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MEHMET YASHIN
IL VOSTRO FRATELLO DEL SEGNO DEI PESCI TRADUZIONE DAL TURCO DI ROSITA D’AMORA E ANNA LIA PROIETTI INTRODUZIONE DI ROSITA D’AMORA
GREMESE
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Titolo originale: Soydas¸ınız Balik Burcu 2008 © Mehmet Yashin Copertina: Patrizia Marrocco (disegno di Mehmet Yashin) Fotocomposizione: Graphic Art 6 s.r.l – Roma Stampa: C.S.R. – Roma Copyright dell’edizione italiana: GREMESE 2010 © E.G.E. s.r.l. – Roma Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, registrata o trasmessa, in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-8440-576-0
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«Oggi nessun rumore di spari, Memet» Non un libro di memorie, non un romanzo, non un saggio, sono tutte storie* 1973-1992
2 Michel (Memet) 12. Do you like Turkey? (Ti piace la Turchia?) 13. Ani Yehudi ani Yehudi ani… (Io sono ebreo io sono ebreo io…) 14. Une affaire confidentielle – Une affaire scandaleuse 15. Apelpisia (disperazione) 1 Oggi nessun rumore di spari 1. Oggi nessun rumore di spari 2. La filastrocca del gallo 3. Seduto alla finestra 4. I carri armati e Gesù 5. Sei stato chiamato 6. Indipendenza per Ci/pro 7. Caro compagno Pesci 8. Caterina Cornaro 9. Attenti alla sindrome di Cipro! 10. Se l’amore mio esiste perché non c’è, altrimenti perché c’è 11. Fiaba della solitudine
* Potete leggere questo libro seguendo l’ordine numerico delle storie o quello in cui esse appaiono nell’indice, o iniziando da qualunque posto voi preferiate.
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INTRODUZIONE
Pubblicato in Turchia nel 1994, Il vostro fratello del segno dei Pesci è il romanzo d’esordio di Mehmet Yashin, già noto e affermato poeta cipriota di lingua turca. Acclamato dalla critica turca, insignito nel 1995 del prestigioso premio letterario Cevdet Kudret e presentato ora qui per la prima volta in traduzione italiana, questo “romanzo non romanzo” si presenta come un’opera assai poliedrica e singolare e costituisce un episodio del tutto innovativo nell’ambito della produzione letteraria turca, sia per quanto riguarda i temi affrontati che per quel che concerne la peculiarità della struttura narrativa. Nell’ambito di una tradizione letteraria come quella turca che, pur avendo da più di un secolo gli occhi fissi sull’Occidente, appariva ancora agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso tenacemente legata alla rappresentazione collettiva di vicende e valori nazionali, con il romanzo di Yashin fanno brusca irruzione sulla scena letteraria il pluralismo delle minoranze e l’impellente esigenza di rappresentare la complessità dell’appartenenza multipla, con la conseguente incapacità dei singoli individui di declinare le proprie identità al singolare. Le vicende narrate ne Il vostro fratello del segno dei Pesci hanno un andamento del tutto irregolare. Esse, infatti, non si snodano lungo un asse narrativo unico, né tantomeno seguono una logica traiettoria spazio-temporale. Si tratta di storie che si svolgono simultaneamente su più piani narrativi e che vengono rievocate in ordine sparso in quindici diversi racconti – a loro volta raccolti in due parti, intitolate l’una “Michel”, l’altra “Oggi nessun rumore di spari” – i quali, sebbene appaiano del tutto slegati, risultano in realtà assai contigui e osmoticamente comunicanti tra loro. La sequenza stessa in cui tali racconti sono presentati produce un inevitabile effetto spiazzante sui lettori che, peraltro, all’inizio dell’opera vengono espressamente invitati da Yashin a scegliersi da soli il momento di inizio del romanzo e a procedere nella lettura: «Seguendo l’ordine numerico delle storie o quello in cui esse appaiono nell’indice, o iniziando da qualunque posto voi preferiate». Al tempo stesso, la
