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Morte dei Paschi di Siena: intervista esclusiva a Franco Fracassi
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Economia
Sulle banche venete è Consob contro Bankitalia La tassa sui rifiuti era gonfiata. Riavremo i soldi? Perché l’addio al Mondiale farà male anche al Pil
Cinema
Festa del Cinema di Roma: Last Flag Flying. La recensione Festa del Cinema di Roma: Borg McEnroe di Janus Metz Pedersen vince il “Premio del Pubblico BNL” Al via il 37° FantaFestival
Eventi
Azzurri fuori dai mondiali di Russia 2018
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Cronaca
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economia Morte dei Paschi di Siena: intervista esclusiva a Franco Fracassi “Morte dei Paschi” è il titolo del libro scritto da Franco Fracassi e dal sen. Elio Lannutti e edito da PF PaperFIRST con prefazione di Luigi Di Maio e Daniele Pesco. Il sottotitolo è “Dal suicidio di David Rossi ai risparmiatori truffati. Ecco chi ha ucciso la banca di Siena”. La sua presentazione è avvenuta il nove novembre scorso presso la Sala Tatarella del Palazzo dei gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, a Roma, in contemporanea con lo svolgimento dei lavori della Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario italiano. Lo Speciale era presente e ha seguito l’affollata conferenza stampa a partire del panel dell’onorevole Daniele Pesco che a esordito affermando: “questo libro analizza il pregresso della Banca Monte Dei Paschi prima della morte di David Rossi”, responsabile dell’area comunicazione della banca. Ha focalizzato e contestualizzato il profilo finanziario dell’operazione di acquisizione di Banca Antonveneta con l’ausilio di dettagliatissime slides che hanno reso comprensibili l’origine e gli sviluppi della vicenda maturata in un contesto internazionale. Sono seguiti gli interventi di Elio Lannutti, il vicepresidente della Camera on.le Luigi Di Maio, l’on. Giulia Sarti e Franco Fracassi che ci ha rilasciato questa intervista esclusiva. Salve Franco, sono iniziate le audizioni su Banca Monte Paschi di Siena alla commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario italiano. Quando verrà esaminato il dossier relativo all’ acquisizione di Antonveneta all’origine della crisi della banca senese definita la “madre di tutte le crisi”. Ritiene che le informazioni contenute nel suo libro possano rendere più agevole il raggiungimento della sostanziale verità riguardo a questo caso? Potranno essere utili le sue investigazioni per i commissari? “Sì, credo che le informazioni contenute nel nostro libro possano aiutare i commissari a dipanare la matassa di quanto accaduto, fornendogli un quadro più completo e il contesto nel quale sono accaduti i fatti relativi a Mps.” Lei è un affermato e poliedrico professionista, recente vincitore del premio Eurasia. Quale delle sue apprezzate abilità ha messo in campo e/o ha prevalso nello scrivere il libro? “Essere giornalista d’inchiesta da oltre 25 anni ha certamente aiutato. Ma la cosa che più ha influito sul prodotto finale è l’abitudine a raccontare lunghe storie attraverso i documentari. Questo esercizio, portato avanti per anni, mi ha aiutato a trasformare dati finanziari e bancari in un’appassionante storia degna di un thriller o di una serie tv. Io ed Elio Lannutti siamo convinti che il modo con cui abbiamo narrato le vicende del Monte possa finalmente avvicinare molta gente non interessata alla finanza o alle questioni bancarie alla storia del Monte dei Paschi.” Perché la scelta di dedicare la sua opera ai risparmiatori truffati e a David Rossi? “Perché è il motivo etico per cui abbiamo deciso di scrivere questo libro. Io ed Elio raramente ci impegnamo in un lavoro se dietro non c’è anche una spinta ideale.” Sulla copertina del libro è rappresentata l’ombra di un corvo che sovrasta il simbolo dei paschi, si allude alla presenza concreta di qualche personaggio reale? “No. La copertina è metaforica. Ma non si tratta dello stemma di Mps, bensì di lapidi. È una copertina tetra. Ma secondo noi è perfettamente in linea con il libro.” Qual è la sua idea di “senesità” di cui spesso si parla nel libro? “Sentirsi parte di qualcosa di speciale. Parte di una setta di eletti, che ti rende diverso dagli altri. Siena è una città unica. E credo che anche i suoi abitanti si sentano unici, in qualche modo.” La sua “chiusura del cerchio” dell’inchiesta, ha districato il presunto “groviglio armonioso” o l’ha aggrovigliato ulteriormente? Penso all’allargamento internazionale della sua inchiesta.. “Il groviglio resta tutto. Ma fa capire che per comprendere le vicende del Monte non bisogna per forza impantanarvici. Anzi, non lo si deve fare affatto. Ciò che ha distrutto Mps va cercato altrove. Siena e la sua banca sono stati un perfetto terreno di coltura per avvelenatori a base di ogm.” Il ricorso allo strumento del “depistaggio ontologico” ha insinuato il sospetto che a Siena ci possa essere stata un’estesa omertà. Noi sappiamo che ci sono stati molti senesi che hanno “lanciato” l’alert sia in sede di assemblea societaria che in eventi pubblici. Qual è la sua opinione a riguardo? “È vero che ci sono stati molti senesi che hanno cercato di mettere in allarme le autorità di controllo e i media. Però, una società sana non si affida a qualcuno, avanza compatta. Si ribella con la forza di una ribelliione di massa.” Vittorio Zenardi
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economia Sulle banche venete è Consob contro Bankitalia
Si infiamma il caso banche: la Commissione d’inchiesta si trasforma in ‘ring’. Da una parte la Banca d’Italia, dall’altra la Consob. Entrambe tornano infatti in Commissione dopo gli interventi della scorsa settimana per fornire maggiori chiarimenti su alcuni punti, prima singolarmente e poi uno contro l’altro in una sorta di confronto all’americana. A sferrare il primo colpo è la Consob. Nel corso dell’audizione, il direttore generale Angelo Apponi ha rivelato che “nel 2013, in prossimità dell’aumento di capitale di Veneto Banca, la Banca d’Italia inviò una lettera alla Consob in cui si segnalava che l’operazione sarebbe stata ‘strumentale al perseguimento degli obiettivi del piano’ dell’Istituto di credito e ‘non escludeva eventuali acquisizioni che avessero avuto determinate caratteristiche’”. Secondo la Consob, Bankitalia, che si dovrebbe occupare della stabilità delle banche, non segnalò alcun “problema di sofferenza’’. E anzi - ha sottolineato Apponi - indicò che l’operazione era “strumentale a obiettivi previsti dal piano per effettuare eventuali acquisizioni coerenti con il modello strategico della banca salvaguardando liquidità e solidità”. Il direttore generale della Consob affronta poi l’’affaire’ Banca Popolare di Vicenza. E anche in questo il colpo è diretto: a seguito dell’ispezione effettuata da Bankitalia nel 2007, “la Consob - ha riferito - non ha ricevuto alcuna informazione sul prezzo delle azioni”. Al termine dell’ispezione, spiega, “ci è stata trasmessa unicamente la parte che riguardava l’operatività in derivati otc e discuteva delle condizioni in cui veniva fatta operatività dei derivati nei confronti di alcuni operatori professionali’’. Inoltre, afferma il direttore generale Consob, i dati forniti dalle banche venete ‘’erano falsi’’. Il sistema della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, ha spiegato Apponi, ‘’è basato su analisi di tipo statistico’’. Di conseguenza ‘’mi sembra chiaro che se elaboriamo dati forniti dagli intermediari, la vigilanza può trovare un ostacolo nel momento in cui vengono comunicati dei dati fasulli’’. E ha precisato: ‘’Chi diffonde dati falsi risponderà delle proprie azioni’’. “Non abbiamo mandato le informazioni alla Consob perché ipotizzavamo che i problemi fossero procedurali, risolvibili e affrontabili da parte nostra”, ha detto il capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, sul caso della Banca popolare di Vicenza, aggiungendo: “Pensavamo che i problemi fossero non solo di nostra competenza ma alla nostra portata”. Inoltre a metà 2014 Bankitalia ha trasmesso a Consob informazioni “sulla rischiosità patrimoniale” e sulle criticità di governance di Veneto Banca, puntualizza Barbagallo aggiungendo che in quella comunicazione “si fa riferimento di nuovo alla lettera del novembre del 2013 che comprende anche il tema del prezzo”. In sostanza, ribadisce, su Veneto Banca sono state trasmesse “le informazioni che avevamo e anche un richiamo al prezzo nel 2014”. In ogni caso, “se Consob riteneva di non avere i mezzi per fare la verifica poteva chiedere a noi e non lo ha fatto”, ha sottolineato Barbagallo, sul caso della determinazione del prezzo per l’aumento di capitale di Veneto Banca. Anche “in ambito comitato tecnico poteva chiedere queste valutazioni - continua - se non avesse avuto mezzi poteva dirci che non li aveva e avremmo ispezionato noi”. Dal nostro punto di vista, sottolinea ancora il responsabile di Palazzo Koch, “i contenuti del documento ispettivo del 2013 era più che sufficiente a fare scattare un warning, poi se l’Autorità non agisce... magari in ambito comitati tecnici c’è stato uno scambio ma io non siedo nei comitati tecnici”.
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economia La tassa sui rifiuti era gonfiata. Riavremo i soldi?
Tassa rifiuti gonfiata, l’errore di calcolo ammesso dal Mef: chi ha più pertinenze paga il doppio. Chi ha più pertinenze (da un punto di vista fiscale garage, box, cantine) controlli la sua bolletta della Tari, la tassa sui rifiuti dei Comuni. I l ministero dell’Economia è stato costretto ad ammettere un errore di calcolo nel computo della bolletta, un errore segnalato dal deputato M5S Giuseppe L’Abbate durante un question time alla Camera. L’errore consisterebbe nel calcolo della quota variabile della Tari, tassa che devono pagare tutti – affittuari e proprietari – per l’immobile in cui vivono, sulla base della metratura e delle persone che ci abitano. La quota variabile si basa proprio sul numero di inquilini, e secondo Repubblica sarebbe stata applicata dai comuni interessati non una sola volta, come avrebbero dovuto, ma tante volte quante erano le “pertinenze” dell’immobile, cioè le eventuali cantine e garage. Per ora non ci sono informazioni più precise su quante persone abbiano pagato troppo, né per quanto tempo, né in quanti comuni, e soprattutto non è chiaro in media quanto sia stato pagato in più dai contribuenti interessati. Repubblica dice però che il Movimento difesa del cittadino ha presentato la campagna “SOS Tari” per aiutare le persone a richiedere i rimborsi. Negli ultimi cinque anni almeno, diversi Comuni avrebbero sbagliato il calcolo della Tari: un errore nel computo della quota variabile del tributo che ha fatto lievitare a dismisura il prelievo, a spese di milioni di famiglie. Anche fino al doppio del dovuto. A svelare la grave irregolarità è il sottosegretario all’Economia Pier Carlo Baretta, nel corso di un question time a Montecitorio. Il Movimento Difesa del Cittadino grida alla truffa ai danni dei contribuenti: l’associazione dei consumatori ha lanciato la campagna ‘SOS Tari’ per chiedere i rimborsi ai Comuni che avrebbero applicato la tassa rifiuti ingiustamente maggiorata. I contribuenti-vittime si sono così trovati una bolletta in cui, oltre alla quota fissa (legata ai metri quadri della casa), c’è una quota variabile (legata al numero degli abitanti della casa) moltiplicata tante volte quante sono le pertinenze. Ad esempio: chi ha una casa con 125 metri quadrati complessivi, di cui 100 di casa, 15 di garage e 10 di cantina ha pagato la quota variabile non una (come dovrebbe essere) ma tre volte. Il risultato? Bolletta quasi raddoppiata.
