Avventura Overland

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«Guide Gremese»

AVVENTURA OVERLAND



Paolo Cagnan

AVVENTURA OVERLAND Il giro del mondo su camion

alla portata di (quasi) tutti: istruzioni per l’uso


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Copertina: Giulia Arimattei Crediti delle immagini: COPERTINA – prima di copertina © Oasis Overland; quarta di copetina © Nomad / © Drifters. INSERTO FOTOGRAFICO – pag. 1 © Dragoman (sopra) / © Paolo Cagnan (sotto); pag. 2 © Oasis Overland (sopra) / © Kananga (al centro) / © Paolo Cagnan (sotto); pag. 3 © Paolo Cagnan; pag. 4 © Drifters (sopra) / © Paolo Cagnan (sotto); pag. 5 © Dragoman (sopra) / © Kananga (al centro a sin.) / © Africa Travel Co. (sotto a destra); pag. 6 © Paolo Cagnan; pag. 7 © Oasis Overland (sopra) / © African Trails (sotto); pag. 8 © Africa Travel (sopra) / © Kananga (al centro) / © Africa Travel Co. (sotto). INTERNO DEL VOLUME – pagg. 26-27 © Dragoman; pag. 51 © Oasis Overland. Stampa: Grafiche del Liri – Isola del Liri (FR) Copyright GREMESE 2012 © New Books s.r.l. – Roma Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere registrata, riprodotta o trasmessa, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-8440-723-8


A Magda e Grazia, come sempre‌



Indice PRIMA PARTE: INTRO (DON’T SKIP) Un po’ di storia 13 Avventura color arancio 20 Mappamondo 24 A proposito delle compagnie 28

SECONDA PARTE: PREPARATION Booking e dossier 33 Quello che assolutamente dovete sapere 33 Il budget 37 Qualche esempio 41 Kitty & extra 45 Programmare le spese accessorie 48 Truck: un mondo di segreti 50 Le caratteristiche interne… 53 …e quelle esterne 55 Scatole, casse, scomparti 57 Altri aspetti salienti 60 7


Avventura Overland

L’equipaggio e il suo training 63 Trip leader e co-driver 64 Vorreste guidare un truck? 65 Io, una donna alla guida di un Overland (di Nikki Hall) 70 I passeggeri 76 What to bring 86 Attrezzatura-base 86 Abbigliamento e accessori 87 Utensili e Hi-Fi 92 Beauty case bisex 93 Medicine 94 Documenti 95 Varie 95 TERZA PARTE: LET’S GO! Pre-departure meeting 99 Jobs on board 103 Daily routine 110 Guardare, parlare, ascoltare, giocare 111 Le soste, programmate o meno 114 Food 117 La dotazione base 117 La colazione 119 Il pranzo 121 La cena 122 Backpackers, i covi 126 Big Brother 134 8


Indice

QUARTA PARTE: ALTRE INFO UTILI Glossario Overland 143 Faq 166 Le compagnie 176 La Top Ten del «Times»184

QUINTA PARTE: FRAMMENTI DI OVERLAND Il variegato mondo degli insetti (e non solo) 191 Sand-boarding, avventura sulle dune 195 Stasera si va a pesca di piranha 200 Rapina a colpi di machete 205 Il rapimento scongiurato 210 Oggi cucino io 214 Gorilla nella nebbia 216

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PRIMA PARTE

Intro (Don’t Skip)



Un po’ di storia C’è un camion che arranca, laggiù. Anzi: più che arrancare, non si muove proprio. È sprofondato in un mare di fango su cui ondeggia pericolosamente, quasi stesse precipitando nelle sabbie mobili. In realtà, si muove perché una trentina di maschi – sudati e seminudi – lo stanno scrollando da un lato all’altro, come se ciò potesse bastare per tirarlo fuori. Ci sono i neri abitanti di un villaggio lì vicino, nelle foreste tropicali del Congo; con loro, una decina almeno di occidentali male in arnese, scamiciati e poco convinti, che cercano di fare buon viso a cattivo gioco. Istantanea di un avventuroso viaggio nell’Africa centrale, metà anni Settanta. È uno dei primi Overland commerciali. E quelli che sbraitano e bestemmiano, là sotto nel mare di fango, sono viaggiatori paganti. Turisti, sì. Speciali, ma pur sempre turisti. Purché non andiate a riferirglielo: si offenderebbero a morte, loro. Pionieri di un’idea di viaggio tra le più affascinanti e moderne che ci siano. Overlanding. Altra istantanea. Un segnavia di pietra indica, in caratteri latini e arabi, le distanze in chilometri da alcune città dell’Asia Centrale: 2275 km da Teheran, 3920 da Ankara, 13


