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Ubaldo Palmidoro nominato nella Consulta degli Esperti
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staff La testata fruisce dei contributi statali di cui alla legge 7 agosto 1990, numero 250 e successive modificazione. Testata iscritta nella sezione per la stampa ed informazione del tribunale
Economia
Eureca annuncia classaction pubblica contro il fiscal compact Un decennio di tira e molla sulla tassa prima casa Emissioni Fca, è ancora Italia contro Germania
di Roma in data 14.10.2003 al n.440/2006
DIRETTORE RESPONSABILE Vittorio Zenardi IN REDAZIONE Walter D’Amario Giampaolo Tarantino Gianluca Migliozzi CONTATTI Website: www.lospecialegiornale.it E-mail: redazione@lospecialegiornale.it v.zenardi@lospecialegiornale.it Stampa: Digitale EDITORE Sede Legale e sede operativa: Via Ennio Quirino Visconti 103 00193 Roma CF/PI: 07169891004
Cinema
Cannes 2017, Palma d’Oro a The Square, ecco tutti i premi della competizione Pirati dei Caraibi 5 - La vendetta di Salazar - Recensione Umbria Film Festival ‘Il Festival Svelato’
Mondo
Usa preoccupati, Nyt: «Aumenta l’influenza russa in Italia» L’attentato di Manchester conferma che la Libia è un base dell’Isis Perché è grave l’ultimo pasticcio di Trump su Russia e Isis Perché Trump ha licenziato il capo dell’Fbi (che indagava su di lui)
Cronaca
La questione ong-migranti e la scomparsa dei fatti
Politica
La legge elettorale è un rebus: Parlamento a rischio caos Perché è stretta la via per trovare il Macron italiano
www.lospecialegiornale.it
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Intervista
L’animazione come forma di resistenza: intervista esclusiva a Simone Massi Dal ‘68 a Papa Francesco: intervista a Claudio Rossi Massimi
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economia Ubaldo Palmidoro nominato nella Consulta degli Esperti Entra a far parte delle Consulta degli Esperti il dott. Ubaldo Palmidoro, Chairman della Centaurus Capital Management Spa. Riconosciuto come esperto di Npl, ha già collaborato come esperto con dalla Commissione Finanza della Camera in occasione della strutturazione della nuova normativa sulle garanzie dello stato nell’ambito delle cartolarizzazioni di crediti in sofferenza, è esperto di Non Performing Loans e crisi bancarie e di impresa, settori di primaria importanza e che sono al centro e all’agenda dell’attività parlamentare. La Consulta di Esperti presentata ufficialmente dall’On. Maurizio Bernardo Presidente della Commissione Finanza della Camera dei Deputati a marzo di quest’anno si arricchisce di un nuovo membro è composta da circa 130 membri. La Consulta di Esperti sta lavorando in modo approfondito a 360 gradi sui molteplici settori di competenza della commissione , spaziando dalla finanza islamica agli NPL alla fiscalità ordinaria passando per il rilancio di Milano come capitale della finanza europea “La Consulta di Esperti - spiega in un comunicato Maurizio Bernardo - mi affianca nei lavori della Commissione, composta da presidenti di Associazioni di categoria, Ordini professionali, Accademici e Rappresentanti di enti no profit, già si riunisce da diversi mesi a Milano e Roma per elaborare proposte e progetti. A breve, il team terrà incontri pubblici per illustrare il lavoro svolto dalla società civile, nell’esclusivo interesse del Paese e di Milano, cuore economico e finanziario dell’Italia”. Walter D’Amario
Emissioni Fca, è ancora Italia contro Germania La Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adempimento, da parte di Fiat Chrysler Automobiles, degli obblighi derivanti dalla normativa Ue in materia di omologazione dei veicoli. A generare il caso è stata una richiesta tedesca del settembre 2016: la Commissione è stata chiamata in causa come mediatore «nel disaccordo fra autorità tedesche e italiane sulle emissioni di ossidi di azoto prodotte da un’auto omologata in Italia». Durante la mediazione, conclusa positivamente, «la Commissione ha esaminato i risultati delle prove di emissioni e le informazioni fornite dall’Italia». Al termine di tale esame, ora l’esecutivo «chiede formalmente all’Italia di dare una risposta alle sue preoccupazioni circa l’insufficiente giustificazione fornita dal costruttore in merito alla necessità tecnica - e quindi alla legittimità - dell’impianto di manipolazione usato e di chiarire se l’Italia è venuta meno al suo obbligo di adottare misure correttive per quanto riguarda il tipo di veicolo Fca in questione e di imporre sanzioni al costruttore di auto». Tutto nasce per mano del ministro tedesco per le Infrastrutture, il cristianosociale Alexander Dobrindt che aveva scritto all’Unione europea denunciando manipolazioni delle emissioni nei modelli diesel di FCA e accusando il gruppo guidato da Sergio Marchionne di essersi a sua volta avvalso di software capaci di ridurre le emissioni in fasi di test. Non è servito, quindi, l’operato del ministro delle infrastrutture Graziano Delrio che aveva chiesto Bruxelles di rinviare l’apertura della procedura di infrazione nei confronti dell’Italia sulle emissioni Fca, per poter fornire ulteriori informazioni.