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contiguità di tali storie viene più volte evocata e sottolineta nel testo mediante il ricorso a rimandi interni sotto forma di note a piè di pagina contenenti l’incipit di racconti che altrove vengono poi presentati per intero. A ben guardare, sembra quasi che lo scrittore abbia organizzato l’ampio materiale narrativo a sua disposizione per consentire una lettura simultanea delle varie parti che compongono il romanzo e, al tempo stesso, per suggerirne letture multiple. Se da una parte questo determina una certa frammentazione testuale, dall’altra rende evidente che il complesso e accattivante intreccio ricostruibile seguendo il fil rouge che attraversa le varie storie è del tutto funzionale a quello che è senz’altro l’obiettivo principale dell’opera, ovvero esplorare (e decostruire), nella pluralità dei suoi piani interpretativi, il concetto di appartenenza identitaria. Sullo sfondo di una Istanbul acutamente ritratta nella sua dimensione cosmopolita e multietnica, un coro di voci, intrecciandosi e sovrapponendosi tra loro, ricostruisce le vicende del protagonista, Michel, un ebreo turco, che, dopo aver vissuto tra Israele, Francia, Grecia e Inghilterra, si ritrova in Turchia dove sperimenta una profonda crisi identitaria. Il romanzo è attraversato da continui flashback e cambiamenti di scena, e se a tratti le sembianze di Michel si confondono con quelle del turco cipriota Memet, altre volte alla voce narrante di Michel si sovrappone quella di lui bambino costretto a vivere con i nonni paterni, coloni in Israele. Allo smarrimento di Michel fa eco dunque quello dei turchi ciprioti, reduci dal lacerante e per molti versi mai sopito conflitto con la parte greca dell’isola. Essi vengono ritratti come perennemente sospesi tra le difficili, ma mai interrotte, relazioni con i greci ciproti, il mancato riconoscimento internazionale del loro stato – la Repubblica Turca di Cipro Nord proclamata unilateralmente dopo l’intervento armato turco nel 1974 – e le difficoltà di relazionarsi con i vari nazionalismi importati o imposti dalla nuova “madrepatria” Turchia. Allo stesso modo, in un gioco di specchi, la “questione cipriota” viene indirettamente accostata alla drammatica vicenda di palestinesi e israeliani, divisi anch’essi da una tragicamente simile situazione di perenne conflitto e contrapposizione. Non si può stabilire con esattezza in quale misura la figura di Michel/Memet venga a coincidere con quella dello scrittore Mehmet Yashin, ma è tuttavia indubbio che molti sono gli elementi autobiografici confluiti in questo romanzo, costato allo scrittore quattordici anni di lavorazione. Come i suoi personaggi, anche Yashin ha sperimentato sulla propria pelle, nella nativa Cipro, le atrocità
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derivanti da situazioni di conflitto, anche lui ha a lungo vissuto, e vive ancora, spostandosi di continuo tra vari paesi – prevalentemente Cipro, Turchia e Inghilterra – e anche lui si trova costantemente in bilico tra varie lingue, culture e tradizioni religiose ma si mostra strenuamente determinato a non rinunciare a nessuna di esse. Per Yashin come per i suoi personaggi, unico antidoto sembra la pratica di un tenace esercizio di non-appartenenza che si esprime nel rifiuto di omogenee e inattaccabili identità nazionali, linguistiche, politiche, religiose, per rivendicare piuttosto una storia individuale e collettiva in cui possano confluire e coesistere identità plurime.
ROSITA D’AMORA è docente di Lingua e letteratura turca presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università del Salento. I suoi interessi spaziano dalla storia sociale ottomana alla narrativa turca contemporanea. Attualmente la sua ricerca si incentra sull’analisi delle più recenti tendenze emerse nelle produzioni letterarie in lingua turca, con particolare attenzione alle scritture che scaturiscono dalla differenza, quali quelle che riflettono tematiche di genere e quelle che vengono elaborate in aree turcofone fuor di Turchia. Tra le sue pubblicazioni più recenti figurano le voci Letteratura turca e Orhan Pamuk in Treccani XXI secolo. VII Appendice dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e il saggio Percorsi orientali di scrittura femminile per l’opera Treccani Terzo Millennio (in corso di stampa). Ha recentemente tradotto e curato l’antologia del poeta e scrittore turco-cipriota Mehmet Yashin Il drago ha anche le ali (Argo, Lecce 2008).
