Wp mag febbraio 2015

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anno 13 | numero 109 | febbraio 2015

Tutto pronto per la 65째 edizione di Sanremo PAG 6

Jovanotti presenta il nuovo disco PAG 8

Oscar 2015 tutti i vincitori PAG 4

Scuola e lavoro sempre pi첫 distanti in Italia PAG 12

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TUTTO PRONTO PER LA 65° EDIZIONE DI SANREMO

staff

news

La testata fruisce dei contributi statali di cui alla legge 7 agosto 1990, numero 250 e successive modificazione.

Presentato il nuovo Google Campus

Testata iscritta nella sezione per la stampa ed informazione del tribunale

Il cinema italiano piange Monica Scattini

di Roma in data 14.10.2003 al n.440/2006

Dorotea De Vito

cinema

IN REDAZIONE

“Whiplash” candidato a cinque premi Oscar, al cinema..

Vittorio Zenardi Ugo Rossolillo

Meryl Streep in “Ricki and the Flash”.

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Rotellando per Milano, l’Expo è a prova disabili?

Oscar 2015 tutti i vincitori

musica Jamese Senese e i Napoli Centrale in concerto al Dejavù di Pozzuolo Conquisteremo Marte! Intervista ai KUTSO Jovanotti e il suo nuovo disco Conversazione con Vice Tempera

up...puntamenti “Fiori violenti: fototropismo verso la forma” di Mattia Bosco.

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salute Desideriamo perché ci mancano le stelle

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news Presentato il nuovo Google Campus, flessibilità è la parola d’ordine del progetto Il nuovo Google Campus è una realtà, il progetto è stato presentato e reso pubblico dalla stessa Google che ha voluto annunciare cosi la nascita del nuovo campus. che sorgerà a Mountain View.

Rotellando per Milano, l’Expo è a prova disabili?

Frutto di una collaborazione tra lo studio BIG/ Bjarke Ingels e Heatherwick Studios /Thomas Heatherwick, la struttura è stata ideata secondo un approccio modulare, in grado di allargarsi a seconda delle esigenze dell’azienda. E’ infatti risaputo che Google ama stare al passo coi tempi anche per quanto riguarda i propri edifici: in una realtà in continua evoluzione, devono esserlo anche gli spazi in cui si lavora, l’essere statici è qualcosa che non si tollera. L’idea era quella di creare un campus che si adattase sempre alle proprie esigenze, senza bisogno di ergere edifici che poi sarebbero stati rasi al suolo dopo pochi anni per far spazio a qualcosa di più moderno: per questo, l’intero campus sarà creato all’insegna della flessibilità, utilizzando un materiale molto particolare, una membrana leggerissima in grado di allargarsi e di essere modellata ogni volta che si presenta la necessità, il tutto con piccoli interventi e a costi ridotti.

“Associavo Expo a tecnologia e futuro, per questo mi sono illuso Particolare attenzione è stata dedicata all’utilizzo di energie rinnovabili, la copertura dell’edificio sarà realizzata infatti con un di arrivare in una città super cool”: Fabrizio Marta, malato di osteogenmateriale traslucido progettato per controllare la quantità di luce ed aria che può entrare nella struttura. esi imperfetta costretto a muoversi su sedia a rotelle, sè i finto turista per un giorno per verificare se Milano è pronta ad accogliere i turisti disabili in vista di Le novità non finiscono qui, a rendere il campus unico sarà anche il fatto che per la prima volta non è stato concepito solo come uno spazio per gli addetti ai lavori, ma sarà aperto alla comunità. Expo 2015. Giudizio complessivo? Una tragedia. Con il suo format “Rotellando” Fabrizio ha deciso di partire da Domodossola per passare tre giorni a Milano, chiedendosi se, a meno di tre mesi dall’inzio della Fiera Universale, Milano è pronta ad accogliere i “rotellati”.

Il nuovo campus – ha dichiarato lo studio che lo ha progettato – non è stato pensato per essere usufruito esclusivamente dagli ingegneri di Google perché, sostengono gli architetti, sarà vissuto da tutta la comunità locale grazie alla costruzione di piste ciclabili, ristoranti ed altre aree comuni.

La risposta la si può leggere sul suo blog su Vanity Fair: “ho trovato una città che si arranca a fare delle cose moderne ma che sono mozzate, non c’è una visione d’insieme, un coordinamento generale”.

Un vero punto di ritrovo quindi che si estenderà su di una superficie di ben 316mila ettari.

Nel suo post sul blog Marta si pone mille domande su come affrontare l’argomento: parlare di tutto ciò che non va, cadendo nel clichè di chi vuole sempre solo lamentarsi, o evidenziare le cose positive, rischiando però di far sembrare tutto fin troppo buono?

Gianluca Migliozzi

Non si può parlare di una cosa senza escluderne delle altre, ed ecco quindi che sottolinea positivamente il lavoro che sta facendo SEA a Malpensa, parla dell’acquisto di 20 nuovi taxi accessibili ai disabili da parte di 8585, del Milano Express che è totalmente accessibile, delle linee ferroviarie che TreNord ha e sta rendendo accessibili, del lavoro di Galleria d’Italia, del percorso per ammirare la Chiesa di San Maurizio (in uno dei luoghi più antichi di Milano), degli itinerari accessibili individuati da Milano da Vedere. Eppure, a lasciarci maggiormente increduli, sono state le perplessità espresse dal blogger: “paura che le rotelle entrassero nelle varie voragini dei marciapiedi e nel pavé dei passaggi pedonali o dentro alle rotaie del tram, pendenze troppo ripide dei marciapiedi, la ricerca spasmodica degli ascensori (non sono segnalati e spesso non funzionano), di certo personale dell’ATM che con fare svampito mi ha fatto girare a vuoto per la stazione metropolitana”. Per il blogger è una città che tenta di essere pronta ma che lascia le cose a metà, ci sono tante persone volenterose che si impegnano a fare le cose, ma solo fino a un certo punto, dopo la responsabilità passa ad altri, ma non si sa piange bene a chi. E’ come una catena di montaggio malfunzionante.

Il cinema italiano Monica Scattini LA CARRIERA

Il post si conclude con un appello al sindaco Pisapia: “perchè si continua a progettare in maniera così approsimativa e poco attenta alle necessità di tutti?”.

Aveva lavorato con grandi registi, da Ettore Scola («La famiglia») a Gianluca Migliozzi Mario Monicelli («Parenti serpenti»). Nel 1983 aveva vinto con «Lontano da dove», di Stefania Casini e Francesca Marciano, il Nastro d’Argento come migliore attrice. Mentre nel 1994 ha vinto il David di Donatello , come migliore attrice non protagonista per il film di Simona Izzo, «Maniaci sentimentali». Oltre che in Italia, l’attrice ha avuto anche piccoli ruoli in produzioni internazionali. Nel 1982 è diretta da Francis Ford Coppola in Un sogno lungo un giorno e nel 2009 è nel musical di Rob Marshall Nine, nel quale recitano, tra gli altri, Daniel Day Lewis, Nicole Kidman e Penélope Cruz. A ricordarli “Troppo dedizione Gianluca

tantissimi suoi colleghi, come Laura Morante, che scrive presto, davvero” e Ferzan Ozpetek, che ricorda proprio la sue per la commedia. Migliozzi