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economia Eureca annuncia classaction pubblica contro il fiscal compact Una class action popolare contro Patto di Stabilità e Fiscal Compact. E’ un battesimo all’insegna della concretezza quello di EURECA, Europa Etica dei Cittadini e delle Autonomie, associazione che nasce in difesa dei valori fondanti dell’Unione e per difendere la democrazia e la legittimità. Nella sua prima uscita ufficiale - oggi a Roma con la partecipazione dell’ambasciatore Giulio Terzi, del prof. Giuseppe Guarino, del prof. James K. Galbraith, tutti membri del Comitato Scientifico di EURECA, del giornalista Angelo Polimeno, presidente dell’Associazione e dell’avv. Federico Tedeschini, responsabile legale – EURECA non si è limitata a illustrare le sue finalità, ma ha subito annunciato una prima iniziativa legale. Nel mirino c’è in particolare il Fiscal Compact, trattato internazionale estraneo al diritto europeo e che entro quest’anno, sarà sottoposto al vaglio di tutti i parlamenti nazionali dei Paesi dell’Unione al fine di ‘legittimarlo’ inserendolo nei Trattati Ue. Ma proprio l’attuale illegittimità del Fiscal Compact – e dunque delle norme in esso contenute, tra cui il Patto di Stabilità – è uno dei temi su cui si concentra l’attenzione di EURECA, che invita tutte le forze politiche italiane a votare no all’inserimento nei Trattati UE. Nel frattempo, contro questa norma, l’Associazione si prepara a avviare il suo primo ricorso alla giustizia. Ad annunciarlo è Tedeschini, titolare di uno degli studi amministrativi più importanti d’Italia. “EURECA – annuncia – intende avviare una class action pubblica nei confronti della Repubblica Italiana per porre termine a una forma di sviamento del potere. In pratica – prosegue Tedeschini - il Patto di Stabilità e i successivi aggiornamenti normativi – Two Pack, Six Pack e Fiscal Compact - sono nati in violazione delle regole del Trattato di Maastricht, che consentiva il trasferimento di quote di sovranità all’Europa al fine specifico di consentirle interventi che favorissero lo sviluppo dei singoli paesi membri. Al contrario la Commissione Ue ha usato tali poteri per imporre un aggiustamento dei bilanci dei singoli paesi, violando così una regola fondamentale di politica economica che è quella, di origine keynesiana, secondo la quale lo sviluppo economico e l’aggiustamento del bilancio sono due finalità tra loro incompatibili. Ecco perché EURECA, previa diffida alle competenti autorità, intende avviare una class action pubblica presso il Tribunale Amministrativo del Lazio”. Moderato da Donatella Visconti, manager e socio fondatore di EURECA, il dibattito su questo temi è proseguito con l’amb. Giulio Terzi, già ministro degli Esteri. “Nonostante pochi principi costituzionali dell’Unione vengano richiamati con tanta insistenza quanto la promozione del diritto – sottolinea Terzi – forse nessun altro viene poi lasciato così frequentemente nell’ombra. Nella pratica corrente il diritto dei cittadini a conoscere cosa sia realmente accaduto e cosa sta accadendo nei processi decisionali europei è scientemente diluito e offuscato dai governi, senza che i media accendino i riflettori. Tutto questo è accaduto e continuerà ad accadere inevitabilmente senza una diffusa ed incisiva reazione della società civile, per aspetti di cruciale rilevanza che hanno dominato la scena dell’integrazione europea negli ultimi 20 anni. In particolare nelle vicende che hanno portato all’adozione del Patto di Stabilità e del Fiscal Compact”. Angelo Polimeno, autore del libro NON CHIAMATELO EURO (Mondadori) in cui si ricostruisce con chiarezza il percorso che ha portato al varo di norme europee illegittime, ha sottolineato come queste, negli anni, hanno causato chiusura di migliaia di imprese, livelli record di disoccupazione, diffusione patologica del lavoro precario, ripetuti tagli allo stato sociale e alla previdenza. Infine – dopo il saluto di Giuseppe Guarino – ex ministro, insigne giurista e primo a denunciare le norme illegittime dell’euro – ha preso la parola Annarita Amoroso, l’italiana che ha impugnato con successo una norma tedesca che avrebbe consentito ai cittadini della Repubblica federale, al contrario degli altri europei, di viaggiare gratis sulle loro autostrade. Walter D’Amario
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economia Un decennio di tira e molla sulla tassa prima casa L’Italia deve reintrodurre la tassa sulla prima casa per i proprietari ad alto reddito. Ce lo chiede l’Unione europea nel pacchetto di «raccomandazioni specifiche per Paese». Roma deve ridurre il cuneo fiscale sul lavoro, e spostare il carico fiscale sui patrimoni. In particolare farebbe bene a reintrodurre la tassa sulla prima casa degli italiani ad alta fascia di reddito. E’ l’invito della Commissione europea nelle raccomandazioni specifiche per Paese adottate oggi. Ma il governo rimanda al mittente il suggerimento di Bruxelles. Lo fa per bocca del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan che ha detto: «L’Imu sulla prima casa è una delle tante proposte, ma le riforme fiscali vanno viste nel loro insieme e io direi che cambiare idea su una tassa che è stata appena cambiata da pochi mesi non è una buona idea». Quella dell’imposta sulla prima casa è un vero e proprio tormentone che ha caratterizzato la storia dell’economia e dei governi degli ultimi dieci anni. Quell’imposta che, pur cambiando tre volte il nome (da Ici a Imu e, infine, a Tasi) rimane la meno amata dagli italiani, storicamente in maggioranza proprietari dell’immobile in cui abitano. Introdotta nella Finanziaria “lacrime e sangue” di Giuliano Amato dell’11 luglio 1992 (allora si chiamava Isi, imposta straordinaria sugli immobili), l’Ici diventò una delle prime fonti di reddito per i comuni italiani. Quell’imposta venne eliminata da Silvio Berlusconi, che sul taglio della tassa sulla prima casa provò senza riuscirci per pochissimo a battere Prodi nel 2006. Alla fine, l’mu tornò con Mario Monti. «Avete capito bene, aboliremo l’Ici sulle prime case». Il 3 aprile 2006, all’ultimo faccia a faccia televisivo tra i due candidati premier alle politiche 2006, Silvio Berlusconi, che i sondaggi davano indietro, all’ultimo minuto si gioca a sorpresa la carta dell’abolizione sulle prime case dell’Imposta comunale sugli immobili. Ma quella promessa non pagò: anche se solo per 24mila voti, Berlusconi perse le elezioni e a palazzo Chigi andò Prodi con l’Unione, come si chiamava la coalizione di centrosinistra. Uno degli ultimi atti del Professore a Palazzo Chigi fu un alleggerimento dell’imposta sulla prima casa, pari all’1,33 per mille, aggiuntivo rispetto alle altre detrazioni, fino ad un massimo di 200 euro. Berlusconi gioca la campagna elettorale 2008 puntando tutto sulla cancellazione dell’Ici, che salta proprio in uno dei primi provvedimenti varati dal suo governo. La cosa non piace ai comuni, che protestano lamentando difficoltà di cassa dovute ai ritardi dei trasferimenti dei fondi compensativi del mancato gettito. Per dotare i Comuni di entrate proprie nasce l’Imposta municipale propria, che si applica sulla componente immobiliare, per accorpare in un’unica tassa l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l’Ici rimasta dopo la cancellazione dell’imposta sulla prima casa. Il Governo Berlusconi nel marzo 2011 ne stabilisce l’introduzione a partire dal 2014. L’Imu diventa di fatto una nuova Ici sulle abitazioni principali dal 2012, per poi essere applicata a regime a partire dal 2015. Il gettito va in parte ai comuni, in parte allo Stato. Tocca, infine, a Matteo Renzi. L’attuale segretario del Partito democratico, arrivato a Palazzo Chigi, nel 2016 cancella I’Imu e la Tasi sulla prima casa.
