GP Magazine novembre 2023

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COVER STORY stato un maestro, ma faceva solo la critica costruttiva. Questo è stato un bene perché mi ha dato la libertà di andare a cercare la chiave di interpretazione, sbattendo anche la testa al muro. Non mi ha fatto mai da istruttore, così ho cercato le mie strade e alla fine ha riconosciuto il mio talento, coinvolgendomi nei suoi lavori”. Quali sono stati i primi addetti ai lavori che ti hanno spronato? “Ho iniziato a recitare ufficialmente prima di frequentare un'importante scuola di recitazione francese. Il debutto sul palcoscenico è avvenuto a sedici anni in una commedia di Turgenev, dove ero un pittore francese, Monsieur Popeline. L'anno successivo ho incontrato Carlo Cecchi per prendere parte ad un laboratorio. Ricordo che ero terrorizzata ma è andato tutto bene, affidandomi in futuro ruoli di rilievo”. Cosa c'è nel tuo presente? “Due spettacoli teatrali e tanta fiducia nel futuro per il teatro in questo Paese che ha ancora tanto da dire e ricco di cultura e contaminazioni. Mi sono dovuta ricredere dopo l'esperienza francese, non mi è piaciuta la mentalità. Oggi sono fieramente italiana. Ho portato ultimamente il teatro su Tik Tok ricevendo consensi e follower. Il teatro non è solo il luogo stesso, ma credo che debba moltiplicare e diversificare i linguaggi ovunque. L'atto teatrale è come l'incontro umano, è come l'abbraccio, non può essere sostituito, ne avremo sempre più bisogno e faremo di tutto per comunicarlo nel modo più semplice e diretto possibile. Attualmente io e mio marito Graziano Piazza abbiamo svariati progetti professionali. Avevo capito già da piccola che lui sa-

rebbe stato l'amore della mia vita. Quando sono cresciuta il sogno si è realizzato”. Tornando agli spettacoli, a quando il debutto in teatro? “Ho debuttato il 17 ottobre a Brescia con 'Il caso Kaufman' di Giovanni Grasso in prima nazionale e mondiale per poi toccare Torino, Roma e Verona e il prossimo anno andremo in altre città come Milano, Napoli e Palermo. Lo spettacolo tratta di questo Leo Kaufman, ebreo, che durante le leggi razziali ha una relazione con Irene, la figlia di un suo amico ariano. Considerando il periodo, finisce male. Interpreto una donna libera che negli anni '30 vorrebbe vivere da sola e lavorare. Ariana, ma assolutamente contro le leggi razziali, di una modernità sorprendente e un coraggio pazzesco. Invece l'altro spettacolo che ha già debuttato all'Olimpico di Vicenza, sarà a Roma questo mese al teatro India, per poi proseguire l'anno prossimo. Si tratta di 'Circe', scritta da Luciano Violante”. E poi? “A dicembre farò un monologo scritto da Dacia Maraini che appartiene alla sua raccolta 'L'amore rubato'. E' un'idea di produzione di Federica Di Martino che ha voluto coinvolgere me insieme ad altre due attrici. Continuo inoltre ad incidere gli audiolibri, tanto che sono stata definita la voce più amata dagli italiani e per questo ne sono grata al pubblico. Sono energica e porto avanti tanti progetti diversi tra loro”. Che messaggio dai al tuo pubblico? “Sono qui per te. Le persone sono grate quando si sentono coinvolte”.

cHi è Viola graZiosi Viola graziosi è nata a roma il 24 settembre del 1979 sotto il segno della Bilancia con ascendente leone. caratterialmente si definisce energica e solare. Ha l'hobby del volo e sta prendendo un brevetto. ama mangiare il sushi e tifa per la nazionale. Questo è stato l'anno fortunato della sua vita. Ha una jack russel di nome maya di dodici anni. e' sposata. Fin dai primi anni di vita ha manifestato la passione per il teatro seguendo il padre Paolo graziosi. il debutto sul palcoscenico è avvenuto all'età di sedici anni in una commedia di Tugenev. l'anno successivo è stata scelta da carlo cecchi per interpretare “ofelia”nell'amleto di shakespeare. successivamente si è trasferita a Parigi venendo ammessa al prestigioso conservatoire national supérieur d'art dramatique, dove si è diplomata. Ha lavorato con vari artisti francesi. e' poi tornata in italia per prendere parte a “sei personaggi in cerca d'autore" di Pirandello e “Tartufo” di moliére. da qui è stato un susseguirsi di spettacoli teatrali, avendo anche un'esperienza come regista. ricordiamo lavori in teatro come “misura per misura”, “come vi piace”, “Processo a Tiberio”, “la duchessa di amalfi”, “medea”, “l'esorcista” e tanti altri. attualmente è a teatro con “il caso Kaufman” e “circe”. Ha inciso audiolibri e ha dato la voce a personaggi di film come doppiatrice. Ha anche una ricca filmografia alla spalle.

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in cosa i social network possono essere utili nella vita dei ragazzi? “I social e internet sono importanti per i giovani in Italia, in quanto offrono opportunità e vantaggi a livello educativo e sociale. Il web permette di migliorare i modi di comunicare tra coetanei, rende democratico e gratuito l’accesso alle informazioni, sull’attualità e contenuti culturali, forma e informa. Le attività di comunicazione e di intrattenimento online sono particolarmente rilevanti per l’autonomia psicosociale degli adolescenti, poiché sono uno dei fattori che, attualmente, promuove lo sviluppo dell’identità personale e che attivano la capacità di avviare e mantenere relazioni significative con i coetanei e con i familiari. I social network, se ben utilizzati, hanno un effetto rivitalizzante e stimolante dal punto di vista delle conoscenze e delle relazioni. Il web è come una “grande biblioteca” a portata di touch, a cui i ragazzi possono attingere informazioni e materiale di studio, dovunque si trovino”. Quanto è importante, a suo avviso, il tipo di comunicazione che si sceglie di utilizzare per dialogare sui social? “Il fenomeno della Second Screen Tv ovvero la possibilità nel fruire di contenuti televisivi contemporaneamente su più dispositivi elettronici (televisore, smartphone, tablet), rischia in alcune occasioni di alzare i toni delle discussioni, passando dal dialogo alla rissa. Protetti da un’apparente virtualità poiché non si vedono di persona e il corpo è assente, si travalica l’ambito della sana critica per tracimare in attacchi personali, con offese e forte aggressività verbale. Bisogna sottolineare con forza che lo stile con cui ci si esprime nelle comunicazioni digitali, deve essere improntato al rispetto dell’altro e alla buona educazione. La ricchezza linguistica facilita la comprensione soprattutto dei messaggi scritti, è indispensabile per evitare fraintendimenti, coltivare relazioni e intrattenere rapporti personali di buona qualità. E non si può mai prescindere dal rispetto reciproco. I social hanno trasformato abitudini e costumi, facendo slittare vertiginosamente la società della comunicazione verso società della conversazione, del pourparler inteso come improvvisazione, superficialità e “frasi fatte”. La semplificazione eccessiva, la frammentazione di frasi e pensieri, la banalizzazione sono una via regia per l’ideologia e per quegli slogan che si adattano a qualunque contesto, senza alcun pensiero critico né capacità di riflessione e possibilità di fare le necessarie distinzioni”. I social, a volte, vengono utilizzati anche come mezzo per esprimere impulsivamente sentimenti di rabbia, di delusione o angoscia, crede che dovrebbe sempre essere tenuto presente un codice etico? “Certamente, esiste un codice comportamentale e comunicativo molto chiaro in tutti i social, che viene accettato e sottoscritto attraverso il “consenso” e hanno anche una cornice

