Un cristiano per la città sul monte

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Nino Giordano

Un cristiano per la cittĂ sul monte Giorgio La Pira

Libreria Editrice Fiorentina


Siamo qui per questo Ricordate? Levò alto i pensieri, stellò forte la notte, inastò le sue bandiere di pace e d’amicizia la città degli ardenti desideri che fu Firenze allora… Essere stata nel sogno di La Pira “la città posta sul monte” forse ancora la illumina, l’accende del fuoco dei suoi antichi santi e l’affligge, la rode, nella sua dura carità il presente di infamia, di sangue, di indifferenza. Non può essersi spento o languire troppo a lungo sotto le ceneri l’incendio. Siamo qui per ravvivarne col nostro alito le braci, ché duri e si propaghi, controfuoco alla vampa devastatrice del mondo. Siamo qui per questo. Stringiamoci la mano, sugli spalti di pace, nel segno di San Miniato. Mario Luzi


Presentazione dell’editore

La Libreria Editrice Fiorentina non è una casa editrice laica, cioè crede nei libri che fa e si fa convertire dai suoi autori, specie alcuni. La Pira è uno di questi e l’intento delle pubblicazioni post mortem non è di mettere l’autore sugli altari, ma di farsi ispirare nel pensiero per l’azione di oggi che non sarà una proiezione geometrica di quella di ieri ma avrà lo stesso orientamento, la stessa Stella Polare. Questo lavoro del prof. Nino Giordano, frutto di tre anni di ricerche, fa emergere in La Pira i colori dell’eroismo cristiano che attraversa indenne lo spirito e le circostanze del tempo, in questo caso della politica, senza farsi ingabbiare dalle istituzioni, dalle ideologie e dalle leggi. Ci sono affermazioni che oggi non sottoscriverei, ma La Pira le accompagna sempre con la fiducia nel Padre celeste che impone una conversione del modo di guardare al tempo. Ad esempio, alla luce di quanto è avvenuto dopo, come la costruzione della tecnologia delle guerre stellari, l’uso dei satelliti per scopi bellici, l’inquinamento dello spazio, lo spreco ecc., non sottoscriverei l’affermazione che la conoscenza dello spazio cosmico sia premessa della consapevolezza da parte dell’uomo della propria signoria sul cosmo, perché una signoria tecnologica pretende di sostituire la creazione con l’invenzione scientifica in opposizione a Dio. Ma la ricapitolazione in Dio di tutto il cosmo è una scoperta di felicità dell’anima umana. Anche quando s’intende ricavare dalla carità una strategia politica o una regola, è facile che nascano effetti indesiderati, com’è successo col principio della “Piena Occupazione”, quando, inavvertitamente, si è cominciato a intendere per “Occupazione” esclusivamente il lavoro salariato. 5


I distribuisti1 avevano affermato che la piena occupazione si può ottenere con la distribuzione della proprietà e la moltiplicazione delle attività economiche indipendenti. Se invece si moltiplica il lavoro salariato si aumenta la concentrazione del capitale e la polarizzazione sociale, con la conseguente progressiva dipendenza di milioni di persone dai detentori del potere finanziario. La Pira, diventato sindaco di Firenze pochi anni dopo la fine della guerra, prese con decisione la via più immediata per risolvere al momento il problema della fame della gente o non aggravarlo e lo fece difendendo le fabbriche che c’erano e il lavoro salariato. La Pira condivise e promosse le idee di Keynes, applicate da Roosevelt col New Deal per assorbire la sovrapproduzione e la disoccupazione attraverso lo sviluppo dei consumi, ma lo fece nella prospettiva di una politica economica al servizio della dignità umana, che in quel momento non poteva essere protetta senza evitare la chiusura delle fabbriche esistenti. Quando poi questa concezione del lavoro come salario ha monopolizzato l’occupazione, ostacolando pesantemente per legge la trasmissione alle giovani generazioni del lavoro autonomo dei piccoli artigiani e dei contadini, si è sviluppata la degenerazione sociale del paese. Infatti il lavoro artigiano e contadino costituiscono l’identità profonda, la radice della lingua, della cultura, del saper fare che per millenni ha formato tutto ciò che rende l’Italia uno dei grandi attrattori del mondo. Il divieto di fatto e per legge di questo tipo di lavoro manuale qualificato nelle nostre città e campagne, la fine della libertà di lavoro con l’imposizione monopolistica dell’imprenditore e del salariato ha prodotto il taglio delle radici del nostro paese che gli impedisce oggi di svolgere il suo compito storico nel mondo. La Pira lo aveva affermato già nel 1954: 1

