C14 Journal 05

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N째5

WE WORK ON Window display for

CANALI A VISIT TO

Biennale 2014 Venezia


WE “LOVE CLIENTS”

Onetti / Giulia Celsi /

Alexander Bellman / Matteo Nobili / Simone Russo / Alessandra Lemarangi / Andrea Mutti / Elena Barberini / Elisa Arini / Federico Montagna / Floriana Cescon / Oscar Vitale / Mattia Oddone / Valeria Biondi / Beatrice

Accademia del Profumo AEM - Milano Aprilia Asti Spumante Ballantyne Cashmere Barabas Beaute Prestige International Benelli-Beretta Canali Capgemini Ernst-Young Caterpillar Caudalie Cielo Venezia Citroën Comune di Milano Comunità Europea Consorzio Valtellina Corepla Deloitte Deutsche Bank DPR DUPONT ENEL ENIT Federmobili Ferrero Finanza & Futuro Frau Frescobaldi Gazzetta dello Sport Generali Properties Geospirit Gilera Gruppo OBI GQ – Condé Nast Guzzi Haier Peuterey Hines Phard H3G - (Tre) Piaggio Hotel Chiaravalle Pirelli Hotelplan Pisa Orologeria Ina Assitalia Plantronics Inda Playteam Infostrada - IOL Poliedro Intel Pomellato Itaca Postcard It’s Cool Publicontrol IULM Radio e Video Italia SMI Jean Paul Gaultier Ragno Job Pilot Regione Lombardia Kiton Repi Kodak Safilo Lancaster Samsung Lega Calcio Sara assicurazioni Levi’s Saras petroli LG electronics Shell Logan Siemens Loropiana Sky TV L’Oreal ST Microelectronics Luxottica Swarovski Maliparmi Swatch Group Martini 6 Swiss & Global Ministero dei trasporti Telecom Mondadori Testori Motorola Timberland MT Lights Tiscali Nestlè Tod’s Nielsen Toshiba Nikon Trenord Nokia UNESCO OM-Fiat UniCredit Orlandinotti Unilever Partesa Uvet American Express Vacheron Constantin Valtur Velasco Vitali Virgilio Virgin Vodafone Whirlpool Zaf

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CLIENTS “LOVE US ”


LANDSCAPE

di Alexander M. Bellman

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15 Novembre 2014

A delineare gli argomenti di questo numero è stata un’appassionata, noiosa e superficiale discussione sull’evoluzione delle regole del progetto nella storia dell’architettura, avvenuta in studio qualche tempo fa. I temi stra-noti impropriamente coinvolti erano la sezione aurea, trattati come il “De Architectura” di Vitruvio e il manifesto del Movimento Moderno di Le Corbusier, per poi concludere con considerazioni sul manuale dell’architetto del ‘29. Presentiamo delle “installazioni effimere”, nelle quali il tema della proporzione e della misura umana viene reinterpretato in modo leggero: le ispirazioni sono varie e variabili. Dalla casa delle Barbie, indiscusso centro di attrazione sessuale infantile di noi maschi degli anni ‘70 (la Barbie intendo, non la casa), gli automi settecenteschi/ fantascientifici che diventano elementi di brand-identity, a Gulliver vestito da lillipuziani metà sarti e metà costruttori e “Playground”, curato da Diorama Editions. Con mio grande dispiacere, il tema delle Barbie non è stato pubblicato per motivi di censura: è stato invece sostituito da una fantastica rubrica sulla Biennale, molto più interessante e raffinata, in effetti. A voi come sempre, il giudizio finale.

This issue is distinguished by a passionate, boring, and superficial discussion about the evolution of the rules of design in the history of architecture that took place at the studio some time ago. The well-known topics improperly involved were the golden ratio, treatises such as Vitruvius’s De Architectura, and Le Corbusier’s manifesto of the Modern Movement, concluding with considerations on the architect’s 1929 manual. We are presenting “ephemeral installations”, in which the subject of proportion and human measure is reinterpreted lightly: the inspirations are varied and variable, from the Barbie house, the undisputed centre of infantile sexual attraction for us males from the Seventies (I’m talking about Barbie, not the house), and eighteenth-century/science-fiction robots that become elements of brand identity, to Gulliver dressed by Lilliputians who are part tailors and part builders, and Playground, published by Diorama Editions. To my great disappointment, the Barbie theme was censored and so it has not been published. It has instead been replaced by a fantastic feature on the Biennale, which is effectively more interesting and sophisticated. As always, the verdict is yours.


4 LIGHTING / MULTIFUNCTIONAL BUILDING

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MOCK Mock-up inteso come modello reale in scala 1:1 : test di lusso per materiali e sistema costruttivo ed ovviamente per impianto luci di progetto a confronto con soluzioni alternative o “teoricamente” equivalenti.

Mock up / Drawing Section

The term ‘mock-up’ refers to a realistic, 1:1 scale model: luxury tests for materials and construction system and for the designer lighting system compared to alternative solutions or ‘theoretical’ equivalents.


Mock up /Detail

Premetto che tutto lo studio di lighting era stato stra-simulato su diversi sistemi informatici avanzati, attraverso soluzioni tecnologicamente all’avanguardia, “mock-up” virtuali precisi al millimetro, calcoli e verifiche illuminotecniche dettagliatissime con rappresentazioni accurate di tutti valori di illuminamento e luminanza, analisi di ogni singolo pezzo di materia per prevedere riflessioni dirette ed indirette, abbagliamenti, minimi quantitativi ecc... Ciò nonostante pensare la luce artificiale e controllare la naturale per un progetto architettonico di Michele De Lucchi, di forma così complessa, composto da vetro e da arcate di legno lamellare ognuna diversa dall’altra, secondo una geometria fitomorfa-zoomorfa-geomorfa a seconda delle interpretazioni, ha generato in me e nel mio gruppo di lavoro passione, orgoglio, ma anche infinita ansia. In questo senso non vi racconto il progetto perché non ha senso e perché il cantiere procede spedito e tra poco lo vedrete realizzato, non vi spiego quali sono state le modifiche apportate alle soluzioni scelte sulla base dei test sul Mock-up ( quasi nulle per altro ) e nemmeno quali siano state le nostre considerazioni a posteriori. Vi dico soltanto che la prima accensione, pur parlando di una delle arcate più basse ed avendo a che fare con solo una piccola parte del tutto, è stata una grande emozione.

UP

Alexander M. Bellman

I’d like to start with the premise that the entire lighting studio was supersimulated via various examples of cutting-edge technology, virtual mockups, perfectly accurate down to the very last millimtre, incredibly detailed calculations and lighting checks featuring accurate representations of all the illuminance and luminance values, analysis of every single piece of material in order to be able to predict direct ad indirect reflection, glare, quantitative minimals etc... Despite all this, designing artificial light and controlling natural light for an architectural project by Michele De Lucchi, which was so complex, composed of glass and wood-pannelled arches, each one different from the next according to phytomorphic-zoomorphicgeomorphic geometry, and according to one’s own interpretation, generated a feeling of passion, pride both in myself and my team, as well as intense anxiety. I won’t tell you about the project in these terms because there’s no point and because the work is coming along fast and soon you’ll be able to see the finished result. Neither will I explain the modifications made to the solutions chosen based on the mock-up tests, ( hardly any actually ) nor the considerations we made later. All I will tell you is that the lighting, the first time it was switched on, even though it was one of the lower arches and it was only a small part of the whole project, was an utter thrill.

