Settembre 2017 buono

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“Trading Paint”: intervista esclusiva a Gioia Libardoni e foto dal set

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staff La testata fruisce dei contributi statali di cui alla legge 7 agosto 1990, numero 250 e successive modificazione. Testata iscritta nella sezione per la stampa ed informazione del tribunale di Roma in data 14.10.2003 al n.440/2006

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Cinema

“Trading Paint”: intervista esclusiva a Gioia Libardoni e foto dal set “OMBRE DELLA SERA”: l’opera prima di Valentina Esposito presentata al Senato Festa del Cinema di Roma: “Mazinga Z Infinity” in prima mondiale

Economia

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Un fondo per tutelare chi rischia di perdere la casa Anche l’Economist dice che l’Italia va meglio. Ci possiamo fidare? Il problema non sono i pochi laureati ma gli studi che non danno lavoro

Eventi

Padova Jazz Festival 2017 ShowRUM - Italian Rum Festival: intervista al direttore artistico e fondatore Leonardo Pinto

Tecnologia Cultura

“Nuovo umanesimo e nichilismo”: il nuovo libro di Michele Borrelli Ansia: che fare?

Cronaca www.lospecialegiornale.it

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Il problema non sono le fake news ma quello che scrivono i giornali

EDITORE Sede Legale e sede operativa: Via Ennio Quirino Visconti 103 00193 Roma CF/PI: 07169891004 Tel: 0694358559 Fax: 0694358569

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Ancora terrorismo a Londra. Esplosione in metro Nubifragio Livorno, un disastro continuo e non un’emergenza Perché si torna a parlare di legge elettorale Cosa succede con la Catalogna e perché è un problema per l’Europa


cinema “Trading Paint”: intervista esclusiva a Gioia Libardoni e foto dal set

Lo_Speciale ha intervistato in esclusiva l’attrice Gioia Libardoni che ha appena terminato di girare in Alabama le riprese dell’action movie “Trading Paint”, diretto da Karzan Kader. Con lei un cast stellare: John Travolta e Michael Madsen, insieme sullo schermo per la prima volta nella storia del cinema e la “Regina del Country Pop” Shania Twain. “Trading Paint” é ambientato nel mondo delle corse e narra la storia di Sam (John Travolta) ex campione dell’automobilismo che vede suo figlio Cam, (Toby Sebastian) promettente aspirante pilota, schierarsi con la squadra rivale. Ha inizio così una intensa e pericolosa concorrenza tra padre e figlio. A complicare ulteriormente le cose ci penserà Linsky (Michael Madsen). Salve Gioia, quale è il tuo ruolo in “Trading Paint”? Interpreto sexy Kelly, la segretaria di Linsky ( Michael Madsen) l’antagonista del film. Dove sono state girate le scene delle corse? Abbiamo girato nel circuito a Talladega, una settimana di prima unità e circa tre settimane di seconda. La storia, ricca di azione, si svolge in gran parte in veri autodromi, con la partecipazione eccezionale di piloti professionisti. E’ stato emozionante vedere queste auto che corrono su terra rossa dall’interno del circuito con occhiali di protezione, Veramente molto suggestivo e si torna a casa tutti ricoperti dalla polvere rosso vermiglio. Le auto poi, sono veramente particolari e per nulla rassicuranti alla vista. Come è stato lavorare in Alabama? E’ stato molto particolare girare in film in Alabama, il cuore del sud degli USA. La terra dei redneck come li chiamano loro, gente rude ma gentile e ospitale. Il film è stato accolto alla grande, adorano John Travolta. E Shania Twain è uno grossa star negli Usa, prima in classifica con il suo ultimo album. Nel film è Becca, la fidanzata di Sam. Al film ha partecipato anche l’ottantaduenne pilota Red Farmer mitico componente del Alabama Gang. Le corse a cui si fa riferimento sono quelle organizzate dalla NASCAR ( National Association for Stock Car Auto Racing) Vittorio Zenardi

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cinema “OMBRE DELLA SERA”: l’opera prima di Valentina Esposito presentata al Senato

Sarà presentato Mercoledì 20 Settembre 2017, presso il Senato della Repubblica, in una serata istituzionale presieduta dal Senatore Luigi Manconi, Presidente della Commissione Diritti Umani, il docu-film Ombre della Sera, opera prima di Valentina Esposito, prodotto da Simonfilm e Lupin Film, con il patrocinio del Ministero della Giustizia, del Consiglio Regionale del Lazio, riconosciuto di interesse culturale dal Mibact Direzione Cinema, sostenuto dal Fondo Cinema e Audiovisivo della Regione Lazio. Ombre della Sera sarà presto nelle sale con una distribuzione indipendente che toccherà carceri, università e mondo associazionistico. Il film, che vede l’amichevole partecipazione di Pippo Delbono, è stato candidato ai Nastri D’Argento 2017 nella sezione Docu-Film, ha ottenuto la Menzione Speciale al Bafici Film Festival di Buenos Aires e partecipato al Sofia International Film Festival (Fuori Concorso), al RIFF - Rome Independent Film Festival e al Cairo International Women Film Festival. Interpretato da detenuti in misura alternativa e da ex detenuti attori del Carcere di Rebibbia(oggi attori della compagnia Fort Apache), trae ispirazione dalla biografia dei protagonisti e delle loro famiglie per svelare allo spettatore l’aspetto più intimo e delicato del percorso di reinserimento che intraprendono i “liberanti” tornando nel mondo esterno dopo anni di lontananza. Storie intrecciate, attraverso i complessi e sconosciuti labirinti della libertà. Uomini condannati e afflitti, nel tentativo di espiare i propri peccati e di ricostruire le proprie vite. “Ombre della Sera – sottolinea la regista - è un film sul ritorno: il ritorno a casa e agli affetti dopo anni di lontananza e separazione. Mi sono mossa con discrezione tra la verità e la ricostruzione cinematografica per raccontare la condizione emotiva di chi è condannato per sempre a vivere tra la vita dentro e quella fuori dal carcere, tra le ombre del passato e il bisogno disperato di ritrovarsi nel presente”. V. Z.

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cinema Festa del Cinema di Roma: “Mazinga Z Infinity” in prima mondiale

Mazinga Z Infinity di Junji Shimizu sarà presentato il prossimo 28 ottobre 2017 in prima mondiale alla dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma (26 ottobre – 5 novembre 2017). Lo ha annunciato oggi il direttore artistico Antonio Monda, d’intesa con la presidente della Fondazione Cinema per Roma, Piera Detassis. Mazinga Z Infinity è alla Festa in collaborazione con Alice nella città. L’attesissimo film sarà accompagnato dal celebre mangaka Gō Nagai, l’autore che quarantacinque anni fa, nel 1972, ha creato Mazinga Z, il primo anime giapponese che vede protagonista un robot controllato dall’interno da un essere umano. Il fascino futurista e i valori di pace e giustizia per cui lotta, hanno reso Mazinga Z un fenomeno planetario, un eroe senza tempo fra i più amati di sempre.

Mazinga Z Infinity porterà sul grande schermo lo storico protagonista Kōji Kabuto e il suo acerrimo nemico, Dr. Inferno, in una nuova coinvolgente avventura. Il film è prodotto dal grande studio di animazione giapponese Toei Animation e sarà distribuito in Italia da Key Films a partire dal 31 ottobre.

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cinema “L’equilibrio”: intervista al regista Vincenzo Marra

In concorso alla sezione parallela della Mostra di Venezia Le giornate degli autori, dove ha vinto il Premio Lanterna Magica C.G.S. – Cinecircoli Giovanili Socioculturali, L’Equilibrio di Vincenzo Marra sarà nelle sale italiane dal 21 Settembre 2017. In occasione dell’anteprima stampa romana abbiamo incontrato il regista. Sinossi Giuseppe (Mimmo Borelli) è un sacerdote campano che, desideroso di fuggire dalla diocesi romana, viene scelto per sostituire Don Antonio (Roberto Del Gaudio) in una piccola parrocchia nella sua terra natia. Deciso a ristabilire l’ordine nel quartiere, il coraggioso ecclesiastico si scontrerà apertamente con la piccola mafia locale, scoprendo però che nessuno sarò disposto ad appoggiare la sua missione. Salve Marra, L’equilibrio è il racconto di una sconfitta? “È il percorso di un uomo che non si piega alla paura e non si sottomette all’omertà. Non necessariamente un eroe, direi piuttosto un seminatore di dubbi. Il suo è un cammino cristologico”. Come nasce l’idea del film? “Sono cresciuto in una famiglia con molti preti, conosco l’ambiente e mi è sempre piaciuta l’idea di fare un film di forte spiritualità legato, però, ad una storia terrena. Ci pensavo da ragazzo e ne parlavo anche con il mio caro papà, che aveva visto Le onde del destino di Lars Von Trier e ne era rimasto folgorato. Con L’equilibrio ho realizzato un bisogno antico: quello di narrare i tanti interrogativi legati alla figura dei sacerdoti e proporre una riflessione intorno ai concetti di fede, impegno e cammino spirituale. Ho scelto di raccontare, con delle forti tinte, quello che definisco “percorso cristologico” e, dopo aver girato nelle periferie e seguito molti sacerdoti, ho deciso di ambientarlo in un territorio di confine come quello de la “Terra dei fuochi”. Nella sua opera fa uso di metafore e allegorie, cosa rappresentano i due sacerdoti? L’equilibrio ruota intorno al loro scontro, ognuno rappresenta una visione di come dovrebbe essere inteso quel ruolo. Ho pensato inoltre che é la prima volta nella storia che ci sono due Papi, Don Giuseppe potrebbe essere vicino alla visione di Papa Francesco che dice di “uscire dalle chiese” per arrivare anche “negli ambienti più refrattari delle nostre città” mentre Don Antonio a quella di Papa Benedetto XVI basata sopratutto sul culto. Gli stessi attori protagonisti, Mimmo Borrelli e Roberto Del Gaudio, a luci spente, cercavano di convincere l’altro che il personaggio che interpretavano era nel giusto. Coerentemente alla trama, ho scelto la lingua napoletana e di non puntare su volti notissimi, ma su attori alla loro prima esperienza sul grande schermo, eccezione fatta per Paolo Sassanelli che compare in un cameo. Ci sono nel film immagini fortemente allegoriche come quella della pseudo crocifissione”. Essere in “equilibrio” in una terra di confine, cosa comporta? “È giusto che certi compiti delicati siano affidati a delle persone che non dovrebbero occuparsene, laddove dovrebbero farlo altre figure istituzionali? Ma se lo Stato è assente? E si può essere in “equilibrio” senza scendere a compromessi con certi personaggi?Noi per esempio abbiamo girato senza scendere a patti con nessuno e senza avere niente in cambio.” Invece Don Antonio sembra cedere alla paura.. “L’idea di come poter sviluppare il concetto di paura è stato da sempre un ossessione per questo film. Viviamo un momento storico dove nella quotidianità siamo bloccati dalla paura, ogni giorno di più abbiamo paura del futuro, di deludere e di rimanere delusi, di rimanere da soli, del giudizio conformista, di dover esprimere il nostro dissenso, figuriamoci il dover “affrontare” situazioni molto più grandi di noi come in alcuni territori la malavita organizzata, le malattie, in definitiva la morte. Don Giuseppe non cerca il martirio, non vuole emulare Gesù, ma semplicemente va avanti passo dopo passo, cercando di essere coerente con se stesso e con le cose normali della vita”. Vittorio Zenardi