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cinema Cannes 2017, Palma d’Oro a The Square, ecco tutti i premi della competizione La 70° edizione del Festival di Cannes è giunta al termine e la giuria presieduta dal regista Pedro Almodóvar e composta da Maren Ade, Jessica Chastain, Fan Bingbing, Agnès Jaoui, Park Chan-Wook, Paolo Sorrentino, Will Smith e Gabriel Yared ha decretato The Square di Ruben Östlund vincitore della Palma d’Oro, a Nicole Kidman il Premio speciale del settantesimo anniversario. Ecco tutti i vincitori: Palma d’Oro: The Square di Ruben Östlund. Grand Prix della Giuria: 120 battements par minute di Robin Campillo. Premio della Giuria: Loveless, di Andrei Zvjagincev Premio speciale del settantesimo anniversario a Nicole Kidman. Miglior regia: Sofia Coppola per The Beguiled (L’inganno) Miglior Sceneggiatura: ex equo Yorgos Lanthimos ed Efthymis Filippou per The Killing of a Sacred Deer e Lynne Ramsay per You Will Never Really Here (Park ChanWook consegna il premio). Interpretazione Maschile: Joaquin Phoenix per You Were Never Really Here di Lynne Ramsay. Interpretazione Femminile: Diane Kruger per In The Fade di Fatih Akin. Premio Camera d’Or: Jeune Femme, di Léonor Séraille Palma d’Oro Miglior Cortometraggio: Katto, di Xiao Cheng Er Yue Vittorio Zenardi
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cinema Pirati dei Caraibi 5 - La vendetta di Salazar - Recensione Sinossi Caduto in disgrazia, Jack Sparrow (Johnny Depp) viene coinvolto dal giovane Henry Turner (Brenton Thwaites) e dall’astronoma accusata di stregoneria Carina Smyth (Kaya Scodelario) nella ricerca del Tridente di Poseidone. Il suo recupero può spezzare qualsiasi tipo di maledizione, e per diverse ragioni tutti i personaggi ne hanno bisogno, in particolare Jack, che ha un conto in sospeso con il vendicativo non-morto capitano Salazar (Javier Bardem), a sua volta un problema per gli affari di Capitan Barbossa (Geoffrey Rush). Recensione Pirati dei Caraibi 5 - La vendetta di Salazar, nuovo capitolo delle avventure di Capitan Jack Sparrow, vede alla regia i norvegesi Joachim Ronning e Espen Sandberg. Dopo i tre capitoli firmati Gore Verbinski, che hanno caratterizzato la serie, e la direzione di Rob Marshall, che ha girato Oltre i confini del mare, la saga che può vantare la permanenza tra i cinquanta titoli di maggior incasso della storia del cinema, preme l’accelleratore sul versante spettacolare forte anche dei 200 milioni di dollari a disposizione della produzione. Numerose le scene che sfruttano al massimo gli effetti speciali per coinvolgere lo spettatore, con effetti visivi davvero impressionanti , come l’incredibile battaglia combattuta nel cuore dell’Oceano, diviso in due come nei Dieci Comandamenti di Cecil B. DeMille. Johnny Depp, pur restando convincente nei panni del Capitano senza nave Jack Sparrow, che troveremo ancora più alcolizzato e surreale del solito, paga il fisiologico logorio del personaggio nato nel lontano 2003. Ottime le interpretazioni di Geoffrey Rush, che fatto suo il personaggio di Barbossa, riesce a declinarlo con nuove interessanti sfumature e quella di Javier Bardem, un villain appassionato alla propria sete di vendetta. Il suo Salazar, complice l’ottimo make up valorizzato dalla motion capture sul viso, è decisamente riuscito. La sceneggiatura, che presenta interessanti spunti narrativi, ha però la pecca di virare in un finale fin troppo scontato e sdolcinato. Pirati dei Caraibi 5 - La vendetta di Salazar arriverà nelle sale italiane domani 24 maggio 2017 distribuito da Walt Disney. Vittorio Zenardi
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cinema Umbria Film Festival ‘Il Festival Svelato’
La ventunesima edizione dell’Umbria Film Festival, con la direzione artistica di Vanessa Strizzi, la direzione organizzativa di Marisa Berna e la presidenza onoraria di Terry Gilliam che ha disegnato il logo della manifestazione, si terrà a Montone (Perugia) dal 5 al 9 luglio 2017. Il festival che premierà la migliore opera prima e seconda si presenta per questa edizione con un filo rosso sul tema dell’adolescenza e dei bambini, da cui il sottotitolo della rassegna, ‘Il Festival Svelato’. Immerso nel dal verde, dai querceti e dagli olivi e patria di Braccio Fortebraccio, il borgo di Montone sarà come sempre al centro delle proiezioni che animeranno Piazza Fortebraccio: dalle anteprime di cortometraggi internazionali, alle proiezioni di lungometraggi, fino ai cortometraggi per bambini e quelli realizzati da videomaker umbri, per la sezione del concorso Umbriametraggi. Tra i lungometraggi presentati, il film indiano Dhanak, di Nagesh Kukunoor, vincitore della Menzione Speciale della Giuria Giovane Generation Kplus al Festival di Berlino. Viene narrata la storia di Pari, che decide di aiutare il fratellino cieco a riottenere la vista e insieme a lui parte per un viaggio magico attraverso il Rajasthan, imbattendosi lungo il percorso in una serie di strani personaggi. Il reale intento dei due fratelli, però, è incontrare la star di Bollywood Shah Rukh Khan, che in un manifesto ha promesso al pubblico degli “occhi nuovi”. Per l’Italia, La Guerra dei Cafoni, opera seconda a quattro mani di Lorenzo Conte e Davide Barletta, interpretato, tra gli altri, da Claudio Santamaria ed Ernesto Mahieux e che sarà presentato al pubblico dagli stessi registi e dallo scrittore Carlo D’Amicis. Una storia di adolescenti ambientata in un Sud Italia incontaminato e metafisico, a metà degli anni Settanta, che unisce tragedia e commedia, metafora e realismo, prosa e poesia. Novità di questa edizione, il corso di animazione dedicato agli adolescenti. Vittorio Zenardi
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cinema LO_SPECIALE media partner della festa del cinema bulgaro a Roma
La Festa del Cinema bulgaro torna alla Casa del Cinema di Roma per festeggiare il suo decennale con una non stop di cinema e cultura dal 25 al 28 maggio a cui per la prima volta si aggiunge anche l’edizione a Milano, dal 23 al 25 settembre. Un focus su una cinematografia, quella bulgara, straordinariamente affascinante per ricerca dei linguaggi. Come tradizione il festival vedrà la presenza di registi, attori e protagonisti dei film in programma. In apertura Il pubblico ministero, la difesa, il padre e il figlio di Iglika Trifonova. Tratto da una storia vera, questo avvincente dramma giudiziario racconta lo scontro di due ambiziosi avvocati (Romane Bohringer e Samuel Fröler)durante un processo all’Aia, nel tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Nel corso del processo diventa chiaro che la ricerca della verità e la ricerca della giustizia non sono sempre la stessa cosa. La rassegna prosegue con un omaggio a Kristina Grozeva e Petar Valchanov, due registi bulgari già conosciuti in Italia per il loro The Lesson (distribuz. I Wonder Pictures/Unipol Biografilm Collection) di cui verrà proiettata, oltre a The Lesson stesso, la loro seconda opera, Glory, un