Mock up / Detail

Mock up / Front View


ARTE

PIACE

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di Giulia Celsi

“How long is now” la frase dipinta sulla facciata dell’edificio cattura subito la mia attenzione mentre percorro la Oranienburger straße nel quartiere Mitte di Berlino. Mi sto avvicinando alla Kunsthaus Tacheles, la galleria d’arte berlinese autogestita da collettivi di artisti, simbolo della rinascita culturale della città dopo la caduta del muro. La sensazione che provo esplorando le diverse aree è assolutamente nuova: qui vivo l’arte come esperienza totalizzante, sparisce quel distacco che ha contraddistinto la mia percezione delle opere nei luoghi finora conosciuti.

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Agosto 2009

The phrase “how long is now”, painted on the façade of the building, immediately captures my attention as I walk down Oranienburger Straße in Berlin’s Mitte district. I’m on my way to the Kunsthaus Tacheles, the Berlin art gallery self-managed by artist collectives, the symbol of the city’s cultural rebirth after the fall of the Berlin Wall. The sensation I get as I explore the different areas is completely new: here I feel art as a totalizing experience. The sense of detachment that marked my perception of works in the places I’ve seen so far has vanished.

Oggi

Sono trascorsi cinque anni dalla mia esperienza alla Kunsthaus Tacheles e mi domando se lo sgombero abbia messo fine al suo ricordo. Curiosando nel web scopro che un regista italiano, Stefano Casertano, ha testimoniato in un docudramma gli ultimi giorni della galleria vivendo a fianco degli artisti prima della chiusura definitiva. Nasce così “The last days of Tacheles” che conferma il valore storico-culturale di un luogo che ha cambiato la mia visione dell’arte.

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Agosto 2014

Apprendo la notizia dello sgombero della galleria. Gli 80 artisti che attraverso le loro opere animavano questo luogo hanno deciso di non opporre resistenza e si sono limitati a intonare un’orazione funebre in onore della storica struttura, occupata dal 1990. Ora, artisti e opere d’arte dovranno cercarsi una nuova casa.

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Settembre 2012

I hear that the gallery has been vacated. The eighty artists who breathed life into this place through their work decided not to oppose the decision and simply gave a eulogy to honour the historic building, occupied since 1990. Now the artists and their works must look for a new home.

La scomparsa di uno dei simboli della rinascita di Berlino è sintomo di un nuovo cambiamento: “how long is now” descriveva 20 anni fa come oggi l’incertezza del presente e del futuro della città.

The disappearance of one of the symbols of the rebirth of Berlin is the symptom of a new change: “how long is now” – twenty years ago but also today – describes the uncertainty of the city’s present and future. Berlin / Kunsthaus Tacheles Gallery

Five years have passed since my experience at the Kunsthaus Tacheles and I wonder if vacating the building has put an end to its memory. Looking around on the Internet, I discover that an Italian director, Stefano Casertano, documented the gallery’s final days alongside the artists before it closed for good. Hence the docudrama titled “The Last Days of Tacheles”, confirming the historical-cultural value of a place that changed my vision of art.


MODA di Valeria Biondi

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Ci piace svegliarci la mattina, aprire l’armadio e non prenderci troppo sul serio. Insomma, rispettare le regole del gioco va bene, ma fino a un certo punto. Da quando i sacri guru dello stile hanno dichiarato che nel nostro guardaroba c’è posto per tutto (ma proprio tutto-tutto-tutto), i più impazziscono pur di estremizzare anche questo dictat. Come non citare, ad esempio, le centinaia di sedicenti fashion blogger che fanno ruotare la loro giornata (e il loro guardaroba) intorno alla possibilità o meno di essere fotografate a questa o quella sfilata/inaugurazione/soirée.

Hannah Ewens ha raccontato su Vice il suo personale approccio all’ultima Settimana della Moda di Londra: un budget di 12 euro al giorno con cui acquistare un outfit, il più assurdo possibile, con l’obiettivo di essere fotografata da una blogger famosa. Udite, udite: l’esperimento ha funzionato, almeno per lei. La cosa fa riflettere. Il problema reale si pone quando l’ironia viene svilita ad accessorio, neanche fosse alla portata di tutti, facile da indossare. L’effetto, invece, rischia di essere molto simile a quello ottenuto da chi vuole risultare simpatico a tutti i costi. Raramente funziona. Intendiamoci, puoi pure ricoprirti di tessuto tappezzeria-della-prozia e abbinarci un bel paio di orecchie da coniglio in peluche color zaffiro, ma insomma, se proprio devi, fallo un po’, così senza pensarci, perché davvero in quel momento ti va.

We like to wake up in the morning, open the wardrobe, and not take ourselves too seriously. In other words, respecting the rules of the game is fine, but only up to a certain point. Ever since style gurus said that there’s room for everything in our closets (absolutely e-v-e-r-y-t-h-i-n-g), people have gone mad in the attempt to go to the furthest extremes. For example, how can we not mention the hundreds of would-be fashion bloggers whose days (and wardrobes) revolve around the chance to be photographed at this or that fashion show/inauguration/soirée?

On Vice Hannah Ewens talked about her personal approach to the most recent London Fashion Week: a budget of 12 euros a day to buy the most idiotic possible outfit, with the aim of being photographed as a “famous” blogger. Hear, hear! The experiment worked. At least for her it did. And that’s food for thought. The real problem arises when humour is degraded to an accessory, as if it were within everyone’s grasp and easy to wear. Instead, the effect runs the risk of approaching that of those who want everyone to like them at all cost. It rarely works. Let’s make this clear: you can certainly cover yourself in your great-aunt’s upholstery and wear a pair of sapphire-coloured stuffed-rabbit-style earrings, but if you absolutely must, do it without overthinking, just because that’s what you feel like doing. Shooting on the street / Hannah Ewens

Non c’è niente di nuovo: quando l’assenza di regole diventa la regola perde subito la sua essenza sovversiva. A noi, invece, piacciono le persone che le regole le seguono, magari con un pizzico di estro. A noi, in fondo, piacciono le persone che se proprio devono esprimerlo ‘sto benedetto statement’, non lo fanno certo con un paio di calzini. There’s nothing new under the sun: when the lack of rules becomes the rule, you lose the general significance of the matter. Then everything becomes pointless and you go back to square one. Instead, we like people who follow the rules, of course, but nonchalantly. In the end, we like people who, if they absolutely have to make a blessed statement, certainly don’t do it with a pair of socks.