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economia
Perché l’addio al Mondiale farà male anche al Pil Oltre a far male al cuore dei tifosi di calcio, la mancata qualificazione ai Mondiali avrà ripercussioni anche dal punto di vista economico. A fare i conti ci pensa Marco Bellinazzo (giornalista esperto di questioni economiche legate al calcio) sulle pagine del Sole 24 Ore. Solo per fare un esempio: nei giorni scorsi Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente degli investitori pubblicitari dell’Upa, aveva quantificato in una percentuale compresa fra l’1 e l’1,5% l’impatto in termini di pubblicità aggiuntiva con l’Italia fra i partecipanti alla World Cup. Al di là di questo, anche dal punto di vista strutturale il football delle nazionali di calcio è oggi un business non meno rilevante di quello dei club. Fra sponsorizzazioni, diritti Tv e premi Fifa la cifra in ballo si aggira sui 100 milioni. Per Russia 2018 il totale dei contributi economici ammonterà a 790 milioni di dollari. Somma notevolmente superiore rispetto alla precedente edizione della Coppa del mondo del 2014 organizzata in Brasile quando si è toccato quota 576 milioni di dollari (di cui 100 destinati alle assicurazioni per i giocatori e 70 ai club proprietari dei calciatori impegnati nella rassegna iridata). La maggior parte di queste risorse, 400 milioni di dollari, sarà riservata alle 32 squadre che parteciperanno alla fase finale (in Brasile erano 358 milioni di dollari). In Russia ciascuna delle 32 finaliste riceverà perciò una preparation fee di 1,5 milioni di dollari, mentre le 16 eliminate nella fase a gironi intascheranno comunque 8 milioni di dollari ciascuna. Passare i gironi e avviarsi verso la finale garantirà altri “gettoni” e le due finaliste potrebbero accumulare un tesoro di 38 milioni di dollari per la vincitrice e 28 per la seconda classificata. Dunque 66 milioni in tutto per le due finaliste. Un cammino fino ai quarti di finale può portare a preventivare un incasso “minimo” sui 18 milioni. L’“apocalittico” mancato viaggio in Russia a questo punto non può che provocare una svalutazione del brand Italia, con effetti pesanti sul piano degli incassi da sponsor e tv che valgono attualmente circa 70 milioni. Nel dettaglio, gli introiti commerciali della Figc ammontano a 43 milioni su un fatturato totale di 174 milioni. La Federazione ha siglato nel 2014 un contratto quadriennale con Infront (e il Gruppo 24 Ore nel frattempo uscito dall’accordo) per il ruolo di advisor. Il contratto prevede un minimo garantito di 57 milioni per l’intero periodo, dunque di 14,25 milioni annui assicurati a prescindere dai risultati. A questo si aggiungono i 18,7 milioni annui fissi dell’intesa con lo sponsor tecnico Puma siglata fino al 2022. Puma, oltre al corrispettivo fisso, riconosce delle royalties legate alla partecipazione della Nazionale a eventi speciali come accaduto per l’Europeo in Francia del 2016, quando sono stati venduti oltre un milione di capi d’abbigliamento con il marchio degli Azzurri. Il 2014, l’anno dell’edizione iridata in Brasile, ha rappresentato ad esempio metà dell’intero merchandising azzurro, con circa 2,7 milioni di euro di royalties. La mancata qualificazione a Russia 2018 a questo punto avrà un inevitabile effetto depressivo sui contratti da stipulare con gli sponsor (oggi ce ne sono 21) per il quadriennio che porta a Qatar 2022. Altre conseguenze negative scaturiranno, infine, dai contratti Tv.
Gli Azzurri garantiscono una media di 12 milioni di spettatori e oltre per le gare di cartello (come i playoff ) e comunque uno zoccolo duro di circa 8 milioni. Nei Mondiali 2014 l’audience media è salita addirittura a 17,7 milioni di telespettatori. L’audience cumulata a livello mondiale per la Nazionale nel corso dei Mondiali 2014 ha superato gli 1,2 miliardi di telespettatori, con una visibilità televisiva di quasi 42 ore per gli sponsor Figc. ul capitolo diritti tv finora c’è stato il ticket Rai-Sky, andato avanti già da qualche edizione. La media company di casa Murdoch ha acquisito i diritti del 2006. Poi la Rai per 360 milioni si è aggiudicata i due successivi mondiali ma uno switch di diritti con scambi (le Olimpiadi erano un’esclusiva Sky) e accordi economici oltre che sul versante pubblicitario hanno garantito la trasmissione degli eventi su entrambe le Tv. Gli ultimi Mondiali del 2014 hanno portato nelle casse delle concessionarie di Rai e Sky rispettivamente sui 70 e 40 milioni. A questo punto, dopo il match di ieri, l’assegnazione entrerà nel vivo per un’asta alla quale, oltre alla Rai, si è fatta avanti anche Mediaset. In palio ci sono i diritti audiovisivi delle edizioni 2018 in Russia e del 2022 in Qatar. La procedura è stata aperta a fine agosto dalla Federazione, con Mp&Silva nel ruolo di advisor. L’aggiudicazione è “full rights”: in chiaro e pay. Si vedrà però a quali cifre. Non certo i 180 milioni delle ultime edizioni. L’eliminazione dell’Italia è un problema anche per la Fifa. La mancata qualificazione rischia di costare alla Fifa una perdita di circa 100 milioni di euro rispetto all’ultima edizione del Mondiale. Lo riporta l’agenzia ANSA che cita fonti televisive qualificate. “Fra Rai e Sky la Fifa aveva incassato circa 180 milioni di euro dai diritti tv per il mercato italiano. Senza gli azzurri sarebbe difficile andare oltre gli 80 milioni di euro”, spiega all’ANSA un alto dirigente televisivo. I diritti tv per l’Italia, venduti dall’advisor M&P Silva per conto della Fifa, sono ancora da assegnare. A differenza della Serie A, per la coppa del mondo il prodotto free vale più di quello destinato alla pay tv.
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cinema Festa del Cinema di Roma: Last Flag Flying. La recensione
Sinossi Trent’anni dopo aver servito insieme in Vietnam, l’ex medico della marina Larry “Doc” Shepherd (Steve Carell) incontra di nuovo i suoi compagni, l’ex Marine Sal Nealon (Bryan Cranston) e il Reverendo Richard Mueller (Laurence Fishburne), per dare degna sepoltura al figlio di Doc, un giovane marine rimasto ucciso nella guerra in Iraq. Con l’aiuto dei suoi vecchi amici, Doc intraprende un viaggio verso la East Coast per riportare il figlio a casa. Nel tragitto, i tre ricordano il loro passato componendo un mosaico di memorie comuni e riflessioni sul passare del tempo. Recensione Adattamento per il cinema dell’omonimo romanzo di Darryl Ponicsan, nonché sequel del film del 1973 The Last Detail – anch’esso tratto da un romanzo sempre dello stesso autore -, Last Flag Flying diretto da Richard Linklater, è stato presentato in anteprima nella Selezione Ufficiale della dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Il regista statunitense, uno dei migliori e capaci osservatori della società americana, ci mostra le ferite sempre aperte dall’attentato alle Twin Towers, passando dal conflitto iracheno fino ai giorni della cattura di Saddam Hussein. Uno sguardo che si focalizza sulle varie sfaccettature che può assumere il concetto di Patria, che si presta spesso a facili manipolazioni. Sul banco degli imputati l’America con le sue Istituzioni (governo ed esercito in primis) che in nome di “guerre giuste” insabbiano verità che potrebbero far vacillare la Fede in loro. L’ immaginario abilmente costruito non deve essere intaccato, pena l’isolamento. I tre protagonisti magistralmente caratterizzati da Steve Carell, Laurence Fishburne e Bryan Cranston, quest’ultimo strepitoso nei panni dell’ex marine cinico e disincantato, si troveranno ad affrontare un viaggio che li porterà ad analizzare il loro turbolento passato e vedere con occhi nuovi la vita. I dialoghi scorrono a meraviglia con alcune gag molto divertenti, segno della sintonia fra gli attori. Il contraltare che s’instaura con le intense sequenze drammatiche è sicuramente riuscito ed evidenzia l’ottimo lavoro di sceneggiatura. L’opera della maturità per Linklater che condensa in Last Flag Flying temi a lui cari, in una sorta di summa della sua poetica. Vittorio Zenardi
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cinema Festa del Cinema di Roma: Borg McEnroe di Janus Metz Pedersen vince il “Premio del Pubblico BNL”
Borg McEnroe di Janus Metz Pedersen si è aggiudicato il “Premio del Pubblico BNL” alla dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Il “Premio del Pubblico BNL”, in collaborazione con il Main Partner della Festa del Cinema, BNL Gruppo BNP Paribas, è stato assegnato dagli spettatori: utilizzando myCicero, l’app ufficiale della Festa del Cinema “RomeFilmFest” (realizzata da Pluservice), e attraverso il sito www.romacinemafest.org, il pubblico ha espresso il proprio voto sui film in programma nella Selezione Ufficiale. Borg McEnroe arriverà nelle sale italiane giovedì 9 novembre, distribuito da Lucky Red. SINOSSI Da una parte l’algido e composto Bjorn Borg, dall’altra l’irascibile e sanguigno John McEnroe. Il primo desideroso di confermarsi re incontrastato del tennis, il secondo determinato a spodestarlo. Svelando la loro vita fuori e dentro il campo, Borg McEnroe è il ritratto avvincente, intimo ed emozionante di due indiscussi protagonisti della storia del tennis e il racconto, epico, di una finale diventata leggenda: quella di Wimbledon 1980. IL REGISTA Il regista Janus Metz Pedersen (nato nel 1974) è diventato celebre a livello internazionale con Armadillo che ha vinto il Grand Prix della Semaine de la Critique del Festival di Cannes. In Danimarca si era già fatto conoscere nel 2008 con due film, Love on Delivery e Ticket to Paradise. Nel 2015 ha diretto il terzo episodio della seconda stagione della celebre serie HBO True Detective, interpretata da Vince Vaughn, Colin Farrell e Rachel McAdams. Nella sua carriera, ha diretto anche cortometraggi, spot pubblicitari, video d’arte e musicali. NOTE DI REGIA Per me Borg McEnroe è la versione ambientata nel mondo del tennis di Toro scatenato. Racconta di due ragazzi, ognuno in lotta per dimostrare di essere il migliore, per sentirsi importante, per essere qualcuno. Imprigionati nella loro rivalità – una delle più spettacolari nella storia dello sport – hanno finito col fare i conti con loro stessi e con i propri demoni. Per esplorare il tumulto interiore di Bjorn e John, il film fa uso di una fotografia cruda, utilizzando molto la camera a mano e la steady-cam per trasmettere un senso di immediatezza e realismo. A questo si contrappongono sequenze volte a creare un’atmosfera ricca, con immagini quasi simboliche che mirano a suggerire l’importanza storica degli eventi. Il film parla di uno scontro tra titani, e questo richiede le dovute proporzioni. Mettiamo lo spettatore nei panni di Bjorn e di John, ma poi abbandoniamo questo spazio saturo e talvolta claustrofobico per riacquistare una prospettiva più ampia che sottolinei l’importanza del match e la dimensione esistenziale della storia. Essendo un biopic ispirato alla vita di Bjorn e John, e in particolare alla leggendaria finale di Wimbledon del 1980, Borg McEnroe rievoca un’era dello sport in cui i giocatori di tennis erano delle “rock star” e in cui John e Bjorn emergevano come i più grandi. Non si trattava solo di due uomini che giocavano a tennis. Si trattava dello scontro tra due continenti. Due comportamenti, due caratteri opposti messi uno di fronte all’altro. Due modi diversi di essere uomini. Borg McEnroe dimostra meravigliosamente tutto questo.