normativa e conseguenze legali per chi non lo rispetta. Inoltre, anche per il web valgono le stesse regole di buona educazione che vanno rispettate. Non è accettabile, né permesso inveire, usare il turpiloquio, esprimere commenti ingiuriosi, irrispettosi della diversità né alimentare il body shaming. È necessario conoscere e rispettare le regole del buon vivere civile. Per quanto riguarda i sentimenti negativi, come rabbia, irritazione, angoscia, persecutorietà, vanno gestite e non scaricate in modo impulsivo, violento, senza nessun beneficio per chi lo fa. In questi casi, è necessario rivolgersi ad uno psicoanalista per conoscere e affrontare le difficoltà e i problemi emotivi di fondo che li ingenerano”. Qual è il consiglio che si sente di dare ai genitori dei ragazzi che sono sempre chiusi in stanza, immersi nei social network? “Dare un limite di tempo esercitando con intelligenza il proprio dovere educativo di genitori, avvalendosi anche di un vero e proprio timer, di cui i dispositivi elettronici sono già dotati; Parlare con i figli e chiedere loro perché stanno tanto tempo sui social, perché per loro sono così attraenti, se ci sono cose divertenti, quali challenge li appassionano, mostrarsi interessati e partecipativi anche della loro vita online; Interessarsi con discrezione e costanza alle loro amicizie; Cercare di apprendere dai figli il funzionamento tecnico dei social per poter poi dare dei consigli sui contenuti, sui modi e sui tempi d’uso; Attivare il parental control in tutti i dispositivi dei figli (smartphone, tablet e consolle) senza timore di essere intrusivi, poiché è una protezione necessaria; Coinvolgerli in attività diverse, sport, musica, cinema, teatro, passeggiate all'aperto, feste, in modo che il loro tempo sia distribuito equamente tra varie occupazioni, oltre alla scuola”. E ai giovani? “Conoscere bene la programmazione attraverso i corsi di coding proposti a scuola o attraverso corsi che possono scegliere da soli tra la grande offerta attuale; Capire quando è il momento di mettere da parte il telefonino, perché sta prendendo troppo tempo della propria giornata, limitando le amicizie e altre attività che si amano; Può essere utile a volte disinstallare per qualche giorno uno o più social in modo da allentare la dipendenza; Coltivare le amicizie di persona, la pandemia è finita, la vita anche se non è ripresa proprio come prima, certamente si è ben riavviata; Parlare immediatamente con qualcuno se si è vittima di cyberbullismo o di body shaming e anche dei casi più vicini, in cui si è venuti a conoscenza, se uno dei nostri amici o compagni di scuola è sotto attacco; Se vi sentite tristi, angosciati, arrabbiati, parlatene con i vostri genitori e con gli amici fidati. Se proprio vedete che ciò non è sufficiente, allora parlatene con lo psicoanalista per un aiuto e sostegno psicologico”.

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FASHION by Alessio Certosa

marY raW “FoTomodella Per riValsa al BUllismo” Si chiama Maria Romana Morini, fotomodella professionista internazionale, pubblicata su moltissimi magazine di moda da tutto il mondo. “Oltre alle mie foto – dice Maria Romana - sono stati pubblicati anche molti miei articoli su varie testate italiane e straniere su varie tematiche sociali a cui tengo molto, poiché voglio sfruttare al massimo la mia forte visibilità sui social (Instagram 103mila followers) come influencer, per influenzare nel modo giusto quante più persone possibili a sani valori e principi”. Mary Raw è il tuo nome da modella? “Sì, Mary Raw è il mio alter ego professionale, è il mio personaggio, che si va comunque a legare sotto molti aspetti a Maria Romana e alla mia vita privata”. Come ti sei avvicinata a questo mondo? “Mi sono avvicinata al mondo della moda tramite mio padre che da piccola mi diceva sempre che avrei dovuto fare la fotomodella. Dopo che è venuto a mancare ho realizzato il suo sogno e sono sicura che da lassù è molto fiero di me. Ho scelto questa strada anche per una 'rivincita personale' dal bullismo che ho subito dalle elementari alle superiori da mie coetanee invidiose”. Diventando modella, ti sei sentita realizzata? “Sì, ma non del tutto. Sono molto esigente con me stessa e voglio sempre di più. Non mi accontento mai, quando raggiungo un obiettivo ne creo sempre un altro maggiore perché riconosco il mio valore e so che posso arrivare in ogni ambito molto più in alto di quanto sono già arrivata”. Hai dovuto fare delle rinunce o sei stata in grado di conciliare tutto? “Sono stata in grado di conciliare tutto fortunatamente. All'inizio non è stato semplice ma qualsiasi traguardo ha delle salite da affrontare prima di essere raggiunto e se non ci fossero non sarebbe soddisfacente arrivare in cima”. Attualmente, nel momento in cui realizziamo questa intervista sei in maternità... pensi di tornare a fare la modella. Se sì, quando? “Certamente. Attualmente sono al nono mese, verso fine ottobre dovrei partorire e mi prenderò giusto il tempo del puerperio per rimettermi totalmente in forze, dopo di che mi troverete di nuovo sul set come fotomodella, ma anche in nuovissimi progetti che sono sicura apprezzerete molto”. Spesso chi ha una vita "esposta" è soggetto ad attacchi

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degli "haters" e ad episodi di bullismo. A te è mai capitato? “Sì, purtroppo più si è noti e più si è soggetti ad invidia ed attacchi da parte di haters, ma come ho saputo mettere al loro posto i bulli del mio passato, ora so ancora più farlo con i leoni da tastiera ed essi si combattono prima di tutto e sopratutto con l’indifferenza”. Hai mai subito episodi di body shaming? “Alle elementari tutte le mie coetanee mi ripetevano continuamente di essere brutta. Ma in realtà nel rivedermi nelle foto di quegli anni ero bellissima, oserei dire molto più bella di loro e quindi ho compreso poi con il tempo che non dovevo soffrirne, ma riderci su, perchè erano solo accecate dall’invidia e gelosia per i maschietti che preferivano me a loro”. Che mamma sarai per tua figlia? “Per il mio bambino che tra pochi giorni farà un anno, come anche per la mia bambina che nascerà verso fine ottobre, voglio essere una madre modello, il miglior esempio da seguire e sopratutto un punto di riferimento su cui dovranno sempre sapere di poter contare in qualsiasi momento e situazione della loro vita”. Hai dei progetti in vista? “Ho moltissimi progetti. Li scoprirete molto presto. Tornerò stabilmente con i miei shooting da fotomodella, ma ci saranno anche novità su altri campi. Stay tuned!”. Qual è il tuo sogno da realizzare nei prossimi anni? “Ho moltissimi sogni ancora da realizzare, ma li vedo già chiari nella mia mente. Li sto già organizzando e prenderanno presto vita. Quelli che ho già realizzato voglio che diventino ancora più grandi, più nitidi ed amo il fatto che non smetterò mai di sognare in grande”.













