Estratto duomo firenze

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Storie e stampe locali Collana di aiuto alla visita di monumenti, opere d’arte, luoghi che si intrecciano con la storia di Firenze e della Toscana per contribuire a una comprensione più profonda della nostra terra.

Lorna Bianchi

Daniele Vannetiello LA SERRA DEL GIARDINO DELL’ORTICOLTURA A FIRENZE Franco Cardini IL GIGLIO, LA STELLA E LE TRE CORONE Lucio Bigi IL FIOR FIORE DI SANTA MARIA DEL FIORE Lucio Bigi THE DUOMO OF FLORENCE

FIRENZE, PIAZZA DEL DUOMO Duemila anni di storia

Lucio Bigi, Mario Mureddu L’OROLOGIO NEL DUOMO DI FIRENZE Giovanni Pallanti 1829 E DINTORNI Cesare Torricelli DA FIRENZE... A FIRENZE Giuseppe Zocchi VEDUTE DI FIRENZE E DELLA TOSCANA Lorna Bianchi FIRENZE, PIAZZA DEL DUOMO

LIBRERIA EDITRICE FIORENTINA


INTRODUZIONE

ISBN: 978-88-6500-082-3 © 2014 Libreria Editrice Fiorentina via de’ Pucci, 4 – 50122 Firenze Tel. 055 579921 Fax 055 2399342 www.lef.firenze.it editrice@lef.firenze.it Impaginazione e redazione di Elisa Grimaldi Immagine di copertina: Santa Maria del Fiore © Anita Gironi Foto di Lorna Bianchi

Le piazze sono i nodi nei quali un tessuto urbano si rivela in tutto il suo significato al visitatore più attento; la storia della loro genesi e della loro funzione ricapitola quella dell’intera città e le conferisce un senso profondo. Talvolta, sono i visitatori, i viaggiatori, perfino i tanto bistrattati e sfruttati eppur tanto preziosi “turisti” che, se riescono a superare il diaframma dei loro obiettivi fotografici, della confusione cittadina, delle bancarelle di souvenirs, dei venditori di giornali, di cibi o di bevande e magari il fascino – nemmeno sempre discreto – dei negozi, dei caffè e dei ristoranti che la circondano, a “comprendere” una piazza cittadina ancor meglio degli autoctoni che ci passano troppo spesso in fretta, distratti oppure al contrario assorti nei loro pensieri e nelle loro preoccupazioni, o magari infreddoliti e zuppi di pioggia d’inverno e accaldati e matidi di sudore d’estate. Se la strada è per sua natura un nastro, e la sua stessa forma invita o addirittura sprona al movimento, la piazza dovrebb’essere un momento di sosta dove il passo rallenta, la mente respira, il cuore si allarga. Non è sempre così. Anch’io, fiorentino da oltre settantun anni per quanto fin troppo spesso all’estero – o forse proprio per quello: sovente ogni ritorno è un’occasione di riscoperta della mia città – mi lascio talvolta cogliere di sorpresa, quasi di contropiede, dalle piazze della mia città. Direi anzitutto dalle più piccole e più segrete, come quella dei Santi Apostoli, di San Michele, di San Remigio, di Sant’Ambrogio, di Cestello; ma anche dalle più grandi, da quelle davvero “storiche” in tutti i possibili sensi, cioè storiche per eccellenza. Non parliamo nemmeno di piazza della Signoria; ma basterebbe a una qualunque altra città di possedere una, una sola delle belle piazze fiorentine – Santa Croce, Santa Maria Novella, il Carmine, Santo Spirito, San Lorenzo,