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cinema Venezia 74: Leone d’Oro a The Shape of Water di Guillermo Del Toro, ecco tutti i premi della Mostra La 74° Mostra del Cinema di Venezia è giunta al termine e stasera sono stati assegnati gli attesissimi premi. Ecco tutti i vincitori di Venezia 74. I vincitori di Venezia 74 Leone d’Oro per il miglior film – The Shape of Water di Guillermo Del Toro Leone d’Argento per la migliore regia – Jusqu’a la garde di Xavier Legrand Leone d’Argento - Gran premio della Giuria – Foxtrot di Samuel Maoz Premio Speciale della Giuria – Sweet Country di Warwick Thorton Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile – Kamel El Basha per The Insult di Ziad Doueiri Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile – Charlotte Rampling per Hannah di Andrea Pallaoro Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente – Charlie Plummer per Lean on Pete Premio per la migliore sceneggiatura – Martin McDonagh per Tre Manifesti a Ebbing, Missouri Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” – Jusqu’a la garde di Xavier Legrand Selezione Orizzonti Premio Orizzonti – Nico, 1988 di Susanna Nicchiarelli Premio Orizzonti alla regia – Vahid Jalilvand per No Date, No Signature Premio Speciale della Giuria – Caniba di Lucien Castaing-Taylor e Véréna Paravel Premio migliore sceneggiatura – Los versos del olvido di Alireza Khatami Premio Orizzonti Cortometraggio – Gros Chagrin di Celine Devaux Premio alla migliore interpretazione maschile – Navid Mohammadzadeh per No Date, No Signature Premio alla migliore interpretazione femminile – Lyna Khoudri per Les Bienheureux di Sofia Djama Venezia Classici Miglior documentario sul cinema – The Prince and the Dybbuk Miglior film restaurato – Idi i smorti Premio VR Story Arden’s Wake – Miglior Virtual Reality Bloodless – Miglior storia La camera insabbiata – Migliore esperienza VR

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cinema

“BEYOND THE SUN” PRESENTATO IN VATICANO ALLA PRESENZA DI PAPA FRANCESCO Ieri 20 Settembre 2017 AMBI Media Group di Andrea Iervolino e Monika Bacardi ha avuto l’onore di presentare, durante una proiezione privata, il suo film Beyond the Sun proprio nell’epicentro della Fede Cristiana, Città del Vaticano. L’idea del film è nata da Papa Francesco stesso, che ha richiesto ai produttori e alla regista di realizzare un film per i bambini che comunicasse il messaggio di Gesù in tutto il mondo. Andrea Iervolino e Lady Monika Bacardi, co-fondatori di AMBI Media Group hanno finanziato e prodotto il film, con la guida del consulente religioso Monsignor Eduardo Garcia, Vescovo di San Justo e Assistente Generale di FIAC, e i co-produttori Graciela Rodriguez e Gabriel Leybu. Papa Francesco si è offerto di partecipare al film per sostenere la carità, infatti tutti i profitti di Beyond the Sun saranno devoluti a un’associazione di beneficenza - El Buen Samaritano - che aiuta i bambini a rischio e i ragazzi in difficoltà. Alla proiezione riservata a pochi ospiti, erano presenti i produttori, la regista Graciela Rodriguez, il co-regista Charlie Mainardi, il co-produttore Gabriel Leybu, il giornalista Gianni Minà, alcuni esponenti del governo canadese (dove Andrea Iervolino risiede ormai da tempo), personalità provenienti da Cina e Argentina e Monsignor Perazzolo per Ctv. Scritto e diretto da Graciela Rodriguez, Beyond the Sun – interpretato dai giovanissimi attori Aiden Cumming Teicher, Cory Gruter Andrew, Emma Grace Duke, Kyle Breitkopf e Sebastian Alexander Chou – è una storia di avventura per famiglie, in cui i bambini provenienti da culture diverse emulano gli apostoli alla ricerca di Gesù nel mondo che li circonda. Il film ha un intento edificante e si impegna ad incoraggiare spiritualmente il pubblico di tutte le età a trasmettere le parole di Gesù, a comprenderle e vivere una vita migliore, facendo buone scelte e aiutando gli altri. La partecipazione del Papa, della durata complessiva di circa 6 minuti, nella parte centrale e finale del film, ha creato le linee guida di quello che il film ha voluto comunicare: un messaggio di fede e speranza per i bambini, ma anche per gli adulti. Andrea Iervolino ha commentato: “Questo film è un film da sostenere, che porta la parola di Dio e di Gesù nel mondo. Vuole arrivare a tutti, a bambini e adulti. È un film realizzato per un unico scopo: la beneficienza. Infatti tutti i proventi saranno devoluti a sostegno dell’associazione El Buen Samaritanoche aiuta tantissimi bambini.” Il film è finanziato da AMBI Media Group in collaborazione con Raven Capital Management e Paradox Studios. AMI (Ambi Media Italia) distribuirà il film nelle sale italiane alla fine del 2017. BEYOND THE SUN sarà un evento speciale fuori concorso ad Alice nella città - Sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma. V. Z.

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cinema

Al Roma Fringe Festival 2017 cinema d’Autore con Gabriele Mainetti

Con Gabriele Mainetti - uno dei registi più visionari del momento, che ha dato vita a un fenomeno di costume come “Lo chiamavano Jeeg Robot” - il 16 settembre al Roma Fringe Festival arriva anche il grande cinema, alle ore 22.30 sul Palco A.In una serata speciale, con proiezioni dei suoi cortometraggi, intervistato dal direttore artistico del Roma Fringe Festival Davide Ambrogi e con ospite speciale Lillo Petrolo da Lillo e Greg, Gabriele Mainetti ripercorrerà alcuni dei momenti più interessanti della carriera con Basette (2008), Tiger Boy (2012), la serie di Ningyo (2016). Un evento spettacolo inedito, in cui leggere e scoprire il Cinema, attraverso uno dei suoi più stimati esponenti contemporanei. Ad aprire la serata i tre spettacoli più votati della settimana al Roma Fringe Festival. Da poliziesco al noir, i corti proiettati insieme a Gabriele Mainetti, Lillo e altri ospiti saranno: Basette, corto del 2008 con Valerio Mastandrea, Daniele Liotti, Marco Giallini, Luisa Ranieri, Flavio Insinna, Lidia Vitale, Santa De Santis, Alessandro Tavanti; Tiger Boy, drammatico del 2012 con Francesco Foti, Lidia Vitale e Simone Santini; una delle sei versioni di “人魚 – NINGYO”, insieme a Reminiscenza, Ripensamento, Dubbio, Ritorno, Distacco tratte da sei sceneggiature diverse scritte da Nicola Guaglianone e dirette da Gabriele Mainetti. V. Z.

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economia Un fondo per tutelare chi rischia di perdere la casa

Tutelare chi rischia di perdere la prima casa o l’immobile nel quale svolge la propria attività professionale o il proprio negozio, cioè lo strumento che garantisce il sostegno economico di ogni nucleo familiare. E’ questa la finalità di una proposta di legge depositata alla Camera dei Deputati che può già contare su un sostegno trasversale tra le forze politiche. La proposta di legge è stata redatta dal Dott. Ubaldo Palmidoro, presidente della Centaurus Capital Management Spa e membro della Consulta degli esperti del Presidente della Commissione Finanza, Maurizio Bernardo. Palmidoro e la Consulta degli Esperti hanno lavorato su una proposta in grado di supportare le banche in crisi tutelando allo stesso tempo coloro i quali rischiano di perdere un immobile a seguito del recupero forzoso dei crediti deteriorati da parte degli istituti di credito. Ciò potrà avvenire mediante la costituzione di un fondo denominato “Fondo Patrimonio Italia” che procederà l’acquisto degli immobili posti a garanzia dei crediti e successivamente individuerà tra i debitori esecutati coloro i quali si trovano in situazioni di indigenza per intraprendere un dialogo che permetta loro di non perdere il possesso dell’immobile. Maggiori dettagli verranno presentati il 3 ottobre durante la tavola rotonda che si terrà presso la Camera dei Deputati alla quale parteciperanno oltre a Palmidoro e a Bernardo i parlamentari Fabrizio Di Stefano, Pietro Laffranco e Alberto Giorgetti. Interverranno inoltre, Andrea Mignanelli (amministratore delegato di Cerved Credit Management), Stefano Scopigli (amministratore delegato di Yard Credit & Asset Management) e Stefano Santin (Casa del Consumatore).

