ha intenzione di seguire le tue orme?
“Ho già risposto in un certo senso prima, non mi piace guardarmi indietro e poi se riguarda l’essere diventata madre non ho nessun dubbio. I primi anni sono importanti per la figlia ma anche per la madre, e non ritornano più, quindi lo rifarei, anzi forse me li godrei di più, invece ero troppo spaventata per lasciarmi andare completamente”.
Progetti che bollono in pentola?
“Per ora penso al teatro. Sto iniziando le prove di uno spettacolo, molto diverso dalle commedie fatte finora, è un giallo… Non posso dire molto altro se non che mi metterò alla prova con un personaggio 'sinistro' diciamo così…”.
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by Silvia Giansanti
Gianni de berardiniS
Con “diSCorinG” portòlaradiointV
Uno dei nomi noti non solo della radiofonia ma anche della televisione, che, grazie alla sua competenza e professionalità, è riuscito a resistere nel tempo facendo sempre la differenza
I cinquantenni di oggi ricorderanno quel ragazzo dal volto imberbe e con sembianze alla Miguel Bosè, che presentava con abilità e destrezza qualche edizione di “Discoring”, il celebre programma musicale degli anni '80. Con lui siamo tornati al 1981 e 1982. Senza tralasciare “Pop Corn”, altra importante produzione televisiva. Per non parlare di “Let's all dance”, uno dei primi rap all'italiana firmato dalla Band of Jocks, di cui ne faceva parte. Già da allora la sua parlantina e le sue conoscenze nel campo della musica, lo avevano fatto distinguere, tanto che è divenuto nel giro di poco tempo un nome. I suoi inizi datati 1975 però sono avvenuti in radio e precisamente a Radio Luna, da dove hanno cominciato altri suoi colleghi. Oggi Gianni De Berardinis può vantare una storia di tutto rispetto, composta da molteplici esperienze, tra cui anche quella di chitarrista e autore musicale. E' nato a Pescara e attualmente vive a Milano, dove si è sviluppata tutta la sua storia professionale e privata. E' attivo nel palinsesto di RTL Best e lavora per Radio inBlu 2000 della CEI.
Gianni, cosa ne pensi della radio di oggi?
“Dico solo che in quel momento quando ho iniziato a mettermi in gioco, c'era aria di radio vera, almeno seconde me. Intendo la radio raccontata, una combinazione di fattori come mistero e magia. Oggi sono avvenuti molti cambiamenti e, riferendomi all'utilizzo della telecamera mentre si è in onda, non mi piace mischiare le carte. Un editore ci guadagna con il suo marchio, ma sono due culture diverse. Basti pensare alle luci presenti negli studi radiofonici che sono diverse da quelle utilizzate negli studi televisivi e quindi non si ottiene lo stesso risultato”.
La passione è rimasta immutata per il mezzo radiofonico?
“Ho iniziato nel lontano 1975 e sono stato tentato a lasciare quando mi sono imbattuto in qualche scommessa nuova ma non chiara. Ad un certo punto il conduttore radiofonico è diventato un annunciatore, mentre prima era più protagonista. Ho pensato in varie occasioni di smettere, perché avevo dato tanto, ma la passione ha avuto la meglio e l'ho assecondata. Adesso sono a RTL Best, piena di personaggi storici appassionati. Ci sono ex colleghi storici come Jocelyn e Awanagana che conservano intatta la loro passione per la radio. La nostra generazione è così. Anche molti di quella successiva come, ad esempio, tu e Federica Gentile che è a capo del progetto per cui lavoro, si buttano a capofitto in questo mestiere con passione. Inoltre lavoro per Radio inBlu 2000 della CEI”.
Quando è avvenuta la spinta per fare radio?
“In modo del tutto casuale. Sono sempre stato un appassionato di musica e possedevo tanti vinili. I miei amici mi consultavano per saperne di più. Ho suonato la chitarra fin da giovane a Pescara. Ad un certo punto mi iscrissi a Giurisprudenza e temevo di diventare un avvocato. Nel frattempo un mio amico, De Cecco, noto per la produzione di pasta, aprì una radio,
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