lavoro che arriverà in Italia in autunno sempre grazie ad I Wonder Pictures/Unipol Biografilm Collection e sarà presentato in anteprima anche alla tredicesima edizione di Biografilm Festival – International Celebration of Lives (Bologna, 9-19 giugno) alla presenza dei registi e della protagonista Margita Gosheva. I due registi si avvalgono di una narrazione potente che indaga le profondità dell’animo umano nel continuo scontro tra l’essere e il dover essere, nella scelta forzata tra la propria morale e la società spietata che rende l’uomo estraneo a se stesso. In anteprima italiana arriva anche l’atteso secondo film di Dimitar Kotsev-Shosho – Scimmia, vincitore del premio del pubblico al Sofia Film Fest nel 2016. Il film racconta la storia delle due sorelle Eva e Maya e del loro viaggio verso l’adolescenza. Quando il loro mondo cambia per sempre, le sorelle dovranno rispondere alle domande che gli adulti non hanno nemmeno il coraggio di pronunciare. Fra cinema e documentario, sarà dato spazio anche all’arte contemporanea. In programma, infatti, il documentarioUn ponte verso Christo della giornalista Evgenia Atanasova dedicato ad uno dei più interessanti eventi del 2016: il Ponte Galleggiante sul lago d’Iseo, opera dell’artista bulgaro Christo. Evento al quale verrà dedicata una mostra fotografica. Ricordiamo che l’evento è organizzato dall’Istituto bulgaro di cultura a Roma grazie al sostegno del Ministero della Cultura della Repubblica Bulgara e del Centro Nazionale di Cinematografia bulgaro, in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica di Bulgaria in Italia e quella presso la Santa Sede e con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura e Turismo di Roma Capitale. Ma anche con la preziosa collaborazione della FUIS (Federazione Unitaria Italiana Scrittori) e l’Associazione Culturale Italo-Bulgara “La Fenice”. Oltre a Lo_Speciale Media partner dell’evento sono anche la Televisione Nazionale Bulgara, BTV e il Cinecorriere. Vittorio Zenardi
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cinema Animavì: Festival Internazionale del Cinema d’animazione poetico Animavì, il primo festival al mondo dedicato specificatamente all’animazione poetica e d’autore si terrà a Pergola (Pesaro - Urbino) nel giardino di Casa Godio, dal 13 al 16 luglio 2017 con la direzione artistica del più importante regista italiano di cinema d’animazione, Simone Massi, che da anni realizza il trailer e la locandina della Mostra del Cinema di Venezia. Il Maestro svizzero Georges Schwizgebel sarà l’ospite d’eccezione, regista di fama internazionale premiato nei festival di tutto il mondo, da Cannes ad Annecy, autore di oltre venti cortometraggi d’animazione (tra cui La Course à l’abîme; The Man with No Shadow; Romance; Jeu; Erlkönig), in cui applica una tecnica originale, artigianale, che consiste nel dipingere a mano ogni fotogramma, realizzando una pittura animata, di fatto opere d’arte dinamiche. Luca Raffaelli, giornalista, saggista, sceneggiatore e uno dei massimi esperti di fumetti e animazione in Italia condurrà le serate, che vedranno la partecipazione di ospiti musicali e personaggi del mondo della cultura italiana e internazionale, Il programma completo al link www.animavi.org. A contendersi il Bronzo Dorato, prezioso trofeo artistico, ispirato all’omonimo gruppo equestre di epoca romana e simbolo della cittadina marchigiana, saranno 16 opere di animazione provenienti da tutto il mondo, dall’Australia alla Svizzera passando per l’italiano ‘Confino’, di Nico Bonomolo, già inserito nella long list dei Premi Oscar 2018, ma anche lavori da Spagna, Francia, Russia, Cina, Corea del Sud, Polonia, Lettonia, Portogallo e Danimarca. La Croazia sarà rappresentata quindi da ‘1000’ di Danijel Zezelj. Animavì vuole soprattutto rappresentare a livello internazionale il “cinema d’animazione artistico e di poesia”, quel genere di animazione indipendente e d’autore che si propone di raccontare per suggestione, prendendo le distanze in maniera netta dall’animazione mainstream. “Vogliamo cercare di portare a Pergola - sottolinea il direttore artistico Simone Massi - dei ‘giganti’ in un piccolo paese e in un piccolo festival. Un tentativo che facciamo in maniera scanzonata e allo stesso tempo con la consapevolezza che qualcosa di importante ce l’abbiamo anche noi: le colline, i piccoli borghi, la nostra Storia”.
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cinema Successo per il Festival del Cinema Spagnolo
Grande successo di pubblico e critica al Festival del Cinema Spagnolo, che ha festeggiato la 10ª edizione a Roma. La manifestazione, che ha ospitato importanti protagonisti del cinema iberico tra cui Rossy de Palma attrice in Julieta e “preferita” di Almodovar, Anna Castillo per “El olivo”, Belén Rueda che ha presentato “La noche que mi madre mató a mi padre” e l’attore italo spagnolo Francesco Carril nuovo volto della scena indipendente madrilena, protagonista de La reconquista, si concluderà oggi 9 maggio 2017 con la La próxima piel, pellicola diretta da Isaki Lacuesta e Isa Campo. Tra i numerosi film della rassegna romana, da segnalare Rara, ottima opera prima diretta dalla regista cilena Pepa San Martin che s’ispira ad un fatto realmente accaduto. Paula e Lia sono una coppia e il loro rapporto è completato dalle due figlie di Paula, Sara che ha tredici anni e la piccola Catalina, detta Cata che ne ha otto. Tutto sembra filare liscio fino a quando l’adolescenza gioca i soliti brutti scherzi a Sara che entra in conflitto con la madre. Questo sarà all’origine dell’altro conflitto tra la madre e il padre che ora vive con un’altra donna. Paula sarà portata in Tribunale per l’affidamento delle figlie. Impreziosito dalle splendide interpretazioni delle due giovani protagoniste (Julia Lübbert e Emilia Ossandón), Rara s’impone per una delicatezza di sguardo non comune. Le scelte registiche sono tutte improntate a ricreare con estremo realismo gli eventi, Pepa San Martin si pone come osservatrice esterna e ricrea con naturalezza le dinamiche di una famiglia omossessuale contemporanea. Per i “grandes éxitos”, ovvero i titoli che hanno avuto grande successo nelle passate stagioni, s’impone Blancanieves film muto in bianco e nero del 2012, diretto da Pablo Berger, tratto dalla celebre novella dei fratelli Grimm e ambientato nell’Andalusia degli anni venti. Rifacendosi alla españoladas del XIV secolo, che rappresentavano la penisola iberica come un Paese di toreri e ballerine di flamenco, il regista crea un’opera esteticamente accattivante avvalendosi di numerose soggettive e inusuali piani sequenza. Un espressionismo “aggiornato”, contaminato da Murnau, Lang e Dreyer, ma influenzato maggiormente da Erich von Stroheim come ha dichiarato lo stesso regista: «Ho visto Rapacità di Erich von Stroheim con un’orchestra sinfonica dal vivo e mi ha creato sensazioni uniche. Ho voluto ricrearle per il pubblico e per questo sono tornato alle grandi produzioni anni ‘20».