Avventura Overland

appena 13 da Qetta. Primi anni Ottanta, in Pakistan. Overlanding. Adesso siamo in pieno Sahara, la data non è segnata da nessuna parte. Ma a giudicare dall’improbabile vestitino a fiori di una ragazza che fa le foto al camion insabbiato, si direbbero ancora gli anni Settanta. I boys sono impegnati con le sandmats, le griglie antiscivolamento da infilare sotto le ruote del camion per cercare di spingerlo oltre la buca nella quale si è infilato, quasi di traverso. Overlanding. «To travel long distances across land», spiega il dizionario. Percorrere lunghe distanze via terra: così lo tradurremmo noi. «Viaggiare in modo indipendente senza le scocciature normalmente correlate; muovendosi in piccoli gruppi, incontrando le popolazioni locali e fermandosi ovunque»: questa la definizione di Geoff Manchester e Darrell Wade, i due proprietari australiani della Intrepid Travel, una delle più affermate compagnie di Overland al mondo. Hanno iniziato col Borneo malese, l’Indonesia, il Vietnam, mentre gli altri battevano soprattutto piste africane e sudamericane. Il primo vero viaggio, una Transahariana tra amici. Per poi scoprire – o meglio, intuire – che con quei camion superattrezzati potevano anche provare a organizzare improbabili tour per turisti scapestrati e avventurosi come loro. «Molti anni fa, quando gli uomini erano uomini, uno sparuto gruppo di anime indipendenti decise di levare le tende per vedere il mondo là fuori, e magari, guadagnarsi anche qualche soldo. Tutto ciò che serviva, dopotutto, era un vecchio camion, 14


Un po’ di storia

una mappa, un elevato senso di fiducia in se stessi, più un bel po’ di tempo e di fortuna. Così ebbe inizio il fenomeno dei tour operator di Overland»: Charlie Hopkinson, pioniere del settore e per anni direttore del marketing di Dragoman, tra le più grosse compagnie Overland, sintetizza così, in perfetto stile british, come tutto ebbe inizio. È tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta che i primi avventurieri di “settore” decidono di affrontare il mondo con un mezzo nuovo. Via la motocicletta sullo stile del Che in “Latinoamericana”, in garage le mitiche Cinquecento, le Diane o i Maggiolini da figli dei fiori, scartato anche il treno e aborrito il troppo tradizionale camper, ecco saltare fuori un vecchio camion militare. Potente, affidabile, versatile. Anche se pesante, molto pesante. E poco maneggevole. Partono dall’Inghilterra, all’avventura. Il camion (riadattato con tanta inventiva e ancor più senso pratico) è la loro casa. Come un camper, ma adatto a ogni terreno. Difficile che basti una strada dissestata a fermarlo. Una voragine, un tappeto di melma, una salita ripidissima. Non sfigurerebbero neppure a una Parigi-Dakar, questi mezzi. Che di viaggio in viaggio subiscono una mutazione quasi genetica, fatta di continue migliorie, tanto che chiamarli camion risulta quasi riduttivo. Vehicles, insomma, più che trucks. La madre di tutte le rotte è Londra-Katmandu, passando per il Medio Oriente. Ma era troppo facile, per quel manipolo di esploratori pronti a ogni sfida. Così nascono le prime spedizioni transafricane: sempre da Londra a Katmandu, ma attraversando per lungo e per largo il 15


Avventura Overland

Continente nero, dalla capitale inglese a Tangeri e poi giù giù nelle viscere del Sahara sino a Città del Capo in Sudafrica, e da lì risalendo l’Africa occidentale verso l’Egitto e il canale di Suez. Adesso sì, che si inizia a fare sul serio. Trovare i primi passeggeri non è facile: ci vogliono soldi, e tempo. Piccoli numeri, all’inizio. «Negli anni Settanta e Ottanta – racconta ancora Hopkinson – queste rotte diventeranno via via più popolari, conservando intatto il loro senso pionieristico. In molti di questi luoghi, la vita di strada non è cambiata per nulla tra gli anni Sessanta e primi anni Novanta. Trent’anni di fango, sabbia e buche». I campeggi, allora, erano quasi inesistenti. I camion si fermavano dove capitava. L’itinerario era un’idea di massima, più che un programma. Gli incontri con gli abitanti del posto, l’essenza del viaggio. Niente cellulari, né satellitari. Solo lo spirito d’avventura. È nei primi anni Ottanta che nascono le compagnie di Overland così come le conosciamo noi oggi, a distanza di sei lustri. Una spedizione all’anno, per le strutture più piccole. Poi due, o tre. Sono quasi tutte società inglesi, con sede a Londra o nella sterminata campagna inglese. Ma poiché la meta più ambita resta l’Africa, alcune compagnie sorgono anche laggiù, con base a Città del Capo o ad Arusha, in Tanzania: prima come filiali londinesi, poi come società a sé stanti. Le risorse per la pubblicità non sono elevate: funziona molto bene il passaparola. A Londra, le serate con gli slide shows attirano nugoli di aspiranti esploratori. E poi ci sono le brochures, e qualche 16