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cinema Al Via il 37° FantaFestival La XXXVII edizione del FANTAFESTIVAL alza il sipario con le attese anteprime di Panoramica Italia, due appuntamenti con il Fantastico Televisivo, un viaggio nel mondo del Fumetto e diversi appuntamenti immancabili. A chiudere il Festival sarà Dario Argento con un omaggio speciale a George A. Romero in cui sarà proiettata la versione restaurata in 4K del cult “Zombi”, da lui montata. Al via dal 22 al 26 novembre la 37^ edizione del FANTAFESTIVAL (Mostra Internazionale del Film di Fantascienza e del Fantastico), diretta da Alberto Ravaglioli. Un appuntamento ricco di anteprime esclusive, eventi speciali, incontri, retrospettive, dibattiti e sezioni competitive. Tra gli incontri attesi Luigi Cozzi, regista di Star Crash – Scontri Stellari Oltre la Terza Dimensione e protagonista del documentario a lui dedicato Fantasticozzi, diretto da Felice M. Guerra, e l’effettista e regista Sergio Stivaletti, che presenterà in anteprima una clip tratta dalla sua ultima fatica dietro la macchina da presa: Rabbia Furiosa, liberamente ispirato al terribile fatto di cronaca riguardante il cosiddetto “Canaro della Magliana”. Il 23 novembre si terrà un appuntamento dedicato al fantastico televisivo, volto a riportare alla luce l’unico esempio di serie televisiva fantascientifica realizzata per il circuito delle emittenti locali. Alla presenza degli autori e del cast artistico e tecnico, infatti, verranno proiettati tre episodi di un piccolo tesoro perduto della storia della TV italiana: la sconosciuta Ora Zero e dintorni, realizzata nel 1979 e di stampo antologico con ambientazione post-atomica. Venerdì 24 novembre sarà dedicato, invece, ad un grande del piccolo schermo fantastico (e non solo) tricolore: Biagio Proietti. Per l’occasione verranno proiettati il rarissimo Storia senza parole, appassionante giallo senza dialoghi, e La casa della follia, uno dei migliori episodi della serie Il fascino dell’insolito, tratto da un racconto del grande Richard Matheson. Alla serata parteciperà lo stesso Proietti, pronto a rispondere alle domande del pubblico e a raccontare la sua vita e la sua carriera. Sabato 25 novembre, il Fantafestival dedicherà la serata al rapporto tra Cinema e Fumetto di genere fantastico: oltre alla presentazione dei progetti editoriali di Bugs
Comics il ricco programma di proiezioni prevede, tra l’altro, il documentario Splatter – La rivista proibita e il primo cortometraggio da regista di Claudio Chiaverotti, sceneggiatore Sergio Bonelli Editore di Dylan Dog, Brendon e Morgan Lost: l’horror I vampiri sognano le fate d’inverno? Domenica 26 novembre in chiusura, invece, sarà la volta di un omaggio al recentemente scomparso maestro del cinema horror George A. Romero: la proiezione su grande schermo della versione restaurata del cult Zombi. Il film sarà proiettato nella versione europea della pellicola, con il montaggio di Dario Argento e le musiche originali dei Goblin e sarà introdotto proprio dallo stesso Argento, che con il padre degli zombi ha condiviso lavoro e amicizia. Un omaggio oltretutto preceduto da un’intervista esclusiva allo stesso Romero realizzata da Leopoldo Santovincenzo e Carlo Modesti Pauer. Anche quest’anno la sezione Panoramica Italia si propone come vetrina privilegiata del lavoro dei giovani autori italiani di cinema fantastico e ospiterà, tra gli altri: il misterico fanta-horror The Antithesis con Crisula Stafida (Tulpa – Perdizioni mortali) e Marina Loi (Zombi 3); The Wicked Gift, opera prima di Roberto D’Antona, giovane attore/regista indipendente che ha già all’attivo diversi cortometraggi e webserie di genere e Almost Dead, thriller-horror di Giorgio Bruno, premiato a Miami al MiSciFi 2017 come “Miglior Thriller”. Il 37° Fantafestival dedica due proiezioni notturne agli Z-Movies e a due registi che sono riusciti ad entrare nella storia del cinema orgogliosamente dalla porta sul retro. Andrea Marfori, regista del cult-trash horror Il Bosco 1, presenterà Zombie Soviet Invasion, episodio pilota di quella che è stata definita la risposta russa a The Walking Dead e il mediometraggio The Unfortunate Life of Georgina Spelvin Chained to a Radiator. Protagonista della seconda serata Z-Movies sarà Marco Antonio Andolfi, regista e protagonista del film La Croce delle Sette Pietre. In occasione del trentennale di quello che è conosciuto anche come Il lupo mannaro contro la Camorra, sarà proiettato anche il mediometraggio sequel del film del 1987: Riecco Aborym! GLI EFFETTI COLLATERALI DEL 37° FANTAFESTIVAL NEL BLU STUDIOS ROMA – DICEMBRE 2017/FEBBRAIO
2018 Come per gli anni passati, tornano anche gli Effetti Collaterali del Fantafestival, attività permanenti di approfondimento dei temi dell’immaginario con incontri e proiezioni a cura di Tino Franco e Simone Scardecchia presso la sede dell’associazione culturale Nel Blu Studios (Via Montello,2) Sabato 2 dicembre 2017 ore 21,00 Sogno n° 1. Godzilla: Fantasma Cinematografico di Simone Scardecchia - documentario 50’ Godzilla, leggenda del Cinema, miete successi quanto vittime da ormai 60 anni. Un’indagine sulle origini e le fonti di ispirazione del celeberrimo personaggio con una suggestiva tesi sulle profonde radici del fascino che in tutto il mondo milioni di fan nutrono per questa formidabile creatura. Sabato 27 gennaio 2018 ore 21,00 Sogno n° 2. L’Abominevole Uomo delle Nevi di Simone Scardecchia - documentario 50’ Una ipotesi riguardo la natura, il significato profondo e l’importanza antropologica che riveste nell’immaginario lo Yeti delle vette Himalayane. Cercandone le radici nella figura leggendaria e mitica, universalmente diffusa, dell’Uomo Selvaggio. E a febbraio 2018 in contemporanea con l’uscita italiana del film vincitore dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia The Shape of Water di Guillermo Del Toro proponiamo il classico Il Mostro della Laguna Nera (Creature from the Black Lagoon) del 1954 nella versione originale in bianco nero, nel formato stereoscopico, con il 3D delle origini. Preparatevi ad una nuova invasione di creature ultraterrene ed esseri soprannaturali, dunque, il Fantafestival sta tornando per tenere ancora una volta alta la bandiera della sua quasi quarantennale tradizione a base di curiosità inedite, titoli emozionanti e, ovviamente, ospiti speciali! Il Fantafestival 2017 per la traduzione ed il sottotitolaggio dei film ha il supporto degli studenti del corso di adattamento televisivo dell’Università degli Studi Internazionali di Roma UNINT, il patrocinio del I Municipio del Comune di Roma ed il sostegno della Banca di Credito Cooperativo di Roma.
