Ebbrezza al cioccolato

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Giusi Dottini

Ebbrezza al cioccolato ROMANZO


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Un particolare, sentito ringraziamento ad Alessandra Giusti, essenziale nella buona riuscita di questo romanzo. Ebbrezza al cioccolato è nato dall’unione delle mie idee con quelle di Alessandra, la quale ha contribuito anche con il suo stile particolare, i suoi consigli e il suo entusiasmo.

Copertina: Patrizia Marrocco da un progetto grafico di Renato Pagano, web e graphic designer (renatopagano84@alice.it) In copertina: Rosaria Clelia Niola (Ersien), ballerina, organizzatrice di eventi, modella e attrice napoletana 2013 © L’Airone New Books s.r.l. – Roma www.gremese.com Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere registrata, riprodotta o trasmessa, in qualunque modo e con qualunque mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-6442-160-5


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Parte prima Cioccolato e dolore

1 Non sono nemmeno le nove, ma tra le vie del quartiere Prenestino, a Roma, l’attività è da ore frenetica. Da una finestrella di via Giovenale si diffonde un fragrante aroma di cornetti appena sfornati. All’interno del laboratorio, una ragazza dai ricci scuri tenuti da una fascia spolvera lo zucchero a velo su una teglia di sfogliatelle. Il camice bianco e un grembiule pieno di macchie celano il fisico tornito. Accanto a lei, il barattolo della nutella e una ciotola con la crema pasticciera. Alle sue spalle vassoi colmi di babà, croissant e crostatine alla frutta. Filomena Scognamiglio, poco più che venticinquenne, da un paio d’anni guida “Il Babà”, una piccola pasticceria napoletana conosciuta soprattutto per le fantasiose variazioni di dolci, come il tiramisù alla fragola e le sfogliate al limoncello. Dopo la morte del padre, lei e Daniela, sorella di un anno più piccola, gestiscono l’attività con tanto impegno, ma i problemi sono molti e i soldi sempre troppo pochi. Filomena ha frequentato prima l’alberghiero, poi un corso tenuto da alcuni tra i migliori pasticcieri d’Italia. Infine, si è specializzata in petite pâtisserie. Quando è alla ricerca di nuove ispirazioni, è la costiera sorrentina la sua meta preferita, dove va per acquistare i limoni succosi e dolci con cui guarnisce le sue delizie, oppure Napoli. Ma nella città partenopea torna soprattutto per far visita alla madre, la quale, una volta rimasta vedova, ha scelto di badare al padre anziano e disabile. 5


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Dopo aver sistemato le sfogliate, Filomena prende la crema e riempie i cornetti con una siringa. Lo stomaco brontola, e non c’è da sorprendersi, dato che lavora ininterrottamente già da un po’. Dalla guantiera ruba un dolcetto e lo addenta. Sul marmo schizza un po’ del ripieno che lei raccoglie con un dito. “Che goduria!”. Intanto la porta alle sue spalle si spalanca: «Buongiorno, scusa il ritardo». Filomena fa un salto: «A Danie’! Mi hai fatto prendere un colpo!». «T’ho messo paura?», chiede divertita l’altra. «Fifona!». Poi, consapevole di aver beccato la sorella in flagrante, Daniela scoppia a ridere. «Ma brava! T’ingozzi invece di lavorare. Pulisciti il musetto». Filomena fagocita il resto del dolce in un boccone e con il dorso della mano si toglie i residui di crema dal viso: «Che fine hai fatto? Sto sgobbando da ore, io», e si toglie la fascetta per asciugarsi la fronte. Ciocche della chioma leonina le ricadono sul viso. «Non ho sentito la sveglia», fa l’altra mordendosi un’unghia. «Qual è la novità?». Filomena conosce bene le sue scuse per dormire di più. «Piuttosto, lavati le mani e porta queste di là!», le dice indicando una guantiera di crostatine. Sbuffando, Daniela si avvia verso il lavandino: «Sempre acida». Filomena borbotta qualcosa d’incomprensibile, poi si slaccia il grembiule lanciandolo sul bancone. «Sbrigati con quella roba!». E afferrato un vassoio, con una manata spinge la porta tipo saloon che conduce al negozio. Quando torna, la trova ancora intenta a lavarsi le mani: «Allora? Devo fare tutto io? Per restare lì imbambolata potevi pure non venire!». «Che palle!», protesta Daniela mentre esce dalla cucina. «Come faccio a sopportarti non lo so», ciancia Filomena, e di nuovo in negozio con altri due vassoi si ferma di fronte alla sorella, la quale, con l’ausilio di una lunga pinza, sta sistemando i dolci nella vetrina. Immobile, ne osserva critica l’abbigliamento decisamente inappropriato: la magliettina striminzita a stento contiene il seno che sembra prossimo a scapparle dalla scollatura, e la mini6