V. McNabb, La Chiesa e la terra, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2013. 6


l’integrazione fondamentale per ridare volto cristiano ed umano a tutto l’edificio civile… è la bottega artigiana, cantiere dove si edifica con più compiutezza la persona umana e la città umana; dove la persona umana acquista più intima consapevolezza delle proprie capacità creative… Vedere rifiorire le famiglie, le città, le libertà, la cultura, la vita religiosa? Lo strumento essenziale di questa generale rifioritura: la bottega artigiana!… Centinaia di migliaia di giovani disoccupati e disorientati aspettano che le porte delle botteghe artigiane siano loro aperte per edificare saldamente in esse la loro persona, la loro famiglia, la loro vita2. L’economia dei consumi derivata dalla gabbia industriale sull’Italia dopo gli anni ’60 ha fatto diventare anche noi, sulla scia dell’America, dei soldati in guerra contro la natura in tempo di pace, non solo riciclando le sostanze chimiche belliche in diserbanti e anticrittogamici, ma riempiendo il mondo di ogni forma d’inquinamento e spazzatura. L’occupazione è diminuita come dimostra l’altissima percentuale di disoccupati, sotto occupati, sotto educati oggi, ma le porte delle botteghe artigiane restano chiuse ai giovani italiani. La radicalità creativa del cristiano La Pira domina incontrastata e puntuale sui fatti che incontra da cittadino, da sindaco, e infine come cittadino del mondo. È questa che commuove e suscita in chi legge il profumo della carità cristiana e il bisogno di praticarla. In La Pira c’è un senso forte dell’etica di governo per il bene comune in qualsiasi ruolo pubblico, che continua una tradizione millenaria praticata con determinazione nel medioevo e nel rinascimento, come dimostra a Firenze Orsanmichele, il granaio della repubblica fiorentina, che serviva allo stato per calmierare i prezzi intervenendo direttamente sul mercato in difesa dei più poveri e quindi della semplicità della vita per tutti. È una difesa morale contro l’immoralità dello speculare sulle “Firenze e il lavoro artigiano”, 24 aprile 1954, in La Pira autobiografico, Sei, Torino 1994, p. 85.

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persone in difficoltà, ma è anche un modo per mantenere alta la qualità della comunità. Infatti la libertà di vivere semplicemente tutela l’essenza del pluralismo con conseguenze positive in tutti i campi. È proprio il caso di richiamare la funzione del diritto pretorio rispetto al diritto civile: quod pretore introduxerunt juris civilis corrigendi gratia, vel adiuvandi gratia, vel supplendi gratia (D. 1,2,7). Lo sradicamento della disoccupazione e della miseria – e quindi il risanamento del sistema economico e finanziario – non può essere operato organicamente che dallo Stato.3 Ma si tratta di ben altro rispetto al fascismo o alla situazione attuale, in cui l’unica fonte del diritto è lo stato e gli obblighi internazionali da esso assunti. Lo stato che concepisce La Pira è quello meglio descritto nell’art. 2 della Costituzione italiana, unica che parla dei diritti dell’uomo anche nelle formazioni sociali di cui fa parte, basati sui doveri di solidarietà. Quindi riconosce che la fonte del diritto a cui lo stato si deve inchinare e che deve servire sono i diritti naturali e originari dell’uomo e delle comunità dove si svolge la sua personalità e che si basano sui doveri di solidarietà politica, economica e sociale. La caratteristica della modernità è di essere senza etica, di averla sradicata dalla politica, dall’economia, dalla scienza e consentire alla speculazione, attraverso la tecnologia, di scorrazzare come una peste bubbonica in ogni campo. Gli accordi internazionali che impongono i brevetti su esseri viventi contrastano decisamente con la Costituzione italiana, coi diritti dell’uomo e delle comunità e consegnano alla speculazione di società sovrastatali dei poteri che nemmeno gli stati più tirannici hanno mai esercitato. L’ideologia della modernizzazione ha ridotto l’Italia a una barca senza direzione, con una massa sempre cangiante di leggi e decreti che fanno l’incertezza del diritto, aperta a ogni 3