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cinema

OSCAR

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Come avevamo preannunciato «Birdman» di Alejandro González Iñárritu fa incetta di statuette: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale, miglior fotografia. Qui puoi leggere la nostra recensione ! Eddie Redmayne per «The Theory of Everything» strappa la statuetta per la miglior interpretazione ad un quotatissimo Michael Keaton. The Grand Budapest Hotel, trionfatore “tecnico”ha ottenuto quattro statuette: per scenografia, musica (Alexandre Desplat a doppia candidatura finalmente centra l’obiettivo dopo 8 nomination), trucco e soprattutto per i costumi, ideati e confezionati dalla nostra Milena Canonero, unica portabandiera tricolore dell’annata al suo quarto Oscar! Still Alice ha portato alla Moore il suo primo Oscar dopo diverse candidature. Il premio che nel 2014 ci ha toccato da vicino con La Grande Bellezza, quest’anno è andato in Polonia, nelle mani di Pawel Pawlikowsky talentuoso regista di Ida. John Legend e Common, hanno vinto per la migliore canzone, Glory, che fa parte della colonna sonora del film Selma. Toccante il discorso dello sceneggiatore di Imitation game, Graham Moore che a soli 31 anni ha ottenuto un Oscar per la migliore sceneggiatura non originale. Graham è gay come Alan Turing il matematico che riuscì a decifrare il codice nazista Enigma ma che dopo la guerra fu condannato a causa della sua omosessualità. "A 16 anni ho tentato di uccidermi perché mi sentivo strano e diverso. - ha raccontato il giovane sceneggiatore - Ora sono qui, anche per Alan Turing che non ha avuto possibilità di salire su un palco come questo a far sentire la sua voce. Dico ai ragazzi come me: non vergognatevi di essere diversi e fate sentire la vostra voce, passate il messaggio perché a nessuno venga in mente di tentare il suicidio per la sua diversità". Ecco tutti vincitori degli Oscar 2015: - Miglior film: «Birdman» di Alejandro González Iñárritu - Miglior attrice protagonista: Julianne Moore per «Still Alice» - Miglior attore protagonista: Eddie Redmayne per «The Theory of Everything» - Miglior regia: Alejandro Gonzalez Inarritu per «Birdman» - Miglior sceneggiatura non originale: Graham Moore per «The Imitation Game» - Miglior sceneggiatura originale: Alejandro G. Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris Jr. e Armando Bo per « Birdman» - Miglior colonna sonora: Alexandre Desplat per il film «Grand Budapest Hotel» - Miglior canzone: «Glory» di John Stephens e Lonnie Lynn nel film Selma - Miglior documentario: «CitizenFour» di Laura Poitras, Mathilde Bonnefoy e Dirk Wilutzky - Miglior montaggio: Tom Cross per il film « Whiplash» - Miglior fotografia: Emmanuel Lubezki per il film Birdman - Migliori costumi: Milena Canonero per il «Gran Budapest Hotel» - Miglior scenografia: Adam Stockhausen e Anna Pinnock per il film «Grand Budapest Hotel» - Miglior film d’animazione: Don Hall e Chris Williams per il film «Big Hero 6» - Miglior cortometraggio d’animazione: «Feast» di Patrick Osborne - Migliori effetti speciali: Paul Franklin, Andrew Lockley, Ian Hunter e Scott Fisher per il film «Interstellar» - Miglior attrice non protagonista: Patricia Arquette per «Boyhood» - Miglior sonoro: Alan Robert Murray e Bub Asman per «American Sniper» - Miglior montaggio: Craig Mann, Ben Wilkins e Thomas Curley per «Whiplash» -Miglior corto documentario: «Crisis Hotline: Veterans Press 1» di Ellen Goosenberg Kent e Dana Perry - Miglior corto: «The Phone Call» di Mat Kirkby e James Lucas - Miglior film straniero: è il film polacco «Ida» diretta da Pawel Pawlikowski - Miglior trucco: Frances Hannon e Mark Coulier per il «Gran Budapest Hotel»

Vittorio Zenardi

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opera seconda di Damien Chazelle, uscirà nelle sale italiane il 12 febbraio distribuita da Warner Bros. Entertainment Italia. Il film è candidato agli Oscar nelle categorie Miglior Film, Miglior Montaggio, Migliori Effetti Sonori, Miglior Sceneggiatura non originale; una nomination anche a J.K. Simmons, nelle rosa dei Miglior Attori non protagonisti. Chazelle, che del film firma anche la sceneggiatura, fonde impeto e tormento in una trama imprevedibile e poco convenzionale, come il genere musicale che sceglie di inquadrare: il jazz.“Io stesso ero un batterista jazz – ha spiegato il regista - e tanta di questa storia è autobiografica. Volevo parlare di quanto sia difficile emergere, riuscire a farcela e avere successo. Tante pellicole su musicisti come Mozart o Charlie Parker sono su personaggi che alla fine si erano pienamente formati, che ce l’avevano fatta. Io volevo fare un film su qualcuno che magari all’inizio non è un grande musicista, ma che attraverso il suo sangue e sudore almeno si eleva a un certo livello”. Il giovane cineasta ha voluto dar vita ad “un film sulla musica che sembrasse, però, un film di guerra o di gangster, dove gli strumenti musicali sostituissero le armi, le parole fossero minacciose come pistole e l’azione si sviluppasse non sul campo di battaglia ma nella sala prove di una scuola o su un palco”.

In Whiplash il carattere di un giovane ambizioso e sprezzante batterista jazz appena iscritto al conservatorio di Manhattan, interpretato da Miles Teller (The Spectacular Now, Divergent), si incontra e scontra con l’intransigenza e il rigore di Terence Fletcher, docente apprezzato ma conosciuto per i metodi d’insegnamento poco ortodossi, interpretato da J.K. Simmons, premiato come Miglior Attore non protagonista ai Golden Globe 2015. Applaudita al Festival di Cannes (tra le opere selezionate della Quinzaine des realisateurs) e al Torino Film Festival (presentata nella sezione Festa Mobile), la pellicola si ispira a un direttore d’orchestra che lo stesso regista aveva a scuola:“Alcune delle battute del dialogo sono prese verbatim da lui, ma non era mai violento, stava solo cercando di rendermi un batterista migliore, cosa che sono riuscito a diventare, grazie a lui. Ma non volevo fare un film solo su di lui, volevo porre il dilemma: se il maestro diventa violento, fisicamente e psicologicamente, ma ottiene risultati, è accettabile? Io trovo quello che fa il personaggio di J. K. Simmons assolutamente orribile, volevo rendere il suo personaggio più orribile possibile e la musica migliore possibile, per creare quel disagio nel pubblico e lasciare l’idea che il fine giustifichi i mezzi”.Realizzato inizialmente sotto forma di corto, Whiplash ha vinto lo Short Film Jury Award for U.S. Fiction al Sundance Film Festival, dove nel 2014 ha ottenuto il Gran PREMIO della Giuria e il PREMIO del Pubblico con la versione lunga dello stesso progetto.

Vittorio Zenardi


cinema Meryl

Streep in prima “Ricki and t imma gine d he Flash”. La el film

Ecco la prima immagine di Meryl Streep, protagonista del nuovo film scritto da Diablo Cody e diretto da Jonathan Demme, al cinema dal 10 settembre, distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia. In Ricki and the Flash, Meryl Streep è Ricki, una rockstar che dopo aver dato tutto per realizzare il sogno di diventare una celebrità del rock&roll, decide di ritornare a casa per recuperare il rapporto con la sua famiglia. Ad interpretare la figlia della popolare chitarrista sarà Mamie Gummer, figlia di Meryl Streep anche nella realtà. Nel cast Rick Springfield nei panni del fidanzato di Ricki e Kevin Kline nel ruolo del suo ex marito. Vittorio Zenardi

herc s e rand d 2”. g l e de iva “ Te t n e r r rive ema: ar r i ù i to p a al cin t e s L’or o torn m Dopo il successo al box office registrato nel 2012 c’era da aspettarsi che il regista Seth MacFarlane non si sarebbe fatto scappare l’opportunità di girare un sequel ed ecco quindi che spunta il trailer di “Ted 2”, sequel del film che nel 2012 sbancò il botteghino incassando 11milioni di euro. La pellicola raccontava delle rocambolesche avventure di un orsetto che si trovava in situazioni al dir poco surreali, MacFarlane oltre ad essere regista prestava la voce al protagonista che in questo sequel si troverà in alcune situazioni davvero particolari. Ted infatti ha sposato la sua fidanzata e ora vuole avere figli ma, ovviamente, per farlo ha bisogno di un donatore di sperma. Inoltre si troverà di fronte gli ostacoli legislativi che gli impediscono di diventare padre e sarà una guest star d’eccezione, nientedimeno che Morgan Freeman, ad interpretare l’avvocato che lo aiuterà a vincere le sue battaglie. Al fianco di Ted ritroveremo il suo migliore amico, interpretato anche stavolta da Mark Wahlberg, la protagonista femminile sarà invece interpretata da Amanda Seyfried. Mila Kunis che nel primo film interpretava la fidaznata e futura sposa di Wahlberg ha preso parte alle riprese solo per un cameo, non si sa quindi quali saranno gli sviluppi nella vita sentimentale del migliore amico di Ted. La sceneggiatura è firmata da Wellesley Wild e Alec Sulkin e il film giungerà nelle sale il prossimo 25 Giugno Gianluca Migliozzi