ARTE by Alessio Certosa

maUro rUsso il PiTTore cHe masTica arTe da BamBino ForTemenTe legaTo a PaUl céZanne Arriva dalla Calabria con un carico di passione per l'arte, portandosi dietro la magia di una terra che storicamente è stata influenzata da varie culture. Lui si chiama Mauro Russo e lo conosciamo meglio attraverso questa interessante intervista. Mauro parlaci brevemente della tua vita, da dove arrivi, dove sei approdato e perché. “Tutto ebbe inizio in Calabria, nel maggio del 1981, il mese della mia nascita, da mio padre Mimmo autotrasportatore e mia madre Tina parrucchiera. Avvicinandomi al disegno ed alla pittura fin da bambino prosegui formandomi artisticamente, all'istituto d'Arte di Vibo Valentia Sotto la mirabile guida di Giuseppe Pontoriero Luzzaro, artista, pittore eclettico e pilota di aeroplani e successivamente all'Accademia di belle Arti di Reggio Calabria dove approfondì le conoscenze formali e tonali con il pittore Salvatore Mazzeo di recente scomparso. Concludendo il corso di studi in Accademia nel 2005, lo stesso anno parti per Milano per frequentare i corsi di l'abilitazione per insegnamento delle discipline grafiche e pittoriche dell'Accademia di Belle Arti di Brera, dove terminai dopo due anni di corso. Da lì, insegnamento esperienze espositive e conoscenze di grandi artisti, approfondimenti di studio in musei importanti e viaggi continui a Parigi mi accompagnarono per diciassette anni,. Da quasi tre mi trovo a Roma dove vivo e lavoro, città che mi ha accolto in maniera straordinaria facendomi accedere con le mie opere a molti eventi, esposizioni, e mostre personali, incontrando attori galleristi pittori e uomini di spettacolo”. Come ti sei avvicinato all'arte e come sei nato e cresciuto artisticamente parlando? “Ero molto giovane forse un bambino, sicuramente prima ancora che al disegno ed alla pittura, mi appassionai ai libri di Arte, leggere dei grandi maestri del passato mi ha sempre interessato credo, che il "primo giro di chiave" sia stato proprio l'approfondire le correnti artistiche appassionandomi ai pittori. La crescita professionale è arrivata dopo un cammino lungo e

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faticoso, di studio e di esercizio costante ma che rifarei sicuramente, Poiché nel mio caso ho sempre considerato il viaggio trascorso più che l'arrivo”. Arrivi dalla Calabria, una terra che è stata influenzata da culture antiche e dall'arte. A te cosa ti ha dato per la tua arte? “Credo che il centro della risposta sia proprio nella domanda, 'cultura antica dell'arte'. In questo aspetto c'è tutta la mia formazione di pittore figurativo, i maestri antichi e l'approfondimento stilistico dei Greci che per un calabrese sono i diretti discendenti, ha dato vita in me giovanissimo studente agli entusiasmi del continuare a fare Arte. E poi gli ulivi di Calabria, i cactus, il cielo ed il mare all'improvviso, la semplicità della gente così vissuta e profonda ma fiera della propria vita, sia alla base del mio fare pittura nel presente”. Recentemente hai tenuto una mostra personale a Roma, all'Art Gallery Gregorio VII, "Sulle Ali del Tempo". Ce ne puoi parlare? “'Sulle Ali del Tempo' è stata una grande mostra personale piuttosto un antologica indetta da Art Gallery Gregorio VII di Roma, che è andata a mirare ai miei trent'anni di attività pittorica con opere e temi tratti dai miei diversi periodi di vita nei luoghi e nelle città dove ho vissuto da Reggio Calabria, Milano, Parigi e Roma. Scorci urbani, vegetali, nature morte ritratti, evidenziando gli aspetti cromatici e compositivi che da tutta la mia vita lavorativa cerco. E' stata questa una esposizione entusiasmante, poiché ho potuto incontrare tanti amici del mondo del cinema della TV e dello spettacolo che mi seguono con passione nei miei eventi”. Ci sono progetti artistici e/o espositivi in vista? “Certo che sì, l'Arte a Roma è in continuo fermento ed ho l'onore di essere pittore permanente in due gallerie importanti di Roma da quando sono approdato nella capitale. Art Gallery Gregorio VII e Borgo Pio Art Gallery. In Borgo Pio Art Gallery segnalo la collettiva d'Arte 'Libere di Vivere" mostra annuale


la regina delle arti, lo strumento più potente, per non rimanere a livello epidermico sulle cose e sui fatti della vita, ma per scavare in profondità dentro gli stessi”. C'è un artista del passato o del presente che ha riempito la tua ammirazione e la tua anima? “Credo che tra le moltitudini di artisti e pittori che ammiro ed ho approfondito, io mi senta fortemente legato al pittore postimpressionista francese Paul Cézanne, per diverse affinità, ma la più importante il suo modo di leggere la realtà, i suoi valori plastici in termini di volumi e le sue cromie che hanno dato vita all'Arte moderna”.