8 DIRECTORY / HISTORY OF

Negli a nn dove la i ’50 del dop o fi tradizio gura di perno guerra, la ped nali e m a era un insegna gogia era anc o stantia o nte dai ed anti nofunzionali a cura metodi ra basata sull eib crea modo in di Dior a gerar a senso cui la so tiva, l’operato ambini meri c ama M h u ia n ludiche c ic cietà co o a d o n u i , s to agazine m u g r m li o it della qu lt a a s n otidian cepiva non so i artisti e des tori. Nel contr trumenti dei g ria, ità. igner fu iochi lo l’edu astare q cazione u e delle nu ssenziale nel esta visione o r id v e ise generaz In the F ioni, m gnare il ifties ed a le attivit u cation w with on à as e-w consume ay methods an still based on a n autho d tradit rs. In co ritarian ional si ntrastin essentia n h g this st l to ale and gle-function pla ierarchy where play acti redesign the w a the key f ytime in n ti-creativ ay society vities. igure stru e vision, conceive the work ments, while ch was a teacher d of the ild of educatio n of the many artists a ren were mere nd desig new gen ne erations but also rs was everyday

50'

Conrad

Roland

/ Space

nets, 19

70 ca.


60'

Joseph Brown / In his studio, 1955

insegnante Joseph Nel 1954, lo scultore ed ensione del gioco dim la e com su Brown rifletteva o superficiale ed non doveva essere un passatemp ggiare i bambini che anestetizzante con il quale par binassero guai; com non che altrove, sperando ra inventiva erano al contrario, la sfida e la libe al confronto con esercizi naturali per prepararsi andavano vissuti hi gioc I la vita, alla maturità. is fun”! Ed ecco tion stra “fru do, in tutt’altro mo resi poi celebri da i primi studi di rope games, e di ‘Spacenets’: nom il Conrad Roland sotto e e dimensioni form rse dive di giochi di corde essere esplorati, adatti a bambini e adulti, fatti per tati. quis scalati e faticosamente con her Joseph Brown In 1954 the sculptor and teac not be a superficial ld shou time reflected on how play to park children and anaesthetizing pastime used get into trouble. ’t won elsewhere hoping that they ns were natural ntio inve free Instead, challenges and life and maturity. exercises to prepare them to deal with e different way: plet Playing was experienced in a com studies on rope first the e cam n “frustration is fun!” The ous with the fam e mad and Rol rad games, which Con in different es fram name of “spacenets”: rope-climbing lts to be adu and dren chil by shapes and sizes to be used d. uere conq y ousl ardu and explored, climbed,

Verso la fine degli anni ’60 la stessa ricerca si snodava anche oltreoceano, portata avanti da più creativi: primo tra tutti Richard Dattner, che nel ’69 scrisse ‘Design for Play’, un manuale illustrato che analizzava filosofia, psicologia e importanza sociale delle strutture del parco giochi. Partendo dal presupposto che nel gioco il punto focale non era un prodotto finito ma un processo dinamico, analogo quindi all’attività del designer stesso, Dattner tracciò un parallelo tra le due realtà, immaginando uno spazio creativo non standardizzato su misura per i bambini, ma per menti e corpi di qualsiasi foggia ed età. I bambini, attori chiave della realtà del parco giochi, di rado venivano direttamente coinvolti nella progettazione; per contro, gli amministratori cittadini erano estremamente partecipi nella realizzazione di strutture che non avrebbero mai usato: l’impostazione progettuale era un paradosso, qualcosa doveva cambiare. Per coronare questa missione Dattner seguì personalmente il disegno e la realizzazione dell’’Adventure Playground’ di Central Park a New York, dal primo schizzo alla scelta dei materiali, dalla raccolta dei fondi al piano di mantenimento. Non solo rivedendo la struttura secondo principi child-oriented, ma soprattutto coinvolgendo molti designer ed architetti nell’impresa: “after generations of neglect, the public playground is suddenly in the midst of a renascence as designers, sculptors, painters and architects strive to create a new world of color, texture and form”.

In the late Sixties this research headed across the Atlantic led by a number of creative thinkers, first and foremost Richard Dattner, who in 1969 wrote Design for Play, an illustrated manual analysing the philosophy, psychology, and social importance of playground structures. Starting with the assumption that in games the focal point was not a finished product but a dynamic process akin to what a designer does, Dattner traced a parallel between the two, picturing a non-standardized creative space tailored to children, but for the minds and bodies of any age and taste. Children – the key actors at playgrounds – were rarely involved in the design phase, but city administrators were extremely active in creating structures they would never use: the design set-up was a paradox and something had to change. To crown his mission, Dattner personally followed the design and construction of the Adventure Playground in New York’s Central Park, from the first drawing to the choice of materials and from fundraising to the maintenance plan.He not only overhauled the structure based on child-oriented principles, but above all he got numerous designers and architects involved: “after generations of neglect, the public playground is suddenly in the midst of a renascence as designers, sculptors, painters and architects strive to create a new world of color, texture and form”.

70' Contemporaneamente in Italia, Enzo Mari e Bruno Munari si interrogavano sulle stesse tematiche, elabo rando soluzioni dove il bambino ha ruolo di protagonista, ha la possibilità di dare moltep lici interpretazioni individuali, di inventare e di conoscere attraverso lo stimolo dei sensi. “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco” ripeteva Mu nari, citando un proverbio orientale. Cr eativo poliedrico e pioniere in diverse discip line, negli anni 70 organizzò il primo di un a serie di laboratori per bambini intesi com e luoghi di creatività e conoscenza, di sperim entazione, scoperta e auto apprendimento attraverso il gioco. Come un parco giochi all’avanguardia, il laboratorio era un luogo privilegiato del fare per capire, dove spazia re con la ginnastica mentale e costruire il sap ere. At the same time, Enzo Ma ri and Bruno Munari examined the same aspects in Italy, coming up with solutions in which children could play a leading role and had the chance to offer multiple individual interpretation s, invent, and learn through sensory stimuli. “If I listen I forget, if I see I remember, if I do I understand,” Munari would repeat, citing an old Asian proverb. A multisided creative figu re and a pioneer in various disciplines, Munar i was the first – in the Seventies – to organize a series of workshops for children understood as places for creativity and knowledge, experiment ation, discovery, and learning through playing. Like an avant-garde playground, the workshop was a special place where children could do to understand, where they could move freely wit h mental gymnastics and build knowledge.

