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Alain Bauer Roger Dachez
Le 100 parole della
MASSONERIA
puf
GREMESE
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PREFAZIONE Riassumere la massoneria in «100 parole » è più che una sfida: si tratta di un lavoro a dir poco impossibile. Dedicandosi alla ricerca della parola perduta, la massoneria si dotò ben presto di un corpus filosofico considerevole e di una vasta letteratura che include migliaia di opere, spesso poco accessibili. Ciò nonostante, con il presente volume abbiamo voluto rispondere alla domanda legittima di chiunque desideri avere a disposizione un piccolo «breviario laico», che agevoli la comprensione delle componenti fondamentali di un’istituzione singolare e, in fin dei conti, poco conosciuta, prima di lanciarsi in un’avventura di tale portata. Dobbiamo comunque ammettere senza reticenze che ci siamo trovati a operare delle scelte, privilegiare alcuni temi, nomi o concetti (e di conseguenza a ometterne altri). Ci siamo però sforzati, nel limite delle nostre capacità, a offrire un’immagine il più simile possibile alla diversità reale del paesaggio storico, intellettuale e umano della massoneria. Contraria per natura a ogni approccio riduttivo, la massoneria, sebbene sia spesso vittima di descrizioni semplicistiche – favorevoli oppure ostili –, mostra in realtà di possedere dei volti molteplici, che all’apparenza possono risultare contraddittori. Tale caratteristica non deve sorprendere, ma rappresenta senza dubbio una difficoltà per chiunque intenda af5
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frontare l’argomento. Questo esercizio di sintesi, che consiste nel descriverla attraverso «100 parole», consente, in un certo senso, di superare l’ostacolo. Seguendo a volte una trattazione non prevedibile, oppure al contrario un percorso tracciato e continuo che favorisce i rimandi all’interno del testo, si scopriranno senza dubbio diversi aspetti dell’istituzione massonica alquanto contrastanti. Per essere precisi, l’idea centrale che noi vogliamo trasmettere è questa: nonostante tutto quello che si è detto riguardo alla massoneria – e ciò che si continuerà a dire, qualsiasi cosa accada –, essa non è un mondo in cui regna una verità unica e intangibile, ma è piuttosto un universo di valori e di cultura dove ciascuno ha il compito di costruirsi da sé, contribuendo così a edificare la città umana. Per concludere, anziché proporre una lista puramente alfabetica, il testo è stato diviso in sette parti tematiche, di varia lunghezza, per offrire un approccio più analitico.
All’interno dell’opera, l’asterisco situato a destra delle parole indica che il termine in oggetto costituisce una voce distinta. Per ritrovarla il lettore può consultare il glossario (p. 123). 6
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Capitolo I STORIA DELLA MASSONERIA 1 – Operativi e Speculativi Il mito fondatore: nel Medioevo, un po’ in tutta Europa, alcuni muratori (apprendisti e membri di una corporazione, talvolta divenuti maestri) operavano sui cantieri delle cattedrali in un tempo in cui l’Europa si rivestiva di un «bianco manto di chiese» (Raoul Glaber, XI secolo). Si tratta degli «Operativi», massoni che edificavano dei templi materiali con le proprie mani e in questo modo rendevano gloria a Dio. Questi si riunivano di mattina e pomeriggio, per ristorarsi e riposarsi, e la sera per preparare il lavoro dell’indomani, riordinare gli utensili e istruire i più giovani, in una semplice baracca poggiante, nella maggior parte dei casi, sul lato settentrionale del cantiere: la «loggia*». In seguito alla Riforma, nel corso degli anni i cantieri si fecero più rari, in particolare in Inghilterra e Scozia. Soprattutto in quest’ultimo paese, secondo un’ipotesi che ha prevalso a lungo, alcuni notabili locali furono ammessi nelle logge per sostenere i fondi d’aiuto. Con il passare del tempo, questi membri onorari sarebbero divenuti maggioritari e tali gentleman masonsi avrebbero alla fine fatto sì che la massoneria da operativa diventasse speculativa. Gli «Speculativi» si sarebbe7
