Amore folle

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Giusy Pisano

l’amore folle al cinema


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Collana ...al cinema Titolo originale: L’amour fou – au cinéma © Armand Colin, 2009/Monsieur Cinéma, une marque Images et Loisirs, 2009 In copertina: Amici per gioco, amici per sesso (Andrew Flaming, 1994) Consulente cinematografico: François Laffort Ricerca iconografica: Marc Combier – Monsieur Cinéma Fonti: Archives TCD – Prod DB Progetto grafico: Catherine Combier e Alain Paccoud Si ringrazia Enrico Lancia per la collaborazione all’edizione italiana Traduzione: Alessia Piovanello Stampa: Copyright GREMESE 2011 © E.G.E. s.r.l. – Roma www.gremese.com Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, registrata o trasmessa, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-8440-6682


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Sommario Introduzione

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4. L’anticonformista

1. L’inverosimile

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Tre al posto di due Gli amanti braccati L’onirico

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Conclusione

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Note Indice dei film

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La favola Nonostante tutto li divida...

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2. L’impossibile

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L’amore senza speranza Il sacrificio Quando la Storia diventa un ostacolo

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3. L’amore fino alla morte

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Quando Eros incontra Thanatos Il mal d’amore del vampiro Post mortem

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Introduzione

L’

amour fou è la perfetta rappresentazione della complessità dei rapporti umani. A seconda delle generazioni, dei riferimenti culturali o semplicemente della sensibilità ed esperienza personali, l’espressione evoca fantasie diverse. Le immagini che vengono in mente per illustrarlo appartengono spesso ai film che hanno costellato la nostra vita. La filmografia 1 che ne risulta attinge a ogni genere ed epoca: titoli romantici, se dell’espressione si privilegia il termine amore; film in cui Thanatos prende il sopravvento su Eros, quando l’accento è portato sul termine folle. Pertanto, questo libro, lungi dal limitare l’amore folle a un solo tipo di raffigurazione, fa dell’analisi dettagliata la chiave di lettura di un viaggio nel cuore di quello che può essere considerato il più ambiguo dei sentimenti: l’amore.


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Introduzione

Ne Le donne facili (1960) Claude Chabrol mostra diverse scelte: Rita (Lucile Saint-Simon) sceglie l’equilibrio tra i due termini rassegnandosi a un matrimonio mediocre; Jane (Bernadette Lafont) predilige il desiderio, mentre Ginette (Stéphane Audran) opta per la fuga; in ultimo, Jacqueline (Clotilde Joano) continua a sognare la grande passione, finché non incappa in un sadico che finisce per strangolarla.

Love Actually – L’amore davvero, realizzato nel 2003 da Richard Curtis sotto forma di favola moderna caratterizzata da estetica spoglia e umorismo scoppiettante, è, ciò nondimeno, un’analisi sottilissima delle diverse declinazioni dell’amore, mostrando quanto sia difficile conciliare desiderio, amicizia e altruismo – Eros, Philia, Agapê. Fin dalla seconda sequenza, grazie a un montaggio parallelo magistralmente orchestrato, entriamo nell’intimità di diverse coppie. Attraverso una ventina di personaggi – gli stereotipi della femme fatale, del progressista, della rockstar, dell’intellettuale, dell’artista, dello sperduto, del preadolescente, della postsessantottina diventata casalinga, dell’ingenua, della ninfomane, ecc. –, Curtis intreccia le storie di dodici coppie che si compongono, si ricostituiscono o stanno per formarsi.

