Le 100 parole dell'ACQUA

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Jean-Louis Chaussade Maryvonne Pellay

Le 100 parole dell’

ACQUA

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Capitolo I FISICA, CHIMICA E BIOLOGIA 1 – H2O «L’acqua è un composto! È difficile non sorprendersi quando per la prima volta si sente un’affermazione così in contrasto con l’opinione consolidata nei secoli». Guyton de Morveau, «La Chimica», in Charles-Joseph Panckoucke, Encyclopédie méthodique, 1789.

L’acqua è composta da idrogeno e ossigeno, lo sappiamo da solamente due secoli: due volumi di idrogeno e un volume d’ossigeno formano due volumi d’acqua. 2 H2 + O2 2 H2O In questa molecola così piccola e semplice, ogni atomo di idrogeno condivide il suo unico elettrone con l’ossigeno, portando così a otto lo strato esterno degli elettroni dell’ossigeno, in modo da costituire due legami covalenti semplici e molto stabili, aventi un angolo di 104.45°. La molecola d’acqua misura 0,343 nanometri e una mole d’acqua (1 mole = 6,022 x 1023 molecole elementari) pesa 18 grammi. È una molecola semplice e nello stesso tempo fondamen5


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tale grazie al suo legame idrogeno, che alcuni non esitano a definire «legame della vita», poiché conferisce all’acqua allo stato liquido delle proprietà complesse ed essenziali, in biologia molecolare, per il corretto funzionamento della vita. La molecola d’acqua si dice polare: in essa le cariche elettriche sono suddivise in maniera asimmetrica, ossia con un’eccedenza di cariche positive sul lato degli atomi di idrogeno e un’eccedenza di cariche negative sul lato dell’ossigeno. Grazie a questa polarità, una molecola d’acqua è in grado di creare attorno a sé fino a quattro legami idrogeno, sia con altre molecole d’acqua sia con altre molecole biologiche. L’acqua è un liquido costituito da questi legami idrogeno, i quali risultano essere cinquanta volte meno forti dei due legami covalenti tra l’ossigeno e i due atomi di idrogeno della molecola d’acqua. Nell’acqua allo stato liquido, essi si scompongono e ricompongono circa 1000 miliardi di volte al secondo, conferendo alle architetture molecolari così formate le possibilità di evoluzione indispensabili alle molecole biologiche e dando loro il «via libera» per poter reagire.

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Le molecole d’acqua possono di conseguenza strutturarsi in architetture complesse, dando vita alla grande varietà di cristalli di neve e di ghiaccio, o formando una gabbia attorno a un’altra molecola come avviene nei clatrati ( 4). Attraverso i legami idrogeno, esse sono in grado di unirsi alla superficie di atomi e molecole molto grandi, formando una sorta di schermo. Introducendosi sotto forma di grappoli nella doppia elica del DNA, esse riescono a evitarne la denaturazione, ossia la separazione dei due filamenti. In soluzione, esse avvolgono gli ioni, impedendo loro di combinarsi di nuovo con altri ioni di segno opposto; in tal modo riescono a mantenerli sciolti in maniera estremamente efficace. L’acqua è, in effetti, un solvente ( 6) quasi universale di sali, acidi e basi. I legami idrogeno sono anche responsabili delle caratteristiche fisiche dell’acqua. L’acqua richiede infatti un’alta quantità di calore per aumentare la sua temperatura, proprio perché una parte del calore serve a rompere questi famosi legami, i quali spariscono del tutto solo nel vapore acqueo. Senza legami idrogeno, l’acqua sarebbe allo stato gassoso a temperatura ambiente, gelerebbe a -100 °C e bollirebbe a -80 °C. Gli ambienti acquosi non sarebbero reattivi, ma risulterebbero inerti e la vita non si sarebbe mai sviluppata nell’acqua. La semplicità della molecola H2O contrasta stranamente con la complessità dei comportamenti dell’acqua. 2 – Acqua pesante Due isotopi dello stesso elemento differiscono solo per il numero di neutroni nel nucleo. Nel 99,5% dei casi, l’acqua che si trova in natura è composta da due atomi di idrogeno senza neutroni e da un atomo di ossigeno con otto neutroni; ma anche le combinazioni di altri isotopi dell’idrogeno e dell’ossigeno meritano ugualmente il nome di acqua. Come denominarli esattamente? L’appellativo di «acqua pesante» può essere dato solo al 7