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Il vostro fratello del segno dei Pesci 2 MICHEL (MEMET)
Titolo del rapporto: Michel (Memet) Oggetto: Michel Solomon Oskar Nome della madre: A. Solomon Nome del padre: M. Oskar Luogo e data di nascita: Neapolis, 12.03.1959 Cittadinanza: francese/israeliana/turca Religione: madre ebrea, padre cattolico convertito all’Islam Periodo del rapporto:1986-1989 Luogo del rapporto: Istanbul, Trabzon, Tel Aviv, Gerusalemme, Atene, Parigi, Londra Rapporto redatto da: Mehmet Yashin
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DODICESIMO RACCONTO Do you like Turkey? (Ti piace la Turchia?)
Mentre salgo le scale, cerco disperatamente di ricordare, per dimostrare che ha ragione il dottore a dirmi: «La tua non è una perdita di memoria, è una perdita di ricordi». Se almeno potessi ricordare il punto d’inizio di questa storia… L’inizio? Spaventato al pensiero che ormai per me non sia più rimasta la prima volta di niente mi sforzo ancora di più di ricordare le prime volte del passato. Come inizio di questa storia quel primo incontr… Bene, e se anche ricordassi dove e come ho cominciato per la prima volta questo mio racconto, cosa accadrebbe? Questo mi condurrebbe alla mia realtà o alla mia verità, e con questo?
Le vostre prime impressioni, sono quelle che di solito volete seguire. Poniamo che abbiate inizialmente acquisito delle informazioni e vi siate fatti un’opinione su una persona: non c’è più bisogno che vi sforziate di saperne di più. Vi accontenterete di notare quegli atteggiamenti e quelle parole che confermano le opinioni e le poche informazioni in vostro possesso, e per di più continuerete a interpretare a modo vostro le azioni che vi smentiscono. Anche Michel e James, che si incontrano ora per la prima volta, hanno molto sentito parlare l’uno dell’altro. Pertanto, nonostante io dica la verità e nient’altro che la verità, se scrivessi che si sono incontrati oggi per la prima volta, ho paura di non usare la parola verità nel suo pieno significato. (A dire il vero, io, come Memet, non sono affatto interessato alla verità. Anzi detesto le verità. Comunque, in base a infor-
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mazioni e opinioni che ho acquisito da altri sul mio nome, mi aspetto che la scrittura di Mehmet Yashin si mantenga fedele alla realtà). Se devo essere più preciso, oggi, verso le 14.00, James mi ha telefonato dicendomi: «Sono il ragazzo (boyfriend) di Deniz». Era arrivato a Istanbul il giorno prima: «Sto al Divan Hotel». Michel lo ha invitato nella sua casa di Cihangir: «Puoi stare da me, James». Quando il telefono ha squillato anche Ulus e Aleksandros erano a casa di Michel ma stavano per andarsene. Sentendo che era arrivato il fidanzato di Deniz, hanno deciso di restare ancora un pochino. Dal momento che sentivano molto la mancanza di Deniz, gli sembrava carino almeno aspettare James. Michel, Ulus e Aleksandros oggi hanno incontrato James per la prima volta (12 marzo 1986). Come va? Nice to meet you. Sguardi curiosi, timidi. Io sono giornalista ad Atene. Mi chiamo Alex. Ooh, davvero? Parole educate, riservate esclusivamente ad un primo incontro. Prego si accomodi qua, è più comodo: Mi chiamo Ulus. Lavora a Londra? Sono un regista cinematografico. L’avevo sentito. You told me, didn’t you Michel? Caffè? No thanks, I prefer tea, without sugar, please. Il tè turco è troppo forte per berlo senza zucchero. Come sta Deniz? Benissimo, vi manda i suoi saluti. Ecco il tuo tè, James.