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economia

Anche l’Economist dice che l’Italia va meglio. Ci possiamo fidare? Non c’è stato mai grande feeling tra il settimanale britannico The Economist e l’Italia. Tutti ricordano la copertina del 2011 con cui si definiva Silvio Berlusconi «unfit to lead», cioè incapace di governare, nell’estate 2016 si occupò del sistema bancario italiano, definendolo un rischio per l’Europa più grave di Brexit. Negli anni successivi quello che viene ritenuto il più prestigioso settimanale del mondo, la lettura che accompagna il gotha dell’economia e della politica mondiale, non ha risparmiato critiche severe al nostro Paese. Questa volta però sembra che le cose vadano in modo diverso. In un articolo intitolato “Buone notizie dall’Italia”, il settimanale spiega come la situazione economica del nostro paese sembri essersi finalmente aggiustata, anche se non manca di far notare i problemi e le insidie che ancora minacciano l’economia. Come spiega con grande accuratezza IlPost, l’articolo comincia ricordando che secondo le ultime stime l’Italia crescerà nel 2017 dell’1,5 per cento, una cifra che potrebbe salire ancora secondo le previsioni fatte dal governo lo scorso 5 settembre. Si tratta della crescita più rapida dall’inizio della crisi, ma sarebbe stato un tasso di tutto rispetto anche per gli anni precedenti al 2008. Era dall’inizio degli anni Duemila che l’economia italiana non andava così bene. L’Economist ammette che questo 1,5 per cento è un tasso di crescita ancora molto basso se paragonato a quello del resto della zona euro, dove l’economia cresce al 2,2 per cento di media. In altre parole, rispetto ai suoi vicini l’Italia continua ad essere un paese in “ritardo”, dove le recessioni sono più profonde e le riprese più lente. Il divario, però, sembra che si stia attenuando e il nostro paese sembra aver recuperato un po’ del terreno perso negli ultimi anni. L’Economist scrive che anche i dati sul lavoro sono finalmente buoni. Il numero di occupati, cioè delle persone che hanno un lavoro, non era così alto dal 2008. Secondo gli ultimi dati, la disoccupazione continua a restare stabile, anzi: è leggermente cresciuta passando dall’11,2 per cento di giugno all’11,3 per cento di luglio. Ma questo non dovrebbe preoccuparci più di tanto: al termine di una recessione, solitamente, molte persone ricominciano a cercare lavoro dopo aver trascorso lunghi periodi senza nemmeno provarci. Chi non cerca lavoro non figura nelle statistiche sulla disoccupazione (i disoccupati sono definiti come coloro che non hanno lavoro e ne cercano attivamente uno), quindi – in maniera controintuitiva – non appena termina una crisi, un segnale di ripresa può essere proprio l’aumento della disoccupazione. Nel nostro paese sembra che sia in atto proprio una dinamica di questo tipo. I disoccupati aumentano, ma diminuiscono gli inattivi, cioè coloro che non lavorano, ma nemmeno sono in cerca di un’occupazione. Secondo l’Economist, anche la situazione del sistema finanziario italiano è meno preoccupante di un anno fa. Lo stato è intervenuto per salvare la banca Monte dei Paschi e le due banche venete, Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Le operazioni sono state tutte molto criticate per essere arrivate tardi e per aver coinvolto nei salvataggi fondi pubblici, invece che penalizzare chi in quelle banche aveva investito. Nonostante questo, però, una situazione potenzialmente rischiosa è stata risolta, scrive il settimanale, e le cose continueranno a migliorare se le altre banche si comporteranno in maniera disciplinata, liberandosi dei loro “crediti deteriorati”, cioè i prestiti concessi che non riescono più a farsi restituire. Infine, l’Economist sottolinea il successo che l’attuale governo ha ottenuto nel limitare l’immigrazione nel nostro paese, stringendo accordi con il governo libico e con le milizie che operano sul territorio. (Secondo diverse inchieste giornalistiche, il governo italiano ha anche fatto accordi con alcune organizzazioni criminali libiche, e il risultato di queste scelte è stato in ogni caso l’aumento esponenziale di persone imprigionate in Libia in condizioni terribili). Però, a detta del giornale, non ci sono solo indicazioni positive. nonostante le buone notizie ci sono diverse cose che non funzionano in Italia. La disoccupazione giovanile è ancora saldamente intorno al 35 per cento e le misure adottate fino ad ora per cambiare questa situazione non sembrano aver avuto un effetto duraturo. Il settimanale ricorda che gli incentivi alle assunzioni sono stati uno sgravio fiscale soltanto temporaneo il

cui effetto si è esaurito molto rapidamente. Praticamente non cita la nuova forma di contratto a tutele crescenti introdotta dal Jobs Act e spesso indicata dal segretario del PD Matteo Renzi come la ragione per l’aumento dell’occupazione. In effetti non sembra che il Jobs Act da solo abbia avuto un forte impatto sul numero dei posti di lavoro. Le due “forze” che più hanno agito sul mercato nel lavoro negli ultimi anni, secondo gli esperti, sono da un lato gli sgravi fiscali alla contribuzione, dall’altro la riforma Fornero che ha mantenuto al loro posto numerosi anziani, soprattutto donne, che altrimenti ora sarebbero in pensione. Il governo Gentiloni sta pensando in queste settimane di trasformare i vecchi incentivi temporanei alle assunzioni in uno sgravio fisso per i più giovani, ma sarà difficile trovare le risorse per questa misura visto che molti all’interno del PD, in particolare i più vicini al segretario Renzi, insistono affinché almeno altrettante risorse siano spese a favore dei pensionati. Ma a limitare le risorse che i governi possono spendere per stimolare l’economia c’è il grande debito pubblico, che in questi ultimi anni non ha fatto che aumentare più o meno rapidamente. Pagare gli interessi sul debito costa all’Italia parecchi miliardi ogni anno, mentre il totale del debito è così grande da rendere incerta la capacità del nostro paese di ripagarlo in caso di nuove crisi o recessioni. Ma se anche potessimo cancellare il debito con un tratto di penna, l’Economist ricorda che l’Italia ha un altro problema ancora più grave e di cui tra esperti ed economisti si parla da anni (anche se raramente il tema arriva sulle prime pagine dei giornali): la produttività del lavoro, cioè quanto valore riesce a produrre un lavoratore italiano in una certa quantità di tempo a paragone con i lavoratori di altri paesi. La produttività è influenzata da molti fattori diversi: il tipo di prodotti che vengono realizzati, l’abilità della forza lavoro, gli investimenti in macchinari, l’innovazione dei processi produttivi. L’Italia è da anni molto scarsa in tutti questi ambiti e secondo alcune ricerche è proprio il blocco della produttività una delle principali cause della decennale stagnazione del nostro paese. Le ragioni di questa situazione sono numerose. Il tessuto imprenditoriale italiano è fatto soprattutto da piccole e piccolissime imprese con scarsa capacità di innovazione. Le imprese familiari, in particolare, rappresentano un ostacolo perché raramente le famiglie sono disposte a perdere il controllo dell’azienda mettendosi nelle mani di investitori in grado di fornirgli i capitali necessari all’innovazione. Ma anche le grandi imprese hanno spesso pochi incentivi ad innovare. In Italia esiste ancora un’ampia zona grigia in cui l’economia pubblica e quella privata si mischiano e si sovrappongono. Molte grandi società preferiscono infilarsi in queste nicchie di mercato dove le rendite sono garantite da alleanze politiche piuttosto che avventurarsi nel difficile terreno dell’innovazione e della competizione. Quello che fa l’Economist è un lungo elenco di sfide difficili che i prossimi governi dovranno affrontare se vogliono mantenere i buoni presupposti di crescita che si sono visti negli ultimi mesi. Il settimanale, però, è scettico sulla loro capacità di farlo. Se i partiti non si accorderanno su una nuova legge elettorale, scrive, il risultato delle elezioni del prossimo anno sarà un parlamento ingovernabile, oppure una larga e instabile coalizione di destra e sinistra: entrambe situazioni in cui sembra complicato mettere in atto riforme di grande respiro.