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D2O (D sta per deuterio, isotopo dell’idrogeno il cui nucleo è composto da un neutrone e un protone). La concentrazione di deuterio rispetto all’idrogeno normale è pari allo 0,015%, perciò la probabilità che due deuteri si combinino a un atomo di ossigeno è molto bassa. L’acqua pesante è ancora meno diffusa dell’acqua semi-pesante HDO (0,03% dell’acqua presente sulla Terra). Il trizio, unico isotopo radioattivo dell’idrogeno, il cui nucleo è composto da due neutroni e un protone, si trova in natura solo in quantità infinitesimale. La sua presenza è legata essenzialmente all’attività delle centrali nucleari, le quali sono autorizzate a rilasciarne nell’ambiente al massimo una quarantina di grammi all’anno. Il trizio è utilizzato negli ospedali, nei centri di ricerca, negli armamenti nucleari, nelle fabbriche per la produzione di scintillatori. Le misurazioni dei residui di acqua pesante triziata che hanno conosciuto un picco nel 1963, a seguito degli esperimenti sulla bomba H, hanno permesso di poter conoscere meglio la velocità di spostamento dell’acqua negli acquiferi ( 24). Percentuali molto basse stanno a indicare un’acqua infiltrata prima degli esperimenti nucleari del 1952. L’ingestione cronica di acqua triziata, HTO, radioattiva, può essere cancerogena. Gli isotopi presentano differenze più accentuate in termini di proprietà fisiche rispetto alle loro proprietà chimiche, più sottili. L’acqua pesante è più pesante dell’acqua. Un pezzo di ghiaccio d’acqua pesante affonda in un bicchiere d’acqua comune. La prima può essere separata dall’acqua comune per distillazione, perché il suo punto di ebollizione è più alto. Gli isotopi pesanti e leggeri non si comportano nello stesso modo nel ciclo dell’acqua ( 27): gli isotopi pesanti precipitano prima. Le reazioni biologiche, come ad esempio la divisione cellulare, sono più lente nell’acqua pesante. Quest’ultima è utilizzata in alcuni tipi di reattori nucleari che funzionano con minerale non arricchito in uranio 235. Il ri8


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sparmio ottenuto quanto all’arricchimento è compensato dalla spesa in acqua pesante, il cui prezzo si negozia a diverse migliaia di euro per litro. Nei paesi che sfruttano questa filiera, il plutonio prodotto serve alla fabbricazione di armamenti nucleari. Il film Gli eroi di Telemark ne testimonia l’importanza nella corsa alle armi nucleari, come è avvenuto durante la Seconda guerra mondiale e la guerra fredda.

3 – Transizioni di stato «Che cos’è l’acqua? Ha natura fluida o solida? Affinché essa scorra, non c’è per caso bisogno di un fuoco segreto che la sciolga? Togliete una grande quantità di questo fuoco, ed essa diventerà ghiaccio. Che cos’è mai un elemento quando ha bisogno di un altro per esistere?». Voltaire, Des singularités de la nature, 1772 .

I tre stati dell’acqua, solido, liquido e gassoso, e le transizioni tra gli stessi sono ben conosciuti. L’uomo partecipa a questi passaggi quando fabbrica i cubetti di ghiaccio, provoca la condensazione di vapore acqueo sullo specchio del bagno, fa bollire l’acqua o la trasforma in vapore nelle turbine per la produzione di energia. Fortunatamente per lo sviluppo della vita, a una pressione atmosferica normale, l’acqua diventa ghiaccio a 0 °C e bolle a 100 °C. Alle temperature intermedie, l’agitazione termica e i rimescolamenti casuali del legame idrogeno permettono alle molecole d’acqua di passare dalla fase liquida a quella gassosa (per esempio da un fiume all’aria dell’atmosfera) a meno che l’aria non sia già satura di vapore acqueo. Così funziona il ciclo dell’acqua ( 27). Le temperature alle quali avvengono le transizioni di fase dipendono dalla pressione: in cima all’Everest, l’acqua bolle a 72 °C. Vediamo qualche stranezza dell’acqua molto pura: essa può rimanere allo stato liquido ben al di sopra dei 100 °C e 9