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gonna è talmente corta da lasciarle scoperto il sedere ogni volta che si piega. «Non senti freddo mezza nuda?». «E non rompere! Sembri papà!». «Non ti avrebbe mai fatto uscire conciata così!». «Proprio tu mi vieni a criticare? Almeno sono femminile, io!», replica Daniela, per niente contenta di come sia cominciato quel venerdì mattina. «Ora ricominci?». È la solita storia, Filomena sa che la sorella ha sempre da criticare il suo look troppo casual. «E allora tu, con quei tacchi? Non sei affatto professionale». «Non ne avrei bisogno se fossi una cristona alta come te», ribatte Daniela. «Ma di certo non sono professionali nemmeno quelle brutte scarpe da ginnastica che non ti togli mai, per non parlare dei jeans larghi a vita bassa e delle magliette che ti nascondono il corpo, che alla fine non sarebbe male, anche se sei sovrappeso». «Non sono affatto sovrappeso! Avrò giusto un… cinque… sette chili». «Sì, certo, facciamo pure dieci!». «Io se non altro sono adeguata al lavoro che faccio. Tu distrai i clienti». «E anche se fosse? In una pasticceria gestita da due donne qualcuno lo dovrà pur dare un tocco di charme. E poi a Massy piaccio così», risponde fiera Daniela, mentre gli occhi le s’illuminano. «Ah certo, tutto chiaro! Quella mezza sega». «A chi mezza sega?». Daniela la minaccia con la pinza a mezz’aria. Sembra volerla aggredire a suon di crostatine! «Ma uno normale non te lo puoi trovare?». «Ora che c’ha Massimo che non va?». «Primo, non c’ha un lavoro decente, secondo, sembra sempre allupato. L’ho visto come ti guarda, neanche fossi un dolcetto da assaggiare», le dice prendendo un’altra pinza per aiutarla a disporre le pastarelle. «Guarda che il sesso è una parte importante del nostro rapporto, ma non c’è solo questo tra noi!». «Non voglio saperlo!». Di nascosto Daniela allunga una mano per sgraffignare un dolcet7


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to. Prontamente Filomena le assesta un piccolo schiaffo sulla mano: «Giù le zampe!». «Tanto fanno ingrassare», replica l’altra facendo spallucce. Filomena sospira: «Apro, va!». Mentre la saracinesca sale, Filomena di spalle si sente picchiettare sulla schiena. Voltatasi, si trova davanti la signora Corradi, un donnone sulla settantina con il vezzo di portare orrendi cappelli fuori moda, che secondo lei “fanno tanto chic”. «Ciao Mena». «Signora Corradi, buongiorno», rivolgendole un sorriso accondiscendente. «Entri prego», la sprona. A braccetto, si spostano all’interno del locale. «Buongiorno, Daniela». «Buongiorno, signora Corradi». Filomena si appoggia al bancone e con un fischio di apprezzamento esclama: «Com’è elegante!». «Hai visto?», fa quella toccandosi il copricapo rosso fuoco. «Mi è arrivato giusto ieri da Firenze, non è meraviglioso?». «Un amore». Conoscendo l’attitudine di Filomena a perdere tempo con i clienti, Daniela alza lo sguardo al cielo. «Cosa le do questa mattina?», riprende Filomena. «Dei babà o magari qualche sfogliata? Le ho appena sfornate». «Mi occorrerebbe una torta, è il compleanno di mio nipote». «Gli mandi i miei auguri allora!». «Dovrei proprio farvelo conoscere. Ha venticinque anni, una perla di ragazzo». «Carino?», sogghigna Filomena. «Certo che lo è», sorride la signora Corradi felice di aver attirato il suo interesse. «Lavora presso un avvocato ed è, come dite voi giovani?, single». «A che tipo di dolce pensava?», Filomena torna a essere professionale. «Una bella crostata alla frutta, una mimosa, un saint-honoré oppure una cassata?». «Cosa mi consigli?», chiede l’altra mentre si abbarbica di nuovo al suo braccio. Indicando i frigoriferi dove troneggiano varie torte, Filomena le 8