Michel squadra il nuovo fidanzato della sua ex fidanzata, e James l’ex fidanzato della sua nuova fidanzata. MICHEL: Negli ultimi tempi gioca a fare l’ebreo francese. È nato a Istanbul come cittadino turco. Ha trascorso parte della sua infanzia in Israele. Nel 1986, non per sua volontà, ha di nuovo lasciato la Turchia. Da tre anni vive a Parigi. «Si interessa di letteratura» (questa frase è sua). Non sa ancora se è uno scrittore oppure no, né tanto meno di quale paese potrebbe essere considerato lo scrittore.
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La letteratura (nazionale) turca, la cui problematica di base è l’“occidentalizzazione” e che usa come materiale letterario le minoranze non musulmane non in quanto tali ma per il ruolo che esse possono svolgere nell’apertura dell’Europa ai Turchi, che se ne fa di ciò che scrive un occidentale che nei suoi racconti problematizza invece la “turchizzazione”? Forse, non riuscendo a trovare una risposta convincente a questa domanda, gli amici turchi di Michel continuano a definirlo uno scrittore non ancora scoperto. Le opinioni generali su Michel sono le seguenti: è estremamente sensibile, totalmente imprevedibile, risoluto, ha un ricco universo interiore, molto preso da se stesso, pessimista, pieno di vita, un matto, non so se è un villano o solo un viziato ma non ho mai conosciuto un tipo così schietto, ha istinti suicidi, molto divertente, paranoico, poiché fa valutazioni sbagliate commette sempre errori, un pallone gonfiato, un bel tipo, egoista, una creatura di quelle incapaci di vivere con gli altri, né scaltro né furbo, un ragazzo che ama il suo paese, un traditore della patria, si dice che sia comunista, un nichilista, vicino agli arabo-palestinesi, si saluta con tutti i grandi di Israele, a questi livelli ormai non la si può più definire litigiosità è aggressività la sua, non farebbe del male ad una mosca, uscire con lui è uno spasso credimi, ti si appiccica addosso come una sanguisuga, del sedurre le donne ne ha fatto un mestiere, non ama né donne né gatti, è un perdigiorno, molto attivo molto produttivo, si aggira per le strade senza il becco di un quattrino, siccome la sua famiglia è ricca è facile per lui giocare a fare il poveraccio, davvero interessante, è proprio un figlio di puttana, è un vero finocchio, ecc. Suo padre è originario di Izmir, sua madre invece è un’ebrea nata a Parigi. Quando era bambino la casa di famiglia era a Tes¸vikiye, poi si sono trasferiti a Ortaköy. Michel, devoto unicamente alla Turchia, quando storceva il muso alla comunità ebraica, aveva diciassette diciotto anni. Da allora non vive più nella casa paterna. E dell’azienda di import-export che produce prodotti in pelle di proprietà di suo padre, non ricorda neppure la strada. Fino ad oggi suo padre gli ha inviato tre lettere. La prima gli è arrivata quando era bambino. Gli diceva di stare buono e di non far arrabbiare sua nonna in Israele. L’ultima lettera, o meglio, cartolina d’auguri per il nuovo anno, gli è stata spedita a Parigi lo scorso capodanno. Sulla cartolina, sotto la scritta prestampata «Happy New Year», c’era la firma di suo padre. Era in una busta con l’intestazione dell’azienda. La segretaria, nel mandare cartoline d’auguri per il nuovo anno a tutti gli indirizzi in rubrica, ne aveva mandato per sbaglio
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una anche a lui. L’altra lettera, infine, era stata spedita a Istanbul con il corriere una volta che suo padre si trovava in Europa, circa dieci anni prima. Assicurati che la tale azienda spedisca la tale merce, trasferisci questi soldi dalla tale banca alla tale banca, parla con il tale uomo e fa prolungare la data di scadenza della tale cambiale… «Aspetto una lettera che mi faccia sapere che hai messo a posto tutto, ti bacio sulla fronte». Michel aveva dimenticato tutte le istruzioni contenute nella lettera, ricordava solo quel “ti bacio sulla fronte”. Era stato cresciuto per condurre una vita da