Napoli, giugno 1954, in La Pira autobiografico, cit., p. 66. 8


vento egoistico, con una politica senza esempi ideali, incapace quindi di suscitare l’energia della gente per qualsiasi elevato scopo comune. Oggi più che mai occorre piegare alla dignità umana l’iniziativa pubblica, anche attraverso una reinterpretazione di Keynes in armonia con le idee dei distribuisti, della Rerum Novarum e della decrescita dello spreco. Aumentare il debito per investire in un cambiamento dell’economia, uno sviluppo delle attività economiche primarie cioè capaci di rispondere ai bisogni fondamentali fuori dal mercato e nei mercati locali. Riaprire i cantieri di lavoro per dare in concessione e riportare alla coltivazione le terre pubbliche e attraverso queste incentivare la ricostruzione delle campagne. Occorre il proibizionismo per le attività e i profitti dei grandi gruppi finanziari sovranazionali e la liberalizzazione massima per le piccole attività artigiane e contadine. A questo scopo saranno importanti anche zone franche per i mercati a chilometri zero e le attività finalizzate alla sovranità alimentare. Togliere i privilegi alla manipolazione industriale degli alimenti ridurrebbe probabilmente anche la spesa sanitaria e moltiplicherebbe i posti di lavoro autonomi facendo rinascere in nuove forme le tradizioni locali. La presenza dei giovani in età scolastica nelle botteghe artigiane individuali vecchie e nuove, deve essere assicurata e coperta dallo stato, dalle regioni e dai comuni come attività interna all’obbligo scolastico. Occorre una politica del genere per rispondere ai milioni di giovani senza lavoro, ai pensionati che non possono insegnare quello che sanno, al bisogno di rinascita di arti millenarie vietate da assurde regole igieniche senza nessuna prova scientifica sulla loro necessità. Il senso alto, caritatevole, ma anche serio e preciso, del ruolo pubblico che ha avuto La Pira deve essere assunto da chiunque a qualsiasi livello esercita un’attività che risponde a interessi comuni e, vista la situazione delle strutture pubbliche, occorre incentivare al massimo gli interessi pubblici in atti privati. È così che si rifà l’Italia. 9


Infatti l’Italia è un problema. Il risorgimento non ha prodotto un paese unito ma conquistato da uno dei peggiori, dal punto di vista burocratico, stati precedenti, da cui è nata l’espressione solo italiana “governo ladro” con la corruzione tipicamente italiana, poiché rubare a un ladro nella comoda vulgata non è rubare. Ruskin nel libro A quest’Ultimo, ispirato dalla parabola evangelica degli operai dell’ultima ora, sosteneva che dovrebbe essere dato un salario minimo a ciascuno per le necessità essenziali, indipendentemente dal lavoro che fa, per renderlo libero di lavorare gratis secondo la sua passione. Probabilmente queste idee hanno anche influenzato il principio del lavoro salariato come diritto, ma in Italia nel pubblico ha prodotto in diversi casi delle posizioni parassitarie, e ciò ha ancora di più disfatto il paese, ma La Pira afferma a questo proposito: Faremo capire al personale del Comune che esso lavora per la popolazione fiorentina, che ogni cosa fatta rapidamente significa un atto di giustizia e di carità compiuto in favore del prossimo. La burocrazia per la popolazione!4 La Pira ha dato la sua interpretazione all’identità italiana, un ruolo di pacificazione del mondo che probabilmente oggi, dopo la fine dell’Unione Sovietica, e a settant’anni dal trattato di pace con gli USA, non è più congeniale con l’alleanza atlantica ma postula, rispetto alla guerra, un ruolo neutrale dell’Italia sottolineato dalla nostra costituzione, una neutralità che le impone di impegnarsi nella difesa del proprio territorio, ma anche nel contribuire alla pace collaborando, nei paesi della povertà provocata dal colonialismo vecchio e nuovo, a condizioni di giustizia e dignità umana. Se si liberasse il paese dai lacci e dalle ideologie egoiste che lo imprigionano potrebbe dare un contributo essenziale alla convivenza dei popoli. Giannozzo Pucci 4

Consiglio comunale del 3 ottobre 1951. 10


Prefazione

Firenze, Abbazia di San Miniato al Monte 25 novembre 2013 “La crisi del nostro tempo – che è una crisi di sproporzione e di dismisura rispetto a ciò che è veramente umano – ci fornisce la prova del valore, diciamo così, terapeutico e risolutivo che in ordine ad essa la città possiede. Come è stato felicemente detto, infatti, la crisi del tempo nostro può essere definita come sradicamento della persona dal contesto organico della città. Ebbene: questa crisi non potrà essere risolta che mediante un radicamento nuovo, più profondo, più organico, della persona nella città in cui essa è nata e nella cui storia e nella cui tradizione essa è organicamente inserita. E prima di finire questo discorso sul valore delle città per il destino della civiltà intera e per la destinazione medesima della persona, permettete che io dia un ammirato sguardo d’insieme alle città millenarie, che, come gemme preziose, ornano di splendore e bellezza le terre dell’Europa e dell’Asia. Signori, ci vorrebbe qui, per parlare di esse, il linguaggio ispirato dei profeti: di Tobia, di Isaia, di Geremia, di Ezechiele, di San Giovanni evangelista. Per ciascuna di esse è valida la definizione luminosa di Pèguy: essere la città dell'uomo abbozzo e prefigurazione della città di Dio.” Così si esprimeva Giorgio La Pira in un celebre discorso, tenuto al Convegno dei sindaci delle città capitali di tutto il mondo il 2 ottobre 1955 a Firenze, il cui testo ormai è accompagnato sempre dal significativo titolo: Per la salvezza delle città di tutto il mondo. Basterebbero la potenza di queste ispirate parole, la perenne validità di questa diagnosi e la forte carica profetica di quanto si prospetta 11