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cinema
“Pizza Marconi”: presentato a Roma il cortometraggio diretto da Maurizio M. Merli
Si è tenuta ieri 19 novembre 2017, presso il cinema Lux di Roma, la presentazione del cortometraggio “Pizza Marconi” diretto da Maurizio M. Merli e coprodotto da CinemAlfa e Flther & Son. Figlio d’arte, (suo padre era il famoso volto del commissario di molti polizieschi italiani anni ’70) insieme alla carriera d’attore, Maurizio M. Merli ha intrapreso recentemente la via della regia, e a giudicare da questa sua ultima opera, con ottimi risultati. “Pizza Marconi”, infatti, è un ottimo cortometraggio, che a dispetto del piccolo budget a disposizione e dei soli tre giorni di riprese risulta decisamente convincente. Merito della passione e del sacrificio di tutto il cast, artistico e tecnico, come rivela il regista in conferenza stampa: “Sono stati tre giorni di lavoro intensi, dove nessuno si è tirato indietro, lavorando con dedizione ventiquattro ore su ventiquattro.” Ambientato negli anni ‘90 nel giro delle corse automobilistiche clandestine romane, per la sceneggiatura si è avvalso anche dei consigli dei “ragazzi dell’obelisco” che frequentavano Roma Sud dove si svolgevano queste gare. Interrogato sui registi che l’hanno segnato, ha dichiarato: “I miei punti di riferimento sono Guy Ritchie per l’azione e i fratelli Coen per il lato grottesco”, rivelando che il cortometraggio diventerà presto un film: “Stiamo lavorando sulla possibilità di farne un lungometraggio che s’intitolerà Il primo degli ultimi, le riprese inizieranno a Marzo/Aprile per essere pronto ad uscire nelle sale nel 2019”. Infine una dedica ad un amico recentemente scomparso: “Pizza Marconi è dedicato a Gianluca Petrazzi (famoso stunt coordinator), che è venuto a mancare recentemente e doveva essere con noi qui oggi, per me e parte della troupe era come un fratello”. Vittorio Zenardi
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eventi Azzurri fuori dai mondiali di Russia 2018
Italia Svezia finisce 0-0. L’Italia del calcio è fuori dal Mondiale che si disputerà in Russia nel 2018. Per la prima volta dal 1958 non ci qualifichiamo per la fase finale della Coppa del Mondo. La sconfitta per 1-0 nella gara di andata non viene ribaltata davanti ai 70.000 di San Siro, che assistono all’ennesimo flop della selezione del ct Gian Piero Ventura. Novanta minuti ad altissima tensione, dove di gioco se ne è visto poco, anche se occasioni ce ne sono state ma non adeguatamente sfruttate. Il cuore azzurro non è mancato, ma purtroppo non è bastato. La Svezia svolge il compitino e porta a casa una insperata qualificazione. Queste le parole di un Buffon in lacrime: “Dispiace non per me, ma per il movimento. Abbiamo fallito qualcosa che poteva essere importante a livello sociale. Questo è l’unico rammarico che ho, perché il tempo passa ed è tiranno ed è giusto che sia così. Dispiace che la mia ultima gara sia coincisa con l’eliminazione dal Mondiale”. Gian Piero Ventura, che non ha lasciato dichiarazione ai microfoni Rai, ha parlato in conferenza stampa: “No, non mi sono dimesso, non ho parlato con il presidente Tavecchio. Ho voluto parlare con i giocatori singolarmente. Dopo un risultato del genere il responsabile è l’allenatore. Risultato pesantissimo dal punto di vista sportivo. Sono orgoglioso di aver allenato grandi campioni e altri che spero possano diventarlo. Sono dispiaciuto perché lo stadio, stasera… ho capito per l’ennesima volta cosa significa allenare la nazionale”. Foto LaPresse - Fabio
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tecnologia Perché adesso i social sono un pericolo per la democrazia?
Il prestigioso settimanale britannico The Economist ha pubblicato una copertina sulla “minaccia per la democrazia” rappresentata “dai social network”, nella quale una mano tiene la “F” del logo di Facebook come se fosse una pistola fumante. L’editoriale sulla storia di copertina – un tema molto trattato sulla stampa internazionale negli ultimi mesi. “In una democrazia liberale, nessuno ottiene esattamente quello che vuole, ma ognuno ha ampiamente la libertà di condurre la vita che desidera”. Tuttavia, in mancanza di informazioni attendibili, educazione e pace sociale, le persone riducono le loro differenze ricorrendo alla coercizione, a scapito della libertà di tutti.“Facebook, Twitter e Google avrebbero dovuto risparmiare almeno la politica – dice il settimanale britannico – perché in questo ambito una buona comunicazione evita sempre i pregiudizi e le falsità, che possono essere molto pericolosi quando sei disposto a tutto pur di ottenere voti”. “La crisi finanziaria del 2007-2008 ha alimentato la rabbia delle persone più povere nei confronti delle ricche élite privilegiate e le battaglie culturali hanno diviso gli elettori in base all’identità piuttosto che alla classe”, aggiunge l’Economist. In questo clima, i social media e i canali televisivi hanno polarizzato il dibattito politico e la loro capacità di influenzare le nostre scelte è stata sottovalutata da molti. I social media possono selezionare foto, notizie e annunci da mostrare a ogni singolo utente in modo personalizzato e questo diventa uno strumento molto potente per chi vuole fare campagna elettorale – lo abbiamo capito anche in Italia. La potenza di questo strumento è superiore a ogni forma di pubblicità tradizionale: “Uno studio ha scoperto che gli utenti dei paesi più ricchi toccano i loro telefoni 2.600 volte al giorno”. “Negli Stati Uniti, dagli anni Novanta, ha preso piede la politica del disprezzo”, racconta il settimanale. “I fatti hanno iniziato a essere raccontati senza alcuna base empirica e il sistema ha offerto ancora meno spazio per l’empatia; le persone sono risucchiate quotidianamente sui social media in un vortice di falsità, pazzie, scandali e oltraggi”. Questa è la causa che spinge molte persone a perdere di vista ciò che conta per la società che le circonda. “Sarebbe meraviglioso se un tale sistema di condivisione delle informazioni aiutasse la verità a salire in superficie – commenta con un velo di amarezza l’Economist – ma purtroppo accade il contrario”. Facebook in sostanza favorisce un utilizzo compulsivo del social media e tende a rafforzare le preoccupazioni delle persone. Dopo lo scandalo delle interferenze russe nelle elezioni americane, gli stessi americani hanno finito per attaccarsi l’un l’altro. “Anche in Ungheria e in Polonia le informazioni che circolano sui social contribuiscono a sostenere uno stile di democrazia illiberale”, fa notale il settimanale. “In Myanmar, dove Facebook è la principale fonte di notizie per moltissime persone, le informazioni sui social hanno contribuito all’aumento dell’odio verso i Rohingya, vittime di una terribile pulizia etnica”. In effetti, anche in Sud Africa, in Spagna e in tanti altri paesi la politica sta diventando sempre più brutale e i social media non sono utilizzati per stimolare un dibattito rispettoso basato su informazioni attendibili. “Diffondendo sentimenti come la tristezza e la paura, si lascia spazio a posizioni sempre più partigiane, polarizzate e intolleranti”, ammonisce l’Economist. “Si influenza così la decisione dei votanti e aumenta la possibilità di ingannarli”. Non molto tempo fa Facebook in primis aveva promesso una politica più illuminata per arginare le fake news, con l’obiettivo di aumentare i controlli su internet. “Che cosa si deve fare?”, si domanda il settimanale. “Le persone si adatteranno, come sempre”. Un sondaggio di questa settimana ha scoperto che solo il 37% degli americani si fida delle notizie che riceve dai social media, gli altri confidano più nei giornali tradizionali. Tuttavia, nel tempo necessario per adattarsi alcuni governi potrebbero fare ancora molti errori. Si chiede agli editori di essere responsabili di ciò che appare sulle loro piattaforme. Il Congresso americano vuole trasparenza su chi paga per gli annunci politici. “Molti chiedono di considerare i social media come monopoli e di intervenire legalmente, ma smembrare i giganti dei social media non aiuterà il discorso politico – anzi, moltiplicare il numero di piattaforme, potrebbe rendere più difficile la gestione dell’industria”, mette in guardia l’Economist. Dunque, il rischio per la democrazia deriva dal fatto che la politica non è come tutto il resto. “È pericoloso chiedere a una manciata di grandi aziende di considerare ciò che è sano per la società – dice la rivista – ma ci sono altri rimedi”. Per esempio, Facebook potrebbe rendere più chiaro se un post proviene da un amico o da una fonte attendibile, oppure potrebbe accompagnare la condivisione di un post ricordando di prestare attenzione alla disinformazione. Se i bot sono spesso usati per amplificare i messaggi politici, Twitter potrebbe bloccare i peggiori bot o contrassegnarli come tali. “Si può discutere di tante possibili soluzioni – conclude l’Economist – ma poiché questi cambiamenti vanno contro un modello aziendale destinato a monopolizzare l’attenzione, potrebbe essere necessario e urgente ricorrere all’imposizione di una legge”.
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tecnologia Premio “Rating di legalità nella Pubblica amministrazione”: la presentazione il 21 novembre a Roma
Parte il premio nazionale “Rating di legalità nella Pubblica amministrazione”. La prima edizione dell’iniziativa, organizzata dall’associazione Italian Digital Revolution (www.aidr.it) in collaborazione con i propri partner, verrà illustrata nel dettaglio in una conferenza stampa che si terrà a Roma martedì 21 novembre, alle ore 11,30, presso la sala stampa della Camera dei deputati in via della Missione 4. L’incontro con la stampa che sarà moderato dalla giornalista e conduttrice del Tg2 Rai Maria Antonietta Spadorcia, vedrà gli interventi di Cosimo Ferri, magistrato e sottosegretario di stato alla Giustizia; Mauro Nicastri, presidente di Italian Digital Revolution; Massimo La Camera, CEO di Tecnoter; Gianluca Maria Esposito, professore ordinario e direttore della “Scuola in Anticorruzione e Appalti nella Pubblica Amministrazione” dell’Università degli Studi di Salerno, Francesco Verbaro, esperto PA e presidente Formatemp, Laura Strano, responsabile Osservatorio Anticorruzione e Trasparenza AIDR; Isabella Mori - Membro della Direzione nazionale di Cittadinanzattiva per le politiche nazionali su trasparenza e corruzione, Vincenzo Mongillo, professore di diritto penale presso l’Università di Roma Unitelma Sapienza; Carlo De Masi, presidente di Adiconsum e Roberto Morello, dirigente medico ospedaliero. Il riconoscimento, realizzato dagli studenti del liceo artistico “Silvio Lopiano” di Cetraro (Cosenza), ha l’obiettivo di stimolare le pubbliche amministrazioni a migliorare i propri processi attraverso l’utilizzo delle tecnologie per favorire la trasparenza, combattere la corruzione e coinvolgere sempre più i cittadini, e verrà assegnato annualmente alle prime quindici PA centrali e locali che, attraverso il controllo di un software dedicato, realizzato da un partner dell’Aidr, risponderanno ai requisiti richiesti dal regolamento del premio. Tale motore di ricerca infatti interrogherà i siti web delle pubbliche amministrazioni e incrociando i dati con quelli resi disponibili dall’ANANC assegnerà a ciascuna di esse un tasso percentuale di copertura informativa, ovvero quante delle informazioni previste dalle normative in termini di trasparenza le PA rendono pubbliche e accessibili ai cittadini.