Richard Dattner / Play Cubes, New York, 1969


ety, ualitative Soci model for a Q A / n lse ie N Palle , 1968 eet, Stockholm Moderna Mus

ogia il so che in etol Non è un ca mente ta et str sia gioco significato di ione, az le istinto, simul ne legato alle paro sio en m di vitalità. La ria movimento e sto lla ne o resentat e ludica ha rapp on zi ira pali fonti d’isp , hi una delle princi og lu no ale si lega I i. creativa, alla qu nt re or ric so e spes immagini e form atori, hi quanto i gioc tic an no so giochi ono m su as in volta un però di volta si ca ni cu renti. In al accezioni diffe e in ar rm sfo tra ò si pu parco giochi bblica, era d’arte pu op a tic en ut un’a oprire sc di ne all’artista dando l’occasio e. on zi ta en sperim nuove forme di ogy the t that in ethol It is no acciden words to d tie y sel ing is clo and meaning of play t, en ulation, movem ful like instinct, sim ay pl e th , hout history ces vitality. Throug ur so n ai m e th en one of es, dimension has be ac pl iration, tied to es of creative insp am G . ur s that often rec ey th images, and form e tim ch ea t ayers, bu , ses are as old as pl ca e meanings. In som a take on different to in ed n be transform a playground ca the artist ic art, allowing bl pu true work of tation. rms of experimen to discover new fo

ettazione di muna la prog Ciò che acco , è in primis hi oc i parchi gi soggetti come nei quali eare dei luoghi la volontà di cr il relax e e l’evasione poter assicurar ire una ru st co tentativo di familiare, nel età possano mbini di ogni spazio dove ba 1968 Palle l’Ottobre del divertirsi. Nel sformò il tra ta danese, tis ar n, lse ie N lma in un eet di Stocco Moderna Mus realizzando rco giochi, immenso pa ciologico to esperimen so un e a es pr ’im un dell’arte. nella storia mai ripetuto A . model to ‘The Model All’esperimen ciparono rte e society’ pa for a qualitativ bini che m ba I bambini. oltre 20,000 co giochi esto museo-par entrarono in qu assoluta di erienza unica vissero un’esp nitori, i ge e i or da educat vivere libertà, slegati a er si trovarono ffarsi tu piccoli perform ve nza regole do ura m in un luogo se a, m iu ap e di gomm te, ra lo in piscine pien co con vernici e er ch da imbrattare as m stumi teatrali, ì itu st giradischi, co co si hi parco gioc Il . hi cc la tru e e to com to esperimen durante ques ‘Il Signore de la iso dell’ trasposizione diceva al si e’: come ch os M lle de mutevole e a accezione è principio, la su sperimentale. subjects as e design of What links th desire to primarily the playgrounds is e leisure te at can guaran create places th , in an ng tti se in a family n tio xa la re d an here children truct a space w attempt to cons ctober 1968 have fun. In O of all ages can transformed n se t Palle Niel tis ar ish an D e th olm into a useet in Stockh the Moderna M aking and , in an undert huge playground never been s ha riment that sociological expe children 00 ,0 20 r story. Ove repeated in art hi led entit “The the experiment participated in e society”. for a qualitativ Model. A model museum/ is th d ho entere The children w perience of yed a unique ex playground enjo teachers by , unhindered s found absolute freedom er m or rf pe e the little and parents. Her ithout rules g in a place w themselves livin s filled with d dive into pool where they coul colour ful ith w ear walls sm er, bb ru am fo ers, theatre e record play paint, and us During this , and make-up. costumes, masks set up as as w playground experiment, the rd of the Lo in d an of the isl the transposition its meaning at the beginning, Flies: as we said ental. able and experim has been change

o passo, cadend o passo dopo e ar nd ta nd en co se im as er Sp o impara ad om l’u e i si, gn do ne i biso e rialzan soddisfacendo o, a rp ol co cc pi rio a il prop o è un fantasie. Il gioc i, le nt ne ne po do m an co zi sa , delle sue do on m l , de hi oc i parci gi espressione lle sue logiche; de e e no rm so fo i, e delle su li domestic nostri giocatto do. così come i ro stare al mon st no l afora de ni cu al , ne le ta l'innocente met al tre, scivoli e os gi e le i ra ol st ce nd più an Tra do ppresentazione ra e la m ga no le so l hi de parc biente, ll'uomo e l'am ce, ve in tri al del rapporto de : orse n le sue ris vere armonico co animali, sono e i an um ili of pr ano a oc o ev nd e allude che, ch essioni antropi re pr se es es rie ro op st pr no e nata del io rz po ro sp e l'immagin uomini. ng down and getti by step, falling p ste es, di gs in bo th n ng ow Testi their learn to follow is g in ay Pl . ies back up, people lfilling fantas fu d an s its ed s, ne nt satisfying its compone n of the world, a small expressio like our domestic – s nd eas; playgrou id its d an way we act rm fo etaphors for the m nt ce no , in e th merry-go-rounds toys – are n seesaws and ee etw al B . str ld ce or an w t in the e the mos , certain parks ar the slides and swings rapport with an m hu e th of ce n ur our reso s. representatio onious bond with rm ha e are th t, en environm animal prof iles, to human and ng oke di ev lu at al th s, er ns Oth expressio dged manmade e. nc instead fully fle se es age of our human the oversized im

Anonimo / Adventure Playground, Central Park New York, 1960 ca.


Niki de Saint Phalle, Jean Tinguely e Claes Oldenburg / SHE, Moderna Museet, Stockholm, 1966

Una sagoma ric alcata del nostr o corpo fatta ‘a parco giochi' esiste a Valenc ia: il ‘Gulliver Kids Park’, isp irato al famos o personaggio dei racconti di Jonathan Swift, consiste in un corpo di sembi anze umane e di dimensioni monumentali ste so a terra, colto proprio nel momento in cu i Gulliver viene catturato dai lillipuziani, che qui però non so no altro che i bambini, che gio cando s'imposses sano di questo corpo ciclopico , da conquistare come un fortino Le pieghe dei ve . stiti diventano de i tunnel e delle scale, e i capelli , come la cravat ta degli scivoli. l'uomo che rein È venta se stesso, ne fa monumento e scultura, ne fa gioco e poi vi ac cede, si insinua trovando spazio al suo interno. There is a hum an silhouette at a playground in Valencia: the Gul liver Kids Park, inspired by the famous figure fro m Jonathan Swift ’s stories, consists of a body of hum an features – mon umental in size – lying on the grou nd and depicted at the very momen Gulliver was ca t ptured by the Li lliputians. Excep that here they ar t e children who, as they play, seize this gargantuan body, something to be conquered like a fortress. Th e folds of Gulliv er’s body become tunnels and stairs , and his hair an d tie are slides. This is about peop le reinventing them selves, becoming a monument and sculpture, playing with and then accessing all this, and finding their way into it.

Come in ‘SHE’, la grande istallazione site-specific presentata nel 1966 sempre al Moderna Museet di Stoccolma, frutto della collaborazione tra Niki de Saint Phalle, Jean Tinguely e Claes Oldenburg. Una gigante scultura di donna, ritratta a gambe aperte, al cui interno il pubblico entrava passando proprio per la vagina. La superficie esterna è in resina: è un corpo da contorni appena accennati ma dalle masse voluminose, interamente dipinta con colori vivaci dalla Saint Phalle, mentre l'interno è stato progettato ed arredato da Tinguely e Oldenburg, alla stregua di una camera tattile.