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L’amore folle

Grazie a questa struttura corale, passando da una coppia all’altra, oppure all’interno di una stessa coppia, esplora l’essenza proteiforme dell’amore: sindrome ossessiva (Colin, Tony), frustrazione (Jamie, Daniel), desiderio egoista (Harry), amore misto ad amicizia, Eros e Philia (Juliet/Peter, Daniel/Aurélia, Jack e Judy), sacrificio (Mark/Juliet e Sarah/Karl). Questo sentimento può essere vivo, imprevisto (il colpo di fulmine) o, al contrario, manifestarsi nella durata; può essere ricambiato o meno, destinato a fallire o a sbocciare. Tra tante possibilità, quale incarnerà meglio l’idea di amore folle? Non esiste una risposta univoca, come ricorda l’infinito split screen che chiude il film. In tal senso, il cineasta non esclude nessuna delle proposte avanzate nel corso della celebre discussione del Simposio di Platone. In tal modo, per alcuni personaggi, il mero desiderio carnale costituisce il parossismo del-

Le rappresentazioni dell’amore folle appartengono spesso ai film che hanno costellato la nostra vita

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Introduzione

l’amore; per altri, questo consiste nella rinuncia alla persona amata (il trio Juliet, Peter e Mark); per altri ancora, nel colpo di fulmine, nell’amore appagato o nei brividi dell’adulterio; e infine, per quanti credevano di non provarlo mai più (come Daniel, che ha da poco perso la moglie: «Per me è finita tanto tempo fa – dice a Sam – a meno che, ovviamente, non incontri Claudia Schiffer...»), in un sentimento capace di colmare un vuoto, una mancanza. In questo, come negli altri film che stiamo per affrontare, le diverse situazioni sono ridotte all’essenziale; la camera insegue i gesti e gli sguardi più simbolici e significativi, capaci di dipingere la complessità delle relazioni e il nostro desiderio di trascenderla per ottenere l’amore dei nostri sogni: la favola, la passione per cui morire, l’amore assoluto più forte della vita e della morte.

Love Actually (Richard Curtis, 2003).

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L’inverosimile

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L’inverosimile

N

on è certo semplice stabilire quale sia una definizione precisa di inverosimile; la nozione ricopre, infatti, accezioni diverse tra loro: lo straordinario, lo sbalorditivo, il favoloso, l’inspiegabile, il chimerico, ecc. Tutt’al più, può essere definito per opposizione con quanto è più comunemente riconoscibile e ammesso, poiché condizionato dalla mimesis: il verosimile. L’imitazione, allegorica o selettiva che sia, in teoria farebbe riferimento a un esistente direttamente identificabile. Quanto al termine in questione, l’inverosimile si presenta dapprima come immaginario, ovvero improbabile e falso, non cerca né

articolazioni spazio-temporali coerenti, né di essere fedele alle convenzioni dell’epoca, e neppure un significato immediatamente intelligibile. In realtà, il confine tra i due principi è sottile poiché, in entrambi i casi, il risultato non è altro che il frutto di una messinscena sapientemente elaborata, per la quale il falso può apparire più vero dell’imitazione. In effetti, al tumulto dei sentimenti sembrano adattarsi meglio le forme ellittiche e atemporali del meraviglioso e del barocco, in cui regna l’amplificazione per mezzo di iperboli, accumulazioni, ripetizioni e contrappunti.

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Via col vento (Victor Fleming, 1939). Al cinema, i colori sfavillanti, la recitazione empatica degli attori, la musica sinfonica, gli schermi larghi, i movimenti di camera complessi e dinamici contribuiscono in larga parte ad amplificare i sentimenti.


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L’inverosimile

La favola L

a drammaturgia della favola si basa su una retorica che affonda le proprie radici tanto nella tradizione orale quanto nella scrittura. Dell’oralità del racconto, il cinema conserva in particolare la tendenza a sostituire il dialogo tra i personaggi con canzoni, sfruttando la capacità di queste ultime di esprimere pathos. Il cinema e la favola hanno una lunga storia costellata di adattamenti, citazioni indirette e infine, e forse soprattutto, di film che, senza fare riferimento a racconti precisi, ne riattualizzano la funzione nell’immaginario degli spettatori. Per fare solo un esempio, Cenerentola è stata oggetto di diverse decine di riscritture, da quella di Georges Méliès (1899), seguita da quelle di Albert Capellani (Pathé, 1907), Léonce Perret (Gaumont, 1910), James Kirkwood (1914), Ludwig Berger (1923), Herbert Brenon (1925), Fernando Cerchio (1948), Walt Disney (1950), ecc.