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musica

TUTTO PRONTO PER LA 65° EDIZIONE DI SANREMO Il countdown è giunto, fra breve si parte, tutti ai loro posti, tecnici, costumisti, truccatori, giornalisti, fotografi, batterie dispositivi cariche, pronti ad andare in scena. Ma soprattutto Carlo Conti e i suoi fiori, le sue tre vallette, Emma, Arisa e la bambola Rocìo Munoz , che ci condurranno in questa kermesse alla scoperta delle canzoni di questa edizione. Sì, perché è il Festival nazionale della Canzone, come ci ha tenuto a precisare il Carlo Conti in veste di Direttore Artistico e ideatore di questa versione 2015. Crearsi aspettative sulla qualità rispetto al passato sarebbe errato, ma i presupposti ci sono tutti, perché pare nulla sia fuori posto e questa volta gli Italiani potranno tornare dopo anni ad apprezzare ed amare lo show dell’Ariston. Procediamo con ordine. Lui, Carlo Conti, conosce benissimo a macchina televisiva e anche quella radiofonica, e anche se le domande spinose sull’esser stata la seconda scelta per il declino di Fiorello e sulla responsabilità di esser stato indicato come l’erede naturale di Baudo, che glissa con simpatia ed eleganza, e tira dritto con il sorriso. Da rilevare i siparietti di mimica facciale di Arisa, che sicuramente è quella che ha meno da dimostrare tra le tre, e forte del suo rispolverato charme ancora più magnetico, vanta un credito con il Festival e la Città di Sanremo, visto che non è stata a distanza di un anno la targa di vincitrice dell’edizione scorsa sul camminamento di Corso Matteotti, che dall’Ariston porta al CASINÒ, ed alla cui domanda il Sindaco risponde con un imbarazzatissimo quanto diplomatico “stiamo lavorando, le faremo sapere quanto prima”. Di mio, cercherà di tenervi aggiornati. La prima serata di stasera vede il ritorno su un palco italiano di Romina e Al Bano Carrisi insieme dopo la reunion artistica, e poi gli Imagine Dragons, e TIZIANO FERRO, e ancora la parentesi comica con quello che ormai tutti additano come l’erede di Troisi, Aessandro SIANI. Ma Sanremo2015 non è solo BIG. In particolare modo quest’anno è stato dato spazio ai giovani emergenti grazie alle iniziative collaterali che si tengono al Palafiori con Sanremo DOC e gli showcase della scuola di Giancarlo Senise e Danila Satragno, che di certo non ha bisogno di presentazioni, e che del resto anche vocale coach di 6 dei cantanti in gara nella manifestazione ufficiale, da Annalisa Scarrone a Mauro Coruzzi, meglio noto nei panni della Platinette, passando per il duo dei Soliti Idioti Biggio & Mandelli e Marco Masini, ma anche di due dei giovani delle nuove proposte, ovvero Enrico Nigiotti e la savonese Chanty. Sicuramente da sottolineare il tributo che sarà dato nel corso delle serate ai due grandi della musica italiana recentemente scomparsi, Mango e Pino Daniele, a cui nel frattempo sono state dedicate due sale del Palafiori. Caspita mi sa che son stato davvero troppo buono nello scrivere questo editoriale di #infiltrazionisanremesi, ma non siamo ancora partiti per cui risparmio la lingua biforcuta a più in là se ce ne fosse bisogno, dandovi comunque appuntamento al post di bilancio della prima serata. Nel frattempo vi saluto dalla Sala Stampa Lucio Dalla. Stay tuned. E come in un intervista di oggi pomeriggio ha ricordato la Caterina “Sugar” Caselli, “che vinca la musica” Amministratore SKE! Entertainment www.skeproductions.com

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musica Jamese Senese e i Napoli Centrale in concerto al Dejavù di Pozzuoli Appuntamento da non perdere quello del 28 Febbraio alle ore 21.00 al Dejavù di Pozzuoli, sul palco del locale flegreo musicisti d’eccezione per una notte tutta dedicata al “Neapolitan Power”, il Mister Sax Jamese Senese e i suoi Napoli Centrale scalderanno la notte e l’anima con il loro sound inconfondibile. Senese, figlio di quella Napoli multiculturale e multi lingue degli anni 50’ è un autentica leggenda per l’onda energetica e ribelle che nacque a Napoli negli anni 70’. Quel movimento culturale che vide sorgere artisti e musicisti del calibro di : Pino Daniele, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Rino Zurzolo e tanti altri ancora. Da sempre il sax di Senese è simbolo di quella città dove sorse un senso di rivolta e controcultura e divenne nel tempo per la storia della musica italiana fulcro e fucina futura per i numerosi artisti che vediamo oggi. Il sassofonista James Senese fonda i Napoli Centrale nel 1975 ed insieme allo storico batterista Franco Del Prete e agli altri componenti della formazione Mark Harris (piano) e Tony Walmsley (basso e chitarra), incide il primo album omonimo nello stesso anno. Nella loro musica cè tutto Miles Davis, Wayne Shorter e Joe Zawinu mescolati ai temi come l’emigrazione, la povertà e l’emarginazione. Negli anni successivi pubblicano album come Mattanza, con la band protagonista la presistigioso Montreux Pop Festival e poi nel nel 1977 Qualcosa ca nun more dove esordisce uno sconosciuto Pino Daniele al basso. Seguirà poi un periodo di inattività dove Senese pubblicherà album da solista fino ai recenti album Yesceallah e Zitte! Sta venenn’ ‘o mammone, usciti nel 1992 nel 2001. Figura ed espressione di quella napoletanità emigrante e mezzo sangue James Senese nei suoi live è sempre assoluto protagonista, gli assoli del suo sax hanno radici profonde e lontane ci parlano di un America dei primi artisti soul, funky e jazz mescolata ai primi Lp del dopoguerra che si ascoltavano in quella Napoli in cui arrivavano gli americani con la loro musica. Come il tempo non si sia fermato, ogni nota, ogni istante del sax di James Senese è un emozione o un vinile di quella Napoli un po bianco e nero un po’ a colori.

Conquisteremo Marte! Intervista ai KUTSO Non sono certo un fenomeno di passaggio, né vengono fuori da un talent. Il pubblico italiano li conosceva già, con il loro “#PerpetuoTour hanno attraversato quasi tutto lo stivale, club, piazze, palchi importanti come quello del primo maggio, del POSTEPAY ROCK IN ROMA e l’ HITWEEK FESTIVAL di MIAMI, nel corso dei quali si son prestati per l’Opening Act per Caparezza, ed ancora l’HARD ROCK LIVE Roma per i Negramaro, un tour cominciato ormai da un anno e poco più e con oltre 120 date all’attivo nel solo 2014. Sono stati la rivelazione della kermesse di Sanremo, dove in un Festival, in cui c’era massiccia affluenza di partecipanti principalmente provenienti dai talent, i KuTso si distinguevano grazie ad un gavetta più underground rispetto ai loro colleghi. Oltre a piazzarsi al secondo posto del “torneo” dedicato alle Nuove Proposte,hanno vinto il PREMIO ASSOMUSICA, (Ass. Organizzatori & Produttori di Spettacoli Musicali Dal Vivo) proprio per “l’originalità e la capacità di saper emozionare mostrata sul palco dell’Ariston”. Difatti, le varie performance della band romana al Festival non son state per così dire normali. In un’edizione, in cui una delle poche pecche criticate a Conti è stato proprio la comicità offerta nei 5 giorni, i KuTso, son stati quelli che hanno strappato (Rocco Tanica escluso) a Carlo Conti ed al pubblico proprio i sorrisi più spontanei, grazie ai testi assolutamente sbarazzini, irriverenti e sarcastici e un rock fracassone più vicino ai temi da divertentismo da ballare. Uno stile tutto loro, che comprende improbabili e ingegnosi costumi del chitarrista Donatello Giorgi e sempre nuovi balletti irripetibili e non-sense del cantante frontman Matteo Gabbianelli, come quelli messi in scena sul palco sanremese, cantando “ELISA”, l’ode alla donna che vorrebbe godere della vita fino in fondo ma va spronata. Il titolo di un’altra traccia del loro album “MUSICA PER PERSONE SENSIBILI, “Ma quali rockstar”, mi suggerisce inevitabilmente la domanda sui loro programmi, ed ovviamente cosa potevo aspettarmi se non: “Il #PerpetuoTour continua, non siamo affatto sazi, la gavetta non è terminata, Sanremo vuol dir poco, miriamo alla presidenza del consiglio, ma Renzie può star sereno, lasceremo poi presto per conquistare anche Marte. A parte gli scherzi, l’obiettivo è quello di portare un po’ di sana allegria con la nostra musica ovunque….”. Quando si parla di gavetta, il mio pensiero corre a chi, oggi, nella Talentshow Era, fa difficoltà ad emergere. E non posso certamente non chiedere cosa ne pensa a tal proposito Matteo, che è anche titolare del KuTso Noise Home, studio di registrazione dal quale ha visto passare tanti ma tanti colleghi emergenti: “Ci sono davvero tanti che farebbero meglio a capire che FARE MUSICA non fa per loro, dalle idee alla messa in pratica ce ne passa”. Ma un monito ai veri talenti lo fa, consigliando di non disperdersi, di non cercare solo la fama televisiva, di non farsi abbindolare dagli specchietti per le allodole, perchè: “Anche se i grandi canali” stanno soccombendo, oggi c’è molta più possibilità di divulgare le proprie cose, c’è molto più spazio, la gente ci va ai concerti e non solo dei DearJack, …ma anche gruppi appartenenti al mondo Indie, al mondo underground, come “Lo stato sociale”, “I Ministri”, “Luci della centrale elettrica” e tanti tantissimi altri.” La critica li ha anche associati ad Elio e Le storie Tese, ma loro ci tengono a precisare che non si rifanno direttamente a loro, vengono più dal mondo di derivazione punk come musicalità, sicuro invece che come loro “giochiamo ad essere nonsense, sarcastici, sgangherati, disfattisti, ma rispetto a loro siamo più zozzoni.” Ah dimenticavo, usando la “u” all’inglese (= à) non starete bestemmiando, ma almeno li pronuncerete come KuTso si deve!!! VITTORIO ZENARDI

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musica

Jovanotti presenta il suo nuovo disco Il nuovo disco di Jovanotti, “Lorenzo 2015 cc”, esce oggi e contiene trenta nuove canzoni, tra cui il singolo “Sabato”, uscito a dicembre, ed è stato registrato in parte a Cortona – la città di Jovanotti –, in parte a Milano e in parte all’Electric Lady Studios di New York con la collaborazione di MONEY Mark (che ha lavorato con i Beastie Boys), Daru Jones (batterista del gruppo di Jack White) e il tastierista Alex Alessandroni. Alla registrazione del disco hanno partecipato anche il sassofonista e vibrafonista camerunense Manu Dibango (per la canzone “Musica”), il gruppo afrobeat statunitense Antibalas (per “Melagioco”), il chitarrista del Niger Bombino (“Si alza il vento) e il musicista britannico-sudanese Sinkane (“All the people”). “Lorenzo 2015 cc” si può acquistare su iTunes e su Amazon e nei negozi di musica.