indetta dalla galleria come testimonianza per contribuire alla causa contro la violenza sulle donne, Dal 25 novembre al 10 dicembre 2023. Ed in Art Gallery Gregorio VII la collettiva 'cavalli' dal 9 al 16 dicembre 2023, una mostra che andrà ad evidenziare la grazia, la potenza, libertà e stile di questo meraviglioso animale”. Come descrivi la tua arte? “La mia Arte mira ad essere l'estratto per riassunto di secoli di cultura pittorica, e credo fermamente che la pittura di figurazione che io pratico sia un modo efficace e l'unica strada possibile per riavvicinarsi a quei valori compositivi, tonali e formali che si sono sempre contraddistinti nel corso delle epoche passate. Poiché solo nel vero e nell'osservazione della natura che è maestra si possano cogliere le occasioni e il 'carburante' per rilanciare innovazioni e invenzioni artistiche verso il futuro”. L'arte incontra la televisione. So che collabori con Giò Di Sarno all'interno del suo programma "Di sabato pomerigiò" che conduce su Cusano Italia TV. Di cosa si tratta? Come è strutturato il tuo spazio? “Sì, Giò Di Sarno la conduttrice e l'ideatrice del suo programma 'Di sabato pomerig-giò' che va in onda tutti i sabato su Cusano Italia TV sul canale 264 del digitale terrestre, mi ha proposto dopo diverse collaborazioni televisive e spettacoli insieme di condurre una rubrica d'arte: 'Pittori a Confronto', che all'interno del suo programma va in onda alle 16.30. La rubrica mira ad invitare in studio pittori professionisti di varie correnti e movimenti artistici con una loro opera, per fare in modo che si inneschi un confronto e, se posso dire, ancora di più un incontro, tra me e loro, in modo da potere intrattenere il pubblico da casa con storie di vita artistica e riferimenti all'arte contemporanea, con parallelismi alle culture passate, dando spunto al racconto di metodi tecnici e a come nasce l'opera pittorica”. Sei insegnante di materie artistiche, cosa cerchi di trasmettere ai tuoi studenti e oserei definirli "allievi"? “Passione, metodo, mestiere! Poiché chi intraprende lo studio della pittura, tenga sempre a mente che da secoli è sempre stata

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ARTE by Marisa Iacopino

lUigi maria de rUBeis dall’aBrUZZo a TUnisi nel segno della PiTTUra e delle sUe sPlendide Peonie Nelle sue tele, elementi floreali che incarnano la forza e la fragilità della bellezza, che fanno da sfondo a donne e uomini, in un connubio generativo tra l’essere umano e la natura. E ancora il fascino di personaggi del deserto, o la rappresentazione di scene di risonanza biblica. All’età di sette anni, uno zio gli regala una scatola di colori a olio. Da allora scatta la sua passione per la pittura. Lui è Luigi Maria De Rubeis, artista abruzzese trapiantato in Tunisia. Così piccolo, e avevi già capito che quella sarebbe stata la tua strada? “Stavo notte e giorno a mescolare i colori, facendo copie dai libri che avevamo in casa. Era qualcosa di sovrannaturale, il tempo, le ore, i giorni li trascorrevo senza mai alzare la testa dalla scrivania. Un vortice a cui non sapevo dare una spiegazione razionale. Da lì, la scelta degli studi artistici. Il liceo d’Arte a Chieti, l’Accademia di Belle Arti a L’Aquila, e poi una laurea in Architettura a Pescara”. Si dice che ogni forma d’arte sia la coperta tirata sugli occhi per difendersi dal buio. La pittura è stato uno strumento per proteggerti da qualcosa? “Sicuramente la pittura mi aiutava a difendermi dagli altri. Per altri intendo i colleghi pittori, i così detti amici della gioventù, e la gente in genere. Non ero loquace, non sapevo tessere relazioni. Ero, fino all’età di trent’anni, un misantropo. Dopo di me il buio. Gli artisti che dipingevano astratto, secondo me, erano incapaci di fare il figurativo. Poi ho capito che questo era sicuramente sbagliato, e che un artista deve riuscire a creare relazioni”. Quali, i maestri di riferimento che hanno orientato il tuo cammino? “Grazie agli insegnanti delle superiori, che provenivano da Firenze e dintorni, ho imparato la tecnica della pittura Rinascimentale, dalla realizzazione pratica di un dipinto, alla mescolanza, la chimica, le trasparenze, le lacche ecc. I maestri del rinascimento sono imprescindibili. Poi Caravaggio, fondamentale: trovare nella luce il vero soggetto dell’opera è stata un’esperienza che mi porto dietro ancora oggi. Gli artisti a cui faccio riferimento sono tanti: Gustave Courbet, Jan Francois Millet, Jan Baptiste Corot, Jan Baptiste Corot, Edouard Manet, Edgar Degas, Paul Gauguin, Amedeo Modigliani. E ancora, tra i più recenti: Francis Bacon maestro del colore, Andy Warhol grande rivoluzionario, Edward Hopper con la sua poetica e i suoi silenzi”. Come scegli i tuoi soggetti artistici? “Dipingo essenzialmente le peonie, un mio tormentone. E’ un fiore particolare, elegante, ha tantissimi petali ed è di una bellezza che non ha eguali. Viene definita la “rosa senza spine” dagli europei. Incarna amore, affetto, prosperità, onore, nobiltà d’animo e persino la pace. La peonia si utilizza per celebrare il dodicesimo anniversario di matrimonio. Secondo il significato tradizionale cinese, simboleggia il vivere insieme in armonia. È anche simbolo di fortuna, per questo i dipinti che la rappresentano sono spesso appesi in uffici per

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#CoseBelle “La mia passione è la ricerca dei pianeti intorno ad altre stelle, extrasolari, e lo studio dell’evoluzione delle galassie. Mi piace molto parlare del mio lavoro di scienziato, fare divulgazione. Questo libro è nato dall’esigenza di comunicare non solo le ricerche scientifiche a cui ho avuto la fortuna di partecipare, ma anche dal desiderio di farne capire il senso. Due anni fa ho avuto la fortuna di entrare in contatto con il mio editore che mi ha proposto di parlarne e per me è stato un prolungamento naturale della mia attività. Era anche un sogno nel cassetto, perciò mi sono tuffato in quest’avventura con un po’ d’incoscienza, perché ho dovuto confrontarmi con modi di lavorare completamente diversi da quelli a cui sono abituato: lo scrittore in genere è solo, mentre nella mia attività scientifica interagisco con i colleghi, gli studenti, il gruppo di ricerca, i collaboratori all’estero…”. Qual è il futuro dell’uomo nell’universo? Siamo soli nel cosmo? Esistono altre terre che l’umanità può colonizzare? Queste sono solo alcune delle domande a cui Giovanni cerca di dare risposta, perché la storia della ricerca astronomica è antica quanto l’uomo stesso, dai primi rudimentali tentativi di studiare le stelle a occhio nudo, fino alle ultime missioni spaziali, svolte con l’ausilio di modernissimi telescopi. “‘Altre terre’ non è soltanto un’esposizione di fatti scientifici, ma è anche la narrazione di come la nostra specie umana sia passata dal sognare altri pianeti, altri mondi abitabili, all’osservarli effettivamente attorno ad altre stelle, a raccogliere le prove della loro esistenza. Probabilmente nei prossimi anni scopriremo anche pianeti davvero simili alla Terra, perciò non troverete in questo libro una vera conclusione, perché l’umanità è arrivata a una parte della sua storia, ma la storia continuerà...”. Anche Giovanni è parte della millenaria corsa agli astri: nel gennaio del 2019, insieme a un’equipe della NASA, ha contribuito all’individuazione di TOI-700d, una possibile “nuova casa” per l’uomo. Un ipotetico gemello della Terra, seppure a distanza siderale. “Parlo dell’avventura umana, della ricerca di altri mondi abitati… il sogno di Giordano Bruno! Ma noi siamo più fortunati di lui, perché siamo la prima generazione che può osservare questi pianeti e che potrà trovare nei prossimi decenni pianeti simili al nostro. Non colonizzarli, ma almeno conoscerli, esplorarli da lontano. Non racconto solo di stelle e pianeti, ma anche degli uomini e donne che li hanno cercati, che hanno scommesso la propria carriera scientifica sulla ricerca di essi. Negli anni ‘90 gli astronomi che lo facevano si autodefinivano “svalvolati”, perché secondo molti era una scommessa difficile da vincere. Perciò questa non è soltanto la storia di vincitori di premi Nobel, ma è soprattutto quella di coloro che hanno contribuito a grandi conquiste della specie umana ma che non hanno potuto compiere il passo finale”. E allora, cari amanti delle stelle e di tutto ciò che c’è al di là delle nuvole, siete pronti a partire alla ricerca di… “Altre terre”?