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ro infatti preoccupati di costruire degli edifici intellettuali e non più solo materiali. Essi furono i precursori dei massoni odierni. La storiografia recente ha reso giustizia alla storia della massoneria, sostituendo questa leggenda con uno sviluppo in realtà più complesso. È ben più probabile che i gentleman masons, i quali in genere non si rivedevano mai più nella loggia che li aveva ricevuti, abbiano finito per costituire la loro rete privata di «massoni liberi» (free masons), da cui proviene di fatto la massoneria moderna. Allo stesso tempo, nel XVII secolo, periodo in cui la Gran Bretagna era nel pieno di incessanti conflitti politici e religiosi – e il solo fatto di esporre le proprie opinioni poteva costare la vita –, le società discrete, se non segrete, erano numerose. Questi primi massoni speculativi, spesso appassionati di ermetismo* ma anche di scienza (come Ashmole* o Moray), avevano tutto l’interesse a esprimersi sotto il velo degli emblemi e delle allegorie, anche se le loro preoccupazioni non si concentravano più realmente nella costruzione di cattedrali. Ma non importa: la metafora operativa della massoneria rimane la sua forza più grande. Il riferimento mitico (e quindi sempre attuale) alla «edificazione del tempio ideale» le fornisce la base del suo universo simbolico e gli elementi del suo metodo. Speculativi o Operativi che siano, da sempre i massoni «glorificano il lavoro», di qualsiasi natura. 2 – Compagnonaggio In questo caso si tratta di un malinteso. Il Compagnonaggio è un’organizzazione che apparve verso il XV secolo un po’ in tutta Europa e che costituì allora 8
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una delle prime forme d’organizzazione dei muratori («Compagni») per proteggersi dall’onnipotenza dei loro padroni («Maestri»). Le loro assemblee saranno del resto spesso malviste da parte dei poteri pubblici e accusate di fomentare rivolte. Sin dalle origini esso fu innanzitutto una scuola professionale senza pari, fondata sulla trasmissione del savoir-faire degli anziani ai più giovani, lungo un percorso che li portava a fare il «Tour de France». Dopo molte dispute – famosi sono, soprattutto nel XIX secolo, i conflitti talvolta sanguinosi tra i vari «Doveri» (le diverse famiglie del Compagnonaggio) –, l’istituzione ha trovato il suo equilibrio. Coniugando l’eccellenza tecnica e una certa etica «dell’opera bella», essa costituisce ai giorni nostri una sorta di aristocrazia dei mestieri della costruzione e di molte altre aree di attività. Ma il Compagnonaggio non s’identifica in modo puro e semplice con la massoneria operativa. Esso costituì solo una delle forme d’organizzazione dei muratori a partire da una certo periodo. Nel secolo XVII la massoneria speculativa, che indirettamente ha tratto le sue origini dagli Operativi in Gran Bretagna, non aveva alcuna relazione con il Compagnonaggio. Nel XVIII secolo in Francia i Compagni non erano nemmeno ammessi nelle logge massoniche per colpa del loro statuto sociale. Nel corso del XIX secolo, sempre in Francia, l’evoluzione intellettuale dei massoni li portò a difendere delle posizioni più progressiste. La riscoperta del Compagnonaggio diede allora a molti di essi, impegnati nella lotta sociale, la possibilità di una sorta di ritorno alle fonti operaie: a partire dal XV secolo i Compagni, in virtù di una nuova leggenda di fondazione, avrebbero così lottato per la Repubblica* e la laicità*. Si crearono dei contatti molto forti persino al momento della Comu9
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ne di Parigi* quando i Compagni e i massoni si schierarono insieme. Resta il fatto che le relazioni tra le due istituzioni non sono sempre state semplici. Sebbene ai giorni nostri esista qualche appartenenza incrociata, il Compagnonaggio tiene spesso a distanza la massoneria ritenendola ben lontana dal suo obiettivo. Durante l’Occupazione, lo Stato di Vichy autorizza la rinascita di un Compagnonaggio «rinnovato» opponendolo in modo netto alla massoneria allora proibita e perseguitata. I massoni non presero dal Compagnonaggio gli strumenti e i riti* di cui si servono. Tale prestito (poiché ve ne fu uno) fu operato nel corso dei secoli XVII e XVIII quando alcuni intellettuali, attingendo da una tradizione iconografica alla portata di tutti, forgiarono l’armatura simbolica di una società di pensiero. Ciò che sorprende ancora di più è sapere che molti usi attuali del Compagnonaggio furono addirittura copiati nel corso del XIX secolo su quelli della massoneria... 