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cominciare a bollire solo a 220 °C. In questo stato molto instabile, la minima perturbazione scatena un’ebollizione esplosiva. Può rimanere liquida anche al di sotto dei 0 °C e fino a -40 °C, stato chiamato di sopraffusione, in cui però il contatto con il più piccolo corpo estraneo scatena la sua cristallizzazione immediata. I cavalli del lago russo di Ladoga ne fecero le spese nell’inverno del 1942, durante l’assedio di Stalingrado. Per scappare a un incendio provocato dai bombardamenti, una mandria di cavalli allo stato brado si precipitò nell’acqua del lago che – essendo la temperatura scesa a -30 °C – avrebbe dovuto gelare. Questi grossi corpi estranei fecero gelare l’acqua in modo brutale e fragoroso. «Il lago era una immensa lastra di marmo bianco sulla quale erano posate centinaia e centinaia di teste di cavallo» (Curzio Malaparte in Kaputt). 4 – Clatrato «Ma che grande gabbia per un così piccolo uccello!», si potrebbe dire della gabbia formata da molecole d’acqua, il clatrato (o idratazione idrofobica), che riesce a imprigionare una molecola idrofobica ( 5). Si tratta di molecole d’acqua assemblate tra loro grazie ai legami idrogeno che si organizzano in una rete poliedrica a faccia pentagonale, simile ai cristalli di ghiaccio, nonché stabile a bassa temperatura e alta pressione. L’acqua può in tal modo imprigionare del metano nelle profondità marine, dell’azoto nel sangue, dei radicali idrofobici nelle cellule, con delle conseguenze sorprendenti. Il metano, abbondante nei fondali marini e nel sottosuolo ghiacciato delle regioni artiche, è catturato sotto forma di clatrati, che restano stabili – fintanto che nessun meccanismo provochi il degassamento nell’atmosfera di questo gas ad effetto serra – ad alte pressioni fino a 2-3 °C. Queste strane strutture, composte di molecole d’acqua avvolte attorno a un gas, si comportano come un solido e pos10


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sono creare non pochi problemi nel processo di estrazione del petrolio, ostruendo le canalizzazioni. Sembra peraltro che i meccanismi di idratazione idrofobica giochino un ruolo importante nell’azione degli anestetici. Lo studio della reazione delle molecole d’acqua a contatto con le biomolecole, acqua strutturata ( 15) e clatrati, apre una strada promettente nella ricerca medica. 5 – Idrofilo, idrofobo Su una superficie idrofila come il vetro comune, l’acqua si spande; si dice che bagna la superficie. Su una superficie idrofoba, come il silicone o un parquet lucido, l’acqua forma delle gocce che non si spandono. Se la superficie è rivestita di microstrutture, essa può anche diventare superidrofoba, si parla in questo caso di «effetto loto», come quello che si osserva in natura su alcune foglie o sulle piume delle anatre. Le molecole idrofile si associano all’acqua attraverso i legami idrogeno, dissolvendosi in essa; i composti idrofobi, invece, respingono l’acqua o sono da essa respinti e non sono quindi solubili in acqua. Succede di frequente che le biomolecole posseggano sia un gruppo idrofilo che uno idrofobo. Si tratta delle molecole cosiddette «anfifiliche». La loro caratteristica è importante per il funzionamento cellulare. I detergenti appartengono, ad esempio, a questa categoria, in quanto hanno una testa idrofila che favorisce lo scioglimento della molecola nell’acqua e una coda idrofoba che scioglie i grassi. Il perfezionamento delle superfici idrofobe, che riproducono l’effetto loto, trova numerose applicazioni nella protezione di vernici o altri rivestimenti dall’azione corrosiva dell’acqua e nella ricerca di tessuti, di elastomeri impermeabili o di superfici autopulenti sulle quali l’evaporazione dell’acqua non lasci alcuna traccia. Gli ospedali, i centri agroalimentari, le unità per il tratta11


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mento dell’aria, per lo stoccaggio e per il trasporto dell’acqua potabile sono alla continua ricerca di soluzioni in grado di eliminare i batteri ed impedirne il loro insediamento. In Francia, il Commissariato per l’energia atomica e le energie alternative (CEA) ha sviluppato un rivestimento superidrofobo e antibatterico in grado di fare tabula rasa dei batteri. Ventiquattro ore dopo essere stato ricoperto da batteri offensivi, il rivestimento ne contava infatti solamente uno. Le differenze dal punto di vista delle proprietà idrofobiche permettono di separare, attraverso il procedimento di flottazione, i minerali, ma anche gli altri elementi presenti nelle acque reflue ( 75). Per rendere idrofile le sostanze che non si vuol vedere galleggiare, vi si aggiungono alcuni reagenti chimici. In questo modo è possibile utilizzare una proprietà e il suo contrario. Per esempio, l’ultimo ritrovato nel campo dei vetri autopulenti utilizza un rivestimento che permette ai raggi UV del sole di distruggere i grassi e di renderlo superidrofilo in modo che la pioggia porti via con sé lo sporco e i batteri. 6 – Solvente Salata, dolce, inquinata, pura, nutriente, mortale… L’acqua è un solvente eccellente, capace di dissolvere numerose sostanze attraverso il processo detto di «solvatazione». Quando scorre nel sottosuolo, infiltrandosi là dove la forza di gravità la trascina, l’acqua si carica di sostanze vitali per il corpo umano e le piante, come i sali minerali, ma allo stesso tempo anche di nitrati e altre sostanze inquinanti. È proprio grazie alle proprietà di solvatazione che, quasi quattro miliardi di anni fa, la vita ha potuto fare la propria comparsa nell’acqua, al riparo dai grandi sbalzi di temperatura e dalle radiazioni ionizzanti. La dissoluzione nell’acqua di una parte dell’anidride carbonica dell’atmosfera terrestre, gas responsabile dell’effetto serra, portò all’abbassamento della 12