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tecnologia Cosa insegna l’inchiesta (fatta bene) da BuzzFeed sulle fake news
BuzzFeed News ha dedicato un lungo e approfondito articolo su una rete di siti di notizie in Italia, che secondo le indagini dei giornalisti Alberto Nardelli e Craig Silverman è riconducibile a un unico imprenditore attivo a Roma e ha legami con una strana associazione cattolica. Secondo l’inchiesta, questi siti fanno disinformazione pubblicando articoli contro i migranti, di stampo nazionalista e diffondendo notizie false o che non possono essere verificate. Questa rete di testate alternative ai classici canali di informazione, come siti di giornali, testate più note e televisioni, prospera grazie a una forte presenza sui social network e a pagine con centinaia di migliaia di iscritti, che a loro volta contribuiscono a diffondere le false informazioni. Il meccanismo è simile a quello osservato in altri casi sui social network e rientra nel fenomeno dello sfruttamento delle notizie false per ottenere più clic I due giornalisti hanno verificato che il media network di queste pagine sia collegato alla Web365 di Giancarlo Colono, un imprenditore romano, con 175 domini e la gestione di diverse pagine Facebook, tra cui le popolari DirettaNews e iNews24. I temi che coprono i siti? Dai più disparati salute, calcio, animali, gossip. Pesano però alcune notizie che non aderiscono alla realtà dei fatti. Eppure diventano virali: con pagine dalla portabilità più alta rispetto a testate nazionali come Repubblica o Corriere della Sera. La portata della disinformazione sull’opinione pubblica è considerevole. Scrive Matteo Grandi sul sito di Agi: «in questo mix letale di notizie morbose e allarmistiche, fra fake news su immigrati portatori di malattie e sproloqui di Imam fittizi, a farne le spese sono gli utenti, fuorviati e condizionati da bufale e notizie prive di fondamento. Flussi di informazioni capaci di spostare gli equilibri dell’opinione pubblica. Una nuova dimostrazione, anche alle nostre latitudini, che l’informazione di massa oggi può essere manipolata scientificamente attraverso un uso capillare di piattaforme online e social network».
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cronaca Il terremoto che ha sconvolto il Medioriente: oltre 300 morti
E’ gravissimo il bilancio delle vittime in Iran e Iraq dopo il sisma di magnitudo 7.3 (secondo l’ultima stima dell’Usgs, l’agenzia del governo degli Stati Uniti che si occupa di geologia) in una zona nei pressi del confine: i morti nella Repubblica islamica sono 341, i feriti 5.340. Lo riferisce Press Tv. Le prima immagini dalle zone devastate mostrano interi edifici sbriciolati dalla potente scossa. Il terremoto è avvenuto a una profondità di circa 23 chilometri ed è stato sentito in diversi altri paesi, come Kuwait, Israele e Turchia. Le stime sugli effetti del terremoto sono ancora provvisorie, ma si parla di oltre 2.500 feriti tra Iraq e Iran e di 70mila persone che hanno subito danni alle loro case. La maggior parte delle morti causate dal terremoto è avvenuta nella città iraniana di Sarpol-e Zahab, a circa 15 chilometri dal confine con l’Iraq. L’ospedale locale ha inoltre subìto gravi danni e questo sta complicando la gestione dell’emergenza da ieri sera. La situazione è molto difficile in almeno altre otto piccole città nella zona, dove migliaia di persone hanno abbandonato le loro abitazioni, perché gravemente danneggiate o nel timore di altre scosse. Mancano energia elettrica, possibilità di utilizzare i cellulari e altri servizi. In alcune aree il terremoto ha inoltre causato frane, che hanno reso inutilizzabili le strade e rallentato l’arrivo dei soccorsi. In Iraq la città di Darbandikhan, nella regione autonoma del Kurdistan, ha subìto gravi danni. La situazione è stata definita “critica” dal ministro curdo della Salute, Rekawt Hama Rasheed, che ha parlato di almeno 30 persone rimaste ferite e di centinaia che hanno passato la notte fuori casa, nonostante il clima molto freddo. L’ospedale locale è rimasto senza energia elettrica e si sono resi necessari numerosi trasporti di emergenza verso la città di Sulaimaniyah. Il terremoto è stato avvertito anche nella parte meridionale della Turchia, ma non ci sono notizie di danni o di feriti. Il governo turco sta organizzando spedizioni di soccorso da inviare nell’area del terremoto sul confine tra Iraq e Iran. Saranno fornite circa 3mila tende per ospitare gli sfollati. Anche in Israele non ci sono notizie di danni a cose o persone. La scossa di magnitudo 7.3 è stata seguita da decine di scosse di intensità inferiore, ma che hanno comunque allarmato ulteriormente la popolazione. Il terremoto delle 21:18 è stato tra i più forti registrati quest’anno in tutto il mondo.
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cronaca Cosa ha scoperto la Cnn sui migranti in Libia
Aste di esseri umani, come all’epoca della tratta degli schiavi, avvengono in Libia. Lo afferma in un reportage la Cnn, che mostra un filmato in cui due ragazzi vengono venduti dai trafficanti. “800 dinari... 900, 1.100... venduto per 1.200 dinari (pari a 800 dollari)”, recita nel video-shock la voce dell’uomo che mette all’asta un giovane, probabilmente un nigeriano, definito “un ragazzone forte, adatto al lavoro nei campi”. Dopo aver ricevuto un filmato di denuncia, la Cnn è andata a verificare sul posto, registrando la vendita di una dozzina di persone in pochi minuti. Grazie a telecamere nascoste, la tv americana è riuscita a scoprire un traffico illecito di uomini. Nel video si riconosce un “venditore” che mette sul mercato “uno scavatore, , un omone forte, in grado di scavare”. Dopo che l’agghiacciante transazione si è conclusa, i giornalisti avvicinano due dei ragazzi “venduti”, che appaiono “traumatizzati, intimoriti da qualsiasi persona”. I filmati sono stati consegnati dalla Cnn alle autorità libiche, che hanno promesso un’indagine. Il tenente Naser Hazam, dell’agenzia governativa libica contro l’immigrazione illegale a Tripoli, ha dichiarato di non aver mai assistito ad una vendita di schiavi, ma di essere a conoscenza di gang criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. Mohammed Abdiker, direttore delle operazioni d’emergenza dell’Oim, in una dichiarazione rilasciata lo scorso aprile dopo un viaggio in Libia, aveva definito la situazione “terribile”. La troupe ha quindi parlato con Victory, un 21enne detenuto al Treeq Migrant Detention Center di Tripoli dove gli immigrati illegali vengono rinchiusi in attesa di espulsione. Il ragazzo ha raccontato di essere stato venduto all’asta come schiavo “più volte”, dopo che i suoi soldi - tutti usati per cercare di arrivare in Europa erano finiti. “Pagai ai trafficanti più di un milione (oltre 2.700 dollari) - ha raccontato -. Mia madre è anche andata in un paio di villaggi a chiedere soldi in prestito per salvarmi la vita”. La politica dell’Unione europea di assistere le autorità libiche nell’intercettare i migranti nel Mediterraneo e riportarli nelle “terrificanti” prigioni in Libia “è disumana”. Lo ha denunciato l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Zeid Raad Al Hussein, in un comunicato diffuso a Ginevra. “La sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità”, ha aggiunto al Hussein. Quasi immediata è arrivata la replica dell’Ue che ha precisato: “Lavoriamo in Libia in piena cooperazione con l’Onu esattamente perché la nostra priorità è sempre stata e continuerà a essere quella di salvare vite, proteggere le persone e combattere i trafficanti”. Ad affermarlo è una portavoce aggiungendo che è la Ue a finanziare Oim, Unhcr e Unicef. “I campi di detenzione in Libia devono essere chiusi perché la situazione è inaccettabile” e la Ue “si confronta regolarmente” con le autorità locali affinché usino “centri che rispettino gli standard umanitari”, ha sottolineato la portavoce Ue. Si parla da tempo delle violenze che sono costrette a subire molte persone che passano dalla Libia per arrivare in Europa. Diverse inchieste giornalistiche e rapporti di organizzazioni umanitarie avevano già raccontato, per esempio, le terribili condizioni dei centri di detenzione libici dove sono rinchiusi i migranti. Le politiche adottate dal governo italiano negli ultimi mesi sembrano – nella migliore delle ipotesi – non avere aiutato questa situazione: gli accordi fatti dal governo con alcune milizie libiche per cercare di fermare le partenze di migranti dalla Libia e la campagna contro l’azione delle navi di soccorso delle ong nel Mediterraneo potrebbero avere lasciato sempre più persone alla mercé dei trafficanti libici.
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cronaca Addio a Luis Bacalov: premio Oscar per le musiche de “Il Postino” Argentino di nascita, aveva compiuto ad agosto 84 anni, si è spento in ospedale a Roma dove era ricoverato da alcuni giorni per un ictus. Pianista, compositore, direttore d’orchestra e arrangiatore, famoso per le sue colonne sonore cinematografiche nel 1996 vinse l’Oscar per le musiche de “Il Postino”, film di Massimo Troisi. Mentre per “La Tregua”, di Francesco Rosi, ha ricevuto una nomination per il David di Donatello. Figura di spicco della musica mondiale, Luis Bacalov era in grado di attraversare con disinvoltura sponde diverse della musica: dal pop, alle canzoni per bambini, dalla musica sacra fino alle colonne sonore per i maggiori registi italiani ed internazionali tra cui ricordiamo:
Suicidio David Rossi. Il fratello: “È stato appeso fuori dalla finestra e poi fatto cadere”
“La Noia” di Damiani nel 1963, “La congiuntura” di Scola nel 1964, “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini nel 1965, “La città delle donne” di Federico Fellini nel 1980. Parte della sua colonna sonora dello “spaghetti-western” Il grande duello è invece riutilizzata nel film Kill Bill di Quentin Tarantino, che in seguito avrebbe usato altre composizioni di Bacalov per il suo Django Unchained. Un grave lutto per il mondo della cultura che perde uno dei più grandi compositori contemporanei, autore di opere che hanno lasciato il segno nella storia delle Arti.