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economia

Il problema non sono i pochi laureati ma gli studi che non danno lavoro Abbiamo troppi laureati nelle materie umanistiche e troppo pochi in quelle economiche che garantirebbero una maggiore possibilità di occupazione. E’ il dato che emerge dall’analisi dell’Ocse presentata nell’ambito di una iniziativa organizzata e coordinata dall’Associazione Treellle presieduta da Attilio Oliva. Ci sono troppi laureati in Lettere o altre discipline simili e faticano a trovare un impiego che corrisponda alle loro qualifiche. D’altro canto, nel sistema universitario non trovano passerelle per ri-orientarsi verso discipline dove gli sbocchi occupazionali sono migliori. L’Italia registra appena il 18% di laureati, contro il 37% della media nella zona Ocse: il dato più basso dopo quello del Messico. Nel gruppo dei dodici Paesi di riferimento siamo ultimi. Germania, Portogallo, Francia e Spagna hanno medie decisamente superiori. La Svizzera è al 41 per cento, Stati Uniti e Regno Unito al 46 per cento. Male anche il dato sul conseguimento di una prima laurea al 35%, il quarto più basso dopo Ungheria, Lussemburgo e Messico. Secondo il report, queste cifre potrebbero essere in parte dovute a “propsettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari” in seguito al conseguimento della laurea. Per di più, i titoli in Italia si concentrano in facoltà (ben il 30 per cento) che il mercato del lavoro non riesce a valorizzare: Lettere, Scienze politiche, Sociologia, Scienze della comunicazione, Formazione artistica. Lo squilibrio tra un fabbisogno in crescita di laureati nell’area definita Stem (science, technology, engineering e mathematics) e l’interesse ancora «insufficiente» mostrato dalle matricole proprio per le discipline che offriranno maggiori prospettive di impiego e di retribuzione nel mercato europeo. In altre parole: le opportunità ci sono, le iscrizioni latitano. A tal proposito è molto interessante leggere lo studio del Centre for European Policy Studies (Ceps) pubblicato dal Sole 24 Ore. Sul breve periodo una laurea in discipline più «hard» come ingegneria o matematica potrebbe avere meno «senso finanziario» di quello profilato – a stretto giro – da corsi di laurea più soft. Un esempio del caso sono le scienze sociali, come economia e scienze politiche: corsi che attraggono di più, grazie alla combinazione di minore investimento di tempo e buoni ritorni. L’esatto contrario di quanto si verifica con le discipline Stem: il fattore tempo spaventa, mentre i retaggi culturali su discipline “maschili” come matematica e fisica fanno sì che la presenza femminile sia ridotta a poco più di un terzo del totale. Un cortocircuito che sta mettendo a repentaglio il fabbisogno di skills tecnici per la crescita europea e tenendo ai margini la quota di studentesse: appena il 33,3% su scala europea, ritoccata all’insù dall’Italia (39,8%). La fotografia è scattata dal calcolo del valore attuale netto (Net present value, il beneficio che si può attendere) a cinque anni dalla laurea. I ritorni per gli studenti sono stimati con «un set più ampio di variabili» rispetto a criteri già noti in letteratura come il tasso di occupazione e lo stipendio medio. In particolare si introduce il fattore tempo come ingrediente del costo-opportunità: quanti anni si trascorrono sui libri e quante ore sono così “sottratte” al lavoro e alle prime retribuzioni. Se consideriamo come base 100, il valore netto di una laurea Stem stimato dai ricercatori è pari ad appena 55 per gli uomini e in rosso a -32 per le studentesse, contro un valore di 273 per scienze sociali, economia e legge (ma per le ragazze non si va oltre una media di 27) e addirittura di 398 di medicina (qui lo scarto di genere è più contenuto: per le donne è pari 262). Fanno peggio solo le discipline umanistiche (-265 per gli studenti e a -15 per le studentesse), ma sempre sul breve periodo e con un bilancio del tutto in negativo per la sola Italia.

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economia Cosa sta succedendo con Ryanair

La compagnia aerea low cost Ryanair ha annunciato di aver cancellato più di 2000 voli da qui alla fine di ottobre, spiegando di doverlo fare per smaltire la grande quantità di ferie accumulate dai suoi dipendenti (piloti ed equipaggio) prima della fine dell’anno e per migliorare la puntualità dei voli, che stava venendo meno a causa della scarsità del personale. La versione che raccontano dall’interno è differente. Ci sarebbe stato un esodo di comandanti che assunti sono stati assunti dai concorrenti che pagano di più. Come spiega Il Sole 24 Ore le condizioni contrattuali offerte da Ryanair sono molto inferiori rispetto a quelle dei concorrenti. «Le mie ferie? Un mese all’anno. Senza ricevere alcuna retribuzione. La malattia? Per un giorno basta l’autocertificazione. Oltre serve un certificato in lingua inglese. La malattia è retribuita? Si capisce bene dalla busta paga che è un rimborso spese per ore volate», racconta un pilota al giornale della Confindustria. L’amministratore delegato della low cost Michael O’Leary ha certato di mettere una pezza spiegando che «non c’è una carenza di piloti» e annunciando un «bonus fedeltà», in modo da non farli «scappare via». Ma la frittata è fatta e i disagi sono in arrivo: entro oggi saranno rese note tutte le cancellazioni dei voli da qui a ottobre che secondo Kenny Jacobs, braccio destro di O’Leary, ammonterebbero solo al 2% del totale dei 2.500 voli quotidiani. Il capo di Ryanair ha poi tuonato contro i concorrenti, rei di aver privato la low cost irlandese delle ambite braccia dei piloti di linea che evidentemente cercano nuovi datori di lavoro che offrano condizioni migliori. Nel mirino Lufthansa e Iag, che andrebbero a caccia dei piloti. Attacco molto duro anche nei confronti della low cost Norwegian, che sta drenando comandanti dalle cabine di pilotaggio irlandesi: ne avrebbe “circuiti” oltre 140 negli ultimi mesi.

Ma cosa si deve fare se il volo è stato annullato? Sono possibili due opzioni: o la richiesta di rimborso o una modifica del volo cancellato. Chi sceglierà la prima opzione potrà fare richiesta di rimborso completo, inserendo i dettagli della propria prenotazione. I rimborsi saranno accreditati entro sette giorni lavorativi sulla carta utilizzata per la prenotazione originale. La seconda opzione prevede una modifica del volo cancellato, che sarà gratuita: il modo più semplice per ottenerla è recuperare la prenotazione online originaria e inserirla qui e dipenderà naturalmente dalla disponibilità del nuovo volo. Sul sito della compagnia si dice anche che in caso di necessità di modifica della tratta da/per un altro aeroporto servito da Ryanair è necessario contattare i consulenti della compagnia attraverso la chat gratuita online o il call center. Se invece si è già partiti ed è stato cancellato il proprio volo di ritorno si possono controllare le disponibilità del volo successivo (e sperare che non venga cancellato anche quello). Andranno comunque conservate tutte le ricevute delle spese effettuate a causa della cancellazione del proprio volo: potranno essere rimborsati pasti e bevande consumate in proporzione alla durata dell’attesa, la sistemazione in albergo se fossero necessari uno o più pernottamenti o un soggiorno più lungo di quello originariamente previsto dal passeggero, il trasporto dall’aeroporto al luogo di sistemazione (albergo o altro) e viceversa. La storia che riguarda Ryaniar è seguita con particolare attenzione nel nostro Paese anche perché la compagnia low cost nei giorni scorsi ha fatto sapere di essere interessata all’acquisto di Alitalia.

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eventi

Padova Jazz Festival 2017

Venti anni di Padova Jazz Festival: a festeggiarli arriveranno, tra gli altri, Pat Metheny, Sergio Cammariere, Eric Reed e Mike Applebaum. In scena dal 7 al 14 ottobre, la ventesima edizione della kermesse padovana occuperà le più prestigiose sedi musicali cittadine, il Teatro Verdi e la Sala dei Giganti, che ospiteranno i concerti principali del programma. Durante il periodo del festival la musica si diffonderà in tutta la città. Tornerà poi anche il format Jazz@ bar coi suoi numerosi appuntamenti ambientati in luoghi alternativi: locali, ristoranti e bar padovani, distribuiti sia in centro che fuori città, accoglieranno esibizioni live in contesti informali e conviviali. La settimana festivaliera si completerà poi con mostre, presentazioni editoriali e performance artistiche sempre con la musica improvvisata a fare da filo conduttore. Il Padova Jazz Festival è organizzato dall’Associazione Culturale Miles presieduta da Gabriella Piccolo Casiraghi, con il contributo dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, di GBR Rossetto e Antenore Energia. Dopo un prologo all’aria aperta, sabato 7 ottobre, con l’esplosiva Magicaboola Brass Band che nel pomeriggio percorrerà le vie e le piazze del centro storico padovano, i primi appuntamenti serali del festival si terranno al Cinema Porto Astra, sotto la bandiera “New Visions”: una sezione dedicata alle nuove tendenze espressive, per gettare uno sguardo su un presente musicale tutto proiettato verso la ricerca di nuovi linguaggi. Lunedì 9 ottobre si esibiranno in tre distinti assolo (prima di un finale che li riunirà tutti assieme) il chitarrista Francesco Diodati, il sassofonista Piero Bittolo Bon e il percussionista Francesco Cigana, tutti sorretti dall’apporto del visual artist Luca Silvestri. Martedì 10 toccherà alle ipnotiche sonorità degli Hobby Horse, ovvero Dan Kinzelman, Joe Rehmer e Stefano Tamborrino. Mercoledì 11 ottobre il festival entrerà nel vivo della sua programmazione, a partire dalla prestigiosa Conversazione con Pat Metheny che si terrà nel pomeriggio al Ridotto del Teatro Verdi: in attesa del suo concerto del 13 novembre, il celeberrimo chitarrista si è reso disponibile per farsi conoscere da vicino dai suoi fan. Non un workshop di strumento bensì una sorta di ‘lezione magistrale’, durante la quale Metheny racconterà il suo percorso artistico e sarà disponibile alle domande dei presenti. Un’occasione unica per conoscere da vicino un musicista di culto, in un contesto con iscrizioni a numero limitato. La sera, alla Sala dei Giganti, il trombettista Mike Applebaum col suo quartetto, oltre ad alcuni ospiti, esplorerà un’ampia gamma di stili musicali: standard jazz, classici latini, musiche da film. La serata sarà anche l’occasione per presentare il film documentario Music Patchwork, diretto da Alessandro Andrian (in arte JiAndri), i cui protagonisti sono Ennio Morricone e Mike Applebaum, che è uno dei solisti più ricercati nelle produzioni musicali pop e cinematografiche. Protagonista musicale della serata di giovedì 12, ancora alla Sala dei Giganti, sarà il pianista Eric Reed, che metterà le sue solide basi gospel, la profonda conoscenza dei classici jazz e uno spiccato senso dello swing al servizio della musica di Coleman Hawkins. Reed si presenterà alla testa del suo trio statunitense, con in più l’aggiunta di Piero Odorici: sarà lui a impugnare il sax in questo importante confronto con la storia del suo strumento. Venerdì 13 il Teatro Verdi aprirà le porte per l’attesa serata dedicata a un’icona della chitarra come Pat Metheny. Con il suo quartetto che lo vede circondato da Gwilym Simcock al pianoforte, Linda Oh al contrabbasso e Antonio Sanchez alla batteria, Metheny torna dopo molto tempo a confrontarsi con la storia della chitarra jazz in uno dei suoi format più classici. “An Evening with Pat Metheny” gioca la carta della formula aperta, con una scaletta che si preannuncia come un pacco a sorpresa che aspetta solo di essere aperto. Il Teatro Verdi ospiterà anche la serata finale del festival: sabato 14 Sergio Cammariere presenterà il suo più recente lavoro discografico, Io, accompagnato da un gruppo di fedeli musicisti che denotano il feeling jazz del suo cantautorato. In scaletta ci saranno i suoi brani più amati oltre a nuove coinvolgenti canzoni. Cammariere pescherà dunque dal baule dei ricordi i suoi successi più acclamati, dipingendoli con nuove sfumature e con intense sottolineature emotive. Numerosi sono gli appuntamenti che affiancheranno la programmazione concertistica principale. Giovedì 12 ottobre alle Scuderie Palazzo Moroni verrà inaugurata la mostra fotografica “Venti di Jazz. I 20 anni del Padova Jazz Festival nei volti dei suoi protagonisti”, con scatti di Pino Ninfa, Daniela Zedda, Piero Principi, Michele Giotto. La mostra rimarrà poi aperta sino al 22 novembre. Lo storico Caffè Pedrocchi torna a essere luogo di appuntamenti del festival, con due aperitivi in jazz (11 e 12 ottobre) e due presentazioni editoriali alla presenza di autori blasonati come Ashley Kahn (l’11) e Claudio Fasoli (il 14). Il Ristorante Zaramella presso l’Hotel Europa sarà la nuova sede della vita più notturna del festival, con una girandola di formazioni che ruoteranno attorno alla presenza dello stimato pianista Danilo Memoli, per un dopo teatro in jazz le sere dall’11 al 14. Ben 25 saranno infine i locali, sia in centro che fuori città, che ospiteranno i live del format JAZZ@BAR, dal 5 al 14 ottobre 2017.