One example is SHE, the enormous sitespecific installation presented in 1966, also at the Moderna Museet in Stockholm, and the outcome of the collaboration of Niki de Saint Phalle, Jean Tinguely, and Claes Oldenburg. The gigantic sculpture of a woman, depicted with her legs open, allowed the audience to enter through her vagina. The exterior was made of resin and the body had lightly sketched outlines but voluminous masses. It was painted entirely in bold colours by Saint Phalle, while the interior was designed and furnished by Tinguely and Oldenburg, along the lines of a tactile room.

/ SHE, Niki de Saint Phalle, Jean Tinguely e Claes Oldenburg Moderna Museet, Stockholm, 1966

ensioni, Esiste una varietà di colori, dim ogni ad tti ada li eria mat forme e a è gioc costruzione, e quando si rsa, riso i lsias qua possibile attingere a tro nos a la mar plas tentando di re, dur pro per are gett Pro piacere. tro nos il re glie come costruire per acco servirlo corpo e la sua crescita, ovvero onarlo dizi con e ti men stru attraverso ienti amb positivamente edificando ger deg Hei rtin Ma a lui congeniali. sco tede dal en, bau che ci ricorda ificato ‘costruire’, articola il suo sign : “1. oni razi side a tre possibili con – 2. are abit te men pria pro Costruire è sono i rtal mo i cui in do mo il è Abitare e abitare sulla terra – 3. Il costruire com iva, e colt che re’ trui ‘cos si dispiega nel re’ trui ‘cos nel e ce; cres che ciò coltiva che edifica costruzioni”.

, shapes There is a variety of colours, sizes tion, truc cons y and materials suited to ever on draw can we , play to and when it’s time as we it e shap to ing mpt atte , urce any reso uce, like like. It is about designing to prod and our body our te oda building to accomm ruments inst ugh thro it ng feeli growth, or ding buil y, and conditioning it positivel rtin Ma it. to l environments congenia the from en, bau that d Heidegger note erent diff e thre has d’, buil ‘to verb German dwelling. meanings: “1. Building is really which in ner man the is – 2. Dwelling lding Bui 3. – h. eart the on are mortals that ding buil as dwelling unfolds into the ding buil the and gs thin cultivates growing that erects buildings.”


12 ARCHITECTURE / BIENNALE

THROUGHT A strange mixture of obstinate persistence and constant flux. Rem Koolhas


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Partendo dal presupposto che l’idea di scrivere circa la Biennale di Architettura di Venezia e riguardo quella curata da Rem Koolhas in particolare, non ha generato in me alcuna ansia da prestazione o blocco dello scrittore, é superfluo dire che questo lavoro nasce dalla costrizione dei perfidi redattori di questo giornale a cui, per non perdere il lavoro ho dovuto, mio malgrado, sottostare. Perciò chiedo ammenda al magnanimo lettore che sia stato anche visitatore della suddetta Biennale qualora trovasse questo articolo poco esaustivo (2000 battute sono fatalmente troppo poche) e un po’ partigiano. In un’azione di immacolata concezione, Rem Koolhas sembra interpretare l’architettura fornendo al pubblico tutto il mondo fenomenico che la riguarda, ciò di cui chiunque ha esperienza sensibile, senza svelarci in un gesto, egoista per alcuni, munifico per altri, quello noumenico, più ricco e profondo.

Corderie Arsenale / Absorbing Modernity

The idea of writing about Venice’s International Architecture Exhibition and in particular the edition curated by Rem Koolhas, caused me neither anxiety nor writer’s block, needless to say this job was forced upon me by the wicked editors of this magazine, and as such, if I don’t want to lose my job I have to knuckle down and do as they say. Therefore, kind reader, if you have also visited the exhibition, I appeal to your generous nature if you find this article lacking (2000 characters are fatally too few ) and a tad biased. In an action of immaculate conception, Rem Koolhas appears to interpret architecture by providing the public with the whole of the external world related to it, things that everyone has sensitive experience of, without revealing too much through a gesture, selfish for some, generous for others, internal, richer and deeper.


14 ARCHITECTURE / BIENNALE

La lettura e l’interpretazione di questa mostra pertanto non può, per definizione essere univoca, ma solo la somma di tutte le possibili interpretazioni esperibili potrà essere vicina alla realtà in sé a cui forse punta Koolhas. Un lavoro di punti di vista in cui tutte le interpretazioni sono egualmente importanti, forse una Biennale democratica e un po’ fuori moda. La ricerca che il curatore coordina insieme agli studenti della Harvard University Graduate School of Design, rafforza questa idea di democrazia. L’esito è una raccolta di possibili risposte e soluzioni, un panorama variegato e non esaustivo di immagini come una radiografia scomposta. Elements of Architecture è il mondo delle mutevoli apparenze che ci circondano e a cui attingiamo con le nostre menti, in cui tutti si ritrovano senza individuarne però le Forme immutabili. È un dizionario open source a cui ogni utente può aggiungere significati e significanti in accordo con l’idea che l’architettura sia: “a strange mixture of obstinate persistence and constant flux.” R.K.

Consequently, the reading and interpretation of this exhibition cannot, by definition, be unique, only the combination of all the possible interpretations worth attempting can be close to reality itself, which is possibly what Koolhas is driving at. An exploration of points of view in which all the interpretations are equally important, a democratic Biennale, a touch out-dated possibly. Research co-ordinated by the curator alongside students from the Harvard university graduate school of design, reinforces this idea of democracy, the result is a collection of possible answers and solutions, a varied but not exhaustive panorama of images rather like a fragmented x-ray. Elements of Architecture is the world of the mutating appearances which surround us and which we tap into with our minds, which we all identify with but don’t actually identify the unchanging shapes. It’s an open- source dictionary where every user can add meanings and significance according to their idea of what architecture is: “a strange mixture of obstinate persistence and constant flux.” R.K.

Arsenale / Padiglione Italia, Milano

Giardini / Padiglione Corridors Centrale

Corderie Arsenale / Absorbing Modernity


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Giardini / Padiglione Austria

Con assoluto rispetto esprimo il nostro doveroso punto vista, nel suo essere così democratica questa Biennale pecca forse a volte di populismo, attraversando con superficialità alcuni temi e tralasciandone altri. Nell’esplorazione di Elements, geniale fulcro della mostra, vengono proposti appunto i fondamentali dell’Architettura, porte, finestre, corridoi, bagni e balconi etc. ma non troviamo, con grande stupore e dispiacere: la luce, tema architettonico fondamentale per definizione e a noi estremamente caro! Pertanto qualora Rem Koolhas intendesse sviluppare un’appendice alla mostra dedicata a questo, ritenga valida la candidatura di C14 ad una proficua collaborazione.