Ranieri Rossi, fratello di David, ex capo della comunicazione di Mps, intervistato a Di Sabato, una trasmissione di Siena Tv, ha rilasciato delle scioccanti dichiarazione di come a suo parere, siano andate le cose quel 6 marzo del 2013. “Mio fratello - ha affermato - è stato appeso fuori dalla finestra e poi è stato fatto precipitare. La mia convinzione sul fatto che mio fratello non si sia suicidato - ha aggiunto - è basata sugli esiti oggettivi delle nostre ricerche, di cui la Procura di Siena non ha mai voluto tenere conto. Per esempio - continua -, abbiamo accuratamente valutato le foto della scientifica, che i consulenti non hanno mai considerato, e da questa analisi si evidenzia che sull’addome di mio fratello, si trovano schegge di legno e materiale compatibile con il davanzale della finestra”. Aggiungendo anche altri particolari di rilievo: “La camicia di David era strappata in vari punti: ciò sarebbe compatibile con il fatto che lui sia stato fatto passare, contro la sua volontà, dal davanzale con l’addome rivolto verso il pavimento, per poi strusciare nel corso della caduta contro la facciata del palazzo”. Infine sulla dinamica della caduta: “La caduta potrebbe essere avvenuta non dalla finestra dell’ufficio di David, ma da un ufficio al piano superiore. Questo perché sotto alle scarpe di David sarebbe stata ritrovata della vernice bianca, e il solo ufficio nel quale erano in corso lavori di tinteggiatura, appunto, era al piano superiore”. La nostra intervista a Franco Fracassi autore del libro “Morte dei Paschi”
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cronaca Tavecchio si è dimesso. Cambierà il calcio italiano?
Carlo Tavecchio si è dimesso. Il presidente della Figc ha rassegnato le dimissioni nel corso del Consiglio Federale convocato questa mattina a Roma. Tavecchio era finito nell’occhio del ciclone dopo la mancata qualificazione dell’Italia ai prossimi mondiali. “Ambizioni e sciacallaggi politici hanno impedito di confrontarci sulle ragioni di questo risultato”. E’ questo, secondo quanto risulta all’Ansa - quello che Carlo Tavecchio ha detto oggi ai consiglieri della Figc prima di chiedere le dimissioni di tutto il consiglio, ovviamente a cominciare da se stesso. “Ho preso atto del cambiamento di atteggiamento di alcuni voi”, ha poi aggiunto ai consiglieri. “Le dichiarazioni che si sono susseguite nelle ultime due ore - ha detto Tavecchio ai consiglieri federali hanno impedito alle due Leghe maggiori di partecipare un dibattito che investe anche loro”. “Ho preso atto del cambiamento di atteggiamento da parte di alcuni partecipanti alla riunione di mercoledì - ha aggiunto, riferendosi al vertice con le componenti a 48 ore dalla debacle della nazionale - Nonostante il documento che mi hanno richiesto e condiviso, non sono disposti nemmeno a discuterlo”. A conclusione di queste considerazioni, Tavecchio ha chiesto “le dimissioni di tutto il consiglio, me per primo”. Mandato via l’uomo simbolo del fallimento del nostro calcio ora bisognerà prendere ispirazione da altri modelli. Molti commentatori guardano al modello tedesco. Il giornalista Carsten Arndt ha raccontato a Eurosport la ricostruzione partita sedici anni fa, dopo un fallimento, che ha permesso di creare una Nazionale che oggi è la favorita dei Mondiali del prossimo anno e che da un decennio è ai vertici del calcio globale. A seguito dell’eliminazione al primo turno degli europei del 2001, la federazione tedesca iniziò a concepire la promozione giovanile in una maniera completamente diversa. Hanno creato delle basi in ogni regione della Germania, in cui tutti i talenti hanno ricevuto la stessa educazione sotto il piano fisico, tecnico e tattico. Parliamo di circa 350 centri, specialmente per i talenti dagli 11 ai 14 anni, creati con due o tre allenatori qualificati. I club stessi sono stati “forzati” ad investire nei giovani. Ciascun club di Bundesliga e di Zweite Liga hanno avuto il dovere di costruire i cosiddetti “Junior performance center”. La maggior parte delle squadre ha aumentato gli allenamenti per le squadre giovanili da tre volte a settimana fino a cinque o sei volte. Nel 2006 Matthias Sammer, ora esperto di Eurosport, è diventato direttore sportivo della DFB. Ha incoraggiato lo sviluppo delle caratteristiche della personalità oltre a quelle sportive. Alla fine abbiamo cresciuto grandi giocatori con caratteri forti, anche in età giovane. La DFB ha considerato il metodo olistico di Sammer come unico nel mondo. Penso sia possibile anche in Italia nel momento in cui la Federcalcio accetterà la necessità di un cambiamento. Ci sono regioni con tantissimi potenziali campioni, ma devono essere incoraggiati nel modo giusto. Club come Milan, Juventus ed Inter devono avere la base finanziaria per creare i “junior performance center”. Questa débâcle può essere una opportunità per l’Italia. La Germania nel 2000 si trovò nella stessa situazione. Ci vorrà del tempo e servirà pazienza.
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politica Come arrivare preparati alle elezioni in Sicilia (che sono importanti) In Sicilia si voterà per le elezioni regionali domenica 5 novembre, dalle 8 alle 22, ma lo spoglio inizierà solo lunedì mattina alle 8. Un vecchio adagio della politica italiana dice che la Sicilia è il laboratorio che anticipa quello che succedere poco dopo a livello nazionale. Gli spunti di interesse questa volta non mancano: il centrodestra unito è in vantaggio, il Partito democratico si aspetta un pessimo risultato e le minoranze interne sono pronte a mettere sulla graticola Matteo Renzi, il Movimento 5 stelle vuole farne il primo tassello per il governo del Paese. In realtà politica locale non è in nessun modo esemplare rispetto alla situazione del paese (non lo è da un punto di vista economico, politico, sociale, storico, culturale). Nelle ultime settimane i quotidiani italiani parlano comunque delle regionali in Sicilia come di un “test” per stimare il consenso per i partiti, in vista delle elezioni regionali più prossime, che si svolgeranno in Lombardia e in Lazio, e in vista delle elezioni politiche del 2018. La sconfitta di Micari e Fava, che si giocano il terzo posto, è data talmente per certa che nel PD si è già cominciato a parlare di cosa è andato storto. Il segretario regionale Filippo Raciti, ex leader dei Giovani Democratici e un tempo considerato molto vicino a Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani, parlando con Meridionews ha rimproverato a MDP di avere proposto la candidatura di Micari, che non è mai sembrata fortissima, per poi decidere di sostenere Fava. Il segretario nazionale del PD Matteo Renzi negli ultimi giorni ha quasi evitato l’argomento: dopo una breve visita a Catania il 27 ottobre – in cui ha spiegato di non considerare le elezioni siciliane un test nazionale – ha presieduto un’assemblea programmatica del partito a Napoli e poi è andato a Chicago, invitato dall’ex presidente americano Barack Obama a un evento della sua fondazione. Da diversi giorni non parla delle elezioni siciliane dai suoi account ufficiali. Ieri sera però ha accettato l’invito del leader del M5s Luigi Di Maio a un confronto televisivo per martedì 7, il giorno successivo allo spoglio delle elezioni siciliane. Ieri tutti i principali leader nazionali del centrodestra – Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni – si trovavano in Sicilia per comizi e incontri elettorali. L’evento più partecipato è stato il comizio di Berlusconi al centro fieristico le Ciminiere di Catania. Fra le altre cose Berlusconi ha promesso l’esenzione delle imposte per i siciliani che tornano a vivere in Sicilia, la costruzione di un casinò a Taormina, la ripresa del progetto del ponte sullo Stretto e un piano di investimenti pubblici nella regione. Più tardi si è incontrato a cena con Salvini e Meloni in un ristorante di Catania. Il Corriere della Sera ha raccontato che la cena è durata un paio d’ore e che i tre non hanno parlato di future alleanze. Salvini, uscendo per fumare una sigaretta, ai giornalisti presenti ha detto che lui e Berlusconi hanno parlato «soprattutto del Milan, che dà preoccupazioni a tutti e due». All’inizio della campagna elettorale il loro candidato presidente Giancarlo Cancelleri era dato in vantaggio su tutti gli altri, ma la sua candidatura si è via via sgonfiata anche per una serie di inciampi. A settembre un giudice siciliano aveva sospeso le “regionarie” con cui Cancelleri era stato scelto per le accuse di irregolarità da parte di uno degli altri candidati. Più di recente i guai hanno riguardato due attivisti del Movimento che Cancelleri ha promesso di nominare assessori in caso di vittoria. Tre giorni fa si è scoperto che Angelo Parisi, un ingegnere di 45 anni che potrebbe diventare assessore ai rifiuti, ha una lunga storia di insulti e minacce violente rivolte online a politici e giornalisti famosi: nel suo post girato di più online, proponeva di bruciare vivo il capogruppo del PD alla Camera Ettore Rosato, l’autore della legge elettorale approvata nelle scorse settimane. È di ieri invece la notizia che Angelo Cambiano, ex sindaco di Licata e assessore designato del M5S agli Enti locali, sarà processato per un abuso edilizio per una casa di proprietà della sua famiglia. Il reato prevedeva solamente il pagamento di una ammenda, ma è stato Cambiano stesso a scegliere di andare a processo. Sempre ieri il Movimento 5 Stelle ha annunciato che espellerà uno dei suoi candidati consiglieri, Gionata Ciappina, dopo aver scoperto dai giornali che nel 2015 era stato condannato da un tribunale militare per violata consegna e abbandono di posto aggravato, quando lavorava da carabiniere. Stasera, invece, Cancelleri e il M5S terranno il comizio finale della campagna elettorale a Palermo. Saranno presenti fra gli altri anche Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista.
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politica Le cose importanti sulle elezioni in Sicilia
Lo spoglio delle elezioni regionali in Sicilia è iniziato alle 8. Alle ore 13 circa sono state scrutinate più di mille sezioni, circa un quinto del totale, e i dati reali dicono che il candidato del centrodestra Nello Musumeci è in vantaggio rispetto a Giancarlo Cancelleri del Movimento 5 Stelle. Fabrizio Micari, candidato del PD e di Alternativa Popolare di Angelino Alfano, è invece terzo con circa il 18 per cento dei voti e Claudio Fava, che si è presentato con il sostegno di liste di sinistra, dovrebbe ottenere il 7 per cento. «È una proiezione equilibrata. Sono 72 punti di campionamento rappresentativi di tutto il territorio siciliano. Fino a questo punto, e con le proiezioni siamo al 10%, la vittoria di Musumeci è territoriale e quindi è molto probabile». Così il sondaggista Nicola Piepoli ai microfoni di Rai Radio 1 nello speciale dedicato alle Elezioni siciliane condotto dal direttore Gerardo Greco. Se le proiezioni saranno confermate dal risultato reale, il centrodestra al 37 per cento potrebbe non avere la maggioranza in Consiglio regionale. La legge elettorale siciliana assegna al Presidente vincente solo 6 seggi di premio di maggioranza su 70 consiglieri.