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temperatura degli oceani al di sotto della soglia degli 80 °C, permettendo la formazione di macromolecole sempre più complesse. Nel processo di dissoluzione, le molecole dell’acqua, H2O ( 1), polari, stabiliscono dei legami elettrostatici con gli ioni e dei legami idrogeno con le altre molecole polari. Le molecole d’acqua formano uno strato (sfera di idratazione) attorno agli ioni o alle molecole polari vicine, separandoli dai loro simili e favorendo in tal modo il loro scioglimento nel liquido. Il numero di molecole d’acqua che compongono la sfera dipende dalla carica e dalla grandezza dello ione. Questa solvatazione «occupa» le molecole dell’acqua, i legami idrogeno stabili del ghiaccio non si possono formare, il che spiega l’abbassamento della soglia termica alla quale gela l’acqua salata. Al di sotto dei -21 °C, punto di congelamento di una soluzione satura di sale, la salatura delle strade non risulta essere più efficace. 7 – pH Nonostante sia molto stabile, la molecola d’acqua si dissocia spontaneamente in soluzione in protone idratato H3O+ e in ione idrossido OH-. Il pH (o potenziale idrogeno) di una soluzione è il rapporto tra la concentrazione in ioni H3O+ e ioni OH-. La scala del pH varia da 0 a 14. Più la concentrazione in H3O+ è alta, più il pH è basso e la soluzione sarà acida; più è forte la concentrazione in OH-, più alto è il pH e la soluzione sarà basica. Il pH dell’acqua pura è pari a 7. In soluzione acquosa, la capacità di liberare dei protoni H+ conferisce all’acqua le sue proprietà in termini di ionizzazione e di solvatazione ( 6) che sono all’origine delle tre grandi tipologie di reazioni chimiche: • le reazioni acido-base, le quali producono lo scambio di 13


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ioni H+ tra due molecole; esse modificano il pH delle soluzioni acquose. In alcune condizioni, è possibile combinare acidi e basi in maniera adeguata ad assicurare un’elevata stabilità del pH nonostante le reazioni che si possono produrre nella soluzione, determinando ciò che viene definito «effetto tampone». Quest’ultimo, fondamentale per la salute del corpo umano, mantiene costante il pH dell’acqua nel corpo (7,2 all’interno delle cellule e 7,4 all’esterno) ed elimina ogni squilibrio del metabolismo cellulare, come ad esempio quello causato da un apporto alimentare troppo acido o troppo basico; • le reazioni di ossidoriduzione, le quali intervengono in particolare durante l’elettrolisi ( 8); • le reazioni di idratazione, in cui l’acqua si addiziona con un doppio legame, e l’idrolisi, in cui le molecole vengono dapprima scisse per effetto dell’acqua e poi a essa associate. L’importanza delle proprietà dissocianti dell’acqua nel sottosuolo dipende dalla natura, dalla vegetazione e dalla pluviometria dello stesso (quest’ultima è più alta nei terreni calcarei). A seconda dei casi, essa può modificare la natura degli acquiferi ( 24), comportare l’acidificazione dei terreni o provocare una diminuzione della loro fertilità. Nell’atmosfera, alcuni inquinanti a base di zolfo o azoto si trasformano per idrolisi in acido solforico e acido nitrico, responsabili delle piogge acide, le quali a loro volta vengono neutralizzate dall’effetto tampone degli acidi organici presenti in misura debole nel terreno. Come risultato finale, anche la vegetazione assorbe alcuni elementi chimici liberati dal processo di idrolisi. Gli equilibri che si raggiungono nel processo di dissociazione dell’acqua sono quindi un fattore determinante nella composizione delle acque di superficie ( 21) e delle acque sotterranee ( 22). Inoltre, essi rappresentano uno dei motori essenziali per il funzionamento delle cellule viventi. 14


