Primo Piano - Aprile 2021

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personaggio

Adriana Malavolta

QUANDO L’INVENZIONE È UN EMIGMA LUCIO BIGI E IL SUO STUDIO WOQUINI

Ad un convegno di enigmisti fu sottoposto il seguente indovinello che impegnò i partecipanti per un certo tempo: “...is”. Comincio così l’intervista all’enigmista correggese Lucio Bigi: gli chiedo di risolverlo, per poi pentirmene immediatamente. Lo legge... e intuisco che, dopo meno di un secondo, l’ha risolto, ma per pura cortesia di gentiluomo non risponde e cambia argomento, dicendomi che quello non è propriamente un indovinello, bensì un calembour, un parente nobile della freddura. Allora gli domando: com’è fatto il cervello di un enigmista, cioè di uno che gli enigmi non solo li risolve, ma li inventa? «Non ci vuole un cervello particolare, non è nemmeno un talento; è un’attitudine, come per un meccanico mettere le mani nel motore o per un fornaio fare il pane. Semplicemente ci sono persone che hanno la predisposizione a fare delle cose specifiche. Questa particolare attività, che con passione ed assidua applicazione può diventare una professione, desta molta più curiosità di altre perché è più inconsueta e difficile da immaginare. Un’altra particolarità è che non esistono scuole o corsi che insegnino a diventare un enigmista». Una professione che può diventare un’arte. Alle sue spalle c’è un pannello con la seguente frase di Karl Kraus: “ un artista solo colui che sa creare un enigma da una soluzione”. Lucio Bigi vive a Correggio da quando aveva sette anni, ma è nato ad Alassio “a cinquanta metri dalla riva del mare”; sottolinea di aver ricevuto molto da questo luogo e che si è sempre sentito un ligure correggese, o un correggese ligure. Terminati gli studi ed il servizio militare, svolse diverse attività in vari ambienti lavorativi, finché, grazie anche al totale appoggio della moglie, decise di “strappare”.

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L’enigmistica è la sua passione fin da quando era bambino e l’ha coltivata come tale fino agli anni novanta, quando ha fatto una scommessa: fondare uno studio, cui ha dato il curioso nome di “Woquini”, il nome di un valoroso capo Cheyenne, essendo da sempre un estimatore del mondo dei nativi americani. Oggi si direbbe una start-up, perché alla base dell’impresa c’era un’invenzione, un nuovo campo che prima non esisteva: l’enigmistica tematica applicata ai più svariati ambiti. Creativo e versatile, ha confezionato giochi enigmistici “pensati e pensanti” per molte aziende; ha collaborato con scuole, enti pubblici e privati, istituzioni, fondazioni, agenzie pubblicitarie, oltre che giornali, riviste, radio, televisione. Si è occupato di pubblicità, formazione, istruzione, comunicazione, divulgazione. Ha lavorato con oltre trecento clienti, negli ambiti più disparati: aziende come Barilla, Yomo, Coop, Conad, Nestlé, case farmaceutiche (anche la Pfizer…), editoria, come La Repubblica, La Gazzetta dello Sport, L’Unità, Tuttosport, Focus, Diario, Libertà, con la RAI, la Polizia di Stato, l’Unicef, con squadre di calcio, come Inter e Juventus, per eventi come le Olimpiadi invernali di Torino... e tanto altro. La progettazione dell’intervento richiesto partiva dall’individuazione dell’area tematica. Ad esempio, un’industria farmaceutica deve illustrare un nuovo farmaco ad informatori scientifici in un corso di aggiornamento? Occorreva portare l’ottica del gioco enigmistico, strettamente legato al tema dato, all’interno del corso: pare che ne fosse la parte più gradita! Ricorda l’esperienza col Comune di Genova, durata un decennio: una settimana all’anno dedicata alla “Storia in piazza”, durante la quale i partecipanti di ogni età risolvevano un cruciverba sulla storia di ben dieci metri di lunghezza, con pennarelli cancellabili. Il cruci-

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