3 – Ordine del Tempio Né mito, né confusione. Bensì errore e, molto più spesso, puro delirio. È solo verso la fine del XVII secolo che ci si ricorda dell’Ordine del Tempio, di questi monaci-soldati divenuti una delle più grandi potenze finanziarie d’Europa, il cui ordine fu distrutto all’inizio del XIV secolo dagli assalti congiunti del papa e del re di Francia che se ne spartirono i beni. L’Ordine fu martire, è vero, ma poco a poco si costituì la leggenda di una sorta di dottrina segreta dei Templari, una gnosi enigmatica di cui gli storici contemporanei non hanno mai ritrovato traccia (lo stesso vale per le leggende sul favoloso tesoro che ancora occupa lo spirito e le attenzioni di migliaia di creduli in tutto il mondo). La sola eredità tangibile di ta10
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li divagazioni è il mercato di truffatori di ogni sorta che creano ogni mese un nuovo Ordine del Tempio e il numero illimitato di libri che rivelano tutti i suoi segreti, generando del resto profitti incontestabili! Ma la massoneria, così come ha preso in prestito la simbologia degli strumenti dai costruttori delle cattedrali, si è anche ispirata all’Ordine del Tempio (dal quale però non deriva in nessun modo) nel fare rivivere i valori cavallereschi. Infatti, oltre a voler essere muratori dello spirito, i massoni speculativi hanno presto desiderato diventare anche dei cavalieri di un’ideale. Sin dalla prima metà del XVIII secolo, i primi gradi di perfezionamento, ancora chiamati alti gradi*, riprendono il tema cavalleresco e fanno nascere una cavalleria massonica che incoraggia il massone a portare in modo simbolico «la cazzuola in una mano e la spada nell’altra» e a diventare il difensore dei valori morali e spirituali dell’Ordine. Alcuni di questi gradi, come nel Rito Scozzese Antico e Accettato* o nel Rito Scozzese Rettificato*, hanno chiaramente preso l’Ordine del Tempio come modello di una cavalleria che potremmo definire «speculativa». L’importante in questo caso è ancora una volta non confondere il modello con l’origine. 4 – Ermetismo L’alchimia, l’arte di Ermete Trismegisto, ha fornito alla simbologia massonica degli spunti significativi. Anche qui, però, è necessario comprendere bene il senso: la tradizione ermetica è una fonte d’ispirazione della massoneria, in particolare di alcuni dei suoi gradi e dei suoi Riti*; tuttavia, le logge non hanno mai accolto al loro interno degli improbabili alchimisti in cerca di un asilo sicuro e segreto per scappare dalla persecuzio11
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ne, come non hanno accettato i Templari sfuggiti al rogo. La pratica dell’alchimia è attestata in Occidente sin dall’epoca ellenistica, ma la riscoperta nel XV secolo del Corpus Hermeticum, un vero e proprio thesaurus del sapere alchimistico antico, ha offerto a quest’arte una vera e propria nuova gioventù in Europa. Il Rinascimento neoplatonico, le cui basi sono state gettate da Pico della Mirandola (1463-1494) e Marsilio Ficino (1433-1499), ha reso l’opera alchimistica un’allegoria dell’Iniziazione*. La pietra filosofale, al di là delle sue applicazioni immediate e materiali – la trasformazione dei metalli vili in oro e la creazione dell’elisir di lunga vita –, possedeva un significato più elevato: essa rappresentava il segnale tangibile che la ricerca spirituale dell’alchimista era giunta al termine e che, cosa ben più importante, la sua anima aveva subìto una trasformazione. L’athanor, o forno alchimistico, diveniva così un simbolo dell’alchimista stesso che fecondava in sé l’Uovo filosofale. Tale associazione diventerà molto comune e, ancora agli inizi del XVII secolo, i manifesti dei Rosa Croce*, in particolare Le nozze chimiche di Christian Rosenkreuz (1616), spingeranno oltre la metafora alchimistica proponendo una riforma generale degli spiriti e l’avvento in Europa della Città ideale e di una vera repubblica cristiana. Alcuni dei primi intellettuali della massoneria speculativa – in particolare Elias Ashmole* (1617-1692), che fu iniziato in una loggia a Warrington nel 1646 – sono rappresentativi di questa corrente di pensiero che vedeva nell’alchimia un metodo intellettuale. Senza contare che per altri, altrettanto importanti, i suoi risultati materiali non erano in contraddizione con i progressi della nuova scienza. Basta pensare a Isaac Newton (1642-1726), studioso di giorno e alchimista e mago di notte, che ebbe tra 12