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propone un profiteroles o una torta al cioccolato e pere. «Una delle mie specialità», aggiunge sporgendosi verso di lei. «Allora, vada per questa con le pere». La cliente stringe ancora il bicipite robusto. Districatasi dalla presa, Filomena prende la torta dal frigo. Con la scusa di incartare il dolce si sposta dietro il bancone, alla larga dai tentacoli da piovra della signora Corradi, la quale intanto continua a parlare senza interruzione. In cinque minuti è riuscita a esporre tutto ciò che c’è da sapere sul famigerato nipote. Dopo aver pagato, strizza l’occhio: «Dirò a Giovanni di passare!». «Certo… magari! Arrivederci!». La donna esce dal negozio, tutta soddisfatta. Immediatamente Daniela sbuffa: «Che piattola!». «Ma dai, è simpatica!». «Sì, come no! Intanto ti ha incastrato con il nipote, che sicuro è orrendo, pelato e grasso come lei!». «Che ne sai! Invece potrebbe essere un figo!», risponde Filomena prima di tornare sul retro. Durante tutta la giornata la pasticciera entra ed esce dalla cucina. Sforna e svuota guantiere di cornetti, crostatine e sfogliate sia ricce sia frolle. Fare i dolci è la sua passione da sempre, fin da quando a cinque anni aiutava suo padre a impastare. A otto preparava le sue prime sfogliatelle e a dieci padroneggiava già l’arte del babà. La pasticceria, lei ce l’ha nel sangue! Tempo fa si era messa in testa di realizzare qualcosa di speciale, unico, qualcosa che la rendesse orgogliosa e per cui valesse la pena di alzarsi la mattina. Ma ora, da un po’ di tempo a questa parte, le sembra che tutto abbia perso sapore. Giunta la sera, Filomena è ormai sola in negozio. Daniela, scappata con una scusa, l’ha lasciata con pentole e tegami da lavare e le paste da riporre in frigo. Dopo mezz’ora è già tutto lindo e lei può finalmente tornare a casa. Abbassata la saracinesca, inserisce l’allarme. È gennaio. L’aria è fredda, solo pochi giorni prima è sceso un leggero nevischio sulla città. Filomena, stretta nel giubbotto di pelle stile motociclista, si avvia verso casa. Il quartiere, come al solito, è in fermento. Si sente la musica uscire da qualche pub nelle vicinanze. 9


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La ragazza si ferma. All’idea di tornare nel suo appartamento dove l’aspetta soltanto l’ennesima puntata di “Un posto al sole” ha la nausea. Pensa a Paolo e Michela, i suoi amici storici dai tempi della scuola, quelli con i quali ogni tanto va al cinema o tira tardi in birreria. Pur essendo affezionatissima a Michela, il suo migliore amico in assoluto è Paolo. Sono uniti da sempre, dall’adolescenza in particolare. A lei Paolo ha confidato di essere omosessuale, sperando che la giovinetta facesse lo stesso, visto che la credeva lesbica per via della sua scarsa femminilità. Nessuna rivelazione, ma da quel momento sono diventati ancora più inseparabili. Sta per chiamarlo ma ci ripensa: “Sicuro avrà già un appuntamento con qualcuno, beato lui!”. Sospirando gira fino alla sua strada. Un sentimento di malinconia le ha improvvisamente fatto passare la voglia di uscire. Ora desidera solo un bagno caldo e ascoltare l’ultimo cd di Eros Ramazzotti. Distrattamente tira fuori la chiave del portone. Nel momento in cui sta per aprire avverte una presenza alle spalle. Temendo si tratti di un rapinatore che l’ha puntata per rubarle l’incasso giornaliero, infila la mano nella borsa e si volta di scatto, pronta a colpirlo con lo spray antiaggressione che ha comprato qualche mese prima su un sito online.

2 La sorpresa non sarebbe stata così grande se davvero si fosse trovata di fronte un delinquente. E in fin dei conti Filomena lo avrebbe addirittura preferito. Davanti a lei, appoggiato a una Mercedes blu, il suo ex ragazzo Davide la guarda con tutto il suo fascino. «Ciao». Impossibilitata a parlare, si limita a fissarlo. Dopo un attimo di smarrimento, lo sguardo vaga sul corpo snello, fasciato nel cappotto grigio dal quale spunta un maglione a collo alto. Lo trova persino più bello, forse perché ha lasciato crescere leggermente i capelli neri e una barbetta gli orna il viso dai lineamenti delicati. Sulle labbra il solito sorriso sghembo. «Mena, ciao», ripete agitato. «Che ci fai tu qui?». L’espressione di Filomena s’indurisce: «Non 10