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8 – Elettrolisi In una cella elettrolitica, si utilizza l’elettricità per produrre delle reazioni chimiche. Essa è costituita da due elettrodi (anodo, polo + che attira gli ioni negativi, e catodo, polo – che attira gli ioni positivi), connessi a un generatore di corrente continua, e separati da un elemento ionizzato e quindi conduttore. All’acqua pura, che non è sufficientemente conduttrice, vengono aggiunti dei sali i quali si ionizzano in soluzione. «Elettrolisi» significa scomporre le molecole con la corrente elettrica. Dalla seconda metà del XIX secolo, si utilizza il processo elettrolitico delle soluzioni acquose per argentare, dorare o cromare diversi oggetti. Se ad esempio si mette un anello a mo’ di catodo in una soluzione di cloruro d’argento (Ag+ + Cl-), l’argento si depositerà sull’anello. Contemporaneamente, l’acqua viene scomposta per elettrolisi, l’idrogeno gassoso va al catodo e l’ossigeno all’anodo. Questo procedimento potrebbe sembrare la soluzione più efficace e meno inquinante per produrre l’idrogeno (dal 70 all’85% di rendimento). Per contro, non risulta essere la più economica e, nel caso in cui l’elettricità necessaria fosse prodotta da una centrale termica, presenterebbe un bilancio negativo in termini di emissioni di gas ad effetto serra rispetto al processo di reforming del metano con vapore. Oggi, l’elettrolisi rappresenta meno dell’1% della produzione di idrogeno, viene utilizzata solo con dell’elettricità a buon mercato oppure per assorbire un eccedente di elettricità prodotto da una diga isolata (ad esempio quella Assouan in Egitto) o ancora per produrre idrogeno molto puro. Ciò nonostante, potrebbe essere una soluzione allettante, poiché un litro di acqua contiene la quantità di idrogeno sufficiente a produrre 2 kWh d’elettricità con un rendimento del 45%, per mezzo di una pila a combustibile in cui avviene la reazione inversa dell’elettrolisi, ossia la produzione di elettricità a partire dalle reazioni elettrochimiche dell’idrogeno e dell’ossi15


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geno agli elettrodi. Purtroppo, però, l’avidità dell’idrogeno nei confronti dell’ossigeno causa problemi di isolamento, stoccaggio, distribuzione e di messa in sicurezza della combustione da eventuali esplosioni. 9 – Fotodissociazione Le piante e le alghe partecipano naturalmente al processo di fotodissociazione dell’acqua. Per effetto dei raggi solari, al termine delle complesse reazioni biochimiche di fotosintesi, esse liberano nell’atmosfera l’ossigeno dell’acqua che hanno assorbito; l’idrogeno invece, resta nella pianta, associato alle molecole organiche. Per garantire un futuro energetico idilliaco e non inquinante, l’ideale sarebbe trovare una soluzione economica per dissociare l’acqua del mare, fonte sostenibile, in ossigeno e idrogeno gassoso. Negli Stati Uniti e in Giappone, si stanno sviluppando dei centri di ricerca per esplorare l’utilizzo di microrganismi, quali i cianobatteri, alghe verdi unicellulari, per la produzione di gas idrogeno attraverso la fotodissociazione dell’acqua. L’alga più comune, il Prochlorococcus, scoperta nel 1988, abbonda nell’acqua del mare (100 milioni di cellule per litro). In condizioni normali, il processo di liberazione dell’idrogeno si interrompe abbastanza rapidamente, poiché l’enzima che ne è responsabile, l’idrogenasi, si trova a essere immediatamente inibito dall’ossigeno molecolare sviluppato in parallelo dalla fotosintesi. L’obiettivo a termine è quello di evitare questa inibizione, modificando geneticamente le alghe in modo da far loro produrre delle idrogenasi insensibili all’ossigeno. Si potrebbe addirittura sperare, riproducendo il funzionamento degli esseri viventi, di sintetizzare dei catalizzatori artificiali per la produzione di idrogeno attraverso la fotodissociazione dell’acqua. 16