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i collaboratori più stretti John Teophilus Desaguliers* (1683-1744), il quale sarà uno dei principali fondatori della massoneria moderna e Gran Maestro della Gran Loggia di Londra a partire dal 1719. Alcuni usi del rituale massonico, come il gabinetto di riflessione*, sono ancora oggetto di interpretazioni di chiaro stampo alchimistico, e alcuni alti gradi*, quali il Cavaliere del Sole, alludono in modo evidente all’insegnamento ermetico. Bisogna tuttavia riconoscere che gli autori massonici all’origine di questi riferimenti non hanno purtroppo più dimostrato una conoscenza sufficiente dei testi né una comprensione corretta della dottrina alchimistica, dando origine a sviluppi a volte discutibili che ingombrano alcuni rituali. 5 – Cabala Esprimendo una dimensione mistica o, per meglio dire, teosofica del giudaismo, la cabala – dall’ebraico kabbalah, che significa «ricezione» o «tradizione» – è stata talvolta definita come «parte della Torah». Nella tradizione ebraica essa rappresenta una corrente esoterica che, attraverso un’esperienza personale, si sforza di fornire a colui che si dedica al suo studio e alla sua pratica qualche risposta essenziale sull’origine dell’universo, il ruolo dell’uomo nel mondo e il suo futuro. Se alcune delle nozioni fondamentali del sistema sono già presenti nel Sefer Yetzirah o «Libro della formazione» (un piccolo testo apparso tra il II e il VI secolo), è soprattutto nello Zohar o «Libro dello splendore» (un commentario del Pentateuco e del Cantico dei Cantici redatto nel secolo XIII da Mosè de León) che viene esposta la gran parte dei concetti chiave della cabala. Durante il Rinascimento, fu progettata una «cabala 13
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cristiana» che avrebbe integrato i dati ebraici reinterpretandoli alla luce di un cristianesimo aperto alle sue origini veterotestamentarie e ormai concepito come il risultato di una tradizione mistica risalente a Mosè. Tale progetto, spesso in contrasto con l’ortodossia cattolica, permise l’introduzione di nuovi procedimenti quali, innanzitutto, lo studio dei testi sacri (in particolare, giocando sull’equivalenza numerica delle lettere dell’alfabeto ebraico attraverso la tecnica della cosiddetta «gematria») e di nuove immagini simboliche che permettono di rappresentare l’ascensione dell’anima verso il suo principio, in particolare attraverso l’albero sefirotico. È nel corso del XVIII secolo, soprattutto in alcuni alti gradi*, che tali influenze si sono manifestate poco a poco nella massoneria. Come per gli elementi presi in prestito dall’ermetismo*, quella che fu instillata nei rituali massonici fu una cabala compresa più o meno bene, anche se talvolta sfigurata in modo radicale o semplificata oltraggiosamente. Alla fine del XIX secolo, autori quali Eliphas Levi (1810-1875) – lui stesso massone per un periodo della sua vita –, ricollegandosi alla corrente occultista, resero addirittura popolare una cabala pressocché interamente sognata, in particolare nel best-seller intitolato Dogma e rituale dell’alta magia che ispirerà direttamente la riscrittura di alcuni gradi del Rito Scozzese Antico e Accettato* negli Stati Uniti. Tale approccio, talvolta molto approssimativo, si ritrova nel dott. Gerard Encausse, detto Papus (1865-1916), esponente di una massoneria marginale sì, ma molto attiva, agli albori del XX secolo. Oggi numerosi validi esperti della storia della cabala reputano abbastanza rudimentale la cabala dei massoni. È tuttavia in parte grazie a tali menzioni cabalistiche che si è sviluppata pian piano la tesi dell’esistenza di una «massoneria giudaica*».