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ti è bastato l’ultimo vaffanculo al telefono? Volevi te lo ripetessi dal vivo?», e intanto stringe inquieta le mani a pugno. Il ricordo del tradimento è ancora vivo: il cellulare lasciato sul tavolo e l’arrivo di un sms da parte di una certa Lavinia. Conserva nella memoria le parole di quel dannato messaggio. Le sono rimaste impresse come scritte con inchiostro indelebile. Notte indimenticabile! Ho ancora su di me il tuo odore. Mi manchi… Per giorni gli ha taciuto la scoperta, ma quando non ne ha potuto più, è esplosa riversandogli addosso tutto il suo disgusto. Davide le ha raccontato ogni cosa senza tralasciare i dettagli. E concludendo con: «È stato solo sesso! Amo solo te, cucciola». «Lo so che non vuoi più vedermi, è solo che… – la voce di Davide s’incrina – desideravo parlarti». «Vattene va’, che non mi reggo in piedi dalla stanchezza!». «Andiamo a prenderci una cosa. Ti va un bicchiere di vino?». Fa per toccarla, ma Filomena si scansa. «Ma chi credi di prendere in giro?», gli urla contro. Un’imposta si apre di botto sopra le loro teste, appare un vecchio con i capelli bianchi. «Allora, la volete smettere di strillare! Qui c’è gente che cerca di vedere la televisione!». «Scusi!». Filomena teme che tutto il vicinato stia ascoltando i fatti suoi. Quando la finestra si richiude con un tonfo, Davide afferra Filomena per un braccio e la trascina in un angolo buio: «Dannazione! Perché devi essere sempre così testarda? Che ti costa starmi a sentire cinque minuti?!». «Sarebbero solo frottole. Ti riesce tanto bene mentire, lo hai fatto per mesi!». «Se ti riferisci a Lavinia, è stata un’avventura, l’ho vista giusto due volte!». «Sono state anche troppe! Io ti amavo e tu hai buttato la nostra storia nel cesso!». Gli occhi di Filomena sono lucidi. «Dammi un’altra possibilità. Ti prego!», e con le mani stringe il viso paffutello. «Io ti amo e farei tutto per riaverti con me». «Non riesco a dimenticare, Davide! Il pensiero di te con un’altra mi… provo solo dolore quando penso a quel periodo». L’unica cosa che Filomena vuole in questo momento è rintanarsi nel suo apparta11


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mento e non pensare più all’uomo che prima l’ha portata in cima alla vetta più alta e poi, con la stessa leggerezza con la quale lei ripone le torte in frigo, l’ha scaraventata di sotto. «Sono stato debole. So di aver sbagliato, ma non accadrà più!». Filomena non dice nulla e Davide non si dà per vinto: «Dimmi che ci penserai, che non rinuncerai a noi!». «Non posso, Davide, non ora!». «Ti prego, ripensa a come eravamo felici – e intanto le dita le accarezzano il collo –, a quanto ci divertivamo insieme». «Ora vai!». Temendo di cedere, Filomena indietreggia per sfuggire al suo tocco. Non sapendo più cosa dire a sua discolpa, Davide fa per andarsene, ma poi ci ripensa: «Ti amo, Mena. Per quanto abbia tentato, non riesco a fare a meno di te». Filomena cerca di reprimere le lacrime che lottano per uscire. Indietreggia ancora, poi l’emozione la costringe ad ammettere: «Ti amo anche io, Davide». «E allora torniamo insieme!». «No!», alza di nuovo la voce. Poi, scuotendo la testa, aggiunge: «Non mi va di ricominciare con i sospetti, i timori». «Almeno pensaci!». «Okay, ci penso… ora vai però». Sulle labbra di Davide affiora un sorriso di trionfo: «Grazie». «Notte, Davide», gli dice Filomena avviandosi verso l’edificio. «Notte, Mena!». Mentre entra nel portone, al suono familiare dell’antifurto Mercedes, la ragazza sobbalza e poi sospira. Le è davvero mancato. Nell’androne è investita da un persistente odore di curry e altre spezie orientali. Al primo piano abitano dei turchi e sulla strada si trova un kebab pub. Sale gli scalini per arrivare al suo appartamento al secondo piano di un palazzetto senza ascensore, ma lei non se ne lamenta. In fondo, sono solo quattro rampe. Una volta all’interno, il calore del riscaldamento centralizzato la avvolge come una coperta. Chiude con un tonfo e appoggia pesantemente la schiena contro la porta. “Ci mancava solo Davide!”, pensa mentre lancia le chiavi sul tavolino dell’ingresso. Daniela esce trafelata dalla cucina, ai piedi un paio di ciabatte di 12