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10 – Osmosi, osmosi inversa Sciacquarsi gli occhi con acqua dolce piuttosto che con una soluzione fisiologica irrita gli occhi. Grazie al fenomeno dell’osmosi, infatti, l’acqua cerca di penetrare nelle cellule della cornea per riequilibrare le differenze di concentrazione salina tra acqua dolce e acqua delle cellule. Quando due soluzioni sono separate da una membrana semi-permeabile (la cornea, in questo caso) che lascia passare solo un solvente (l’acqua), quest’ultimo si diffonde dalla soluzione più diluita (l’acqua dolce) alla soluzione più concentrata (l’acqua delle cellule). I fenomeni di osmosi giocano un ruolo fondamentale per la vita delle cellule. Se si applica una pressione via via maggiore alla soluzione concentrata, il flusso d’acqua trasferito per osmosi dapprima diminuisce, poi si arresta (quando la pressione raggiunge la pressione osmotica), per infine invertirsi. È il fenomeno dell’osmosi inversa. Tra tutti i procedimenti di filtrazione chimica ( 54), l’osmosi inversa è quello che utilizza le membrane più dense, con dei pori dell’ordine di un nanometro. L’osmosi inversa ha due tipi di applicazione a seconda che ci si interessi al solvente per la desalinizzazione ( 56) dell’acqua del mare e per la filtrazione delle acque, o al concentrato di prodotti trattenuti dalla membrana (ad esempio nell’estrazione delle proteine del siero del latte nell’industria alimentare). L’osmosi inversa permette di concentrare diversi soluti in una stessa soluzione utilizzando delle membrane selettive e nello stesso tempo di ottenere dell’acqua molto pura. Questo procedimento è diventato la tecnica primaria utilizzata per la dissalazione dell’acqua del mare, rispetto soprattutto alla distillazione, grazie ai progressi realizzati negli ultimi dieci anni sulla durata di vita delle membrane e grazie anche alla possibilità di recuperare l’energia della pressione prodotta per provocare l’osmosi inversa. Essa fornisce elevate prestazioni con consumi di energia sempre più bassi e si pratica a temperatura ambiente. Il procedimento di distilla17


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zione, invece, resta il più competitivo solamente in presenza di flussi di velocità molto alte e nei siti per i quali si dispone di energia a basso prezzo. 11 – Idraulica Che sia Nabucodonosor nei giardini pensili di Babilonia o il re assiro Sennacherib nel suo palazzo di Ninive o ancora Luigi XIV a Versailles (la gigantesca macchina di Marly), nei secoli i monarchi hanno cercato di domare l’acqua e i fenomeni a essa legati per vantare la loro gloria. È abbastanza evidente come l’idraulica sia stata una delle prime scienze applicate: per impiegare, gestire l’acqua statica o in movimento, per sfruttare la forza dell’acqua, bisogna infatti conoscerne le leggi. L’acqua è molto poco compressibile e ritrasmette la pressione che le viene fatta subire. Questo principio è stato per millenni sperimentato per la gestione dei corsi d’acqua (canali, porti, chiuse), per costruire dighe ( 31) e per l’irrigazione ( 34). La costruzione di presse, freni e pompe ad ariete idrauliche, viti d’Archimede per sollevare l’acqua, ascensori idraulici, mulini ad acqua e turbine era limitata a un livello di semplice sperimentazione fino a quando il «carbone bianco», energia idroelettrica rinnovabile, non impressionò i visitatori dell’Esposizione Universale del 1889. Sebbene le equazioni alla base della meccanica dei fluidi fossero conosciute già dal XVIII secolo, le turbine sono state perfezionate col tempo in seguito a prove ed errori. Il fluido che vi scorre si deforma in maniera continua, formando geometrie molto variabili. Il deflusso può essere stazionario o turbolento. Senza l’elevata capacità di calcolo dei computer, risulta essere difficile risolvere queste equazioni nell’applicazione ai casi pratici. Con l’aiuto del CAD (Computer Added Design – progettazione assistita dall’elaboratore), l’idraulica digitale ha por18