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eventi ShowRUM - Italian Rum Festival: intervista al direttore artistico e fondatore Leonardo Pinto Lo_Speciale ha incontrato Leonardo Pinto, direttore artistico e fondatore di ShowRUM - Italian Rum Festival, la cui quinta edizione si terrà a Roma presso l’A .Roma Lifestyle Hotel l’8 e il 9 ottobre 2017. Salve Leonardo, come nasce la tua passione per il Rum? E’ stato un colpo di fulmine, mi sono innamorato di questo distillato che ero a malapena maggiorenne, quasi per caso, assaggiandolo al banco di un bar. Da lì è partita la passione che mi ha spinto a volerne sapere sempre un pò di più anno dopo anno, fino ad aprire un blog nei primi anni 2000, Isla de Rum appunto. All’inizio era solo un blog, in cui scrivevo le informazioni che riuscivo a reperire sia sui libri, sia alle conferenze, sia sui (pochi) siti che allora ne parlavano, sia informazioni rubate telefonicamente a qualche produttore che decideva di rispondere alle mie domande credendomi un giornalista italiano. Chiaramente all’inizio molte di queste informazioni erano semplice marketing e solo con il tempo me ne sono reso conto, motivo per il quale quando ho deciso di mollare tutto e provare a fare della mia passione un lavoro, ho anche riavviato la piattaforma online di Isla de Rum, eliminando tutte le vecchie informazioni e riscrivendo gli articoli, questa volta sulla mia esperienza e non sul sentito dire. L’obiettivo, ancora oggi dopo quasi 20 anni, è sempre quello di poter apprendere qualcosa in più e condividerla con i curiosi e gli appassionati come me. Dopotutto come diceva Elie Wiesel “la conoscenza muore se non è condivisa”. Quale è il modo migliore per degustarlo, esaltando le sue qualità? Il rum è un prodotto dalle mille sfaccettature, ed ogni rum ha bisogno del suo tempo e del giusto bicchiere, così come si fa con il vino. Ma il più grande suggerimento che mi sento di dare, oltre la parte tecnica, è quello di degustare un rum cercando i sentori ed il carattere della terra che lo ha generato, cercando le emozioni che il bicchiere ci può raccontare. Si fa un gran parlare del bere consapevole, che condivido ed appoggio. Bene, questo è, a mio avviso, l’unico modo per assumere quella consapevolezza, ovvero trattare il liquido come un pezzo di storia, cultura e tradizione, e provare a capirle tenendolo sotto il naso. Certo se poi si è con i piedi nella sabbia all’ombra di una palma, sicuramente l’esperienza diventa più appagante. Il tuo mix preferito a base di Rum? Adoro tutto quello che è miscelazione semplice, quella che in genere si fa ai Caraibi. Un ti-punch, piuttosto che rum e soda, che sono i cocktail più rappresentativi delle zone caraibiche, e naturalmente apprezzo il rum in miscelazione anche in grandi ricette create dall’estro dei barman, motivo per il quale ho deciso di dedicare proprio a questi ultimi una sezione del sito Isla de Rum in cui pubblico le ricette che via via mi vengono inviate. Hai creato un percorso formativo sul Rum in Italia, dal titolo RUM MASTER, come è strutturato? Nonostante vent’anni di esperienza in questo settore, presentarmi davanti ad un pubblico per “insegnare” qualcosa è ancora qualcosa che tratto con grande rispetto. Mi chiedo sempre cosa posso davvero trasmettere ed in che modo posso far passare i concetti che ho in mente. E’ per questo motivo che costruire il Rum Master è stato un lavoro di oltre 5 anni. Il percorso formativo si articola in due livelli da circa 12 ore ciascuno. Nel primo livello si tratta della storia del rum legata al mercato internazionale, dei metodi produttivi con focus tecnici su fermentazioni e alambicchi fino ad arrivare ai processi di invecchiamento ed alle legislazioni attuali. Il secondo livello tratta in modo più approfondito la parte di degustazione ed abbinamento con un sguardo tecnico alla chimica degli aromi ed alla loro evoluzione. L’obiettivo finale per chi svolge entrambi i livelli è di arrivare ad una buona conoscenza del panorama rum ed alla capacità di degustarlo e valutarlo in modo professionale. Al termine del secondo livello è stato introdotto un esame di degustazione, al fine di premiare, ciascun anno, i migliori due allievi che hanno frequentato il corso. Il premio è dedicato a Silvano Samaroli, un caro amico scomparso ad inizio anno, nonché uno dei più grandi esperti di degustazione al mondo, e vede i due vincitori fare parte della prestigiosa giuria della STC - ShowRUM Tasting Competition, in occasione di ShowRUM - Italian Rum Festival. L’8 e il 9 ottobre 2017 a Roma si tiene il festival del Rum e della Cachaca, ShowRUM, da te diretto, ci puoi dare qualche anticipazione? Di anno in anno la manifestazione cresce in modo esponenziale sia in termini di adesione dei produttori che in termini di partecipanti e professionisti coinvolti, a sottolineare quanto il lavoro fatto nel tempo sia apprezzato dall’intero mercato del rum, italiano ed internazionale. Quest’anno i brand partecipanti sono oltre 70, circa il 40% in più rispetto allo scorso anno. A latere della parte espositiva molti sono gli appuntamenti dedicati alla formazione, sia nella giornata di domenica, dedicata al grande pubblico, in cui sono previste 6 Masterclass di approfondimento condotte da altrettanti brand, sia nella giornata di lunedì dedicata agli operatori del settore, in cui verranno svolti due percorsi formativi, uno sulla degustazione e la conoscenza del rum e l’altro sul suo utilizzo in miscelazione. Sarà inoltre possibile incontrare, tra gli stand della manifestazione, sia produttori, sia rappresentanti ed esperti di calibro internazionale, che ogni anno scelgono ShowRUM per entrare in contatto con il mercato italiano. Una “due giorni” all’insegna della celebrazione e della conoscenza dello spirito dei Caraibi che coinvolge l’Italia intera. Tutte le informazioni le trovate al sito ufficiale www.showrum. Vittorio Zenardi

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tecnologia Il problema non sono le fake news ma quello che scrivono i giornali