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LIBRI by Francesca Ghezzani

rosalia messina “nUlla d'imPorTanTe Tranne i sogni” Rosalia Messina è tornata in libreria con il romanzo “Nulla d'importante tranne i sogni” (Arkadia Editore, Collana “Eclypse”) uscito il 15 settembre scorso dopo cinque anni di stesura. Giudice in pensione e lettrice appassionata, ha pubblicato racconti, romanzi, fiabe, testi teatrali e poesie, ottenendo consensi e riconoscimenti tra i lettori e le giurie di premi letterari. Con questo nuovo romanzo l'autrice racconta il difficile rapporto tra due sorelle e la passione totalizzante della protagonista per la scrittura. Rosalia, ben cinque anni di stesura: cosa è successo nel frattempo alla storia e ai suoi personaggi? “Mi piace pensare a questa storia come a un prodotto da forno a lunga lievitazione. Durante questi anni la storia è cresciuta: su un’idea iniziale ho lavorato dapprima da sola e poi con l’aiuto prezioso della mia editor, Valeria D’Ambrosio. Ai personaggi principali se ne sono aggiunti altri, l’intreccio si è arricchito. Faccio moltissime riletture del testo limando, spostando capitoli, rimettendoli dove stavano prima, fino a quando non mi sento soddisfatta e la mia editor mi incoraggia a mandare in giro la storia in cerca della casa editrice che la pubblicherà. Ho provato una grande gioia quando l’editore (Arkadia) l’ha trovata convincente e ha deciso di pubblicarla nella collana Eclypse”. Rosamaria Mortillaro, detta Ro, nota scrittrice siciliana, ha un rapporto altalenante e complicato con la sorella Annapaola, detta Nana, dalla quale cerca di farsi perdonare tutto ciò che ha avuto in più dalla sorte. Ti sei ispirata a qualcuno in particolare per tratteggiarne il carattere? “Più che qualcuno in particolare, ho tessuto insieme le impressioni ricavate dall’osservazione di dinamiche che ho visto ripetersi, identiche, nei luoghi di lavoro, nei gruppi che si formano in ambito scolastico, in famiglia; in-

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LIBRI

dimenticabile, per me che allora ero un’adolescente, la frase sibilata da una parente lontana durante un’affollata riunione di famiglia: «Quante ingiustizie tra parenti! Quando si parla di mia nipote F., l’intelligenza l’ha presa dalla zia I., il brutto carattere da me». L’invidia è un sentimento che corrode chi lo prova e che, se non sempre si traduce, per fortuna, nel compimento di azioni deprecabili, in ogni caso avvelena le relazioni. Uno dei temi centrali del romanzo nasce proprio dalle riflessioni che spesso mi è accaduto di fare sul tema dell’invidia e su quello, correlato, del senso di colpa che a volte provano le persone fortunate o ritenute tali”. Ti senti più Ro o Nana? “Nessuna delle due, in realtà. Non sono simile a Nana perché non invidio nessuno. A Ro somiglio solo per due aspetti: la passione per la scrittura e la determinazione. Ma nella mia vita la scrit-

tura non è totalizzante, ho anche lavorato (per decenni), ho un figlio. Come Ro, ho un’elevata intolleranza per il rumore. Riesco a scrivere e per anni ho lavorato in qualunque contesto, anche chiassoso, ma il rumore mi affatica molto”. Lo potremmo definire un romanzo di formazione? “Direi di sì. Rispetto al momento in cui inizia la narrazione si risale, a ritroso, al modo in cui i personaggi principali sono cresciuti, al modo in cui le loro personalità si sono formate. Anche se la narrazione è in terza persona, in fondo è Ro a fornire la maggior parte delle notizie sul passato, attraverso i diari e le lettere”. E tu, invece, come sei cambiata in questi cinque anni e rispetto alla tua precedente produzione letteraria? “Ogni esperienza, secondo me, ci consente di imparare qualcosa, di diventare più consapevoli di ciò che facciamo. Vale per tutte le attività umane e non può non valere per la scrittura, che è anche influenzata dalle nostre letture, dai film e dagli altri spettacoli ai quali assistiamo, dalla musica che ascoltiamo. Dal punto di vista pratico, ho imparato a scrivere in modo più organizzato, elaborando scalette molto dettagliate: questo fa diminuire il rischio di arrivare a metà stesura e di avere la sensazione che qualcosa nella trama non funzioni. Se c’è qualche difetto nella struttura me ne accorgo prima di arrivare alla vera e propria stesura e, soprattutto, se ne accorge la mia editor”. In chiusura, cosa vorresti suscitare in chi ti legge? “Vorrei che chi mi legge avesse la sensazione di non avere sprecato il suo tempo. Vorrei essere accessibile a chiunque si accosti alle mie pagine senza per questo essere (o essere considerata) banale. Vorrei essere ricordata per i personaggi che ho creato, per le parole che loro hanno pronunciato, per le trame che ho disegnato. Grazie per le belle domande e per il tempo che mi è stato dedicato”.








Rosanna Vaudetti con Maria Giovanna Elmi

Com’era la vostra televisione? “Era differente; si affacciava nelle case della gente in maniera discreta proponendosi anche di istruirla attraverso la trasmissione di programmi culturali che precedevano le ore di punta; prima del tg della sera ricordo di un programma intitolato “Le 3 Arti” perché parlava di architettura, pittura, scultura. Oggi ci sono i pacchi, che vanno benissimo perché oggi l’offerta è talmente tanta che è chi guarda a scegliere cosa vedere”. Ti emoziona pensare alla tua carriera? “Mi emoziona spesso ma l’emozione più grande l’ho provata quando la produzione de “Il Paradiso delle signore”, girando una puntata ambientata nel 1963, mi ha chiesto di prestare uno dei miei abiti a Rebecca Sisti, l’attrice che mi avrebbe interpretata nel presentare una sfilata di moda”. Hai conservato i tuoi vestiti?