Conversazione con Vince Tempera Chi non ricorda o non ha mai canticchiato Ufo Robot, Heidi, o le canzoncine dell’Ape Maia, Daitarn III o Hello Spank? Il compositore è

lo stesso che contribuì ai brani di successo di Lucio Battisti, Mina, Giuni Russo, Francesco Guccini, e la cui colonna sonora per il film “Sette note in nero” fu scelta e ripresa da Quentin Tarantino per il suo “Kill Bill Vol.1 (http://youtu. be/6UXvxQfVazo). Sarà un caso, ma lui, con Mario Lavezzi, Alberto Radium, Bob Callero, Gianni Dall’Aglio, fondò nel 1974 una band rock-progressive, pensate un po’ chiamata “il Volo”. Di chi sto parlando? Ovviamente il Maestro Vince(nzo) Tempera, uno degli storici Direttori d’Orchestra del Festival di Sanremo. Era per cui inevitabile non approfittare della sua amicizia e regalarvi un suo punto di vista su questa 65a edizione e rubargli qualche aneddoto.

Ringraziandoti del tuo tempo, dai ai nostri follower un tuo pensiero sul Festival: “Come tutti i Festival di una volta, si partiva con tante speranze e tante illusioni e qualcuno tornava a casa con le pile nel sacco, come mi accadde nel 1970 quando, chiamato dalla Ricordi, diressi Rocky Roberts, con il brano “Accidenti” di Ricky Gianco, in coppia con il Supergruppo, composto da Ricky Gianco, Victor Sogliano dell’ “Equipe 84”, Mino Di Martino de “I Giganti”, Gianni Dall’Aglio de “I Ribelli” e Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik, che uscì dalla competizione alla prima serata. Nessuno se la prese. La realizzazione di un brano, la partecipazione al Festival la prendevamo come una partita al CASINÒ, nessuno poteva immaginare che quella canzone sarebbe poi diventata un grande successo, che avrebbe fatto guadagnare una barca di soldi. Casinò, POKER, discografici, …si è sempre avuto il sospetto che il vincitore del Festival fosse deciso a tavolino... I complotti avvenivano quando c’era un unico referente, quali Ravera, Aragozzini, … Loro si distribuivano i secondi posti, le vittorie, di anno in anno: un anno toccava alla RCA, l’anno successivo alla Voce del Padrone (“Quando quando quando” di Tony Renis, “Nel sole” di Albano, “Roma nun fa la stupida” di Bruno Martino,… e che poi diventò definitivamente l’etichetta discografica EMI), l’anno ancora dopo magari la C.G.D. (fondata da Teddy Reno, che aveva l’esclusiva italiana del catalogo dell’americana CBS, e che fu prima inglobata dalla Sugar, e poi successivamente nell’88 passata alla Warner Music, che nel 2004 ne ha cancellato l’esistenza ed il logo, assorbendo l’intero catalogo nella sua Atlantic Records). L’importante era comunque esserci, perché poi la discografia fuori era un’altra cosa e tanto per restare in esempi della mia carriera, nel ‘77 condussi l’orchestra per il brano “Vado via” di Drupi, che non fu finalista ma poi ebbe un successo internazionale e tradotta in varie lingue. Il Festival di Sanremo quindi si conferma non essere uno specchio dei gusti musicali degli italiani Sento in tanti pontificare i desideri del pubblico sulle scelte dei brani in gara nella kermesse, ma in realtà è tutta una stupidaggine, si fa un brano, si sceglie di proporlo, c’è una gara, e il voto è sovrano, poi magari accade che dopo il Festival un brano scala la classifica o resta in cima per più tempo su altri, o se ne innamora qualche regista o radio all’estero o l’inserisce in un suo film o lo passa alla radio, e si innesca un meccanismo a catena, che porta ad esser più diffuso di altri, ma all’inizio non è altro che un gioco d’azzardo, in cui si investe ed è normale che non è piacevole perdere, ma non saprai mai se ti alzerai dal tavolo con le tasche vuote o colme. Si è parlato di questa edizione come il Festival dei Talent, per la presenza di numerosi artisti, provenienti dai talent show, Chiara Galiazzo (2012) e Lorenzo Fragola (2014) da X-Factor, Annalisa, Moreno, Dear Jack, ed anche Enrico Nigiotti Amici di Maria De Filippi… …prendi dei ragazzi, con un bel faccino, che suonano decentemente, con delle canzoni ai tempi attuale, alla moda, li sottoponi alla sovraesposizione mediatica, ed il gioco è fatto. E poi hai quegli artisti di talent, che dismessi i panni dei concorrenti del formato scompaiono, un po’ come i politici, che hanno bisogno dei talk-show per sopravvivere, o dopo due mesi ce li si scorda. In altre parole, la De Filippi ha ripreso il vecchio Cantagiro, strutturandolo all’interno di uno studio televisivo, visto che è poi la televisione a girare nelle case degli italiani…anche nel Cantagiro c’erano le sfide, e poi le finali. Ritorniamo alle canzoni di questa edizione Ho sentito sì arrangiamenti fatti bene, per carità, ma manca assolutamente in genere nella musica italiana di oggi, ma manca quel mood nel sound, nello stile, che la rende più o meno piatta, tutta uguale, sia che tu faccia rock o una canzone d’amore, con i violini. Sicuramente mi han colpito Nek, Masini, Raf, perché loro scrivono le loro canzoni. Una grande canzone d’amore quella di Raf, che ha pagato il suo problema di salute, al momento della gara, un po’ come mi successe nel ’90, quando Nino Buonocore presentò a Sanremo “Scrivimi”, fu colpito da placche alla gola e polmonite, e fui costretto ad abbassare la tonalità di 3 toni, ma non ci riuscì lo stesso, un grande brano che poi fu ripreso successivamente dalla Pausini e da Mango. Dicono che la musica è in crisi per colpa dei talent? Mmmh no, per colpa del digitale. Spero che ritorni la passione per la musica, quella che ti spinge a fare km per comprare dischi in versione fisica o a vedere l’artista preferito ai suoi concerti, perché ha un gusto differente che vederli da uno schermo anche se di 60” e con impianto audio DolbySurround. Un saluto ai nostri lettori? Assolutamente riempite le vostre vite di musica. Ciao Amministratore SKE! Entertainment www.skeproductions.com