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flanella: «Finalmente! Cominciavo a darti per dispersa, hai visto che ore sono?». «Sono solo le nove!», mormora Filomena senza guardarla. Si muove lungo il corridoio. Superata la cucina, si rifugia in camera. Daniela la segue: «Si può sapere che è successo? Sembra che ti è passato sopra il 14!». «Sono stanca! Non ceno!». «Come non ceni? E io che ho pure fatto il pollo coi peperoni che ti piace tanto! Ingrata!», quasi ringhia l’altra, maledicendo tra sé l’ora persa tra i fornelli. «Mi s’è chiuso lo stomaco!». Filomena si sfila gli stivaletti di pelle per poi lanciarli e si butta sul letto. «Che cavolo, Mena, mi vuoi dire che hai fatto?». «Ho visto Davide, era qui sotto!». Tanto lo sa che, petulante com’è, Daniela finirà per farle sputare fuori tutto! «Cavolo». Filomena si volta verso di lei: «Vuole che torniamo assieme!». «Povero cristo, però, ti voleva bene». «Sì, povero cristo». Filomena replica con una smorfia. «Se mi voleva bene non mi cornificava!». Daniela scuote la testa. «Vorrei fregarmene, ma come faccio?». Filomena guarda il soffitto, fissando una vecchia macchia dovuta a una perdita al piano di sopra. «Lasciami sola, per favore». «Okay, okay», fa l’altra alzando le mani. Poi si chiude la porta alle spalle e si rintana in cucina. Prima di mangiare mette da parte una porzione per offrirla alla sorella in un secondo momento. Filomena, sentendola trafficare, si pente di averla trattata male. Ha l’umore sotto i piedi e sa che potrà solo peggiorare. Senza rendersene conto, si ritrova a pensare alla prima volta che ha incontrato Davide, alla sua aria da damerino con la puzza sotto il naso, e le scappa un mezzo sorriso. Sette mesi prima, alle due del pomeriggio di una delle giornate più afose dell’estate, in cui la colonnina segna trentasette gradi e le strade sono pressoché deserte, con le serrande dei negozi quasi tutte abbassate, Filomena lavora canticchiando “Terra promessa”. Nono13


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stante il condizionatore acceso, sfoggia una canottiera attillata. Stretta alla vita, la parannanza. Poco più tardi, con una ciotola di crema in una mano e la siringa nell’altra, raggiunge Daniela in negozio. La sorella più giovane ha di fronte a sé una bella torta sui tre chili. Ma non è ancora del tutto pronta. «Dai, facciamo presto», la incita Filomena. «Sono affamata, ti va la pizza?». «Con questo caldo una cosa vale l’altra. Non ho neanche molto appetito». «Tu campi d’aria». Filomena prende la siringa per decorare la torta e la riempie fino all’orlo di crema pasticciera. Poi si rivolge di nuovo a Daniela: «Quando te lo dico io, girala in senso orario». «Okay». Con maestria comincia a decorare il bordo, creando un ghirigoro, mentre per il centro ha in mente dei ciuffetti di crema e panna. Sta per finire il primo ciuffo, quando il campanello suona annunciando un cliente. «Giorno», dice il tipo mentre si avvicina al bancone. «Sono subito da lei». Quando Filomena alza la testa, si ritrova a specchiarsi in un paio di smeraldi. Resta immobile, incapace di spiccicare un’altra parola. Lo sguardo indugia sullo sconosciuto. Indossa un completo grigio di lino. Le labbra carnose atteggiate in un mezzo sorriso. La giovane pasticciera pensa che sia senza dubbio l’uomo più affascinante che abbia mai visto. E lui la sta esaminando a sua volta. La salivazione si azzera e il battito aumenta. Senza rendersene conto, Filomena schiaccia con troppa foga la siringa e la crema finisce sul camice di Daniela. «Ehi, Mena! Fai attenzione!». «Sono piombato in un brutto momento?», interviene lui con un’espressione tra il divertito e lo stupito. «No, dica pure», risponde Filomena abbandonando la decorazione dei ghirigori della torta per riservare la sua completa attenzione al nuovo venuto. «Cosa posso servirle?». Un po’ imbarazzato, il ragazzo balbetta: «Io… in realtà…», s’interrompe un istante, poi riprende: «Vorrei solo un’informazione. Saprebbe dirmi dove si trova lo stazionamento dei taxi?». E intanto scansa una ciocca umida dalla fronte. 14