“Solo alcuni che mi ero fatta fare per occasioni speciali”. E che effetto ti ha fatto vederti proposta in una fiction? “L’ho considerato un grande omaggio”. Non è che ti ritroviamo tra i presepi napoletani? “Beh tra i presepi non so però al Museo della Rai di Torino c’è il vestito con cui ho inaugurato nel 1972 la televisione a colori”.

Ma come ti sei ritrovata Signorina Buonasera? “La fata che ha compiuto la magia è stata Maria Luisa Buoncompagni che

ha mandato per mio conto la domanda alla Rai. Io volevo fare la radio, avevo vinto una borsa di studio con cui feci i corsi di dizione e lingue a Firenze ma non avevo superato il provino e dispiaciuta me ne ero tornata ad Ancona; saputolo mi telefonò e disse “ancora con questa radio: tu devi fare la televisione! Adesso ci penso io” e detto fatto spedì la lettera al posto mio che poi superai i colloqui e fui assunta”. Hai saputo unire un importante ruolo professionale a quello di madre di due splendidi ragazzi: svelerai i tuoi segreti alla generazione zeta di “Bella ma’”? “Come tutte le donne che lavorano ho cercato di fare del mio meglio e guardandoli oggi ambedue papà di splendidi nipoti, sono io a ritenermi una mamma fortunata non ultimo per le nuore che hanno scelto”.

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SPETTACOLO by Mara Fux

PieTro romano cHe Bella scoPerTa! Interprete teatrale dei più apprezzati dal pubblico capitolino e volto televisivo tra i più popolari della pubblicità, il poliedrico attore romano debutterà al Teatro Arcobaleno in “PSEUDOLUS”, una divertente opera plautina diretta dal regista Nicasio Anzelmo e prodotta dal Centro Teatrale Meridionale di Domenico Pantano. Per quanto il grande pubblico ti conosca come testimonial di pubblicità, in realtà hai alle spalle tanti anni di teatro; quanti per l’esattezza? “Ben 38, se consideriamo che il mio primo contributo è stato nell’85 al Teatro dell’Opera in un lavoro che comprendeva “La cavalleria rusticana” e “Salvatore Giuliano”. Certo, avevo 11 anni e si trattava di movimento scenico, ma è da lì che tutto ha preso il via, perché in seguito a questo ruolo ho proseguito con il canto, prima nel coro delle voci bianche e poi come tenore”. E con la prosa quando hai iniziato? “Nel ‘90 quando mi sono iscritto all’Accademia d’Arte Drammatica Pietro Sharoff dove mi sono stati impartiti i primi lumi. In realtà io fino a quel momento volevo fare cinema, il teatro non era lontanamente nei miei pensieri, forse anche perché influenzato dal mestiere di mio padre che era capogruppo e addetto alla produzione. Ero molto affascinato dall’ambiente della macchina da presa, per cui inizialmente, quando mia madre mi iscrisse alla Sharoff, tutto il rigore ed il silenzio che precede la preparazione di una commedia mi sembrò pazzamente finto finché, a sipario aperto, non compresi quanto grande fosse l’emozione di trovarsi davanti ad un pubblico vivo. Da lì ripensai a quel che volevo fare e iniziai a lavorare in teatro”. Il primo contratto quando è arrivato? “L’ho firmato con Mario Donatone, un grande interprete conosciuto per aver preso parte a tutta la saga dei film di Tomas Milian ma anche di un ruolo di cui egli stesso andava particolarmente fiero, quello del sicario nel Padrino 3 di Francis Ford Coppola. Mario mi conosceva per via di mio padre e mi veniva sempre a vedere quando ero in scena e così venne anche ad un “Aggiungi un posto a tavola” dove interpretavo il ruolo che era stato di Johnny Dorelli; gli piacqui e mi volle in

© Foto di Alessandro Naticchia

compagnia”. Fu una bella esperienza? “Bellissima, ero il più piccolo e Mario mi trattò come un figlio; mi voleva bene, mi guardava con occhi benevoli dicendomi che ogni giorno crescevo un po’”. Lo porti nel cuore? “Sì perché fu il primo a credere in un ragazzo di 18 anni che voleva recitare per professione. Pensa che mi portò persino dal suo agente, il quale divenne il mio stesso agente e mi introdusse nell’ambito pubblicitario”. E quale fu la tua prima pubblicità? “Banco Posta! Era il 2000 e le Poste si presentavano

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STORIE DI RADIO by Silvia Giansanti

FaBer cUccHeTTi cronaca di Un sUccesso inasPeTTaTo Un personaggio che ha fatto la storia della radio e della discoteca, in un momento in cui è esploso il nuovo mestiere del dj. Chi non ha danzato almeno una volta nella vita con lui in consolle? Il successo fu una sorpresa anche per lui Parlare con lui è stato un po' come rivivere quegli anni in cui eravamo tutti adolescenti e siamo cresciuti con il suo mito e con la sua musica. Momenti come quelli sono irripetibili, oramai ci siamo imbarcati su un'altra epoca a tratti anche strana. Faber (Fabrizio il suo vero nome ndr) ha richiamato migliaia di giovani in discoteca e continua a farlo con i nostalgici come noi. Il suo inizio è avvenuto con la radio, questo potente mezzo che ha contribuito a lanciare nomi di rilievo come il suo. Oggi, dopo una parentesi a Santo Domingo dove ha avuto altre esperienze, è tornato a Roma e ha una figlia di circa cinque anni. Faber, ricordi esattamente la data di inizio in radio? “Ricordo solo che era dicembre del 1978”. Com'è avvenuto il tuo approccio? “All'epoca avevo diciotto anni e intorno stavano nascendo le prime radio private. Ci rifacevamo ai vari programmi che sentivamo sulla Rai come “Alto Gradimento” e “Supersonic”. Avevo la fortuna di non parlare romanesco e non passavo inosservato”. Quali sono le tue origini? “Sono nato a Napoli da genitori milanesi. Sia a Milano che a Napoli ho vissuto solo un anno. Sono romano d'adozione dal 1969”. Facendo un salto in avanti di oltre quarant'anni, so che ti sei trasferito per qualche anno a Santo Domingo prima di tornare a Roma. Ecco, ma anche lì hai continuato l'attività di dj? “No, assolutamente. Sono andato apposta lì per disintossicarmi. L'unica volta in cui ho messo un po' di musica è piovuto. Sono grato al mestiere del dj che mi ha permesso di mangiare per tanto tempo, però è anche vero che qui in Italia non mi è stato permesso di propormi come fotografo, videografo e altro. A Santo Domingo ho cercato di rinascere cambiando vita anche dal punto di vista sentimentale. Non nascondo che ho avuto qualche delusione, ma almeno ho imparato lo spagnolo”. Tornando all'epoca d'oro della musica, che tipo ascoltavi? “Ero un rockettaro duro, mi piaceva l'hard-rock. L'editore originale di Radio Dimensione Suono, Roberto Giorgio, era appassionato di cd e aveva messo sù un po' di apparecchiature per andare in onda in zona Balduina. All'epoca la radio si faceva così con poco. Facevo parte della Nazionale di Nuoto e curavo e dirigevo il giornalino. Roberto ha notato che all'interno firmavo una rubrica dedicata alla musica, visto che acquistavo molti dischi rock. Ecco com'è avvenuto l'aggancio con la radio. Il mio primo programma si chiamava 'Rock, Roccaccio e Roccone'. Ho debuttato in questa maniera e poi da lì c'è stata l'evoluzione con altre amicizie che mi hanno condotto in discoteca. Da buon nuotatore ero abituato ad andare a dormire presto per svegliarmi all'alba, non avrei mai pensato di stravolgere la mia vita. Tipo quando sono andato all'Alibi