Elena Barberini With the utmost respect I express our right and proper point of view, in its democratic approach, perhaps the Biennale is guilty of populism, treating certain topics somewhat superficially and glossing over others entirely. When exploring Elements, we come across the genius focus of the exhibition, the essential foundations of Architecture; doors, windows, hallways, bathrooms and balconies etc, but what we don’t find, to our amazement and dismay, is artificial illumination, an architectural subject which is essential by definition and very close to our hearts! In the meantime, should Rem Koolhas wish to develop an appendix to the exhibition devoted to this area, we would ask him to consider C14 as a worthy candidate. Giardini / Padiglione USA

Arsenale / Monditalia


TORNEREMO

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Venezia “marosee”

s

i dice che anticamente a Venezia i mercanti collocassero i banchi di mescita all’ombra del campanile di San Marco per tenere fresco il vino. E’ da qui che prende il nome lo spuntino di mezza mattinata in laguna, e più semplicemente il classico bicchiere di vino, che appunto chiamano “ombra”. Vi suggeriamo di degustarla al Paradiso Perduto, dopo aver bazzicato gli altri luoghi che a noi hanno “raccontato qualcosa”, e nei quali sicuramente torneremo.

They say that in ancient times Venetian merchants would set up their wine stalls in the shade of the Campanile of St Mark to keep their wine cool. This gave the name to the midmorning lagoon-side snack and, more simply, a glass of wine, which Venetians call “ombra”: shadow. After going to other places that “spoke to us” – and where we will unquestionably return – we suggest Il Paradiso Perduto.

IL paradiso perduto osteria

A Venezia è bello perdersi. Potete immaginare la sorpresa quando, smarriti tra i calli, ci siamo imbattuti nel Paradiso perduto. Non lasciatevi forviare dal nome, questo luogo è una vera e propria istituzione a Venezia. Immersi nell’accogliente atmosfera della musica live, si possono liberamente occupare le barche ormeggiate per il tempo di un cicchetto.

Getting lost in Venice is wonderful, so you can imagine our surprise when, wandering through the calli, we stumbled upon Il Paradiso Perduto. Don’t be misled by the name – it means “Paradise Lost” – because this place is nothing short of a Venetian institution. Let yourself be carried away by the live music as you sit down in one of the moored boats to enjoy a cicchetto, the classic Venetian nibble. Fondamenta della Misericordia, 2540 Aperto Gio-Dom dalle 12.00 alle 00:00, Lun dalle 18.00 alle 00:00

acqua alta libreria

Questa libreria traduce letteralmente la metafora “immergersi nella lettura”. L’acqua della laguna invade infatti i suoi corridoi e guida i suoi ospiti alla ricerca dei volumi più disparati, impilati in gondole, vasche o barili. Inutile suggerire di munirsi di stivali di gomma.

The name of this bookshop – high water – is a metaphor for “plunging into reading”. The waters of the lagoon water tend to flood the shop and lead guests to look for the most varied volumes, stacked in gondolas, tubs, and barrels. Oh, and don’t forget your wellies. Sestiere Castello, 5176/B, 30122 Aperto Lun-Dom dalle 9.00 alle 20.00


antica drogheria mascari drogheria

Se incontraste Marco Polo redivivo attraversando il Ponte del Rialto vi suggerirebbe di proseguire poco più in là verso il calle degli Spezieri e avventurarvi in questo luogo sospeso nel tempo. Un’infinita varietà di the e spezie (oltre a gastronomia e più di 600 etichette di vini) , raccolti e disposti con un criterio quasi cinematografico, sedurrà i vostri sensi, regalandovi uno spaccato di immutata storia mercantile.

If you were to meet a latter-day Marco Polo on the Rialto Bridge, he would tell you to go a little further down the Calle degli Spezieri and venture into this heaven of yesteryear. An endless variety of teas and spices (not to mention gourmet specialities and over 600 wine labels), collected and arranged with almost cinematic precision, will entice your senses, offering you a cross-section of unchanged mercantile history. S. POLO 381

“must see” a

Punta della Dogan museum

re Festa del Redento

metà Luglio

“must have”

gomma Stivali di PP WVF - A the Venetian Floor Water on

Spazio PUnch spazio espositivo

Prendete una ex birreria fascinosa ma grezza nell’isola della Giudecca e consegnatela nelle mani di due giovani artisti. Il risultato è un dialogo multidisciplinare all’insegna della contemporaneità tra arte, moda, editoria e design. Ecco lo spazio Punch, una di quelle rare occasioni che possiamo tranquillamente definire NON persa, dove il passato ed il futuro definiscono il presente.

Take an intriguing but rough-edged brewery on the island of Giudecca and hand it over to two young artists. The outcome? A multidisciplinary dialogue under the banner of art, fashion, publishing, and design. This is Spazio Punch, one of those rare opportunities we can define as NOT lost. Giudecca 800/o

osteria la zucca osteria

Per essere certo di consumare un pasto genuino non potete non prendere in considerazione l’osteria La Zucca: il menù varia di giorno in giorno a seconda della disponibilità dei prodotti di stagione, proponendo un buon assortimento di piatti vegan friendly oltre ad una pregiata selezione di vini nazionali.

To enjoy an excellent meal, be sure not to overlook Osteria La Zucca: the menu varies daily depending on what’s in season, offering a good assortment of vegan friendly courses and an excellent selection of Italian wines. Santa Croce, 1762 Aperto Lun-Sab dalle 12.30 alle 14.30, dalle 19.00 alle 22.30


18 RETAIL / JH 1912

Vita

Nella progettazione di una vetrina uno degli aspetti sostanziali e di maggiore impatto è senza dubbio il manichino. La tecnologia 3D, i nuovi metodi di stampa industriale e l’abilità degli “scultori” hanno perfezionato nel tempo la sua utilità e rivoluzionato gli approcci costruttivi e realizzativi, soprattutto se si pensa alle sue origini: il Manneken, letteralmente “piccolo uomo” in lingua olandese, aveva le fattezze di una bambola di circa cinquanta centimetri, ed era utilizzato dalle sarte per creare copie ridotte delle loro creazioni, da inviare alle corte delle ricche famiglie dell’epoca per permettere alle nobildonne di selezionare e valutare il loro abito.

In the design of a store window, one of the most crucial aspects and the one which provides the most impact is, without a shadow of a doubt, the mannequin Over time, 3D technology, new industrial printing methods and the ability of “sculptors” have perfected their usefulness and revolutionised approaches to construction and creation, particularly if we consider its origins: the Manneken, literally a “small man” in Dutch, looked like a doll, it measured 50 centimetres and was used by seamstresses to create smaller copies of their designs to send to the courts of rich families of the time so that the noble ladies could view and choose their garments.

Rotazione

Stabilità

Vestibilità

Movimento


19 Consci di questo virtuoso passato, almeno quanto del progresso tecnologico presente, abbiamo immaginato un manichino dotato di vita propria, con un’ idea di movimento simile a quella di un mimo che, per quanto immobile, trasmetta una sensazione di staticità più per scelta che per natura. Una sorta di burattino raffinato e malinconico (quello dei tempi antichi, delle vecchie botteghe sartoriali) con sembianze moderne, simile al droide servizievole che ritroviamo in moltissimi film di fantascienza (“Io robot” in assoluto, ma perché no, anche il droide protocollare D3BO della trilogia di Star Wars, commesso ideale per qualsiasi store manager).