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la Santissima Annunziata, piazza Ognissanti, piazza Strozzi, piazza Antinori, piazza Pitti – per esser nota in tutto il mondo. E, dal momento che una città è un palinsesto diacronico e transtorico, non andrebbero dimenticate nemmeno le piazze che ci parlano dell’importanza di Firenze anche in secoli che di solito meno attraggono i turisti: il sobrio trionfo barocco di piazza San Firenze, l’austerità medievalsetteottocentesca di piazza della Libertà, il fascino foscoliano e böckliniano di piazza Donatello, l’ardita concezione modernista e razionalista di piazza della Stazione. Terrei forse da parte piazza della Repubblica, “da secolare squallore a vita nuova restituita”, e Dio avesse voluto che nel suo secolare, glorioso “squallore” i fanatici architetti dell’Italietta ce l’avessero lasciata, anziché pretendere di farla assurgere ai banali, conformistici fasti d’una falsa Torino a sua volta scimmiettante gli archi, i gessi e le cornici del più tronfio Secondo Impero parigino. Eppure, andateci in una mattinata bigia d’inverno, anche in piazza della Repubblica, e rifugiatevi nell’asilo profumato di uno dei suoi storici caffè per una bella cioccolata calda; oppure fatevici un giro in una calda serata d’estate, quando è piena di gente e si sentono grida, risate, canzoni… Ma confesso che a volte, capitando di mattina presto o verso sera in quella piazza che in realtà sono due, piazza del Duomo e piazza San Giovanni, anche a esser vecchi fiorentini ai quali capita di passarci tutti i giorni (e magari nemmeno è vero, ma a loro sembra di sì), arrivato là, tra porta del Paradiso, campanile di Giotto e Loggia del Bigallo – non è forse un triangolo magico… – , mi capita di fermarmi, di commuovermi fin quasi alle lacrime, di ringraziare Dio per avermi fatto fiorentino, di chiedermi come si faccia a esser nati o comunque a vivere ancora. Extra Florentiam non est vita; si tamen est, non potest esse ita. Ve lo assicura un vecchio nomade che per giunta s’innamora sempre delle città che visita e dopo qualche ora si sente cittadino di tutte e a suo perfetto agio in tutte: Siena, Venezia, Geru-

salemme, Parigi, Madrid, Siviglia, Granada, Londra, Vienna, Praga, Mosca, Damasco, Isphahan, New York, San Francisco, Salvador de Bahia, Cuzco, Samarcanda, Sidney, Shanghai, Xian… Ora che non sono più giovane mi succede con le città quel che mi succedeva con le ragazze tra adolescenza e piena giovinezza, passo di cotta in cotta, m’innamoro di tutte contemporaneamente (ho messo in fila appunto i miei più grandi amori, in ordine sparso e confuso: e ne manca qualcuno). Quando Lorna Bianchi mi ha detto che stava scrivendo un libro su piazza del Duomo/piazza San Giovanni, l’ho invidiata e ho temuto per lei. Badate, avete voglia di dir Taj Mahal o Piramidi o Notre Dame o Pantheon o Castel del Monte o Alhambra o quel che volete: il battistero di San Giovanni è una delle non so più quante (pochissime, comunque) autentiche Meraviglie del Mondo, e per giunta uno dei monumenti più complessi ed enigmatici che si conoscano al mondo. Ma lì, a due passi, ecco il campanile di Giotto e la cupola del Brunelleschi; del Bigallo ho già detto, e la colonna di San Zanobi è uno scrigno di leggende e di tradizioni, e poco più oltre c’è il museo dell’Opera del Duomo, uno dei più belli della città, dunque d’Europa, cioè del mondo. È noto che greci e romani tenevano rigorosamente separati le piazze nelle quali si presentava tutta la sacralità e solennità urbana, quelle dei templi, del potere e della politica, e quelle ch’erano il “ventre” se non addirittura le “viscere”, le piazze del mercato. Nel mondo medievale, che ha lasciato alla Modernità preziosi legati, non era così: le piazze spesso si rispondevano e s’inseguivano, si passava quasi insensibilmente dall’una all’altra; e la piazza San Giovanni, all’estremo nord del cardo maximus dell’antica Florentia, si collega in un rapporto quasi aperto con l’antico Mercato Vecchio (ora appunto piazza della Repubblica), non troppo lontano dal Campidoglio, e con il nuovo pulsante mercato di San Lorenzo. Sono modi magari