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AMBIENTE & TECNOLOGIA by Mariagrazia Cucchi

niccolò calandri “Voci dalle oasi” la mUsica cHe riProdUce i sUoni degli imPollinaTori In vista della Giornata Mondiale dell’Habitat, 3Bee, la climate tech company leader nella tutela della biodiversità tramite la tecnologia, lancia “Voci dalle Oasi”, la prima ed unica playlist disponibile su Spotify, che suona per la salvaguardia della biodiversità riproducendo i suoni unici degli impollinatori registrati dalla tecnologia proprietaria Spectrum. Uno speciale progetto di sensibilizzazione rivolto a cittadini, enti e imprese rispetto all’importante tema di tutela della biodiversità e degli insetti impollinatori ed al fondamentale ruolo che essi ricoprono anche nelle nostre città. Ne parliamo con Niccolò Calandri, founder di 3Bee Come nasce il progetto della prima e unica playlist dedicata agli impollinatori "Voci dalle Oasi"? Ci racconti questa bellissima iniziativa che dà voce a coloro che non ne hanno? “'Voci dalle Oasi' è la prima playlist disponibile su Spotify che riproduce i suoni unici degli impollinatori registrati da Spectrum, la tecnologia proprietaria in campo di 3Bee. La playlist è composta da 10 tracce, ognuna corrispondente al suono di un impollinatore. Tra questi abbiamo per esempio l’osmia bicornis, la xylocopa violacea e l’andrena agilissima. Si tratta di specie appartenenti a diverse famiglie di impollinatori, importanti da tutelare in quanto responsabili di circa il 75% delle colture mondiali. Il progetto della playlist fa parte di una campagna più ampia che permette non solo di ascoltare i suoni di questi impollinatori, ma anche di vederli e conoscerli. Con questa campagna vogliamo lanciare un importante messaggio di sensibilizzazione, perché la perdita di biodiversità non può passare inosservata: ogni 1000 ascolti infatti, metteremo a dimora

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un albero nettarifero nelle nostre Oasi urbane di Milano e dintorni per dare nutrimento agli insetti impollinatori e creare nicchie ecologiche per oltre 200 mila specie di animali. Perché le Oasi rappresentano il primo passo verso la resilienza climatica”. Quanto è importante sensibilizzare cittadini, enti ed imprese al rispetto al tema di tutela della biodiversità e degli insetti impollinatori e il ruolo che essi hanno nelle nostre città e nel processo di rigenerazione? “La sensibilizzazione è per 3Bee uno dei tre fondamentali pilastri, insieme al monitoraggio e alla rigenerazione. Sensibilizzare cittadini, enti e imprese è fondamentale, perché solo unendo le forze possiamo raggiungere un cambiamento concreto. Ed è importante farlo fin dal principio: per questo motivo abbiamo recentemente lanciato “3Bee: a scuola di biodiversità”, il piano didattico gratuito sulla biodiversità dedicato alle scuole primarie. L’obiettivo? Formare docenti e studenti e ispirare le nuove generazioni, perché è fondamentale fornire loro gli strumenti e trasmettere la consapevolezza per affrontare le sfide ambientali. Anche le imprese possono supportarci in questo progetto affiancando una scuola in questo percorso educativo focalizzato sulla biodiversità. Un modo diretto e significativo per raggiungere gli obiettivi ESG attraverso un impegno di sostenibilità sociale sul territorio”. Uno speciale progetto che ha anche l'obiettivo di ricordarci che noi abbiamo il potere e la responsabilità di plasmare il futuro delle nostre città, dei nostri paesi e, in generale, dell’habitat umano. In che modo le tecnologie 3Bee contribuiscono in questo senso? “3Bee è la climate tech company leader nella tutela della


biodiversità, che connette la natura con la tecnologia. Ed è proprio tramite la tecnologia associata alle iniziative di rigenerazione di 3Bee che si crea un impatto concreto e monitorabile, con l’obiettivo di avere dei concreti benefici sul nostro Pianeta che siano immediati e duraturi nel tempo. In particolare, il protocollo di monitoraggio certificato Element-E è un approccio innovativo basato su nuove tecnologie e partnership con organizzazioni e istituti di ricerca. Il primo step del protocollo si basa sulla tecnologia Flora, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA): un software che utilizza l'Intelligenza Artificiale e le immagini satellitari per mappare l’area di studio e stimare la potenziale biodiversità dell'habitat e della sua idoneità per gli impollinatori. La seconda fase si concentra invece su Spectrum, un sensore IoT che fa da "orecchio sonoro" e che viene posizionato nell'area di studio per rilevare la quantità e le tipologie di impollinatori presenti. Grazie al battito delle ali, ogni impollinatore emette un'onda sonora caratteristica che viene captata da questa tecnologia, permettendo a 3Bee di valutarne l’abbondanza”. Purtroppo la gestione del verde e degli habitat è sempre stata considerata una cosa di poco conto, ma è giusto attribuirle una fondamentale importanza. Da questa necessità sono nate "Le oasi di biodiversità", ci racconta in cosa consiste il progetto che sta portando avanti 3Bee e quali sono gli obiettivi dei prossimi anni? È necessario agire con urgenza per contrastare la perdita di biodiversità soprattutto nelle aree urbane? “Per contrastare la perdita di biodiversità nelle aree urbane abbiamo bisogno di un piano di biodiversità mirato, scientifico e oculato: solo in questo modo possiamo diventare resilienti alle forme più avverse del clima che subiremo nei prossimi anni e favorire il ritorno della natura nelle nostre città. Le Oasi della Biodiversità di 3Bee sono habitat urbani e agroforestali di biodiversità con rifugi per impollinatori e flora autoctona, luoghi certificati dall'impatto tracciabile grazie alla tecnologia 3Bee. Ad oggi ne abbiamo create oltre 200, ma vogliamo raggiungere le 10.000 Oasi entro due anni: un obiettivo ambizioso che possiamo realizzare solo solo grazie all’impegno e al contributo di enti e imprese virtuose che desiderano avere un impatto con un progetto di rigenerazione tangibile e misurabile”. Quali sono gli altri progetti che le stanno più a cuore? Se non erro avete anche un bellissimo progetto attivo nelle scuole primarie per formare sin da piccoli i ragazzi alla tutela della biodiversità. Di cosa si tratta? “Esattamente. Abbiamo recentemente potenziato il nostro percorso didattico gratuito sulla biodiversità dedicato alle scuole primarie, “3Bee: a scuola di biodiversità”. Si tratta di un programma che comprende 9 moduli dedicati ad approfondire la biodiversità da più punti di vista: dall’impor-