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«Come? Ehm…», la pasticciera si limita a fissarlo inebetita. In quel momento, non riuscirebbe a dire nemmeno il proprio indirizzo! «Mena, ha chiesto dove stanno i taxi», interviene Daniela con un sorrisetto malizioso sulle labbra. La conosce troppo bene per non rendersi conto che è già cotta! «Qui a pochi passi c’è la fermata degli autobus!». Di rimando riceve un’occhiataccia scherzosa: «Con questo caldo vorrebbe sbattermi su uno di quegli aggeggi infernali pieni di gente e sudiciume?». «Veramente io non so dove…», balbetta Filomena. In suo aiuto arriva Daniela: «I taxi li trovi qui dietro, sotto la tangenziale, piazzale Prenestino, conosci?». «No, ma chiederò. Mi ha salvato! Grazie», e le labbra si aprono in un ampio sorriso, lo sguardo incollato su Filomena. «Vede, non essendo di queste parti non so proprio come muovermi». La pasticciera intimidita ritrova finalmente la parola: «Scommetto che lei è del quartiere Prati o dei Parioli». «Che brava! Ha fatto centro! Prati». «Ho un ottimo spirito di osservazione». Scuotendo la testa, Daniela osserva la sorella in fase di corteggiamento e nota che anche lo sconosciuto non sembra per nulla infastidito dall’intraprendenza di Filomena. «Con il suo lavoro si troverà a trattare con persone di ogni genere», dice il cliente. «Mi piace la gente», e nella sua mente aggiunge: “Soprattutto mi piaci tu, bel moro!”. «Questa la finisco io di là!», s’intromette Daniela, ma dato che nessuno dei due la degna di considerazione, afferra la torta e si rintana in cucina. «Mi scusi se le ho fatto perdere tempo, io ora andrei», fa lui muovendosi per uscire. Rapidamente Filomena supera il bancone per raggiungerlo. «Perché prima non assaggia una delle mie specialità? I miei dolci sono i più buoni di Roma», si vanta senza temere di esagerare. «Addirittura! I più buoni di Roma!», e il giovane scoppia a ridere. Filomena gli lascia il braccio: «Okay, della zona», aggiusta il tiro. «Può chiedere a chiunque». 15


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«Le credo. In effetti, è ora di pranzo e qualcosa sotto i denti la metterei volentieri». Filomena lo trascina davanti ai frigoriferi posti accanto all’entrata. «Belle vero?», si pavoneggia. «Già, l’aspetto è davvero appetitoso», risponde lui piegandosi leggermente sulla ragazza. È molto alto, almeno una spanna più di Filomena, che, avvertendo la presenza dell’uomo e le braccia sfiorarsi, non può fare a meno di esaltarsi ulteriormente: «Io le consiglio una delizia al limone, con quest’afa non c’è niente di meglio». «Ha ragione, sa? Fa davvero caldo fuori. Mi ha proprio convinto!». «Bene!». Filomena, soddisfatta, prende un tortino dal ripiano e glielo porge. «Non avrebbe, non so, un piattino di plastica e una forchetta?». «Che ci devi fare con la forchetta?», e in un attimo il tono diviene confidenziale, passando da un formale “lei” a un pratico “tu”, tanto che Filomena si sente anche in diritto di ficcargli la delizia in bocca. Immediatamente si pente di questa libertà: «Scusami», mormora grattandosi la fronte, «non so che mi è preso». L’altro la guarda sconcertato, e dimentico dell’eccesso di confidenza commenta: «Squisita». Poi, constatando l’espressione desolata di Filomena, scoppia a ridere: «Fai così con tutti i clienti?». «No, anzi scusa!». «Non importa, figurati». La pasticciera gli porge un tovagliolino che lui usa per pulirsi il viso e le mani, sporchi di panna e crema di limone. «Ora devo proprio andare o arriverò tardi», dice il ragazzo interrompendo il silenzio. «Ah, okay». «Quanto ti devo?», le chiede tirando fuori il portafogli dalla giacca. Filomena gli fa segno di riporlo: «Offro io. Anche per scusarmi del trattamento». «No, insisto per pagare, per il trattamento specialmente», ammicca. «Magari la prossima volta», e gli sorride nella speranza che colga l’invito a tornare. «Senz’altro. Tornerò, e parlerò ai miei colleghi delle tue delizie». Il ragazzo si muove verso la porta, poi si ferma e si volta: «Anzi, pensandoci bene, credo che ti terrò tutta per me». Mentre lo dice le 16