ricco. Aveva fatto però tutto ciò che era in suo potere affinché suo padre decidesse che non meritava una vita così. Ora sbarca il lunario con lavoretti da poco: articoli per quotidiani, traduzioni, pubblicazione di libri o produzioni cinematografiche. A chi glielo chiede dice di lavorare nel settore dei servizi. Una sorta di esagerata allusione al fatto che le sue amanti lo mantengono. Quelli che capiscono ne sorridono. Ha capelli lunghi e ricci tendenti al rosso. È alto e si direbbe magro. Ha un sorriso “sensational” (questa definizione l’aveva data una donna di mezza età). Il suo modo di guardare e il suo aspetto sono in totale contraddizione tra loro. Ha grandi occhi scuri e tristi. Porta blue jeans, scarpette da ginnastica o scarpe di pelle scamosciata e maglioni eleganti e costosi che indossa in modo molto disinvolto. Più che questi vestiti costosi, è il fatto che, senza farci alcun caso, continui le sue abitudini da ricco in pensioni di quarta categoria a fargli avere difficoltà a convincere le persone che vive in modo modesto. Va a letto con molte donne, ma ancor più numerose sono quelle a cui promette di farlo. E naturalmente, sono i suoi parenti – che pur volendo vederlo come parte di loro non potranno sopportare ancora per molto la vergogna di questo nipote “hippy-comunista” che getta nel fango l’onore della famiglia – a regalare continuamente a questo squattrinato vestiti costosi.
Michel, guardando James, pensa a come faccia l’amore con Deniz. Per fare l’amore bisogna essere nudi. Comincia a spogliarlo con gli occhi. «Avete atteggiamenti così simili!» (questo è quanto Deniz aveva detto a Michel al telefono). Tipo? Michel guarda.
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Quando James sorride pensa che forse anche lui sorride così: “Sensational”. James indossa una camicia a quadretti rossi. Anche Michel. Bene. James porta scarpe da tennis Reebok. Anche Michel. Bene. James scoppia a ridere inaspettatamente; anche per Michel non si può mai dire quando e come riderà. Ecco la somiglianza è stata provata. Le persone, col tempo, finiscono con l’assomigliare ai propri amanti. Anche Michel e James assomigliano un poco a Deniz. Si sorrideranno. Qualche piccolo gesto tale da far capire a Ulus e Aleksandros che tra loro c’è una maggiore vicinanza… Michel, al contrario degli altri due, non dice niente di sé a James. Mentre pensa a come Michel e Deniz fanno l’amore, James è in netto vantaggio. Al contrario di Michel, ne ha un’idea ben precisa, poiché non aveva appreso della sua esistenza al telefono, ma da Deniz che gliene parlava continuamente, a letto, mentre facevano la spesa, allo studio… Senza troppe difficoltà spoglia Michel con lo sguardo. Sa che ha un grande neo sul petto, a sinistra, che è circonciso (è ebreo del resto) ed anche che a letto, quando viene, scuote i suoi lunghi capelli ricci tendenti al rosso. Michel scosta la tenda e segue dalla finestra una macchina che parcheggia rumorosamente. Un viaggio di lavoro dunque… Quando rientra a Londra? No, I’m not tired at all. La location per un film nell’est. La situazione in Turchia è preoccupante. Deniz avrà una parte. Andare nell’est del paese è difficile. Vuoi della frutta? È un sacco di tempo che l’identità greca e quella turca suscitano la mia attenzione. I soldati controllano i documenti. Come? Anch’io pensavo di andare a Trabzon fra qualche giorno. Ulus ha alcune cose importanti da sbrigare a Gümüs¸hane. No, thanks, non voglio altro tè (I wouldn’t like any more tea). Guarda, questo quadro l’aveva fatto Deniz. Sette creature nude, non è chiaro se siano maschi o femmine. Treni che si muovono come serpenti tra i loro sessi. Yes, it was a terribile traffic jam. La capra del quadro ha un che di diabolico. Sta sopra le sette figure come una nuvola tempestosa carica di lampi. In cima c’è una mela divisa in due. Deniz a Londra dipinge? DENIZ: È una donna molto bella. Lo dico perché è questa la prima impressione che tutti hanno quando la guardano. I capelli castano chiaro, li porta sciolti sulle spalle. Ha occhi color nocciola, macchiettati di verde. Una fronte ampia e luminosa. Modi molto