tanza degli insetti impollinatori agli effetti del cambiamento climatico, fino ad arrivare alla biodiversità e agli ecosistemi. Un percorso flessibile, focalizzato sulla combinazione tra digitale e materie scientifiche, con laboratori pratici in parallelo e attività da svolgere a casa. Un’opportunità unica per ampliare il curriculum didattico con una formazione alla sostenibilità ambientale di alto livello, tutto elaborato e fornito gratuitamente dal team scientifico di 3Bee. Anche le imprese possono supportarci in questo progetto affiancando una scuola in questo percorso educativo focalizzato sulla biodiversità. Un modo diretto e significativo per raggiungere gli obiettivi ESG attraverso un impegno di sostenibilità sociale sul territorio e supportando un curriculum educativo che prepara i giovani ad un futuro più esigente in termini di sostenibilità. A meno di un mese dal lancio, già 200 scuole hanno aderito al progetto: un risultato di cui andiamo fieri e che speriamo di triplicare in breve tempo per tessere un’ampia rete di istituti che si trasformino in veri e propri 'ambasciatori del cambiamento'”.

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FASHION by Luca Dell’Oro

claUdia Blengino il segreTo di non arrendersi mai! Questa è la storia di una donna che non si è mai arresa, che anche nei momenti di difficoltà è sempre stata capace di trovare le energie per saltare oltre l’ostacolo. Passo dopo passo, Claudia Blengino si è guadagnata quel che è oggi: mamma, donna, modella, fotomodella, brand ambassador e imprenditrice. Un’esplosione di femminilità associata a una naturale propensione per il dialogo, l’ascolto e l’empatia. Elementi fondanti del suo carattere che le hanno permesso di avere un seguito di mezzo milione di followers su Instagram, di stregare il popolo del web con i suoi scatti mozzafiato, di posare per i più importanti fotografi italiani e di essere scelta nel campo del luxury per veicolare i messaggi di brand ambizioni e prestigiosi. “Ma sono sempre io, semplicemente me stessa, naturale e senza filtri” racconta Claudia, orgoglio italiano di sensualità, un corpo da far invidia alle ventenni e uno sguardo che cattura al primo istante. Il resto, come detto, lo ha fatto la sua voglia di mettersi in gioco per dimostrare che anche le donne over possono – e anzi, devono – essere un trionfo di bellezza. “Il mio modo di intendere il fascino è strettamente correlato all’eleganza – svela – Una donna è tale se si presenta raffinata, versatile, capace di instaurare una conversazione e di dare valore alle piccole cose”. Certo è che per lavoro Claudia è oggi impegnata in giro per il mondo, visita luoghi da favola, vive esperienze da sogno. Una vita a 5 stelle che non le hanno tolto il piacere di una colazione fatta in casa, di una passeggiata all’aria aperta, di una cena intima con le persone a lei più care. “La vera felicità passa da qui – aggiunge – Ho vissuto momenti difficilissimi nella mia vita, dall’affetto di chi ho avuto accanto ho trovato la forza per ripartire. Questo non posso dimenticarlo”. Quanto ti è stata di aiuto la fotografia? “Moltissimo! Mi ha aiutata a guardarmi con nuovi occhi, mi ha permesso di esprimere me stessa, le mie emozioni, le mie vittorie e le mie sconfitte, mi ha sorretto dando forza ai miei sguardi e alle mie pose. Ho scelto di raccontarmi con femminilità, con eleganza, senza cadere nella banalità. Ho dato un senso al mio essere donna, al

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FASHION

mio sentirmi donna, trasmettendo questo messaggio in uno scatto e rendendo eterno quel momento”. La tua immagine è quella di una donna in carriera votata a raccontarsi attraverso la sensualità. “Ogni donna è intrisa di sensualità, declinata da ciascuna di noi in modi differenti. Io ho scelto di veicolarla dando spazio al mio ego, mostrandomi senza ipocrisie, dimostrando che si può essere lavoratrici, mamme e fotomodelle. Ogni scatto vorrei raccontasse questi aspetti di me: una donna di valori, innamorata dei suoi figli, dedita al lavoro, attenta a sé stessa. È un mix così semplice da lasciare talvolta senza parole chi lo ammira”. E, infatti, chi guarda i tuoi scatti resta senza parole… “Ma la mia immagine non vuole mai essere forte per il semplice fatto che scopre centimetri di pelle. Quello sì, sarebbe banalizzare il mio corpo. Piuttosto, la sensualità cattura l’attenzione dell’occhio e permette di trasmettere contenuti profondi. Mi caratterizzano valori saldi, saldissimi. Credo nella lealtà, nell’amicizia, nell’amore verso i miei figli e verso me stessa. Non c’è spazio per la volgarità, il compromesso, le ingiustizie”. La fotografia è stato il tuo modo per riscattare momenti difficili. “Ho vissuto periodi complicatissimi. Ho trascorso giornate dense di preoccupazioni, di criticità, di ostacoli che mi sembravano insormontabili. Ogni volta, mi sono rimessa in gioco e ho ritrovato la forza per recuperare il sorriso perduto. La fotografia mi ha aiutata, e mi aiuta, a trasmettere questa mia volontà inossidabile. Il mio è un messaggio alle donne: mai arrendersi, io ne sono solo un esempio. E fra noi donne dovrebbe vigere aiuto reciproco e collaborazione, senza nessuno spazio per invidie e gelosie. Ognuna è magica a modo suo”. Sui social newtork hai mezzo milione di followers. “Un numero incredibile, mai lo avrei immaginato. Penso di essere così seguita perché trasmetto al pubblico la semplicità di una donna che vive esperienze da favola pur restando semplice, pur apprezzando le piccole cose. Le mie fotografie voglio che raccontino questo di me. E attraverso i social comunico me stessa, racconto chi sono, dove voglio andare, cosa voglio raggiungere”. Appunto: dov’è il tuo futuro? “Lo vedo ancora qui, in campo fotografico, ma lo vedo anche evolversi in ambito imprenditoriale. Sono una donna che non può star ferma: ho vissuto salite e discese ma non sono mai rimasta ferma”.

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