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strizza l’occhio, quindi esce. “Mi terrà tutta per sé!”. Filomena resta lì. È così intontita che ha dimenticato di chiedergli il nome o il numero di telefono. Non è passato neanche un secondo e il moro fa nuovamente capolino dalla porta: «Mi chiamo Davide». Lei sussulta, poi con voce un po’ esitante: «Filomena…». «Lo so», le labbra si aprono in un sorriso malizioso. «Piacere di averti conosciuto, Filomena», e sparisce nuovamente, fagocitato dalla città. Daniela si affaccia dalla porta della cucina: «Hai finito di importunare i clienti?». Ma l’altra non risponde e la sorella insiste: «Che è? Hai perso la voce?». «Lasciami perdere! Ho da fare!». «Ah sì? E cosa? La bella statuina? Muoviti che sono quasi le tre, e fra poco vengono a prendere la torta!». «Capito». «Te l’ha detto il suo nome, almeno?». «Eh? Chi?». «Come chi! Fai la vaga? Il figo spaziale che è appena uscito!». «Davide», risponde fingendo indifferenza. «Bel nome! E poi sai che c’è? Mi dà l’impressione di uno che a letto è un dio!». «Danie’! Ma che dici?», il volto di Filomena cambia colore. «Guarda che non incanti nessuno, si è capito che ti piace!». «È solo un cliente!», protesta lei per niente convincente. «Sì, certo. Lo hai fatto pagare?». Chiede Daniela con aria di scommessa, mentre la sorella distoglie lo sguardo. «Come pensavo! Ti piace, e molto anche. Ti sarai fatta dare il cellulare, spero!». «Perché avrei dovuto? Poteva chiedermelo lui, se era interessato!», replica Filomena, mettendosi sulla difensiva. «Mah, sarà… Vado a prendere la pizza! Resta tu ad aspettare la signora Desideri». «Sbrigati!» «Non rompere. La prossima volta ci vai tu!», controbatte Daniela ed esce. Pochi minuti più tardi la porta si apre e una donna sulla trentina fa il suo ingresso con due bambini al seguito. 17


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Nelle settimane successive, Filomena ha troppo da fare in pasticceria per pensare all’incontro con il bel tipo. Ma un giorno di settembre, poco prima di pranzo, il campanello trilla per avvisare che sta entrando qualcuno. Come spesso capita, al negozio c’è Daniela, mentre Filomena è in cucina a infornare dei dolcetti di pastafrolla. Il caldo del forno la fa grondare di sudore, le sembra di trovarsi su una griglia! Staccandosi da dosso la maglietta fradicia e scostando i ricci attaccati alla fronte, pensa a cosa darebbe per una doccia. Proprio in quell’istante arriva Daniela tutta trafelata. «Mena, dovresti venire di là». «Che hai combinato?». Filomena la scruta, cercando di capire che cosa può essere accaduto di tanto grave. «Non fare domande! Vieni e basta!», ridacchia la sorella. «Non vedi che devo mettere questi in forno?». «Ci penso io!», e le strappa quasi la teglia di mano. «Ma se non vuoi venire, peggio per te!». A quelle parole, la curiosità di Filomena prende il sopravvento. Fa un profondo respiro, slaccia il grembiule e spinge la porta. Davide è lì, a nemmeno un metro da lei, più bello che mai in uno dei suoi eleganti completi. Essendo di spalle, lui non si accorge della sua presenza. Filomena spalanca gli occhi in un moto di terrore e, conscia dello stato pietoso in cui si trova, rientra in tutta fretta in cucina. Daniela, intenta a infornare, la fissa stranita: «Che ci fai di nuovo qui?». «Perché non mi hai detto che c’era Davide? Accidenti!». Si precipita nello sgabuzzino per afferrare una maglietta pulita che conserva per ogni evenienza: una giromanica rossa di una misura più piccola, che aderisce al torace, mettendo in bella vista la quarta abbondante di reggiseno. «Stai bene così. Almeno si vede che sei donna!». Daniela l’ammira tutta orgogliosa. «Capirà che è stata lavata a novanta gradi ed è diventata piccola?». «Tranquilla, con quella fai colpo!». «Sì, come no! Quello è tutto elegante, senza un capello fuori posto, mentre io sono tutta sudata e sporca. Che penserà di me?», chiede Filomena, mentre si dà delle pacche sulle gambe per togliere i residui di farina dai pantaloni. 18