Il 70% degli italiani dichiara di informarsi attraverso internet e il 34% da Facebook o Twitter. Fra coloro che usano Internet, il 53% dichiara di incontrare in rete spesso notizie parzialmente o completamente false, che per tre su quattro contribuiscono a creare confusione fra gli italiani rispetto a temi ed eventi correnti. Però meno del 5% degli intervistati dichiara di avere molta fiducia nei media tradizionali ma questa percentuale sale al 12% quando le notizie arrivano dalla rete ed in generale gli intervistati credono più a blog e motori di ricerca (62%) che ai giornalisti di carta stampata, radio e TV (48%). Sono i risultati di una ricerca realizzata dall’Osservatorio NEWS-ITALIA che monitora e descrive dal 2010 le trasformazioni dell’ecosistema dell’informazione nel nostro Paese. L’edizione 2017 è dedicata alla circolazione delle notizie false in rete e non. Del team di ricerca fanno parte Lella Mazzoli, Fabio Giglietto Francesca Carabini, Giada Marino. News-Italia è un osservatorio sui cambiamenti del consumo di informazione in Italia. L’idea nasce come naturale prosecuzione della prima edizione dell’indagine realizzata nel 2011 dal LaRiCA, Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università di Urbino Carlo Bo. Scopo del progetto è studiare come cambia il modo di informarsi degli italiani con il diffondersi delle nuove pratiche di consumo basate sull’uso dei media digitali e dei dispositivi mobili. Negli intervistati la fiducia nella rete cresce con il crescere dell’intensità di uso di internet per informarsi (fra cui segue più fonti e chi riceve informazione dai Twitter e Facebook). Oltre la metà degli intervistati dichiara dunque di incontrare spesso notizie false o parzialmente false in rete. Esiste inoltre una diffusa consapevolezza circa la confusione che queste notizie contribuiscono a creare fra gli italiani. Al tempo stesso, gli intervistati mostrano di avere grande fiducia nelle proprie capacità di riconoscere le notizie false. A partire da questa apparente contraddizione, l’edizione 2017 dell’Osservatorio NEWS-ITALIA, analizza il fenomeno delle “fake news” in rapporto ai comportamenti, atteggiamenti ed opinioni degli italiani che si informano in rete e sui canali tradizionali. Ne emerge un quadro caratterizzato da una diffusa sfiducia nella capacità del sistema dei media tradizionali di informare in modo completo, accurato ed equilibrato. Questa sfiducia spinge gli intervistati a cercare, nonostante la consapevolezza delle possibili insidie, l’informazione attraverso canali digitali che, consentendo al consumatore di giocare un ruolo più attivo, promettono di poter diventare gatekeeper di se stessi. Tuttavia il risultato più preoccupante di questa immagine non è la quantità di fake news che circolano (oltre la metà degli utenti dichiara di incontrare spesso notizie false in rete), quanto il fatto che gli stessi intervistati dichiarino di aver maggiore fiducia nella capacità della rete di informare in modo “completo, accurato ed equilibrato” (62%) rispetto ai media tradizionali, quotidiani, tv e radio (49%). Chi di informazione (sia di quella tradizionale che di quella su Internet) se ne intende come Marco Pratellesi (Condirettore Agi) è sulla stessa lunghezza d’onda e scrive: « La scarsa fiducia nei confronti dei media tradizionali è confermata da una analisi che classifica i rispondenti in base alla loro posizione complessiva di fiducia nel sistema dei media. Meno di uno su dieci dichiara infatti di avere fiducia nei soli media tradizionali. Questo dato deve preoccupare non per la supremazia della rete in sé che, certo, per chi sa navigare, è molto più ricca di fonti e offre maggiori opportunità di raggiungere un grado di informazione più obiettiva, ma perché la sfiducia nei media tradizionali è sintomo di una perdita di credibilità dei giornalisti e del loro modo di interpretare la professione. Il male è dunque più profondo e radicato di quanto si pensi».

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cultura “Nuovo umanesimo e nichilismo”: il nuovo libro di Michele Borrelli

“Nuovo umanesimo e nichilismo. Grandezza e miseria dell’Occidente” edito da Asterios è l’ultima pubblicazione del professore Michele Borrelli, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania. L’autore pone al centro delle sue riflessioni l’idea di umanesimo nel pensiero occidentale. L’analisi interessa fondamentalmente tre paradigmi: l’umanesimo delle origini o dell’appartenenza, l’umanesimo della modernità o dell’emancipazione e l’umanesimo del futuro o della responsabilità planetaria, ultima spiaggia per la sopravvivenza dell’umanità. L’unico in grado di unire gli sforzi storici dell’emancipazione dell’uomo con i luoghi di appartenenza (l’idea originaria di phisis e l’idea di kosmos) che potremmo tradurre oggi con le voci: (ricerca di) umanità e (cura e difesa della) natura. Un umanesimo dell’emancipazione, in rottura e non in unione con l’umanesimo dell’appartenenza, trascina l’Occidente (e globalmente) verso la perdita dell’idea di umanità, sulla via inesorabile di una deriva nichilistica. Raffaele Zenardi

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cultura

Quando parliamo di ANSIA ci riferiamo a quella sensazione di preoccupazione, tensione, irrequietezza o franca oppressione e paura che si associano a determinate situazioni di vita. Non sempre la sensazione che si prova è nociva, poiché l’ansia rappresenta anche una reazione sana e funzionale dell’insieme mente-corpo alle circostanze in cui si percepisce la presenza di una minaccia; tuttavia, molte volte l’evento “minaccioso” non è realmente pericoloso, ma è percepito come tale dall’individuo. La differenza tra una minaccia reale ed una minaccia percepita sta nel GRADO DI REALTÀ DEL RISCHIO. Infatti, se mi ritrovo in piena notte a percorrere a piedi un tratto di strada buio, perché magari mi si è fermata la macchina e ho anche il telefono scarico (o sono molto sfortunata o molto poco previdente) e provo ansia o paura, si tratta di un RISCHIO REALE E CONCRETO PER LA MIA INTEGRITÀ (potrei infatti essere assalita da malintenzionati). Se mi trovo invece ad una cena di lavoro, e comincio a sudare freddo poiché inizio a temere di dire qualcosa di sciocco o di fare brutta figura davanti ai colleghi, mi trovo di fronte ad una MINACCIA PERCEPITA, ossia un’evenienza non realmente dannosa per la mia incolumità, ma molto pericolosa per me, poiché attribuisco al giudizio di colleghi un grande valore ed ho anche poca stima e fiducia in me, e temo dunque di perdere la faccia. L’ansia rappresenta UNA ATTIVAZIONE MENTALE E FISICA IN RISPOSTA AD UNO STIMOLO PERCEPITO COME PERICOLOSO, e comprende solitamente i sintomi sotto indicati, che possono raggiungere un’intensità e una frequenza tali da compromettere il nostro benessere , la capacità di svolgere molte delle attività della vita quotidiana, lavorativa e personale e la possibilità di realizzare i nostri desideri e vivere dunque una vita piena e gratificante. Può essere la risposta ad una minaccia reale oppure comparire in risposta a cause “interne” quali conflitti inconsci, pensieri, immagini, ricordi o previsioni. I SINTOMI PIÙ COMUNI DI ANSIA RIGUARDANO SIA LA SFERA COGNITIVA CHE QUELLA EMOTIVA E FISICA. I PRINCIPALI SINTOMI COGNITIVI ED EMOTIVI DI ANSIA SONO: apprensione timore preoccupazione senso di paura o pericolo imminente anticipazione apprensiva di ciò che sarà ipervigilanza inquietudine distraibilità e difficoltà di concentrazione disturbi della memoria I SINTOMI FISICI SONO: cefalea da tensione, sensazione di mancanza di aria nausea e disturbi gastrointestinali parestesie irrequietezza motoria palpitazioni e respiro affannoso sudorazione tremori tensioni muscolari bocca secca sensazione di “nodo alla gola” vertigini e sbandamento disturbi del sonno , in particolare difficoltà a prendere sonno senso di spossatezza e facilità a sentirsi stanchi

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cultura La TEORIA COGNITIVA DELL’ANSIA la considera come la risposta ad una potenziale minaccia, considerata tale in funzione del significato che la mente attribuisce ad una particolare situazione o stimolo, sulla base delle esperienze precedenti (apprendimento) e della percezione delle proprie capacità di fare fronte alla minaccia (abilità di fronteggiamento delle difficoltà), e ha la funzione di prepararci ad agire contro la minaccia o a fuggire da essa (evitamento). Quando si soffre di ansia, la vita quotidiana rischia di diventare davvero difficile, poiché molte cose vengono vissute come pericolose, difficili, spiacevoli oppure come ostacoli insormontabili. Alla base di questo disturbo, si trovano i pensieri disfunzionali o pensieri automatici negativi: una serie di messaggi che mandiamo a noi stessi sotto forma di dialogo interiore, caratterizzati dall’elemento comune della minacciosità e della percezione di scarsa capacità personale di fare fronte alle difficoltà. COSA POSSIAMO FARE PER IMPARARE A GESTIRE L’ANSIA? TECNICHE COGNITIVE 1) Ricordiamo che spesso la percezione di minacciosità dell’evento che ci preoccupa, è legata non tanto alla sua reale pericolosità ma piuttosto ad una valutazione soggettiva che ne diamo che è influenzata dalle nostre convinzioni ed esperienze pregresse: mettere in discussione i pensieri che automaticamente insorgono, cercando interpretazioni alternative e più realistiche, permette di agire in modo più funzionale rispetto alle “vecchie” abitudini 2) impariamo a riconoscere quali sono le situazioni in cui tendiamo a sentirci più ansiosi e preoccupati 3) impariamo a riconoscere quali sono le situazioni in cui la paura ci “blocca” dall’agire 4) impariamo a distinguere i pensieri disfunzionali che ci portano a considerare pericolosi certi eventi, o a considerare noi stessi come poco capaci di fronteggiare e risolvere situazioni impegnative o che ci preoccupano (di solito sono quelle cose che la mente ci racconta automaticamente: “suderai e farai brutta figura”, “penseranno che sei uno sciocco”, “ti sentirai male e penseranno che sei pazzo”, “ti prenderanno in giro” ecc…) 5) impariamo a fare caso caso a tutte le volte in cui l’ansia ci porta ad evitare persone, luoghi o attività, impedendoci di affrontare e risolvere alcune questioni che possono essere importanti. E’ in questo modo infatti che quella che pensiamo essere una soluzione (EVITAMENTO DI CIO’ CHE CI PREOCCUPA O METTE A DISAGIO) aumenta il disturbo di ansia attraverso alcuni meccanismi: a) evitando di affrontare ciò che ci preoccupa e rimandandone la soluzione, mandiamo a noi stessi un messaggio che suona così: “non sei all’altezza di farlo da solo, devi farti aiutare” b) non affrontando l’evento che fa paura, non impariamo a sviluppare le reali capacità di fronteggiamento che ci aiuterebbero a cavarcela nelle future situazioni simili c) impariamo a sentirci “impotenti” o incapaci e questa percezione aumenterà la nostra ansia nelle situazioni simili che si presenteranno in futuro TECNICHE COMPORTAMENTALI 1) agire INSIEME ALL’ANSIA e non senza ansia. Questo ci permetterà di apprendere che, nonostante la sgradevole sensazione legata all’attivazione ansiosa, possiamo comunque fare qualcosa di costruttivo e che, sebbene non faremo la cosa migliore in assoluto, saremo comunque capaci di fare qualcosa e non percepiremo il senso di impotenza e incapacità 2) per fare ciò possiamo stabilire una graduatoria di cose che incutono ansia ed iniziare dalla meno preoccupante, dandoci da fare per NON EVITARLA: meglio agire poco e in modo imperfetto che non agire affatto 3) affrontare gradualmente le situazioni ansiogene, per comprendere che le tanto temute conseguenze negative non sono poi così reali TECNICHE DI RILASSAMENTO Sono le tecniche che permettono di abbassare la reattività del sistema neurovegetativo coinvolto nei disturbi d’ansia, di rilassarci e soffrire meno i sintomi fisici dell’ansia. Molto utile è il Training autogeno che permette, attraverso un allenamento costante al rilassamento, di mantenere un livello di attivazione neurovegetativa più basso e funzionale ad una qualità della vita migliore. Ma anche le tecniche di respirazione e rilassamento, lo yoga, lo stretching possono rappresentare validi strumenti per ridurre l’attivazione ansiosa. MINDFULNESS Attraverso l’allenamento al contatto con se stessi, all’osservazione non giudicante del momento presente, questa meravigliosa pratica di consapevolezza ci insegna a stare nel presente con un atteggiamento mentale di calma e accettazione, a prendere le distanze dai pensieri disturbanti che influiscono sul nostro benessere, a non agire immediatamente i vecchi schemi, lasciano invece che si creino una dimensione ed uno spazio all’interno dei quali – allentando il meccanismo automatico stimolo-risposta – avremo spazio per inserire una modalità di azione nuova e più funzionale. La Mindfulness ci permette di osservare i nostri pensieri e le nostre emozioni come se fossimo un osservatore esterno, ci insegna a non identificarci con questi contenuti mentali creando una “distanza” molto utile per migliorare il nostro benessere psicofisico. CONTATTO CON LA NATURA Coltivare il rapporto con la terra, le piante e gli animali rappresenta una scelta davvero utile per recuperare una condizione di pace interiore, rilassamento e pace interiore: una bella passeggiata nel verde, accarezzare il nostro animaletto domestico e lasciarci coccolare dalla sua presenza, contemplare la bellezza di un paesaggio … sono tutte attività che ci riavvicinano a noi stessi e ci permettono di recuperare un profondo senso di benessere, e la capacità di vivere il dono del momento presente nonostante i pensieri spiacevoli. Dott.ssa Annalisa Barbier