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cinema Scappa - Get Out - La recensione
Sinossi Un giovane afro-americano visita la tenuta di famiglia della sua fidanzata bianca dove si scontra con il vero motivo che si cela dietro l’invito. Ora che Chris (Daniel Kaluuya, Sicario) e la sua ragazza, Rose (Allison Williams, Girls), sono arrivati al fatidico incontro con i suoceri, lei lo invita a trascorrere un fine settimana al nord con Missy (Catherine Keener, Captain Phillips – Attacco in mare aperto) e Dean (Bradley Whitford, Quella casa nel bosco). In un primo momento, Chris legge il comportamento eccessivamente accomodante della famiglia, come un tentativo di gestire il loro imbarazzo verso il rapporto interrazziale della figlia; ma con il passare del tempo, fa una serie di scoperte sempre più inquietanti, che lo portano ad una verità che non avrebbe mai potuto immaginare. Recensione In America, Scappa - Get Out ha incassato nelle prime otto settimane di programmazione 173 milioni di dollari e ben 76 milioni di dollari nel primo weekend, un exploit davvero sorprendente. L’opera prima dell’attore Jordan Peele, ha messo d’accordo pubblico e critica grazie ad una sceneggiatura ricca di spunti narrativi interessanti, e un’ottima regia. Prodotto dalla Blumhouse (The Visit, la serie Insidious e The Gift), Scappa - Get Out, è degno di attenzione sopratutto per la sua valenza politica, per la sua cocente attualità. Il tema del razzismo nella società americana, metafora di tutti i razzismi, viene qui declinato con sferzante satira , dimostrando come si possa celare dietro le miglior apparenze,(il padre di Rose è un convinto sostenitore di Obama), perché nulla è come appare. In questa sorte di Indovina chi viene a cena? con venature gore, la tensione è palpabile fin dalle prime scene grazie ad una ispirata colonna sonora ( come la canzoncina inglese Run Rabbit Run, che sono sicuro vi porterete dietro anche usciti dalla sala), e una tensione crescente calibrata con sapienti movimenti di macchina. La riuscita della pellicola si deve anche alle notevoli interpretazioni, su tutte quelle della coppie protagoniste KaluuyaWilliams e Whitford-Keener. Un “gioiellino” da non perdere, nelle sale italiane da giovedì 18 maggio 2017, distribuito da Universal Pictures. Vittorio Zenardi
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mondo Usa preoccupati, Nyt: «Aumenta l’influenza russa in Italia»
Il disinteresse di Donald Trump per il nostro Paese, e per l’Europa più in generale, lascia spazio all’influenza della Russia. E’ l’analisi contenuta in un articolo del New York Times che è stato molto commentato sui principali siti di informazione e sui social network. La Russia cerca di «colmare» lo spazio lasciato libero dagli Stati Uniti nella «vulnerabile Italia»: la Russia corteggia assiduamente l’Italia, un paese che una volta aveva il maggiore partito comunista fuori dal blocco sovietico. Lo riporta il quotidiano della Grande Mela in un pezzo di Jason Horowitz, notando come il presidente Donald Trump ha lasciato l’ambasciata in Italia senza ambasciatore per il momento, al contrario della Russia. L’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, è invece molto attivo e sta cercando di instaurare rapporti con i politici. «Ma il timore fra i funzionari americani, europei e italiani è che la Russia stia usando la stessa influenza dietro le quinte che ha usato negli Stati Uniti e altrove» mette in evidenza il New York Times, precisando che l’ex premier Matteo Renzi di è lamentato privatamente con le sue controparti sull’ingerenza della Russia nella politica italiana sostenendo i partiti anti-establishment. Secondo il New York Times, uno dei motivi principali della crescita dell’influenza russa in Italia è il cattivo stato delle relazioni tra l’Italia e gli Stati Uniti. Trump non sembra aver intenzione di aiutare l’Italia in questioni che il nostro paese considera molto importanti, come la situazione in Libia: e insiste perché l’Italia aumenti le spese militari in base agli impegni presi con la NATO (la famosa questione del “2 per cento”), una scelta che sarebbe impopolare per qualsiasi governo. Quando minaccia la Germania per le sue eccessive esportazioni, poi, Trump minaccia implicitamente anche l’Italia, che con gli Stati Uniti ha una bilancia commerciale positiva per diversi miliardi: cioè esporta beni negli Stati Uniti più di quanti ne importi dagli Stati Uniti. Inoltre l’ambasciata americana in Italia è da mesi senza ambasciatore, un segno evidente di quanto poco prioritaria Trump ritenga l’Italia.
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mondo L’attentato di Manchester conferma che la Libia è un base dell’Isis L’attentatore di Manchester, ha detto la polizia, si chiamava Salman Abedi, aveva 22 anni ed era cittadino britannico. Abedi, che è rimasto ucciso nell’attacco, era nato a Manchester nel 1994 da genitori emigrati dalla Libia per scappare dal regime dell’ex presidente Muammar Gheddafi. Abitava a un paio di chilometri di distanza dal palazzetto dove è stato compiuto l’attentato, attorno alle 22.30 di lunedì sera. Secondo una fonte della polizia che ha parlato con il New York Times, il suo documento d’identità sarebbe stato trovato sul luogo dell’esplosione, ma la notizia non è stata confermata. Abedi era già conosciuto alle forze di sicurezza britanniche, ma su di lui in questo momento non era in corso alcuna indagine. Abedi non era visto come un pericolo imminente alla sicurezza nazionale, e veniva considerato per lo più come una figura periferica del più ampio panorama di persone radicalizzate o vicine all’estremismo islamista presenti nel Regno Unito (una descrizione simile era stata fatta per Khalid Masood, l’attentatore di Westminster, prima che compisse l’attacco a Londra lo scorso marzo). La famiglia dell’attentatore aveva avvertito in passato le autorità britanniche della pericolosità del giovane: lo ha detto un funzionario dell’intelligence Usa alla NBC News. La bomba utilizzata da Abedi, ha aggiunto, era «grande e complessa», realizzata con materiali difficili da ottenere nel Regno Unito. E questo può significare solo una cosa: «E’ quasi impossibile che non abbia avuto aiuto». E sono stati compiuti altri tre arresti in connessione con l’attentato di Manchester. I fermi sono avvenuti nella zona sud di Manchester. Sono quindi quattro in tutto le persone finite in manette al momento nelle indagini sull’attentato all’arena. Il 23enne arrestato ieri invece risulta essere Ismail Abedi, fratello di Salman Abedi, il terrorista esecutore dell’attentato. Il fermo è stato compiuto nella zona di Chorlton, non lontano dall’abitazione di Ismail. Un curriculum online lo definisce come esperto informatico che ha lavorato per il Manchester Islamic Centre, il centro islamico della moschea di Didsbury frequentata dalla famiglia Abedi. Quanto ai possibili legami familiari con gruppi legati allo jihadismo, secondo alcuni media libici Ramadan Abedi, il padre di Salman, sarebbe conosciuto in Libia per la sua attività politica, «un federalista della Cirenaica che vuole la decentralizzazione e più poteri per un’autorità regionale dell’est» della Libia «ma non sembra abbia alcuna idea religiosa estremista». Così riporta il sito Libya Herald citando “fonti”.
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mondo Perché è grave l’ultimo pasticcio di Trump su Russia e Isis
Nella homepage della Cnn campeggia a caratteri cubitali una domanda che sempre più persone iniziano a farsi: «Trump è all’altezza del compito» («Is Trump up to the job?»). Il quesito è d’obbligo visto il pasticcio combinato dal presidente degli Stati Uniti nel giro di poche ore. Con due tweet Trump ha ammesso di aver condiviso informazioni di intelligence con il ministro degli Esteri russo Lavrov durante il recente incontro alla Casa Bianca. Non ci sono alternative se l’ex tycoon non vuole perdere la faccia. Però il danno è fatto. Trump non poteva più negare ma adesso si prende la responsabilità delle conseguenze di smentire il suo staff che ieri aveva negato tutto. Il segretario di Stato Rex Tillerson il consigliere alla Sicurezza nazionale H.R. McMaster avevano diffuso comunicati per smontare l’articolo del Washington Post, affermando che nessuna fonte, metodo o operazione militare è stata oggetto di discussione durante l’incontro con Lavrov. McMaster aveva apertamente definito «falsa» la storia raccontata dal quotidiano. Il Wp, citando attuali ed ex dirigenti Usa, sostiene che Trump ha rivelato una informazione altamente classificata al ministro degli esteri russo e all’ambasciatore durante il loro incontro alla Casa Bianca la scorsa settimana, mettendo in pericolo una fonte di intelligence sull’Isis. L’informazione riguarderebbe la minaccia legata all’uso dei laptop in aereo. L’informazione, scrive il Wp, era stata fornita da un partner americano attraverso un accordo per la condivisione dell’intelligence considerato così delicato che i dettagli non erano stati resi noti agli alleati ed erano stati tenuti altamente riservati anche all’interno del governo americano. Il partner inoltre non aveva dato il permesso per condividere il materiale con la Russia. Dopo la rivelazione, dirigenti della Casa Bianca avrebbero preso misure per contenere il danno, chiamando la Cia e la Nsa. «Questa è una parola in codice», ha commentato un dirigente Usa usando la terminologia usata dalle agenzie di intelligence americane per indicare il livello più alto di segretezza. E ha aggiunto che Trump «ha rivelato più» informazioni all’ambasciatore russo di quante abbiamo condiviso con i nostri alleati. Come ha scritto il vicedirettore del Post, Francesco Costa: «Di certo per la Casa Bianca c’è un problema politico che diventa ogni giorno più gigantesco: prima l’indagine senza precedenti sui presunti rapporti di collaborazione fra il comitato elettorale di Trump e la Russia, che sta accelerando e dovrebbe portare presto ai primi mandati di comparizione; poi la decisione – anche questa senza precedenti – di licenziare il capo dell’FBI, cioè il supervisore di quell’indagine, dando motivazioni contraddittorie per poi ammettere che Trump non era contento dell’inchiesta sulla Russia; poi l’incontro anomalo con i russi nello Studio Ovale e infine la rivelazione ai russi di informazioni così delicate e pericolose che erano state nascoste persino ai paesi alleati degli Stati Uniti».