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6 – Rosa Croce Tra il 1614 e il 1616, si pubblicano in Germania tre testi enigmatici: la Fama, la Confessio e le Nozze chimiche. Esse evocano una fraternità misteriosa che perpetua il ricordo e l’insegnamento di un fondatore mitico, Christian Rosenkreuz, morto nel 1484, la cui tomba, situata in una cripta profonda e segreta, era stata ritrovata provvidenzialmente dai fondatori. Il progetto della fraternità dei Rosa Croce, come si facevano chiamare, era di propagare attraverso l’Europa un messaggio di pace. Il successo dei manifesti fu subito prodigioso e si estese a tutta l’Europa. Gli spiriti più brillanti, e tra di loro Robert Fludd (1574-1637) o anche Renato Cartesio (15961650), tenteranno invano di entrare in contatto con i misteriosi Fratelli della Rosa Croce: si verrà a sapere ben più tardi da Johannes Valentinus Andreae (15861654), uno degli autori di queste rivelazioni, che tutto ciò non era altro che un ludibrium, un gioco, per non dire uno scherzo, un «gioco serio» (lusus serius) destinato a svegliare le intelligenze e a toccare i cuori. I Rosa Croce, circolo di giovani idealisti che studiavano a Tübingen, avevano come ambizione principale quella di esporre una semplice questione: i cristiani non avevano niente di meglio da fare che dilaniarsi tra di loro, come facevano da oltre mezzo secolo, in nome delle virtù evangeliche? Per prudenza, questi «Fratelli invisibili» avevano preferito l’anonimato ed erano ricorsi alla fiaba della confraternita segreta e sconosciuta. Ben presto però i testi sfuggirono ai loro autori. Nacque così la «tradizione rosacruciana». Molti autori, che non sapevano nulla sui Rosa Croce (a ragione), ripresero allora il loro progetto. Visto che i discorsi dei manifesti erano alchimistici, allusivi ed esoterici, si proseguì sulla stessa via. «Rosa Croce» divenne un tito15
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lo non protetto. Nel XVIII secolo prolifereranno gli pseudo-Rosa Croce e diverse società che trovavano spesso ispirazione nell’ermetismo* si approprieranno di questo nome. Bisogna aspettare la metà del XVIII secolo perché la massoneria s’ispiri a sua volta a essi. Da tale ripresa nasceranno diversi alti gradi* ma soprattutto quelli di Cavaliere o Sovrano Principe Rosa Croce. I rituali presentano solo dei legami di contenuto e non di filiazione con i manifesti dei Rosa Croce originari, questo è certo. Di chiaro stampo cristiano, essi figurano tuttavia, ancora oggi, tra i primi posti della struttura che attribuisce i gradi massonici. Nel 1867 in Inghilterra, fu creata la Societas Rosicrucian in Anglia (SRIA) tuttora attiva. Questa, riprendendo una scala di gradi in uso in Germania in alcuni circoli rosacruciani nel corso del XVIII secolo, ma senza alcun legame con essi, si presenta innanzitutto come una società di studi consacrata ai «grandi problemi della scienza e della natura». Il suo accesso è riservato ai massoni che professano una fede cristiana trinitaria, sebbene non possa essere considerata un’organizzazione massonica di alti gradi nel vero senso della parola. Bisogna infine distinguere in modo accurato, dalla Rosa Croce massonica, gli ordini rosacruciani moderni che includono l’AMORC (Antico e Mistico Ordine della Rosa Croce) e l’Associazione rosacruciana (Rosicrucian Fellowship), di origine americana, che hanno un’estensione mondiale. Essi sono per la gran parte delle creazioni recenti – fine del XIX secolo, se non XX secolo –, si basano su delle filiazioni del tutto illusorie e diffondono degli insegnamenti sincretici e abbastanza confusi tratti dall’ermetismo*, dalla cabala* e da una pretesa saggezza egiziana, che lasciano scettici gli esperti del settore. 16
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7 – Costituzioni di Anderson All’epoca della sua costruzione, nel giugno 1717, la prima Gran Loggia di Londra non era altro che la riunione annuale di «quattro logge e di alcuni fratelli anziani». La sua funzione essenziale era di gestire la Cassa comune (Common box) per l’aiuto reciproco dei membri, tutti artigiani e piccoli bottegai in generale di condizioni modeste. Due anni dopo cambia tutto: John Theophilus Desaguliers* ne diventa Gran Maestro, e insieme a lui tutta l’aristocrazia legata alla giovane dinastia Hannover, così come i membri più brillanti della Royal Society (di cui lo stesso Desaguliers è una personalità di rilievo), invadono la Gran Loggia per dirigerla senza condivisione di potere. Per consolidare l’autorità morale della prima forma delle obbedienze*, fu necessario inventare una storia brillante e assegnarle delle origini antiche. È così che nel 1720 il Gran Maestro che era succeduto a Desaguliers, George Payne (?