Nel caso delle citazioni indirette, esiste una filmografia infinita che spazia dai film di Federico Fellini a quelli di Tim Burton, passando per Pretty Woman! Si tratta peraltro di incastonature non a senso unico. Se il cinema reinterpreta i racconti rimodellandoli a partire dalla sua estetica e dalla sua storia, i racconti, di contro, possono anch’essi essere trasformati 2. Tenendo gli occhi spalancati e le orecchie ben aperte, si è sempre capaci, durante le proiezioni, di credere agli amori più inverosimili tra il principe e la principessa, di sentirsi appagati dai tormenti della passione vissuti da altri sullo schermo. In un’estetica sfavillante, Moulin Rouge! mette in parallelo amore folle, canzone e favola. Realizzato da Baz Luhrmann nel 2001, il film si presenta a prima vista come un pastiche di riferimenti mitici, letterari, musicali, lirici e cinematografici. In parte ispirato al

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Una Cenerentola rivisitata attraverso la mitologia è al centro di film come La bella e la bestia di Jean Cocteau e La favolosa storia di Pelle d’Asino di Jacques Demy (1970).


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L’inverosimile

romanzo La signora delle camelie di Dumas, alla Traviata di Verdi e alla Bohème di Puccini, il film di Luhrmann ci immerge nella fantasmagorica Parigi della Belle Époque, nel cuore del Moulin Rouge, leggendaria sala frequentata da una banda di apaches, canaglie dei bassifondi e artisti debosciati, ma anche da intellettuali, scrittori (Alphonse Allais, Jules Renard, Oscar Wilde) 3 e sparuti borghesi che osavano avventurarsi alla ricerca di brividi erotici al di là della sua coltre di fumo e tra fiumi di assenzio. Nell’antica Roma, il mulino era già simbolo di luogo di perdizione, associato com’era, nei canti popolari, all’adulterio. Nei racconti della tradizione, fa da sfondo a storie di briganti e fantasmi e ad avventure erotiche. La letteratura lo legherà a una figura mitica, la Bella Mugnaia; il cinema lo userà come teatro di passioni tormentate, quali il folle amore del principe Alexandre per la bella Nini (French Cancan, Jean Renoir, 1955), o quello di Henri

(Toulouse-Lautrec) per la prostituta Marie Chalet (Moulin Rouge, John Huston, 1952) 4. Il film di Luhrmann riattualizza questi motivi e simboli mentre fa eco alle diverse varianti cinematografiche. Christian (Ewan McGregor), giovane poeta inglese pieno di sogni e speranze, va a vivere a Montmartre. Grazie a un incontro fortuito con Toulouse-Lautrec (John Leguizamo), si butta anima e corpo nella scrittura di una pièce per il Moulin Rouge. È qui che incontra per la prima volta Satine (Nicole Kidman): un solo sguardo basta perché Cupido scocchi la sua freccia. Va detto che sarebbe stato difficile per il poeta resistere al fascino di questa Venere che si cala lasciva da un trapezio, con indosso un costume che è di per sé un simbolo (quello di Marilyn Monroe in Fermata d’autobus – Joshua Logan, 1956), cantando Diamonds Are a Girl’s Best Friends (Gli uomini preferiscono le bionde, Howard Hawks, 1953).

I film riattualizzano la funzione della favola nell’immaginario dello spettatore

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L’amore folle

Moulin Rouge! (Baz Luhrmann, 2001). In tutto simile al cabaret che offriva agli spettatori diversi numeri invitandoli a cantare, il film di Luhrmann si presenta con un intreccio di estetiche che come punto in comune hanno solo il carattere estremo, la dismisura del folle amore: il vortice di immagini, i balli sfrenati o languidi e soprattutto le parole d’amore sussurrate da trentuno canzoni ne fanno vivere l’intensità effimera.