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musica

Sanremo: verso la finale Sanremo: a riflettori spenti Perché Sanremo è Sanremo recitava quell’ormai vecchio slogan di epoca Baudiana. Lo slogan incombe anche su Carlo Conti, perché al Festival può accadere di tutto e anche la sua ottima fluida conduzione, non ne vien fuori immune; pare contagiata da Hal9000, come in 2001 Odissea nello spazio, come nel film di Kubrick, seppur per pochi minuti quando il sistema di inserimento dei nomi e codici degli artisti in gara scambia il codice 02 affidato quella sera a Nina Zilli con la seconda posizione che era di Nek, creando un po’ di scompiglio anche nello stesso Conti. L’informatica pare sia stata la spina nel fianco, perché ha creato anche qualche protesta riguardo al televoto, spesso rifiutato anche prima che il presentatore lo chiudesse, ma anche in questo caso Pagnoncelli (IPSOS) e Giancarlo Leone (Dir. Gen. Rai1) spiegano il problema, e ne viene fuori che fossero arrivati quei voti non solo non avrebbero mosso la classifica, ma addirittura avrebbero aumentato le distanze tra i 3, e ciò dimostra quanto reale successo abbia avuto questa edizione “della restaurazione” del Festival, per l’enorme seguito, considerando lo SHARE costante sul 50% e più fino all’ultima sera e l’alto numero dei televotanti. Inviterei gli agnostici a rassegnarsi, e smettere con queste tesi di complotto. La classifica e i voti son quelli, e poco c’entrano le tattiche discografiche di spartizione della torta. La realtà del mercato discografico era completamente rappresentata, non solo dalle sorelle maggiori. E tutte hanno vinto, chi più chi meno in termini di visibilità. Ovviamente parlo delle canzoni e dei loro interpreti In tutti i casi, dobbiamo ricordare che non si può pretendere qualcos’altro di diverso dal FESTIVAL DI SANREMO che per natura è NAZIONALPOPOLARE, canzonette orecchiabili, qualche ottimo prodotto cantautorale, ma sempre fatti nella direzione del pubblico a cui si riferisce. E se poi si chiedeva al Festival perlomeno di non perdere o disperdere i SOLDI pubblici, è stato fatto, non solo chiudendo in attivo, ma aumentando di parecchio gli introiti pubblicitari. #BASTACRITICAREAPRESCINDERE #POTEVATECAMBIARECANALE Ha ragione Gianluca Ginoble, se ha vinto “il Volo” è perché l’abbiam votato noi, più dei DearJack, più di Nek, più di Malika Ayane, più di Annalisa e Masini e tutti gli altri. Vivivamo in un paese in cui chi ha successo è oggetto di invidia e critiche più per invidia. Certamente vivremo l’orgoglio e la speranza di farci rappresentare degnamente all’Eurovision Song Contest 2015 da questi ragazzi, che già godono di un grande seguito a livello mondiale, e potrebbero regalarci la vittoria, riportando la musica leggera italiana in un ambiente di gusti così naif come quello straniero, e regalandoci la terza vittoria dopo quella di Gigliola Cinquetti nel ’64 o quella di Toto Cutugno nel ’90.

L’inizio della fine si è decisa nella serata del venerdì. Carlo Conti lo promette e apre dedicandosi alle ultime battle tra i 4 rimasti in gara, in un doppio scontro fratricida, che il sorteggio vuole che oppongano energia e delicatezza, nel caso di Nigiotti e Caccamo, come della delicatezza di Amara contro la sprizzante simpatica follia dei Kutso. I vincitori delle rispettive sfide, Giovanni Caccamo e Kutso, si aggiudicheranno la battaglia finalissima e i dubbi cominciano ad assalire, che forse, qualcosa dall’idea iniziale, potrebbe.. dico potrebbe far saltare gli schemi. ma la scoperta avverrà solo più in là. Assolutamente da sottolineare che tutti e 4 hanno un grande brano, e tutti e 4 hanno delle grandi qualità importanti, e non scompariranno presto. A questo punto, tra un inutile comparsata del Mr. Antonio Conte (voglio sperare che non sia stato pure pagato) e di Virginia “Vanoni” Raffaeli, che, boh, a questo punto mi sento di suggerire a Carlo di cambiare autori o amici, non si riesce davvero a ridere, sarebbe meglio ascoltare i campioni. E allora, giù, la scaletta scorre mostrando più o meno quel che già si era visto nelle prime due serate, ma con un sicuro miglioramento ci parecchi che avevan toppato la prima. E allora le eliminazioni vedono Biggio&Mandelli, Tatangelo, Lara Fabian, che inspiegabilmente ha cantato in falsetto quando non ne avrebbe affatto bisogno e il brano non lo richiedeva, ed uno sfortunatissimo Raf. Degna di nota invece è stata la bella storia del recupero del duo Di Michele - Plati, dopo un’esibizione ancora più intensa dell’esordio e che ha valorizzato ancor più quello straordinario testo. E poi ancora, la sfida finalissima dei giovani che contrappone gli esuberanti e colorati Kutso e il talentoso cantautore Giovanni Caccamo, che al momento del verdetto quasi gli piglia un infarto per la paura di perdere realmente la sfida, dimostrando appunto che nulla era scontato. la vittoria di Giovanni Caccamo mostra solo una cosa, la bontà e la qualità del nuovo progetto di casaSugar. Stop alle tesi complottiste che portano a pensare che chi vince compra. Se avessero vinto i Kutso, avrebbero fatto lo stesso confermando le accuse a Suraci. #‎onoreaivinti‬ ‪#‎onoreaiKutso‬ ‪#‎onoreaNigiotti‬ ‪#‎onoreadAmara‬‪#‎onoreaRakele‬ ‪#‎onoreaChanty‬ ‪#‎onoreaKaligola‬ ‪#‎onoreaSerenaBrancale‬. Spetta a voi muovere la musica e non abbandonare questi ragazzi.

Dandovi appuntamento alla prossima edizione, io vi auguro #BUONAMUSICA, con un suggerimento, ascoltatela tutta, e non giudicatela mai. Amministratore SKE! Entertainment www.skeproductions.com

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musica Sanremo: a volte ritornano

Sanremo: le amichevoli Una volta il Festival si fermava per un giorno, forse per far riposare le ugole o forse per studiare meglio le graduatorie. Da quest’anno Carlo Conti ha introdotto le amichevoli, un po’ come i trofei prima dell’inizio della stagione calcistica vera e propria, quelli che se li vinci, finisci, alcuni per esser candidato alla vittoria del Campionato, o altri per attirarti la classica figa da statistica della coppa di consolazione. Un po’ la formula è quella, 5 gironi da 4, in sfida su cover, i brani più classici della storia della canzone italiana, quelli, che se sbagli ad interpretare pure quelli, ormai stai con un piede nella fossa perché ti attiri la più feroce delle critiche per aver dissacrato un mito. E allora succede che la serata porta Nek, i Dear Jack, Moreno, Masini, e il Volo a vincere la fase preliminare, facendo già capire che qualcosa cambierà nella gara reale, quando il televoto comincerà a pesare sulle classifiche, perché da domani si cambia, il regolamento parla chiaro, e oltre alla commissione artistica che subentra a quello della sala stampa, ci sarà il ritorno della giuria demoscopica. E allora il pensiero vien fuori naturale che un agguerrito Moreno, che aveva però un arrangiamento che suonava più lontano dal suo consueto stile ma più vicino a quello di Giuliano Palma, potrebbe realmente minare i voti dei comunque acclamatissimi Dear Jack; e che un gran Nek in gran forma e un Masini che ricorda a tutti che non è un cantante finito e che il pubblico lo ama ancora moltissimo, sono sicuramente lassù, a lottare perlomeno per un posto sul podio e non cederanno nemmeno di una nota falsa. Ma durante le fasi preliminari a prescindere dai 5 che poi andranno al televoto finale, già si può cominciare ad azzardare qualcosa, per le serate successive, e che a questo metà percorso, si possono già contare soprattutto i vivi e i morti, ovvero quelli che vedremo tra i 16 sabato sera per le finalissime del campionato, quello vero della gloria! Potremo vivere emozioni di brani magistralmente eseguiti, come accade con i Dear Jack che ricordano Endrigo, suscitando anche i complimenti della moglie del compianto Sergio, fatto via sms al collega di SalaStampa, Marco Mori di RiservaSonora, e quelle di dispiaceri nel vedere rovinato “Ciao Amore Ciao” dalla Bianca Atzei (perché Suraci & il suo staff si son lasciati trasportare in questo delirio, dopo che lei lo aveva già eseguito nello stesso modo, pessimo, il brano in uno show-case neanche un mese fa). E’ questo il modo di fare milioni di visualizzazioni sul web e magari poi bruciare una giovane artista che ha da fare ancora tanta, tanta gavetta? Questa è mancanza di rispetto per la Musica, diamine. Grignani, Tatangelo, Grandi, Zilli, Malika Ayane, Britti, Fragola (guarito dalla sinusite cronica, o semplicemente con una delle sue cover preferite) Annalisa, Lara Fabian, Chiara, fanno bene ma non spiccano nelle OPERAZIONI di voto. Effettivamente andava premiato assolutamente l’esordio di Mauro Coruzzi in versione Platinette, che con la sua compagna di viaggio offre una stupenda versione di Alghero di Giuni Russo, che le sarebbe sicuramente molto piaciuta. Da dimenticare ahimè assolutamente un RAF che con “Rose rosse” di Massimo Ranieri mostra al pubblico che potrebbe trattarsi di un problema molto più serio di un semplice mal di gola. #Biggio&Mandellichi? ...e per riassumere il tabellone questo PREMIO speciale, appunto il fiore cover, andato a Nek, che riesce ad imporsi sui tre tenorini e su Masini, relegando in fondo DearJack e Moreno. La seconda parte della gara dei giovani, che stasera si contederanno il PREMIO più ambito. Ho avuto modo di conoscere tutti loro, e allora il sorteggio che vede contro Caccamo contro la più completa Serena Brancale, vede il trionfo del siciliano, a mio parere non equilibrato. Non c’è alcun paragone da fare, ma Renzo Rubino stava più naturalmente a suo agio con il pianoforte mettendosi in intimità anche con milioni di spettatori. Chi lo avrà votato con un margine così enorme? La seconda sfida? Assolutamente e senza dubbio quella che ha coinvolto social, pubblico, stampa e addetti ai lavori su “la ragazza con il turbante” che sicuramente è molto più matura della 19enne bravissima Rakele, di cui sentiremo prestissimo parlare. Ma domani sarà ancora finalissima e finalina, e vedremo.. A noi interessa la musica, lo show comico ormai ancora fuori luogo, stavolta di due campioni come Luca&Paolo non lo prenderò nemmeno in considerazione. Gli Spandau Ballet? Firmiamo per altri 20anni così di Tony Hadley e soci. Amministratore SKE! Entertainment www.skeproductions.com