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cronaca Nubifragio Livorno, un disastro continuo e non un’emergenza

A causa delle forti piogge cadute tra sabato e domenica nella zona di Livorno, in Toscana, sei persone sono morte e due risultano ancora disperse, un uomo e una donna. Durante la notte tra domenica e lunedì ha piovuto per circa un’ora, ma intere zone della città sono tuttora allagate, centinaia di auto sono state danneggiate, decine di abitazioni sono inagibili, alcuni ponti crollati e diversi sottopassaggi sono invasi dall’acqua. L’allerta meteo per pioggia è stata estesa fino a domani, ma è stata declassata da arancione a gialla. Oltre alla ricerca dei due dispersi la priorità resta quella di liberare le strade dal fango il prima possibile. La regione ha chiesto al governo lo stato di emergenza e saranno stanziati tre milioni di euro per i soccorsi. Oggi asili e scuole sono rimasti chiusi e in mattinata è arrivato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti per un incontro in prefettura. Circa novanta persone, nel frattempo, sono state ospitate nei palasport di Rosignano e di Livorno. «A Livorno invito tutte le istituzioni a collaborare senza fare polemiche, mettendo al centro la comunità». Così il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni ha ricordato «la tragedia» avvenuta ieri a Livorno inaugurando una scuola nel Milanese. «Alle vittime va non solo il pensiero ma la solidarietà di tutto il Paese», ha aggiunto. «Non credo che questa sia una emergenza, sarebbe sbagliato chiamarla emergenza...>>. Lo ha detto il ministro per l’ambiente Gian Luca Galletti a Livorno per un vertice al centro operativo, sottolineando così come quanto successo ieri nella città toscana è il frutto «dei cambiamenti climatici e non solo». Come governo abbiamo stanziato milioni di euro per ripulire i fiumi e i tombini, questi soldi vanno spesi».

Ancora terrorismo a Londra. Esplosione in metro Un rumore fortissimo. Poi la carrozza che si riempie di fumo e calore, e la gente che scappa in preda al panico. Arrivano tramite i social network le prime testimonianze dell’esplosione avvenuta questa mattina intorno alle 8:20, ora locale, su un treno del Tube di Londra, all’altezza della stazione di Parsons Green nella zona residenziale di Fulham. Alcuni passeggeri sono rimasti feriti. Secondo quanto riferiscono i media britannici, la deflagrazione è stata causata da un secchio di plastica bianca posto nei vagoni posteriori del treno. “Un ordigno improvvisato”, ha dichiarato il commissario di Scotland Yard, Mark Rowley. Testimoni parlano di passeggeri con ustioni al volto. “Abbiamo trasportato 18 feriti in diversi ospedali di Londra - rassicura in una nota diffusa su Twitter l’account ufficale della London Ambulance Service -. Nessuno di loro verserebbe in gravi condizioni o sarebbe in pericolo di vita”.

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cronaca Perché si torna a parlare di legge elettorale

Il Partito democratico ha presentato in commissione Affari costituzionali una proposta di legge elettorale che trova d’accordo Forza Italia, Lega e Alternativa Popolare. Contrari Fratelli d’Italia. Sulle barricate i 5 Stelle che al solito gridano all’inciucio finalizzato a fermare la loro vittoria e a preparare un nuovo governo Gentiloni sostenuto da una grande coalizione (escludendo il partito di Beppe Grillo). Il “Rosatellum bis”, dal nome del capogruppo alla Camera del Pd Ettore Rosato, che aveva già presentato una proposta simile prima dell’estate. E? una legge elettorale mista proporzionale-maggioritario, molto simile al Mattarellum, la legge elettorale in vigore tra il 1993 e il 2005. Nel “Rosatellum bis” il 36 per cento dei seggi viene assegnato con un sistema maggioritario basato su collegi uninominali – cioè collegi in cui ogni partito presenta un solo candidato – mentre il restante 64 per cento viene assegnato con criteri proporzionali (ci saranno quindi 231 seggi alla Camera e 102 al Senato eletti con i collegi). La principale differenza con il sistema attualmente in vigore, che è un proporzionale puro, è la presenza di numerosi collegi uninominali che creerà un incentivo a coalizzarsi tra i vari partiti. Nei collegi uninominali, infatti, verrà eletto il candidato che prende anche un solo voto più dei suoi avversari. Ai partiti politicamente più vicini quindi converrà accordarsi sul candidato da appoggiare in ogni singolo collegio e poi appoggiarlo tutti insieme, come avveniva ai tempi del Mattarellum. Gli altri dettagli tecnici del Rosatellum prevedono una soglia di sbarramento al 3 per cento per i partiti che si presentano da soli e al 10 per cento per le coalizioni. Non è ammesso il voto disgiunto, cioè votare un candidato al collegio uninominale e una lista diversa da quella che lo sostiene. L’elettore quindi avrà un solo voto a disposizione: scegliendo un candidato nel collegio uninominale si voterà automaticamente anche il listino proporzionale della coalizione che lo appoggia. Questi listini saranno corti che avranno al massimo dai 2 ai 4 candidati (con una proporzione di genere che dovrà essere del 60-40 per cento). A chi potrebbe convenire maggiormente questo nuovo sistema di voto? Rispetto al sistema attualmente in vigore (ossia l’Italicum alla Camera e il Porcellum al Senato, debitamente “rimaneggiati” dalle sentenze della Corte costituzionale) questa nuova proposta riapre la porta alle coalizioni, quindi danneggia quelle forze politiche non coalizzabili (per volontà propria o altrui) come il Movimento 5 stelle – che infatti ha già bollato questa proposta come “incostituzionale” rifiutandosi anche solo di prenderla in considerazione. Non danneggia i piccoli partiti, in teoria: anzi, consente loro di “riagganciare” un partito più grande in una coalizione alla Camera, magari contrattando delle candidature nei collegi uninominali (come avveniva con il Mattarellum); inoltre rende loro la vita più facile anche al Senato, persino nell’ipotesi in cui restino fuori da qualsiasi coalizione: con la legge in vigore invece dovrebbero superare ben l’8% regionale per ottenere seggi. YouTrend ha prodotto per Agi una simulazione di come sarebbe il nuovo Parlamento con la legge elettorale depositata in Commissione Affari costituzionali. Ma con la situazione attuale sarebbe impossibile avere una maggioranza sufficiente.