Il seguito del film è tutto un susseguirsi di esitazioni – di Satine, divisa tra carriera e amore –, di esaltazione amorosa e, infine, di immancabili ostacoli. Una parabola tradizionale che per di più esplicita fin dall’inizio i suoi elementi principali. Il film è difatti un lungo flashback e, sin dalla prima sequenza, sappiamo che la bella storia non avrà un lieto fine. Attraverso uno scarto temporale tra immagini e musica, il film riesce a immergere lo spettatore nella favola. Facendo appello alla memoria individuale e collettiva evocata dalla canzone, il film si apre ad altre temporalità, nonostante alcuni elementi – i luoghi riconoscibili e una data, il 1899 – lo contestualizzino. Le parole d’amore che compongono un florilegio di titoli tra i più leggendari di Beatles, Police, U2, David Bowie, Elton John, Whitney Houston, Georges Van Parys, Phil Collins, Marilyn Monroe, Fatboy Slim, ecc., rimandano alla storia di Satine e Christian, ma anche alle storie evocate dalle canzoni personali di ogni spettatore, oltre a quelle. Come sottolinea Michel Chion, «la canzone rappresenta in effetti il legame tra il destino individuale dei personaggi e la col-

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L’inverosimile

lettività degli altri uomini e delle altre donne cui appartengono» 5. Se il ricordo di questo film è associato alla canzone, nel lontano 1966, Un uomo, una donna di Claude Lelouch suggellava già con la musica l’amore appassionato e folgorante di Jean-Louis e Anne. Nonostante importanti nomination – Palma d’oro e Premio per la migliore fotografia al Festival di Cannes del 1966, Oscar per il miglior film straniero e la migliore sceneggiatura originale nel 1967 –, il film non ha ottenuto giudizi unanimi della critica, che l’ha definito una prova di effetti facili e calcolati per sedurre il pubblico. Eppure aveva come semplice pretesa quella di raccontare una favola. Un uomo, una donna si apre tra i rumori e la bruma di una banchina di Deauville: la voce fuori campo di una donna racconta la fiaba di Cappuccetto rosso; pian piano appaiono il suo volto e quello di una bambina. Quest’ultima è

La scritta «L’amour fou» sulla facciata del palazzo dove vive Christian è la stessa che il regista aveva usato in un film precedente, Romeo + Giulietta (1996).

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L’inverosimile

È sotto la pioggia, nella notte e dentro una macchina che inizia la favola per bambini cresciuti rimasta delusa dal racconto, troppo triste, cui preferisce Barbablù. Alcune note musicali accompagnano la loro passeggiata. Cambio di sequenza, un uomo, sigaro in bocca e occhiali scuri, “gioca all’uomo d’affari”: sale su un’auto, dà ordini, quando la macchina sbanda leggermente prende lui il volante, e scopriamo che alla guida c’era un bambino. Lei, lui, i loro figli, la spiaggia di Deauville... La giornata volge al termine, i bambini tornano in collegio. È troppo tardi, lei perde il treno di ritorno per Parigi, parte allora con lui. È sotto la pioggia, nella notte e dentro una macchina che inizia la favola per bambini cresciuti.

Anouk Aimée e Jean-Louis Trintigant in Un uomo, una donna (Claude Lelouch, 1966).

Da allora quelle immagini e la musica che le accompagna – il celebre Chabadabada composto da Francis Lai – sono diventate stereotipi adottati dal pubblico. Accade spesso che una coppia, ancora ai nostri giorni, vada a cercare questo ricordo sulle spiagge o che dei giovani finiscano una fuga romantica in una macchina parcheggiata di fronte alla costa... Ultima consacrazione: la legge francese del 6 giugno 2000, volta a favorire pari accesso di donne e uomini ai mandati elettorali, ha dato vita alle “liste chabada”, composte da un candidato uomo e uno donna in alternanza: “Un uomo, una donna”...

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