Sì, esatto a volte ritornano, questo è davvero il Festival dei grandi ritorni. Ma procediamo con ordine. L’inizio della serata è davvero molto flash, e non mi sbagliavo quando parlavo di schema di tornei di calcetto per i giovani, ma qui se la sono giocata proprio ai calci di rigore. Come se in 3 minuti i nostri giovani talenti, che già fan fatica ad emergere e trovare spazio, dovessero giocarsi la già breve carriera con un “one-shot”. E allora Kaligola e Chanty soccombono in un attimo ai variopinti Kutso e all’energico e rigenerato Enrico Nigiotti, contro i quali davvero non c’era nulla da fare, per il dinamismo e l’esperienza di palco di entrambi i vincitori. Si parte subito con la seconda parte dedicata ai Big, e stasera davvero ce ne son di seri, Nina Zilli, sempre magica e serena con la voglia di portare la sua musica e le sue influenze musicali al pubblico. Peccato che il brano da lei presentato avesse qualche sonorità così nota come un grande successo di James Brown. E poi l’emozionato Marco Masini, letteralmente da pelledoca, e una senza pari Irene Grandi, pare rientrata dalla sua vacanza di una vita e pronta per la seconda fase della sua carriera, e quindi ancora dopo 24 anni RAF, in non fantastiche condizioni di salute, che portano dei bellissimi brani, di cui però non penso, salvo sorprese straordinarie saranno candidati alla vittoria, ma sicuramente avremo fino all’ultimo in gara. Il primo superospite è il più che mai afono Biagio Antonacci, che non riesce a doppiare però il successone del suo predecessore Tiziano della sera prima, e riuscendo nemmeno a dare l’emozione che serviva per il ricordo tributo a Pino Daniele, come incolore è il successivo tributo a Pino Mango, con un balletto della valletta-ballerina Rocìo Munoz Morales, sulle note di “Lei verrà”. La standing ovation invece l’hanno ricevuta i tre ormai cresciuti ragazzini de “Il Volo”, che con una straordinaria canzone fortemente sanremese, e che nella loro fase delicata di carriera già al massimo per la loro età, assolutamente incastonati in questo Festival, perché a mio parere loro avevan certo, come ogni artista di aggiungere il Festival al loro palmares, ma anche e soprattutto il Festival aveva bisogno di loro per tornare a far suonare la musica italiana all’estero (non dimentichiamoci che chi vince va a rappresentare l’Italia all’ Eurovision Song Contest, del resto rappresentato come manifestazione ieri sul palco dell’Ariston proprio dall’ultima vincitrice, l’ “istrionica” Conchita Wurst). L’altro giovanissimo prodotto da Talent, Lorenzo Fragola, agli addetti ai lavori si presenta quasi come il ricordo del Lorenzo in felpa blu, fresco vincitore di X-Factor, e idolo delle ragazzine, quasi cantasse con la sinusite cronica. Ultimo, Moreno, senza paura, sale sul palco aggredendolo con maturità stupefacente, e mettendosi in gioco.. e siamo sicuri che ruberà voti ai suoi colleghi DearJack e Fragola, Annalisa, Atzei. Esatto non l’avevo dimenticata, ma solo lasciata per ultimo perché questo strano oggetto del mistero da milioni di visualizzazioni che puzzano più di MARKETING che di fan reali, non riesce a convincere ma mostra di dover dover fare tanta tanta gavetta, e soprattutto cambiare vocale coach. Quindi sicuramente non è bastato l’ennesimo brano fornito da Silvestre dei Modà. Biggio&Mandelli? Hanno già vinto e saranno certamente, loro che da MTV conoscono bene le regole dell’entertainment, prodotti virali post-Sanremo in suonerie e app per smartphone.

Un gran voto lo dò invece a Carlo Conti.. 7 e mezzo. Il Festival di Sanremo aveva bisogno della sua conduzione pulita e lineare e senza polemiche. E lontana dalla politica.

Sanremo fra palco e realtà Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e così tra palco e realtà, giusto per citare Luciano Ligabue, più volte tirato in ballo da Carlo Conti durante le conferenze stampa. E infatti non si può di certo dire “buona la prima”, che seppur abbia avuto un ottimo 49,34% di SHARE con quasi 12 milioni di spettatori, qualche inciampo c’è stato, ma causato principalmente dalla musica in gara, o per essere più precisi dagli artisti che le hanno presentate.

Diciamo pure che l’inizio è stato disastroso, Chiara Galiazzo, Grignani, Malika Ayane, traditi dalla tensione, Grignani e Alex Britti, salvato quest’ultimo dalle corde della sua chitarra, ma non abbastanza per il televoto. Il superospite TIZIANO FERRO riesce a far rialzare l’asticella, mettendo tutti d’accordo, pubblico in sala, pubblico a casa, testimoniata dai vari social, e le due sale stampa, che lo applaudono, cantano coralmente la straordinarietà di questo campione di eccellenza della musica italiana, apprezzato ovunque sul globo, che in maniera magistrale si emoziona ed emoziona, si inchina sul palco ed è doppia standing ovation, al punto che sembra doveroso continuare a ringraziare per sempre la coppia Alberto Salerno - Mara Maionchi per aver scoperto e donato il suo talento al pubblico italiano ed internazionale di chi ama seriamente la musica. Prima di tornare alla gara, una parentesi voglio dedicarla alle 3 donne: la spagnola Rocìo non riesce nel suo intento di suscitare la sua simpatia, e ogni volta era un “ritenta sarai più fortunata”, al punto che Conti ogni volta corre ai ripari annunciando la canzone successiva, al contrario Arisa anche se emozionata tiene bene il ruolo di valletta, che impacciata, mostra di conoscere i tempi televisivi, vista la sua precedenza esperienza ad X-Factor. Emma in versione principesca, inizialmente tesa, viene fuori nelle uscite successive, un buon 6 e mezzo lo meritano. Ritornando alla gara, non è andata meglio ai DearJack, che sbagliano proprio tutto, voglio sperare perché colti dalla tensione della prima, ma salvati dal televoto delle giovanissime fans. Lo show offre anche lezioni di stile canoro e non è un ospite, né tantomeno un artista in gara, ma la straniera concorrente, la Lara Fabian, quella di Adagio per intenderci, che seppur con un brano non tra i migliori della sua carriera, canta dritto e non fa una sbavatura, in una lingua madre che ovviamente non è la sua. Ma come nella stragrande maggioranza dei casi il pop-pubblico italico non apprezza e boccia spendendola tra quelli a rischio eliminazione. Un po’ dubbioso mi lascia il tanto atteso ritorno di Albano e Romina, emozionante specie per lei, e che ha dato addirittura un supporto agli operatori di ripresa, che fino ad allora non eran stati certo perfetti in molte inquadrature e movimenti, andandosi a cercare le telecamere, come una rockstar navigata, mentre infelice è stato il tentativo goffo di Albano di eseguire delle flessioni imbarazzanti in modalità “guarda come dondolo” e con il rischio di restare lì bloccato. Fortunatamente, la sua voce ancora regge! Pollice verso per Nesli e per la strana bella coppia Di Michele - Coruzzi, sguardi teneri come la canzone “Io sono una finestra”, un testo magnifico, una poesia stupenda, effettivamente se non fosse passata per il palcoscenico del Festival avrebbe rischiato un tremendo flop editoriale. Chi invece vola nella prima serata, è Annalisa, tra le candidate, da settimane alla vittoria finale, alla vittoria, alla sua terza partecipazione, e che con Nek, anche lui impeccabile, nell’esecuzione e con un bel brano, compone la coppia d’assi calata dalla Warner Music, che potrebbe fare uno sgambetto alla super rappresentata Sony. La vitalità dell’ospitata degli Imagine Dragons a fine gara, fatta per tenere fino alla fine incollati i giovanissimi, vien subito spenta da incomprensibili imitazioni, tanto che anche in sala stampa si leggeva un BOH! stampato sulla fronte di tutti. Per cui, sentitamente chiudo il bilancio della prima serata con un pensiero dedicato a te, Carlo Conti, continui a dichiarare che ti diverti, ma fai divertire anche noi, perché il monologo di Siani …. bah, lasciamo perdere, molte delle battute ispirate o copiate da molti suoi colleghi cabarettisti campani (lo sketch sulla Salerno-Reggio Calabria era la brutta copia di quella del suo collega Simone Schettino), a parte che avrebbe fatto meglio a darsi una lavata di capelli in ALBERGO prima di arrivare all’Ariston. Per chi vien considerato l’erede di Troisi, ci aspettavamo altro. Sicuramente invece degno di nota il suo gesto di donare l’intero compenso per la sua apparizione a chi ne ha più bisogno. Vediamo se si recupera stasera? Viste le voci di corridoio ho qualche perplessità, perchè pare ci sia qualche trashata in vista poco felice. STAY TUNED