La legge elettorale non prevede infatti il ballottaggio ed è possibile che chi verrà eletto presidente (il più votato, senza alcun quorum minimo) debba poi cercare alleanze per avere una maggioranza in Assemblea regionale. Potrebbe accadere che anche attribuendo l’intero premio di maggioranza alla lista del candidato vincente, questa ritorno del centr possa comunque non raggiungere la maggioranza dei 70 deputati (36 seggi), come accadde nel 2012. Per garantire la governabilità della Giunta, sarebbe cosìIlnecessario stra unito (ma non t allargare la coalizione vincente ad altre forze politiche.
po), l’avanzata del M
imento stelle che Il Parlamento siciliano avrà 62 deputati su 70 scelti attraverso liste provinciali e un eventuale voto di preferenza, con un sistema proporzionale per collegio e 5uno errori di com sbarramento del 5% per ciascuna lista sul totale regionale dei voti validi espressi. Faranno parte dell’Ars anche il presidente della Regione eletto e il più votato trasconta i candidati cazione non e gestioni alla presidenza non eletti. Infine, i restanti 6 seggi andranno attribuiti come possibile premio di maggioranza, ma solo qualora le liste collegate al nuovo governatore ministrative discut abbiano eletto almeno 42 deputati. l’arretramento del
tito democratico e I 62 consiglieri regionali eletti saranno così suddivisi tra le province: 16 a Palermo, 13 a Catania, 8 a Messina, 6 ad Agrigento, 5 a Siracusa, 5 a Trapani, 4 a Ragusa, 3a Matteo Renzi assedi Caltanissetta, 2 a Enna.
siciliano è o Si è attestato al 46,76% (2.179.474 elettori su 4.661.111) l’affluenza in Sicilia in base alla terza e ultima rilevazione fornita dall’Ufficio elettorale della Regione.IlInvoto leggero allealle spalle calo rispetto a cinque anni fa, quando fu del 47,41%. Un calo, dunque dello 0,65%. Ma il dato conferma, soprattutto, che oltre il 53% degli elettori non si è recato urnee le con e che sono stati disattesi gli appelli contro l’astensionismo. In testa Messina con il 51,69%. A ruota Catania con il 51,58%. Siracusa 47,55%, Ragusa 47,48%, Palermo 46,4%, Agrigento 39,6%, Caltanissetta 39,83%. In coda Enna con il 37,68%.
Interessante l’aspetto messo in evidenza da Huffington Post: Vale quanto un partito minore la fetta di elettorato che alle elezioni regionali in Sicilia ha votato per la coalizione di centrosinistra ma non il suo candidato alla presidenza Fabrizio Micari. Preferendo, a quest’ultimo, il candidato del Movimento 5 Stelle Giancarlo Cancelleri. In altre parole, il voto “utile” e disgiunto si è riversato sull’esponente grillino, tutto a danno del candidato della coalizione targata Partito Democratico. In numeri, stando alle ultime proiezioni tanto di Emg/La7 quanto Piepoli/Rai, su una copertura del 40% circa (e margine d’errore del 2,8%), Micari risulta aver preso quasi l’8% in meno come candidato rispetto alla somma dei voti presi dai partiti che lo hanno sostenuto. La coalizione Micari Presidente ha quindi ottenuto, secondo i dati provvisori ma in via di consolidamento, circa il 26,1% mentre i consensi andati al rettore di Palermo come presidente della Regione si fermano intorno al 18%. Dove sono finiti questi voti? A naso, tutti o quasi su Cancelleri che ha ottenuto il 36% circa dei voti mentre la sua lista Movimento 5 Stelle si è fermata al 28,8%. Il voto disgiunto è una pratica che spesso emerge nelle elezioni che prevedono un secondo turno, il cosiddetto ballottaggio. La tendenza stavolta assume un peso già rilevante perché avviene in una elezione aperta a più candidati e senza ballottaggio. È quindi sintomo di diversi fattori. In primis: gli elettori della coalizione del centrosinistra hanno percepito la sfida per la Regione come una corsa a due in via esclusiva: da una parte il candidato del centrodestra Nello Musumeci, dall’altro il grillino Cancelleri. Non solo: è evidente che i sostenitori di centrosinistra non hanno riconosciuto nel rettore di Palermo Micari una candidatura forte in grado di avere un quid spendibile nella corsa per Palazzo d’Orleans. No chance. E allora tanto vale orientarsi sul candidato grillino per arginare la destra.
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rodetropMovnon muniamtibili, Pare un iato.
politica Le 5 conseguenze delle elezioni siciliane
Il ritorno del centrodestra unito (ma non troppo), l’avanzata del Movimento 5 stelle che non sconta errori di comunicazione e gestioni amministrative discutibili, l’arretramento del Partito democratico e un Matteo Renzi assediato. Il voto siciliano è ormai alle spalle e le conseguenze sulla politica italiana già si fanno sentire. Per Silvio Berlusconi hanno vinto i moderati ma le realtà è diversa come spiega Francesco Russo per Agi. A diventare presidente della Regione è però un esponente della destra sociale, orgoglioso del suo passato missino, che nella volata verso le urne non ha nascosto qualche malumore per la presenza di alcuni “impresentabili” nelle liste che lo hanno sostenuto. Gianfranco Micciché, l’uomo di Forza Italia in Sicilia, che nel 2012 aveva corso da solo tagliando le gambe allo stesso Nello Musumeci e regalando la Regione al Pd, è tornato all’ovile, portando con sé sostanziosi pacchetti di voti e dando un contributo fondamentale alla vittoria del centrodestra. L’area sovranista della coalizione può però rivendicare il successo di aver vinto le elezioni con un suo uomo, e questo peserà nelle trattative su chi dovrà essere il candidato premier nel caso di una vittoria alle politiche, sebbene la percentuale raccolta da Fratelli d’Italia/Noi con Salvini superi di pochi decimali quella accreditata a livello nazionale alla formazione guidata da Giorgia Meloni. E’ andata male per Angelino Alfano. Determinante è stata anche l’Udc. Nel 2012, con un sonoro 10,8% era stata indispensabile per la vittoria di Crocetta. Questa volta, con un 7% e passa, lo è per l’elezione di Musumeci. L’ambizione di Angelino Alfano (il cui partito è al governo con il Pd ma in altri contesti, come nella Regione Lombardia, lo è con il centrodestra) di poter fare da ago della bilancia alle prossime politiche è invece finita in frantumi. Se Alternativa Popolare prende il 4% in Sicilia, la terra del suo leader, quanto potrà prendere a livello nazionale? Dopo il risultato siciliano è probabile che, dopo Renato Schifani, molti altri figlioli prodighi tornino alla casa del padre. Non solo, il Pd ha ormai la piena coscienza di non poter sostituire i voti della sinistra radicale con quelli degli alfaniani.
Matteo Renzi non ha negato la sconfitta e si prepara all’ennesimo cambio di strategia. Il partito era pronto alla batosta ma forse non immaginava di perdere così male. Mantenere l’alleanza con gli alfaniani poteva essere funzionale in vista di larghe intese alle quali la nuova legge elettorale potrebbe costringere comunque. Oggi il centrodestra può credere un pò di più a un ritorno al governo (che fosse o meno questo lo scenario preferito di Berlusconi, piuttosto che un nuovo sodalizio con Renzi, è un altro discorso), soprattutto se Alternativa Popolare dovesse liquefarsi. Se gli orlandiani decideranno o meno di mantenere la tregua lo scopriremo nei prossimi giorni. Fatto sta che Renzida oggi si trova costretto a dover almeno considerare una sorta di accordo con la litigiosa area alla sua sinistra, il cui candidato - Gianni Fava - ha ormai comunque preso oltre il 6%, un risultato superiore a quello che i sondaggi attribuiscono, complessivamente, a Mdp, Campo Progressista et cetera. Anche perché potrebbe nseg- non avere alternative. Da questo punto di vista, vale la pena sottolineare questo passaggio di un editoriale apparso su Democratica: “Comunque vada la Sicilia, a livello nazionale le destre e i populismi sono alle porte. Si chiamano Berlusconi e Salvini oppure Casaleggio e Di Maio”. Berlusconi viene quindi arruolato dal Pd nel club dei populisti, e questa è una novità assai significativa. Il segretario del Pd e il Cav avevano sempre evitato di pungersi troppo, in vista di un possibile accordo di governo. Che ora è un po’ più lontano, almeno come scenario favorito dai due leader (che il risultato delle politiche possa non lasciare alternative è anch’esso un altro discorso). Una ricucitura che, al momento, appare però assai ardua. Significativa anche la dichiarazione a caldo di Davide Faraone, uomo di Renzi in Sicilia, che ha scaricato le responsabilità della sconfitta sulla decisione del presidente del Senato, Pietro Grasso (che ha lasciato il Pd tra le polemiche dopo la fiducia sul Rosatellum) di non accettare le richieste di una candidatura. Una frase che sembra nascondere l’ammissione che una figura con un profilo maggiormente di sinistra potesse avere maggiore chance. Che i renziani siano giunti a dare ragione a quanto la minoranza Pd e gli scissionisti ripetono dai tempi del referendum costituzionale? Ad uscire meglio dalla tornata elettorale siciliana, nonstante la sconfitta, sono i grillini. Ai Cinque Stelle forse non poteva andare meglio. Cancelleri ha preso quasi il doppio dei voti incassati nel 2012. Il MoVimento è primo partito dell’isola. Ma alla Regione ci va Musumeci e una formazione che - come dimostrano i casi di Roma e Torino - continua ad avere il suo tallone d’Achille nell’insufficiente preparazione della sua classe dirigente non è costretta a misurarsi con l’impresa complicatissima di dover mettere ordine in un territorio problematico come la Sicilia. Luigi Di Maio ha vissuto la campagna elettorale da protagonista, rafforzando la sua leadership, pronto a lasciare a Beppe Grillo il ruolo di padre nobile. L’affluenza, però, è stata ancora più bassa di quella delle regionali del 2012. Forse l’unica cosa che i Cinque Stelle si possono rimproverare è non aver mobilitato a sufficienza il partito dell’astensione. Ma è probabile che arrivare ottimi secondi sia proprio il risultato che avevano auspicato.
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politica
Ma le fake news fanno vincere le elezioni?