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mondo Perché Trump ha licenziato il capo dell’Fbi (che indagava su di lui) Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rimosso dal suo incarico il direttore dell’FBI, James Comey. L’FBI è il più importante organo della polizia federale americana e da diverso tempo sta conducendo tre indagini sui rapporti fra il comitato elettorale di Donald Trump e la Russia, e sull’ingerenza della Russia nelle ultime elezioni presidenziali. La decisione è stata annunciata con un comunicato della Casa Bianca, motivandola con la necessità di «ricostruire la fiducia nella più importante agenzia di sicurezza del Paese». Ma Casey aveva pochi amici anche tra i democratici che lo hanno accusato di aver contribuito alla sconfitta di Hillary Clinton. Il numero uno dell’agenzia aveva riaperto l’indagine sulle email della Clinton a due settimane dal voto di novembre perché, tra le altre cose, dall’indirizzo della ex first lady erano state mandate “centinaia, migliaia” di email indirizzate a Anthony Weiner, il marito dell’assistente personale di Clinton, nonché protagonista di un altro grosso scandalo. Dallo studio ovale hanno fatto sapere che la rimozione è stata consigliata dal ministro della Giustizia Jeff Sessions, secondo il quale il direttore dell’Fbi «deve essere qualcuno che segue fedelmente le regole e i principi» del dipartimento della Giustizia, qualcuno che «dà il giusto esempio» a chi deve far rispettare la legge. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rimosso dal suo incarico il direttore dell’FBI, James Comey. L’FBI è il più importante organo della polizia federale americana e da diverso tempo sta conducendo tre indagini sui rapporti fra il comitato elettorale di Donald Trump e la Russia, e sull’ingerenza della Russia nelle ultime elezioni presidenziali. La decisione è stata annunciata con un comunicato della Casa Bianca, motivandola con la necessità di «ricostruire la fiducia nella più importante agenzia di sicurezza del Paese». Ma Casey aveva pochi amici anche tra i democratici che lo hanno accusato di aver contribuito alla sconfitta di Hillary Clinton. Il numero uno dell’agenzia aveva riaperto l’indagine sulle email della Clinton a due settimane dal voto di novembre perché, tra le altre cose, dall’indirizzo della ex first lady erano state mandate “centinaia, migliaia” di email indirizzate a Anthony Weiner, il marito dell’assistente personale di Clinton, nonché protagonista di un altro grosso scandalo. Dallo studio ovale hanno fatto sapere che la rimozione è stata consigliata dal ministro della Giustizia Jeff Sessions, secondo il quale il direttore dell’Fbi «deve essere qualcuno che segue fedelmente le regole e i principi» del dipartimento della Giustizia, qualcuno che «dà il giusto esempio» a chi deve far rispettare la legge. Insomma Trump non sarà un politico ma ha imparato benissimo certi meccanismi di Washington. Il licenziamento è formalmente giustificato con gli abusi commessi da Comey nell’inchiesta sulle email della Clinton ma ha l’effetto di bloccare, almeno per il momento, l’indagine del bureau sul Russiagate che, nel frattempo si sta allargando e intensificando. Spiega Mattia Ferraresi sul Foglio: «Nella breve lettera di licenziamento c’è un passaggio chiave: “Benché apprezzi molto il fatto che mi ha informata, per tre volte, che non sono sotto inchiesta, lo stesso…”. Se si segue il ragionamento legale dell’Amministrazione, si tratta di una excusatio non petita: il motivo del licenziamento riguarda il caso Clinton, non l’inchiesta sulla Russia, e non è formalmente chiaro perché il presidente faccia riferimento ad altre inchieste, per di più aggiungendo dettagli inediti e riservati. Nella realtà il motivo è piuttosto chiaro, ma l’Amministrazione si è giocata questa manovra spregiudicata in modo da depotenziare le critiche dei democratici».
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cronaca La questione ong-migranti e la scomparsa dei fatti
La vicenda che riguarda le ong e il soccorso dei migranti in mare si arricchisce di un nuovo capitolo. Ma sullo sfondo resta una grande confusione su una questione di enorme importanza. “A noi come ufficio non risulta nulla per quanto riguarda presunti collegamenti obliqui o inquinanti tra ong o parti di esse con i trafficanti di migranti. Nessun elemento investigativo”: lo ha detto il procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, in Commissione Difesa del Senato. Il magistrato ha aggiunto che ci sono ong più collaborative con l’autorità giudiziaria e altre meno, ma ciò “non l’abbiamo mai interpretato come un ostacolo alle indagini, ma come un atteggiamento ideologico, una sorta di coerenza, loro sono a favore del migrante non a favore della polizia”. E’ solo l’ultima puntata di una vicenda importante ma trattata in maniera molto surreale. Tante dichiarazioni e titoli sui giornali ma pochissimi fatti verificati. Nelle ultime settimane alcune organizzazioni non governative che operano servizi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale sono state accusate di essere dei “taxi per i migranti”: in maniera più o meno inconsapevole, queste organizzazioni benefiche aiuterebbero scafisti e trafficanti di esseri umani a trasportare migliaia di migranti in Italia. La questione è nata dopo che Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere europee, ha accusato alcune ong di aver indirettamente aiutato gli scafisti. Le accuse sono state riprese da numerosi giornali e politici di centrodestra e questa settimana ne ha parlato anche il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio del Movimento 5 Stelle, il primo a usare l’espressione “taxi per migranti”. A Di Maio ha risposto Roberto Saviano con un articolo su Repubblica successivamente sulla questione si è espresso anche il procuratore di Catania, che da tempo sta indagando sui finanziatori delle ong e alla trasmissione Agorà ha esposto una serie di sospetti. Sospetti, appunto. Ma da un magistrato ci si aspettano prove. Lo ha fatto notare anche l’ex procuratore di Milano ed ex presidente dell’Anm, Edmondo Bruti Liberati, in un’intervista al giornale diretto da Ezio Mauro e ripresa anche dall’edizione italiana di Huffington Post. “Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Lo può dire Pasolini, che subito aggiunge ‘io so perché sono un intellettuale, uno scrittore’. Non lo può dire un procuratore”. Questo non significa che non ci siano ancora molti aspetti oscuri in questa vicenda. Alcune dei più rilevanti sono stati illustrate da Gian Micalessin sul Giornale. Secondo le informazioni in possesso del giornalista a bordo dell’imbarcazione del Moas, una ong basata a Malta e guidata dall’americano Christofer Catrambone, opererebbero mercenari e strumenti per le intercettazioni. “Nulla d’illegale per carità. Negli Stati Uniti l’intelligence outsourcing, l’affidamento di operazioni di spionaggio a società private dà lavoro a 45mila persone e spartisce fondi per 16 miliardi di dollari. Il problema è la copertura sotto cui il Moas svolge la duplice attività. Il coordinamento delle operazioni di soccorso viene infatti realizzato con il coordinamento della Guardia Costiera. Come se, insomma, un’ambulanza in capo al 118 o a un altro numero di pubblico soccorso, utilizzasse la propria attività per raccogliere informazioni finalizzate alle strategie di potenze straniere”, si chiede Micalessin.