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cronaca

Cosa succede con la Catalogna e perché è un problema per l’Europa Ci sono state manifestazioni spontanee in diverse parti di Barcellona, a Tarragona e in altre città catalane contro il governo spagnolo, che sta cercando di impedire che si tenga il referendum indipendentista catalano previsto per il prossimo 1 ottobre ma sospeso dalla Corte costituzionale in attesa di una decisione sulla sua costituzionalità. Migliaia di persone si sono radunate sulla Rambla, la famosa via del centro di Barcellona, davanti al dipartimento dell’Economia catalano: uno dei molti uffici perquisiti ieri dalla polizia spagnola che su ordine di un giudice ha sequestrato schede elettorali e altro materiale utile per il referendum e ha arrestato 14 persone ritenute responsabili della sua organizzazione. Il premier spagnolo Rajoy ribadisce il suo no al referendum per l’indipendenza catalana. “Il referendum non può essere celebrato, non è mai stato legale o legittimo, ora è solo una chimera impossibile. Lo Stato ha agito e continuerà a farlo, ogni illegalità avrà la sua risposta. La disobbedienza alla legge è l’opposto della democrazia. Siete ancora in tempo - avverte - per evitare danni maggiori”. A Barcellona, situazione sempre più incandescente dopo che questa mattina la Guardia Civil spagnola ha attuato un blitz nelle sedi del governo catalano arrestando 14 persone, 10 delle quali alti funzionari fra cui il braccio destro del vicepresidente Oriol Junqueras, Josep Maria Jovè. Secondo la Efe, che cita fonti dell’operazione, i detenuti al termine dell’operazione potrebbero essere 17. Fra gli ultimi arrestati, il direttore del dipartimento di attenzione ai cittadini del governo Jordi Graell e il presidente del Centro delle telecomunicazioni Jordi Puignero. La mossa costituisce una svolta nella strategia di Madrid per impedire il referendum sull’indipendenza del 1 ottobre. “Se volete capire cosa accade oggi in Spagna dobbiamo riflettere sul tema della democrazia: non è un problema di economia, cultura, lingua, ma democratico. Ed è il momento per porci la domanda: cosa vogliamo essere nel mondo globale?”, ha affermato il ministro catalano, portando la riflessione sul vecchio continente: “Le sfide invitano a cambiamenti nel futuro, e il referendum del primo ottobre è un’opportunità per la Spagna di mostrare che è una democrazia avanzata. In questo modo la popolazione interpella l’essenza della costruzione politica europea: il desiderio è quello di un’Europa più democratica, che ascolti di più ciò che i cittadini vogliono, e di avere la possibilità di arrivarci attraverso un nuovo percorso, dove stabilire nuovi circuiti per la sovranità europea e nuovi strumenti per costruire insieme una nuova democrazia europea”. La sfida quindi, per il ministro, riguarda il mondo globale e un’Unione europea più democratica, con nuovi meccanismi di governo e di rappresentanza. “Meno legati ai pregiudizi ereditati e più basati sullo sblocco delle potenzialità che ci offre il presente e il futuro”. La frattura tra Barcellona ha radici profonde. Come spiega Francesco Gnagni su Formiche: “Quello della Catalogna rappresenta infatti un vero e proprie modello di sviluppo, è stato spiegato durante l’incontro: una realtà che si affaccia sul mediterraneo, intimamente legata al porto, con una posizione geografica strategica che ne mette in risalto la vocazione industriale. Ma che proprio per questo, con la globalizzazione e le aziende che delocalizzano, vuole reinventare il proprio sistema produttivo ritagliandosi spazi nel mondo delle nuove tecnologie. Consapevole di essere un polo industriale, oltre che finanziario, dove si concentrano la metà delle multinazionali di tutta la Spagna. L’esempio poi della zona franca, amministrata da un consorzio pubblico-privato costituito da circa 300 imprese di spessore, tra cui la Seat, è una chiave fondamentale per comprendere il modello catalano, costruito sulla sinergia tra governo e impresa. Infine c’è il tema delle tecnologie informatiche e telematiche, con la “prima rete al mondo creata e gestita dagli utenti”: “Il big bang che ha consentito alla Catalogna di proiettarsi verso il futuro”, in particolare per quanto riguarda la digitalizzazione della pubblica amministrazione, con la quale già oggi il 45% della popolazione interagisce via internet”.

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cronaca Come il voto in Germania peserà sull’Europa e sull’Italia

Il 24 settembre ci saranno le elezioni politiche in Germania: quelle in cui si voterà per eleggere i nuovi membri del Bundestag, il parlamento federale tedesco, che a sua volta eleggerà poi il nuovo cancelliere. La Germania è la prima economia d’Europa e negli anni post crisi ha mostrato la capacità di determinare la politica economica degli stati membri della Ue. Berlino ha fatto dell’austerity e del rigoroso controllo dei conti pubblici il pilastro della sua posizione a Bruxelles imponendo la propria linea agli altri stati membri. La netta favorita di questa tornata elettorale è Angela Merkel, che ha 63 anni ed è in carica dal 2005. Merkel è appoggiata dalla CDU, il partito di centro/centrodestra che da anni domina la politica tedesca. Il suo principale sfidante è Martin Schulz, che ha 61 anni, è il candidato del Partito Socialdemocratico tedesco (SPD, di centrosinistra) e che fuori dalla Germania è noto soprattutto per essere stato presidente del Parlamento Europeo.

Merkel è il leader più popolare della storia recente della Germania e ha guidato il paese nel suo periodo di maggiore stabilità e crescita economica, dovendo tra le altre cose occuparsi del rischio di default della Grecia, della guerra in Ucraina e dei molti migranti che arrivano in Europa e in particolare in Germania. È nata ad Amburgo, quando la città faceva parte della Germania Ovest, ma è cresciuta Repubblica Democratica Tedesca, a est. Ha partecipato attivamente alla spinta democratica che portò alla caduta del Muro di Berlino ed è diventata ministro per la prima volta nel 1991, nel primo governo della Germania unita di Helmut Kohl. Nel 2005 divenne cancelliera per la prima volta, succedendo a Gerhard Schröder. Quando vinse le elezioni per la terza volta, nel 2013, ottenne il migliore risultato per la CDU degli ultimi 25 anni. Insieme con gli alleati del CSU, Merkel ottenne il 41,5 per cento dei voti, mancando per soli 5 seggi la maggioranza assoluta in Parlamento. In campagna Merkel ha promesso di ridurre ulteriormente il tasso di disoccupazione – che attualmente è al 5,5 per cento, uno dei livelli più bassi d’Europa – e portarlo al 3 per cento; ha proposto un modesto taglio delle tasse per la classe media e un lieve aumento per i più ricchi, quelli che guadagnano più di 232 mila euro l’anno. Per quanto riguarda l’immigrazione, nel programma non si parla di “quote massime” di migranti che il paese può accogliere, come voleva la CSU, ma propone di incentivare l’accoglienza per gli immigrati con maggiori competenze, i cosiddetti “skilled workers”. È un programma ritenuto centrista e moderato, in continuità con gli anni passati. Per molti analisti, è proprio questa capacità di apparire costantemente pragmatica e rassicurante ad aver garantito a Merkel il suo lungo successo. Schulz 61 anni e una lunghissima carriera all’interno dell’SPD, al quale si iscrisse a 19 anni. La sua carriera politica è iniziata nel 1987, quando divenne sindaco di Würselen, una città di circa 40mila abitanti. Mantenne l’incarico per una decina di anni proseguendo intanto la sua carriera all’interno del partito. Dopo una decina di anni passati da eurodeputato, nel 2012 fu eletto presidente del Parlamento Europeo, mentre alle elezioni europee del 2014 fu scelto dai socialisti come candidato per la guida della Commissione europea (poi vinsero i partiti di centrodestra e fu eletto il loro candidato, Jean-Claude Juncker). Schulz si è candidato a cancelliere un po’ a sorpresa e ha rivendicato come un valore positivo non aver partecipato alla politica tedesca negli ultimi anni. Nei primi mesi dopo la sua candidatura, l’SPD andava molto meglio nei sondaggi, ma ora è tornato a essere piuttosto distante dalla CDU. Anche il programma di Schulz è stato descritto come piuttosto moderato, anche se con cose di sinistra. L’SPD non vuole toccare ulteriormente le pensioni (non vuole alzare l’età pensionabile, ma non chiede nemmeno ulteriori riduzioni) e vuole tagliare le tasse ai più poveri alzandole a tutti gli individui che guadagnano più di 76 mila euro l’anno. Schulz ha promesso anche di mantenere basse le spese militari e di non portarle al 2 per cento del PIL, come richiedono gli accordi sottoscritti con la NATO. Inoltre, la SPD si è impegnata a ridurre il crescente divario tra ricchi e poveri, ma, secondo gli esperti, è rimasta troppo vaga sui modi con cui intende raggiungere questo obiettivo. Alle spalle delle due più importanti formazioni politiche del Paese c’è la formazione di estrema destra dell’Alternative fur Deutschland (AfD) guidata da Frauke Petry. Anche il Germania si è assistito all’ascesa di un partito di destra e anti establishment. L’Afd ha ottenuto ottimi risultati nelle elezioni regionali dello scorso marzo. Il partito è nato nel 2013 e nell’ultimo anni si è concentrato su una campagna contro la politica di accoglienza dei rifugiati portata avanti dal governo Merkel e a favore della reintroduzione dei controlli alle frontiere (del programma dell’AfD fanno parte anche un referendum sul Ttip, la sospensione delle sanzioni alla Russia). Come scrive Il Post, in Germania non escludono sostanzialmente nessun tipo di combinazione e, probabilmente, il campo delle possibili alleanze inizierà a restringersi soltanto il giorno dopo le elezioni. I sondaggi più recenti dicono che CDU/CSU otterrà almeno un terzo dei voti e che la SPD ne prenderà circa il 22 per cento. Gli altri quattro partiti (Afd, Die Linke, FDP e i Verdi) dovrebbero stare tutti intorno al 10 per cento (e superare comunque senza problemi la soglia di sbarramento). Come si vede dal grafico, l’evento più importante della campagna elettorale è stata senza dubbio la scelta di Schulz di candidarsi: fece guadagnare al suo partito diversi punti percentuali, arrivando vicinissimo alla coalizione guidata da Merkel. Ora le cose sono però cambiate e, di nuovo, la cosa più probabile è un quarto mandato da cancelliera per Merkel.

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