Così, partendo da un corpo umano abbiamo posizionato i punti di rotazione necessari e rimodellato la struttura corporea. Sono state mantenute le parti necessarie a far risaltare e sostenere i capi di abbigliamento e scavate, assottigliate se non asportate quelle inutili.

Il movimento di un manichino è una possibilità ulteriore da offrire a chi effettivamente lo utilizzerà: il visual merchandiser. L’esperienza maturata negli anni in questo particolare ambito ci ha subito portato ad ipotizzare una soluzione che permettesse infinite posizioni, senza dover ricorrere a set di arti e busti prestampati in diverse posizioni.

Il segreto alla base della “vita propria” della nostra creatura risiede in un giunto sferico capace, tramite rotazioni simultanee, di posizionare gli arti simulando qualsiasi situazione di vita quotidiana.

Il risultato finale è stato quello di un manichino esile e delicato, ma allo stesso tempo resistente (lo scheletro metallico lo rende stabile e incurante dei possibili urti a cui può andare incontro) e con evidenti sembianze umane.


20 RETAIL / JH 1912

Whilst keeping this virtuous history in mind, just as much as present technological progress, we imagined a mannequin with a life of its own, with an idea of movement similar to that of a mime artist, who as mobile as he is expresses a sense of immobility, deliberately rather than naturally. A kind of refined, melancholy puppet (the old-fashioned sort, from an old tailor’s workshop) with modern features, like one of those droid servants that always turn up in science fiction films (“I, Robot” first and foremost, but why not? Also C3PO in the Star Wars trilogy, the ideal sales assistant for any store manager).

So, we used the human body as a starting point and positioned the necessary rotation points and remodelled the body structure. We retained the parts needed to support clothing and hollowed out, thinned or even completely removed the parts which served no purpose.

The movement of a mannequin is another option to offer to those people who actually use it: visual merchandisers. Experience gained over the years in this particular environment immediately led us to imagine a solution which affords an infinite number of positions and cuts out the need for sets of limbs and torsos in pre-moulded positions.

The secret behind our creature’s “life of its own” can be found in the ball joint which, by means of simulataneous totations, can simulate any situation in daily life.

The end result is a slight, delicate mannequin, but at the same time tough and hard-wearing (the metallic skeleton gives it stability and renders it shock-proof) with obvious human features.

Manneken / 3D Model


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“Guardandolo sul monitor una volta ultimato il modello 3D, mi è sembrato quasi timido, come imbarazzato all’idea di non stare ancora assolvendo la funzione per cui è stato creato, indossare vestiti.” “When I looked at the completed 3D model on the computer screen, it looked shy almost, as though it were embarrassed by the idea of no longer performing the function it was designed for: wearing clothes.” Andrea Mutti

Manneken / Mock up scale 1:1


22 WINDOW DISPLAY / CANALI

Gulliver reloaded


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Concept / Preliminary Sketch

Ci sono momenti nei quali un’idea ti coinvolge a tal punto da pensare, con un pizzico di arroganza, di poter sovvertire la storia e defraudare l’immaginario collettivo di una delle rappresentazioni visive più potenti e riconoscibili degli ultimi 350 anni. Il progetto che abbiamo ideato con così grande entusiasmo per il brand Canali, ha infatti aperto un varco nella memoria di ciascuno di noi e ha solleticato quell’immaginazione quasi infantile, pura nella sua semplicità quanto profonda nella sua visione, che tutti in qualche modo custodiamo nel nostro inconscio. La costruzione di un abito, tema ormai abusato nelle accezioni anglosassoni di bespoke o taylor-made, diventate ormai una moda più del concetto stesso di fashion, diventa originale (nel senso letterale del termine) se il soggetto in questione è uno dei marchi italiani del lusso più apprezzati, credibili e riconosciuti a livello internazionale. L’abito di Canali, e la cosa badate bene non è per nulla banale, richiede la completa padronanza e conoscenza della più importante tradizione sartoriale di sempre, una quantità di ore di lavoro incalcolabili, la passione di chi ancora crede nella qualità ed il gusto di gestire questi ingredienti senza ridicolizzarli, per farli appartenere il più possibile al nostro tempo. Quindi Gulliver, il personaggio ideato da Swift nel lontano 1700, e la sua immagine raccontata da numerose illustrazioni, legato e accerchiato dai minuscoli abitanti di Lilliput, è diventato per noi l’emblema di questa magnificenza per creare un’ istallazione all’interno della vetrina del brand. Abbiamo ridefinito il ruolo dei Lillipuziani, rappresentati da silhouettes elegantemente dorate, che vediamo in questo caso dediti a ricoprire tutti i ruoli sartoriali tradizionali.


24 WINDOW DISPLAY / CANALI

Da probabili difensori della patria a sostenitori di uno stile e di un metodo preciso, i Lillipuziani si muovono all’interno di un’impalcatura di oro e vetro che circonda l’abito, tirano fili e spostano rocchetti, utilizzano forbici dai riflessi scintillanti e allestiscono candidi colletti.

La magia evocativa di questa installazione, che prende nella fantasia letteraria il suo seme, si inserisce perfettamente nella realtà visiva del nostro tempo. In fondo, come Installation / Details scrisse Freud, i sogni cedono il posto alle impressioni di un nuovo giorno come lo splendore delle stelle cede alla luce del sole. Simone Russo


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There are times when an idea absorbs you so much that, with a touch of arrogance, you think you can overturn history and purloin one of the most powerful and recognizable images of the past 350 years. The project we devised so enthusiastically for the Canali brand has made inroads in everyone’s memory and inspired an almost childlike imagination – as pure in its simplicity as it is deep in its vision – that all of us have in our subconscious, one way or another. The construction of a suit, a topic that has been misused thanks to terms like “bespoke” and “tailor-made”, now more in vogue than the very concept of fashion, becomes original (in the literal sense of the term) if the subject in question is one of the most respected, credible, and internationally recognized Italian luxury brands. A Canali suit – and that’s no trifling matter – requires complete mastery and knowledge of the most important sartorial tradition of all time, an incalculable number of hours, the passion of those who still believe in quality, and the good taste to manage these ingredients without making them laughable but bringing them into our era. Therefore, Gulliver, the character invented by Swift back in the eighteenth century, and his image recounted by numerous illustrations, tied up and surrounded by the little denizens of Lilliput, have become an emblem of this magnificence to create an installation in the brand’s showcase. We redefined the role of the Lilliputians, represented by elegantly gilded silhouettes, which here we see devoted to covering all the traditional tailoring roles.From likely defenders of their homeland to supporters of a style and specific method, the Lilliputians move inside a gilt-and-glass framework surrounding the garment, pulling threads and moving spools, using gleaming scissors, and setting up snow-white collars.