“Le fake news e l’uso maligno delle informazioni sono vecchi come il mondo. Quando oggi assisto alla divulgazione di bufale memorabili o all’utilizzo di malware per pescare nel web informazioni riservate penso alla comune origine, la guerra immortalata da Omero. La bufala sulla fine dell’assedio e la partenza degli Achei, e il cavallo di Troia come dono allegato: la fake e il trojan”. Il direttore del Tg La7 Enrico Mentana in un post su Facebook è intervenuto sul tema che sta tenendo banco nel mondo della politica italiana in questi giorni: le fake news. E lo fa citando alcuni esempi storici per dimostrare che oggi siamo vittime della stessa disinformazione di cui per migliaia di anni gli uomini sono stati vittime. Spesso per fini politici. “Migliaia di anni dopo la pratica è corrente, ma anche gli strumenti di conoscenza e di cultura condivise rendono più difficile il compito degli avvelenatori dei pozzi. Cent’anni fa l’opinione pubblica europea più ostile all’ebraismo considerò vera la devastante bufala del Protocolli dei Savi di Sion, nata nella Russia zarista e diffusa come un virus ovunque ci fosse terreno fertile per l’antisemitismo (e si sa poi cos’è successo)”. Ma anche in tempi più recenti, come quando nel 2002 gli Stati Uniti vogliono invadere l’Iraq e il segretario di stato Colin Power presenta davanti al consiglio di sicurezza dell’Onu “le prove contraffatte di un possesso da parte di Saddam Hussein di armi di distruzione di massa”. “Per la politica il web è un’arma importante ma a doppio taglio”, continua Mentana: “Fu decisivo per la vittoria di Obama, ma forse anche per la sconfitta di Hillary, per la Brexit ma anche per Macron. Secondo me la rete asseconda e spinge le tendenze che sono comunque in atto in un elettorato diffuso, che prima non aveva scambio visibile e ora lo trova sui social. Ma le eco chambers del web non sono diverse dai bar, dagli scompartimenti in treno o dai capannelli in piazza, e i troll o i bot odierni non si discostano dal ruolo degli agitatori di un tempo, gli agit prop .Se crediamo nella democrazia non possiamo pensare allo stesso tempo che un elettorato possa essere condizionato in questo modo: la gente vota secondo interessi e passioni ben visibili nella realtà, e credere che qualcuno oggi possa votare per un partito o movimento perché vede un tweet di Kickboxer208 o un post di Alighiero Danti equivale a credere che negli anni 90 Berlusconi vinceva grazie al tg di Emilio Fede. Ovvero che chi ci sta vicino sia una mandria di poveri creduloni in balia dell’ultimo che parla”.
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politica Campagna elettorale senza finanziamento pubblico. Politica e partiti alla prova
Comunque andrà a finire le elezioni politiche del 2018 saranno comunque storiche. Nel 2013 un decreto legge fatto approvare dall’allora governo guidato da Enrico Letta decise di intervenire sul finanziamento pubblico ai partiti dopo un interminabile dibattito e a seguito delle pressioni dell’opinione pubblica da un lato e del MoVimento 5 Stelle dall’altro. Quel provvedimento è stato poi convertito nella legge numero 13 del 2014, la quale ha previsto che da inizio 2017 – dopo un periodo transitorio di graduale riduzione dei rimborsi durato circa tre anni – il finanziamento pubblico ai partiti venisse abolito del tutto. E così è andata, con il varo ufficiale del nuovo sistema basato sulle detrazioni fiscali delle donazioni private e sulla possibilità di destinare alle formazioni politiche il 2 per mille dell’Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche). Per mesi si era parlato della possibilità di modificare quel testo ma i principali partiti non hanno voluto (o potuto) metterci mano e così si andrà a votare con queste nuove regole del gioco, un sistema piuttosto rigido. Due terzi degli Stati mondiali prevedono il finanziamento pubblico dei partiti o comunque qualche forma di rimborso. Oppure un sistema misto come accade anche, ad esempio, in Francia e in Germania. Si tratta di qualcosa di assolutamente nuovo nel panorama politica italiano e con conseguenze pesanti. E’ un vero e proprio cambio di paradigma rispetto al passato che porterà con sé anche un radicale mutamento di approccio nei confronti della politica: sempre più legata a formazioni personali, sempre meno rappresentazione di una vera comunità. Erogare soldi ai partiti viene considerata un’operazione per pochi. In questa legislatura le entrate dei partiti sono crollate del 61%. Uno studio realizzato da Openpolis certifica che i contributi arrivati da persone fisiche e giuridiche sono passati dai 40,8 milioni del 2013 ai 13,4 del 2016. Considerando che il 2013 era un anno di elezioni politiche, dunque più favorevole alle donazioni, il dato resta comunque in netto calo dai 23,9 milioni del 2014 ad oggi. Annota il direttore dell’Espresso, Marco Damilano: “Quella del 2018 sarà la prima campagna senza finanziamento pubblico dei partiti, neppure sotto forma di rimborso elettorale, l’ingegnoso marchingegno per aggirare il divieto di elargire soldi pubblici ai partiti inventato nel 2002 dagli allora tesorieri dei principali partiti, Ugo Sposetti per i Ds, Rocco Crimi per Forza Italia, Maurizio Balocchi per la Lega, Luigi Lusi per la Margherita, oggi condannato in appello a sette anni di carcere per appropriazione indebita dei fondi del partito. Zero soldi per una campagna elettorale che per la prima volta da anni, seconda novità, fa risorgere il collegio uninominale, e dunque la necessità per i candidati di chiedere il voto con manifesti, volantini, pranzi, cene, comizi, convegni: tutte cose costose”.
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salute A Torino arriva il Paxman Scalp Cooling, il casco per contrastare la caduta dei capelli durante la chemioterapia
Grazie all’Associazione “Insenoallavita” Onlus arriva il Paxman Scalp Cooling presso l’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino. Si tratta di un casco in grado di contrastare la caduta dei capelli nel corso della chemioterapia. I farmaci chemioterapici attaccano infatti la radice del bulbo pilifero, e questo ne comporta l’atrofia totale o parziale, con conseguente caduta dei capelli. Oltre ad avere un impatto estetico sui pazienti, questa conseguenza della chemioterapia influisce negativamente sulla vita quotidiana di chi combatte contro il cancro, in quanto modifica l’immagine del proprio corpo. In particolar modo le donne vivono la perdita dei capelli come una riduzione della loro femminilità. Ora, presso il Day Hospital Oncologico dell’ospedale Sant’Anna, le pazienti potranno beneficiare del casco per contrastare la caduta dei capelli nel corso della chemioterapia. L’introduzione del Paxman Scalp Cooling è stata preceduta da un periodo di formazione del personale ospedaliero con il dott. Saverio Danese e la dott.ssa Elisa Picardo. Il dott. Danese, Presidente dell’Associazione “Insenoallavita” Onlus e primario di Ginecologia e Ostetricia, ha parlato dell’impatto che la caduta dei capelli ha sui pazienti, in quanto “l’alopecia viene vissuta come una continua dimostrazione della propria malattia” e comporta un’alterazione “delle relazioni sociali e familiari”. Ne scaturisce un problema sia dal punto di vista emotivo che fisico, che “può portare ad una riluttanza o rifiuto a sottoporsi a trattamenti chemioterapici”. Attualmente, per quanto riguarda il Paxman Scalp Cooling, è stato formulato dall’ospedale “un preciso protocollo di utilizzo di questo strumento, per poterne studiare i risultati” e poter garantire alle “pazienti la possibilità di accedere al trattamento col massimo del beneficio atteso”. Paxman Scalp Cooling è una cuffia in silicone morbido che è collegata ad un impianto frigorifero compatto. Dispone di due postazioni utilizzate contemporaneamente alle sedute di chemioterapia delle pazienti. Quest’ultime indossano il casco nel quale circola un refrigerante che fa diminuire il flusso di sangue ai follicoli piliferi abbassando in modo graduale la temperatura del cuoio capelluto. La temperatura viene mantenuta costante nel corso del trattamento che ha inizio circa 20 minuti prima della chemio e prosegue anche dopo. In questo modo vengono preservati i follicoli piliferi dalla distruzione messa in atto dai farmaci chemioterapici. Quest’ultimi non sono infatti in grado di agire in maniera selettiva sulla massa tumorale, e dunque attaccano anche altri tessuti dell’organismo. Si tratta di un grande passo in avanti che aiuta i pazienti a reagire meglio nel corso della chemioterapia, migliorando la qualità della loro vita. A.D.
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salute Vaccini obbligatori a scuola, Consulta respinge i ricorsi del Veneto
La Corte ha dichiarato non fondate tutte le questioni prospettate nei ricorsi della Regione Veneto sull’obbligo dei vaccini. Secondo i giudici costituzionali, le misure in questione rappresentano una scelta spettante al legislatore nazionale. Lo ha deciso la Corte Costituzionale al termine della camera di consiglio. Nell’udienza di ieri, davanti alla Corte costituzionale - si legge nel comunicato - sono state discusse le numerose questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Veneto sul decreto legge n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del2017, in materia di vaccinazioni obbligatorie per i minori fino a 16 anni di età. Le questioni sottoposte alla Corte costituzionale non mettevano in discussione l’efficacia delle vaccinazioni -attestata dalle istituzioni a ciò deputate (Organizzazione mondiale della sanità; Istituto superiore di sanità) e da una lunga serie di piani nazionali vaccinali - ma la loro obbligatorietà, sospesa dalla Regione Veneto con una legge del 2007 che aveva introdotto un sistema di prevenzione delle malattie infettive basato solo sulla persuasione.La Corte ha dichiarato non fondate tutte le questioni prospettate. Secondo i giudici costituzionali, le misure in questione rappresentano una scelta spettante al legislatore nazionale.Questa scelta non è irragionevole, poiché volta a tutelare la salute individuale e collettiva e fondata sul dovere di solidarietà nel prevenire e limitare la diffusione di alcune malattie. La Corte ha considerato tra l’altro che tutte le vaccinazioni rese obbligatorie erano già previste e raccomandate nei piani nazionali di vaccinazione e finanziate dallo Stato nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea). Inoltre, il passaggio da una strategia basata sulla persuasione a un sistema di obbligatorietà si giustifica alla luce del contesto attuale caratterizzato da un progressivo calo delle coperture vaccinali. È stato altresì considerato che la legge di conversione ha modificato il decreto legge riducendo sensibilmente le sanzioni amministrative pecuniarie e prevedendo che, in ogni caso,debbano essere precedute dall’incontro tra le famiglie e le autorità sanitarie allo scopo di favorire un’adesione consapevole e informata al programma vaccinale. Infine, la mancata vaccinazione non comporta l’esclusione dalla scuola dell’obbligo dei minori, che saranno di norma inseriti in classi in cui gli altri alunni sono vaccinati.
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