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politica Perché è stretta la via per trovare il Macron italiano
Non è originale affermare che i partiti tradizionali sono in difficoltà. Il cambiamento dell’ultimo decennio è stato radicale. Non esistono più le classi sociali le cui istanze sono state promosse dai grandi partiti. Nel Vecchio continente si ripropone la spaccatura che, secondo The Economist, «attraversa destra e sinistra, tra chi vuole un mondo globalizzato e libero e chi lo pensa cattivo e pericoloso». Il prodotto di questa frattura è Emanuel Macron, il nuovo presidente francese uscito vincitore dal secondo turno contro Marine Le Pen, portabandiera dei partiti di destra (estrema o moderata) con posizioni nazionaliste e delle formazioni anti europee e anti establishment che si vanno affermando in molti Paesi europei. La vittoria di Macron ha senza dubbio peculiarità determinate dalla situazione politico e sociale della Francia ma racconta molto bene la crisi dei partiti tradizionali. L’appartenenza a una delle due grandi famiglie politiche europee rappresentano un fardello pesantissimo per ogni aspirante leader. Macron ha tirato su in pochi mesi il movimento En marche,! praticamente un comitato elettorale senza strutture permanenti da partito tradizionale e con uno scarsissimo (quasi nullo) radicamento sul territorio. Perché il neo presidente francese vanta già decine di emuli in giro per l’Europa? Perché ha trovato una formula che sembra in grado di arginare tutti quei movimenti politici che fanno della chiusura e dell’anti establishment il loro tratto fondamentale. Ha scritto Aldo Cazzullo sul Corriere: «L a Francia ha scelto il futuro, l’Europa, il mondo globale. E nella stessa notte ha fatto una scommessa coraggiosa al limite della temerarietà su un trentanovenne di bell’aspetto, che entra all’Eliseo senza mai essere stato eletto neppure in consiglio comunale. La seconda potenza europea ha affidato un assegno in bianco a un giovane che ha saputo andare contro lo spirito del tempo — il pessimismo, il populismo —, contro il vento della storia che dopo Brexit e Trump pareva spirare in tutt’altra direzione». E l’Italia avrà il suo Macron? Difficile. Il profilo più simile è quello di Matteo Renzi ma l’ex premier ha scelto un’altra strada. Come ha scritto un acuto osservatore come Mario Sechi nella sua rubrica per il Foglio «Il problema di Renzi è il Pd, un partito che sembra finora incapace di aggregare voti, mentre Macron non ha un partito, è En Marche! lo sta inventando e può giocare sul fattore De Gaulle, allargare la sua maggioranza, fare mélange con le anime disperse della politica francese. L’elezione di Macron è uno shock, il modello di partito e programma scelto da Renzi ieri è invecchiato di colpo, sembra un residuato bellico del Novecento».
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politica La legge elettorale è un rebus: Parlamento a rischio caos
In Parlamento si sta consumando la battaglia per definire la legge elettorale con cui si andrà alle prossime elezioni, la formula magica che definirà anche chi siederà sugli scranni di Palazzo Madama e di Montecitorio. Al momento non ci sono i numeri in Parlamento per una soluzione condivisa e e le posizioni tra i vari partiti sembrano inconciliabili. Nelle ultime ore si parla molto del “Rosatellum”, dal nome del capogruppo del Partito democratico Ettore Rosato. Il sistema si fonda su questa architettura: 303 deputati eletti in altrettanti collegi uninominali, altrettanti eletti con metodo proporzionale senza meccanismo di scorporo in circa 80 circoscrizioni sub regionali, in listini bloccati di quattro nomi. I dubbi e le incertezze sulla legge elettorale dipendono dal fatto che nei due rami del Parlamento sono in vigore due leggi elettorali diverse. Alla Camera c’è l’Italicum modificato dalla Corte costituzionale; al Senato c’è il Porcellum modificato dalla Corte costituzionale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e altri importanti esponenti politici hanno più volte detto che non si può andare a votare senza rendere “omogenee” le due leggi – senza contare che sono due leggi che non sono nate in Parlamento, a questo punto – e quindi i vari partiti da mesi hanno iniziato a discutere le possibili modifiche all’attuale sistema. Un accorda appare davvero difficile perché Movimento 5 Stelle e Forza Italia vogliono apparentemente leggi simili: sistemi proporzionali senza premio alla coalizione. Un sistema proporzionale, che riproduce più o meno esattamente in parlamento il voto che un partito raccoglie sul territorio, conviene a entrambi i partiti, visto che non hanno candidati locali forti con cui poter competere in un collegio maggioritario. Inoltre, senza un premio di maggioranza da assegnare a una coalizione, la legge elettorale incentiverebbe i partiti a correre da soli: sarebbe utile sia per il Movimento 5 Stelle, che non ha alleati, sia per Forza Italia, visto che Silvio Berlusconi non vuole rischiare di finire subalterno alla Lega Nord di Matteo Salvini. Come spiega Il Post anche M5s e Forza Itali sono in disaccordo. Forza Italia vuole i capilista bloccati, in modo da massimizzare la capacità di Berlusconi e della leadership di partito di selezionare i candidati e i parlamentari. Il Movimento 5 Stelle invece considera i capilista bloccati un problema democratico e vorrebbe che l’elezione avvenisse tutta tramite preferenze. “Il Partito di Matteo Renzi ha idee differenti da Movimento 5 Stelle e Forza Italia. Fin da prima del referendum del 4 dicembre, la sua proposta è un sistema che abbia una forte componente maggioritaria. Nei sistemi maggioritari, i candidati si affrontano direttamente nei vari collegi e chi ottiene la maggioranza dei voti vince il seggio in Parlamento. È un sistema che avvantaggerebbe il PD, perché premia i partiti ben radicati e in grado di esprimere candidati forti, cose che il Partito Democratico riesce ancora a fare meglio dei suoi avversari. Il PD potrebbe forzare la mano in commissione e imporre un testo di questo tipo, ma avrebbe molte difficoltà a ottenerne l’approvazione in Parlamento. Soltanto la Lega Nord, altro partito molto radicato, è favorevole a questo tipo di legge elettorale; quindi il PD rischia di non avere i numeri necessari al Senato per farla approvare”.