Installation / Window Display

The magic evoked by the installation, inspired by this literary fantasy, is perfectly part of the visual reality of our time. After all, as Freud wrote, dreams give way to the impressions of a new day just as the splendour of stars gives way to sunlight.


“Locanda Chiaravalle� Interior Design - 2011

Aprire le tende per fare entrare nuova luce. Soffiare via la polvere per tornare a respirare saperi e sapori di un tempo. Il progetto della locanda Chiaravalle è nato da questa intuizione: regalare una seconda vita a una stanca taverna alla porte di Milano, senza dimenticarne le origini.

Opening curtains to let in new light and blowing off the dust to rediscover the scents and flavours of yore: the inspiration behind the Locanda Chiaravalle was to revive a tired old tavern at the gates of Milan, but without forgetting its origins.

Chiaravalle / Counter


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Chiaravalle / Restaurant Counter

Nel nuovo ristorante, infatti, c’è sempre un tavolo riservato al fantasma della vecchia locanda che si aggira tra i tavoli, sfiorando appena le originali piastrelle a scacchi. Si scalda ancora al fuoco dell’antico camino e, quando alza il naso all’insù, può ancora ammirare le sue vecchie travi, restaurate e ridipinte. The new restaurant has even kept a table reserved for the old inn’s ghost, who wanders amid the tables, running his fingers over the original checkerboard wall tiles. He still warms his hands by the fire of the old hearth, and when he stands up – nose in the air – he can still admire the old beamed ceiling, which has been restored and repainted. Chiaravalle / Restaurant

Chiaravalle / Restaurant Lighting Chiaravalle / Restaurant Fireplace


28 INTERIOR / RESTAURANT

Chiaravalle / Lounge Bar front view drawing

Il fantasma di Chiaravalle però da oggi vede tutto con una luce diversa. Sarà forse per l’illuminazione moderna, non invasiva o per i nuovi tavolini in ferro e legno su disegno, o ancora per le sedie e gli arredi vintage, recuperati nelle botteghe artigiane e nei mercati della zona; sarà anche per le sospensioni di Tom Dixon che inquadrano il moderno bancone in cemento e ceramica. Tutto insomma è stato ripensato e ridisegnato considerando la storia di questo luogo, tanto che, spesso a fine serata, il fantasma di Chiaravalle si siede al banco a sorseggiare, come sempre, il suo whiskey preferito. Elisa Arini But now the ghost of Chiaravalle sees everything differently. It might be the low-key modern lighting or perhaps the new custom-made tables in iron and wood, or maybe the vintage chairs and furnishings, retrieved from local artisans and street markets, but it might also be Tom Dixon’s suspensions framing the modern counter in cement and ceramic. In short, everything has been rethought and redesigned based on the place’s history. In fact, at the end of the evening you’ll often find the ghost of Chiaravalle sitting at the counter sipping his favourite whiskey, just as he did in the old days.

Chiaravalle / Lounge Bar

Chiaravalle / Lounge Bar plan


INTERVISTIAMO

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OSCAR VITALE

Designer C14 - “Oscar” A 13 anni cosa voleva fare? Il disegnatore di fumetti E’ mai andato da uno psicanalista? Sarebbe una causa persa...per lo psicanalista. Il suo rapporto con droghe, psicofarmaci, alcol? Sono già fulminato senza il loro aiuto ma un bicchiere in amicizia non si rifiuta mai. Ha il potere assoluto per un giorno, che cosa fa? Viaggio di sola andata su un’ isola deserta per tutti quelli che hanno rovinato e rovinano la nosra società...e poi affondo l’ isola. Cosa la tiene sveglio/a la notte?

What did you want to be when you were 13 years old? A cartoonist. Have you ever gone to a psychoanalyst? It ‘s a lost cause...for the psychoanalyst. What is your relationship with drugs and alcohol? I’m already out of it without any help from either but a tipple amongst friends should never be refused. What would you do if you had absolute power for just one day? A one-way ticket to a desert island for all those people who have ruined and are ruining our society... and then I’d sink the island.

Non mi ha svegliato neanche il terremoto...

What keeps you awake at night?

Quanto conta il sesso nella vita?

Not even the earthquake woke me up...

E’ una delle tante cose per cui vale la pena vivere ma non l’ unica. Se la sua vita fosse un film chi sarebbe il regista? Maccio Capatonda...esempio di vita! Si reincarna in una donna, la prima cosa che sperimenta? Mi tocco le tette...lo fareste tutti ammettetelo!!! Un bambino le chiede: ”perché si muore?”. Cosa gli risponde? Muoiono solo le persone cattive... ai bravi bambini non succede nulla. La sua casa brucia, cosa salva? La casa, no?!

How important is sex in your life? It’s one of the many things worth living for, but it’s not the only one. If your life was a movie, who would direct it? Maccio Capatonda...a role model If you could be reborn as a man, what would you experience first? I’d cop a feel of my boobs...you all would, admit it!!! A child asks you: “Why do we die?”. What would you say? Only bad people die... nothing happens to good children. Your house is burning. What would you save? The house, of course! The most important sense? Sight..for personal reasons.

Il senso più importante?

What would you never wear?

La vista..ragioni personali.

I’d wear anything in order to survive.

Cosa non indosserebbe mai? Per sopravvivere potrei indossare di tutto. Il vero lusso è? Stà senz pensier... Di cosa ha paura?

What is true luxury? To be carefree... What are you afraid of? Surgeons. In a perfect world you would abolish the word.. Indifference.

Dei chirurghi. In un mondo perfetto aboliresti la parola... Indifferenza.

Oscar Vitale / Autoritratto


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IN PROGRESS in the next issue N째6


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In copertina / On the cover BIENNALE - VENEZIA 2014 picture by Elena Barberini (GruppoC14) C14 Journal in collaborazione con Diorama Magazine Stampato a Milano Novembre 2014 da Unigrafica - Arti Grafiche

© 2014 Gruppo C14 Journal. Tutti i diritti riservati. Gli articoli, i disegni, le immagini, le fotografie, i marchi, le rubriche, i dati, e più in generale il contenuto e le informazioni presenti nella rivista 03 sono tutelati dalle leggi di Proprietà Intellettuale e sono di proprietà di Gruppo C14 S.r.l. e/o dei rispettivi autori o titolari. Pertanto, è vietata la riproduzione anche parziale in qualsiasi forma e con qualsiasi dispositivo, anche su pagine web o social network, ovvero tramite link, ed è altresì vietato modificare, riutilizzare, copiare, visualizzare, distribuire, trasmettere, pubblicare, concedere in licenza, creare opere derivate, cedere o vendere, o comunque utilizzare per qualsiasi fine, anche non commerciale, qualsiasi materiale senza l’espresso consenso scritto di Gruppo C14 S.r.l. e/o rispettivi autori o titolari.

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