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tato a dei progressi spettacolari nell’ottimizzazione delle turbine, nello studio del regime dei corsi d’acqua e nella risoluzione dei problemi legati all’erosione e all’inquinamento. Essa permette di simulare ogni sorta di deflusso immaginabile. 12 – Colpo d’ariete Chi non ha mai sentito il rumore di un colpo violento nei tubi al momento della chiusura brusca di una valvola? Si tratta del cosiddetto «colpo d’ariete», il quale rappresenta una vera minaccia per le tubature e gli impianti idraulici ( 11). Il fenomeno si verifica quando la velocità di un deflusso viene bruscamente modificata dalla chiusura di una valvola, di un rubinetto o a causa del malfunzionamento di una pompa. La brutale variazione d’energia cinetica del fluido dovuta allo scontro dell’acqua, difficilmente compressibile, con l’ostacolo deve essere dissipata. Trasformata in energia interna, essa provoca degli sbalzi di pressione che si propagano attraverso delle onde d’urto le quali raggiungono tutti i punti del sistema di tubature alla velocità del suono nell’acqua, ossia più di 1000 m/s, quasi senza nessuna attenuazione (in assenza di sistemi anticolpo d’ariete). L’energia si dissipa producendo come risultato finale una deformazione del sistema idraulico, come quella che subirebbe un camion scontrandosi contro un muro. Nelle condotte domestiche, i colpi d’ariete non comportano conseguenze, poiché le sezioni dei tubi sono piccole e la chiusura dei rubinetti praticamente non è mai così brusca. Per contro, le valvole delle centrali idroelettriche, delle stazioni di pompaggio e i rubinetti d’isolamento della rete di distribuzione dell’acqua sono equipaggiati di sistemi anticolpo d’ariete per proteggere gli impianti. Per limitare la sovrapressione che è all’origine del colpo d’ariete, sono possibili diverse soluzioni. Si può aggiungere alle condotte un sistema deformabile (in generale un cuscino 19


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d’aria comprimibile), far rifluire l’acqua per altre vie (i canali adduttori degli acquedotti [ 93] romani e le moderne condotte forzate), impedire l’arresto brusco delle pompe con un volano, installare un rubinetto a motore la cui apertura e chiusura sia calcolata da un software. I Romani, molto pragmatici, avevano dotato i loro acquedotti di sistemi anticolpo d’ariete efficaci anche se sulla base di teorie sbagliate, in quanto la teoria fisica e le formule matematiche del fenomeno del colpo d’ariete furono definite solo agli inizi del XX secolo. 13 – Idrologia L’acqua è diventata un bene prezioso. Per poter continuare a soddisfare i suoi bisogni idrici, ogni persona responsabile dovrebbe prendere coscienza del ciclo dell’acqua ( 27), dal quale dipende la disponibilità e la qualità dell’acqua nel tempo e nello spazio. L’idrologia, la scienza che studia in maniera generale l’acqua sulla Terra, sulla superficie, nel sottosuolo, nell’aria e nei mari, è una vasta tematica che comprende la circolazione delle acque, le loro proprietà chimico-fisiche, biologiche e le loro interazioni con l’ambiente e gli esseri viventi. Le considerazioni spazio-temporali e le implicazioni di carattere sociale sono così vaste che è praticamente impossibile comprendere appieno i fenomeni idrologici. Si parla di idrologia urbana, di bacino idrografico, di idrologia marina e di superficie, di idrologia medica; quest’ultima studia i giacimenti d’acqua destinati alla captazione ( 68) in ambiente naturale, le proprietà terapeutiche delle acque minerali ( 46), ma anche i problemi d’igiene legati agli inquinanti idrici ( 49). Per comprendere in concreto il campo d’azione dell’idrologia moderna, è interessante fare riferimento alla definizione delle funzioni di un ingegnere idrologo. Specialista dello studio del ciclo dell’acqua, in particolare della fase compresa tra 20


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le precipitazioni e il deflusso nei corsi d’acqua, l’idrologo ne controlla la qualità lungo tutto il suo percorso, dalla sorgente fino alla sua distribuzione. L’idrologo analizza le acque dei fiumi e delle falde sotterranee, informa gli industriali o gli agricoltori sulla nocività dell’utilizzo di alcuni dei loro prodotti e li incoraggia a inquinare meno. Infine, effettua una veglia tecnologica permanente per sorvegliare l’introduzione e il grado di nocività di nuovi inquinanti. Il suo mestiere si avvicina a quello del meteorologo, dell’oceanografo e dell’ingegnere idraulico ( 11) quando studia gli effetti delle precipitazioni, infiltrazioni, evaporazioni e del ruscellamento delle acque sui regimi idrologici. Assomiglia, invece, a quello di un ingegnere civile quando misura le conseguenze dello sviluppo territoriale e a quello del chimico e del biologo quando studia gli effetti degli inquinanti. 14 – Acqua libera L’acqua libera si comporta come l’acqua pura, concetto molto relativo, perché l’acqua perfettamente pura non esiste in natura, come testimoniato dalle difficoltà incontrate dai ricercatori nel fare esperimenti con acque che non presentino traccia alcuna di microrganismi e sostanze minerali. La nozione di acqua libera permette ai ricercatori di distinguere la dinamica dell’acqua associata agli ioni o alle molecole (sia organiche che non) e l’ambiente acquoso continuo. Ad esempio, attraverso la spettroscopia infrarossa si osserva che i gruppi ossidrilici OH vibrano a frequenze diverse a seconda che siano legati o meno da legami idrogeno. L’acqua libera ha delle proprietà diverse dall’acqua strutturata ( 15), detta «biologica». L’acqua libera è più mobile, presenta dei legami idrogeno con durata di vita più breve, i quali formano delle strutture composte da due a cinque molecole d’acqua (rispetto al migliaio presente nelle sfere di idra21