Un po’ di storia

agenzia tradizionale disposta a rischiare di promuovere questi viaggi da brivido. Con il boom di Internet, tutto sarà ovviamente più facile. Le parole d’ordine sono due: youngsters and cheap. Sono viaggi “risparmiosi” per i più giovani: questo il target degli Overland. Il che non impedisce comunque che il riadattamento dei vecchi camion militari divenga sempre più sofisticato: ogni viaggio aiuta a migliorare i dettagli. Sino a costruirli ex novo, questi bestioni all-terrain. Man, Bedford, Mercedes Benz, Scania, Ford Cargo: il meglio. Mezzi pesanti da 220-280 cavalli che possono trasportare sino a 25 passeggeri su sedili confortevoli come quelli di un autobus, o quasi. Le parole d’ordine sono off the beaten track, lontani dai sentieri battuti. Al comando, c’è un tour leader che è anche autista, meccanico, cuoco all’occorrenza. Sino a quando la funzione si sdoppia e ad accompagnare i gruppi si ritrovano in due: il trip leader e il co-driver. Si alternano alla guida. Sono giovani, in genere under 30. Guadagnano maluccio, ma la loro è un’esperienza impagabile. Lavoro usurante, verrebbe da dire. Dopo quattro o cinque anni così, è tempo di tornare a casa: forse non proprio davanti a una scrivania, ma a una vita un po’ più regolare. Negli ultimi anni, il mondo Overland ha subito un’altra delle sue trasformazioni figlie dei tempi. Il numero complessivo dei passeggeri continua a crescere; così come quello delle compagnie, dove però si registra un tasso di mortalità elevato. Non è un mondo per pivelli, questo. La proliferazione delle agenzie è spesso figlia di faide in17


Avventura Overland

terne alle singole organizzazioni, ma sul mercato restano solo i grossi: quelli che hanno più camion e che riescono a farli viaggiare di continuo. Le compagnie Overland sono una ventina, ma alcune sono in realtà la branca di tour operator che offrono anche pacchetti individuali o viaggi tradizionali. Un segmento, insomma, più che una specializzazione. Da qualche tempo è stato creato il brand family: viaggi per papà e mamma con i figlioletti al seguito. Immaginate di portare vostro figlio a vedere i leoni: non allo zoo, ma nella savana africana. Ci sono persino Overland on demand: voi formate un gruppo di amici e l’agenzia vi metterà a disposizione il camion, l’autistaaccompagnatore e il cuoco. Non male, eh? È cambiata anche la dimensione spazio-tempo. Così, una volta i tour erano tutti molto lunghi. Si andava da una durata minima di un mese, sino ai classici sei mesi e alle traversate di un anno. La durata penalizzava molti aspiranti Overlanders; così, nel corso degli anni le compagnie più grosse hanno iniziato a proporre anche itinerari più corti, di due o tre settimane. Poi è diventato possibile, all’inizio solo eccezionalmente, inserirsi in un viaggio lungo prendendo parte solo a un suo spezzone. L’intuizione di alcuni passeggeri si è rivelata la vera carta vincente dei moderni Overland: la suddivisione dei percorsi lunghi in diverse tranches, con la possibilità “istituzionalizzata” per i partecipanti di scegliere uno o più segmenti. Queste modifiche hanno cambiato anche il target medio dei partecipanti. Se un tempo ai viaggi di sei mesi o più partecipavano i figli di papà, i neolaureati, i fricchettoni, i neolicenziati o i pochi fortunati ad aver di18


Un po’di storia

ritto all’anno sabbatico, ora queste categorie si mischiano con i “nuovi” Overlanders. Che non hanno molto del profilo youngsters and cheap, sono un po’ più vecchietti, hanno meno tempo a disposizione e un portafoglio abbastanza gonfio. I camion sono sempre più hi-tech. A bordo, ora, hanno le prese per ricaricare i-Pod e fotocamere digitali. C’è il frigo, e la radiodiffusione. Si viaggia nelle terre estreme aprendo nuovi percorsi, specie nell’Asia centrale, ma si organizzano anche tour in Europa, perché l’avventura è una dimensione mentale, prima ancora che geografica. Per informazioni, rivolgersi a Beppe Tenti.

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