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femminili. Dio solo sa se Deniz ha creato consapevolmente questa sua femminilità o se invece è spontanea. Sua madre è francese. Suo padre turco (di nascita). Sua nonna paterna era un’ebrea di Istanbul. Quando si sposò con suo nonno cambiò religione e diventò musulmana, e, incoraggiata dalla spinta verso l’occidentalizzazione dei turchi, i figli li educò da cristiani. A Bostancı, dove ora ci sono dei condomini che si affacciano sul mare, prima c’era il konak di un pascià. Come tutti i figli tirati su come principini (la letteratura turca è piena di romanzi che trattano questo tema), anche da suo padre ci si aspettava che in gioventù avrebbe sposato una ballerina francese e che, disinteressandosi dei beni della famiglia, si sarebbe dato alla scienza. E così fu. Deniz imparò a leggere e a scrivere in una di quelle vecchie scuole francesi che si trovano su Istiklal Caddesi, per due anni fu mandata in una scuola di suore cattoliche sulle Isole. Quando poi suo padre trovò lavoro in un laboratorio di Tel Aviv che faceva ricerca sulla biologia genetica per la produttività agricola, frequentò per un periodo le scuole in Israele. Le lezioni di danza classica e di pianoforte le erano state imposte e probabilmente anche a dipingere aveva iniziato così. Si congedò dall’Accademia nazionale di Belle Arti di Istanbul, dove era entrata lo stesso anno in cui era stato ammesso anche Michel, in un modo memorabile: sposandosi. Fino a diciannove anni non aveva trovato nessuno degno di poter essere il suo ragazzo. All’Accademia si era a malapena accorta dell’esistenza di Michel, che conosceva sin dall’infanzia. In quegli anni aveva fatto l’amore (tanto per fare) per la prima volta con un insegnante di musica americano. Il primo uomo che avrebbe definito il suo ragazzo lo incontrò l’anno in cui cominciò l’Accademia. Si chiamava Kaya e, con il suo atteggiamento da leader rivoluzionario, la sua bellezza e il suo carisma, faceva girare la testa a tutte le ragazze senza però concedersi a nessuna di loro. Quando Deniz si imbatté in Kaya, si frantumò in mille pezzi e le schegge si sparpagliarono nei quattro angoli della terra. Ma andò a finire che in pochissimo tempo scoprì tutto del mondo di quel ragazzo e il fuoco della passione presto si estinse. E magari fosse stata solo la passione ad estinguersi. A causa del rivoluzionarismo conservatore di Kaya si raffreddò come il ghiaccio (anche su questo tema si trovano molti romanzi nella letteratura turca). Kaya, molto stupito da questo improvviso cambiamento di Deniz, interpretò questa incostanza con l’incoerenza della classe sociale d’appartenenza della ragazza. Nel fornire un rapporto riguardante la loro separazione all’organizzazione rivoluzionaria di cui
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faceva parte, avrebbe esposto in modo chiaro che Deniz non aveva un carattere tale da poter essere una compagna di lotta. Deniz riuscì a parlare di questa separazione solamente con se stessa. Come c’era da aspettarsi, si disse: “Gli uomini sono tutti uguali, l’amore, la passione sono solo favole” e sposò il figlio di un facoltoso uomo d’affari di undici anni più grande di lei (all’epoca aveva 32 anni). (Sin dall’epoca ottomana la letteratura turca ha grande familiarità con questo tema). Il matrimonio durò un anno. Ma la maggior parte di coloro che la conoscevano non vennero mai a sapere del matrimonio, così come i suoi amici più cari del fatto che avesse divorziato. Michel fu il primo ad essere informato della sua decisione di separarsi. Una sera bussò alla sua porta e gli disse: «Michel se questa notte sei libero voglio fare l’amore con te!» (Sì, pronunciò proprio queste testuali parole). Divennero amanti. Non durò molto, se ne andò dicendo che si sarebbe trasferita a Parigi. Lì avrebbe continuato a