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contigui eppur profondamente differenti di concepire lo spazio urbano: e ora che finalmente si è riusciti a far del centro fiorentino un’area pedonale sul serio o quasi tale, quelle antiche proporzioni tornano d’incanto a vivere, e a volte, specie quando la città è meno affollata, sembra davvero di poter recuperare lo spazio fiabesco eppure stracittadino del cassone nuziale degli Adimari. Si era appunto al margine dell’antica città romana, oltre il perimetro delle sue mura, in quell’area ch’è oggi la piazza del duomo: area marginale e cimiteriale, come sovente accadeva nelle vecchie città romane convertite al cristianesimo nelle quali le basiliche fondate super sanguinem martyrum – qui da noi Santa Felicita e San Felice, prima ancora che Ambrogio vi portasse le reliquie del diacono Lorenzo – si stavano preparando a divenire centrali nello sviluppo urbano che sarebbe venuto dopo, ma che si disponeva “a corona circolare” attorno all’urbs romana. Qui, in questa piazza, il palinsesto del risultato tra la concezione militare romana e quella medievale e poi moderna appare in tutta la sua forza, in tutta la sua complessa e intricata coerenza. Storia e topografia: sono e si presentano come complementari. Lorna Bianchi sa che l’una non può far a meno dell’altra e al tempo stesso dimostra bene di padroneggiare il problema costituito dal comprendere e dal far capire agli altri come i fatti e le loro tracce, la storia e i monumenti/documenti, si presentino sempre contemporaneamente, in un apparente disordine ch’è, al contrario, la chiave di volta del loro rispettivo e reciproco significato. I turisti sono la nostra ricchezza: è necessario curarli bene, qualche volta sul principio anche contro loro stessi, la loro tendenza a distrarsi e a lasciarsi andare. Tra loro, c’è gente che per tutta la vita ha sperato e sognato di venire a Firenze; gente che ci viene per la prima volta che però, lo sappia o no, è anche l’ultima; gente il cui futuro dipenderà magari dall’essersi o dal non essersi innamorata d’una cit-

tà come la nostra. Com’è possibile che in una città come la nostra non esista ancora una vera e propria Scuola qualificata, addirittura un’Università del Turismo? Ma dal momento che questa è una carenza obiettiva, e in attesa di superarla, e nel tentativo di far capire che il superarla è necessario, non si può non esser grato a persone come Lorna Bianchi: per la dedizione che dimostrano al loro lavoro, per la competenza che immettono nel suo svolgimento, per l’amore che si manifesta attraverso le loro parole e i loro scritti. Noi non ci riflettiamo mai, prigionieri come siamo dell’ovvio e del quotidiano: eppure “Guida” è una bella parola, una parola impegnativa che può far perfino paura. Una volta si parlava, ironicamente, di “tolomei” e di “ciceroni”. Ma c’è ben altro. Arianna è una Guida. Virgilio una Guida. L’angelo custode una Guida. Cara Lorna, sei in buona compagnia. Non dimenticarlo mai: e cerca di farlo capire alla tua spesso distratta e rumorosa clientela. Lei non lo sa: ma il tuo mestiere somiglia molto alla missione. È certo che tantissima gente, rientrata a Melbourne o a Kyoto, per il resto della sua vita rivedrà e risognerà Firenze attraverso i tuoi occhi e le tue parole.

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Franco Cardini


Firenze: dalla sua nascita alla signoria medicea Le origini romane Come tutte le città del passato, anche Firenze fino all’Ottocento aveva la sua cinta muraria, della quale oggi sono rimasti solo alcuni tratti e alcune porte. Le mura, soprattutto in una città medievale (perché è della Firenze medievale e rinascimentale che soprattutto parleremo in questo libro), risultano, anche nell’immaginario collettivo, la prima identificazione di una città di quei tempi: la cinta muraria rappresenta la difesa della città e quindi del suo popolo che, chiuso in quella cerchia, vive la sua vita e la sua operatività al servizio della comunità. Spesso anche oggi per identificare una persona si usa citare il luogo di provenienza che, anche se le nostre città non sono necessariamente limitate dalle mura di cinta, è comunque un luogo con tanto di confini. Firenze nel corso dei secoli “cambierà” le proprie mura ampliandole o restringendole a seconda delle necessità1, ma così farà anche con la cattedrale che dalla piccola Santa Reparata divenne la grandiosa Santa Maria del Fiore. La cattedrale medievale, come le mura, è costruita in funzione del suo popolo: deve dimostrarne la grandezza ed accogliere la comunità. La cattedrale, con la sua cupola, già alla fine del Quattrocento era il simbolo di Firenze, rappresentava infatti il potere tecnologico, la Dalle mura romane si passò a quelle bizantine (a seguito della guerra grecogotica e del successivo dominio bizantino) delle quali resta ancora oggi la torre di avvistamento detta in epoca medievale “la Pagliazza”. Successivamente si avranno le mura della rinascita carolingia, le mura Matildine del 1078 e le mura del XII secolo che videro comprendere anche i borghi oltrarno.