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tazione delle biomolecole). L’acqua libera liquida non è quindi costituita da molecole H2O ( 1) completamente libere! 15 – Acqua strutturata Se le cellule viventi, composte per la maggior parte d’acqua, sono così ben strutturate, è perché l’80% delle molecole d’acqua che esse contengono formano, intorno alle macromolecole cellulari, un microfilm di circa 1,1 nanometri, dando un’immagine diretta delle superfici molecolari in esso avvolte. In tal modo, le biomolecole possono essere rivestite di uno o due strati di molecole d’acqua, collegate da legami idrogeno alle zone idrofile ( 5) e strutturate in clatrati ( 4) intorno alle zone idrofobe. Il primo strato di acqua strutturata (acqua legata o interfacciale), difficilmente alterabile, gioca il ruolo di elemento di controllo principale; il secondo strato, invece, funziona soprattutto da serbatoio. Gli scambi tra i due strati permettono all’acqua interfacciale di svolgere la sua funzione generale di regolatore. L’acqua strutturata gioca un ruolo fondamentale per il mantenimento della struttura tridimensionale delle biomolecole. Ad esempio, il peso dell’acqua associata a una molecola di DNA in una cellula è superiore al peso della molecola stessa di DNA. In base alle condizioni di temperatura, di pressione e di pH ( 7), i legami idrogeno modificano le caratteristiche del donatore e del ricevente e permettono all’acqua interfacciale di contribuire all’attività delle biomolecole, controllando le loro associazioni e dissociazioni reversibili. In funzione della sua posizione, l’acqua controlla le reazioni che presuppongono un riconoscimento topologico di una molecola. Attraverso una maggiore o minore solvatazione ( 6) degli ioni, l’acqua può escluderli momentaneamente dalle reazioni chimiche e trasportarli. 22


I – Fisica, chimica e biologia

I movimenti avvengono in maniera decisamente più rapida in un’acqua strutturata rispetto a un’acqua libera, e i rendimenti delle reazioni chimiche del metabolismo sono vicini al 100%. 16 – Acqua corporea Il corpo umano è costituito in media per il 70% da acqua (95% in un embrione di tre giorni, 75% in un neonato, dal 70% al 60% in un adulto, 55% in una persona anziana). Le cellule ne contengono i due terzi. Il terzo restante si divide tra il sangue (3,5 litri) e la linfa (10 litri), grande serbatoio da cui le cellule traggono nutrimento e nel quale espellono gli scarti. Non ci si deve quindi meravigliare del fatto che l’acqua sia, ancor più del cibo, un elemento vitale per l’uomo, il quale può sopravvivere più di un mese senza mangiare, ma non più di tre giorni senza bere. Una perdita del 15% di acqua gli sarebbe fatale. La disidratazione rende il sangue più viscoso e più difficile da pompare, di conseguenza il cuore si affatica e l’ossigeno ha difficoltà ad arrivare ai muscoli durante lo sforzo. La sensazione di sete è il primo segnale d’allarme che il cervello invia quando le riserve d’acqua dell’organismo diventano insufficienti. Una sete cronica comporta un invecchiamento prematuro delle cellule per disidratazione. L’acqua di cui sono costituiti i diversi liquidi del corpo attraversa per osmosi ( 10) le membrane che li separano in modo da garantire una corretta distribuzione nell’organismo delle sostanze vitali come l’ossigeno, i sali minerali, il glucosio, gli aminoacidi e le vitamine. L’acqua strutturata ( 15) del corpo coordina l’insieme delle reazioni chimiche necessarie alla vita. Gli enzimi veicolati dall’acqua corporea permettono l’idrolisi delle grandi molecole degli alimenti, trasformandole in molecole capaci di attraversare la mucosa intestinale. 23


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