studiare pittura, ma capì che il mestiere dell’attrice era più adatto a lei. Da tre anni sta insieme a un regista, James. Con Michel non stanno insieme, ma non si sono neanche lasciati. Sebbene Michel si chieda che cosa rappresenti lui per Deniz, a lei questa faccenda non interessa affatto. È chiaro che diventerà una stella del cinema, è fuori discussione, ma che deve fare per diventarlo? Anche se ha partecipato ad alcuni lavori cinematografici, il film giusto non è ancora arrivato. I suoi genitori non hanno alcun dubbio che un giorno arriverà. Deniz? No, non sta dipingendo in questo periodo. Interessanti però i colori di questo quadro. Is that an apple? (È una mela quella?) Quando partirà? Trabzon, oltre ad essere una città del Mar Nero, si può senz’altro considerare nell’est del paese. It’s quite interesting. Deniz amava usare varie tonalità di viola. Is that you Michel? Guarda un po’, tutti pensano che il modello nudo di Deniz sia tu Michel! James e Michel, seduti, continuano a scrutare le reciproche nudità. Ulus e Aleksandros sono vestiti. E non vedono la nudità degli altri due. Con un’espressione che rivela chiaramente come possa vedere le cose segrete (ma poiché James non conosce quell’espressione non significa niente per lui), Michel smette di guardare fuori dalla finestra per un momento e posa lo sguardo sul dipinto dietro di lui. Perché poi dovrei essere io il nudo del quadro? Potrebbe essere chiunque di noi sia circonciso, Ulus per esempio!… Di quelli che non sono circoncisi, Aleksandros (Alex) ride più forte. Ma dài, co-
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me se poi Ulus lasciasse vedere il suo coso ad un qualsiasi artista! Michel dà manforte ad Aleksandros: «Avrei seri dubbi che l’abbia lasciato vedere persino alla sua fidanzata!». Quindi porge la mela che ha sbucciato ad Aleksandros che la prende e la mangia senza aggiungere altro.
«Che peccato che Deniz abbia smesso di dipingere» dice Michel. «Probabilmente…», decide di non dire altro. Probabilmente Deniz non dipinge per la stessa ragione per cui lui ha smesso di scrivere, o decide ogni giorno che non scriverà più. Ma nessuno dei presenti può sapere dell’oscuro subconscio che condividono Deniz e Michel… «Quando ho conosciuto Deniz a Parigi» dice James, «stava per chiudere lo studio. E quando dico studio intendo la sua casa. Aveva solo un materasso per terra e per il resto dipinti da tutte le parti. C’erano sculture grandi e piccole un po’ ovunque. Erano buttate alla rinfusa e la prima cosa che colpiva erano le loro strane forme e il fatto che tali forme avessero due colori. Viola, ma non proprio viola. Era come se ci fosse qualcosa di mistico in quelle piccole sculture. Un contro incantesimo fatto per contrastarne un altro. Su di esse erano scolpiti pesciolini, occhi, sirene. In quelle sculture bicrome e biformi erano fusi sessi maschili deformati e organi genitali femminili… Deniz aveva acceso le luci della stanza sul retro. Una piccola chiesa ortodossa! Bene, mi sono detto, non è strano che in una casa che ospita gatti a non finire, senza poltrone su cui sedersi e l’intero salotto infestato da statue stregate ci sia anche una chiesa! C’erano icone tecnologiche sul muro… Un’esplosione di luce scura! Tracce di peccati confessati sui pannelli delle pareti. Non è chiaro se l’immagine nella chiesa è di un matrimonio o di un funerale. Nel centro c’è una sedia a sdraio, del tulle tutto attorcigliato e un mazzo di fiori secchi. Il posto è stato invaso dall’esercito… Una resistenza al femminile. Centrini messi nei posti più impensabili. Un sesso femminile, una conchiglia di Venere, un carro armato schiacciato, un velo… All’epoca non sapevo da dove venisse Deniz. Ero andato a trovarla con un amico francese che continuava a chiamarla “Denise”. Quando vidi quel quadro pensai: “Questa ragazza non è francese”. Mi dicevo che qualunque fosse la sua origine, mi piaceva parecchio. Vallo a pensare…».
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