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intervista Dal ‘68 a Papa Francesco: intervista a Claudio Rossi Massimi Claudio Rossi Massimi autore, regista e conduttore radiotelevisivo, ci parla del suo primo lungometraggio La sindrome di Antonio, tratto dal suo romanzo omonimo pubblicato nel 2005. Recentemente selezionato al N.I.C.E. Film Festival di Mosca, e vincitore della dodicesima edizione del Videofestival Internazionale di Imperia, La sindrome di Antonio, narra il viaggio del giovane Antonio Soris (Biagio Iacovelli), che alla fine dell’estate del 1970 sulle orme di Platone e per idealismo sessantottino decide di partire da solo per la Grecia dei “colonnelli” sulla Cinquecento della madre. Tra incontri speciali e possibili amori il viaggio al centro del Mediterraneo ci riporta l’eco di una generazione ricca di ideali e speranze, che voleva cambiare il mondo e riuscì a malapena a cambiare se stessa. Salve Claudio come è nata l’idea di adattare per il grande schermo il suo romanzo? Erano anni che i miei amici e collaboratori mi dicevano che il mio romanzo poteva e doveva diventare un film. All’inizio non ero del tutto convinto, ma poi… Come è arrivato alla scelta dei due attori? Insieme alla produzione abbiamo deciso di non fare i soliti casting che si fanno in questi casi perché ci sono attori che sanno farli meglio di altri a prescindere dalla reale bravura. La scelta è stata quella di andare ad assistere ai saggi finali delle varie scuole di recitazione. E lì abbiamo scelto il protagonista maschile - Biagio Iacovelli - e molti altri interpreti. Per la protagonista femminile - Queralt Badalamenti - la scelta è stata fatta dopo averla vista più volte in vari spot pubblicitari perché fisicamente era praticamente perfetta. Cosa è rimasto da salvare di quel determinato periodo storico? Il discorso sarebbe troppo lungo e articolato, però posso dire che quella generazione, se anche ha fallito politicamente, è stata l’artefice della più grande rivoluzione socio-culturale di tutto il ‘900. E mi riferisco tra l’altro - alla mutata condizione della donna, alla consapevolezza del diritto di esprimere e manifestare liberamente e pubblicamente le proprie idee, alle conquiste dei lavoratori e - non ultimo - alla gestione del proprio corpo, finalmente liberato da ipocriti divieti retaggio di una cultura tradizionalmente moralista ma priva di autentici significati. Un ricordo di Giorgio Albertazzi nella sua ultima interpretazione? Questa domanda mi fa tornare a una tristezza che mi porterò appresso chissà per quanto tempo. Giorgio Albertazzi, oltre a essere quello straordinario attore che sappiamo tutti, era sul lavoro un uomo come solo i grandi sanno essere: umile e deliziosamente morbido nella sua grande disponibilità. I “grandi” non hanno bisogno di dimostrare nulla, non hanno bisogno di conferme o di formali apprezzamenti. L’unica piccola cosa che io ho potuto fare per lui è stata quella di dedicargli il mio film. Un giudizio sull’attuale panorama cinematografico italiano? Mi permetta di non rispondere a questa domanda. Lavoro in quest’ambiente e non vorrei farmi troppi nemici. Quali sono i suoi registi preferiti? Anche qui l’elenco sarebbe troppo lungo. Tra i registi, secondo me, esistono i geni e i grandissimi. Tra i geni gliene cito due: Charlie Chaplin e Stanley Kubrick. Tra i grandissimi: Vittorio De Sica, Bernardo Bertolucci, Sergio Leone ed Ettore Scola, solo per citare gli italiani. Ma l’elenco è molto, ma molto lungo. Progetti per il futuro? Sto finendo la lavorazione di un docufilm su Papa Francesco nel quale Bergoglio spiega la sua idea di arte, un’idea che parte dalla constatazione che l’arte non scarta mai nulla, come l’uomo non deve mai scartare nulla e - soprattutto - nessuno. Vittorio Zenardi
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intervista
L’animazione come forma di resistenza: intervista esclusiva a Simone Massi Simone Massi, regista e animatore, direttore artistico di Animavì - Festival del Cinema di animazione poetico, vincitore di oltre duecento premi internazionali, tra i quali il primo David di Donatello assegnato a un’opera d’animazione per il suo corto Dell’ammazzare il maiale, si racconta a Lo_Speciale in un’intervista esclusiva.
Salve Simone, come nasce in te la passione per l’animazione? “Ho sempre disegnato ma non pensavo che il disegnare potesse diventare facilmente un mestiere; non lo pensavo a 14 anni e ne avrei avuto conferma più avanti. Così, per molti anni ho fatto dell’altro e il disegno si è dovuto accontentare dei ritagli di tempo. Poco meno di vent’anni fa e per una serie di coincidenze ho chiuso l’esperienza della fabbrica e mi sono iscritto alla sezione Cinema d’animazione della Scuola d’Arte di Urbino: gli insegnanti mi mostrarono dei lavori, intuii il potenziale, cominciai a pensare i disegni in movimento e, come logica conseguenza, presi ad animare. Se oggi ripenso a tutta questa vicenda dico che ci finii dentro un po’ alla volta, quasi per caso e senza accorgermene. Inizialmente con fatica e rabbia, poi un giorno ho capito che erano entrambe necessarie e il cinema d’animazione quel che volevo.” Quali sono le tue principali fonti d’ispirazione? “Ci sono gesti, sguardi, apparizioni di uomini e di animali che per qualche strana ragione sono rimaste impigliate in una sorta di rete della Memoria. L’ispirazione viene da episodi di questo genere, cose talmente piccole da sembrare insignificanti.” Non utilizzi il computer ma crei le tue opere su carta, definendoti animatore resistente, quali sono le difficolta maggiori per la realizzazione? “Ho scelto di fare cinema a mani nude, con una matita e dei fogli di carta, in un paese in cui il cinema d’animazione non viene riconosciuto come professione o forma d’arte, senza possibilità di ottenere un sostegno. Sapevo tutto, ho scelto in piena consapevolezza questa forma di espressione e di resistenza.” Tua moglie, Julia Gromskaya, è anche lei un’animatrice di successo, c’è una sorta di contaminazione nelle tue opere dovute a questo legame, o solo fisiologici scambi di idee? “Julia è molto brava e al tempo stesso umile: ha la costanza di lavorare due anni allo stesso progetto, solo per il piacere che le dà il riempire i suoi disegni di colori, colori che dicono di lei e sono una gioia per gli occhi. Lavoriamo fianco a fianco, ci scambiamo pareri, ci aiutiamo; è un bene, perché anche nelle difficoltà ci facciamo coraggio e ci diciamo comunque fortunati perché siamo vicini e facciamo un lavoro che ci piace.” La situazione italiana in questo settore? “L’animazione è sempre stata intesa come una sorta di teatrino per bambini. Al cinema e in televisione è ancora così naturalmente, ma nel piccolo ambito del cortometraggio, qualcosa è cambiato e oggi il rapporto di forze fra chi fa cartoni animati e cinema d’animazione d’autore si è rovesciato a favore dei secondi. Ma non c’è altro che questo: una presa di coscienza da parte degli animatori, un minimo di attenzione e rispetto in più da parte di qualche critico cinematografico. Per il resto si continua come sempre, con autori indipendenti che realizzano i propri film per rabbia e per amore, e produzioni indolenti a debita distanza. In due parole stiamo aprendo dei sentieri sperando che un giorno possano diventare strade.” Progetti per il futuro? “Per il momento i miei progetti sono fermi, lavoro per altri autori, in attesa che cambi il vento.” Vittorio Zenardi
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