-1757), ordinò la redazione di una Storia del Mestiere e di nuove Costituzioni – ovvero regole di funzionamento –, affidando tale compito al Reverendo James Anderson (1680-1739), un pastore presbiteriano d’origine scozzese. La grande abilità di questo laborioso ma efficace compilatore fu di basarsi su testi tradizionali venerati dai vecchi massoni di mestiere, gli Antichi Doveri (Old Charges), i cui primi scritti risalivano alla fine del XIV secolo o all’inizio del XV (il manoscritto Regius va datato intorno al 1390 e quello di Cooke al 1420 circa). Si trattava in realtà di una riscrittura in profondità che aveva lo scopo di fondare la legittimità di un’istituzione del tutto nuova, la Gran Loggia di Londra, la quale si presentava anche come l’erede legittima di un glorioso e lontano passato. Tale lavoro, completato nel 1723, fu adottato dalla Gran 17
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Loggia. Questo testo diventerà il modello e la matrice di tutti i regolamenti massonici del mondo. Tutti i massoni lo considerano come testo fondatore. Le cosiddette Costituzioni di Anderson, molto legate al contesto politico e religioso dell’Inghilterra del periodo, nel loro Titolo Primo, il più famoso («Su Dio e la Religione»), raccomandano ai massoni di adottare una religione «che mette tutti d’accordo, lasciando a ciascuno le proprie opinioni ovvero di essere degli uomini buoni e leali, degli uomini d’onore e probi, indipendentemente dai nomi o le confessioni che li distinguono». Tale orientamento tollerante, universalista o deista – a seconda di come lo si vuole vedere – sarà destinato a segnare a lungo la massoneria. Una seconda versione sarà pubblicata nel 1738 per permettere di rendere più pacifica la relazione tra la Gran Loggia di Londra (in seguito chiamata «Gran Loggia dei Moderni») e i sostenitori di una massoneria più cristiana che si ritroveranno, qualche anno più tardi, nella Gran Loggia «degli Antichi». Bisognerà aspettare la formazione della Gran Loggia Unita d’Inghilterra*, nel 1813, perché sia istituito un rito comune (e un testo unico delle Costituzioni) che concili tutte queste sensibilità. 8 – Lumi La massoneria è una componente, una fonte o una conseguenza del movimento dei Lumi? Sulla linea cronologica essa si colloca prima dell’epoca dei Lumi, poiché le sue origini immediate risalgono alla seconda metà del XVII secolo. Tuttavia, essa s’inserisce in quella vasta rifondazione intellettuale definita da Paul Hazard «la crisi della coscienza europea 18
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(1680-1715)». Questa rivoluzione toccò tutte le aree del pensiero (scienza, religione, filosofia, letteratura, arte) e le sue conseguenze sociali e politiche furono immense. Essa aprì infatti le porte ai Lumi. Ma il XVIII secolo, durante il quale fioriscono i Lumi, è anche il «secolo d’oro» della massoneria. In Francia in particolare, grazie ai suoi ideali di fraternità, tolleranza* e uguaglianza praticati nelle logge, la massoneria fa vivere un senso di comunità che porta tutti i tratti dei Lumi. O meglio ancora, si è potuto di recente dimostrare che nel nord della Francia e soprattutto nei Paesi Bassi austriaci (l’attuale Belgio) alcune logge furono allora molto influenzate dai «Lumi radicali», una corrente di pensiero che, sulle orme di Baruch Spinoza (1632-1677), sosteneva delle posizioni in campo filosofico, politico o religioso ai tempi considerate estreme. Bisogna però fare attenzione a non semplificare troppo, in quanto la massoneria non era né una Chiesa né un partito (almeno fino al 1871 in Francia). Sebbene si vedranno nelle logge alcune grandi figure dei Lumi – quali Montesquieu, Condorcet, l’abate Grégoire –, altre come Diderot e Rousseau non vi appariranno. Voltaire si prenderà spesso gioco dei massoni prima di essere iniziato, qualche settimana prima della sua morte. Per questo non si sa se l’avesse davvero voluto (ipotesi poco probabile) o se semplicemente avesse lasciato fare. In compenso, tra i membri attivi della massoneria figureranno anche uomini ostili ai Lumi come Joseph de Maistre. Bisogna quindi rendersi conto che a partire dal XVIII secolo la massoneria è diventata un mondo senz’altro complesso.