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up...puntamenti

Vittorio Zenardi

“Fiori violenti: fototropismo verso la forma” di Mattia Bosco. La programmazione di Atipografia, all’insegna del “non visibile”, prosegue da sabato 21 marzo con l’inaugurazione della mostra “Fiori violenti: fototropismo verso la forma” di Mattia Bosco. Dopo Tunnel City, di Andrea Bianconi, e le Coordinate Invisibili, tracciate da Carlo Bernardini negli spazi del nuovo centro per l’arte contemporanea, ricavato da un’antica e affascinante tipografia di fine Ottocento, nel centro di Arzignano, Mattia Bosco sonderà, con la propria esperienza e sensibilità, il tema scelto dai due fondatori Elena Dal Molin e Andrea Bianconi, come linea guida di questa prima stagione. La mostra scultorea, a cura di Elena Dal Molin, nasce da un’operazione di recupero di alberi abbattuti all’interno del territorio del Comune di Arzignano, già sostenitore di Atipografia. Un progetto espositivo che si inserisce perfettamente nel solco tracciato dalle mostre che lo hanno preceduto e che si sono sempre distinte per il loro carattere site specific. Atipografia, infatti, è un vero e proprio laboratorio, che si pone come stimolo e sfida per l’artista. Mattia Bosco si cimenterà con i grandi temi della forma e della materia, assoluti protagonisti di questa mostra, nel tentativo di riscontrare una continuità o un contrasto tra la tangibilità delle cose e la nostra stessa corporeità. Il materiale principe di questa avvolgente installazione site specific, sarà il legno. Una foresta di tronchi e fusti, che paiono quasi resti di un colonnato greco, come evocato da Disordine corinzio, una delle opere del percorso, andrà a ricreare all’interno delle antiche sale della tipografia una cattedrale di ossa vegetali, così come le intende Mattia Bosco, “ultimi fiori” che si dischiudono con un gesto violento, quello dello spezzare, mostrando tutto il proprio intimo mistero fatto di luce accumulata da queste travi nel corso degli anni. Le linee spezzate e chiuse formano dei triangoli, un simbolo sacro nato da un atto di forza compiuto dall’artista sul legno stesso, liberando la luminosità in esso contenuta e svelando così il “non visibile”, la vita che si cela all’interno degli alberi. Come ben ci ricorda Mattia Bosco <<Gli alberi seguono una legge precisa secondo la quale si sviluppano in infiniti modi, ma tutti sono ancorati al suolo, non si può dare un albero senza radici, l’albero è sviluppo verticale a partire da un punto, non può muoversi da lì se non ramificandosi, bilanciando i rami che cercano la luce con quelli che sono nel buio della terra>>. Questo fenomeno è descritto dalla scienza proprio come “Fototropismo” che, prendendo in prestito le parole del grande matematico, filosofo e scienziato Charles Sanders Peirce, si può poeticamente riassumere come <<un ultimo slancio del legno, come materia viva, slancio cui corrisponde l’uomo con il suo fototropismo verso la verità>>, un istinto innato dunque, che coinvolge anche la natura umana. Quattro sono le giovani voci di spicco del panorama letterario che sono state invitate dalla curatrice Elena Dal Molin a raccontare le opere di Mattia Bosco: Benedetta Tobagi, giornalista, scrittrice e membro del CdA Rai, Orazio Labbate, autore di Lo Scuru, candidato al Premio Campiello 2015, Maurizio Torchio, autore del romanzo Cattivi, e Alcide Pierantozzi, già autore di Uno in diviso, L’uomo e il suo amore e, prossimamente, in uscita con Tutte le strade portano a noi. Insieme a loro, l’ormai preziosa e amichevole presenza del critico Luigi Meneghelli che, anche in quest’occasione, porterà un proprio contributo alla lettura delle opere di Bosco. L’evento espositivo sarà inoltre occasione per presentare un progetto di intervento permanente, pensato ad hoc per la struttura della sede di Atipografia, per cui l’artista ha scelto di utilizzare un altro pregiatissimo elemento naturale: il marmo. Questa pietra andrà, infatti, a modificare l’ampia terrazza della sede di Atipografia attraverso un lavoro di work in progress che si svilupperà durante tutto il periodo della mostra e oltre, per il quale l’Associazione sta attualmente raccogliendo fondi. Se per Brancusi “la scultura è acqua”, per Mattia Bosco il gesto compiuto dall’artista che lavora la materia assume anche una fondamentale e imprescindibile componente temporale. La pietra, che conserva su di sé il passaggio di ogni singolo istante, si rivela agli occhi dell’artista come “tempo allo stato solido”, un libro dalle pagine sedimentate. Secondo l’artista la scultura diventa dunque <<un modo di affrontare questa chiusura, di dissigillare il mondo, di scalfire la sua carne, di tentare una riscrittura là dove non possiamo leggere. Si scrive per cercare di leggere, di decifrare>>. Ed ecco che il tempo dell’uomo scultore si sovrascrive a quello della pietra, che lo accoglie, conservando però intatta dentro di sé la memoria storica del mondo: <<Il tempo passato, il tempo presente, il tempo futuro: la pietra, l’uomo, il robot. Questi sono gli scalpelli che uso>>. L’opera proposta da Bosco, dunque, vuole proprio insistere su questo paragone tra gesto dello scultore e movimento dell’acqua che lambisce la pietra: come quest’ultima imprime ad essa la sua forma eterna, mantenendo così la propria presenza anche quando sarà completamente evaporata, così il segno di ciò che ha lavorato, come l’acqua, sarà sempre visibile, anche in assenza di chi l’ha compiuto. L’artista milanese, inoltre, sarà prossimamente protagonista di un grande appuntamento di rilievo che lo vedrà impegnato a Basilea, al Museo Tinguely, in occasione di Art Basel, per un progetto a quattro mani con Aaron Mirza, vincitore del Leone d’Argento alla 54. Biennale di Venezia. BIOGRAFIA ARTISTA: Nato nel 1976 a Milano in una famiglia di pittori, Mattia Bosco arriva alla Scultura in seguito a un corso di studi in Filosofia. Nella sua pratica scultorea parte da una considerazione della materia come già portatrice di forme e di possibilità. La forma diventa un’occasione di ripensare le potenzialità di un materiale, sia che si ponga in continuità o in contrasto rispetto ad esso. Allo stesso modo la scultura è occasione per ripensare il nostro rapporto con le cose e con la nostra corporeità stessa. INFORMAZIONI UTILI Inaugurazione: sabato 21 marzo, ore 18.30 - 22.00 MATTIA BOSCO | Fiori violenti: fototropismo verso la forma Atipografia Associazione Culturale Arzignano (VI) Piazza Campo Marzio, 26

Mostra temporanea: dal 21/03 al 23/05 Orari di apertura: da mercoledì a domenica - dalle 15 alle 20 lunedì e martedì su appuntamento. Ingresso con tessera associativa con validità annuale al costo 5 euro.

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formazione e lavoro

Scuola e lavoro sempre più distanti in Italia Scuola e lavoro sempre più distanti nel nostro paese: una ricerca dell’OCSE sottolinea che sono in pochissimi quelli a trovare lavoro dopo la laurea, ancora meno quelli che riescono a lavorare nell’ambito in cui si sono laureati. Ma non solo: l’Università sta perdendo sempre più appeal tra i giovani che, demoralizzati dalle notizie sulla crisi lavorativa, sempre più spesso decidono di non continuare gli studi dopo il diploma. Stando al rapporto intermedio Education at a Glance dell’OCSE in media sono il 5,3% i laureati senza lavoro, contro il 13,7% di chi non ha un diploma. In Italia, invece, la percentuale aumenta al 16% per chi è uscito dall’Università con il famoso “pezzo di carta”. La vera novità di questa ricerca è, però, rappresentata da un altro primato, non troppo lusinghiero, detenuto dal Belpaese: la generazione NEET (Not in Education, Employment or Training). In parole povere, non c’è crisi solo sul lavoro ma anche nella formazione perchè molti giovani non hanno i requisiti necessari per accedere al mercato del lavoro: un giovane ogni sei tra i 25 e i 34 anni nei paesi OCSE non ha le capacità considerate essenziali per interagire nella società attuale. La colpa, in parte, è da attribuire alle riforme sulla scuola che faticano a incidere sulla formazione, oltre a quelle che rimangono sulla carta senza poterne nemmeno valutare i relativi benefici. Nel confronto internazionale, inoltre, l’Italia ha la propensione maggiore al fenomeno delladispersione e la minore esposizione al lavoro. La cosa strana in ogni caso è il fatto che nei paesi OCSE in realtà oltre il 12% della spesa pubblica è destinata all’istruzione: una cifra tutt’altro che bassa, si può affermare con certezza che almeno su carta i risultati della formazione dei giovani d’oggi dovrebbero essere ottimi e che scuole e Università dovrebbero essere in grado di fornire un’educazione più che adeguata. Cos’è che porta quindi l’Italia ad avere un cosi alto numero di NEET e perchè queste differenze cosi ampie rispetto agli paesi? Secondo la ricerca la risposta è semplice: benchè la percentuali di finanziamenti volti all’istruzione sia più o meno la stessa in tutti i paesi OCSE, la differenza sostanziale sta nel modo in cui questi vengono spesi. L’Italia dovrebbe guardare con più attenzione ai suoi vicini e come quindi gli altri paesi hanno risposto e continuano a rispondere a sfide condivise, che siano per i giovani e per la loro crescita, puntando sul loro futuro per uscire da questo triste primato.