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Veduta del Duomo

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genialità e la ricchezza della città stessa e non solo la religiosità. Ma il rapporto fra la cattedrale e la città è molto più antico: bisogna infatti risalire all’epoca dell’Impero romano, l’epoca di Giulio Cesare, in cui Firenze nasce, come del resto molte altre città italiane, grazie alla Riforma agricola, con la quale l’imperatore si impegnava a dare ai legionari un appezzamento di terreno lontano dalla capitale, ma vicino a un fiume e a una delle vie principali. La lontananza dalla capitale era una sorta di garanzia per il potere di Roma, perché i legionari in riposo erano ancora giovani (andavano in “pensione” verso i 36-37 anni di età) e ancora in grado di lottare: dunque potenziali usurpatori avrebbero potuto strumentalizzarli. Firenze, o meglio la città di Florentia, sorge nel 59 a.C. in un punto in cui il fiume Arno, importante via fluviale tra Pisa e Firenze, era facilmente attraversabile per consentire alla via Cassia di congiungere Roma alla Gallia cisalpina. La sua forma è quella degli accampamenti militari (castrum): un riquadro con quattro porte (nord, sud, est e ovest) sulle due vie principali (cardo e decumano) che si incrociavano al centro della città formando una piazza chiamata foro (o piazza d’arme). Il Cardo maximum, come veniva chiamata la strada principale che tagliava la città da nord a sud, corrispondeva alla via Cassia e possiamo identificarlo con le attuali via Calimala e via Roma; il decumanus, la direttrice che invece attraversava la città da est a ovest, corrispondeva alle attuali via del Corso, via degli Speziali e via Strozzi; al foro corrispondeva invece l’odierna piazza della Repubblica. Verso la fine del II secolo Firenze viene provvista di un porto fluviale fuori le mura, di un anfiteatro e di un acquedotto con tanto di terme. La piazza del Duomo nasce all’interno di questa prima città romana2. 2

Il terreno entro le mura della città, essendo molto scarso, era anche molto costoso; la conquista di uno spazio così vasto all’interno delle mura3 era una vera e propria vittoria del Cristianesimo (la nuova religione) per controbattere il paganesimo dell’Impero romano; Pisa e Siena, ad esempio, avevano le loro chiese fuori dalle mura romane4. Infatti già nel 313, anno dell’editto di Costantino, Firenze ha un vescovo: Felice. La basilica di Santa Reparata (la prima cattedrale fiorentina) sorgeva comunque nel quarto peggiore della città romana, ovvero nella periferia nord-est della città, quasi a ridosso delle mura, la zona che ancora oggi è battuta dalla tramontana.5 Questo non significa però che la zona fosse considerata inferiore rispetto ad altre: era infatti abitata da artigiani, ma anche da patrizi, come attestano i mosaici pavimentali sotto il battistero. Le chiese del IV e V secolo non erano molto dissimili dagli edifici pubblici pagani6: erano grandi aule tardo-imperiali dove il popolo

Altri precedenti insediamenti cristiani risalgono al V secolo d.C., ma sono tutti

fuori dalla cinta muraria, come ad esempio la chiesa di S. Lorenzo o la chiesa di S. Felicita. 3 Chiaramente si deve pensare alla piazza del Duomo quando esisteva solo fino all’abside di S. Reparata, che comunque era vasta quanto il foro in cui erano costruiti dei templi in onore di divinità pagane. 4 Si deve comunque considerare che ai tempi di sant’Ambrogio le campagne circostanti la città di Firenze erano ancora pagane. 5 Questo non è un caso isolato, infatti anche Pisa e Roma hanno le proprie cattedrali costruite vicino alle mura della città romana, in quanto le zone centrali, nei primi secoli del Cristianesimo, ancora accoglievano i templi pagani e le abitazioni più lussuose. 6 I primi cristiani utilizzavano le basiliche romane come chiese, che in origine erano luoghi pubblici di riunione, e non i templi pagani per ovvi motivi di confusione fra i due culti e per la necessità pratica di un luogo coperto in cui la comunità cristiana si potesse riunire. Il tempio pagano infatti consisteva in una cella interna, che era l’unica parte coperta del tempio, in cui era custodita la statua della divinità; il culto pagano era svolto all’esterno.