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9 – Enciclopedia, Enciclopedisti Nel 1736, André Michel de Ramsay (1686-1743), giovane scozzese che viveva a Parigi, scrive un Discorso da pronunciare al cospetto della Gran Loggia. Proclamando il cosmopolitismo come uno dei valori essenziali della massoneria, egli assegna all’Ordine la missione di contribuire alla creazione di un «dizionario universale delle arti liberali e delle scienze utili». Non si trattava forse chiaramente di una prefigurazione dell’Encyclopédie, di questa «macchina da guerra dei Lumi» come la si è talvolta chiamata? Alcuni collaboratori dell’Encyclopédie erano massoni, come lo stesso d’Alambert, ma nelle logge* vi furono anche degli avversari dell’Encyclopédie. Ad ogni modo, anche se la massoneria non fu né iniziatrice né direttrice dell’Encyclopédie, non si può negare che la prospettiva globale dell’opera – che mira all’universalità delle conoscenze, alla condivisione del sapere tra tutti e alla relativizzazione delle opposizioni religiose o filosofiche – si accorda piuttosto bene al progetto intellettuale della massoneria. Bisogna anche ricordare che fu nell’appendice dell’Encyclopédie pubblicata nel 1773 che si ritrova, a opera di Jérôme de Lalande (1732-1807), il testo più antico che si conosca sulle circostanze di fondazione della massoneria in Francia. In esso si riporta infatti che, «verso l’anno 1725, lord Derwent-Waters [Derwenwater], il cavaliere Maskelyne [Mac Leane], d’Heguerty [O’Heguerty] e qualche altro Inglese stabilirono una loggia a Parigi in rue des Boucheries, presso Huré, trattoria inglese [...]. La reputazione di questa loggia attirò cinque o seicento fratelli nella massoneria e fece fondare altre logge». In assenza di documenti originali relativi a questa prima loggia parigina, tale estratto 20
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dell’Encyclopédie, intitolato Mémoire historique sur la Maçonnerie, è dunque una fonte della storia massonica francese. 10 – Illuminismo e Illuminati Troppo spesso si dimentica che il secolo dei Lumi fu anche quello degli Illuminati. L’ostilità allora crescente degli ambienti intellettuali nei confronti della religione dominante in Francia, il cattolicesimo, il disprezzo pressocché generale con cui per sua natura si guardava al clero, non devono indurre a ignorare il volto spirituale e mistico dei Lumi*. Questo aspetto ha trovato espressione in modo particolare nella massoneria. Un esempio tipico è quello del Regime Scozzese Rettificato*, sviluppato a Lione nell’ultimo quarto del secolo da Jean-Baptiste Willermoz (1730-1824), erede del suo maestro Martinès de Pasqually (?-1774), studioso di teurgia e teorico della «Reintegrazione» che mira a riconciliare l’uomo con Dio, mettendolo in comunicazione diretta con gli spiriti angelici. Si è parlato, a tal proposito, di «massoneria illuminista e mistica». Sono tuttavia da menzionare, nella stessa epoca, anche gli innumerevoli ciarlatani e mercanti d’illusioni che imperversarono nelle logge* promettendo agli animi ingenui delle rivelazioni fantastiche e dei segreti meravigliosi. Chissà se sono del tutto scomparsi… 11 – Rivoluzione francese La presunta implicazione della massoneria nello scoppio della Rivoluzione francese fu una delle basi su cui ha attecchito l’antimassoneria*. È vero che le log21
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Le 100 parole della Massoneria