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AL CIOCCOLATO

«Che sei una che lavora! Fidati, piccola, sei bella anche così, nature». Filomena le lancia un’occhiata scettica e sparisce oltre la porta. Davide è sempre di spalle, ma questa volta la sente arrivare e si gira di scatto. Filomena vede il suo volto illuminarsi. «Ciao, Filomena». «Ehi Davide, sei tornato». Filomena cerca di sembrare il più naturale possibile, ma in realtà è terrorizzata all’idea di fare qualche gaffe. «Te l’avevo promesso, no?», e le rivolge un sorriso dolcissimo. «Sai, credevo che essendo fuori z-zona…», balbetta lei imbarazzata. Davide appoggia le mani sul bancone sporgendosi in avanti: «La verità è che non ho resistito, volevo gustare un altro dei tuoi dolci», lo dice con la voce di chi sta mentendo e non vuole neppure far sembrare il contrario. Filomena, temendo proprio quello, mostra di non cogliere la provocazione e si rabbuia: «Bene, sono felice di aver trovato un nuovo cliente». «Che mi consigli questa volta? Vorrei provare qualcosa al cioccolato». «Una fettina di caprese o… tiramisù», in un attimo gli è accanto. «Cos’è la caprese?», chiede Davide aggrottando la fronte. «Io sapevo che è un piatto a base di pomodoro e mozzarella». «Eh? No!». Filomena non nasconde la risata. «È una torta al cioccolato, sai, una ricetta dell’isola di Capri. Da cui il nome». «Non la conosco». «Beh, ora te la faccio conoscere io». La pasticciera gliela indica sul ripiano. «È quella ricoperta di zucchero a velo». «Sembra squisita! Affare fatto! In fondo, se devo peccare, meglio farlo per bene», la voce profonda di Davide confonde Filomena. «Puoi permettertelo, con questo fisico». Sebbene provi a guardarlo solo in viso, non le riesce di staccare gli occhi dai pettorali, evidenziati dalla camicia aderente. «Anche tu sei uno schianto». Davide, ammaliato, fissa le generose curve della ragazza, soffermandosi specialmente sul seno e sul punto vita. La maglietta striminzita di lei lascia fuoriuscire un po’ di pancetta. Filomena non può fare a meno di arrossire timida. Tossicchiando, apre 19


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l’anta del frigo, afferra la torta e la poggia sul bancone. Taglia una fetta bella spessa, poi prende un piattino e una forchetta, e gli porge il dolce. «Servizio completo, questa volta», commenta ironico il cliente. Filomena, imbarazzata, si limita a sorridere. Mentre mangia, Davide emette dei mugolii di apprezzamento: «Ottima, ma li prepari tutti tu?». «Certo», e come se non riuscisse a stargli lontano, Filomena torna dall’altra parte del bancone. «Complimenti, è davvero buona. C’è qualcosa che non riconosco». Addenta un altro boccone. «Mandorle o nocciole…». «Bravo! Mandorle». Filomena si tocca nervosamente i ricci. «Domani sarò costretto a restare un’ora di più in palestra, ma ne sarà valsa la pena». “Ecco il segreto di questo fisico”, pensa lei. «Tu fai qualche sport?», chiede Davide. «Nel tempo libero, dico». «No, nulla». «Uscirai con il tuo ragazzo». «Veramente no… non ce l’ho il ragazzo». Lo sguardo di lei si posa sulle sue labbra schiuse. A quella notizia il sorriso di Davide si allarga, e azzarda: «Sei impegnata oggi?». Colta di sorpresa, Filomena lo fissa interdetta. «Sono troppo maturo per te?», continua lui. «Maturo? Avrai giusto trentacinque anni». «Quasi trentotto», precisa con fare intrigante. E torna alla carica: «Allora?». «Che avevi in mente?», Filomena si butta. «Non devi sentirti obbligata ad accettare». «Scherzi? Io non pensavo… ecco… di interessarti». Filomena ciondola nervosa da un piede all’altro. Davide con un sorriso rilassato, e più che felice di aver fatto colpo, le accarezza il bordo della t-shirt e si piega per rubarle un bacio. Le labbra stanno quasi per unirsi, quando la porta d’ingresso si apre. Entra un’anziana signora appoggiata a un bastone, con un cagnolino al guinzaglio. Filomena si affretta a scostarsi. «Signora Mattioli, che piacere rivederla!». 20


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