Gianluca Migliozzi

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salute Desideriamo perché ci mancano le stelle di

VIttorio Zenardi

Intervista a Teresa Burzigotti life Coach sul film “Le leggi del desiderio” È uscito nei cinema l’ultimo film di Silvio Muccino “Le leggi del desiderio”, dopo quattro anni il ritorno dell’attore come sceneggiatore, regista e interprete principale insieme a Nicole Grimaudo, Carla Signori e Maurizio Mattioli. Il protagonista, Giovanni Canton (Silvio Muccino), è un life coach e trainer motivazionale un po’ profeta e un po’ cialtrone che scrive libri e organizza seminari con lo scopo di insegnare alle persone a realizzare i propri desideri. Contestualmente all’uscita del film imperversa nel web la polemica fra i fratelli Muccino. Gabriele accusa Silvio nei social network di essere plagiato dalla scrittrice e collaboratrice Carla Evangelista. Silvio replica che il fratello ha reso pubbliche delle questioni di famiglia, come “in una specie di triste reality show”. Ne parliamo con la Coach Professionista Teresa Burzigotti, specializzata in coaching emozionale. Teresa cosa ne pensi di questa improvvisa attenzione sulla figura del Coach? “Potrei rispondere: bene o male basta che se ne parli! È la legge dello showbusiness, giusto? Alcuni colleghi sono indignati per il modo in cui, un mezzo così potente come il cinema mette in luce la figura del Coach. Io credo che abbia senso ricordarsi sempre che questa è solo un’interpretazione. Nel cinema s’intrecciano mondi e modi diversi di rappresentare personaggi e ruoli e, tutti sinergicamente concertati, attori, registi, tecnici, musica e fotografia, raggiungono un risultato più o meno felice, più o meno universalmente riconosciuto, più o meno profondo. Mi sembra che l’intenzione del regista fosse di creare una commedia tipo americana, stile anni 50 e 60, romantica e ironica, e probabilmente c’è riuscito. D’altra parte ci sono state al cinema interpretazioni ironiche di medici, scienziati, politici e mi sembra che questo non abbia mai fatto male alla categoria rappresentata. Il cinema è spettacolo. Ha senso, non ti sembra? Inoltre credo che questo abbia poco a che fare con la questione di chi sia effettivamente un life coach. Personalmente non ho mai incontrato un life coach che parla, si muove, pensa e agisce e porta i capelli come il personaggio Giovanni Canton, fino ad ora. Ma chissà, forse a qualcuno potrebbe sembrare verosimile e anche piacere.” A questo proposito, visto dalla tua prospettiva, chi è e cosa fa un life coach? “Il life coach è prima di tutto un professionista che lavora con le persone per affiancarle a raggiungere i loro obiettivi, che le motiva a esprimere i loro talenti e usare le loro capacità e le incoraggia a fare tutto questo divertendosi e godendosi la vita. Il life coach lavora su una base metodologica comprovata. In Italia si tratta principalmente di Programmazione Neurolinguistica (PNL), cioè un approccio alla comunicazione, allo sviluppo personale e alla psicoterapia, elaborato in California negli anni 70. La mia formazione in PNL è avvenuta in Italia. Negli ultimi sette anni ho conseguito tre altre specializzazioni in Germania, nel coaching emozionale. In questo Paese, che frequento assiduamente per motivi privati e professionali, il coaching è ampiamente diffuso e ben organizzato ed era già praticato molto prima che lo fosse da noi qui.” Condividi quindi l’idea che questa professione sia diventata attuale con la crisi? “Il coaching è uno strumento efficacissimo per gestire e superare la crisi. Ogni crisi, ogni cambiamento grande o piccolo che sia, destabilizza l’essere umano che tende ad adagiarsi nel comfort. Il coaching ci risveglia e ci aiuta a raggiungere la condizione mentale emozionale ideale per gestire le sfide. Uno dei nostri principi è quello che la crescita si trova fuori dalla zona di comfort. Un concetto tanto semplice quanto dimenticato. Le persone desiderano ciò che non possiedono, e poi quando raggiungono l’obiettivo si dimenticano di come sono arrivate fin lì. Penso che sia tuttavia riduttivo pensare al coach come ad una figura emersa dalla crisi. Sarebbe un’interpretazione psicologica superficiale e antiquata, quanto lo è l’idea che per star bene bisogna stare male. Inoltre questo sarebbe un concetto privativo che nega una qualità che gli essere umani possiedono: quella di vedere se stessi, la propria grandezza e la propria luce, attraverso i propri desideri. E il Coach lavora in questa straordinaria dimensione. La trappola della cosiddetta crisi è questa: le persone, per paura della minaccia, sostituiscono il desiderio del “meglio” con quello del “meno peggio” e di fronte alle disgrazie condivise si consolano. E pensa che il sostantivo desiderio ha come radice latina la parola sidus, sideris cioè stella. Bramare le stelle negli antichi riti propiziatori era desiderare. E quali sono le stelle che brillano nei nostri cieli, oggi.” Muccino dichiara di essersi ispirato per il suo Giovanni Canton a TONY ROBBINS un famoso Coach e Trainer americano. Lei lo conosce? “Silvio Muccino descrive il suo personaggio come “un po’ profeta e un po’ cialtrone”. Ecco, qui non capisco più a chi si sia effettivamente ispirato. Non frequento i corsi di Robbins, ho letto i suoi libri, ho visto qualche video, alcuni dei miei stimati insegnanti e colleghi fanno parte del suo gruppo. Io preferisco un altro approccio a quello di Robbins, altre scuole. Tuttavia rispetto e ammiro moltissimo questo straordinario trainer e ritengo che sia fra i migliori esistenti e attivi a livello internazionale. TONY ROBBINS ha ispirato e continuerà a ispirare milioni di persone a migliorare la propria vita. Si può dire altrettanto di pochi altri.” Come ultima domanda, cosa ne pensi della polemica dei fratelli Muccino che imperversa nel web? Alcuni dicono che le lotte tra fratelli sono addirittura bibliche, cosa ne pensa la Coach? “Non ho mai fatto di un caso un principio. Ognuno ha le sue motivazioni particolari e specifiche. Spesso neanche gli stessi litiganti ne sono completamente consapevoli. Lavoro con manager, direttori del personale, politici e artisti, alla riduzione dello stress da sovraesposizione al pubblico. Ritengo, dunque, che questioni private complicate e tormentate debbano essere tenute lontane dalla pubblica piazza, poiché si caricano di ulteriore e inutile stress. Bello è, invece, condividere valori e idee che possano essere d’ispirazione e d’esempio. Mi rendo anche conto tuttavia che questo non è né sempre possibile né controllabile. Forse ricordarsi che una grande visibilità richiede anche senso di responsabilità verso chi guarda, sarebbe utile. Ai due fratelli auguro pace. Qualsiasi cosa sia successa nel passato non è mai importante quanto l’opportunità che ci offre il presente. Nel presente possiamo fare qualsiasi cosa. La sua qualità è nella nostra responsabilità.” Teresa Burzigotti si occupa di Life, Business e Brand Coaching. Si è formata come Coach a Roma e Milano con la scuola di Alessio Roberti, e in seguito si è specializzata a Colonia, Berlino e Amburgo in coaching emozionale. Si occupa della Brand identity di progetti europei e di seminari di comunicazione medico paziente. È la prima italiana certificata wingwave Lehrtrainerin dal Besser-Siegmund Institut di Amburgo e dai creatori del metodo, Cora e Harry, psicologi, psicoterapeuti, trainer di PNL, trainer di Coach, e supervisori in EMDR. Il wingwave® Coaching è una procedura registrata e certificata DIN EN ISO 9001 e riconosciuta dalla ECA (European Coaching Association). www.wingwaveitalia.it info@ilcoaching.net

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