ge* hanno conosciuto un gran numero di uomini che, a causa dei loro vecchi impegni sociali e della loro posizione, si ritrovarono a far parte degli Stati generali o più tardi della Convenzione, tuttavia i principali dirigenti della massoneria furono spesso degli aristocratici e alcuni rientrarono tra i primi emigrati. Se si considera emblematico l’esempio di Filippo d’Orléans – futuro «Filippo Uguaglianza», Gran Maestro del Grande Oriente di Francia* che non solo votò per la morte del re, ma rinnegò anche la massoneria nel 1793, trattandola con una disinvoltura oltraggiosa –, andrebbe qui ricordato anche il suo principale assistente, il duca di MontmorencyLuxembourg, amministratore generale del Grande Oriente, che fuggì il 15 luglio 1789 e non rimise più piede in Francia. In seguito, ritroveremo tanti massoni tra gli addetti alla ghigliottina quanti saranno i decapitati. Resta soprattutto un fatto: a partire dal 1793, la Rivoluzione pose fine all’attività delle logge. Bisognerà aspettare il 1795 perché esse ricomincino lentamente a svegliarsi – in particolare sotto l’impulso di Alexandre Roettiers de Montaleau (1748-1808) –, prima di figurare tra i più fermi sostegni dell’Impero e di manifestare nel 1815 la loro deferenza nei confronti dei Borboni, per imboccare infine la via della Repubblica* a partire dal 1848. Sin dal 1723, le Costituzioni di Anderson* lo affermavano senza mezzi termini: «Un massone è un soggetto pacifico dai poteri civili, e non prende mai parte ai complotti contro lo Stato». Questa esigenza di lealtà civica è stata necessaria in Gran Bretagna, paese che usciva da un secolo e mezzo di conflitti politici e che visse ancora, fino alla sconfitta finale nel 1746 del pretendente Stuart a Culloden, nell’ossessione di un complotto giacobita che mirava a ristabilire sul trono la vecchia dina22
100 massoneria:100 parole VINO
7-05-2013
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I – Storia della massoneria
stia. Lo stesso accadde in Francia quando vi s’installò la massoneria: nel 1736, Ramsay propose al cardinale Fleury di proteggere l’Ordine massonico e di renderlo un pilastro dello Stato in attesa d’iniziare il giovane Luigi XV (cosa che poi non avvenne). Sarà molto più tardi in Francia, e con delle condizioni ben diverse, che la massoneria prenderà parte all’azione politica, talvolta violenta, sul campo nella rivoluzione del 1848, per la costituzione della Repubblica*, o nel periodo della Comune di Parigi*. 12 – Repubblica francese I massoni furono leali nei confronti di tutti i governi francesi fino alla Restaurazione. Alcuni aristocratici non hanno «appreso né dimenticato niente», e tutta una letteratura, sin dalla metà del 1790 (in particolare le famose Memorie per servire alla storia del giacobinismo dell’abate Barruel), esagera molto imputando alla massoneria la responsabilità della Rivoluzione francese*. Sebbene i legami tessuti nelle logge tra i fratelli di diversi ordini abbiano di certo permesso un dialogo all’epoca quasi impossibile altrove, non fu mai organizzato alcun piano rivoluzionario. La massoneria ha una responsabilità maggiore nel Giuramento della Sala della Pallacorda e nell’adozione del voto per «testa» (tutte procedure familiari alle logge*) che in ciò che è seguito. Tuttavia dopo la Restaurazione, con l’aggravarsi dell’autoritarismo politico e religioso, in particolare con Carlo X che comunque era stato iniziato prima della Rivoluzione quando era conte d’Artois, le logge diventano uno dei rari luoghi piuttosto riparati dal potere. I Repubblicani a poco a poco vi trovarono rifugio. Nel 1830, molti massoni sono liberali ma le logge stesse non si mobilitano 23