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romano-cristiano si riuniva per celebrare la presenza di un nuovo e unico Dio ormai entrato nella storia e nella vita di tutti gli uomini. Anche la prima basilica di Santa Reparata era dunque principalmente un luogo di incontro per il popolo, la plebs (da cui il termine medievale “pieve”), anche nel senso politico del vocabolo, e pietas, riconoscimento verso il passato, verso la memoria di chi ha contribuito a costruire il presente. Infatti in alcuni mosaici pavimentali sono stati trovati i nomi dei benefattori che contribuirono all’abbellimento di Santa Reparata.

7 Romolo Augustolo (lat. Romulus Augustus, detto Augustulus), ultimo imperatore romano d’Occidente (475-476 d.C.). Figlio del patrizio Oreste, il capo delle truppe galliche, già braccio destro di Attila, si ribellò alla nomina ad imperatore di Giulio Nepote, allo scopo di insediare il figlio Romolo che con l’iniziale appoggio di Odoacre fu fatto acclamare Augusto a sedici anni; fu detto Augustolo per la sua giovane età. 8 Odoacre re barbarico (434 circa - Ravenna, 493). Generale dell’esercito romano (472). In seguito alla deposizione di Romolo Augustolo, della quale fu a capo, fu proclamato rex gentium, cioè re delle popolazioni barbare stabilite in Italia. Preoccupato dei successi politico-militari di Odoacre, però, Zenone ne ostacolò l’ascesa inviandogli contro gli ostrogoti di Teodorico (489), che dopo lunga resistenza lo vinse e, a tradimento, lo uccise.

Chiaramente la città versava in gravissime condizioni economiche; il re bizantino Teodorico nel 488 ottenne la nomina di patrizio d’Italia conferitagli dall’imperatore Zenone e condusse i Goti nella nostra penisola sconfiggendo definitivamente Odoacre. Il lungo e tranquillo governo di Teodorico ha sicuramente facilitato la rinascita della città di Firenze, che si popola anche di artisti venuti da Bisanzio, e la costruzione della prima cattedrale entro le mura cittadine. L’iniziale affermazione del Cristianesimo subì cambiamenti profondi nel lungo periodo della seconda ondata di invasioni dal nord, verso la metà del VI secolo. La morte di Teodorico scatenò infatti la contesa fra i Goti e l’imperatore di Bisanzio, alla brutalità degli invasori Giustiniano, imperatore d’Oriente, rispose mandando un esercito per salvare l’Italia. Una piccola forza bizantina si stabilì a Firenze per motivi strategici, le mura della città si restrinsero e molti edifici, fra cui anche Santa Reparata furono lasciati fuori. Ovunque le città dell’antico Impero si spopolavano e la drammatica transizione culturale che stava avvenendo sradicava totalmente il passato greco-romano; le acquisizioni scientifiche e tecnologiche dell’antichità non potevano essere tramandate ai posteri, i quali tornavano per forza alla visione superstiziosa della realtà. Nel 570 i Longobardi preferirono Lucca a Firenze e costruirono la via Francigena che portò alla decadenza delle Vie Cassia e Aurelia, quindi Firenze rimase tagliata fuori. Ma già Lotario I (conte franco succeduto al duca longobardo) tornò a risiedere sulle rive dell’Arno e attuò la riunificazione delle due contee di Firenze e di Fiesole. Con la graduale conversione dei popoli barbari, voluta in particolar modo da Carlomagno, principe dei Franchi e successivamente investito da papa san Leone III del titolo di imperatore del Sacro romano impero, iniziò anche la grande opera di ristrutturazione e di rifacimento dei principali luoghi di culto. Tra le chiese riedificate a

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La fine dell’Impero romano e le invasioni barbariche Alla morte di Teodosio, nel 395, l’Impero romano fu diviso in Impero romano d’Occidente e Impero d’Oriente tra i suoi due figli Onorio e Arcadio. L’Impero romano d’Occidente ricevette come capitale Ravenna già nel 404. Iniziarono in questo periodo le invasioni barbariche: nel 405 Firenze fu invasa dalle truppe dei Goti di Radagasio, ma ne uscì vincitrice. Erano gli anni in cui Firenze ebbe un nuovo e importante vescovo: san Zanobi. Nel 476 con la deposizione di Romolo Augustolo7 da parte di Odoacre8, si estinse l’Impero romano d’Occidente.


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