come soluzione per salutare qualsiasi indagine dedicata al genio mistico e politico di La Pira. Quando poi a dedicarsi alla sua vita e alla sua opera è un conterraneo della statura umana, spirituale e civile di Nino Giordano, non c’è che da rallegrarsi per l’occasione preziosa che ci è offerta di meglio conoscere e far conoscere un imprescindibile protagonista del Novecento europeo e mediterraneo. Nella visione di La Pira è quasi la città stessa, oggi malata, a dover divenire, per così dire, medicina della sua stessa malattia, mediante la diffusa promozione di un radicamento ancor più profondo e vitale della persona in quello che, da entrambi, è della città percepito come il “contesto organico”. Questo è autenticamente tale soltanto se capace di custodire, mediante una incessante traditio, la memoria storica della città e, al contempo, se capace di alimentare una comune speranza attraverso l’incessante e condivisa elaborazione di un’ “idea vitale” che renda ciascun cittadino consapevole di essere porzione irrinunciabile dell’intera civitas e prezioso strumento di quel disegno di bene, di giustizia e di pace che, nonostante le contrarie apparenze, pare quasi inscritto dalla Provvidenza nel cuore e nei destini di ogni città. Mi sembra che questo sia anche il compito precipuo di ogni vera azione educativa e attitudine pedagogica, nella scuola e fuori di essa, e con piena convinzione inscrivo in questa vocazione professionale e esistenziale di Nino Giordano, amatissimo docente liceale, questa sua nuova fatica storiografica e letteraria, suo ennesimo contributo che ci viene dalla sua insonne passione per la trasmissione alle nuove generazioni di quei decisivi valori civili e spirituali che costituiscono l’umano che Cristo stesso ci ha rivelato come nostro pieno compimento e che, con una migliore conoscenza della vita e dell’insegnamento di Giorgio La Pira, devono continuare a ispirare le nostre idee e le nostre azioni. padre Bernardo Francesco Gianni, OSB 12


Indice

Presentazione dell’editore Prefazione di padre Bernardo Francesco Gianni Premessa dell’autore

p. 5 p. 11 p. 13

Pozzallo, terrazza del Mediterraneo: i primi anni

p. 16

A Messina, dallo zio Luigi Occhipinti, dal 1913 all’aprile 1926

p. 21

Ingresso nella fede

p. 24

La vita da docente universitario, 1928-1974

p. 28

Negli anni della seconda guerra mondiale

p. 34

Roma, la comunità del Porcellino

p. 42

L’Assemblea costituente, 1946-1948

p. 48

Dall’Assemblea costituente alla Camera dei deputati, 1948

p. 54

Il sesto governo De Gasperi, 26 gennaio 1950

p. 57

La stima e l’affetto per Giuseppe Dossetti

p. 63

La guerra di Corea, 1951

p. 68

Vita da sindaco

p. 72

Con Ettore Bernabei, in difesa dei “senza tetto”

p. 80

Stabilimento della Pignone: il dramma dei lavoratori e la nascita del Nuovo Pignone, 1953

p. 84

La Pira e don Facibeni: l’amore per i più deboli

p. 89

L’amicizia con il cardinale Elia dalla Costa

p. 93

Innamorato dell’infanzia

p. 99

Convegno dei sindaci delle capitali di tutto il mondo, 1955

p. 104

Le elezioni del 1956

p. 110

Con don Milani, tra i ragazzi di Barbiana

p. 115

Da San Procolo alla Badia fiorentina

p. 121


Il viaggio a Mosca, 1959 Le tre religioni monoteiste La “negritudine” e l’amicizia con Senghor L’habitus francescano Il ruolo delle città L’amarezza e la speranza, 1964-1965 A colloquio con Ho Chi Minh, autunno 1965 L’alluvione, novembre 1966 Lo sbarco sulla luna A Gerusalemme, dopo la guerra dei sei giorni, 1967 In una fase di crisi della fede tradizionale in Europa, anni ’70 In Cile, a colloquio con Salvador Allende La pace o la distruzione totale Chiesa di S. Marco Da Pino Arpioni, nella Casa della Gioventù La collera dei poveri e la fede in Italia, 1976 Il ritorno in Parlamento, 1976 Gli ultimi anni Al funerale

p. 125 p. 144 p. 150 p. 154 p. 159 p. 163 p. 165 p. 174 p. 180 p. 185 p. 193 p. 197 p. 203 p. 208 p. 211 p. 221 p. 224 p. 227 p. 230

Lettera dell’autore Vocabolario Lapiriano

p. 234

In conclusione

p. 237 p. 268


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